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Folk beat n.1 è il titolo del primo album del cantautore italiano Francesco Guccini, pubblicato nel marzo 1967.
Il 33 giri figura peraltro con il solo nome di "Francesco" nella discografia ufficiale dell'artista, come tutte le sue prime incisioni.
Il disco
Insieme a Guccini (che si accompagna con la chitarra ritmica), suonano Antonio Roveri (alla chitarra solista) e Alan Cooper (armonica e chitarra ritmica). L'album - registrato allo studio Basilica di Milano nell'estate del 1966 - fu prodotto da Odoardo "Dodo" Veroli; la fotografia di copertina è di Guido De Maria.
Le canzoni già edite
Il disco contiene tre canzoni già note che Guccini aveva scritto in precedenza per l'Equipe 84 (Auschwitz e L'antisociale) e i Nomadi (Noi non ci saremo), più alcune canzoni inedite. Guccini infatti, aveva fatto parte, tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta di una serie di gruppi da uno dei quali, i Gatti, nacque poi l'Equipe 84, formazione dalla quale il futuro cantante-poeta-scrittore, originario di Modena ma cresciuto a Pavana (sull'appennino tosco-emiliano), rimase escluso perché in quel periodo appunto in servizio di leva.
Una volta congedato, Guccini preferì dedicarsi agli studi universitari pur scrivendo, per diletto, canzoni che piacquero all'Equipe 84 che volle interpretarle (Auschwitz, L'antisociale, È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo), e ai Nomadi (Noi non ci saremo).
Non essendo Guccini ancora iscritto alla SIAE, quei pezzi furono così depositati da altri autori: Maurizio Vandelli da solo per È dall'amore che nasce l'uomo e Per un attimo di tempo, ed in coppia con il maestro Iller Pattacini (che si firmava Lunero), per Auschwitz, e al maestro Francesco Anselmo, che arrangiava i dischi per la Vedette, e Pantros (pseudonimo di Armando Sciascia discografico dell'Equipe 84) per L'antisociale.
Il successo che queste canzoni ebbero portò la casa editrice La voce del Padrone a proporgli di firmare un contratto per scrivere canzoni ricevendo uno stipendio mensile: la prima firmata completamente da Guccini sarà, sempre nel 1967, Dio è morto.
Inediti e fortuna
A parte le citate Auschwitz e L'antisociale, tutte le altre canzoni di Folk beat furono invece firmate da Tony Verona per i testi e dal maestro Mansueto Deponti (che usava lo pseudonimo di Pontiack) per le musiche, pur essendo tutte scritte da Guccini.
Le vendite del disco furono abbastanza inconsistenti (circa 500 copie, all'epoca, che sono ovviamente cresciute di numero negli anni seguenti, con il crescere della popolarità di Guccini) ed il riscontro commerciale molto scarso (praticamente nullo, affermò Guccini.
In ogni caso l'uscita di Folk beat gli procurò la sua prima apparizione televisiva: Caterina Caselli il 1 maggio 1967, poco dopo l'uscita del disco, lo invitò al programma televisivo Diamoci del tu, presentato insieme a Giorgio Gaber: in quest'occasione, che rappresentò il suo debutto televisivo, cantò Auschwitz; nella stessa puntata, tra l'altro, fu ospite un altro giovane cantautore ancora sconosciuto, Franco Battiato.
La cantante di Sassuolo presentò "Un giovane nuovo cantante che viene dalla mia regione, l'Emilia: Francesco", dopodiché un giovane e sbarbato Guccini venne intervistato dalla Caselli (dicendo, tra le altre cose, di essere l'autore di Auschwitz e Noi non ci saremo), e infine cantò.
Il disco, pubblicato su etichetta La voce del padrone (numero di catalogo: psq 027) fu ristampato nel 1970 dalla Columbia (numero di catalogo: 3C064-17326)
LATO A
1. Noi non ci saremo - 5:15
2. In morte di S.F. - 3:41
3. Venerdì santo - 4:19
4. L'atomica cinese - 2:37
5. Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) - 4:40
LATO B
1. Talkin' Milano - 5:30
2. Statale 17 - 3:12
3. Il 3 dicembre del '39 - 3:44
4. La ballata degli annegati - 2:28
5. Il sociale e l'antisociale - 5:33Brani
Noi non ci saremo
Brano molto conosciuto, per essere stato l'anno precedente un grosso successo dei Nomadi; la versione di Guccini, acustica, ha il testo completo (i Nomadi avevano accorciato la canzone tagliando alcune strofe per consentirne l'incisione su 45 giri) e racconta la rinascita della vita sulla terra dopo un'esplosione nucleare.
