FABRIZIO DE ANDRE...

biografia, discografia, new, foto, ecc...

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. tomiva57
     
    .

    User deleted


    Storia di un impiegato


    Da Wikipedia

    Storia di un impiegato (1973) è il sesto album discografico registrato in studio di Fabrizio De André.


    Il disco
    « Quando è uscito "Storia di un impiegato" avrei voluto bruciarlo. Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile. L'idea del disco era affascinante. Dare del Sessantotto una lettura poetica, e invece è venuto fuori un disco politico. E ho fatto l'unica cosa che non avrei mai voluto fare: spiegare alla gente come comportarsi. »

    (Fabrizio De André in un'intervista dalla Domenica del Corriere del gennaio 1974.)

    Come accade spesso nei dischi di De André, le canzoni sono collegate fra di loro da un filo narrativo: in questo caso, infatti, la storia è quella di un impiegato (la cui vita è basata sull'individualismo), che - dopo aver ascoltato un canto del Maggio francese - davanti a tale scelta di ribellione, entra in crisi e decide di ribellarsi anch'esso, mantenendo però il suo individualismo. Le canzoni che seguono rappresentano l'ordine logico di una presa di posizione individuale che, con il rapido (e onirico) succedersi dei fatti, con l'esperienza fallimentare della violenza e solo dopo, in un ambiente crudo e forte come quello carcerario, diventa collettivismo.

    Il disco venne comunque attaccato dalla stampa musicale militante e vicina al movimento studentesco, e così viene recensito, ad esempio, da Simone Dessì:
    « Storia di un impiegato è un disco tremendo: il tentativo, clamorosamente fallito, di dare un contenuto "politico" a un impianto musicale, culturale e linguistico assolutamente tradizionale, privo di qualunque sforzo di rinnovamento e di qualunque ripensamento autocritico: la canzone Il bombarolo è un esempio magistrale di insipienza culturale e politica »

    (Simone Dessì)

    In anni più recenti è stato giudicato da Riccardo Bertoncelli come un disco «verboso, alla fine datato»

    Anche Enrico Deregibus ne dà un giudizio sostanzialmente negativo:
    « L'album è sempre stato considerato, anche dal suo autore, come uno dei più confusi. La vene anarchica di De André deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio, e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti. Non a caso è l'ultimo episodio della collaborazione tra i due »

    (Enrico Deregibus)

    Un'altra recensione negativa è quella di Fiorella Gentile, apparsa su Ciao 2001:
    « La musica presta il nome a qualcosa che a tratti sembra la colonna sonora di un film sulla mafia (con il sintetizzatore al posto dello scacciapensieri), a volte quella di un thrilling alla Dario Argento (con il basso che riproduce il battito cardiaco), altre recupera i toni alla Cohen e alla Guccini: ma rimane un prodotto scucito, che non ha più il vecchio incanto»

    (Fiorella Gentile)

    In tempi recenti il disco ha avuto riabilitazione da alcuni critici: di fatto alcune di queste canzoni sono rimaste nel repertorio dell'autore per anni (una per tutte, la bellissima Verranno a chiederti del nostro amore, inclusa anche nel doppio disco dal vivo con la PFM del biennio '79-'80). I testi esprimono una notevole forza, risultando tra i lavori più interessanti del De Andrè anni settanta[senza fonte]: nell'opera, un "concept album", l'autore racconta, da una prospettiva particolare, l'esperienza '68, della rivoluzione culturale e del fermento politico attraverso una storia che racchiude più livelli di lettura, attingendo dalla filosofia e dalla storia del pensiero libertario. Livelli di lettura che sono stati colti in pieno soltanto in anni più recenti[senza fonte], quando, tranne sporadici casi, il disco è stato ampiamente rivalutato.

