FABRIZIO DE ANDRE...

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    Leggenda Di Natale



    Parlavi alla luna giocavi coi fiori
    avevi l'età che non porta dolori
    e il vento era un mago, la rugiada una dea,
    nel bosco incantato di ogni tua idea
    nel bosco incantato di ogni tua idea.

    E venne l'inverno che uccide il colore
    e un babbo Natale che parlava d'amore
    e d'oro e d'argento splendevano i doni
    ma gli occhi eran freddi e non erano buoni
    ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.

    Coprì le tue spalle d'argento e di lana
    di pelle e smeraldi intrecciò una collana
    e mentre incantata lo stavi a guardare
    dai piedi ai capelli ti volle baciare
    dai piedi ai capelli ti volle baciare.

    E adesso che gli altri ti chiamano dea
    l'incanto è svanito da ogni tua idea
    ma ancora alla luna vorresti narrare
    la storia d'un fiore appassito a Natale
    la storia d'un fiore appassito a Natale.









    Ballata Degli Impiccati




    Tutti morimmo a stento
    ingoiando l'ultima voce
    tirando calci al vento
    vedemmo sfumare la luce.

    L'urlo travolse il sole
    l'aria divenne stretta
    cristalli di parole
    l'ultima bestemmia detta.

    Prima che fosse finita
    ricordammo a chi vive ancora
    che il prezzo fu la vita
    per il male fatto in un'ora.

    Poi scivolammo nel gelo
    di una morte senza abbandono
    recitando l'antico credo
    di chi muore senza perdono.

    Chi derise la nostra sconfitta
    e l'estrema vergogna ed il modo
    soffocato da identica stretta
    impari a conoscere il nodo.

    Chi la terra ci sparse sull'ossa
    e riprese tranquillo il cammino
    giunga anch'egli stravolto alla fossa
    con la nebbia del primo mattino.

    La donna che celò in un sorriso
    il disagio di darci memoria
    ritrovi ogni notte sul viso
    un insulto del tempo e una scoria.

    Coltiviamo per tutti un rancore
    che ha l'odore del sangue rappreso
    ciò che allora chiamammo dolore
    è soltanto un discorso sospeso.





    Nella Mia Ora Di Libertà

    Di respirare la stessa aria
    di un secondino non mi va
    perciò ho deciso di rinunciare
    alla mia ora di libertà

    se c'è qualcosa da spartire
    tra un prigioniero e il suo piantone
    che non sia l'aria di quel cortile
    voglio soltanto che sia prigione
    che non sia l'aria di quel cortile
    voglio soltanto che sia prigione.

    È cominciata un'ora prima
    e un'ora dopo era già finita
    ho visto gente venire sola
    e poi insieme verso l'uscita

    non mi aspettavo un vostro errore
    uomini e donne di tribunale
    se fossi stato al vostro posto...
    ma al vostro posto non ci so stare
    se fossi stato al vostro posto...
    ma al vostro posto non ci sono stare.

    Fuori dell'aula sulla strada
    ma in mezzo al fuori anche fuori di là
    ho chiesto al meglio della mia faccia
    una polemica di dignità

    tante le grinte, le ghigne, i musi,
    vagli a spiegare che è primavera
    e poi lo sanno ma preferiscono
    vederla togliere a chi va in galera
    e poi lo scanno ma preferiscono
    vederla togliere a chi va in galera.

    Tante le grinte, le ghigne, i musi,
    poche le facce, tra loro lei,
    si sta chiedendo tutto in un giorno
    si suggerisce, ci giurerei
    quel che dirà di me alla gente
    quel che dirà ve lo dico io
    da un po' di tempo era un po' cambiato
    ma non nel dirmi amore mio
    da un po' di tempo era un po' cambiato
    ma non nel dirmi amore mio.

    Certo bisogna farne di strada
    da una ginnastica d'obbedienza
    fino ad un gesto molto più umano
    che ti dia il senso della violenza
    però bisogna farne altrettanta
    per diventare così coglioni
    da non riuscire più a capire
    che non ci sono poteri buoni
    da non riuscire più a capire
    che non ci sono poteri buoni.

    E adesso imparo un sacco di cose
    in mezzo agli altri vestiti uguali
    tranne qual'è il crimine giusto
    per non passare da criminali.

    C'hanno insegnato la meraviglia
    verso la gente che ruba il pane
    ora sappiamo che è un delitto
    il non rubare quando si ha fame
    ora sappiamo che è un delitto
    il non rubare quando si ha fame.

    Di respirare la stessa aria
    dei secondini non ci va
    e abbiamo deciso di imprigionarli
    durante l'ora di libertà
    venite adesso alla prigione
    state a sentire sulla porta
    la nostra ultima canzone
    che vi ripete un'altra volta
    per quanto voi vi crediate assolti
    siete per sempre coinvolti.

    Per quanto voi vi crediate assolti
    siete per sempre coinvolti.

     
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  4. tomiva57
     
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    Canzoni (Fabrizio De André)



    Da Wikipedia

    « Ero in piena crisi personale e piuttosto che non scrivere più nulla, mi sono messo a tradurre brani di Cohen, Brassens e Dylan. Chissà perché, mentre i nostri migliori poeti hanno ricevuto consensi nel tradurre i loro colleghi stranieri, per i cantautori invece questo tentativo, peraltro umile, di divulgazione di culture straniere diventa immediatamente sinonimo di inaridimento della vena poetica. »

    (Fabrizio De André in un'intervista.)


    Canzoni (1974), conosciuto anche come album rosa per via del colore della copertina, è il settimo album registrato in studio di Fabrizio De André.


    Il disco

    Spesso ritenuto, come Volume III, un "riempitivo" voluto dalla casa discografica, l'LP contiene solo cinque brani inediti (Via della povertà, Le passanti, Morire per delle idee, Suzanne e Giovanna D'Arco), mentre le altre canzoni erano già state registrate da De André in 45 giri ed album precedenti, anche se compaiono su questo album con nuovi arrangiamenti.

    È considerato inoltre un album di transizione per il cantautore genovese poiché chiude l'epoca dei quattro concept album e preannuncia, con l'inedito Via della povertà (traduzione effettuata da De Gregori ai tempi del Folkstudio cofirmata da De André), la collaborazione con Francesco De Gregori ed un'apertura agli influssi folk/rock anglosassoni, che si manifesteranno ancor più con gli album composti insieme al cantautore veronese Massimo Bubola.

    Proprio durante le registrazioni di questo disco, nello studio a fianco sta registrando il suo nuovo disco da solista Dori Ghezzi (in una pausa della sua collaborazione con Wess): è l'inizio di una nuova e duratura relazione, che sfocerà nel matrimonio tra i due il 7 dicembre 1989.

    Tracce

    Lato A

    1. Via della Povertà [Desolation Row] (Testo italiano Fabrizio De André e Francesco De Gregori - Testo e musica di Bob Dylan) - 9:37
    2. Le passanti [Les passantes] (Testo italiano Fabrizio De André - Musica di Jean Bertola, Testo originale tratto da una poesia di Antoine Pol) - 3:51
    3. Fila la lana [File la laine] - 2:40
    4. La ballata dell'amore cieco (o della vanità) - 3:05
    5. Suzanne (Testo italiano Fabrizio De André - Testo e musica di Leonard Cohen) - 3:26

    Lato B

    1. Morire per delle idee [Mourir pour des idées] (Testo italiano Fabrizio De André - Testo e musica di Georges Brassens) - 4:26
    2. La canzone dell'amore perduto (Testo italiano Fabrizio De André - Musica di Georg Philipp Telemann) - 3:21
    3. La città vecchia - 3:23
    4. Giovanna d'Arco [Joan of Arc] (Testo italiano Fabrizio De André - Testo e musica di Leonard Cohen) - 4:50
    5. Delitto di paese [L'assassinat](Testo italiano Fabrizio De André - Testo e musica di Georges Brassens) - 3:55
    6. Valzer per un amore (Testo italiano Fabrizio De André - Musica di Gino Marinuzzi) - 3:37

    Le canzoni



    Via della Povertà [Desolation Row]

    Traduzione del brano di chiusura del celebre album Highway 61 Revisited (1965) di Bob Dylan, il pezzo è il primo frutto della collaborazione tra De André e Francesco De Gregori che darà vita l'anno successivo a Volume VIII. L'autore gioca con le storie, le intreccia e trasporta i personaggi nella società di oggi. Non ci vuole molto perché vengano resi dei simboli personaggi tanto pazzi e crudeli, questa gente in fondo non è poi così diversa da tutti noi, con le proprie paure e le proprie sicurezze.


    VIA DELLA POVERTA'

    (Versione "Prove astigiane 1974")
    NB: Le strofe il cui verso iniziale e seguito da tre puntini sono
    identiche a quelle della versione "ufficiale".

    Il salone di bellezza in fondo al vicolo
    e' affollatissimo di marinai
    prova a chiedere a uno che ore sono
    e ti rispondera' "non l'ho saputo mai".
    Le cartoline dell'impiccagione
    sono in vendita a cento lire l'una
    il commissario cieco dietro la stazione
    per un indizio ti legge la sfortuna
    e le forze dell'ordine irrequiete
    cercano qualcosa che non va
    mentre io e la mia signora ci affacciamo stasera
    su via della Poverta'.

    Almirante [1] sembra cosi' facile
    ogni volta che sorride ti cattura
    ricorda proprio Bette Davis
    con le mani appoggiate alla cintura.
    Arriva Fra' John trafelato
    e gli grida "il mio amore sei tu"
    ma qualcuno gli dice di andar via
    e di non riprovarci piu'
    e l'unico suono che rimane
    quando l'ambulanza se ne va
    e' Almirante che spazza via il sangue
    in Via della Poverta'.

    Mentre l'alba sta uccidendo la luna...

    I Tre Re Magi sono disperati...

    Covelli [2] travestito da ubriacone
    ha nascosto i suoi appunti in un baule
    e' passato di qui un'ora fa
    diretto verso l'ultima Thule,
    sembrava cosi' timido e impaurito
    quando ha chiesto di fermarsi un po' qui
    ma poi ha cominciato a fumare
    e a recitare l'A B C.
    Ed a vederlo tu non lo diresti mai
    ma era famoso qualche tempo fa
    per suonare il violino elettronico
    alla corte di Sua Maesta'.

    Ci si prepara per il 15 di giugno [3],
    c'e' qualcuno che continua ad aver sete
    Paolo VI [4] ha gettato via la tiara
    si è camuffato in abiti da prete,
    sta ingozzando a viva forza Berlinguer[5]
    per punirlo della sua frugalita'
    lo uccidera' parlandogli d'amore
    dopo averlo avvelenato di pieta'
    e mentre Paolo grida
    quattro suore si son spogliate gia'
    Berlinguer sta per essere violentato
    in Via della Poverta'.

    E bravo Leone [6] mattacchione,
    il paese sta affondando nella merda
    nelle scialuppe i posti letto sono tutti occupati
    e gli anarchici tutti annegati,
    e Agnelli [7] e Indro Montanelli [8]
    fanno a pugni nella torre di comando
    i suonatori di calipso ridono di loro
    mentre il cielo si sta allontanando
    e affacciati alle loro finestre nel mare
    tutti han pescato voti qua e la'
    e nessuno deve più preoccuparsi
    di Via della Poverta'.

    A mezzanotte in punto i poliziotti
    fanno il loro solito lavoro
    metton le manette intorno ai polsi
    a quelli che ne sanno più di loro,
    i prigionieri vengon trascinati
    su un calvario improvvisato li vicino
    e il caporale Adolfo li ha avvisati
    che passeranno dal solito camino
    e il vento da solo ride
    e nessuno riuscira'
    a ingannare il suo fottuto destino
    in Via della Poverta'.

