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Asia
Fra i fiori tropicali, fra grida di dolcezza, la lenta, lieve brezza scivolava
e piano poi portava, fischiando fra la rete, l' odore delle sete e della spezia.
Leone di Venezia, Leone di San Marco, l' arma cristiana è al varco dell' Oriente:
ai porti di ponente il mare ti ha portato i carichi di avorio e di broccato.
Le vesti dei mercanti trasudano di ori, tesori immani portano le stive;
si affacciano alle rive le colorate vele, fragranti di garofano e di pepe.
Trasudano le schiene schiantate dal lavoro, son per la terra mirra, l' oro e incenso.
Sembra che sia nel vento su fra la palma somma il grido del sudore e della gomma.
E l' Asia par che dorma, ma sta sospesa in aria l' immensa, millenaria sua cultura:
i bianchi e la natura non possono schiacciare i Buddha, i Chela, gli uomini ed il mare.
Leone di San Marco, leone del profeta, ad est di Creta corre il tuo vangelo;
si staglia contro il cielo il tuo simbolo strano: la spada e non il libro hai nella mano.
Terra di meraviglie, terra di grazie e mali, di mitici animali da bestiari;
s' arriva dai santuari, fin sopra all' alta plancia, il fumo della gangia e dell'incenso.
E quel profumo intenso è rotta di gabbiani, segno di vani simboli divini
e gli uccelli marini additano col volo la strada del Katai per Marco Polo
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Radici (album)
Da Wikipedia
Radici è il quarto album di Francesco Guccini, che è autore anche di tutti i testi e di tutte le musiche.
Mirabile prova del talento letterario di Guccini, l'album si caratterizza anche per la cura rivolta alla parte musicale, lontanamente influenzata dalle tendenze progressive tipiche del periodo.
Il disco
Il tema dell'album è la ricerca e la riscoperta delle proprie radici, simboleggiata anche dalla copertina del disco dove, sullo sfondo del cortile della vecchia casa, sono raffigurati sul fronte i nonni e i prozii di Guccini (tra i quali Enrico, la cui vicenda verrà raccontata anni dopo in "Amerigo") e sul retro lo stesso Guccini con la prima moglie Roberta, ad indicare la continuità della discendenza familiare.
La casa di famiglia è lo spunto di partenza della prima canzone del disco, "Radici".
Accanto a ballate magiche ed accattivanti dalla scabra musicalità (Canzone dei 12 mesi, Piccola città, Il vecchio e il bambino, ma soprattutto La locomotiva) convivono composizioni più articolate, quasi delle piccole suite, come Radici e Canzone della bambina portoghese, che verrà ulteriormente valorizzata da una versione dei Nomadi di due anni successiva, diventando in seguito uno dei cavalli di battaglia dei concerti del gruppo reggiano, e ad arricchire il tutto il suggestivo bozzetto di Incontro, dall'arrangiamento pressoché magistrale.
Sul piano strettamente poetico i testi riprendono la riflessione sul tempo iniziata nei due dischi precedenti: il passato ("Piccola città", "Incontro"), il presente nel suo fluire ("Canzone dei dodici mesi") e il futuro, in quella che Guccini stesso definisce nelle note di presentazione del disco una "favola", "Il vecchio e il bambino", in cui i protagonisti attraversano una pianura desolata, ambientata in un ipotetico futuro, dopo un disastro nucleare.
Rivolta al passato è invece Piccola città, sobria ballata dove Guccini rievoca la Modena della sua infanzia - un'altra radice - col tono sapido di un indulgente rimbrotto. E anche se l'intricata combinazione di vissuti sociali e personali desta - e rigenera - antiche ostilità e ribellioni, ad esse sopravvive un combattuto sentimento di identità e di appartenenza.
Incontro, composta da Guccini in treno, rielabora il fugace reincrocio appena avvenuto con un'amica di vecchia data a lungo smarrita, segnata dalla tragica storia del suo compagno, suicidatosi il giorno di Natale mentre lei festeggiava a casa con la famiglia. Poche canzoni hanno trattato la nostalgia adolescenziale in modo così austero e profondo, ma è soprattutto il tono sommesso con cui l'autore si riosserva il cardine emozionale del brano.
Vi è poi "La locomotiva", racconto di una vicenda storica che Guccini apprese dal suo vicino di casa: il 20 luglio 1893 alla stazione di Poggio Renatico il ventottenne fuochista bolognese Pietro Rigosi, approfittando dell'assenza del macchinista, sganciò la locomotiva del treno diretto a Bologna dal resto del convoglio e percorse con essa un tratto della linea a velocità vertiginosa, finendo poi con lo schiantarsi contro una vettura in sosta; il Rigosi riuscì a salvarsi (gli fu però amputata la gamba), ed il fatto ebbe grande risonanza sulla stampa nazionale. A quello che a tutti gli effetti figurò come un tentativo di suicidio Guccini allega motivazioni politiche, perfettamente plausibili considerando il clima sociale dell'Italia di fine '800.
Il vecchio e il bambino può rappresentare una metafora critica verso l'industrializzazione accusata di distruggere a poco a poco la natura e tutto ciò che un tempo era considerato "puro". Guccini, nel libro-intervista Un altro giorno è andato, ha detto che questa può essere una possibile interpretazione ma che non è quella con cui la canzone è stata pensata: l'autore ha scritto il testo immaginandosi l'olocausto di una possibile guerra nucleare; il vecchio (reduce della generazione sopravvissuta al disastro) racconta al bambino di quanto la Terra fosse florida e bella prima che tutto venisse distrutto.
