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Pubblicato il 26/01/2011
Anima latina, l'album di Lucio Battisti: Sabato 29 Gennaio in FNAC a Firenze un libro ne parla!
di Patrizia Busonero
Il libro di Renato Marengo e' Lucio Battisti: la vera storia dell'intervista esclusiva. Sabato (presentati da Giancarlo Passarella) ci sono anche Pietruccio Montalbetti (dei Dik Dik), Franco Simone ed il live di Bloom Fly e Silenzio e' Sexy.
Il libro di Renato Marengo e' Lucio Battisti: la vera storia dell'intervista esclusiva. Sabato (presentati da Giancarlo Passarella) ci sono anche Pietruccio Montalbetti (dei Dik Dik), Franco Simone ed il live di Bloom Fly e Silenzio e' Sexy.
Anima Latina e' il nono album di Lucio Battisti, pubblicato nel Dicembre 1974 dalla Numero Uno: la registrazione (avvenuta ai Fono - Roma Sound Recordings) è successiva ad un viaggio in Sudamerica della coppia Mogol/Battisti e richiese circa sei mesi di tempo per essere completata: l'unica intervista concessa in quei giorni, fu proprio a Renato Marengo, allora giornalista del settimanale Ciao 2001. Il libro parte racconta tutto di quei 5 giorni in cui l'intervista si snocciolo'...
L'album rappresenta una rottura piuttosto marcata rispetto al passato ed è considerato da alcuni critici come il capolavoro battistiano degli anni Settanta: è probabilmente il suo disco più ambizioso, complesso e sfaccettato, un originale tentativo di fusione delle sonorità e dei ritmi latini con alcune delle modalità espressive tipiche del progressive (brani lunghi, dall'orchestrazione e strumentazione estremamente composita e stratificata; ampio uso di sintetizzatori).
Uscito alla fine del 1974, rimase primo in classifica per tredici settimane consecutive, anche se, a differenza di quanto accaduto con precedenti e successivi lavori, nessun brano specifico riuscì davvero a radicarsi nell'immaginario collettivo del grande pubblico.I testi di alcuni brani dell'album sono presi dal punto di vista di due bambini, un maschio e una femmina, che si scoprono a vicenda. Nel complesso i paesaggi rievocati rimandano a paesaggi urbani periferici dove convivono i segni del progresso con una natura agreste contaminata, della quale si cerca di estrarre l'essenza. Molti brani furono completamente riarrangiati dopo una prima versione ritenuta non soddisfacente: di alcune delle prime registrazioni si trova traccia nel disco, nelle brevi riprese di Gli uomini celesti e Due mondi. Frasi musicali di alcuni brani tornano in altri, alla stregua di un concept album o di una opera rock. In alcuni casi, ad esempio nel brano iniziale Abbracciala, abbracciali, abbracciati o in alcuni passaggi di Macchina del tempo, le parole sono volutamente difficili da ascoltare poiché la voce di Battisti è mixata molto bassa, oppure coperta da effetti sonori: nelle intenzioni dell'autore, l'espediente serviva per costringere l'ascoltatore a porre maggiore attenzione, a concentrarsi maggiormente sul testo e sulla sua interazione con la musica, diventando in un certo senso co-autore del brano.
Lucio Battisti
Umanamente Uomo: il sogno
Per guidare verso Napoli sulla A1 all’altezza di Fiano Romano si allunga da qualche anno a questa parte una bretella autostradale che sbuca dritta a Monteporzio Catone. Ma solo fino alla metà dei novanta per dirigerti a sud della Capitale dovevi per forza percorrere il Gran Raccordo Autostradale, uno striminzita e improbabile superstrada costrutita nel 1962 che ancora resiste al peso degli automobilisti romani, una razza a parte. Al km 12 di essa si erge ancora oggi una casermone che all’epoca della sua costruzione (1960) veniva descritto come ”modernissimo", “innovativo”. Su di esso svettava, rossa in campo bianco, una bandiera che recava una scritta semplice ma incisiva. Vi si leggeva: R.C.A che stava per Record Corporation of America. Ogni estate la nostra macchina, diretta al Sud, viaggiava veloce a fianco della più grande industria di successi discografici dell’Italia degli anni sessanta: la RCA, l’etichetta di Rita Pavone, Gianni Morandi, Gianni Meccia, Sergio Endrigo, Piero Ciampi, Nada, dei Rokes, di Patty Pravo- la ragazza del Piper-, di Lucio Dalla, Dino, Mal e dei suoi Primitives. La stessa RCA che in America annoverava tra i suoi artisti Elvis Presley. Quella RCA d’Italia presso cui approderà nel tardo 1969 con il primo vero, solido, contratto di licenza Lucio Battisti e la sua Numero Uno, soci il paroliere Giulio Rapeti in arte Mogol e il produttore Alessio Colombini. Io, mentre la macchina dribblava i cornutoni romani e le loro scassatissime quattro ruote, ogni qualvolta superavamo l’edificio, allungavo l’orecchio per carpire un suono, uno che potesse in qualche modo essere sfuggito ai tecnici in camice bianco che avevo visto tante volte alle prese con manopole e cursori nelle scene lì dentro girate in colossi della filmografia mondiale come “Quando dico che ti amo” (1967) o “Il professor Matusa e i suoi hippies” (1968) o il mitico “Steasera mi Butto” (1969).
Ma il monolite di cemento e ferro non lasciava trapelare alcuna nota e io mi dovevo accontatare di tornare ad ascoltare la radio e consolarmi con “Per Voi Giovani”, un programma che snobbava i successi della R.C.A. ma che puntava forte su Lucio Battisti.
Battisti alla R.C.A. ci era arrivato solo per soldi ed il merito è da ascrivere tutto ad un fiorentino, Ennio Melis, presidente con mandato di direzione artistica dalle grandi qualità umane e professionali. Lucio a Roma non ci voleva proprio andare. Stava benissimo a Milano, ma un pò perchè la televisione si faceva a Roma, un pò perchè aveva chiaro il proprio percorso è un pò perchè un reatino a Milano – dice il proverbio- più di dieci anni non può resistere, appena il contratto con la Ricordi volse al termine, non esitò a rischiare nuovi rapporti e la frequentazione di persone sconosciute.