La canzone è stata incisa nel 1995 dai C.S.I. in un album tributo ad Augusto Daolio, Tributo ad Augusto, ed in seguito è stata inserita nella loro raccolta Noi non ci saremo Vol. 1.
In morte di S.F.
Così racconta Franco Ceccarelli dell'Equipe 84: "Eravamo al Festival Nazionale dell'Unità a Ferrara. Pochi minuti prima di salire sul palco qualcuno ci viene a dire che Silvana, una della compagnia del bar Grande Italia, era morta in un incidente stradale. Davanti a noi c'erano cinquantamila persone che aspettavano, e non sapevano che Silvana era una nostra amica e che se n'era andata". Alla morte di Silvana Fontana Francesco Guccini dedicherà uno dei suoi pezzi più noti delle origini, In morte di S.F..
In morte di S.F. fu poi ridepositata dopo l'iscrizione di Guccini alla Siae con il testo a suo nome (la musica rimase invece intestata a Deponti) con lievi modifiche e soprattutto con il titolo cambiato (per consentirne il rideposito) in Canzone per un'amica; incisa nel 1968 dai Nomadi; anche Guccini, nelle incisioni dal vivo, userà sempre questo titolo.
Silvana viene descritta come una ragazza allegra che affronta un viaggio in autostrada col suo fidanzato accanto in una giornata d’estate. Viene messo in evidenza il dramma di come una giornata di vacanza possa tramutarsi in una giornata di morte. Guccini si domanda cosa abbia provato quando la macchina è uscita di lato e sopra un’altra è finita, quando la vita le è fuggita via. Ma non vuole soffermarsi troppo sulla disgrazia e vuole lasciare una speranza: sperare che Silvana possa, magari da lassù, ancora ascoltare le sue canzoni e sorridere, come ha sempre fatto prima.
Venerdì santo
È l'unica canzone d'amore presente nel disco; l'autore traccia un parallelo tra la sua storia d'amore e la morte di Cristo che viene celebrata nel periodo primaverile. Si può avere ragione di credere che il cantante descriva uno dei suoi primi amori, dato che ne parla anche nel suo libro "Cittanòva Blues".
L'atomica cinese
In "L'atomica cinese" viene narrata l’esplosione di una bomba nucleare che si alza precisamente in Mongolia occidentale creando una nuvola spettrale che oltrepassa i campi della Cina, il fiume Giallo, la Muraglia e va coprendo tutto e tutti: copre un continente, corre verso il mare, oscura il cielo e prosegue senza limiti, i gabbiani precipitano in acqua, i pesci sono “cadaveri d’argento” nelle reti dei pescatori, le onde sembrano fermarsi, si sente solo il silenzio di un cielo che non è mai stato così livido. Poi a un certo punto le nuvole si rompono e la pioggia lenta cade, sopra le case e le strade, sugli alberi che muoiono, sulle mandrie che la bevono, sui campi che si seccano, e sui cuccioli degli uomini: è una pioggia velenosa che uccide lentamente, sicuramente “una pioggia senza arcobaleno”.
Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)
Canzone già conosciuta nella versione dell'Equipe 84 (cantata una strofa a testa da Vandelli e da Sogliani), pubblicata nel 1966 come lato B di Bang bang e poi inserita nello stesso anno nell'album Io ho in mente te.
Talkin' Milano
Talkin' blues improvvisato, cantato, in italiano ed inglese, una strofa a testa da Guccini e da Alan Cooper. Il titolo (e in parte il testo) contengono un chiaro riferimento al Talkin' New York di Bob Dylan.