Il linguaggio non è quasi mai forbito, o lo è studiatamente (Canzone dei dodici mesi e qualche verso de La locomotiva, che oscilla tra riecheggiamenti di stampo carducciano e stralci asciuttamente cronachistici), e ancora latita l'amara autoironia che nei successivi lavori di Guccini fungerà da intercapedine tra il sentimento e l'espressione poetica (Canzone delle osterie di fuori porta, Bologna, Via Paolo Fabbri 43 sono esempi caratteristici di questo filone).
Tracce
1. Radici - 7:12
2. La locomotiva - 8:17
3. Piccola città - 4:38
4. Incontro - 3:37
5. Canzone dei dodici mesi - 7:03
6. Canzone della bambina portoghese - 5:33
7. Il vecchio e il bambino - 4:19
Radici
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La casa sul confine della sera
oscura e silenziosa se ne sta,
respiri un' aria limpida e leggera
e senti voci forse di altra età,
e senti voci forse di altra età...
La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l'anima che hai,
se vuoi capire l'anima che hai...
Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,
come il fiume che ti passa attorno,
tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei,
lentamente, giorno dopo giorno
ed io, l'ultimo, ti chiedo se conosci in me
qualche segno, qualche traccia di ogni vita
o se solamente io ricerco in te
risposta ad ogni cosa non capita,
risposta ad ogni cosa non capita...
Ma è inutile cercare le parole,
la pietra antica non emette suono
o parla come il mondo e come il sole,
parole troppo grandi per un uomo,
parole troppo grandi per un uomo...
E te li senti dentro quei legami,
i riti antichi e i miti del passato
e te li senti dentro come mani,
ma non comprendi più il significato,
ma non comprendi più il significato...
Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi,
tutto è morto e nessuno ha mai saputo
o solamente non ha senso chiedersi,
io più mi chiedo e meno ho conosciuto.
Ed io, l'ultimo, ti chiedo se così sarà
per un altro dopo che vorrà capire
e se l'altro dopo qui troverà
il solito silenzio senza fine,
il solito silenzio senza fine...
La casa è come un punto di memoria,
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza,
e provi un grande senso di dolcezza...
.. -
tomiva57.
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FRANCESCO GUCCINI - LA LOCOMOTIVA (1972)
(Testo e musica di Francesco Guccini)
Non so che viso avesse, neppure come si chiamava
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli
ma nella fantasia ho l'immagine sua,
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli,
gli eroi son tutti giovani e belli.
Conosco invece l'epoca dei fatti, qual'era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere,
i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
sembrava il treno anch'esso un mito di progresso,
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti,
lanciato sopra i continenti.
E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite
sembrava avesse dentro un potere tremendo,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite,
la stessa forza della dinamite.
Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali
parole che dicevano: "gli uomini sono tutti uguali"
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via
la bomba proletaria, ed illuminava l'aria
la fiaccola dell'anarchia,
la fiaccola dell'anarchia,
la fiaccola dell'anarchia.
Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione
un treno di lusso, lontana destinazione
vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori
pensava al magro giorno della sua gente attorno,
pensava a un treno pieno di signori,
pensava a un treno pieno di signori,
pensava a un treno pieno di signori.
Non so che cosa accadde, perché prese la decisione
forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore
dimenticò pietà, scordò la sua bontà,
la bomba sua la macchina a vapore,
la bomba sua la macchina a vapore,
la bomba sua la macchina a vapore.
E sul binario stava la locomotiva
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno
mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno,
con forza cieca di baleno.
E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura
e prima di pensare a quel che stava a fare,
il mostro divorava la pianura,
il mostro divorava la pianura,
il mostro divorava la pianura.
Correva l'altro treno ignaro, quasi senza fretta
nessuno immaginava di andare verso la vendetta
ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
"notizia di emergenza, agite con urgenza,
un pazzo si è lanciato contro al treno,
un pazzo si è lanciato contro al treno,
un pazzo si è lanciato contro al treno."
Ma intanto corre corre corre la locomotiva
e sibila il vapore, sembra quasi cosa viva
e sembra dire ai contadini curvi, il fischio che si spande in aria:
fratello non temere, che corro al mio dovere,
trionfi la giustizia proletaria,
trionfi la giustizia proletaria,
trionfi la giustizia proletaria.
Intanto corre corre corre sempre più forte
e corre corre corre corre verso la morte
e niente ormai può trattenere l'immensa forza distruttrice
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto
della grande consolatrice,
della grande consolatrice,
della grande consolatrice.
La storia ci racconta come finì la corsa
la macchina deviata lungo una linea morta
con l'ultimo suo grido di animale la macchina eruttò lapilli e lava
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo,
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava,
lo raccolsero che ancora respirava.
Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia,
lanciata a bomba contro l'ingiustizia.
Edited by tomiva57 - 16/3/2011, 17:38. -
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Piccola Città :
Piccola città, bastardo posto,
appena nato ti compresi o fu il fato che in tre mesi mi spinse via;
piccola città io ti conosco,
nebbia e fumo non so darvi il profumo del ricordo che cambia in meglio,
ma sono qui nei pensieri le strade di ieri, e tornano
visi e dolori e stagioni, amori e mattoni che parlano...
Piccola città, io poi rividi
le tue pietre sconosciute, le tue case diroccate da guerra antica;
mia nemica strana sei lontana
coi peccati fra macerie e fra giochi consumati dentro al Florida:
cento finestre, un cortile, le voci, le liti e la miseria;
io, la montagna nel cuore, scoprivo l' odore del dopoguerra...