La sede della RCA di Roma era stata costruita su un terreno di proprietà del Vaticano che Melis ben conosceva; il ragioniere, infatti, lavorava alla segreteria del Vaticano quando, nel 1956, presentò a Papa Pio XII una proposta a cui sarebbe stato impossibile dire no. La scommessa di aprire una sede italiana del colosso discografico americano la si doveva infatti proprio a quel Papa che al termine della seconda guerra mondiale si trovava nella condizione di poter chiedere agli americani qualunque cosa. E fra un baratto e l’altro ci scappò anche questa “fabbrichetta” di dischi americana, ma con personale locale. Ma nel 1955 tutto sembrava languire e si stava pensando seriamente di mandare tutti a casa. Fu allora che il ragionier Ennio decide di offrirsi come commissario speciale e rilevare la gestione della RCA italiana. Tutto questo avvenne proprio un attimo prima che in America la casa madre non firmasse i contratti con Sam Cooke, Henry Belafonte e Elvis Presley.
La fortuna aiuta gli audaci, insomma!, no?
Quando Battisti arriva a Roma, la RCA ha già fatto cappotto. Ha sbancato tutti nei sessanta e ora punta alla qualità. Chi meglio di Lucio che unisce successi e classe? Ma il cantautore di Poggio Bustone e i suoi amici non sono proprio tipi simpatici. La prima cosa che il nostro fa è chiedere che venga costruito un eliporto appositamente per lui. E poi il campino di calcio che lo renderà simpatico a tutti gli operai che lavorano alle galvaniche e alle presse. Firmato il contratto monta a cavallo col suo amico Mogol (paga la casa discografica, naturalmente!) e parte per 15 giorni modello cowboy alla ricerca dell’ispirazione per il primo album che la RCA gli distribuirà. Il tutto documentato da un fotografo che ha l’esclusiva. I più cattivi affermano che i due non si allontanarono mai dalla zona di Roma Nord, ma questa è l’invidia, si sà!.
Lucio Battisti in studio fa le bizze.
Le due sale per registrare, la A e la B, sono le più belle d’Europa e sono state progettate dagli americani; la sala A inaugurata da Artur Rubinstein che vi registrò i “Notturni“ di Chopin, quella B – in contemporanea - con registrazione de “I Watussi” di Edoardo Vianello e i Flippers con il coro dei 4+4 di Alessandroni e l’orchestra diretta e arrangiata dal m°Morricone. Ma l’artista riccioluto non è contento e chiede che siano cambiate tutte le attrezzature della sala B (la sala A lo inibiva!), scatenando il malcontento tra i tecnici residenti. Solo Melis tiene testa a Lucio che pretende anche nuovi tecnici, gente giovane, e non i soliti senior in camice bianco. A sua insaputa (o forse no!) Battisti sovverte, insomma, tutti i metodi di lavorazione discografica in quel momento in uso in Italia, anticipando, in qualche modo, il modus operandi delle indipendenti. Alla RCA vengono assunti per la prima volta dei tecnici camuffati da free lance. L’artista sceglie fra questi un ventenne che si è appena fatto notare per la registrazione di “4 Marzo 1943” di Lucio Dalla: Gaetano Ria. Poi, dopo quanto descritto, una mattina Battisti si sveglia storto, chiama Melis e gli comunica che ha deciso di lasciar perdere gli studi romani per ripiega sulla Fonorama di Milano, in Via Barletta. Melis, nonostante gli scazzi con il consiglio di amministrazione della società, accetta ancora la sfida e dà l’ok a Lucio.
L’album che si va a registrare non ha ancora un nome, ma chi partecipò alle sedute le descrive come un inferno. Il m° Giampiero Reverberi che scrisse delle fantastiche parti per orchestra ne “La Canzone del Sole“ (Nov.1971) venne relegato al ruolo di semplice “auditore”, lui che aveva fino a quel giorno svolto funzioni di produttore di sala (si pensi a “Senza Orario, Senza Bandiera” dei New Trolls con i testi di Fabrizio De Andrè) mentre vennero richiamati alcuni musicisti di fiducia: a Simon Luca, Dario Baldan Bembo, Mario Lavezzi (del gruppo “Flora, Fauna & Cemento” prodotti da Battisti), Oscar Prudente e Tony Cicco, giovanissimo batterista de la “Formula Tre” (anch’essi della Numero Uno) si chiede di essere a disposizione ventiquattro ore al giorno. Nessuna deroga, nessun permesso concesso.
Al termine delle sedute - Battisti aveva intanto lavorato molto tempo da solo in studio, una cosa che diventerà normale negli anni a venire – che erano state dichiarate, fin dal primo giorno, off limits, vengono convocati per un “ascolto ufficiale“ in sala, il presidente Melis e Mogol, il paroliere e amico del cantautore al quale era stato però, intanto, vietato anche a lui l’accesso. Racconta Gaetano Ria “in studio l’atmosfera è fredda, tesa, innaturale. Parte la musica: Mogol, sigaro acceso, spaparanzato nel comodo divano in fondo alla regia, ascolta concentrato. Al termine della lettura del nastro nessuno osa parlare e Melis, da sottile mediatore quale è sempre stato, rivolgendosi a Mogol chiede: “Allora Giulio, che ne dici?... “. Mogol, stacca il toscano dalle labbra, sputa per terra il tabacco rimasto appiccicato ad esse e esclama senza staccare la testa dal pavimento” Lucio, bella cagata!”. Poi, si alza e se ne va, lasciando sul banco di regia un foglio con un testo scarabocchiato a mano. Lucio Battisti a quel punto, nell’imbarazzo generale, con calma metodica e senza far trasparire alcun sentimento si avvicina al registratore master Studer a 2 piste, svita il nastro appena ascoltato e lo srotola nel cestino della immondizia. Poi si volta e se ne va uscendo dalla parte opposta, ma dopo aver recuperato il foglio lasciato di Mogol. Il presidente Melis che ha intanto atteso che la scena si svolgesse, chiama a se il suo assistente, Grandis (anche lui fiorentino), e gli mormora nell’orecchio “Segna il titolo: umanamente uomo. Il sogno “. Poi anche lui esce di scena”.