    La tua lettera l'ho avuta proprio ieri...

    _____________________________________________

    [1] Giorgio Almirante (Salsomaggiore /PR/ 1914 - Roma 1988). Leader del MSI e suo segretario per lunghi anni. Ex repubblichino e vicedirettore della rivista "La difesa della razza".

    [2] Alfredo Covelli (Bonito /AV/ 1914 - Roma 1998). Esponente di primo
    piano del MSI, in cui rappresentava l'ala monarchica. Nel 1946 fondo' il PNM (Partito Nazionale Monarchico); conflui' nel 1970 nel MSI-Destra Nazionale. Fece poi parte di Democrazia Nazionale, il partito nato nel 1977 da una scissione del MSI e scomparso poco tempo dopo.
    Dal suo monarchismo il riferimento di De Andre' nell'ultimo verso della strofa.

    [3] Il 15 giugno 1975 si svolsero le elezioni amministrative che videro uno storico "balzo in avanti" del PCI (circa il 34% dei voti).

    [4] Il papa, ovviamente.

    [5] Accostamento di Berlinguer al Papa nel 1974, l'anno del referendum
    sul divorzio...

    [6] Giovanni Leone, allora presidente della repubblica (eletto coi voti decisivi della destra). Avvocato napoletano e parlamentare, e' scomparso poco piu' di un mese fa in tardissima eta'. Di lui si ricordano certi celebri gesti scaramantici e le sue dimissioni, nel 1978, in conseguenza dello scandalo Lockheed.

    [7] Altro avvocato. Torinese, pero'.

    [8] Ricordiamo che Indro Montanelli (scomparso il 18 luglio 2001)
    proprio nel 1974 aveva fondato "Il Giornale".

    Alla fine del 1974, in preparazione della sua primissima tournée di concerti (che lo avrebbe poi visto esordire alla "Bussola" di Viareggio"), Fabrizio de Andre' si diverti', ad Asti, a cantare questa
    versione di "Via della Poverta' " sostituendo ai personaggi della canzone i nomi di politici italiani e altri personaggi di allora. Oltre a questo, vi sono anche delle variazioni testuali non di poco conto, e alquanto "dure".

    Le diverse "rielaborazioni" di "Via della Poverta' " apparse anche sul NG e sulla mailing list hanno quindi una sorta di "precedente storico" elaborato direttamente da Fabrizio.
    Riprendo il testo dal sito di Luigi Galati, integrandolo con alcune note piu' o meno ovvie e ad uso piu' che altro di chi ha meno di una certa eta'.

    http://fabriziodeandre.supereva.it/



    Le passanti [Les passantes]

    La canzone originale, incisa da Georges Brassens nel 1972, si basa su una poesia di Antoine Pol, poeta minore francese molto amato da Brassens, che il cantautore scoprì su di una raccolta del 1918. Il testo, a sua volta, richiama A une passante, celebre poesia di Charles Baudelaire, musicata, tra l'altro, anche da Léo Ferré. Una recente versione dal vivo del brano, con il testo tradotto, è stata interpretata da Tiziano Ferro nel programma televisivo Che tempo che fa - Speciale Fabrizio, del gennaio 2009.

    Morire per delle idee [Mourir pour des idées]

    Il brano di Brassens è tratto dallo stesso album del 1972 che contiene Les passantes. La canzone, scritta e composta da Brassens, è una vigorosa polemica contro ogni forma di fondamentalismo ideologico.
     
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    Le Passanti


    Io dedico questa canzone
    ad ogni donna pensata come amore
    in un attimo di libertà
    a quella conosciuta appena
    non c'era tempo e valeva la pena
    di perderci un secolo in più.

    A quella quasi da immaginare
    tanto di fretta l'hai vista passare
    dal balcone a un segreto più in là
    e ti piace ricordarne il sorriso
    che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
    in un vuoto di felicità.

    Alla compagna di viaggio
    i suoi occhi il più bel paesaggio
    fan sembrare più corto il cammino
    e magari sei l'unico a capirla
    e la fai scendere senza seguirla
    senza averle sfiorato la mano.

    A quelle che sono già prese
    e che vivendo delle ore deluse
    con un uomo ormai troppo cambiato
    ti hanno lasciato, inutile pazzia,
    vedere il fondo della malinconia
    di un avvenire disperato.

    Immagini care per qualche istante
    sarete presto una folla distante
    scavalcate da un ricordo più vicino
    per poco che la felicità ritorni
    è molto raro che ci si ricordi
    degli episodi del cammino.

    Ma se la vita smette di aiutarti
    è più difficile dimenticarti
    di quelle felicità intraviste
    dei baci che non si è osato dare
    delle occasioni lasciate ad aspettare
    degli occhi mai più rivisti.

    Allora nei momenti di solitudine
    quando il rimpianto diventa abitudine,
    una maniera di viversi insieme,
    si piangono le labbra assenti
    di tutte le belle passanti
    che non siamo riusciti a trattenere.




     
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  6. tomiva57
     
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    Fila la lana


    Nella guerra di Valois
    il Signor di Vly è morto,
    se sia stato un prode eroe
    non si sa, non è ancor certo.

    Ma la dama abbandonata
    lamentando la sua morte
    per mill'anni e forse ancora
    piangerà la triste sorte.

    Fila la lana, fila i tuoi giorni
    lluditi ancora che lui ritorni,
    libro di dolci sogni d'amore
    apri le pagine al suo dolore.

    Son tornati a cento e a mille
    i guerrieri di Valois,
    son tornati alle famiglie,
    ai palazzi alle città.

    Ma la dama abbandonata
    non ritroverà il suo amore
    e il gran ceppo nel camino
    non varrà a scaldarle il cuore.

    Fila la lana, fila i tuoi giorni
    illuditi ancora che lui ritorni,
    libro di dolci sogni d'amore
    apri le pagine al suo dolore.

    Cavalieri che in battaglia
    ignorate la paura
    stretta sia la vostra maglia,
    ben temprata l'armatura.

    Al nemico che vi assalta
    siate presti a dar risposta
    perché dietro a quelle mura
    vi s'attende senza sosta.

    Fila la lana, fila i tuoi giorni
    illuditi ancora che lui ritorni,
    libro di dolci sogni d'amore
    chiudi le pagine sul suo dolore.






    Suzanne





    Nel suo posto in riva al fiume
    Suzanne ti ha voluto accanto
    e ora ascolti andar le barche
    ora vuoi dormirle accanto
    si lo sai che lei è pazza
    ma per questo sei con lei
    e ti offre il the e le arance
    che ha portato dalla Cina

    e proprio mentre stai per dirle
    che non hai niente da offrirle
    lei è già sulla tua onda

    e fa il fiume ti risponda
    che da sempre siete amanti.

    E tu vuoi viaggiarle insieme
    vuoi viaggiarle insieme ciecamente
    perchè sai che le hai toccato il corpo
    il suo corpo perfetto con la mente.

    E Gesù fu marinaio
    finchè camminò sull'acqua
    e restò per molto tempo
    a guardare solitario
    dalla sua torre di legno
    e poi quando fu sicuro
    che soltanto agli annegati
    fosse dato di vederlo
    disse: Siate marinai finchè il mare vi libererà.

    E lui stesso fu spezzato
    ma più umano abbandonato
    nella nostra mente lui non naufragò.

    E tu vuoi viaggiarle insieme
    vuoi viaggiarle insieme ciecamente
    forse avrai fiducia in lui
    perchè ti ha toccato il corpo con la mente.

    E Suzanne ti da la mano,
    ti accompagna lungo il fiume,
    porta addosso stracci e piume
    presi in qualche dormitorio
    il sole scende come miele
    su di lei donna del porto
    e ti indica i colori
    tra la spazzatura e i fiori
    scopri eroi tra le alghe marce
    e bambini nel mattino
    che si sporgono all'amore
    e si sporgeranno sempre
    e Suzanne regge lo specchio.

    E tu vuoi viaggiarle insieme
    vuoi viaggiarle insieme ciecamente
    perchè sai che ti ha toccato il corpo
    il suo corpo perfetto con la mente.




     
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  7. tomiva57
     
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    Morire per delle idee

    Morire per delle idee, l'idea è affascinante
    per poco io morivo senza averla mai avuta,
    perchè chi ce l'aveva, una folla di gente,
    gridando "viva la morte" proprio addosso mi è caduta.

    Mi avevano convinto e la mia musa insolente
    abiurando i suoi errori, aderì alla loro fede
    dicendomi peraltro in separata sede
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè
    ma di morte lenta.

    Approfittando di non essere fragilissimi di cuore
    andiamo all'altro mondo bighellonando un poco
    perchè forzando il passo succede che si muore
    per delle idee che non han più corso il giorno dopo.

    Ora se c'è una cosa amara, desolante
    è quella di capire all'ultimo momento
    che l'idea giusta era un'altra, un altro movimento
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta
    ma di morte lenta.

    Gli apostoli di turno che apprezzano il martirio
    lo predicano spesso per novant'anni almeno.

    Morire per delle idee sarà il caso di dirlo
    è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.

    E sotto ogni bandiera li vediamo superare
    il buon matusalemme nella longevità
    per conto mio si dicono in tutta intimità
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
    ma di morte lenta.

    A chi va poi cercando verità meno fittizie
    ogni tipo di setta offre moventi originali
    e la scelta è imbarazzante per le vittime novizie
    morire per delle idee è molto bello ma per quali.

    E il vecchio che si porta già i fiori sulla tomba
    vedendole venire dietro il grande stendardo
    pensa "speriamo bene che arrivino in ritardo"
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
    ma di morte lenta

    E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi
    crepate pure per primi noi vi cediamo il passo
    però per gentilezza lasciate vivere gli altri
    la vita è grosso modo il loro unico lusso
    tanto più che la carogna è già abbastanza attenta
    non c'è nessun bisogno di reggerle la falce
    basta con le garrote in nome della pace
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta,
    ma di morte lenta.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...idee_33096.html







    La città vecchia






    Valzer per un amore

    Quando carica d'anni e di castità
    tra i ricordi e le illusioni
    del bel tempo che non ritornerà,
    troverai le mie canzoni,
    nel sentirle ti meraviglierai
    che qualcuno abbia lodato

    le bellezze che allor più non avrai
    e che avesti nel tempo passato

    ma non ti servirà il ricordo,
    non ti servirà
    che per piangere il tuo rifiuto
    del mio amore che non tornerà.

    Ma non ti servirà più a niente,
    non ti servirà
    che per piangere sui tuoi occhi
    che nessuno più canterà.

    Ma non ti servirà più a niente,
    non ti servirà
    che per piangere sui tuoi occhi
    che nessuno più canterà.

    Vola il tempo lo sai che vola e va,
    forse non ce ne accorgiamo
    ma più ancora del tempo che non ha età,
    siamo noi che ce ne andiamo

    e per questo ti dico amore, amor
    io t'attenderò ogni sera,
    ma tu vieni non aspettare ancor,
    vieni adesso finché è primavera.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...more_33104.html










    Delitto di paese

    Non tutti nella capitale
    sbocciano i fiori del male,
    qualche assassinio senza pretese
    lo abbiamo anche noi in paese.

    Qualche assassinio senza pretese
    lo abbiamo anche noi qui in paese.

    Aveva il capo tutto bianco
    ma il cuore non ancor stanco
    gli ritornò a battere in fretta
    per una giovinetta.

    Gli ritornò a battere in fretta
    per una giovinetta.