    Le canzoni

    Canzone del Maggio

    Il primo brano, Canzone del Maggio, è liberamente tratta da un canto del maggio francese del 1968 di Dominique Grange, il cui titolo è Chacun de vous est concerné . Quando De André si mise in contatto con lei per pubblicare il pezzo, la cantante francese glielo regalò non chiedendo i diritti d'autore. Va però notata la grande differenza anche nella musica tra il brano di De André e la versione originale.
    Della Canzone del Maggio esiste una versione dal testo molto più duro e accusatorio (si tratta della traduzione letterale dell'originale), presentata a volte dal vivo dal cantante genovese; di questa versione esiste una registrazione non ufficiale, in quanto fu sottoposta a censura[senza fonte]. Il ritornello della versione censurata recitava "Voi non avete fermato il vento, gli avete fatto perdere tempo". Tutta la canzone, in generale, manifesta la forza del movimento del '68 nel suo pieno svolgimento, a differenza della versione non censurata, che con il suo "anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti", che al contrario descrive il Movimento dopo la sua fine.

    La bomba in testa

    In questa canzone l'impiegato si confronta con i sessantottini e si unisce idealmente ai giovani, seppur con anni di ritardo. Sceglie però un approccio individualista e violento.
    L'impiegato prende coscienza di ciò che quei giovani avevano fatto, e quello per cui avevano lottato, e della sua situazione ricca di conformismi e frasi fatte, di lavoro ed obbedienza senza alzate di testa, e lì capisce quanto ne sia distante ma soprattutto si scuote dal torpore in cui la società media fa piombare. Dopo la necessaria presa di coscienza si rende conto che l'odio e l'impeto in lui risvegliatisi sono sufficienti affinché possa avere una rivalsa, anche da solo, nei confronti di chi, per via della falsa morale imperante, dà lustro ad una sfaccettatura del proprio io celando l'interezza del pensiero e dell'essere per non apparire fuori schema, così come avevano fatto coloro che nel maggio francese anziché supportare la rivoluzione erano rimasti a guardare, se non diffidenti, indifferenti.

    Al ballo mascherato

    Questa canzone rappresenta il primo sogno, la prima esperienza onirica nella quale con l'esplosivo fa saltare tutte le maschere di ipocrisia ai simboli del potere. Qui il potere è espresso in tutte le sfaccettature della società borghese: culturali, parentali, politiche ed ideologiche, religiose etc. L'intento è quello di togliere la maschera agli ipocriti, delegittimare il potere e colpire le istituzioni.
    « Al ballo mascherato partecipano tutti i miti, tutte le autorità, i personaggi, i ruoli che hanno imposto all'impiegato un comportamento alienante e che, ora, vengono smascherati su un quasi beffeggiante ritmo swing. Lo sguardo passa su ognuno di questi personaggi, raggruppati senza badare alle differenze temporali e a quelle di luogo. Il primo è Cristo, mito della religione che tenta da sempre di imporre a tutti lo stesso comportamento. A lui non poteva che affiancarsi la madre, Maria, ormai insoddisfatta della propria maternità anormale.
    Poi è il turno di Dante, il sommo poeta, ritratto come un guardone intento a spiare Paolo e Francesca, roso dall'invidia per un amore così umano e normale; di questi amanti Dante ha fatto un modello, cercando così di strapparli alla loro semplice felicità. Dopo aver smontato anche il mito del colonialismo (l'ammiraglio Nelson), l'impiegato passa alla famiglia: il padre, sempre diviso tra l'affetto e l'autorità che la sua veste sociale gli impone e la madre, relegata a donna di casa e a non splendere di luce propria. Allo scoppio della bomba il padre esplode dopo, prima il suo decoro, mentre la madre, prima di morire, riesce perfino a provare pietà per la propria vita. L'ultimo a morire è l'amico che mi hai insegnato il come si fa. Con la sua uccisione l'impiegato, in questo sogno, ha portato a termine la propria liberazione, si è ribellato perfino contro chi gli ha insegnato a ribellarsi, in realtà, ha compiuto anche l'estremo sacrificio sull'altare dell'individualismo, del quale ormai è vittima: anche se non se ne rende conto, ha già cominciato quel riavvicinamento al sistema che renderà vano ogni tentativo di ribellione.
    Lo stesso tono demistificatorio e surreale si ritroverà nel brano tradotto da Bob Dylan, Via della povertà, dell'album successivo. »

    (Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 85-86)

    Sogno numero due

    Nel suo secondo sogno l'impiegato è sotto processo e smascherato dal giudice (coscienza al fosforo piantata tra l'aorta e l'intenzione), che gli fa notare come la bomba abbia rinnovato ed alimentato il sistema; seguendo la sua personale brama di potere, l'impiegato ha infatti giudicato e giustiziato i potenti per ritagliarsi un posto. Nelle parole del giudice si delinea la criticità di De André nei confronti dell'operato dei brigatisti rossi e degli altri nuclei di lotta armata. D'altro canto si potrebbe ipotizzare che nelle vesti dell'imputato che "uccideva favorendo il potere i soci vitalizi del potere" vi siano le forze dell'ordine che si eccitano nel ruolo più eccitante della legge "quello che non protegge": il boia; siamo quindi costretti ad ogni modo a rimanere fedeli a una legge che ci uccide per difenderci da noi stessi in questa guerra di tutti contro tutti.