Al tecnico non resterà che ricominciare tutto da capo. Solo il giorno dopo, però, come se niente fosse accaduto, Lucio Battisti torna in sala con i suoi musicisti e registra una nuova canzone, cantando le parole che Mogol aveva scarabocchiato, il giorno prima, su quel foglietto, titolo: “I Giardini di Marzo”. Poi, riassemblato l’album, e senza il consenso di nessuno, lo porta di persona a Roma e lo consegna alla segretaria di Melis. Infine scompare, rendendosi irreperibile per diverse settimane a venire.
Lucio Battisti è deceduto il 9 Settembre 1998.
La sede della RCA al km 12 del G.R.A. ha chiuso nel 1999. Adesso è un magazzino. Ennio Melis si è ritirato negli anni novanta e nel luglio 2003 ha presentato una proposta alla Rai per produrre un nuovo formato del festival di San Remo dedicato esclusivamente al prodotto di qualità. Gaetano Ria ha lavorato per Ernesto de Pascale mixand gli album da questo prodotto “Il Grande Ritmo dei Treni Neri” di Massimo Altomare e “Hypnodance” del gruppo omonimo.
Ernesto De Pascale
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:38. -
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Il mio canto libero
Il mio canto libero è il settimo album di Lucio Battisti, pubblicato nel novembre 1972 dalla casa discografica Numero Uno.
L'album
Uscito in contemporanea al singolo Il mio canto libero/Confusione, precisamente nel novembre 1972. Per la sua preparazione, Battisti si avvalse della collaborazione di altri musicisti italiani come Alberto Radius, Tony Cicco e Gabriele Lorenzi (dei Formula Tre), Mario Lavezzi, Vince Tempera (non accreditato sul disco) e Gian Piero Reverberi.
L'album fu registrato negli studi di registrazione Fonorama di Milano, di proprietà di Carlo Alberto Rossi.
Tra i musicisti che parteciparono all'album, il bassista che suona nel brano Gente per bene, gente per male, Bruno Longhi, è un componente dei Flora Fauna Cemento (attualmente giornalista sportivo in tv).
Successo
L'album rimase al primo posto in classifica per undici settimane non consecutive fra il gennaio e l'aprile del 1973, risultando l'album più venduto del 1973. Solo nel giro iniziale di distribuzione vendette &nbs450000  0450.000 copie.
Tracce
Tutti i brani sono di Mogol-Battisti.
Lato A
1. La luce dell'est – 6:18
2. Luci-ah – 4:47
3. L'aquila – 4:24
4. Vento nel vento – 3:24
Lato B
1. Confusione – 4:30
2. Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi… – 4:35
3. Gente per bene e gente per male – 4:46
4. Il mio canto libero – 5:06
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:27. -
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Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:29. -
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Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:32. -
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Gente per bene gente per male
Ah fatemi entrare
voglio giocare voglio ballare insieme a voi
No sei troppo ignorante
odori di gente
che non conta niente e paura ci fai
Eppur io sono buono ma sarà
Vi porto un po' di vino - non ci piace
E son di compagnia - va all'inferno e così sia
Perché non mi volete forse con un altro mi scambiate
non feci mai del male
mio padre è guardia comunale
mia madre lavora all'ospedale
per questo tu non sei a noi uguale
Ah fatemi entrare so che scherzate poi canterete insieme a me
No oltre ignorante sei anche invadente
con noi non la spunti e non chieder perché
Eppure non son nato - fatti tuoi
Indesiderato - hai capito
sbagliate forse voi - tanto qui non entrerai
Perché dicono che il cane mio non è intelligente
non han capito niente
festeggia sempre l'altra gente
e farsi amar per lui è importante
fa quel che sente lui fa quel che sente - è solo perché come te è ignorante
Ah! Fa freddo un poco ma c'è un bel fuoco un po' più in là
Tu vendi amore ma questa sera purtroppo
io non ho soldi e per questo non lo posso comprare
Ah! Ma dici davvero ma dici davvero non posso accettare
Comunque grazie ancora grazie
E vista l'ora gentile signora ti posso accompagnare?
...e vista l'ora gentile signora ti posso accompagnare?
Il mio canto libero
In un mondo che
non ci vuole più
il mio canto libero sei tu
E l'immensità
si apre intorno a noi
al di là del limite degli occhi tuoi
Nasce il sentimento
nasce in mezzo al pianto
e s'innalza altissimo e va
e vola sulle accuse della gente
a tutti i suoi retaggi indifferente
sorretto da un anelito d'amore
di vero amore
In un mondo che - Pietre un giorno case
prigioniero è - ricoperte dalle rose selvatiche
respiriamo liberi io e te - rivivono ci chiamano
E la verità - Boschi abbandonati
si offre nuda a noi e - perciò sopravvissuti vergini
e limpida è l'immagine - si aprono
ormai - ci abbracciano
Nuove sensazioni
giovani emozioni
si esprimono purissime
in noi
La veste dei fantasmi del passato
cadendo lascia il quadro immacolato
e s'alza un vento tiepido d'amore
di vero amore
E riscopro te
dolce compagna che
non sai domandare ma sai
che ovunque andrai
al fianco tuo mi avrai
se tu lo vuoi
Pietre un giorno case
ricoperte dalle rose selvatiche
rivivono
ci chiamano
Boschi abbandonati
e perciò sopravvissuti vergini
si aprono
ci abbracciano
In un mondo che
prigioniero è
respiriamo liberi
io e te
E la verità
si offre nuda a noi
e limpida è l'immagine
ormai
Nuove sensazioni
giovani emozioni
si esprimono purissime
in noi
La veste dei fantasmi del passato
cadendo lascia il quadro immacolato
e s'alza un vento tiepido d'amore
di vero amore
e riscopro te
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:36. -
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Il nostro caro angelo
Il nostro caro angelo è l'ottavo album di Lucio Battisti, pubblicato nel settembre 1973 dalla casa discografica Numero Uno.
L'album
La registrazione coincise con la nascita del primo e unico figlio di Lucio, Luca: questo evento fece supporre che il nome all'album e l'omonima canzone si riferissero al "Nostro caro figlio". In realtà, come ha dichiarato Mogol, Il nostro caro angelo ha un significato critico nei confronti della Chiesa cattolica.
La surreale copertina del disco venne considerata all'epoca decisamente eccentrica, al limite dello scandalo. Secondo successive interpretazioni, intendeva sensibilizzare il pubblico su temi cari al duo Battisti-Mogol come l'ecologia e la salvaguardia delle tradizioni.
