Chiamami ancora amore è un album del 2011 del cantautore Roberto Vecchioni. Il singolo di lancio è Chiamami ancora amore, vincitore del Festival di Sanremo 2011.
Il disco
Il disco contiene tre collaborazioni con artisti femminili su canzoni appartenenti al repertorio di Vecchioni: una rivisitazione di Dentro gli occhi con Ornella Vanoni, l'interpretazione di Love Song (Despedida) con la pianista (e direttrice d'orchestra) Federica Fornabaio e la rielaborazione, insieme a Dolcenera, del Il nostro amore. Oltre a queste collaborazioni nell'opera sono presenti tre inediti: Chiamami ancora amore, vincitrice del Festival di Sanremo 2011, Mi porterò e La casa delle farfalle. Nel CD Vecchioni rende inoltre omaggio a Luigi Tenco (Lontano lontano) e a Fabrizio De André (Hotel Supramonte).
Tracce
Chiamami ancora amore – 4:13 (Roberto Vecchioni – Roberto Vecchioni, Claudio Guidetti) – inedito Mi porterò – 4:05 (Roberto Vecchioni – Roberto Vecchioni, Claudio Guidetti) – inedito La casa delle farfalle – 3:46 (Roberto Vecchioni – Roberto Vecchioni, Claudio Guidetti) – inedito Canzoni e cicogne – 4:38 (Roberto Vecchioni) – da Canzoni e cicogne (2000) Dentro agli occhi (feat. Ornella Vanoni) – 5:39 (Roberto Vecchioni) – da Il grande sogno (1984) Piccolo amore – 5:35 (Roberto Vecchioni) – da Bei tempi (1985) Mi manchi – 3:49 (Roberto Vecchioni) – da Robinson, come salvarsi la vita (1979) L'amore mio – 3:51 (Roberto Vecchioni) – da Il cielo capovolto (1995) Love Song (Despedida) – 3:22 (Roberto Vecchioni – Mauro Paoluzzi) – con Federica Fornabaio al pianoforte, da El bandolero stanco (1997) Lontano lontano – 2:48 (Luigi Tenco) – di Luigi Tenco (1966) Il nostro amore (feat. Dolcenera) – 4:27 (Roberto Vecchioni – Pëtr Il'ič Čajkovskij, Beppe D'Onghia) – rielaborazione da In Cantus (2009) Hotel Supramonte – 4:41 (Fabrizio De Andrè, Massimo Bubola) – di Fabrizio De Andrè, da Faber, amico fragile (2003)
Traccia bonus disponibile solo su iTunes
Il bene di luglio – 2:26 (Roberto Vecchioni, Andrea Lo Vecchio) – già incisa separatamente da Andrea Lo Vecchio e da Bruno Lauzi nel 1968
VECCHIONI, LA MOGLIE DARIA: "MI MANDA FIORI, POI PAGO IO"
MILANO - «Roberto è un uomo che ha sempre con sé solo una cosa: la sua scatola di sigari toscani». Daria Colombo parla a Novella 2000 del marito Roberto Vecchioni e dell'amore che li tiene uniti da trent'anni. «Quando esce di casa non mette in tasca altro, nemmeno i soldi. Va al bar o in un negozio della nostra zona e al momento di pagare dice sempre: “Passa mia moglie”. E io mi trovo dal fiorista a saldare i conti dei mazzi che mio marito mi manda nei suoi slanci romantici...» racconta la donna, grotondina della prima ora e vincitrice del premio Bagutta 2011 con il suo primo romanzo. La coppia ha tre figli, ma della loro famiglia fa parte anche la figlia che il vincitore dell'ultimo Festival di Saremo ha avuto da un matrimonio precedente. «Francesca ai tempi del liceo si era trasferita a Roma, con sua madre. Quando l’ha finito è voluta venire a vivere a Milano con noi. Ora sta per conto suo, ma sono orgogliosa quando dice che io le ho saputo dare il senso della famiglia». A Daria, Vecchioni ha fatto una dichiarazione da brividi proprio dal palco dell'Ariston: «Non mi sono mai sentito solo, perché da trent’anni un filo mi lega a te»
Vecchioni: i sapori dell'infanzia Il vincitore di Sanremo Roberto Vecchioni è anche un ottimo cuoco. In un'intervista ci racconta quali sono le sue specialità tra i fornelli.
Pescivendoli, formaggiai e fruttivendoli degli allegri mercati di quartiere che ancora resistono nel centro di Milano. Lì fanno la spesa una volta a settimana il cantantautore vincitore del Festival di Sanremo 2011 Roberto Vecchioni con la moglie Daria, grandi appassionati di cucina.
«Le mie origini sono napoletane», spiega lui, «perciò tra tutti i piatti amo cucinare soprattutto quelli di pesce. Tra le specialità più apprezzate dai miei ospiti, ci sono la pasta con gamberi e zucchine, per esempio, e poi mi piace preparare le acciughe, i polipetti… Non c'è pescheria di lusso che tenga, il miglior pesce si compra proprio al mercato. Arriva freschissimo la mattina e c'è un'ottima scelta. E lì è davvero una festa, si chiacchiera con la gente. Mi piace soffermarmi, magari per chiedere ai commercianti come è meglio cucinare un certo ingrediente».
- Quindi, al mercato vi conoscono bene?
«C'’è sempre quello che mi dice: signor Vecchioni, quel pesce l’ho messo via proprio per lei, è speciale. Magari non è vero, ma sono contento».
– Cucinano anche i vostri quattro figli?