    Ma la sua voglia troppo viva
    subito gli esauriva,
    in quattro baci e una carezza
    l'ultima giovinezza.

    In quattro baci e una carezza
    l'ultima giovinezza.

    Quando la mano lei gli tese
    triste lui le rispose,
    d'essere povero in bolletta
    lei si rivestì in fretta.

    D'essere povero in bolletta
    lei si rivestì in fretta.

    E andò a cercare il suo compagno
    partecipe del guadagno
    e ritornò col protettore
    dal vecchio truffatore.

    E ritornò col protettore
    dal vecchio truffatore.

    Mentre lui fermo lo teneva
    sei volte lo accoltellava
    dicon che quando lui spirò
    la lingua lei gli mostrò.

    Dicon che quando lui spirò
    la lingua lei gli mostrò.
    Misero tutto sotto sopra
    senza trovare un soldo
    ma solo un mucchio di cambiali
    e di atti giudiziari.

    Ma solo un mucchio di cambiali
    e di atti giudiziari.

    Allora presi dallo sconforto
    e dal rimpianto del morto,
    si inginocchiaron sul poveruomo
    chiedendogli perdono.

    Si inginocchiaron sul poveruomo
    chiedendogli perdono.

    Quando i gendarmi sono entrati
    piangenti li han trovati
    fu qualche lacrima sul viso
    a dargli il paradiso.

    Fu qualche lacrima sul viso
    a dargli il paradiso.

    E quando furono impiccati
    volarono fra i beati
    qualche beghino di questo fatto
    fu poco soddisfatto.

    Qualche beghino di questo fatto
    fu poco soddisfatto.

    Non tutti nella capitale
    sbocciano i fiori del male,
    qualche assassinio senza pretese
    lo abbiamo anche noi in paese.

    Qualche assassinio senza pretese
    lo abbiamo anche noi qui in paese.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...aese_33053.html







    Giovanna D'Arco

    Attraverso il buio Giovanna d'Arco
    precedeva le fiamme cavalcando
    nessuna luna per la corazza ed il manto
    nessun uomo nella sua fumosa notte al suo fianco.

    Sono stanca della guerra ormai
    al lavoro di un tempo tornerei
    a un vestito da sposa o a qualcosa di bianco
    per nascondere questa mia vocazione al trionfo ed al pianto.

    Son parole le tue che volevo ascoltare
    ti ho spiato ogni giorno cavalcare
    e a sentirti così ora so cosa voglio
    vincere un'eroina così fredda, abbracciarne l'orgoglio.

    E chi sei tu lei disse divertendosi al gioco,
    chi sei tu che mi parli così senza riguardo,
    veramente stai parlando col fuoco
    e amo la tua solitudine, amo il tuo sguardo.

    E se tu sei il fuoco raffreddati un poco,
    le tue mani ora avranno da tenere qualcosa,
    e tacendo gli si arrampicò dentro
    ad offrirgli il suo modo migliore di essere sposa.

    E nel profondo del suo cuore rovente
    lui prese ad avvolgere Giovanna d'Arco
    e là in alto e davanti alla gente
    lui appese le ceneri inutili del suo abito bianco.

    E fu dal profondo del suo cuore rovente
    che lui prese Giovanna e la colpì nel segno
    e lei capì chiaramente
    che se lui era il fuoca lei doveva essere il legno.

    Ho visto la smorfia del suo dolore,
    ho visto la gloria nel suo sguardo raggiante
    anche io vorrei luce ed amore
    ma se arriva deve essere sempre così crudele e accecante.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...arco_33101.html



     
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  8. tomiva57
     
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    Volume 8


    Da Wikipedia



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    « La canzone più importante che abbia mai scritto è forse "Amico fragile", sicuramente quella che più mi appartiene. È un pezzo della mia vita: ho raccontato un artista che sa di essere utile agli altri, eppure fallisce il suo compito quando la gente non si rende più conto di avere bisogno degli artisti. »

    (Fabrizio De André in un'intervista.)


    Volume 8 (1975) è l'ottavo album registrato in studio di Fabrizio De André.

    La pubblicazione dell'album venne anticipata da quella del 45 giri La cattiva strada/Amico fragile, a novembre 1974.


    Il disco

    Con questo album si rinsalda e si definisce meglio la coppia di autori De André-De Gregori: quest'ultimo collabora alla stesura dei testi e delle musiche di quattro canzoni (Le storie di ieri è interamente sua, così come l'intera musica di Canzone per l'estate) di questo che è uno degli album musicalmente più complessi del cantautore genovese.
    « ..mi aveva proposto di lavorare insieme dopo avermi conosciuto in un locale di Roma, il Folkstudio.
    Passammo quasi un mese da soli nella sua bellissima casa in Gallura, davanti ad una spiaggia meravigliosa dove peraltro credo che non mettemmo mai piede: in quel periodo avevamo tutti e due delle storie sentimentali assai burrascose ed era più o meno inverno. Fabrizio beveva e fumava tantissimo e io gli stavo dietro con un certo successo. Giocavamo a scacchi, a poker in due: ogni tanto prendevo il suo motorino e me ne andavo in giro per chilometri. Al mio ritorno spesso lo trovavo appena alzato che girava per casa con la sigaretta e il bicchiere e la chitarra in mano e che aveva buttato giù degli appunti, degli accordi. Era uno strano modo di lavorare il nostro: non ci siamo mai messi seduti a dire «Adesso scriviamo questa canzone». Semplicemente integravamo e correggevamo l'uno gli appunti dell'altro, certe volte senza nemmeno parlarne, senza nemmeno incontrarci magari, perché lui dormiva di giorno e lavorava di notte e io viceversa.
    Le musiche ci venivano abbastanza facilmente - Fabrizio era un eccezionale musicista - e le registravamo su un piccolo registratore a pile.
    Così vennero fuori La cattiva strada, Canzone per l'estate, Oceano... »

    (Francesco De Gregori, 1975)

    Amico fragile e Giugno '73 sono gli ultimi due brani che vedono De André come autore unico di musica e testo: si tratta, non a caso, di due pezzi sentitamente autobiografici, il primo sulla difficoltà di comunicazione e il secondo sulla fine di una storia d'amore.
    Nell'ambito della ristampa in edizione limitata delle versioni in vinile è stato pubblicato nel 2010 un disco 33 giri con vinile di colore bianco da Sony RCA (numero di catalogo 88697673961)


    Le canzoni
    La cattiva strada


    La prima traccia del disco è giocata sul contrasto tra la parte musicale, una leggera ballata acustica costruita solamente su tre accordi, ed il testo estremamente allusivo e di difficile interpretazione («Alla parata militare sputò negli occhi ad un innocente, e quando lui chiese: «Perché?», lui gli rispose: «Questo è niente, e adesso è ora che io vada». E l'innocente lo seguì, senza le armi lo seguì, sulla sua cattiva strada.»). L'uomo, senza alcuna imposizione morale, impara il giusto sempre dopo aver sbagliato e mette la gente di fronte all'errore per smuoverne la coscienza.

    Oceano
    « ..Una volta avevo ascoltato in una discoteca una canzone che mi era rimasta in testa, mi era piaciuta tantissimo, ed era Alice di Francesco De Gregori. Nello stesso tempo mi era rimasta in testa una domanda: ma perché Alice guarda i gatti e non può guardare quel lampione là o non può guardare qualsiasi altra cosa, un sasso piuttosto che un cespuglio, un albero? E volevo chiederglielo, però non sapevo come, non lo conoscevo e avevo questa domanda da fargli...
    L'estate successiva scopro che sta iniziando a lavorare con mio padre ad un album che era Volume ottavo. Figurati, impazzisco, vado in Sardegna e me lo trovo lì, a casa. In pigiama. Che lavora con mio padre, seduto sul mio divano, con la chitarra, giovane, con la barba rossa, un po' fricchettone [...]. E allora io prendo coraggio e vado da lui. Questo è il figlio di Fabrizio, Cristiano; piacere Francesco. Comincio alla larga, poi piano piano mi convinco e un giorno: «Francesco, perché Alice guarda i gatti?»
    Lui mi guarda con un occhio aperto e l'altro chiuso... Non mi risponde. E non mi ha mai risposto. Anzi mi ha risposto, però in un modo abbastanza inconsueto: cioè scrivendo una canzone, con mio padre. Si chiama Oceano, e devo dire che io sono orgoglioso di questa canzone perché è stata dedicata a me. È la risposta di perché Alice guarda i gatti. Al che non mi sono più sognato di fargli domande di questo genere. »

    (Cristiano De André, 1995)

    Nancy [Seems So Long Ago, Nancy]

    Nancy è la traduzione del brano di Leonard Cohen Seems So Long Ago, Nancy, dall'album Songs from a Room del 1969. L'artista canadese, di cui De André aveva già interpretato altri pezzi (Suzanne, Joan of Arc), scrisse il testo ispirandosi alla storia vera di una giovane suicida di Montréal. La canzone era già stata tradotta l'anno precedente da Claudio Daiano, che l'aveva pubblicata nel suo album Io come chiunque (sulla pista di Cohen), dedicato a traduzioni di Cohen.

    Le storie di ieri .

    Le storie di ieri è totalmente scritta e composta da De Gregori, che la inserisce anche nel suo disco Rimmel, sempre del 1975, con lievissime modifiche nel testo. Il brano tratta, con toni lievi ed immagini evocative, un argomento spinoso come la scelta dell'ideologia fascista e la sua trasformazione nel MSI dopo la caduta ufficiale. La canzone, a registrazione già effettuata, venne scartata dalla RCA Italiana, la casa discografica a cui era allora affiliato De Gregori; la registrazione è tuttavia reperibile su bootleg.

    Questa versione presenta il testo originale del brano in cui è presente un riferimento a Giorgio Almirante ("Almirante ha la faccia serena"). Nel 1974 De Gregori e Fabrizio De André si ritirarono per quasi un mese in Gallura, nella tenuta del cantautore genovese; dalla proficua collaborazione nacque la traduzione italiana di "Desolation Row" di Bob Dylan ("Via della Povertà"), pubblicata lo stesso anno nell'album misto Canzoni, e l'album Volume VIII, nel quale Fabrizio inserì la sua interpretazione di "Le storie di ieri", la prima ad essere pubblicata.

    In questa incisione il nome "Almirante" venne sostituito con la locuzione "il gran capo"; vi sono inoltre altre due minime differenze nel testo ("una scritta nera" e "il bambino nel cortile si è fermato").

    Giugno '73
    « Io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati. »


    Canzone molto malinconica ed autobiografica, che tratta della fine di un amore.
    « Questa canzone l'ho scritta per una ragazza di nome Roberta, con la quale ho vissuto due anni, fra la mia prima moglie e la Dori. Tutti credono che sia stata scritta per Dori, invece no. »

    (Fabrizio De André)


    Lo stile della canzone sembra quasi epistolare, sul modello della celebre canzone Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen, che De André tradurrà per Ornella Vanoni col titolo La famosa volpe azzurra.

    La narrazione oscilla tra il dolce e l'ironico sull'incapacità del cantautore di stare vicino ad una donna della buona società, dai costumi un po' mondani e - a tratti - frivoli. Alla fine, dopo i versi ironici sulla madre di lei che storce il naso alla professione del cantautore e a cui De André aveva regalato una gazza parlante con la speranza che le insegnasse almeno a salutarlo, Fabrizio si congeda con dolcezza dal suo amore per seguire gli amici, che lei giudicava ineleganti, perché «il loro viaggio porta un po' più lontano».