Statale 17
Classico blues, il cui titolo ricalca la dylaniana Highway 61 Revisited. Il protagonista della canzone sta facendo l'autostop sulla Strada Statale 17 dell'Appennino Abruzzese e Appulo Sannitico per cercare di raggiungere qualcuno (probabilmente l'amata), ma non riesce ad ottenere passaggi e cammina col dubbio che lei ormai non lo aspetti più. Si mette in particolare evidenza come caldo terribile della giornata metta a dura prova il protagonista al quale addirittura si bruciano i tacchi delle scarpe sull’asfalto. Nella versione incisa in Album concerto Guccini, prima di cantare, fa notare come discorsi espressi in lingua americana abbiano più spessore e forza d’attrazione sul pubblico rispetto a discorsi di uguali contenuti ma espressi in italiano; porta il seguente esempio: “Quella sera partimmo John, Dean ed io sulla vecchia Pontiac del ’55 del padre di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson.” ; “Quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant'Anna Pelago”. Guccini osserva come il discorso non suoni allo stesso modo e come ironicamente gli americani “ci fregano con la loro lingua”.
Il 3 dicembre del '39
Valzer di amaro umorismo; racconta la storia di un voltagabbana opportunista che con eccezionale tempismo riesce a trarre vantaggio da qualunque rivolgimento politico ("Io chiesa, nobili e terzo stato / sempre ho fregato solo per me"). Anche la madre è una sua degna compare. Al di là del contenuto immediato e letterale, la canzone contiene un'esplicita critica alla politica italiana durante l'ultima guerra mondiale e nel dopoguerra, politica ispirata al Bisogna che tutto cambi perché tutto resti com'è (Giuseppe Tomasi di Lampedusa).
La ballata degli annegati
Canzone influenzata dai cantautori francesi, ma che li eguaglia o addirittura supera in tristezza e malinconia; il fiume racconta le storie delle persone che, per un motivo o per l'altro, sono morte tra le sue acque.
Il sociale e l'antisociale
Si tratta, in realtà, di due canzoni diverse, anche se unite in un'unica traccia; come ricordato, L'antisociale era già nota nella versione dell'Equipe 84 (lato B di Un giorno tu mi cercherai, cantata da Victor Sogliani), mentre Il sociale era inedita. Nel libro Francesco Guccini, Parole e Canzoni, edito da Einaudi, è lo stesso cantante che racconta come durante il servizio militare uno dei suoi superiori gli fece cantare al comando di distretto di Gorizia L'antisociale, un brano composto nel 1960 che lui apprezzava molto. Facile immaginare come il brano, a causa dei suoi contenuti, fu accolto e il gelo che cadde nella sala: "Tutti, educatamente, prestarono attenzione" - scrive Guccini. L'ufficiale "mi presentò in modo altisonante... La canzone fu accolta da un silenzio glaciale. Alla fine del brano non si sentiva nemmeno respirare. Avrei voluto morire". Da notare che spesso Guccini ha interpretato la canzone dal vivo con il testo originale (la versione su disco aveva subito alcune censure): questa versione è reperibile su alcuni bootleg.
in morte s.f.
Edited by tomiva57 - 13/1/2011, 07:43. -
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Due anni dopo
Da Wikipedia
Due anni dopo (1970), è il secondo album di Francesco Guccini che sulla copertina del disco continua a figurare semplicemente come "Francesco".
Tracce
LATO A
1. Lui e lei - 3:12
2. Primavera di Praga - 3:38
3. Giorno d'estate - 3:47
4. Il compleanno - 3:31
5. L'albero ed io - 2:54
6. Due anni dopo - 3:43
LATO B
1. La verità - 3:21
2. Per quando è tardi - 3:31
3. Vedi cara - 4:58
4. Ophelia - 2:26
5. L'ubriaco - 2:33
6. Al trist - 3:41
Tutte le canzoni sono dello stesso Guccini; la chitarra acustica è suonata (oltre che dallo stesso Guccini) da Deborah Kooperman.
Le canzoni
Lui e lei
Una canzone semplice che parla dell'amore di due giovani che, inizialmente, riescono a sconfiggere la routine di tutti i giorni che una lunga storia può comportare (i silenzi riempiti da sospiri ); ma poi la vita di coppia perde inevitabilmente la sua poesia per essere inglobata nella noia (i silenzi riempiti da pensieri pieni d'ira).
Primavera di Praga
La canzone narra delle rivolte scoppiate a Praga, del giovane Jan Palach che si diede fuoco sulla piazza vecchia (morendo tra le fiamme per difendere la libertà dell'uomo come già era accaduto a Jan Hus, condannato al rogo a Praga 530 anni prima) e della speranza che questa rivolta portò in quanti in occidente militavano nei partiti comunisti.