    La canzone del padre

    Il giudice ha concesso all'impiegato di scegliere una vita tranquilla ed integrata, e questi assume il ruolo di suo padre, ben collocato nel suo posto tra "piccoli" e "grandi", scoprendo la miseria e l'inutilità della sua vita. L'ipocrisia e la fragilità della vita borghese, le paure bieche e piccole prendono il sopravvento fino a svegliarlo dal sogno. Questa volta il giudice e l'impiegato si rivedranno davvero.
    « La Canzone del padre è un sogno in continuità con quello precedente (cioè il Sogno numero due) e si apre con l'impiegato che, all'interno delle dinamiche del potere, prende il posto di suo padre, ucciso al ballo mascherato. Il sistema dunque continua, l'impiegato ha il suo posto e sa benissimo che potrà comandare quelli sotto di lui (le barche più piccole), ma che non dovrà interferire con quelli al di sopra (le barche più grandi).
    Comincia così una nuova vita, tesa a proteggere la propria integrità, quella della famiglia e del denaro, ma ci si accorge subito che qualcosa non va: una lavandaia è schiacciata dall'avanzare del progresso e viene seppellita in un cimitero di lavatrici; suo figlio scappa per la paura di venire trasformato in una macchina. Tutto ciò, per chi comanda, ha poca importanza: si provvede a dichiararlo morto arrugginito, per dimenticarlo più velocemente. Nonostante il cambiamento anche all'impiegato le cose non vanno bene: l'alienazione ha già contagiato la moglie, che sente sempre meno sua, finché il suo amore viene barattato da un altro uomo per un passaporto e una valigia di ciondoli. Anche il figlio minore ne rimane vittima e, per la mancanza di attenzione, perde la voglia di vivere e di guadagnarsi una posizione.
    Allora, improvvisamente, l'impiegato si rende conto di essere un fallito, diventa consapevole che non si può sfuggire all'individualismo. Il letto nel quale sta dormendo prende fuoco e il sogno si tramuta in incubo. Si scaglia contro il giudice: "vostro onore sei un figlio di troia"; si sveglia di colpo e acquista la consapevolezza di ciò che deve fare recuperando anche la voglia di sovvertire l'ordine. La canzone si chiude con una promessa che sembra una minaccia: "ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero, io ricomincio da capo". »

    (Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 87-88)

    Il bombarolo

    L'impiegato, mosso da motivazioni da disperato "se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato", prepara un vero attentato il cui unico effetto è metterlo in ridicolo rivelando al tempo stesso la sua mania di protagonismo e la sua goffaggine. È una satira cruda del terrorismo degli anni settanta prima che questo assumesse dimensioni realmente tragiche.
    « Negli anni '60 e '70, questo termine designava chi compiva attentati. La caratteristica principale del bombarolo qui descritto è di agire da solo. Non prende ordini da nessuno e non combatte per nessuno; è un isolato, un uomo solo che vuole portare fino in fondo la sua battaglia, prendendo di mira sia chi non ha voglia di ribellarsi e aspetta la pioggia per non piangere da solo, sia i profeti molto acrobati della rivoluzione che probabilmente pensano di poterla fare soltanto coi libri. Ha capito che l'unico modo per farlo è scuotere la società a cannonate (nel senso letterale del termine). Così tenta di fare esplodere il Parlamento, ma ottiene solo di distruggere un'edicola poco distante. La sua vera sconfitta sarà nel vedere su tutti i giornali la faccia della fidanzata, che ha scelto di lasciarlo prendendo le distanze dalle sue azioni [...]. Il bombarolo è rimasto veramente solo ma, quando viene catturato e messo in carcere, scrive per l'ultima volta alla sua amata. »