    Dolce Luna

    Tratta della storia di un marinaio, che, costretto a terra, rimpiange il tempo passato in mare fra storie di corsari e la sua balena Dolce Luna, dalla quale egli spera che possa nascere un figlio «con due occhi normali ed il terzo occhio inconfondibile e speciale» che abbia «quella mia voglia di mare».

    Nel testo si fa riferimento a un'«esca dalle lunghe gambe»: è una citazione del titolo di una poesia di Dylan Thomas, Ballad of the Long-legged Bait, contenuta nella raccolta del 1946 Deaths and Entrances. L'ultima strofa è recitata in un simil-tedesco che si presume sia senza senso compiuto.

    Canzone per l'estate

    Al contrario di La cattiva strada, Oceano e Dolce luna, firmate insieme sia per il testo che per la musica, Canzone per l'estate è invece firmata da De André solo nel testo, insieme a De Gregori, mentre la musica è interamente del cantautore romano (che la reinciderà con alcune piccole modifiche nel testo nel suo album Amore nel pomeriggio del 2001).

    Il protagonista del pezzo è un benestante che pur avendo già tutto quello a cui si può aspirare (molti soldi, una bella famiglia felice) si accorge che pur con la sua «tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente» non è felice, che «non riesce più a volare», che ha smesso di sognare. Il dramma del protagonista è quello di essersi chiuso in una realta' che non sente a pieno, che ha castrato i suoi sogni e i suoi desideri, ha rinunciato a sé stesso e non riesce più a volare. La capacita' di volare si ha invece quando si è "aperti" e "disponibili", quando si hanno ancora dei sogni, quando non si abdica alle proprie idee, quando si ha il coraggio di vivere a pieno cio' che si è.

    Sono evidenti le inflessioni stilistiche di De Gregori, sia nelle immagini poetiche che nella metrica volutamente imperfetta.

    Amico fragile

    Una delle canzoni più celebri ed amate di De André, tratta della frivolezza e dell'inconsistenza culturale dell'alta società, dove non c'è spazio per un ragionamento, una discussione, ma solo per il divertimento fine a se stesso. È però anche una delle canzoni in cui De André espone di più se stesso a feroci autocritiche consegnandoci un autoritratto inquieto e sofferto.
    « Pensavo è bello che dove finiscano le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. E poi seduto in mezzo ai vostri "arrivederci" mi sentivo meno stanco di voi, ero molto meno stanco di voi. Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta fino a vederle spalancarsi la bocca, potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli di parlare ancora male ad alta voce di me, potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo con una scatola di legno che dicesse "perderemo". »


    Raramente De André è protagonista delle sue canzoni. Addirittura in Hotel Supramonte, che parla del suo rapimento in Sardegna, i versi sono molto discreti e lirici, quasi come se cercasse di eliminarsi dalla narrazione. Invece in Amico Fragile, De André parla in prima persona, è al centro della canzone e dà il suo punto di vista sulla società che frequenta e su se stesso. Emerge, anzi, s'impone una visione senza filtri che oscilla dalla più cupa rassegnazione alla feroce ironia, dalla malinconia di chi si sente "la minoranza di uno" al riscatto della sua condizione di artista, ma soprattutto di uomo libero.
    « Stavo ancora con la Puny, la mia prima moglie, e una sera che eravamo a Portobello di Gallura, dove avevamo una casa, fummo invitati in uno di questi ghetti per ricchi della costa nord. Come al solito, mi chiesero di prendere la chitarra e di cantare, ma io risposi -«Perché, invece, non parliamo?». Era il periodo che Paolo VI aveva tirato fuori la faccenda degli esorcismi, aveva detto che il diavolo esiste sul serio. Insomma a me questa cosa era rimasta nel gozzo e così ho detto: «Perché non parliamo di quello che sta succedendo in Italia?». Macché, avevano deciso che dovessi suonare.
    Allora mi sono rotto le palle, ho preso una sbronza terrificante, ho insultato tutti e sono tornato a casa. Qui mi sono chiuso nella rimessa e in una notte, da ubriaco, ho scritto Amico fragile. La Puny mi ha stanato alle otto del mattino, non mi trovava né a letto né da nessuna parte, ero ancora nel magazzino che finivo di scrivere. »

    (Fabrizio De André)
    « Il narratore di Amico fragile, "evaporato in una nuvola rossa", osserva con il distacco e l'immaginazione di chi è "più curioso", "meno stanco" e "più ubriaco" i "luoghi meno comuni e più feroci", la diplomazia dei rapporti, le convenzioni del mondo in cui è immerso. Amico fragile da un lato sembra rifiutare qualsiasi ipotesi conciliativa, di comprensione, di accettazione delle contraddizioni e dei limiti umani e sembra voler evadere in uno spazio onirico, ricercando l'obnubilamento del sé; d'altro canto, ribadisce ancora una volta la funzione "infinitante" del canto ed esprime comunque la volontà di mettersi in gioco e in discussione così come continua ad affermare il valore della libertà e della ricerca. Amico fragile forse è l'elogio della sconfitta di chi ha scelto nello stesso tempo il ruolo dell'inquisitore e dell'eretico, del sacerdote e della vittima sacrificale, del moralista e del libertario. »


    (Ezio Alberione, in Fabrizio De André. Accordi eretici, p. 110)
    « Amico fragile è una canzone completamente autobiografica alla quale Fabrizio è sempre stato molto attaccato, riproponendola in tutti i suoi concerti, con un arrangiamento a volte leggermente modificato ed il finale che diventa spesso: "per raggiungere un posto che si chiamasse / Anarchia" invece dell'originale "Arrivederci".

    Nacque in un momento di rabbia e di alcol, dopo una serata in compagnia di persone con le quali avrebbe voluto discutere di ciò che stava succedendo in Italia in quel periodo; in particolare le dichiarazioni di Paolo VI sull'esistenza del diavolo e sugli esorcismi. La gente insisteva perché lui suonasse anche quella sera; così, evaporato in una nuvola rossa, se ne andò a rintanarsi dove non poteva essere disturbato e compose questa canzone in una sola notte.
    È la riflessione sulla fragilità dei rapporti umani, ma, nello stesso tempo, sulla necessità di averne e quindi sul senso di vuoto che nasce quando questi vengono meno o restano superficiali. Il risultato è una dichiarazione di amore-odio di un borghese pentito alla propria gente. »

    (Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 109-110)

    Musicalmente il pezzo è giocato su quattro accordi: due sul verso mentre altri due introducono il ritornello. Una chitarra folk accompagna la voce del cantautore con un rapidissimo arpeggio, creando un'atmosfera onirica e quasi sospesa (molto simile alla tecnica che verrà usata ne La domenica delle salme, del 1990); il ritornello è impreziosito da un riff divenuto molto celebre.

    Lo stile inconfondibile con il quale è suonata la chitarra folk è mutuato da Leonard Cohen, stile che lo stesso Cohen considera il suo punto di forza come chitarrista e che contraddistingue molte delle sue canzoni, tra le quali The Stranger Song e Avalanche.

    Il 2 marzo 2000 si è tenuto un concerto in ricordo di De André dal nome Faber, amico fragile, dove il cantautore emiliano Vasco Rossi, tra gli altri, si è esibito proprio con questo brano, che nove anni dopo ha inserito nel suo album intitolato Tracks 2 - Inediti & rarità.

    Tracce

    LATO A

    1. La cattiva strada (testo e musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori) - 4:33
    2. Oceano (testo e musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori) - 3:11
    3. Nancy (Testo italiano Fabrizio De André - Testo originale e musica di Leonard Cohen) - 3:57
    4. Le storie di ieri (testo e musica di Francesco De Gregori) - 3:15

    LATO B

    1. Giugno '73 (testo e musica di Fabrizio De André) - 3:31
    2. Dolce Luna (testo e musica di Fabrizio De André e Francesco De Gregori) - 3:25
    3. Canzone per l'estate (testo di Fabrizio De André e Francesco De Gregori; musica di Francesco De Gregori) - 5:21
    4. Amico fragile (testo e musica di Fabrizio De André) - 5:29














    Nota di De Gregori riguardo la canzone e De Andrè:

    "Abbiamo scritto questa canzone, Fabrizio ed io, nel '74 o forse addirittura nel '73. Lui stava preparando il disco che poi si sarebbe chiamato Volume VIII e mi aveva proposto di lavorare insieme dopo avermi conosciuto in un locale di Roma, il Folkstudio.
    Passammo quasi un mese da soli nella sua bellissima casa in Gallura, davanti ad una spiaggia meravigliosa dove peraltro credo che non mettemmo mai piede: in quel periodo avevamo tutti e due delle storie sentimentali assai burrascose ed era più o meno inverno. Fabrizio beveva e fumava tantissimo e io gli stavo dietro con un certo successo. Giocavamo a scacchi, a poker in
    due: ogni tanto prendevo il suo motorino e me ne andavo in giro per chilometri. Al mio ritorno spesso lo trovavo appena alzato che girava per casa con la sigaretta e il bicchiere e la chitarra in mano e che aveva buttato giù degli appunti, degli accordi. Era uno strano modo di lavorare il nostro: non ci siamo mai messi seduti a dire "Adesso scriviamo questa canzone". Semplicemente integravamo e correggevamo l'uno gli appunti dell'altro, certe volte senza nemmeno parlarne, senza nemmeno incontrarci magari, perché lui dormiva di giorno e lavorava di notte e io viceversa.

    Le musiche ci venivano abbastanza facilmente - Fabrizio era un eccezionale musicista - e le registravamo su un piccolo registratore a pile.
    Così vennero fuori "La cattiva strada", "Canzone per l'estate", "Oceano".
    Lui aveva scritto da solo "Amico fragile" e poi aveva voluto inserire nel suo disco "Le storie di ieri" che la RCA (la mia casa discografica di allora) si era rifiutata di farmi incidere sulla "Pecora".
    E' difficile pensare a Fabrizio come uno che non c'è più: quando se n'è andato non ci vedevamo da parecchio tempo. Credo di averlo sentito al telefono circa un anno prima che morisse ed aveva la sua solita bella voce, l'intelligenza correva sul filo.

    Fabrizio era un uomo generoso e bellicoso, facile da amare e difficilissimo da andarci d'accordo. Uno dei ricordi più belli che conservo di lui è quando andammo all'Idroscalo di Milano sulle montagne russe del Luna Park, insieme a Dori: scendemmo felici e ubriachi con lo stomaco in bocca e andammo a finire la serata chissà dove.
    Ho messo la nostra canzone in questo disco non per fargli un omaggio (Non ne ha bisogno e non so se gli piacerebbe). E' solo una buona canzone che oggi, dopo tutti questi anni, sento un po' più mia.

    GIUGNO '73




    Volume 8 e' il disco sicuramente piu' complesso di tutti, realizzato da Fabrizio a 4 mani con De Gregori, quando De Gregori ancora era lui...i tempi del disco della pecora, insomma. Le storie di ieri, addirittura, e' tutta di De Gregori, che la canta anche in Rimmel, mi sembra. E Nancy e' una traduzione di Cohen.
    E' un disco di sogni, di illusoni spezzate, di amara consapevolezza della nostra (intesa come degli uomini) incapacita' di ritagliarci una condizione che ci aggradi in questo mondo. La scelta provocatoria della cattiva strada come inizio non e' casuale: la strada cattiva, le scelte all'apparenza errate, sono una sorta di "ultima spiaggia", che spesso molti intraprendono, magari inconsciamente, per cercare di contrastare il tempo che passa.