Piccola città, vetrate viola,
primi giorni della scuola, la parola ha il mesto odore di religione;
vecchie suore nere che con fede
in quelle sere avete dato a noi il senso di peccato e di espiazione:
gli occhi guardavano voi, ma sognavan gli eroi, le armi e la bilia,
correva la fantasia verso la prateria, fra la via Emilia e il West...
Sciocca adolescenza, falsa e stupida innocenza,
continenza, vuoto mito americano di terza mano,
pubertà infelice, spesso urlata a mezza voce,
a toni acuti, casti affetti denigrati, cercati invano;
se penso a un giorno o a un momento ritrovo soltanto malinconia
e tutto un incubo scuro, un periodo di buio gettato via...
Piccola città, vecchia bambina
che mi fu tanto fedele, a cui fui tanto fedele tre lunghi mesi;
angoli di strada testimoni degli erotici miei sogni,
frustrazioni e amori a vuoto mai compresi;
dove sei ora, che fai, neghi ancora o ti dai sabato sera?
Quelle di adesso disprezzi, o invidi e singhiozzi se passano davanti a te?
Piccola città, vecchi cortili,
sogni e dei primaverili, rime e fedi giovanili, bimbe ora vecchie;
piango e non rimpiango, la tua polvere, il tuo fango, le tue vite,
le tue pietre, l'oro e il marmo, le catapecchie:
così diversa sei adesso, io son sempre lo stesso, sempre diverso,
cerco le notti ed il fiasco, se muoio rinasco, finchè non finirà.... -
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Incontro
E correndo mi incontrò lungo le scale, quasi nulla mi sembrò cambiato in lei,
la tristezza poi ci avvolse come miele per il tempo scivolato su noi due.
Il sole che calava già rosseggiava la città
già nostra e ora straniera e incredibile e fredda:
come un istante "deja vu", ombra della gioventù, ci circondava la nebbia...
Auto ferme ci guardavano in silenzio, vecchi muri proponevan nuovi eroi,
dieci anni da narrare l'uno all' altro, ma le frasi rimanevan dentro in noi:
"cosa fai ora? Ti ricordi? Eran belli i nostri tempi,
ti ho scritto è un anno, mi han detto che eri ancor via".
E poi la cena a casa sua, la mia nuova cortesia, stoviglie color nostalgia...
E le frasi, quasi fossimo due vecchi, rincorrevan solo il tempo dietro a noi,
per la prima volta vidi quegli specchi, capii i quadri, i soprammobili ed i suoi.
I nostri miti morti ormai, la scoperta di Hemingway,
il sentirsi nuovi, le cose sognate e ora viste:
la mia America e la sua diventate nella via la nostra città tanto triste...
Carte e vento volan via nella stazione, freddo e luci accesi forse per noi lì
ed infine, in breve, la sua situazione uguale quasi a tanti nostri films:
come in un libro scritto male, lui s' era ucciso per Natale,
ma il triste racconto sembrava assorbito dal buio:
povera amica che narravi dieci anni in poche frasi ed io i miei in un solo saluto...
E pensavo dondolato dal vagone "cara amica il tempo prende il tempo dà...
noi corriamo sempre in una direzione, ma qual sia e che senso abbia chi lo sa...
restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento,
le luci nel buio di case intraviste da un treno:
siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno..."
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tappi.
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tomiva57.
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Canzone Dei Dodici Mesi
Viene Gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve il mio corpo malato, il mio corpo malato...
Sono distese lungo la pianura bianche file di campi,
son come amanti dopo l'avventura neri alberi stanchi, neri alberi stanchi...
Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino, ma nei convitti e in piazza
lascia i dolori e vesti da Arlecchino, il carnevale impazza, il carnevale impazza...
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore appare la speranza
nei primi giorni di malato sole la primavera danza, la primavera danza..
Cantando Marzo porta le sue piogge, la nebbia squarcia il velo,
porta la neve sciolta nelle rogge il riso del disgelo, il riso del disgelo...
Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta la penitenza vana,
l'ala del tempo batte troppo in fretta, la guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi al sonno dedicati il dolce Aprile viene,
quali segreti scoprì in te il poeta che ti chiamò crudele, che ti chiamò crudele...
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi dopo fatto l'amore,
come la terra dorme nella notte dopo un giorno di sole, dopo un giorno di sole...
Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera,
il nuovo amore getti via l'antico nell' ombra della sera, nell' ombra della sera...
Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore,
mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore...
Giugno, che sei maturità dell'anno, di te ringrazio Dio:
in un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io...
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro,
con le tue spighe doni all' uomo il pane, alle femmine l' oro, alle femmine l' oro...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio, il leone,
riposa, bevi e il mondo attorno appare come in una visione, come in una visione...
Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore
mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore...
Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età,
dopo l' estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità...
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità,
come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità...
Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza:
nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza...
Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze,
lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse, fumano nubi basse...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti,
lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti...
Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada
te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada, in fango della strada...
E mi addormento come in un letargo, Dicembre, alle tue porte,
lungo i tuoi giorni con la mente spargo tristi semi di morte, tristi semi di morte...
Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre,
ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
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CANZONE DELLA BAMBINA PORTOGHESE
E poi e poi, gente viene qui e ti dice di sapere già ogni legge delle cose.
E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco di verità fatte di formule vuote...