Successo
Fu il secondo album più venduto del 1973 in Italia (subito dietro a Il mio canto libero): rimase al primo posto in classifica per undici settimane non consecutive fra il novembre del 1973 e il febbraio del 1974. Il successo commerciale fu trainato da due brani divenuti poi classici del repertorio battistiano: Il nostro caro angelo e La collina dei ciliegi.
Tracce
Tutti i brani sono di Mogol-Battisti
Lato A
1. La collina dei ciliegi – 4:58
2. Ma è un canto brasileiro – 5:21
3. La canzone della terra – 5:31
4. Il nostro caro angelo – 4:13
Lato B
1. Le allettanti promesse – 5:10
2. Io gli ho detto no – 4:20
3. Prendi fra le mani la testa – 3:55
4. Questo inferno rosa – 6:52
Inediti
Esiste una versione diversa del brano Il nostro caro angelo che è rimasta inedita, con un arrangiamento completamente diverso da quello conosciuto attraverso l'album; probabilmente si tratta di una prima versione del brano in seguito accantonata.
Da Wikipedia
La collina dei ciliegi
E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante
cancella col coraggio
quella supplica dagli occhi
troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante
e quasi sempre dietro la collina è il sole
Ma perché tu non ti vuoi azzurra e lucente
ma perché tu non vuoi spaziare con me
volando *intorno la* tradizione
come un colombo intorno a un pallone frenato
e con un colpo di becco
bene aggiustato forato e lui giù giù giù
e noi ancora ancor più su
planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha
né più un volto né più un'età
e respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là
se chiudi gli occhi un istante
ora figli dell'immensità
Se segui la mia mente se segui la mia mente
abbandoni facilmente le antiche gelosie
ma non ti accorgi che è solo la paura che inquina e uccide i sentimenti
le anime non hanno sesso né sono mie
Non non temere tu non sarai preda dei venti
ma perché non mi dai la tua mano perché
potremmo correre sulla collina
e fra i ciliegi veder la mattina che giorno è
E dando un calcio ad un sasso
residuo d'inferno e farlo rotolar giù giù giù
e noi ancora ancor più su
planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha
né più un volto né più un'età
e respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là
ora figli dell'immensità
Ma è un canto Brasileiro
Io non ti voglio più vedere
mi fai tanto male con quel sorriso professionale
sopra a un cartellone di sei metri
od attaccata sopra a tutti i vetri.
Non ti voglio più vedere cara
mentre sorseggi un'aranciata amara
con l'espressione estasiata
di chi ha raggiunto finalmente un traguardo nella vita
Io non ti voglio più vedere sul muro davanti ad un bucato
dove qualcuno c'ha disegnato pornografia a buon mercato
Oh no non ti voglio vedere intanto che cucini gli spaghetti
con pomodori peso verità tre etti
mentre un imbecille entrando dalla porta
grida un evviva con la bocca aperta
Col dentifricio pure trasparente
dove ti fanno dire che illumina la mente
e mentre indossi un super super super reggiseno
per casalinga tutta veleno.
E mentre parli insieme a una semplice comparsa
vestito da dottore, che brutta farsa!
Ti fanno alimentare l'ignoranza
fingendo di servirsi della scenza! Oh no!
Ah ma è un canto brasileiro Ah ma è un canto brasileiro
Ah ma è un canto brasileiro Ah ma è un canto brasileiro
Eppure non sei meno bella in casa senza cerone
non dico che sei una rosa sarei un trombone
ma ti vorrei vedere qualche volta in bikini
senza sfondi di isole lontane e restare un po' vicini
Io ti vorrei vedere mentre cogli l'insalata dell'orto
che vorrei aver coltivato prima di essere morto
Oh no! Anche se guadagni centomila lire al giorno
non ti puoi scordare che la vita è andata e ritorno
Oh no, no oh no
Non ti voglio vedere i giorni e le sere
ti capirò se un altro uomo un giorno vorrai
ma consumare la tua vita così non puoi.
Non puoi partecipare a quella storia
dove racconti che la benzina quasi quasi quasi purifica l'aria
sarà al mentolo l'ultima scoria!
Fotografata insieme a dei bambini
che affidi al fosforo dei formaggini!
Ah ma è un canto brasileiro Ah ma è un canto brasileiro
Ah ma è un canto brasileiro Ah ma è un canto brasileiro
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:43. -
tappi.
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grazie Ivana . -
tomiva57.
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La canzone della terra
Al ritorno dalla campagna, al ritorno dalla campagna,
prima cosa voglio trovare il piatto pronto da mangiare
e il bicchiere dove bere; (prima cosa voglio trovare il piatto pronto da mangiare
e il bicchiere dove bere)
Al ritorno dalla campagna, al ritorno dalla campagna,
seconda cosa voglio parlare di tutte le cose che ho da dire
e qualcuno deve ascoltare; (seconda cosa voglio parlare di tutte le cose che ho da dire
e qualcuno deve ascoltare.
Donna mia devi ascoltare! Donna mia devi ascoltare!)
Terza cosa quando ho finito presto a letto voglio andare, subito a letto voglio andare!
(Na na na... subito a letto voglio andare!)
E fra la seta della carne tua mi voglio avvolgere fino a mattina
mi voglio avvolgere fino a mattina
e donna senza più nessun pudore puledra impetuosa ti voglio sentire
io dolce e impetuosa ti voglio sentire.
Al risveglio alla mattina
quando il gallo mi apre gli occhi alle quattro di mattina
prima cosa polenta a fette e nell'aria voglia sentire il profumo del caffelatte.
Al risveglio alla mattina. Al risveglio alla mattina.
Seconda cosa acqua e sapone fatto tutto molto presto
colazione dentro al cesto!
E poi la vanga la terra e il sole l'ombra del pino è quel che ci vuole
e il desiderio che sale al ritorno
dopo che ancora rimuore il giorno
dopo che ancora rimuore il giorno.
Il nostro caro angelo
La fossa del leone
è ancora realtà
uscirne è impossibile per noi
è uno slogan falsità.
Il nostro caro angelo
si ciba di radici e poi
lui dorme nei cespugli sotto gli alberi
ma schiavo non sarà mai.
