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Rimini (Fabrizio De André)
Da Wikipedia
Rimini (1978) è il nono album registrato in studio di Fabrizio De André.
Il disco
Dopo la collaborazione con Francesco De Gregori, con questo album De André comincia a lavorare con Massimo Bubola, co-autore di tutti i brani.
L'album, che presenta musicalità più lontane dalla chanson francese e più vicine al folk europeo e americano e al pop, nasce dopo la delusione politica di De André per le vicende degli ultimi anni settanta, in particolare per la rottura con le idee del sindacato (a cui si fa riferimento in Coda di Lupo).
I testi sono più oscuri e lirici che nei precedenti album.
In Sally e Volta la carta tornano i personaggi cari da sempre a De André: prostitute, tossicodipendenti, emarginati.
Interessante la presenza di ben due brani strumentali: Folaghe e Tema di Rimini.
Le canzoni
Rimini
È la storia di una ragazza riminese figlia di un droghiere, Teresa, che spazia nel tempo con la fantasia. La canzone affronta, in maniera poetica, non solo il tema dell'aborto, ma anche il tema di quella gioventù di provincia romagnola che viveva di turismo e di amori che durano un'estate, già descritta con eloquenza da Federico Fellini ne I vitelloni. È una canzone in cui realtà e sogno si intrecciano: Teresa evade con la mente dalla Rimini estiva e spazia nel mare, nel tempo e nello spazio fino ad incontrare Colombo. I due sono accomunati da uno spirito d'avventura che li fa sentire stretti nella cartina geografica tracciata loro intorno e l'uno naviga verso l'ignoto, l'altra guarda oltre l'orizzonte e sogna.
Volta la carta
Il brano affonda le sue radici in un filone di filastrocche di varie tradizioni italiane che accostano, verso dopo verso, concetti molto distanti tra loro (introdotti dalla frase «volta la carta»), ma spesso legati dalla rima, sfociando in quello che Bubola ha definito «un esempio di surrealismo popolare». Tra le strofe c'è inoltre una citazione della canzone popolare Madamadorè
Il ritornello, che prende ispirazione contemporaneamente da una canzone popolare (Angiolina, bell'Angiolina) e dal neorealismo di Pane, amore e fantasia, racconta invece la storia di una ragazza di nome Angiolina, che patisce delusioni d'amore da un carabiniere ma che infine riesce a sposarsi.
Coda di lupo
« Un brano come Coda di lupo è una disperata disamina del fallimento della rivolta sessantottina e del riflusso della speranza della "fantasia al potere nell'area dei gruppi autonomisti", come gli indiani metropolitani. Non a caso l'illustrazione che, nel libretto che accompagna il disco, si accoppia alla canzone è quella del venditore di cocomeri: un modo di dire, è fallito tutto, andiamo a fare un mestiere qualsiasi, allora vendere cocomeri può valere come "andare a cacciare bisonti in Brianza", come recita un verso del brano. »
(Fabrizio De André)
« Introduce il mondo degli indiani, ed è la storia di un bambino che, diventato uomo, scegli il nome di Coda di lupo e fa il suo ingresso nel mondo dei grandi, prima rubando un cavallo, poi uccidendo uno smocking, forse per vendicare la morte del nonno crocefisso sulla chiesa nella notte della lunga stella con la coda. Da vecchio assiste all'arringa del generale (riferimento al sindacalista Luciano Lama, criticato per il suo moderatismo) agli universitari romani, ma si rifiuta di fumare con lui: "non era venuto in pace". Il brano annuncia la fine delle grandi contestazioni e delle rivendicazioni sindacali ed esorta a non credere mai al "Dio della Scala", a un "Dio a lieto fine", ma neanche a un "Dio fatti il culo". »
(Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 112)
La canzone è politica, poetica e fantasiosa. Attraverso la metafora di un ragazzo pellerossa che viene iniziato alla vita adulta e alle difficoltà della vita, parla della generazione dei ragazzi cresciuti negli anni settanta, nell'epoca della contestazione giovanile, dell'immaginazione al potere, durante gli anni di piombo. Molti sono i riferimenti all'attualità del tempo, come la cacciata di Luciano Lama dall'università di Roma da parte degli studenti contestatori, nel 1977: «vicino a Roma, a Little Big Horn / capelli corti generale ci parlò all'università / dei fratelli tute blu che seppellirono le asce / ma non fumammo con lui, non era venuto in pace».