E tutti, sai, ti san dire come fare,
quali leggi rispettare, quali regole osservare, qual'è il vero vero...
E poi, e poi, tutti chiusi in tante celle fanno a chi parla più forte
per non dir che stelle e morte fan paura...
Al caldo del sole, al mare scendeva la bambina portoghese,
non c'eran parole, rumori soltanto come voci sorprese,
il mare soltanto e il suo primo bikini amaranto,
le cose più belle e la gioia del caldo alla pelle...
Gli amici vicino sembravan sommersi dalla voce del mare...
O sogni o visioni, qualcosa la prese e si mise a pensare,
sentì che era un punto al limite di un continente,
sentì che era un niente, l'Atlantico immenso di fronte...
E in questo sentiva qualcosa di grande
che non riusciva a capire, che non poteva intuire,
che avrebbe spiegato, se avesse capito lei, quell' oceano infinito...
Ma il caldo l'avvolse, si sentì svanire e si mise a dormire
e fu solo del sole, come di mani future;
restaron soltanto il mare e un bikini amaranto...
E poi e poi, se ti scopri a ricordare, ti accorgerai che non te ne importa niente
e capirai che una sera o una stagione son come lampi, luci accese e dopo spente
e capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini...
E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere,
ma il qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere
e poi, poi vivere...
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Il Vecchio E Il Bambino
Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera;
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera...
L' immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare
e tutto d' intorno non c'era nessuno:
solo il tetro contorno di torri di fumo...
I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva:
con l' anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati...
I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni,
i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
distinguer nei sogni il falso dal vero...
E il vecchio diceva, guardando lontano:
"Immagina questo coperto di grano,
immagina i frutti e immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori
e in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde,
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell' uomo e delle stagioni..."
Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
"Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!"Opera buffa (album)
Da Wikipedia
Opera buffa (1973) è il quinto album di Francesco Guccini.
L'album riprende il lato ironico e umoristico di Guccini, quello rappresentato nei primi dischi da brani come Il 3 dicembre del '39 o Il sociale e l'antisociale, o ancora Al trist.
Quattro sono le canzoni inedite scritte da Guccini per il disco; vi è poi una ripresa de Il bello, uscita su 45 giri nel 1968 ed incisa nel 1970 da Lando Buzzanca, e una canzone popolare bolognese, La fiera di San Lazzaro.
Il disco
Come scrive Guccini nella nota di presentazione stampata all'interno del 33 giri, questo «è un disco nato per caso, ma non a caso. L'idea c'era da tempo, una specie di "altra faccia di...", o fermare in un certo modo qualcuna di quelle serate "dal vivo", col pubblico attore che parla e ride e io che gigioneggio, recito, mi diverto». Perché in fondo di questo si tratta: non solo di un album dal vivo, ma di un album gigionesco, cabarettistico, di un divertissement.
A dire il vero non è neppure un album completamente dal vivo perché, se è vero che le canzoni sono state registrate in diretta, voce e chitarra, in parte al Folkstudio di Roma e in parte all'Osteria delle Dame di Bologna, esse sono arricchite da alcune orchestrazioni sovraincise in studio, che ne accentuerebbero il carattere grottesco e goliardico. Lo stesso Guccini spiega che in principio era contrario ad inserire successivamente «un po' di musica qui, un po' là», ma alla fine si è fatto convincere dal produttore Pier Farri.
L'album è quindi rilevante proprio perché ci mostra un altro Guccini, fino ad allora inedito su vinile, che solo molti anni dopo, inserirà in un suo album (disco, del 1996) una canzone - I fichi - che ricorda quelle contenute in Opera buffa, anche perché scritta pochi mesi dopo (e presentata spesso da Guccini sia nei concerti di quegli anni sia in televisione, a "Televacca" condotto da Roberto Benigni sulla Rai nel 1976).
Tra i musicisti che suonano nel disco sono da ricordare Ettore De Carolis, ex componente dei Chetro & Co., che firma gli arrangiamenti con Pier Farri, la violinista americana Talia Toni Marcus (che, anni dopo, aggiungendo anche il nome originale (Talia) e ritornata a vivere negli Stati Uniti, diventerà la violinista di Van Morrison) al violino e alla viola e Tony Esposito alle percussioni.
Tracce
1. Il bello - 2:19
2. Di mamme ce n'è una sola - 4:27
3. La Genesi - 6:58
4. Fantoni Cesira - 3:32
5. Talkin' sul sesso - 6:22
6. La fiera di San Lazzaro - 5:39
Le canzoni
Il bello
Caricatura del ragazzino impomatato e spavaldo che, con la sua Gilera e il suo ridicolo "savoir faire", fa strage di cuori nelle balere di paese. I tic della vita di provincia forniscono lo spunto per questa divertente canzone.
Di mamme ce n'è una sola
Parodia della musica leggera tanto amata negli anni sessanta e settanta. L'autore sottolinea gli sterotipi che spesso questo tipo di musica usa e il concetto dell'"altra donna" che allontana il figlio dall'unico amore sincero della sua vita, quello per la madre.
La Genesi
Cabarettistica narrazione della creazione del mondo. Dio, annoiato da un cosmo deserto e senza televisione, decide, per sua distrazione, di creare l'universo. Alla fine, con gli avanzi ("un po' di formaggio e due scatolette di Simmenthal") darà vita all'uomo. "Mentre pensava a se stesso pensante" è probabilmente un riferimento al Dio di Aristotele, che essendo perfetto, non può pensare ad altro che alla perfezione, ovvero a se stesso.