    C'e' l'uomo che sceglie di condividere delle idee con altri (Le storie di ieri) e si riscopre uomo grazie ad esse (nel dettaglio quelle fasciste), senza chiedersi se siano sbagliate, ma interessato solo del risultato concreto del suo benessere.
    C'e' il benestante di "Canzone per l'estate" che, dopo aver cercato di cambiare, di lottare, di dire la sua, si ritrova nella malinconica realta' di un mondo quotidiano fatto di famigliola, chiesa e felicita' dettata da regali materiali e non piu' da sentimenti.E "non riesce piu' a volare", ha smesso di sognare, di sperare, ha perso l'anima.
    Oppure l'amarezza del marinaio (Dolce luna) che ricorda le settimane passate in mare, fra storie di pirati e corsari e balene fantastiche, ora che la realta' lo incatena a terra e lo costringe a regolarsi con una famiglia, e lui, che sogna ancora quelle onde, spera che suo figlio possa nascere, come per sogno, per incanto, dal rapporto con una balena (il terzo occhio inconfondibile e speciale), e vivere in quel mare che tanto ha segnato la sua vita. Grande canzone, dolce luna, molto arcana.
    Personale ma sullo stesso tema dei sogni svaniti e' Giugno '73 che, l'ho letto da qualche parte, e' il racconto della storia fra De Andre' e la sua prima moglie, Enrica. Lui non era ben visto dalla famiglia, molto benestante e borghese, e cercava di ingraziarsi i suoi genitori pur sapendo che i
    "musicisti" non erano molto ben visti in quei tempi dai ceti elevati. Ma, nonostante tutto, l'ultima frase, "e' stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati", lascia trasparire una volonta' finale (presente anche in Dolce luna grazie al figlioletto in arrivo) di ottimismo.
    In fondo, pensandoci, il disco non e' pessimista, tutti i brani hanno in fondo una scintilla di lieto fine, o, almeno, di speranza per il futuro, al contrario, per esempio, di Tutti morimmo a stento, emblema della disperazione cosmica verso tutto.

    "Ma c'e' amore un po' per tutti e tutti quanti hanno un amore sulla cattiva strada"; una strada c'e' sempre, quell'amore, quei sogni tanto voluti da qualche parte si possono sempre trovare. Anche in "canzone per l'estate", quanto meno, non c'e' "piu' niente per potersi vergognare", come a dire il peggio e' alle spalle, ora sei libero di fare cio' che vuoi.

    Di Oceano, sono onesto, qualsiasi cosa la direi senza un minimo di convinzione.
    E' tanto bella quanto arcana, forse anzi proprio per questo e' bella.
    Forse e' la paura per il futuro di due innamorati, che pensano a quando l'amore li lascera', e guardano al domani con paura sempre crescente, con l'impossibile speranza che il domani non arrivi mai.....forse ma forse......:-)) Miarrendo, su Oceano mi arrendo.

    Amico fragile, per me, e' la piu' bella canzone di Fabrizio. E' la storia di un uomo, lui, che si rende conto grazie ad un episodio (una cena con degli amici borghesi, borghesi non nel senso politico dell'accezione, ma nel senso culturale, cioe' di persone che, diciamo hanno come unico scopo il materiale, il concreto, e raramente sognano e fantasticano), di come il destino di alcuni uomini, dei fragili, dei sognatori, di quelli che danno ancora un valore alle emozioni, sia destinato al macero, di come ormai questo mondo non lasci piu' spazio al valore di un pensiero, di un ragionamento che non sia banale, frivolo, dei "Come stai" detti non perche' ce ne freghi qualcosa, ma perche' l'educazione imponga di chiederlo.
    Il vuoto che circonda i fragili.
    Questa canzone Fabrizio la scrisse una notte, di ritorno da quella cena, in uno sgabuzzino per non essere disturbato.
    Ma forse questa amarezza era dovuta solo al fatto che era molto, ma molto piu' ubriaco di noi.
    E, visto come la penso, credo di esserlo anch'io.

    red







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    Léon
    De André Fabrizio


    "Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita, debba in qualche modo incominciare una chitarra”.


    Nato dalla collaborazione con il cantautore romano Francesco De Gregori, Vol.8 è forse il disco più ermetico di Fabrizio De Andrè, il più frammentario e il più incline all’esplorazione-sperimentazione. I toni della ballata aprono le luci sulla Cattiva strada, percorsa da un personaggio misterioso – che incarna il fato o un fato avverso. Per De André sono spesso identici - che incontra un’umanità quasi distratta - nel bene e nel male -, di passaggio sulla sua via: è la via della vita. Militari, innocenti, regine, piloti, giovani alcolizzati e gli immancabili giurati; per tutti c’è un amore o l’illusione che lo sia, ma non conviene seguir l’immagine che svanisce (la proiezione del desiderio o dell' inganno?): “Ad un processo per amore / baciò le bocche dei giurati / e ai loro sguardi imbarazzati / Rispose adesso è più normale / adesso è meglio / adesso è giusto, giusto, è giusto che io vada/ ed i giurati lo seguirono / a bocca aperta lo seguirono / sulla sua cattiva strada”.
    Splendida nelle sue rarefatte e dolci atmosfere, nel suo propagarsi come un soffio nell’aria, l’incantevole Oceano, dedicata all’allora piccolo Cristiano (il cantautore Cristiano De Andrè, primogenito di Fabrizio), in cui il duo De Gregori-De Andrè si eleva per intuizione poetica e fluidità narrativa: “Ed arrivò un bambino con le mani in tasca/ ed un oceano verde dietro le spalle/ disse vorrei sapere quanto è grande il verde/ come è bello il mare/ quanto dura una stanza/ è troppo tempo che guardo il sole, mi ha fatto male”.

    E ancora: “Prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini / e non ficcare il naso negli affari miei / e non venirmi a dire preferisco un poeta / preferisco un poeta ad un poeta sconfitto / ma se ci tieni tanto puoi baciarmi ogni volta che vuoi”.

    La triste ballata di Nancy, messaggera e dea dell’amor notturno e nascosto - le prostitute erano un universo amato, difeso e perennemente cantato da Fabrizio -, orienta la terza traccia dell’album; malinconica ma piena di vita, d’umano slancio per chi ha da dar qualcosa ai tanti che apprezzan felici: un barlume, sia pur fuggevole, nel grigiore (mesto, malinconico, cinico o spocchioso che sia) che li accompagna: “E dove mandi i tuoi pensieri adesso / trovi Nancy a fermarli / molti hanno usato il suo corpo / molti hanno pettinato i suoi capelli / e nel vuoto della notte / quando hai freddo e sei perduto / è ancora Nancy che ti dice – amore / sono contenta che sei venuto”.

    Le storie di ieri, quarta traccia dell’album, è scritta da Francesco De Gregori e cantata in maniera avvolgente dal cantautore genovese, che trasferisce nell’infanzia frammenti, immagini e suggestioni proprie al cantautore romano e qui condivise sulle corde sublimi della poesia: “E il bambino nel cortile sta giocando / tira sassi nel cielo e nel mare / ogni volta che colpisce una stella / chiude gli occhi e si mette a sognare / chiude gli occhi e si mette a volare”.

    Ma l’adulto che ricorda si ritrova sempre negli occhi del bambino, sfuma il richiamo della memoria nel vivo riappropriarsi del tempo sospeso tra il senso di ciò che si era e l’attesa del divenire: “Ma il bambino nel cortile si è fermato / si è stancato di seguire aquiloni / si è seduto tra ricordi vicini, i rumori lontani / guarda il muro e si guarda le mani”.

    Giugno ‘73 sembra essere un canto destinato ad un’amante, scritto da De Andrè per qualche amore passato, del reale o dell’immaginario (più probabile del reale), cui egli dona i suoi versi per esorcizzare ogni forma di rimpianto. Qualsiasi amore vissuto fino in fondo, sembra dirci il nostro, qualsiasi viva passione, qualunque conseguenza comporti, non va mai rinnegata. Meglio averla vissuta, sempre e comunque. Qualora si possiede un dono come il suo, ancor meglio cantarla: “E tu aspetta un amore più fidato / il tuo accendino sai io l’ho già regalato / e lo stesso quei due peli d’elefante / mi fermavano il sangue / li ho dati a un passante / Poi il resto viene sempre da sé / i tuoi “Aiuto” saranno ancora salvati / io mi dico è stato meglio lasciarci / che non esserci mai incontrati”.

    Dolce Luna e Canzone per l’estate, le tracce sei e sette, sono ambedue pezzi costruiti dal duo De Andrè-De Gregori sull’onda della sperimentazione parole-musica, l’uno dai toni più scanzonati (più nella melodia che nel testo) e l’altro più rassegnati e disincantati.

    La gemma dell’album, tra le canzoni più amate dal suo pubblico e da De Andrè stesso, è l’ultima traccia del disco, la criptica Amico fragile, scritta dal cantautore genovese (per sua testimonianza) in preda ai fumi dell’alcol (una massiccia dose a suo dire) e dopo una serata di fin troppo “borghese” compagnia. Mal digerita. “Amico Fragile è un pezzo di vita mia” - dice il musicante-poeta. Talmente fuggevole, aggiungo io, da non necessitare spiegazioni o esemplificazioni, ma solo da ascoltare con l’ausilio dello stereo e godendo di questi versi unici: “Evaporato in una nuvola rossa / in una delle molte feritoie della notte / con un bisogno d’atttenzione e d’amore troppo / ‘Se mi vuoi bene piangi’ per essere corrisposti / valeva la pena divertirvi le serate estive / con un semplicissimo “Mi ricordo”...
    E regalare a piene mani oceani / ed altre ed altre onde ai marinai in servizio / fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli / senza rimpiangere la mia credulità / perché già dalla prima trincea / ero più curioso di voi / ero molto più curioso di voi. / E poi sospeso tra i vostri ‘Come sta’ / meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci / tipo ‘Come ti senti amico, amico fragile / se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te’...”

    Lavoro complesso, ma allo stesso tempo superbamente armonico, album di passaggio e congiunzione tra De André passato e De André futuro, Vol.8 è, come detto, il frutto della collaborazione di due grandi poeti in musica. Domina il verso, la ricerca musico-poetica, a volte essenziale, altre sperimentalmente metamorfica; sempre suggestiva e dalle cadenze d’accompagno per una mente che vi favoleggia su, che si libera e si disperde, che consuma mezz’oretta di disco quasi senza accorgersene. Scritto e musicato dai i due cantautori sotto costante ispirazione alcolica. La critica storse la bocca, parlò di crisi d’ispirazione per Fabrizio, non accorgendosi o accorgendosi molto tardi - come al solito - della bellezza che sprigionano queste otto tracce rimaste nell’immaginario per il loro essere altro rispetto alle precedenti e successive produzioni, ma sempre in linea con la ricerca estetica del cantautore genovese. Qui, con De Gregori, ai vertici più alti tra le opere dei grandi parolieri in musica e della tradizione cantautoriale. Altro che crisi d’ispirazione: siamo in un regno dove vince la bellezza.

    Curiosità: Una versione de “Le storie di eri” è contenuta nel LP Rimmel(1975), una di “Canzone per l’estate” nel LP Amore nel pomeriggio (2001), ambedue di Francesco De Gregori.



    La cattiva strada







    Oceano

    Quanti cavalli hai tu ceduto alla porta
    tu che sfiori il cielo col tuo dito più corto
    la notte non ha bisogno
    la notte fa benissimo a meno del tuo concerto
    ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse un tentativo.