Giorno d'estate
Una giornata tediosa trasformata in una deliziosa poesia, summa della cultura gucciniana non è esente da citazioni ungarettiane e sensismo dannunziano; già incisa due anni prima dai Nomadi.
Il compleanno
Dura critica al sistema emotivo borghese e alle sue convenzioni. Descrive una festa di compleanno sottolineando anche i problemi adolescenziali: le prime delusioni amorose.
L'albero ed io
Con questa canzone (ispirata ad una poesia di Edgar Lee Masters) Guccini immagina un'ipotetica sepoltura che desidererebbe sotto un grande albero; l'albero è il simbolo della continuità della vita e il pensiero che le sue radici assorbano la salma che vi sta ai piedi sembrano rendergli nuova vita e completa simbiosi con la natura nonché un innalzarsi quasi prepotente, come scrive lo stesso autore, "verso quel cielo che chiaman di dio".
Due anni dopo
Summa assoluta di un vissuto giovanile deludente: sono gli anni di Modena. In attesa di trasferirsi a Bologna (Canzone omonima nell'album Metropolis) e reduce da Pavana (di cui si narra anche in Radici dall'album omonimo e soprattutto in Amerigo: «Pavana un ricordo lasciato tra i castagni») racconterà tale periodo anche in Piccola Città dall'album Radici. Il testo è di stampo crepuscolare.
La verità
Solitarie e malinconiche visioni campestri in una città arsa dalla calura estiva che dal nichilismo risalgono a "cogliere un po' di verità". Quella verità mai totalmente afferrabile, ma sempre quantomeno intuibile sotto la polvere di immagini che ricalcano la quotidianità.
Per quando è tardi
Per il ciclo delle canzoni notturne una ballata metropolitana amara trasudante smog, alcool e delusione; anche questa già incisa due anni prima dai Nomadi.
Vedi cara
Canzone suggestiva e profondissima in cui la crisi del rapporto con la futura moglie Roberta - in seguito alla quale ed all'innamoramento per una sua allieva americana, Eloise Dunn (alla quale anni dopo dedicherà 100, Pennsylvania, ave), Guccini lascerà per sei mesi l'Italia (e Roberta) per gli Stati Uniti - è il pretesto per un viaggio introspettivo che ci parla delle gioie taciute e delle lacrime trattenute, della necessità di crescita interiore dell'autore che contrasta con il soddisfacimento per la propria condizione della compagna, che scambia le sue ansie per sintomi di tradimento perpetrato o desiderato ("Non cercare in un viso la ragione, in un nome la passione che lontano ora mi fa").
Ophelia
Ispirandosi ad una poesia di Arthur Rimbaud dallo stesso titolo, descrive la morte del personaggio shakespeariano (Ophelia, nell'Amleto, si annega dopo essere impazzita). Anche questa canzone era già stata interpretata due anni prima dai Nomadi. Canzone dalle parvenze quasi metafisiche, Ophelia è uno dei capolavori di questo album.
L'ubriaco
La canzone prelude a pietre miliari come Canzone delle osterie di fuori porta. Ballata popolaresca, narra con delicatezza la serata di un alcolista; dal testo si evince che si tratta di un ex-cantante (o, comunque, di un ex-artista): forse un presagio o un timore d'inizio carriera dello stesso Guccini riguardo al proprio futuro o un'allusione a qualche sua conoscenza.
Al trist
Si tratta di una trasposizione in dialetto modenese degli stereotipi del blues degli schiavi afroamericani (il titolo stesso è una possibile traduzione dell'inglese blue, e significa il triste, ma il vocabolo nei dialetti emiliani ha anche la connotazione di incapace, poco atto allo scopo, di cattiva qualità). Gli stilemi del blues originale vengono ricondotti, quasi mai letteralmente ma in modo sostanzialmente corretto e fedele all'originale, agli elementi della cultura contadina e paesana: la primavera secondo il calendario, anche se fuori piove a dirotto; il non potere uscire a spasso con l'amata anche se è domenica perché non si ha il vestito nuovo (il vestito della festa, importantissimo nella tradizione popolare contadina); il padre dell'amata che chiede al protagonista quando si deciderà a sposarla; la madre dell'amata che gli comunica che lei l'ha lasciato per uno più ricco di lui (tér andéda via con un ch'al gh'à più sòld che mé, che significa eri andata via con uno che ha più soldi di me); e infine il protagonista che cammina da solo lungo la strada completamente bagnato come un pulcino per la pioggia.