Fantoni Cesira
Fantoni Cesira, figlia di uno squattrinato alcolizzato, dedito esclusivamente al vino; la madre a un certo punto si sparerà, travolta dal destino toccatole (destino che lei, astemia, non poteva scordare con l'alcool). La povera Cesira trova lavoro in fabbrica, ma sogna una vita da principessa "con pellicce, ville e piscine". Il fato porta un produttore alla sagra del paese della ragazza, che viene eletta "Miss Tette" per il suo seno prosperoso. Questi si fa avanti proponendole di fare cinema, anche se, la prima sera che passano insieme, con lei farà ben altro. Cesira dunque "perde la castità" ma si aggiudica Cinecittà: lascia il lavoro, chiude suo padre in ricovero, e acquistato un topless, corre a Roma. Lì "visita decine di letti", si prostituisce, se la fa con produttori, segretari, cardinali, negri, si fa mantenere da un onorevole (che però le fa fare "un romanzo a fumetti"), ma in compenso studia dizione, bel canto, recitazione, regia. Da ultimo La giovane, ormai milionaria "fra letto e seno" e con lo pseudonimo di Cesy Phantoni, diviene l'amante di un noto produttore che le garantisce il futuro artistico e privato, prendendola in seconde nozze in Messico. "...E la morale di questa storia, al giorno d'oggi non è tanto strana: per aver soldi, la fama e la gloria bisogna essere un poco puttana". Canzone dedicata a Sophia Loren.
Talkin' sul sesso
Satira sul perbenismo sessuofobo dell'Italia del tempo, eseguita sulla base dei talking blues statunitensi. Guccini aveva già adoperato questo schema per la canzone "Talkin' Milano", contenuta nell'album d'esordio Folk Beat N.1.
La fiera di San Lazzaro
La canzone riprende una filastrocca popolare bolognese riferita a un tradizionale mercato che si tiene annualmente nel comune di San Lazzaro di Savena, confinante con Bologna. Il testo, umoristico e licenzioso, viene integrato da piccoli sketch parlati dal cantautore alla fine di ogni strofa, dove "traduce" le locuzioni dialettali.
Il Bello
Bello col vestito della festa, bello con la brillantina in testa
bello, con le scarpe di coppale e l'andata un po' per male, ed in bocca il riso amar...
Le donne treman quando monto la Gilera, fremono aspettando alla balera,
muoion spasimando nell'attesa che ad un mio cenno d'intesa io le stringa nel "casché"
Modestamente: olè!
Poi mi decido e avanzo tra la folla, lalala, e con un fischio invito la più bella, lalala:
lei mi stramazza sulla spalla, poverina, quell' odor di brillantina è il profumo dell'amor
e mentre il tango dolcemente vola sussurro piano: "bambola, il tuo nome!"
Risponde dolce "Sguazzinelli Argìa, sto qui in fondo alla via al centoventitrè..."
Dimenticavo: olè!
Bello con la mossa, olè, dell'anca, bello mentre turbina la danza,
bello con lo sguardo vellutato ed il labbro corrucciato e la voluttà nel cor!
Oh, la stringo forte in una spastica carezza e nello spasimo una costola si spezza,
ma che m'importa, poichè sono quasi un mito
questo è il minimo tributo che una donna pagar dè...
Sono fatale: olè!
Tace il violino, si tace la chitarra, lalala, sazio d'amore la risbatto sulla panca, lalala,
lei sta piangendo il suo dolore, poverina, quell' odor di brillantina non scorderà mai più...
Mentre la notte tenebrosa impera, risalto al volo sulla mia Gilera:
per questa sera ho troppo amato e sono stanco,
la notte tutto in bianco non posso fare perchè
sono anemico! Olè!
La Genesi
[Parlato]
Una canzone molto più... più seria e più impegnata, oserei dire impegnatissima, una canzone che
mi è stata ispirata, a me succede poche volte, però questa canzone mi è stata ispirata
direttamente dall'alto. Ero lì, nel mio candido lettino... e ho sentito una voce che diceva "Francesco",
dico "socc..., chi è?"... dico "eh?", diceeeeee "svegliati sono il tuo Dio." E allora così, in questo modo sollecitato, ho pensato di, di... fare un' opera musicale colossale e mettere in musica l'Antico Testamento. Per ora sono riuscito a fare soltanto la Genesi... che è la vera storia della creazione del mondo...
Per capire la nostra storia bisogna farsi ad un tempo remoto:
c'era un vecchio con la barba bianca, lui, la sua barba, ed il resto era vuoto.
Voi capirete che in tale frangente quel vecchio solo lassù si annoiava,
si aggiunga a questo che, inspiegabilmente, nessuno aveva la T.V. inventata...
Beh, poco male, pensò il vecchio un giorno, a questo affare ci penserò io:
sembra impossibil, ma in roba del genere, modestia a parte, ci so far da Dio!
"Dixit", ma poi toccò un filo scoperto, prese la scossa, ci fu un gran boato:
come T.V. non valeva un bel niente, ma l' Universo era stato creato...
Come son bravo che, a tempo perso, ti ho creato l'Universo!
Non mi sembra per niente male, sono davvero un tipo geniale!
"Zitto, Lucifero, non disturbare, non stare sempre qui a criticare!
Beh sì, lo ammetto, sarà un po' buio, ma non dir più che non si vede un tubo!"