    Ed arrivò un bambino con le mani in tasca
    ed un oceano verde dietro le spalle
    disse "Vorrei sapere, quanto è grande il verde
    come è bello il mare, quanto dura una stanza
    è troppo tempo che guardo il sole, mi ha fatto male "

    Prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini
    e non ficcare il naso negli affari miei
    e non venirmi a dire "Preferisco un poeta,
    preferisco un poeta ad un poeta sconfitto"

    Ma se ci tieni tanto poi baciarmi ogni volta che vuoi.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...eano_33109.html







    La spiegazione di Oceano è stata fornita da Cristiano De André, che all'epoca della lavorazione dell'album aveva circa otto anni, ti riporto una sua dichiarazione risalente al 1995, e che puoi trovare a questo indirizzo:

    www.viadelcampo.com/html/volume_8…

    "Una volta avevo ascoltato in una discoteca una canzone che mi era rimasta in testa, mi era piaciuta tantissimo, ed era "Alice" di Francesco De Gregori. Nello stesso tempo mi era rimasta in testa una domanda: ma perché Alice guarda i gatti e non può guardare quel lampione là o non può guardare qualsiasi altra cosa, un sasso piuttosto che un cespuglio, un albero? E volevo chiederglielo, però non sapevo come, non lo conoscevo e avevo questa domanda da fargli... L'estate successiva scopro che sta iniziando a lavorare con mio padre ad un album che era "Volume ottavo". Figurati, impazzisco, vado in Sardegna e me lo trovo lì, a casa. In pigiama. Che lavora con mio padre, seduto sul mio divano, con la chitarra, giovane, con la barba rossa, un po' fricchettone, era un grande e lo è tuttora, è una persona che stimo moltissimo, non soltanto a livello artistico, ma anche umano... E allora io prendo coraggio e vado da lui. Questo è il figlio di Fabrizio, Cristiano; piacere Francesco. Comincio alla larga, poi piano piano mi convinco e un giorno: Francesco, perché Alice guarda i gatti? Lui mi guarda con un occhio aperto e l'altro chiuso... Non mi risponde. E non mi ha mai risposto. Anzi mi ha risposto, però in un modo abbastanza inconsueto: cioè scrivendo una canzone, con mio padre. Si chiama "Oceano", e devo dire che io sono orgoglioso di questa canzone perché è stata dedicata a me. E' la risposta di perché Alice guarda i gatti. Al che non mi sono più sognato di fargli domande di questo genere"
     
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  9. tomiva57
     
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    Nancy

    Un po' di tempo fa Nancy era senza compagnia. All'ultimo spettacolo con la sua bigiotteria
    ---
    Nancy è sola. Possiede poche cose e di poco valore. Accenna a degli spettacoli... probabilmente prestazioni...
    ---
    Nel palazzo di giustizia suo padre era innocente, nel palazzo del mistero, non c'era proprio niente.
    Non c'era quasi niente
    ---
    Probabile frase ironica. Forse ha subito violenze dal padre, e con una tipica ironia critica lo si definisce innocente, il misfatto avviene in una dimora spoglia, vuota, forse immagine di povertà e miseria della sua vita.
    ---
    Un po' di tempo fa eravamo distratti. Lei portava calze verdi, dormiva con tutti
    ---
    "Eravamo distratti" nessuno si accorge della sua triste condizione. Probabilmente è ferita psicologicamente. Le calze verdi sono forse un richiamo all'innocenza, come indumento colorato di una bimba. Viene poi affermato che concede il suo corpo, non espressamente per soldi.
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    Ma "cosa fai domani?" non lo chiese mai a nessuno. Si innamorò di tutti noi, non proprio di qualcuno. Non solo di qualcuno
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    Versi molto enigmatici. In genere viene rappresentata la figura maschile che usa sessualmente la donna e poi l'abbandona, qui viene figurata una situazione inversa, aggiungendo poi una qualspecie di allegoria dove si innamora di tutti, per indicare le frequenti prestazioni sessuali, ma senza amore ("non proprio di qualcuno") e perciò non si lega a nessuno.
    ---
    E un po' di tempo fa. Col telefono rotto. Cercò dal terzo piano la sua serenità
    ---
    Il telefono rotto è forse una immagine per far capire che non viene contattata e non contatta nessuno. Mentre l'immagine della "serenità" mi ha sempre richiamato il sucidio che forse effettua dal terzo piano della sua abitazione.
    ---
    Dicevamo che era libera, e nessuno era sincero. Non l'avremmo corteggiata mai nel palazzo del mistero
    ---
    A sua volta nessuno si vuole legare a lei. Mentono sulla sua innocenza
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    E dove mandi i tuoi pensieri? Adesso trovi Nancy a fermarli. Molti hanno usato il suo corpo molti hanno pettinato i suoi capelli.
    E nel vuoto della notte, quando hai freddo e sei sperduto, è ancora Nancy che ti dice "amore, sono contenta che sei venuto"
    ---
    In qualche modo dopo averla incontrata ti trovi a pensare sempre a lei. E forse un rapporto con lei non è strettamente sessuale, ma può essere una qualspecie di amore illusorio e temporaneo che lei "regala".
    Quando ti senti solo in lei trovi conforto. Perciò il personaggio di Nancy è dunque engmatico: confuso, ma amorevole e disponibile. Incapace (o obbligata) ad unirsi ad una sola persona e per questo condannata a non farsi mai amare seriamente da nessuno.









    Le storie di ieri

    Mio padre aveva un sogno comune
    condiviso dalla sua generazione
    la mascella al cortile parlava
    troppi morti lo hanno tradito
    tutta gente che aveva capito.

    E il bambino nel cortile sta giocando
    tira sassi nel cielo e nel mare
    ogni volta che colpisce una stella
    chiude gli occhi e si mette a sognare
    chiude gli occhi e si mette a volare.

    E i cavalli a Salò sono morti di noia
    a giocare col nero perdi sempre
    Mussolini ha scritto anche poesie
    i poeti che strade creature
    ogni volta che parlano è una truffa.

    Ma mio padre è un ragazzo tranquillo
    la mattina legge molti giornali
    è convinto di avere delle idee
    e suo figlio è una nave pirata
    e suo figlio è una nave pirata.

    E anche adesso è rimasta una scritta nera
    sopra il muro davanti casa mia
    dice che il movimento vincerà
    il gran capo ha la faccia serena
    la cravatta intonata alla camicia.

    Ma il bambino nel cortile si è fermato
    si è stancato di seguire gli aquiloni
    si è seduto tra i ricordi vicini i rumori lontani
    guarda il muro e si guarda le mani
    guarda il muro e si guarda le mani

     
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  10. tomiva57
     
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    Giugno 73

    Tua madre ce l'ha molto con me
    perché sono sposato e in più canto
    però canto bene e non so se tua madre
    sia altrettanto capace a vergognarsi di me

    La gazza che ti ho regalato
    è morta, tua sorella ne ha pianto,
    quel giorno non avevano fiori, peccato,
    quel giorno vendevano gazze parlanti.

    E speravo che avrebbe insegnato a tua madre
    a dirmi "ciao come stai",
    insomma non proprio a cantare
    per quello ci sono già io come sai.

    I miei amici sono tutti educati con te
    però vestono in modo un po' strano
    mi consigli di mandarli da un sarto e mi chiedi
    "Sono loro stasera i migliori che abbiamo"
    E adesso ridi e ti versi un cucchiaio di mimosa

    nell'imbuto di un polsino slacciato.
    I miei amici ti hanno dato la mano,
    li accompagno, il loro viaggio porta un po' più lontano.

    E tu aspetta un amore più fidato
    il tuo accendino sai io l'ho già regalato
    e lo stesso quei due peli d'elefante
    mi fermavano il sangue
    li ho dati a un passante.

    Poi il resto viene sempre da sé
    i tuoi "Aiuto" saranno ancora salvati
    io mi dico è stato meglio lasciarci
    che non esserci mai incontrati.











    Dolce luna

    Cammina come un vecchio marinaio
    non ha più un posto dove andare
    la terra sotto i piedi non lo aspetta
    strano modo di ballare
    sua moglie ha un altro uomo e un'altra donna, è proprio un uomo da buttare
    e nelle tasche gli è rimasta solo un po' di polvere di mare
    e non può testimoniare.

    Si muove sopra i sassi
    come un leone invernale
    ti può parlare ore ed ore
    della sua quarta guerra mondiale
    conserva la sua cena dentro a un foglio di giornale
    la sua ragazza "esca dalle lunghe gambe" fa all'amore niente male
    e non può testimoniare.

    Lui vide il marinaio indiano
    alzarsi in piedi e barcollare
    con un coltello nella schiena
    tra la schiuma e la stella polare
    e il timoniere di Shanghai tornò tranquillo a pilotare
    e lui lo vide con l'anello al dito e un altro anello da rubare
    ma non può testimoniare.

    Dal buio delle tango notti "Balla Linda"
    alla paralisi di un porto,
    la luce delle stelle chiare
    come un rifugio capovolto,
    la sua balena "Dolce Luna" che lo aspettata in alto mare,
    gli ha detto molte volte "Amore, con chi mi vuoi dimenticare "
    e non può testimoniare
    e non può testimoniare.

    E tu mi vieni a dire voglio un figlio
    su cui potermi regolare
    con due occhi qualunque e il terzo occhio inconfondibile e speciale
    che non ti importa niente
    se non riuscirà a nuotare
    l'importante è che abbia sulla guancia destra
    quella mia voglia di mare
    e mi dici ancora che il mio nome
    glielo devo proprio dare
    ma non so testimoniare
    io non so testimoniare.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...luna_33115.html


     
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  11. tomiva57
     
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    Canzone per l'estate

    (1975)

    Con tua moglie che lavava i piatti in cucina e non capiva
    con tua figlia che provava il suo vestito nuovo e sorrideva
    con la radio che ronzava
    per il mondo cose strane
    e il respiro del tuo cane che dormiva.
    Coi tuoi santi sempre pronti a benedire i tuoi sforzi per il pane
    con il tuo bambino biondo a cui hai donato una pistola per Natale
    che sembra vera,
    con il letto in cui tua moglie
    non ti ha mai saputo dare
    e gli occhiali che tra un po' dovrai cambiare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
    con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
    la tua coda di ricambio
    le tue nuvole in affitto
    le tue rondini di guardia sopra il tetto.
    Con il tuo francescanesimo a puntate e la tua dolce consistenza
    col tuo ossigeno purgato e le tue onde regolate in una stanza
    col permesso di trasmettere
    e il divieto di parlare
    e ogni giorno un altro giorno da contare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Con i tuoi entusiasmi lenti precisati da ricordi stagionali
    e una bella addormentata che si sveglia a tutto quel che le regali
    con il tuo collezionismo
    di parole complicate
    a tua ultima canzone per l'estate.
    Con le tue mani di carta per avvolgere altre mani normali
    con l'idiota in giardino ad isolare le tue rose migliori
    col tuo freddo di montagna
    e il divieto di sudare
    e più niente per poterti vergognare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare
    Com'è che non riesci più a volare










    Amico fragile


    Evaporato in una nuvola rossa
    in una delle molte feritoie della notte
    con un bisogno d'attenzione e d'amore
    troppo, "Se mi vuoi bene piangi "
    per essere corrisposti,
    valeva la pena divertirvi le serate estive
    con un semplicissimo "Mi ricordo":
    per osservarvi affittare un chilo d'era
    ai contadini in pensione e alle loro donne
    e regalare a piene mani oceani
    ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
    fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
    senza rimpiangere la mia credulità:
    perché già dalla prima trincea
    ero più curioso di voi,
    ero molto più curioso di voi.