Gli specchi per le allodole
inutilmente a terra balenano ormai
come prostitute che nella notte vendono
un gaio cesto di amore che amor non è mai
Paura e alienazione
e non quello che dici tu
le rughe han troppi secoli oramai
truccarle non si può più.
Il nostro caro angelo
è giovane lo sai
le reti il volo aperto gli precludono
ma non rinuncia mai
cattedrali oscurano
le bianche ali bianche non sembran più.
Ma le nostre aspirazioni il buio filtrano
traccianti luminose gli additano il blu.
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:45. -
tomiva57.
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Le allettanti promesse
Io gli ho detto no
Ma io gli ho detto no
e adesso torno a te
con le miserie mie
con le speranze nate morte che
io non ho più il coraggio
di dipingere di vita
a cercar calore un'altra volta
ancora fra le braccia tue
scordando il già scordato
color di mille lire.
Ma io gli ho detto no!
E adesso resta no!
Anche se chi paga di più sei tu
dolcissima mia madre - amica - sposa e donna mia,
orgoglio e poi
vergogna di me stesso.
Ma io non vado via!
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:47. -
tomiva57.
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Questo inferno rosa
Non ferirmi no, non fermarlo mai più.
I baci tranquillizzanti mi buttano giù.
Tu vuoi mostrare a tutti l'amore che c'è fra noi,
una medaglia al valore che da sola tu dai.
Adesso che hai una casa un uomo e una reputazione,
padrona, padrona anche del tuo padrone.
vorresti che ti seguissi nel goder con distinzione
di tutti i frutti della vita quasi quasi compresi quelli colti da altre dita
No non sei più tu
E la memoria impertinente mi riporta là
a una ragazza tra la gente smagliante di libertà.
Le parolacce le risate le corse e poi tu mia
se fossi un altro uomo direi: poesia.
E quando con un salto tu sei piombata tra le braccia mie
ti sei spogliata senza trovar né scuse né bugie
e quando per scherzo dissi "Quanto vuoi?"
Tu rispondesti seria "L'amor che puoi!".
La disinvoltura che adesso tu hai
ha come radici gli spiccioli miei.
Le mura di un castello hai alzato intorno a noi
e olio bollente sugli altri getti ormai
scegliendo i nostri amici un computer diventi per l'occasione
e chi hai scordato per te è un barbone
mi offri la tua fedeltà su un piatto decorato di mille attenzioni
come dire "hai comprato e ora godi le tue prigioni!"
Vola la mia mente a qualche anno fa
a una esplosione dirompete di vitalità
a quando per punire quel moralista dell'ultimo piano
tu improvvisamente gli mostrasti il seno!
E quando ancor piangendo per l'emozione tu
cantando Fratelli d'Italia gridasti non ti lascio più
e la violenza con la quale mi abbracciasti un giorno,
un giorno quando non conoscevo questo rosa inferno.
Prendi fra le mani la testa
Due scarpe tu c'è l'hai?
Due scarpe tu c'è l'hai?
Puoi andare dova vuoi,
puoi fare ciò che vuoi,
perchè tu non lo fai?
Perchè non te ne vai? Perchè?
Un cuore tu c'è l'hai?
Un cuore tu c'è l'hai?
Ma pensi troppo ormai,
non sai più quel che fai,
non sai più dove....vai,
e tutto gira intorno a te.
Prendi fra le mani la testa,
e non girerà.
Prendi fra le mani la testa,
e non girerà.
Dura poche ore la festa,
dopo finirà.
Due scarpe tu c'è l'hai?
Due scarpe tu c'è l'hai?
Puoi andare dova vuoi,
puoi fare quel che vuoi,
perchè tu non lo fai?
Perchè non te ne vai? Perchè?
Prendi fra le mani.....
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:48. -
gheagabry.
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Scoppia caso su un inedito di Lucio Battisti
Scoppia un caso su un inedito di Lucio Battisti, Il paradiso non è qui, scritto con Mogol alla fine degli anni '70, che doveva essere inserito nel disco Una giornata uggiosa - l'ultimo insieme, poi Battisti si affidò a Pasquale Panella - ma poi non fu pubblicato. In occasione del premio Mogol che si è tenuto ad Aosta nei giorni scorsi, l'autore l'ha fatta cantare a Ron, ma la vedova di Lucio Battisti, Grazia Letizia Veronese, ha chiesto alla Rai di non trasmettere quello spezzone in occasione della messa onda del Premio prevista il 23 giugno alle 22.30 su Rai1. E la Rai, in caso di una mancata autorizzazione degli eredi di Lucio Battisti, dovrà tagliare la parte relativa a quel brano. "Non capisco questa idea di soffocare una canzone che se non é un successo non è niente - dice Mogol all'ANSA -. Quello che vorrei comprendere è semplicemente il perché. Vuole ledere gli interessi di chi? Vuole disconoscere la canzone? Quindi si può considerare una canzone di anonimo? Allora nulla vieta di cantarla! Io l'ho scritta su invito di Lucio - racconta l'autore - e poi la pubblicazione non c'é mai stata. Ora ho già deciso che se mai sarà possibile pubblicarla devolverò tutti i proventi a due associazioni benefiche. Se la signora Battisti accetta regaliamo una canzone meravigliosa agli italiani". Era la fine degli anni '70 quando Lucio Battisti chiese a Mogol di scrivere le parole di quella canzone dedicata alla storia di un immigrato che si sarebbe intitolata Il Paradiso non e' più qui. "Quel brano - racconta oggi Mogol - doveva far parte dell'album Una giornata uggiosa, l'ultimo che abbiamo fatto insieme. Poi ne rimase fuori e non se ne fece più nulla". Il maestro aveva scritto il testo. "Parla di un emigrante in un paese anglosassone, che potrebbe essere l'Inghilterra, l'America o anche l'Australia - spiega Mogol - e certo in un modo che non esiste più parla di ragazze di quel paese straniero che ti fanno compagnia e poi il lunedì non sanno neanche più chi sei". Battisti l'aveva anche cantata in un provino che ad oggi circola ancora su Internet, ora l'autore l'ha ritrovata e l'ha fatta cantare a Ron nella serata finale del Premio Mogol. "La canzone e l'interpretazione di Ron sono bellissime, ma per legge dobbiamo attenerci alla volontà degli eredi di Lucio Battisti", spiega il capostruttura di Rai1 Michele Bovi che aggiunge: "Se dalla famiglia non arriverà l'autorizzazione a mandarla in onda taglieremo la parte in cui Ron canta Il paradiso non è qui. "Mentre il testo di quella canzone è scritto da Mogol - spiega Bovi - la musica è stata scritta da Lucio Battisti che non ritenne opportuno pubblicarla, la canzone non è neanche registrata alla Siae. Gli eredi hanno deciso di attenersi alle volontà di Battisti, ne hanno tutto il diritto, e noi rispettiamo le loro volontà", conclude. Una piccola curiosità: alla Siae è registrata una canzone dal titolo Il paradiso non è qui, ma ha nulla a che vedere con quella di Battisti-Mogol. E' stata composta nel 2008 dal maestro Vito Berteramo (tastierista di Fausto Leali) e cantata da Patty Basso. Quindi, nel caso in cui Mogol dovesse registrare il testo, dovrebbe anche cambiare il titolo alla canzone. (ansa)
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Anima latina
Da Wikipedia
Anima latina è il nono album di Lucio Battisti, pubblicato nel dicembre 1974 per la casa discografica Numero Uno.