[parlato]
"Che sono parolacce che non sopporto!", disse il vecchio a Lucifero. "E poi se c'è una cosa e un'altra che non posso sopportare sono i criticoni: fattelo te l' Universo se sei capace! Che me at dig un quel... disse il ve..." Era d' antica origine modenese da parte di madre il ve... "Io parlo chiaro: pane al pane, vino al vino, anzi vin santo al vin santo. Sono buono e bravo, ma se mi prendono i cinque secoli me at sbat a l' inferen, com'è vero Dio!"
Ma poi volando sull' acqua stagnante e sopra i mari di quell' Universo,
mentre pensava se stesso pensante in mezzo a quel buio si sentì un po' perso.
Sbattè le gambe su un mucchio di ghiaia dopo una tragica caduta in mare,
quando andò a sbattere sull' Himalaya il colpo gli fece persino un po' male...
Fece crollare anche un gran continente soltanto urtandolo un poco col piede:
si consolò che non c'era ancor gente e che non gli era venuto poi bene.
Ma quando il buio gli fece impressione, disse, facendosi in viso un po' truce:
"diavol d' un angelo, avevi ragione! Si chiami l' Enel, sia fatta la luce!"
Commutatori, trasformatori, dighe idroelettriche e isolatori,
turbine, dinamo e transistori per mille impianti di riflettori,
albe ed aurore fin boreali, giorni e tramonti fin tropicali.
"Fate mo' bene che non bado a spese, tanto ho lo sconto alla fine del mese..."
[parlato]
"Te Lucifero non ti devi interessare come faccio ad avere io lo sconto alla fine del mese. Ma cosa vuol dire corruzione, una mano lava l' altra, come si dice; vuoi che uno nella mia posizione non conosca nessuno? Però intanto, ragazzi, andateci piano perchè la bolletta la portano a me. M' avete lasciato accesa la luce al polo sei mesi, sei mesi, no, sei mesi! Grazie, c'era freddo, i surgelati li debbo pur tenere da qualche parte! Adesso la tenete spenta sei mesi come ... e poi quei ragazzi lì, come si chiamano quei ragazzini che vanno in giro con quella cosa? Aureola si chiama? No no, am pies menga, no no no, ragazzi quelle cose li, io vi invento il peccato di superbia e vi frego tutti eh, adesso ve lo dico, bisogna guadagnarsele... a parte il fatto che non mi adorate abbastanza... no no no Lucifero, è inutile che tu mi chiedi scusa: adorare significa non dovere mai dire mi dispiace! Tientelo in mente... Voi, ecco, io vi do ogni dieci atti di adorazione vi do un buono, ogni dieci buoni voi mandate la cartolina che il 6 gennaio... che poi ci ho tutta un'altra idea in testa per la... facciamo Aureolissima che è una festa che mi sembra molto bella. Piuttosto Lucifero, non sgamare, vieni qua ragazzo... Com' è, mi hanno detto che hai stampato un libro... Il Libretto Rosso dei Pensieri di... oh, bella roba il libretto rosso dei pensieri di Lucifero! Ragazzi mi spiace... ma cosa vuol dire di sinistra, di sinistra... non sono un socialdemocratico anch' io? avanti al centro contro gli opposti estremismi! ...eh ma, ...no no no, non ci siamo mica qua: se c' è uno che può pensare anzitutto sono io ... e non tirare mica in ballo mio figlio, quel capellone, con tutti i sacrifici che ho fatto... per me lui lì finisce male... ah me, me a tal deg ... finisce male. E attento che te e lui, io ho delle soluzioni per voi che non vi piaceranno, per Dio! E non guardarmi male che qui dentro "per Dio" lo dico come e quando mi pare!"
Ma fatta la luce ci vide più chiaro: là nello spazio girava una palla.
Restò pensoso e gli parve un po' strano, ma scosse il capo: chi non fa non falla.
Rise Lucifero stringendo l' occhio quando lui e gli angeli furon da soli:
"Guarda che roba! Si vede che è vecchio: l'ha fatto tutto schiacciato sui poli!"
Per riempire 'sto bell'ambiente voglio metterci tante piante.
"Forza, Lucifero, datti da fare, ordina semi, concime e trattore,
voglio un giardino senza uguali, voglio riempirlo con degli animali!
Ma cosa fa 'sto cane che ho appena creato? Boia d'un Giuda, m' ha morsicato!
[parlato]
"Piuttosto fallo vedere da un veterinario, che non vorrei aver creato anche la rabbia, già così...cos'è che non ho creato? Lo sapevo: l'uomo non ho creato! Grazie, mi fate sempre fare tutto a me, mi tocca sempre fare! Qua se non ci sono io che penso a tutto.. va beh, nessuno è perfetto... sì, lo so che sono l'Essere Perfettissimo Creatore e Signore. Grazie! Adesso ti trasformo in serpente così impari, striscia mo' lì! Viuscia via!"
E portarono al vecchio quello che c' era rimasto ... c'era un po' di formaggio e due scatolette di Simmenthal, cioè lui li mise assieme e poi...
Prese un poco di argilla rossa, fece la carne, fece le ossa,
ci sputò sopra, ci fu un gran tuono ed è in quel modo che è nato l'uomo...
[parlato]
Era un venerdì 13 dell'anno zero del Paradiso!
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tomiva57.
