LUCIO BATTISTI

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  1. tomiva57
     
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    Hegel



    Hegel è il 20º ed ultimo album discografico di Lucio Battisti, pubblicato il 29 settembre 1994 dall'etichetta discografica Numero Uno.


    Il disco

    Hegel è il quinto ed ultimo album di Lucio Battisti basato sui testi dell'autore Pasquale Panella. Questo disco, intitolato al filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel, annovera nei testi di Panella un notevole numero di richiami filosofici (all'estetica di Hegel, forse anche ad Eraclito[senza fonte]); oltre alle title track vi è infatti una canzone intitolata all'evocativa città tedesca di Tubinga, e il disco è quasi un concept album col filo logico della filosofia[senza fonte].
    È l'unico album di Battisti ad essere originariamente pubblicato solo su CD senza essere accompagnato dall'LP. All'interno del cofanetto LB - Lucio Battisti, pubblicato nel 1998, è comunque reperibile una versione vinilica realizzata appositamente.

    Copertina

    La copertina dell'album, costituita da una E maiuscola, è stata oggetto di numerose interpretazioni: secondo alcuni, sarebbe l'iniziale della parola inglese "end", fine.


    Come il precedente, Hegel deluse sul piano del successo commerciale: fu il 68º album più venduto in Italia nel 1994, raggiungendo come picco nella classifica settimanale il quinto posto; rimase fra i primi cinquanta per sole otto settimane
    La critica biasimò il ripetersi dell'eccessivo ricorso a sonorità computerizzate e il modo di cantare ormai "freddo" di Battisti.

    Tracce

    Almeno l'inizio – 4:55
    Hegel – 5:11
    Tubinga – 4:49
    La bellezza riunita – 5:02
    La moda nel respiro – 4:18
    Stanze come questa – 4:33
    Estetica – 5:06
    La voce del viso – 4:12

    da Wikipedia



    Video

    Almeno l'inizio

    Alla fine ti trovasti in un bel posto
    e lì capisti perché t'erano stati chiesti
    gli occhi in prestito per il loro particolare colore
    fai tu quale, che ora è l'iride delle finestre.
    Alla fine ti fu chiaro perché quel gran parlare
    della tua bella conchiglia auricolare;
    e quel solleticare eccoli i padiglioni
    i disimpegni, la chiocciola i vestiboli
    ecco la stanza.
    E tu entrasti perché c'era tutto
    e tutto a oltranza i tuoi comportamenti
    e le reazioni
    le tue belle presenze e gli abbandoni
    le carezze in cambio delle tue carezze
    e le scontrosità, le irritazioni.
    C'era anche qualcuno che ti diceva
    "È tardi dobbiamo andare".
    E tu dicevi "No, io voglio ancora
    ancora io mi voglio mi voglio rivedere
    e se non tutta, almeno l'inizio".
    Che cosa avresti fatto per sentirti un po' più sola
    e per dolcemente navigare
    sul dorso o sul tuo petto
    e fare una capriola
    che ribaltasse il cielo.
    Lì c'eran tutti predisposti i baci
    asciutti e meno e tutti i desideri
    e le istintive applicazioni di te
    eran montate ad arte accanto al tuo profilo
    vicino ad ogni tua parte.
    E tu dicevi "Ancora un altro poco
    e se non tutto almeno un po' d'inizio".
    Fare si può fare ed anche disfare
    ma è un'impalcatura.
    Dipende da chi sopra ci sale.
    E tu dicevi "Ancora un poco
    e se non tutto, e se non tutto almeno l'inizio".
    E tu, una volta su
    osservi la tua stanza.
    Tu, la tua, nella quale
    oltre il disfare e il fare
    si delineano cose
    appena appena verosimili.
    Con ciliege passeggere e grappoli appannati
    d'uve segrete e nere dalle pelli boriose e fini
    perché tu, che ti senti alle volte una mandria
    possa indire turchini selvaggi festini.
    Con curvi cieli estivi che scendono
    come coperchi su te che bollivi.
    Con i freschi provvisori che soffiano
    sotto i cuscini e tu li assalivi
    con gli abbracci e le guance
    giaciute con l'equatore
    perché di te, già cibata
    non è di calore che hai bisogno
    ma di un orgoglioso refrigerio.