Le varie "divinità" citate, a cui il protagonista dice di non credere, sono i simboli di condizioni e fatti: i valori della borghesia industriale (dio degli inglesi), il lavoro che arricchisce i già ricchi (dio "fatti il culo"), la paura della ribellione dei giovani da parte delle istituzioni (dio perdente), la fine degli ultimi vecchi partigiani sognatori, inghiottiti dalla storia (dio goloso), la contestazione alla Scala di Milano, che non cambiò nulla (dio della Scala), la fine della contestazione studentesca, sancita dalla repressione e dal numero chiuso alle Università (dio a lieto fine che manca), le illusioni fragili che rimangono ai pochi idealisti superstiti (dio senza fiato). L'ultima strofa descrive la condizione attuale di chi dopo nove anni di contestazione si trova o a protestare in maniera solitaria e convulsiva, magari violentemente, o sfoga la sua repressione nell'arte, viene mitizzato dalle generazioni più giovani e prova a guardarsi indietro, nel suo percorso.
Il tema è prettamente politico. Tuttavia, rispetto all'album Storia di un impiegato, De André appare più distaccato e disincantato. Il testo scivola sull'ironico e gioca tutto sul parallelismo tra gli indiani d'America e gli Indiani metropolitani, per finire con la strofa conclusiva che racchiude anche un'autocritica per chi "scarica la sua rabbia in un teatro di posa".
Andrea
« Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, i "figli della luna"; quelle persone che noi continuiamo a chiamare gay oppure, per una strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Ecco, mi fa piacere cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una dozzina di anni fa, così a luci accese, anche a dimostrare che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più bisogno di vergognarsene. »
(Fabrizio De André durante il concerto tenuto al Teatro Smeraldo di Milano il 19/12/1992)
In questo album, inoltre, viene per la prima volta registrata Andrea, canzone che diventerà, insieme a La guerra di Piero, una delle canzoni più fortemente antimilitariste non solo di De André, ma anche della musica italiana, sullo sfondo però di una storia di amore omosessuale durante la prima guerra mondiale. In tal senso Andrea è pure una canzone sulle diversità.
Dai versi finali "... il secchio gli disse signore il pozzo è profondo ... lui disse mi basta che sia più profondo di me" si può dedurre che Andrea, dopo aver perso l'innamorato al fronte, si suicida gettandosi nel pozzo.
Massimo Bubola, coautore insieme a De André del brano, ha interpretato lo stesso nell'album celebrativo Faber, amico fragile.
Avventura a Durango [Romance in Durango]
Avventura a Durango, versione in italiano di Romance in Durango di Bob Dylan, è la storia di un bandito messicano. De André e Bubola hanno traslato il ritornello di Dylan che mescolava parole in spagnolo e inglese ("No llores mi querida, soon the desert will be gone") con vivaci espressioni, ottenute mescolando all'italiano parole che ricordano il dialetto abruzzese ("Nun chiagne Maddalena"; "Strigneme Maddalena, stu deserto finirà").
Sally
Sally racconta in chiave fiabesca il distacco di un giovane dalla propria famiglia e il suo ingresso nel mondo, dove entra a contatto con la droga, la violenza e la prostituzione. Sally simboleggia la delusione di veder svaniti i propri sogni e le proprie illusioni, mostrando che chi non riesce ad adattarsi alla società finisce per esserne vittima. Il protagonista, che non è Sally, dapprima vive nell'autorità della madre, che gli raccomanda di non "giocare con gli zingari nel bosco". Con la trasgressione al divieto e l'incontro con Sally comincia la sua avventura, ed egli si avvia sprovveduto e senza le conoscenze necessarie per affrontare tutto ciò che è il mondo.
Le prime strofe del brano e l'ultima, che riprende la prima, attingono ad una filastrocca britannica:
« My mother said that I never should
Play with the gypsies in the wood,
The wood was dark; the grass was green;
In came Sally with a tambourine.