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Divertente brano di Francesco Guccini, tratto da "Opera buffa"
Testo
[Parlato]
Volete del gran sesso...è richiesto a piene mani, a veh, se volete ve lo do. La canzone sul sesso non è una vera canzone, per chi non la conosce... è un blues parlato, è un talking blues che... parla di questo problema che, chi più, chi meno, ci attanaglia tutti. Io fui attanagliato dal problema del sesso una volta, mi sembra nel... '52, però ne conservo buona memoria, ancora, per poterne parlare...
Se c'è una cosa di moda adesso, fatto sicuro è proprio il sesso;
[parlato]
quello a vagoni...
anche Alighieri col sesso prendo, e la "Divina Commedia" a dispense vendo:
"la carne in fiamme, peccatori e peccatrici, sensazioni paradisiache!"
[parlato]
E vendono, eh? Ma moltissimo!
Comunque alla scuola media statale hanno iniziato un piano di educazione sessuale:
sembra impossibile, eppure è vero, ed è voluto dal Ministero.
[parlato]
Non ci credete? Andate e vedete, hanno già stanziato due miliardi per comperare i cavoli!
Ma questo fatto dell' educazione non è ben visto dalla nazione:
"morte alla pillola atea e nociva! Per l' aspirina si gridi evviva!"
[parlato]
Che poi fa lo stesso effetto: non bisogna prenderla prima o dopo, bisogna prenderla... "invece"! E passano anche quei noiosi mal di testa...come disse Maria Antonietta...
Italia per bene, sii sveglia, sii desta, intendi l'orecchio, solleva la testa! Ah, ah...
I giovani d' oggi han scoperto, vergogna, chi porta i bambini, non è la cicogna!
[parlato]
Vedo sempre dei visi meravigliati a questo punto. Io non lo so come sia.. Fatto anticattolico e comunista! Il ministero delle cicogne è in crisi!
Ho visto in giro un pìo proclama che al religioso buon sess... eh, buon senso chiama.
Fare l' amore fa male al cuore! Dov' entra il sesso, metaforicamente parlando, entra il dottore!
[parlato]
E non si parli soprattutto di antifecondativi! Visto che i bimbi nascono sotto ai cavoli, al massimo di anticrittogamici! Ma c'è sempre qualcosa che dà un dolore... a qualcuno...
La corruzione, quand'è iniziata, non c'è più niente che può fermarla...
[parlato]
E lì, dice: facile... uno comincia e poi non smette più, capisc mia... è difficilissimo fermarlo. Degli amici, delle sere, trattenuti per le spalle: "Do... ma dove vuoi andare?" "Io ci vado, io ci va..." "Ma no... sta' con noi..." "No... no..." Così, scene terrificanti, veramente. No, capisci... uno comincia con quelle cose leggere che fa verso i sedici-diciassette anni, poi si abitua, prende il vizio e non c'è più niente da fare, eh? Diventa un drogato.
E dà l' assuefazione! Dà: perdita della memoria, perdita dei riflessi, poca voglia di lavorare e vengon dei buchi così... della pelle, da tutte le parti: un mio amico li ha avuti...
E poi che faccia male è verissimo: c'è stato un rapporto americano, tipo quello sul fumo. Avete... sapete quel famoso rapporto sulle sigarette? Dice che scopare fa male da morire. I dottori consigliano di farlo... almeno col filtro. Dice... si sente un po' meno, però... la salute ne guadagna!
La corruzione quand' è iniziata non c'è più niente che può fermarla:
tutti di sesso siamo ammalati ed al divorzio si è già arrivati!
[parlato]
"Ciò che Dio unisce l' uomo non sciolga!" Cioè, è molto meglio un pìo colpo di pistola, che col fatto del delitto d'onore con un mese e mezzo sei fuori e te ne fotti!
E quindi uniamoci gridando al mondo: "a morte il sesso, serpente immondo!
Basta l'amore! Fate la guerra... sano rimedio per questa terra...
Non più sovrappopolazione!
Non più divorzi!
La coscienza è a posto!
E ci penseranno i superstiti!"
Fantoni Cesira
La fiera di S. Lazzaro
interpretazione buffa. -
tomiva57.
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Stanze di vita quotidiana
Stanze di vita quotidiana (1974) è il sesto album di Francesco Guccini.
Il disco
Intervistato dopo l'uscita di Stagioni (2000) su quale album non avrebbe rifatto, Guccini indicò proprio Stanze di vita quotidiana: «Lo incisi in situazioni psicologiche difficili. Avevo un produttore, Pier Farri, che mi sballottava da Roma a Milano senza il minimo motivo. Fu terribile». E poi aggiunge: «al tempo, Pier era fissato con l'esotismo, le marimbe. Ares Tavolazzi, il bassista, se ne andò quando Pier gli chiese di eseguire "un suono giallo"... cazzo voleva dire?». In realtà lo stesso Guccini ha spesso ripreso molte di queste canzoni nel corso dei tour, segno evidente che, in ogni caso, riconosce la validità dei brani.
Riccardo Bertoncelli scrisse all'epoca, commentando questo sfortunato album: "Guccini se ne esce fuori con un disco all'anno, ma si vede che ormai non ha più niente da dire"; a questa recensione Guccini rispose scrivendo la canzone L'avvelenata.
Le canzoni sono tutte di Francesco Guccini e sono state scritte tra il settembre 1972 (Canzone delle osterie di fuori porta) e l'agosto 1973 (Canzone delle situazioni differenti); gli arrangiamenti sono di Ettore De Carolis e Vince Tempera.
Nella copertina, Marva Jan Marrow è citata con il solo nome (Marva); una curiosità sul percussionista brasiliano Mandrake Som è che il suo vero nome è Ivanir Do Nascimento, ed è il cugino del celebre calciatore Pelé.