Concepito dopo un viaggio in America Latina, presenta delle marcate differenze rispetto agli altri album di Battisti degli anni Settanta, soprattutto dal punto di vista musicale. In contemporanea con l'album, Battisti rilasciò una lunga intervista per il giornalista Renato Marengo di Ciao 2001, che può essere considerata il manifesto teorico dell'album.
Il disco
« Questo mio ultimo LP, "Anima Latina", è per me un'operazione culturale, quasi un esperimento, e tale dovrà restare »
(Lucio Battisti intervistato da Renato Marengo)
L'album rappresenta una rottura piuttosto marcata rispetto al passato ed è considerato da alcuni critici come il capolavoro battistiano degli anni Settanta: è probabilmente il suo disco più ambizioso, complesso e sfaccettato, un originale tentativo di fusione delle sonorità e dei ritmi latini con alcune delle modalità espressive tipiche del progressive (brani lunghi, dall'orchestrazione e strumentazione estremamente composita e stratificata; ampio uso di sintetizzatori). Uscito alla fine del 1974, rimase primo in classifica per tredici settimane consecutive, anche se, a differenza di quanto accaduto con precedenti e successivi lavori, nessun brano specifico riuscì davvero a radicarsi nell'immaginario collettivo del grande pubblico.
Tutti i brani dell'album sono completamente privi di ritornello (tranne Due mondi, il cui ritornello è cantato da Mara Cubeddu), e hanno testi piuttosto ristretti. Tant'è vero che La nuova America e Separazione naturale vantano i record di canzoni scritte da Mogol più corte di sempre (la prima contiene solo 6 versi, la seconda addirittura 4).
I testi di alcuni brani dell'album sono presi dal punto di vista di due bambini, un maschio e una femmina, che si scoprono a vicenda. Quindi questo può essere considerato, almeno in parte, un particolare concept album.[senza fonte] Nel complesso i paesaggi rievocati rimandano a paesaggi urbani periferici dove convivono i segni del progresso con una natura agreste contaminata, della quale si cerca di estrarre l'essenza.
La registrazione dell'album (avvenuta negli studi Fono - Roma Sound Recordings, oggi di proprietà Mediaset) è successiva ad un viaggio in Sudamerica della coppia artistica e, tra prove e ripensamenti, richiese circa sei mesi di tempo per essere completata. Molti brani furono completamente riarrangiati dopo una prima versione ritenuta non soddisfacente: di alcune delle prime registrazioni si trova traccia nel disco, nelle brevi riprese di Gli uomini celesti e Due mondi. Frasi musicali di alcuni brani tornano in altri, alla stregua di un concept album o di una opera rock.
Il ruolo attivo dell'ascoltatore
In alcuni casi, ad esempio nel brano iniziale Abbracciala, abbracciali, abbracciati o in alcuni passaggi di Macchina del tempo, le parole sono volutamente difficili da ascoltare poiché la voce di Battisti è mixata molto bassa, oppure coperta da effetti sonori: nelle intenzioni dell'autore, l'espediente serviva per costringere l'ascoltatore a porre maggiore attenzione, a concentrarsi maggiormente sul testo e sulla sua interazione con la musica, diventando in un certo senso co-autore del brano.
Nell'intervista per Renato Marengo dichiarò:
« La mia lunga permanenza in Brasile, in Sudamerica in genere, mi ha fatto prendere coscienza di un'altra dimensione della musica: musica come vita, come possibilità di stare insieme, di ballare insieme, di protestare insieme. La musica brasiliana è una delle più vive oggi tra le musiche popolari nel mondo; non ha perso la sua funzione che è soprattutto quella di consentire al popolo di esprimersi, di comunicare, di stare insieme; soprattutto consente a chi è "in mezzo alla musica" di parteciparvi. Ed è un grosso fatto sociale oltre che musicale.
Quando uno parla in mezzo agli altri, non urla ma non tace neppure, se la sua voce interessa a chi ascolta, viene individuata in mezzo alle altre, magari con un po' più di attenzione, con un po' di fatica. Questo ho fatto con il mio LP: ho messo la mia voce in mezzo alla mia musica ed ho inteso stimolare gli altri a capire le parole, ad afferrare il senso o la sola sonorità; ho inteso stimolare chi mi ascolta a fare attenzione a ciò che sta succedendo, a ciò che accade nel momento in cui si ascolta un brano non perché questo sia piacevole, ma perché ascoltare significa qualcosa: e ascoltare con attenzione, magari rimettendo il disco daccapo perché non si è capito, magari facendo irritare chi non è riuscito ad individuare al primo ascolto una parola, è un'operazione stimolante, coinvolgente; è il modo che ho scelto per comunicare con gli altri, per essere presente in mezzo agli altri, per essere quello che dà il pretesto, lo spunto ad un'azione, ad un'operazione. »
(Lucio Battisti, 1 dicembre 1974)
Il collegamento con i lavori successivi di Battisti
Molti critici hanno fatto notare che questo album andrebbe considerato non come un'anomalia, ma più che altro come la prima manifestazione di una volontà già presente in Battisti. Infatti, sono stati notati numerosi parallelismi tra Anima latina e la successiva opera di Battisti in collaborazione con Panella; alcuni temi espressi nell'intervista a Marengo, inoltre, si possono ritrovare anche nelle successive dichiarazioni di Battisti.