Della canzone esiste una versione, uscita sempre nel 1970, in genovese cantata da Michele.
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L'isola non trovata
L'isola non trovata è il terzo album di Francesco Guccini ed è anche l'ultimo inciso sotto il solo nome di battesimo. È stato pubblicato nel dicembre del 1970.
Il disco
Tutte le canzoni sono dello stesso Francesco Guccini: alcune di esse sono tra le più popolari dell'autore, che le riprenderà anche in album successivi in versioni dal vivo (L'isola non trovata, Il frate, Un altro giorno è andato); una di queste, Un altro giorno è andato, era già stata pubblicata due anni prima su 45 giri (il lato B era Il bello), in una versione molto diversa musicalmente, con l'accompagnamento del gruppo beat dei Bad Boys e del tastierista dei Nomadi Beppe Carletti, mentre la versione inserita nell'album è acustica, con le due chitarre suonate da Guccini e da Deborah Kooperman.
Si tratta di un disco molto particolare nel panorama della musica italiana, sia per le sonorità e gli arrangiamenti, sia per le tematiche sottese ai testi, raramente trattate in questo modo in altri album, anche dello stesso autore.
Le musiche che accompagnano i brani sono in qualche caso dolci e suggestive (come in Asia, o nella canzone che dà il titolo all'album, L'isola non trovata) in altri semplici e ritmate (Il frate, Un altro giorno è andato), alle volte malinconiche e intrise di suggestioni blues (Il tema, L'uomo), con l'utilizzo di moltissimi strumenti diversi (basso elettrico, chitarra, sintetizzatore) ma anche effetti sonori come rumori di animali, effetti ideati per la maggior parte da Vince Tempera, arrangiatore per molti dischi di Guccini, che in questo inizia la sua collaborazione con il cantautore e che suona le tastiere; gli altri musicisti del disco sono Ellade Bandini alla batteria, Ares Tavolazzi al basso (entrambi membri, con Tempera, del complesso The Pleasure Machine), Franco Mussida della Premiata Forneria Marconi alle chitarre, Victor Sogliani dell'Equipe 84 ai cori e la già citata Deborah Kooperman alla chitarra folk.
Il filo conduttore del disco è il concetto di tempo, come esplicitato ne Il tema: tempo passato dell'infanzia dell'uomo e dell'umanità intera ne La collina (ispirata ad un brano de Il giovane Holden di Jerome David Salinger), che riecheggia i miti dell'età dell'oro perduta "nelle nebbie della storia", ma anche il tempo "sprecato" e consumato da un individuo che ha (forse) gettato via la propria vita (Il frate, un giovane spretato che Guccini aveva conosciuto e a cui dedicò poi questa canzone).
C'è un'elegia del tempo che se ne va e non risparmia nulla e nessuno (Un altro giorno è andato), una Canzone di notte che genera una serie di amare riflessioni sul destino dell'uomo, la sua coscienza, la realtà e il sogno partendo dalla descrizione di una notte passata a "cantare, maledire e [...] versare il vino, [...] pianger, ridere e giocare". C'è con Asia il tentativo di recuperare un tempo mitico e fascinoso, una commistione del passato e del presente del grande continente visto con gli occhi degli antichi esploratori che vi vedevano il luogo della meraviglia e del mistero, mescolando fonti che vanno da Marco Polo (esplicitamente invocato nel testo) ai racconti medievali alle avventure del Prete Gianni.
L'isola non trovata, che da' il titolo all'album e lo "racchiude" idealmente (la canzone è stata divisa in due parti, una posta all'inizio e una alla fine del volume) allude, in modo non troppo velato, ad un luogo mitico che rappresenta simbolicamente tutto quello a cui l'uomo (durante la sua vita) e l'umanità (nel corso della storia) aspirano e non potranno mai raggiungere: potrebbe essere la pace, la felicità, la verità, il bene, ... Il testo della canzone prende spunto dalla poesia La più bella di Guido Gozzano.
Tracce
LATO A
1. L'isola non trovata - 2:43
2. L'orizzonte di K.D. - 3:00
3. La collina - 3:40
4. Il frate - 5:00
5. Un altro giorno è andato - 4:11
LATO B
1. Canzone di notte - 5:04
2. Il tema - 4:19
3. L'uomo - 5:23
4. Asia - 5:12
5. L'isola non trovata - 0:54
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