    E poi sorpreso dai vostri "Come sta"
    meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
    tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
    se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
    "Lo sa che io ho perduto due figli"
    "Signora lei è una donna piuttosto distratta."
    E ancora ucciso dalla vostra cortesia
    nell'ora in cui un mio sogno
    ballerina di seconda fila,
    agitava per chissà quale avvenire
    il suo presente di seni enormi
    e il suo cesareo fresco,
    pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
    debba in qualche modo incominciare una chitarra.

    E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
    mi sentivo meno stanco di voi
    ero molto meno stanco di voi.

    Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
    fino a farle spalancarsi la bocca.
    Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
    di parlare ancora male e ad alta voce di me.
    Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
    con una scatola di legno che dicesse perderemo.
    Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
    Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
    Potevo assumere un cannibale al giorno
    per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
    Potevo attraversare litri e litri di corallo
    per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

    E mai che mi sia venuto in mente,
    di essere più ubriaco di voi
    di essere molto più ubriaco di voi.

    Altri testi su: http://www.angolotesti.it/F/testi_canzoni_...gile_33118.html


     
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    Fabrizio De André, l’album Storia di un impiegato diventa un musical
    Il concept-album del 1973 andrà in scena in forma di commedia musicale al Teatro Lo Spazio di Roma, martedì 27, mercoledì 28 e giovedì 29 settembre.


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    Uno dei dischi più discussi di Fabrizio De André diventa un musical: Storia di un impiegato, il concept-album pubblicato da Faber nel 1973, sarà proposto al pubblico in forma di commedia musicale e andrà in scena al Teatro Lo Spazio di Roma (zona San Giovanni) martedì 27, mercoledì 28 e giovedì 29 settembre, alle 21:00.

    I personaggi di De André, grazie ai testi di Enrico Di Fabio e la regia di Fabrizio Catarci, prendono vita in una pièce in cui la prosa si intreccia al canto e alla musica, eseguiti rigorosamente dal vivo.

    La storia è quella di Antonio, figlio “perbene” di una famiglia piccolo borghese che, nell’epoca delle contestazioni del Sessantotto, decide di opporsi al “sistema”, diventando capace di pensare con la propria testa. Unendosi alla lotta studentesca e operaia conosce Giacomo (il Bombarolo) e altri “amici”, il cosiddetto popolo degli impiegati, che poi lo abbandoneranno nel momento dell’azione. Tentando, senza successo e un po’ goffamente, di costruire una bomba con l’intenzione di colpire il Parlamento, il protagonista si ritrova in carcere, dove ripensa a quanto ha fatto e capisce che la violenza non è il mezzo giusto per realizzare se stesso e il suo sogno di una società migliore.

    A dodici anni dalla scomparsa, Fabrizio De André, più attuale che mai, descrive un uomo che cerca il proprio ideale, in un mondo di preconcetti. Oggi, in particolare, Storia di un impiegato, riletto da Di Fabio e Catarci, assume una prospettiva più ampia, raccontando la vicenda di ogni giovane che cerca la sua strada per realizzare se stesso come persona.

    da: http://music.fanpage.it
     
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  13. tomiva57
     
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    Rimini (Fabrizio De André)
    Da Wikipedia

    DeAndreFabrizio-Rimini


    Rimini (1978) è il nono album registrato in studio di Fabrizio De André.


    Il disco

    Dopo la collaborazione con Francesco De Gregori, con questo album De André comincia a lavorare con Massimo Bubola, co-autore di tutti i brani.

    L'album, che presenta musicalità più lontane dalla chanson francese e più vicine al folk europeo e americano e al pop, nasce dopo la delusione politica di De André per le vicende degli ultimi anni settanta, in particolare per la rottura con le idee del sindacato (a cui si fa riferimento in Coda di Lupo).

    I testi sono più oscuri e lirici che nei precedenti album.

    In Sally e Volta la carta tornano i personaggi cari da sempre a De André: prostitute, tossicodipendenti, emarginati.

    Interessante la presenza di ben due brani strumentali: Folaghe e Tema di Rimini.


    Le canzoni

    Rimini

    È la storia di una ragazza riminese figlia di un droghiere, Teresa, che spazia nel tempo con la fantasia. La canzone affronta, in maniera poetica, non solo il tema dell'aborto, ma anche il tema di quella gioventù di provincia romagnola che viveva di turismo e di amori che durano un'estate, già descritta con eloquenza da Federico Fellini ne I vitelloni. È una canzone in cui realtà e sogno si intrecciano: Teresa evade con la mente dalla Rimini estiva e spazia nel mare, nel tempo e nello spazio fino ad incontrare Colombo. I due sono accomunati da uno spirito d'avventura che li fa sentire stretti nella cartina geografica tracciata loro intorno e l'uno naviga verso l'ignoto, l'altra guarda oltre l'orizzonte e sogna.



    Volta la carta

    Il brano affonda le sue radici in un filone di filastrocche di varie tradizioni italiane che accostano, verso dopo verso, concetti molto distanti tra loro (introdotti dalla frase «volta la carta»), ma spesso legati dalla rima, sfociando in quello che Bubola ha definito «un esempio di surrealismo popolare». Tra le strofe c'è inoltre una citazione della canzone popolare Madamadorè

    Il ritornello, che prende ispirazione contemporaneamente da una canzone popolare (Angiolina, bell'Angiolina) e dal neorealismo di Pane, amore e fantasia, racconta invece la storia di una ragazza di nome Angiolina, che patisce delusioni d'amore da un carabiniere ma che infine riesce a sposarsi.


    Coda di lupo

    « Un brano come Coda di lupo è una disperata disamina del fallimento della rivolta sessantottina e del riflusso della speranza della "fantasia al potere nell'area dei gruppi autonomisti", come gli indiani metropolitani. Non a caso l'illustrazione che, nel libretto che accompagna il disco, si accoppia alla canzone è quella del venditore di cocomeri: un modo di dire, è fallito tutto, andiamo a fare un mestiere qualsiasi, allora vendere cocomeri può valere come "andare a cacciare bisonti in Brianza", come recita un verso del brano. »

    (Fabrizio De André)
    « Introduce il mondo degli indiani, ed è la storia di un bambino che, diventato uomo, scegli il nome di Coda di lupo e fa il suo ingresso nel mondo dei grandi, prima rubando un cavallo, poi uccidendo uno smocking, forse per vendicare la morte del nonno crocefisso sulla chiesa nella notte della lunga stella con la coda. Da vecchio assiste all'arringa del generale (riferimento al sindacalista Luciano Lama, criticato per il suo moderatismo) agli universitari romani, ma si rifiuta di fumare con lui: "non era venuto in pace". Il brano annuncia la fine delle grandi contestazioni e delle rivendicazioni sindacali ed esorta a non credere mai al "Dio della Scala", a un "Dio a lieto fine", ma neanche a un "Dio fatti il culo". »

    (Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 112)

    La canzone è politica, poetica e fantasiosa. Attraverso la metafora di un ragazzo pellerossa che viene iniziato alla vita adulta e alle difficoltà della vita, parla della generazione dei ragazzi cresciuti negli anni settanta, nell'epoca della contestazione giovanile, dell'immaginazione al potere, durante gli anni di piombo. Molti sono i riferimenti all'attualità del tempo, come la cacciata di Luciano Lama dall'università di Roma da parte degli studenti contestatori, nel 1977: «vicino a Roma, a Little Big Horn / capelli corti generale ci parlò all'università / dei fratelli tute blu che seppellirono le asce / ma non fumammo con lui, non era venuto in pace».

    Le varie "divinità" citate, a cui il protagonista dice di non credere, sono i simboli di condizioni e fatti: i valori della borghesia industriale (dio degli inglesi), il lavoro che arricchisce i già ricchi (dio "fatti il culo"), la paura della ribellione dei giovani da parte delle istituzioni (dio perdente), la fine degli ultimi vecchi partigiani sognatori, inghiottiti dalla storia (dio goloso), la contestazione alla Scala di Milano, che non cambiò nulla (dio della Scala), la fine della contestazione studentesca, sancita dalla repressione e dal numero chiuso alle Università (dio a lieto fine che manca), le illusioni fragili che rimangono ai pochi idealisti superstiti (dio senza fiato). L'ultima strofa descrive la condizione attuale di chi dopo nove anni di contestazione si trova o a protestare in maniera solitaria e convulsiva, magari violentemente, o sfoga la sua repressione nell'arte, viene mitizzato dalle generazioni più giovani e prova a guardarsi indietro, nel suo percorso.

    Il tema è prettamente politico. Tuttavia, rispetto all'album Storia di un impiegato, De André appare più distaccato e disincantato. Il testo scivola sull'ironico e gioca tutto sul parallelismo tra gli indiani d'America e gli Indiani metropolitani, per finire con la strofa conclusiva che racchiude anche un'autocritica per chi "scarica la sua rabbia in un teatro di posa".


    Andrea

    « Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, i "figli della luna"; quelle persone che noi continuiamo a chiamare gay oppure, per una strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Ecco, mi fa piacere cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una dozzina di anni fa, così a luci accese, anche a dimostrare che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più bisogno di vergognarsene. »

    (Fabrizio De André durante il concerto tenuto al Teatro Smeraldo di Milano il 19/12/1992)

    In questo album, inoltre, viene per la prima volta registrata Andrea, canzone che diventerà, insieme a La guerra di Piero, una delle canzoni più fortemente antimilitariste non solo di De André, ma anche della musica italiana, sullo sfondo però di una storia di amore omosessuale durante la prima guerra mondiale. In tal senso Andrea è pure una canzone sulle diversità.

    Dai versi finali "... il secchio gli disse signore il pozzo è profondo ... lui disse mi basta che sia più profondo di me" si può dedurre che Andrea, dopo aver perso l'innamorato al fronte, si suicida gettandosi nel pozzo.

    Massimo Bubola, coautore insieme a De André del brano, ha interpretato lo stesso nell'album celebrativo Faber, amico fragile.

    Avventura a Durango [Romance in Durango]

    Avventura a Durango, versione in italiano di Romance in Durango di Bob Dylan, è la storia di un bandito messicano. De André e Bubola hanno traslato il ritornello di Dylan che mescolava parole in spagnolo e inglese ("No llores mi querida, soon the desert will be gone") con vivaci espressioni, ottenute mescolando all'italiano parole che ricordano il dialetto abruzzese ("Nun chiagne Maddalena"; "Strigneme Maddalena, stu deserto finirà").


    Sally

    Sally racconta in chiave fiabesca il distacco di un giovane dalla propria famiglia e il suo ingresso nel mondo, dove entra a contatto con la droga, la violenza e la prostituzione. Sally simboleggia la delusione di veder svaniti i propri sogni e le proprie illusioni, mostrando che chi non riesce ad adattarsi alla società finisce per esserne vittima. Il protagonista, che non è Sally, dapprima vive nell'autorità della madre, che gli raccomanda di non "giocare con gli zingari nel bosco". Con la trasgressione al divieto e l'incontro con Sally comincia la sua avventura, ed egli si avvia sprovveduto e senza le conoscenze necessarie per affrontare tutto ciò che è il mondo.

    Le prime strofe del brano e l'ultima, che riprende la prima, attingono ad una filastrocca britannica:
    « My mother said that I never should
    Play with the gypsies in the wood,
    The wood was dark; the grass was green;
    In came Sally with a tambourine.

    I went to the sea - no ship to get across;
    I paid ten shillings for a blind white horse;
    I up on his back and was off in a crack,
    Sally, tell my mother I shall never come back. »

    mentre le successive, che presentano i personaggi di Pilar e del Re dei Topi, si ispirano rispettivamente a Cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez, di cui Pilar è uno dei personaggi femminili, e a El Topo di Alejandro Jodorowsky.