Successo e influenza
Fu l'8° album più venduto del 1975.
Il gruppo rock Verdena ha dichiarato che il loro album Wow è stato influenzato da Anima latina
Il mistero legato a Gneo Pompeo
Nei crediti del disco sintetizzatori e archi elettronici sono accreditati a "Gneo Pompeo". Ancora oggi non è ben chiaro chi si celi dietro questo pseudonimo: Giampiero Reverberi, il maggiore sospettato a causa delle precedenti collaborazioni con Battisti (Il nostro caro angelo, Il mio canto libero, ecc.) ha dichiarato di non aver più collaborato con Battisti dopo il 1973; secondo Vince Tempera invece si tratta di Gabriele Lorenzi, che però ha dichiarato di non saperne nulla.
Michele Neri, nel suo volume del 2010 Lucio Battisti - Discografia mondiale. Tutte le canzoni, le produzioni, le collaborazioni, pubblicato da Coniglio editore, ha scritto di aver individuato chi si celi dietro lo pseudonimo: un musicista di fama internazionale che però, interpellato, ha affermato di non voler essere coinvolto in alcun modo in questo album, e di non voler quindi rendere noto il suo nome.
Tracce
Tutti i brani sono di Mogol-Battisti.
Lato A
Abbracciala abbracciali abbracciati – 7:03
Due mondi – 5:11
Anonimo – 7:02
Gli uomini celesti – 5:05
Lato B
Gli uomini celesti (ripresa) – 0:51
Due mondi (ripresa) – 1:09
Anima latina – 6:36
Il salame – 3:38
La nuova America – 2:49
Macchina del tempo – 6:59
Separazione naturale – 1:29
Abbracciala, abbracciali, abbracciati
Cosa ti dicevo mai?
A che punto ero?
Ho quasi l'impressione che
- io con te -
perdo il sentiero.
Forse la psicologia
può spiegare questi strani vuoti
della mente mia.
Ora mi ricordo che
parlavo di follia
e del grande amore,
grande bugia.
Che ne pensi dimmi,
di un uomo tanto stupido da crederti "sua"?
Anima
alzati
apriti
abbracciala
abbracciali
abbracciati
Che ora è? E' tardi ormai.
Mia cara, cara amica
che ne dici se noi
portiamo a termine la nostra
dolcissima fatica.
Allontaniamoci verso
il centro dell'universo.
Due mondi
L'universo che respira
e sospinge la tua sfera
e la luce che ti sfiora
cosa vuoi?
Voglio te, una vita.
Far l'amore nelle vigne.
Cade l'acqua ma non mi spegne.
Voglio te.
Oltre il monte
c'è un gran ponte.
Una terra senza serra,
dove i frutti son di tutti.
Non lo sai?
Voglio te, una vita.
Far l'amore nelle vigne.
Cade l'acqua ma non mi spegne.
Voglio te.
E' una vela la mia mente
prua verso l'altra gente
vento, magica corrente
quanto amore!
Voglio te, una vita.
Far l'amore nelle vigne.
Cade l'acqua ma non mi spegne.
Voglio te. Mio per sempre!
Ma tu non cambi mai.
Un braccio, che altro vuoi?
Un'ora me la dai.
L'amore è qualcosa di più
del vino, del sesso che tu
prendi e dai.
Sarei una cosa tua
amore, gelosia
amor di borghesia.
Da femmina latina a donna americana
non cambia molto... sai?
Voglio te, una vita. Voglio te.
E' una vela la mia mente
prua verso l'altra gente.
Vento, magica corrente...
Anonimo
Anonima la casa,
anonima la gente,
anonimo anch'io.
Un cane e ciak azione - all'improvviso
un morso:
figlio mio!
La frutta nel giardino, i panni nel catino
e lei, ore ed ore.
Le gambe nude, il volto acceso ed
una colpa: dieci anni maggiore.
C'era lei...
E cos'altro ancora?
Nascosti giù al fosso,
complice il sesso,
a misurarsi, a masturbarsi un po'...
L'impulso di uno scatto - la palla io
che batto -
che rete ho fatto!
Sudore che diventa alloro. Amore mio...
Sei forte ti adoro.
Fermarsi poi ad un tratto; lottar
col reggiseno:
Che fai? sei matto?
Il cambio ed il volante...
Ma niente mi terrà distante.
C'era lei...
E cos'altro ancora?
Mi ha colto in flagrante.
Io sono l'amante.
Ragazzi, silenzio assoluto per carità.
Parlando del passato mi sono raffreddato.
Il lenzuolo dov'è andato?
Mi sembri un po' delusa. Oppure
ti ho offesa?
Un goccio di benzina... A farlo riposare,
riparte il motore?
Su vieni a me vicina, stasera ho ancora
voglia di giocare.
Recensione:
Lucio Battisti è probabilmente il più grande scrittore di musica leggera italiano. I suoi innumerevoli gioielli hanno cambiato radicalmente il modo di concepire la "canzonetta" e ancora oggi risultano di una freschezza e di una modernità inconcepibili per la musica di oggi. Il suo successo non è casuale: a dispetto dell'apparente semplicità delle sue canzoni, Battisti è stato un grande sperimentatore, alla costante ricerca di nuove soluzioni sonore, ricerca che è possibile riscontrare in tutti i suoi pezzi. Ma se tutti conoscono La canzone del sole e I giardini di marzo, pochissimi sanno dell'esistenza di un Battisti diverso, forse meno immediato e accessibile, ma non per questo minore, anzi.
Anima latina è la meraviglia sconosciuta della discografia di Battisti. Esce nel 1974 dopo una serie di successi che lo hanno portato ai vertici della musica italiana. Forse è proprio per questo che Battisti tenta di svicolarsi dal marchio ormai indelebile di re delle classifiche, costruendo un album così spiazzante e diverso da quelli a cui aveva abituato il pubblico. E forse è per questo che, nonostante venda tantissimo, ben presto verrà dimenticato a favore dei successi di sempre.
