PARAFRASI

tutte quelle che servono sono qui!!!

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  1. Lussy60
     
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    PARAFRASI-LO SCONFORTO PER LA SITUAZIONE DELLA PATRIA. (U.Foscolo)

    Il sacrificio della patria nostra è consumato, tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che pe piangere le nostre sciagure e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m' opprime, mi commetta a chi mi ha tradito? Consolaa mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e le ho lsciato venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mi sciagurato paese, posso ancora sperare qache giorno di pace? Tu mi fai raccappricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani. Per me segua che può. Poichè ho discperato e dela mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente copianto dà pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra dè miei padri.
    Ugo Foscolo (Le ultime lettere di Jacopo Ortis).



    (Nicolas15)
    parafrasi

    lo sconforto per la situazione della patria di Ugo Foscolo

    e la mia prima parafrasi quindi non prometto niente se dovete copiarla per prendere un bel voto non lo so quando me la corregge il mio professore vi dirò il mio voto e poi decidete voi se usarla o prendere solo spunto


    Il destino del nostro paese è stato deciso: non c'è più niente da fare; e se ci verrà ancora concesso di vivere, sarà solo per piangere la nostra fortuna. So che il mio nome è nella lista dei cittadini sospettati politicamente: ma preferisci che per salvarmi dagli austriaci mi affidi a Napoleone? Consola mia madre: le sue lacrime mi hanno convinto a lasciare Venezia per evitare le prime e più violente persecuzioni. Adesso dovrò lasciare anche i Colli Euganei da dove posso ancora sperare in qualche giorno di vita senza lasciare il mio povero paese? Tu mi fai rattristare, Lorenzo; quante sono le vittime delle persecuzioni? Purtroppo sono gli stessi italiani gli esecutori delle persecuzioni. A me succeda quel che può succedere. Poiché ho perso la speranza sulla libertà della mia terra e sulla mia condizione, aspetto che vengano la prigionia e la morte. Se rimarrò qui almeno il mio cadavere non sarà seppellito in una terra straniera; il mio nome sarà compianto dai miei compagni di sventura; e le mie ossa saranno seppellite in patria.



    LE ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
    di
    UGO FOSCOLO

    Jacopo è un giovane patriota che, dopo la cocente delusione per la cessione di Venezia all'Austria da parte di Napoleone, si rifugia sui colli Euganei per sfuggire alle persecuzioni. Indicato già nella prima lettera dell'11 ottobre (Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto....), il tema politico si rivela fondamentale in tutto il romanzo.
    La triste condizione dell'Italia venduta e schiava, è, infatti, lo sfondo cupo e drammatico di tutta la vicenda ideologica e sentimentale di Jacopo.
    Dinanzi alla situazione negativa dell'Italia napoleonica, Jacopo alterna due possibili atteggiamenti: la rivolta generosa ma astratta, pronta a tentare il tutto per tutto pur di contrastare tale situazione intollerabile (...sovente ho guardato con una specie di compiacenza le miserie
    dell'Italia, poiché mi parea che la fortuna o il mio ardire riserbassero forse anche a me il merito di liberarla...ma l'unica fiamma vitale che anima ancora questo travagliato mio corpo, è la speranza di
    tentare la libertà della patria... 4 dicembre) e l'analisi lucida e puntuale, ma realisticamente consapevole dell'impossibilità di ogni alternativa (E perché io debbo dunque, o mia patria, accusarti
    sempre e compiangerti senza niuna speranza di poterti emendare e di soccorrerti mai? 25 settembre).
    La critica nei confronti di Napoleone, che si era posto sulla scena storica come liberatore, è ferocissime ed è espressa, in particolar modo, nella lettera del 17 marzo: Moltissimi intanto si fidano del giovine Eroe nato da sangue italiano...la Natura lo ha creato tiranno e il tiranno non guarda a patria e non l'ha. Non mancano altri accenni a Bonaparte, così nella lettera del 15 febbraio, parlando dell'esule veneziano incontrato in Liguria, Jacopo afferma che egli non poteva più confidare in colui che poi lo tradì.
    Ma lo sdegno del giovane Ortis non è rivolto solo contro il tiranno francese, bensì anche contro le discordie degli Italiani, le loro lotte fratricide (25 settembre), le loro incapacità di unirsi per
    lottare contro gli oppressori (Ove sono dunque i tuoi figli? Nulla ti manca se non la forza della concordia... 19-20 febbraio).

    Il motivo da cui nasce tale situazione è, secondo Jacopo, da individuare nella mancanza di una classe dirigente degna di una vera nazione. Nella lettera del 17 marzo è condotta una attenta analisi sulle condizioni di assenza e di vuoto ideologico: il clero mira solo al lucro; i nobili sono oziosi e ignoranti e non svolgono la loro funzione militare e politica; i borghesi non hanno dignità di cittadini.
    Per superare questa situazione negativa occorre ridare la sua funzione a ciascuno dei tre stati (Di preti e frati facciamo dei sacerdoti; convertiamo i titolati in patrizi; i popolani tutti, o molti almeno, in
    cittadini abbienti e possessori di terre...). I mezzi per condurre questi cambiamenti non devono essere violenti (...senza carneficine, senza riforme sacrileghe di religione, senza fazioni...).
    Il rifiuto della violenza rivoluzionaria pone Jacopo in un vicolo cieco: da un lato l'impossibilità di sopportare l'infame servaggio, dall'altra l'impossibilità di pagare il prezzo terribile e sanguinario imposto dalle leggi della politica e della storia.
    L'alternativa è fuori dalla storia: è la scelta della morte. Ma tale soluzione può essere solo dell'individuo eccezionale, eroico, isolato (...una nazione non si può sotterrare tutta quanta...); sul piano della politica reale non vi può essere che rassegnazione fatalistica (Esorterei l'Italia a pigliarsi in pace il suo stato presente...).


    L’ "Ortis" infatti si inserisce nella letteratura europea sia come romanzo epistolare, sia come opera che risente del clima culturale precedente il Romanticismo. La sua prima caratteristica è l’autobiografismo: Jacopo è un alter ego del nostro Ugo. Nel personaggio si ritrova tutta la passione politica dello scrittore, l’esperienza dell’esilio, la volontà di lotta e di riscatto della propria patria Venezia e dell’Italia tutta, il contrasto con la società presente, lo scontro tra mondo ideale e realtà. In Jacopo poi si riflette tutto il vissuto sentimentale di Ugo ed il protagonista del romanzo assume quei caratteri di passionalità, di immediatezza dei sentimenti, di generosità che furono anche del suo autore. Egli così si pone sia come personaggio fantastico, sia come personaggio reale, divenendo il prototipo dell’eroe romantico, futuro modello per le generazioni successive. Il suicidio di Jacopo pertanto non risulta il semplice prodotto di una delusione amorosa, bensì appare, alla maniera alfieriana, il gesto di una protesta estrema, un atto volto ad affermare i propri principi ideali, un primo esempio di titanismo romantico. Ma romantici sono poi anche molti temi presenti nell’opera. Così quello dell’esilio, quello della morte come porto di pace, della tomba in terra straniera, della solitudine, della lontananza forzata dai propri cari, della patria amata ed umiliata, delle illusioni, dell’amore come solo ristoro terreno alla infelicità.

    Edited by Lussy60 - 5/2/2012, 14:48
     
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