I went to the sea - no ship to get across;
I paid ten shillings for a blind white horse;
I up on his back and was off in a crack,
Sally, tell my mother I shall never come back. »
mentre le successive, che presentano i personaggi di Pilar e del Re dei Topi, si ispirano rispettivamente a Cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez, di cui Pilar è uno dei personaggi femminili, e a El Topo di Alejandro Jodorowsky.
Zirichiltaggia (Baddu tundu)
Zirichiltaggia è una veloce ballata in gallurese che testimonia la forza e la cultura sarda che stavano sempre più affascinando e coinvolgendo De André in quegli anni:
« Quattro anni di Sardegna vuol dire come minimo, se uno ci vive dentro, insieme, imparare il dialetto. Allora mi sono permesso di scrivere 'sta roba qua: si chiama Zirichiltaggia, che vuol dire lucertolaio. È un litigio fra due pastori per questioni di eredità. »
(Fabrizio De André, 1979, concerto con la PFM)
Melodia e ritmica della canzone sono molto simili alla canzone Back Door (La Porte En Arrière) di D.L. Menard, hit degli anni sessanta in Louisiana, cantato in francese louisianais.
Parlando del naufragio della London
Valour
Parlando del naufragio della London Valour è una canzone "difficile", con un testo volutamente slegato dalla musica e recitato; il tema del titolo, il naufragio della London Valour, è nascosto in una storia apparentemente "favolistica", costruita sulla libera associazione di idee, in un testo in cui si trovano anche riferimenti alla realtà politica degli anni settanta. Il naufragio della London Valour, in tal senso, potrebbe essere una metafora dell'intera società italiana di quel periodo. Tra l'altro, l'intenzione di De André era quella di descrivere i comportamenti della massa, rappresentati in questo caso dagli abitanti della zona portuale di Genova, che quando si imbatte in una sciagura altrui vi assiste spinta dal solo movente della curiosità.
Come svelato da Cristiano De Andrè, la canzone contiene anche una frecciatina a Francesco Guccini nel verso "il paralitico tiene in tasca un uccellino blu cobalto / ride con gli occhi al circo Togni quando l'acrobata sbaglia il salto", evidentemente come risposta ai riferimenti critici fatti da Guccini agli altri cantautori, tra cui De Andrè, in alcune sue canzoni, quali Via Paolo Fabbri 43 e L'avvelenata ("Colleghi cantautori, eletta schiera, / che si vende alla sera / per un po' di milioni, / voi che siete capaci fate bene / aver le tasche piene / e non solo i coglioni").
Max Manfredi ne ha fatto una versione nel 2000, rendendola molto più melodica dell'originale. Il brano si trova nel disco Aia da respia, raccolta di canzoni di De André interpretate da altri autori, prodotta dal Comune di Genova.
Tracce
Rimini - 4:08
Volta la carta - 3:49
Coda di lupo - 5:24
Andrea - 5:31
Tema di Rimini - 1:52
Avventura a Durango [Romance in Durango] (Testo e musica originali di Bob Dylan e Jacques Levy) - 4:51
Sally - 4:49
Zirichiltaggia (Baddu tundu) - 2:18
Parlando del naufragio della London Valour - 4:41
Folaghe - 2:58
Rimini
Teresa ha gli occhi secchi
guarda verso il mare
per lei figlia di pirati
penso che sia normale
Teresa parla poco
ha labbra screpolate
mi indica un amore perso
a Rimini d'estate.
Lei dice bruciato in piazza
dalla santa inquisizione
forse perduto a Cuba
nella rivoluzione
o nel porto di New York
nella caccia alle streghe
oppure in nessun posto
ma nessuno le crede.
Coro: Rimini, Rimini
E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola
"Per un triste Re Cattolico - le dice -
ho inventato un regno
e lui lo ha macellato
su di una croce di legno.
E due errori ho commesso
due errori di saggezza
abortire l'America
e poi guardarla con dolcezza
ma voi che siete uomini
sotto il vento e le vele
non regalate terre promesse
a chi non le mantiene ".