Un Battisti così non può che spiazzare: canzoni lunghissime, ricche di parti strumentali, in cui la classica alternanza strofa-ritornello-strofa è totalmente stravolta. L'attitudine è quella tipica del progressive, ma Battisti lo rilegge in una forma inedita e geniale. Come si può intuire dal titolo, infatti, la via scelta è quella della musica sudamericana, piena di ritmo e calore. È un progressive mediterraneo, lontanissimo dai barocchismi dei Genesis e dei King Crimson. I sintetizzatori si fondono con le percussioni e i fiati creando una miscela inconcepibile per l'epoca, e su questo tappeto sonoro la voce di Lucio è uno strumento aggiuntivo che raramente prende il sopravvento, quasi a non voler distrarre l'ascoltatore dalla musica. Ma tutta questa ricchezza e innovazione sarebbero inutili se alla base non ci fosse il genio innato, capace di scrivere melodie indimenticabili. Perché la melodia c'è, ma è servita in modo diverso. Ne è un esempio lampante la title-track, una descrizione delle favelas brasiliane dalla potenza quasi pittorica, in cui la voce di Lucio sembra letteralmente ruzzolare "dai tetti di lamiera":
Spesso mi dicono che ascolto poca musica italiana. È vero, ma ne ascolterei molta di più se ci trovassi qualcosa di bello, interessante, che sappia stupire ed emozionare senza ricorrere alle solite furbate da classifica e da reality. Anima latina - assieme a quasi tutta la musica di Battisti - rappresenta tutto questo. Perché la bellezza non si ottiene scendendo a compromessi. Occorre talento e ancor più coraggio, mentre al giorno d'oggi sembra che contino solamente la presunzione e la sfacciataggine.
da: Alessandro Cavalotti
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 15:04. -
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Gli uomini celesti
La speranza spezzata
è la tua eredità.
Fallimento di una vita
di coraggio e di viltà.
Troverai sul cammino
fango e corruzione.
E la voglia tu avrai
di sdraiarti al suolo
per guardare come in un film
i colombi in volo.
Ti faranno fumare
per farti sognare che
il futuro od "un messia"
presto tutto cambierà.
Ed avrai come vanto
una nuova condanna
ti diranno che il vento è
il respiro di una donna
per far sì che un lamento, uno solo,
copra ogni tormento di un velo.
Ma se tu rifiuterai
di giocare all'attore
forse un libro scriverai
come libero autore.
E tu forse parlerai
di orizzonti più vasti
dove uomini celesti
portandoti dei figli
ti diranno: "Scegli!"
ben sapendo che ridendo tu
tu a loro ti unirai...
Gli uomini celesti (ripresa)
Due mondi ( ripresa)
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:53. -
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Lucio Battisti, l'immortale: a Milano, il 13 dicembre
Martedì 13 dicembre alle ore 18.30, Antonio Colombo Arte Contemporanea
Viaggio nella musica italiana con la presentazione del libro “Lucio Battisti e la Numero Uno” immagini di Cesare Monti
Cesare Monti intraprende un viaggio nella musica italiana partendo dalle immagini delle sue 150 copertine di altrettanti LP e dagli aneddoti ad esse legati, come soggetto del racconto. Un racconto sempre diverso perché cambia rispetto agli stimoli che vengono dal luogo, dalla gente e da eventuali suggestioni che lo colpiscono durante la serata. Il punto di partenza di questo viaggio sarà la sua ultima pubblicazione: “Lucio Battisti e la Numero Uno”. Il libro, costituito per la maggior parte da immagini inedite di Lucio Battisti e degli artisti della Numero Uno e disegnato graficamente dalla sua compagna, Vanda Spinello, è soprattutto un viaggio in quel periodo storico che ha visto la musica italiana vivere il suo momento più glorioso. Durante l’incontro verranno proiettate alcune delle numerose copertine realizzate da Cesare Monti, sarà su queste immagini che il fotografo ripercorrerà i tempi e la sua storia della musica interconnettendo il racconto con molti altri elementi.
Cesare Monti Montalbetti nasce a Milano nel1946, uno dei più noti fotografi musicali (e non solo) italiani, è stato il fotografo della Numero Uno ai tempi d’oro dell’etichetta, vale a dire nel corso degli anni ’70. Si devono a lui molti degli scatti che ritraevano quello che allora era il cast della celebre etichetta musicale, da Lucio Battisti ai Dik Dik, dalla PFM alla Formula 3. Ha lavorato per la Cramps, è stato il direttore artistico di “Re nudo”, ha girato film e spot pubblicitari e ha lavorato negli Stati Uniti per l’etichetta discografica di proprietà dei Rolling Stones, la Rolling Stones Records. E’ stato, negli anni '70 ed i primi anni '80, concept-creative per numerose case discografiche ideando e realizzando gran parte delle copertine degli album pubblicati in quel periodo. www.cesaremonti.it
fonte:cremonaonline.it
Anima latina
Scende ruzzolando
dai tetti di lamiera
indugiando sulla scritta
"Bevi Coca Cola".
Scende dai presepi vivi
appena giunge sera...
Quando musica e miseria
diventan cosa sola.
La gioia della vita.
La vita dentro agli occhi dei bambini denutriti,
allegramente malvestiti
che nessun detersivo potente può aver
veramente sbiaditi.
E corre sulle spiagge atlantiche
seguendo il calcio di un pallone,
per finire nel grembo di grosse mamme antiche
dalla pelle marrone.
E s'agita nel sangue delle genti dai canti
e dalle risa rinvigorite
che nessuna forza, per quanto potente, può aver
veramente piegate.
Il salame
Alzati in punta di piedi.
Appoggiati contro di me.
Fra un anno io vado a scuola.
Dopo mi sposo con te.
Non ti interessa - ma non capisci niente, tu.
Scema!
E' bello stare solo noi,
che già ci conosciamo.
Non senti niente? Neanch'io.
Baciami, toccami qua...
Profumi buono, mio Dio!
Ma dimmi come si fa?
Fa niente, vieni... Apriamo il frigo,
dai, sì dai, ho fame!
Urca! Guarda cosa c'è:
il salame.
La nuova America
La nuova America.
La nuova America.
La nuova America.
Dov'è?
Io voglio vivere.
Adesso, subito.
Anche con te.
Edited by tomiva57 - 12/9/2013, 14:57.