    Zirichiltaggia (Baddu tundu)

    Zirichiltaggia è una veloce ballata in gallurese che testimonia la forza e la cultura sarda che stavano sempre più affascinando e coinvolgendo De André in quegli anni:
    « Quattro anni di Sardegna vuol dire come minimo, se uno ci vive dentro, insieme, imparare il dialetto. Allora mi sono permesso di scrivere 'sta roba qua: si chiama Zirichiltaggia, che vuol dire lucertolaio. È un litigio fra due pastori per questioni di eredità. »

    (Fabrizio De André, 1979, concerto con la PFM)

    Melodia e ritmica della canzone sono molto simili alla canzone Back Door (La Porte En Arrière) di D.L. Menard, hit degli anni sessanta in Louisiana, cantato in francese louisianais.
    Parlando del naufragio della London

    Valour

    Parlando del naufragio della London Valour è una canzone "difficile", con un testo volutamente slegato dalla musica e recitato; il tema del titolo, il naufragio della London Valour, è nascosto in una storia apparentemente "favolistica", costruita sulla libera associazione di idee, in un testo in cui si trovano anche riferimenti alla realtà politica degli anni settanta. Il naufragio della London Valour, in tal senso, potrebbe essere una metafora dell'intera società italiana di quel periodo. Tra l'altro, l'intenzione di De André era quella di descrivere i comportamenti della massa, rappresentati in questo caso dagli abitanti della zona portuale di Genova, che quando si imbatte in una sciagura altrui vi assiste spinta dal solo movente della curiosità.

    Come svelato da Cristiano De Andrè, la canzone contiene anche una frecciatina a Francesco Guccini nel verso "il paralitico tiene in tasca un uccellino blu cobalto / ride con gli occhi al circo Togni quando l'acrobata sbaglia il salto", evidentemente come risposta ai riferimenti critici fatti da Guccini agli altri cantautori, tra cui De Andrè, in alcune sue canzoni, quali Via Paolo Fabbri 43 e L'avvelenata ("Colleghi cantautori, eletta schiera, / che si vende alla sera / per un po' di milioni, / voi che siete capaci fate bene / aver le tasche piene / e non solo i coglioni").

    Max Manfredi ne ha fatto una versione nel 2000, rendendola molto più melodica dell'originale. Il brano si trova nel disco Aia da respia, raccolta di canzoni di De André interpretate da altri autori, prodotta dal Comune di Genova.


    Tracce

    Rimini - 4:08
    Volta la carta - 3:49
    Coda di lupo - 5:24
    Andrea - 5:31
    Tema di Rimini - 1:52
    Avventura a Durango [Romance in Durango] (Testo e musica originali di Bob Dylan e Jacques Levy) - 4:51
    Sally - 4:49
    Zirichiltaggia (Baddu tundu) - 2:18
    Parlando del naufragio della London Valour - 4:41
    Folaghe - 2:58






    Rimini


    Teresa ha gli occhi secchi
    guarda verso il mare
    per lei figlia di pirati
    penso che sia normale

    Teresa parla poco
    ha labbra screpolate
    mi indica un amore perso
    a Rimini d'estate.

    Lei dice bruciato in piazza
    dalla santa inquisizione
    forse perduto a Cuba
    nella rivoluzione
    o nel porto di New York

    nella caccia alle streghe
    oppure in nessun posto
    ma nessuno le crede.

    Coro: Rimini, Rimini

    E Colombo la chiama
    dalla sua portantina
    lei gli toglie le manette ai polsi
    gli rimbocca le lenzuola

    "Per un triste Re Cattolico - le dice -
    ho inventato un regno
    e lui lo ha macellato
    su di una croce di legno.

    E due errori ho commesso
    due errori di saggezza
    abortire l'America
    e poi guardarla con dolcezza

    ma voi che siete uomini
    sotto il vento e le vele
    non regalate terre promesse
    a chi non le mantiene ".

    Coro: Rimini, Rimini

    Ora Teresa è all'Harrys' Bar
    guarda verso il mare
    per lei figlia di droghieri
    penso che sia normale

    porta una lametta al collo
    è vecchia di cent'anni
    di lei ho saputo poco
    ma sembra non inganni.

    "E un errore ho commesso - dice -
    un errore di saggezza
    abortire il figlio del bagnino
    e poi guardarlo con dolcezza

    ma voi che siete a Rimini
    tra i gelati e le bandiere
    non fate più scommesse
    sulla figlia del droghiere".

    Coro: Rimini, Rimini










    Volta la carta


    C'è una donna che semina il grano
    volta la carta si vede il villano
    il villano che zappa la terra
    volta la carta viene la guerra
    per la guerra non c'è più soldati
    a piedi scalzi son tutti scappati

    Angiolina cammina cammina sulle sue scarpette blu
    carabiniere l'ha innamorata volta la carta e lui non c'è più
    carabiniere l'ha innamorata volta la carta e lui non c'è più.

    C'è un bambino che sale un cancello
    ruba ciliege e piume d'uccello
    tirate sassate non ha dolori
    volta la carta c'è il fante di cuori.

    Il fante di cuori che è un fuoco di paglia
    volta la carta il gallo si sveglia

    Angiolina alle sei di mattina s'intreccia i capelli con foglie d'ortica
    ha una collana di ossi di pesca la gira tre volte in mezzo alle dita
    ha una collana di ossi di pesca la conta tre volte intorno alle dita.

    Mia madre ha un mulino e un figlio infedele
    gli inzucchera il naso di torta di mele

    Mia madre e il mulino son nati ridendo
    volta la carta c'è un pilota biondo

    Pilota biondo camicie di seta
    cappello di volpe sorriso da atleta

    Angiolina seduta in cucina che piange, che mangia insalata di more.
    Ragazzo straniero ha un disco d'orchestra che gira veloce che parla d'amore
    Ragazzo straniero ha un disco d'orchestra che gira che gira che parla d'amore.

    Madamadorè ha perso sei figlie
    tra i bar del porto e le sue meraviglie
    Madamadorè sa puzza di gatto
    volta la carta e paga il riscatto
    paga il riscatto con le borse degli occhi

    Piene di foto di sogni interrotti
    Angiolina ritaglia giornali si veste da sposa canta vittoria
    chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria
    chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.












    Coda di lupo


    Quando ero piccolo m'innamoravo di tutto correvo dietro ai cani
    e da marzo a febbraio mio nonno vegliava
    sulla corrente di cavalli e di buoi
    sui fatti miei sui fatti tuoi

    e al dio degli inglesi non credere mai.

    E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo
    rubai il primo cavallo e mi fecero uomo
    cambiai il mio nome in "Coda di lupo"
    cambiai il mio pony con un cavallo muto

    e al loro dio perdente non credere mai

    E fu nella notte della lunga stella con la coda
    che trovammo mio nonno crocifisso sulla chiesa
    crocifisso con forchette che si usano a cena
    era sporco e pulito di sangue e di crema

    e al loro dio goloso non credere mai.

    E forse avevo diciott'anni e non puzzavo più di serpente
    possedevo una spranga un cappello e una fionda
    e una notte di gala con un sasso a punta
    uccisi uno smoking e glielo rubai

    e al dio della scala non credere mai.

    Poi tornammo in Brianza per l'apertura della caccia al bisonte
    ci fecero l'esame dell'alito e delle urine
    ci spiegò il meccanismo un poeta andaluso
    - Per la caccia al bisonte - disse - Il numero è chiuso.

    E a un Dio a lieto fine non credere mai.

    Ed ero già vecchio quando vicino a Roma a Little Big Horn
    capelli corti generale ci parlò all'università
    dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce
    ma non fumammo con lui non era venuto in pace

    e a un dio fatti il culo non credere mai.

    E adesso che ho bruciato venti figli sul mio letto di sposo
    che ho scaricato la mia rabbia in un teatro di posa
    che ho imparato a pescare con le bombe a mano
    che mi hanno scolpito in lacrime sull'arco di Traiano
    con un cucchiaio di vetro scavo nella mia storia
    ma colpisco un po' a casaccio perché non ho più memoria

    e a un dio senza fiato non credere mai.


     
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  14. tomiva57
     
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    De Andre', in via del Campo il 'suo' museo

    Nei vicoli di Genova nasce il museo dedicato a Fabriizio De Andre'

    In via del Campo, dove la storia della musica racconta che c'erano "una graziosa, una bambina e una puttana", oggi Fabrizio De André torna ad essere una presenza fisica attraverso un emporio-museo.

    Ribattezzato 'Via del Campo 29 rosso', lo spazio si trova in mezzo ai caruggi che dal 'waterfront' di Renzo Piano salgono verso il centro città, in una zona dove degrado e riqualificazione si contendono ancora il predominio.

    Il viaggio nel nuovo sito commerciale e museale - dedicato a Faber e all'intera scuola genovese della canzone d'autore - parte dallo stretto corridoio che conduce alle due sale interne, dove fino a pochi anni c'era lo storico negozio di musica di Gianni Tassio.

    Sfilando a fianco delle grandi fotografie di Ivano Fossati, Bruno Lauzi, Umberto Bindi, Luigi Tenco e dello stesso De André, si inizia a respirare 'parole in musica'.

    Il percorso espositivo "é simile ad un vicolo, che sbuca in una piazza, in omaggio alla città che da una parte si compra e dall'altra si vede", hanno spiegato gli architetti.

    Lo spazio è diviso in due parti: una commerciale, con libri, spartiti, gadget, cd, magliette; e una museale con vari cimeli, tra cui dischi originali, fotografie e la famosa Esteve '97, la chitarra di De Andre' acquistata da una 'cordata' di via del Campo ad un'asta benefica nel 2001 e che, appesa al soffitto, domina sulla sala principale.

    Ad arricchire il museo la sezione multimediale con uno monitor-touch interattivo, in cui - oltre a visionare 'speciali' contributi - si potranno spedire cartoline virtuali e lasciare dediche, "portando avanti la tradizione avviata da Tassio", come hanno spiegato i promotori dell'iniziativa.

    'Via del Campo 29 rosso' è un progetto consortile realizzato da due cooperative e da una società che si occupa di applicazioni multimediali, con il supporto del Comune di Genova.

    "E' un pezzo importante del centro storico - ha commentato l'assessore alla cultura, Andrea Ranieri - che avrà un ruolo importante nella rivitalizzazione e nella riqualificazione della zona. E' un negozio e un museo, ma anche un monumento della città dove sopravvive una memoria condivisa dai genovesi ma anche dagli appassionati di De André provenienti da tutto il mondo".

    L'apertura ufficiale è prevista sabato 25(dalle 15.30) con una festa di quartiere, eventi musicali e non solo. Ci saranno il sindaco Marta Vincenzi e don Gallo, probabilmente anche Dori Ghezzi e Patrizia Tenco.


    da:ansa.it
     
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    Andrea

    Andrea s'è perso s'è perso e non sa tornare
    Andrea s'è perso s'è perso e non sarà tornare
    Andrea aveva un amore Riccioli neri
    Andrea aveva un dolore Riccioli neri.
    C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla bandiera
    C'era scritto e la firma era d'oro era firma di re
    Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
    Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
    Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
    Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
    E Andrea l'ha perso ha perso l'amore la perla più rara
    E Andrea ha in bocca un dolore la perla più scura.
    Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo
    Andrea gettava Riccioli neri nel cerchio del pozzo
    Il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo
    più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto.
    Lui disse - Mi basta mi basta che sia più profondo di me.
    Lui disse - Mi basta mi basta che sia più profondo di me.






    Tema di Rimini




     
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