Coro: Rimini, Rimini
Ora Teresa è all'Harrys' Bar
guarda verso il mare
per lei figlia di droghieri
penso che sia normale
porta una lametta al collo
è vecchia di cent'anni
di lei ho saputo poco
ma sembra non inganni.
"E un errore ho commesso - dice -
un errore di saggezza
abortire il figlio del bagnino
e poi guardarlo con dolcezza
ma voi che siete a Rimini
tra i gelati e le bandiere
non fate più scommesse
sulla figlia del droghiere".
Coro: Rimini, Rimini
Volta la carta
C'è una donna che semina il grano
volta la carta si vede il villano
il villano che zappa la terra
volta la carta viene la guerra
per la guerra non c'è più soldati
a piedi scalzi son tutti scappati
Angiolina cammina cammina sulle sue scarpette blu
carabiniere l'ha innamorata volta la carta e lui non c'è più
carabiniere l'ha innamorata volta la carta e lui non c'è più.
C'è un bambino che sale un cancello
ruba ciliege e piume d'uccello
tirate sassate non ha dolori
volta la carta c'è il fante di cuori.
Il fante di cuori che è un fuoco di paglia
volta la carta il gallo si sveglia
Angiolina alle sei di mattina s'intreccia i capelli con foglie d'ortica
ha una collana di ossi di pesca la gira tre volte in mezzo alle dita
ha una collana di ossi di pesca la conta tre volte intorno alle dita.
Mia madre ha un mulino e un figlio infedele
gli inzucchera il naso di torta di mele
Mia madre e il mulino son nati ridendo
volta la carta c'è un pilota biondo
Pilota biondo camicie di seta
cappello di volpe sorriso da atleta
Angiolina seduta in cucina che piange, che mangia insalata di more.
Ragazzo straniero ha un disco d'orchestra che gira veloce che parla d'amore
Ragazzo straniero ha un disco d'orchestra che gira che gira che parla d'amore.
Madamadorè ha perso sei figlie
tra i bar del porto e le sue meraviglie
Madamadorè sa puzza di gatto
volta la carta e paga il riscatto
paga il riscatto con le borse degli occhi
Piene di foto di sogni interrotti
Angiolina ritaglia giornali si veste da sposa canta vittoria
chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria
chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.
Coda di lupo
Quando ero piccolo m'innamoravo di tutto correvo dietro ai cani
e da marzo a febbraio mio nonno vegliava
sulla corrente di cavalli e di buoi
sui fatti miei sui fatti tuoi
e al dio degli inglesi non credere mai.
E quando avevo duecento lune e forse qualcuna è di troppo
rubai il primo cavallo e mi fecero uomo
cambiai il mio nome in "Coda di lupo"
cambiai il mio pony con un cavallo muto
e al loro dio perdente non credere mai
E fu nella notte della lunga stella con la coda
che trovammo mio nonno crocifisso sulla chiesa
crocifisso con forchette che si usano a cena
era sporco e pulito di sangue e di crema
e al loro dio goloso non credere mai.
E forse avevo diciott'anni e non puzzavo più di serpente
possedevo una spranga un cappello e una fionda
e una notte di gala con un sasso a punta
uccisi uno smoking e glielo rubai
e al dio della scala non credere mai.
Poi tornammo in Brianza per l'apertura della caccia al bisonte
ci fecero l'esame dell'alito e delle urine
ci spiegò il meccanismo un poeta andaluso
- Per la caccia al bisonte - disse - Il numero è chiuso.
E a un Dio a lieto fine non credere mai.
Ed ero già vecchio quando vicino a Roma a Little Big Horn
capelli corti generale ci parlò all'università
dei fratelli tutte blu che seppellirono le asce
ma non fumammo con lui non era venuto in pace
e a un dio fatti il culo non credere mai.
E adesso che ho bruciato venti figli sul mio letto di sposo
che ho scaricato la mia rabbia in un teatro di posa
che ho imparato a pescare con le bombe a mano
che mi hanno scolpito in lacrime sull'arco di Traiano
con un cucchiaio di vetro scavo nella mia storia
ma colpisco un po' a casaccio perché non ho più memoria
e a un dio senza fiato non credere mai.
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