    (Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 88-89)

    Verranno a chiederti del nostro amore

    L'impiegato, dal carcere, vede la sua donna intervistata, la vede schermirsi davanti ai giornali e ripensa al loro rapporto. Ora che sono separati dal carcere l'impiegato guarda alla donna e teme per il suo futuro, quasi rassegnato, chiedendole di prenderlo in mano e fare le proprie scelte con autonomia.
    « Verranno a chiederti del nostro amore è stata l'unica canzone dell'album [Storia di un impiegato] ad essere poi riproposta in concerto e inclusa anche nel disco dal vivo inciso con la PFM.
    È una canzone d'amore sui generis: appare un'accusa alla donna che ha preferito non esporsi, lasciandosi corteggiare in cambio di un mazzo di fiori o di un posto di lavoro. Può invece essere considerata a pieno titolo una canzone d'amore se si valuta questo sfogo, a tratti tagliente e aspro, come l'estremo appello che l'impiegato rivolge dal carcere all'amata per convincerla a cambiare, a non barattare se stessa con niente e a prendere in mano la sua vita. È l'ultimo tentativo dell'amore di mantenersi in vita. Le prime due strofe ripercorrono il rapporto: lei è descritta come prudente e restia "nelle fantasie dell'amore", ma sempre pronta ad abbandonarsi al linguaggio ipocrita delle eterne promesse, che saranno poi puntualmente smentite; lui invece è dipinto come un ribelle anche dal punto di vista amoroso: "dove l'amore non era adulto / e ti lasciavo graffi sui seni". Entrambi sono arroccati sulle loro posizioni e non disposti a cambiare. A cambiare entrambi interviene un terzo elemento, estraneo al loro amore, tuttavia così forte da condizionare lei e da gettare in carcere lui. Tra i due, l'ultimo riflesso dell'antico rapporto è rappresentato dallo sguardo di lei, che si è concessa al padrone in cambio di una sicurezza di vita e non riesce a nascondere al compagno la vergogna che prova. L'ultima strofa è la più struggente: con una serie di domande provocatorie, l'impiegato cerca di spingere l'amata a non lasciarsi scegliere, ma finalmente a scegliere lei.
    L'appello rimane sospeso a mezz'aria, e così si chiude la canzone, piccolo capolavoro che ci ricorda che il pericolo dei compromessi è sempre in agguato. »

    (Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 89-90)

    In un incontro pubblico il 10 luglio 2010 e nel successivo concerto del 12 luglio, a Saluzzo (CN), Cristiano de André, aprendo il proprio secondo tour "De André canta De André", ha dichiarato che la canzone venne composta dal padre per la prima moglie (e madre di Cristiano) Enrica "Puny" Rignon e che egli poté assistere, pur dal buco della serratura, alla prima esecuzione del brano appena completato, nel cuore della notte, da parte di Fabrizio alla consorte, visibilmente commossa. La circostanza è stata confermata da Cristiano anche in una intervista, pubblicata su La Stampa, il successivo 22 luglio 2010.

    Nella mia ora di libertà

    L'impiegato, in carcere, compie la maturazione definitiva tra l'individualismo e le lotte collettive. La canzone parte con la rinuncia all'ora d'aria, descrive l'inutilità del carcere e la maturazione che porta il carcerato a "capire che non ci sono poteri buoni" e si conclude con il sequestro dei secondini nell'unica frase al plurale: la sua lotta non è più una sterile protesta individuale ma una lotta collettiva che riprende il tema della Canzone del Maggio. Musicalmente, il brano riprende sia quest'ultima che La Bomba in Testa

    Tracce

    LATO A

    1. Introduzione - 1:42
    2. Canzone del Maggio - 2:24
    3. La bomba in testa - 4:01
    4. Al ballo mascherato - 5:12
    5. Sogno numero due (testo: Fabrizio De André/Roberto Dané) - 3:13

    LATO B

    1. Canzone del padre - 5:14
    2. Il bombarolo - 4:20
    3. Verranno a chiederti del nostro amore - 4:19
    4. Nella mia ora di libertà - 5:09

    Testi di Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, tranne ove indicato; musiche di Fabrizio De André e Nicola Piovani




     
    Top
    .
62 replies since 29/9/2010, 21:26   3489 views
  Share  
.