Tracce
1. Canzone delle osterie di fuori porta - 7:08
2. Canzone della triste rinuncia - 7:20
3. Canzone della vita quotidiana - 6:07
4. Canzone per Piero - 6:22
5. Canzone delle ragazze che se ne vanno - 4:50
6. Canzone delle situazioni differenti - 9:03
"Guccini Francesco Canzone Delle Osterie Di Fuori Porta
Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per età, qualcuno perchè già dottore
e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po' peggiore...
Cadon come foglie o gli ubriachi sulle strade che hanno scelto,
delle rabbie antiche non rimane che una frase o qualche gesto,
non so se scusano il passato per giovinezza o per errore,
non so se ancora desto in loro, se m' incontrano per forza, la curiosità o il timore...
Io ora mi alzo tardi tutti i giorni, tiro sempre a far mattino,
le carte poi il caffè della stazione per neutralizzare il vino,
ma non ho scuse da portare, non dico più d'esser poeta,
non ho utopie da realizzare: stare a letto il giorno dopo è forse l'unica mia meta...
Si alza sempre lenta come un tempo l'alba magica in collina,
ma non provo più quando la guardo quello che provavo prima.
Ladri e profeti di futuro mi hanno portato via parecchio,
il giorno è sempre un po' più oscuro, sarà forse perchè è storia, sarà forse perchè invecchio...
Ma le strade sono piene di una rabbia che ogni giorno urla più forte,
son caduti i fiori e hanno lasciato solo simboli di morte.
Dimmi se son da lapidare se mi nascondo sempre più,
ma ognuno ha la sua pietra pronta e la prima, non negare, me la tireresti tu...
Sono più famoso che in quel tempo quando tu mi conoscevi,
non più amici, ho un pubblico che ascolta le canzoni in cui credevi
e forse ridono di me, ma in fondo ho la coscienza pura,
non rider tu se dico questo, ride chi ha nel cuore l'odio e nella mente la paura...
Ma non devi credere che questo abbia cambiato la mia vita,
è una cosa piccola di ieri che domani è già finita.
Son sempre qui a vivermi addosso, ho dai miei giorni quanto basta,
ho dalla gloria quel che posso, cioè qualcosa che andrà presto, quasi come i soldi in tasca...
Non lo crederesti ho quasi chiuso tutti gli usci all'avventura,
non perchè metterò la testa a posto, ma per noia o per paura.
Non passo notti disperate su quel che ho fatto o quel che ho avuto:
le cose andate sono andate ed ho per unico rimorso le occasioni che ho perduto...
Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione,
chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore...
Canzone Della Triste Rinuncia
Le luci dentro al buio sono andate via e l' allegria comprata è già sparita,
il giorno dopo è sempre la malinconia che spezza la magia di un' altra vita.
La forza che ti lega è grande più di te, l' anello al collo si stringe sempre più:
non dare più la colpa al mondo o a lei per la rinuncia triste a quello che non sei...
Lo sai cosa vuol dire stare giorni interi a buttar via nel niente solo il niente;
fai mille cose, ma sono sempre i tuoi pensieri che scelgono per te diversamente.
Son stanco d' aver detto le cose che dirò, di aver già fatto le cose che farò,
ma è tardi, troppo tardi, piangere ormai sulla rinuncia triste a quello che non fai...
Credevo l' incertezza possibilità e il dubbio assiduo l' unica ragione,
ma quali scelte hai fatto in piena libertà: ti muovi sempre dentro a una prigione...
Non è la luce o il buio né l' ero ed il sarò, non è il coraggio che ti fa dir "vivrò",
è solo un' altra scusa che usare vuoi per la rinuncia triste a quello che non puoi...
Non voglio prender niente se non so di dare, io e chissà chi decidono ciò che posso,
non ho la voglia o la forza per poter cambiare me stesso e il mondo che mi vive addosso...
E forse sto morendo e non lo so capire o l' ho capito e non lo voglio dire,
rimangono le cose senza falso o vero, e la rinuncia triste a quello che io ero...
Le luci dentro al buio sono andate via e l' allegria comprata è già sparita,
il giorno dopo è sempre la malinconia che spezza la magia di un' altra vita.
La forza che ti lega è grande più di te, l' anello al collo si stringe sempre più:
non dare più la colpa al mondo o a lei per la rinuncia triste a quello che non sei...
Lo sai cosa vuol dire stare giorni interi a buttar via nel niente solo il niente;
fai mille cose, ma sono sempre i tuoi pensieri che scelgono per te diversamente.
Son stanco d' aver detto le cose che dirò, di aver già fatto le cose che farò,
ma è tardi, troppo tardi, piangere ormai sulla rinuncia triste a quello che non fai...
Credevo l' incertezza possibilità e il dubbio assiduo l' unica ragione,
ma quali scelte hai fatto in piena libertà: ti muovi sempre dentro a una prigione...
Non è la luce o il buio né l' ero ed il sarò, non è il coraggio che ti fa dir "vivrò",
è solo un' altra scusa che usare vuoi per la rinuncia triste a quello che non puoi...
Non voglio prender niente se non so di dare, io e chissà chi decidono ciò che posso,
non ho la voglia o la forza per poter cambiare me stesso e il mondo che mi vive addosso...
E forse sto morendo e non lo so capire o l' ho capito e non lo voglio dire,
rimangono le cose senza falso o vero, e la rinuncia triste a quello che io ero...
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