«Beh, loro molto meno, anche se ogni tanto si fanno prendere dal pallino e si mettono pure loro ai fornelli. Io e i ragazzi siamo bravi quanto disordinati. Quando invece cucina mia moglie Daria, la cucina brilla come uno specchio. Le mamme sono così: super, sempre perfette in ogni cosa che fanno».
– Lei ha partecipato insieme ad altri cantanti a un libro di ricette i cui proventi vanno a sostenere il progetto di Amref Italia e Rezophonic per costruire pozzi d’acqua in Africa (Mi scrivi la ricetta? I grandi della musica italiana in cucina di Marta Tea Carpinelli, Dalai editore). Qui ha proposto un secondo tradizionale: rognoncini di vitello trifolati. Perché questo piatto?
«A una certa età si vive di suggestioni, di emozioni legate a vecchi ricordi. Come altri piatti della cucina di casa mi ricorda l’infanzia, gli odori di un tempo, mio fratello e io quando eravamo piccoli... ».
«Il segreto sta nel trovarere i rognoncini molto piccoli, altrimenti meglio lasciar perdere», recita il testo manoscritto della ricetta di Roberto. E aggiunge, al finale della sua ricetta, con modestia,il cuoco cantautore: "Attenzione: è importante mangiare i rognoncini appena tolti dal fuoco. E' altrettanto fondamentale che troviate un libro di cucina con la ricetta vera, la mia va a fiducia».
Comunque sia, per chi vuole provarla, eccola qui sotto, nella versione perfezionata pubblicata sul libro Mi scrivi una ricetta?.
INGREDIENTI per 6 persone
4 rognoncini di vitello 2 acchiughe 2 cucchiai di burro 1 cucchiaio di prezzemolo tritato succo di limone olio extravergine d’oliva aglio pepe sale
Togliere il grasso dai 4 piccoli rognoncini, dividerli a metà e tagliarli in fettine sottili. Mettere in una padella un po’ d’olio e 1 spicchio d’aglio che andrà tolto prima che bruci. Aggiungere i rognoncini e alzare il fuoco, in modo che buttino via l’acqua in eccesso. Condirli con sale e pepe, senza cuocerli troppo, per evitare che si induriscano. Impastare le acciughe e il burro e amalgamare. Mescolare, togliere la padella dal fuoco e ultimare con il prezzemolo e il succo di limone.
I colori del buio è la 18° raccolta del cantautore milanese Roberto Vecchioni pubblicata il 29 novembre 2011 per la Universal.
Il disco
Il disco è una raccolta di successi, scelti personalmente da Vecchioni, che hanno caratterizzato i suoi 40 anni di carriera (anche se lamenta il fatto che non ha potuto inserire tutti i brani voluti, come Pesci nelle orecchie), a cui vanno aggiunti due inediti: i colori del buio (e non "nel buio" come lo stesso cantautore tende a sottolineare in un intervista: "sono colori che per esempio trovi quando chiudi gli occhi e vai a dormire"), brano che da il titolo dell'album e scritto insieme al fedele Claudio Guidetti, e Un lungo addio dedicata alle figlie Francesca (la maggiore, in procinto di diventare madre di due gemelli) e Carolina (la minore, in procinto di sposarsi) e scritta insieme alla moglie Daria Colombo. Tra gli altri brani spiccano: la versione di Luci a San Siro dell'album In Cantus scelta e cantata con Mina, duetto voluto dal "professore" stesso, e Io scriverò, un omaggio a Rino Gaetano.
Tracce
CD 1
I colori del buio - 3:55 Un lungo addio - 3:47 Luci a San Siro - 5:13 (con Mina) Chiamami ancora amore - 4:15 Mi porterò - 4:09 Comici spaventati guerrieri - 4:32 Non lasciarmi andare via - 3:59 La ragazza col filo d’argento - 3:58 Le rose blu - 4:13 Samarcanda - 3:42 L’ultimo spettacolo - 8:27 Blu(e) notte - 4:14 Velasquez - 7:20 Figlia - 4:58 Il suonatore stanco - 4:51 A.R. - 4:40
CD 2
Carnival - 5:56 Per amore mio (Ultimi giorni di Sancho P.) - 4:40 Voglio una donna - 4:09 El bandolero stanco - 5:31 Stranamore (Pure questo è amore) - 3:52 Ninni - 5:30 Canzonenozac - 3:39 Canzone per Laura - 4:19 Io scriverò - 3:37 (cover Rino Gaetano) La stazione di Zima - 4:43 Le lettere d’amore - 4:01 Viola d’inverno - 4:17 La bellezza - 3:27 L’uomo che si gioca il cielo a dadi - 3:41 Milady - 4:00 Sogna ragazzo sogna - 4:28 Di te - 2:32
In questa intervista ci parla dell’amore per i figli e la moglie Daria. E poi un lungo addio, una “porca” nave in continuo movimento, un treno che se ne va e che ti lascia a terra.
I colori del buio: si chiama proprio così l’antologia musicale edita dall’Universal Music Italia, uscita in questi giorni, che raccoglie alcune delle più belle canzoni di Roberto Vecchioni. L’album è diviso in due CD che, oltre alla canzone inedita da cui ha preso il nome, contiene un secondo nuovo brano intitolato Il lungo addio. Ho avuto la fortuna di sentire tutte le canzoni in anteprima e posso assicurarvi che sono magnifiche. Da ascoltare e riascoltare per scoprire (e riscoprire) pezzi indimenticabili che vi faranno sognare, emozionare, riflettere
Roberto Vecchioni si è presentato puntuale al nostro appuntamento nonostante un’influenza di stagione all’attacco. Tuttavia, come ha confermato lui stesso, è un serio professionista, per cui gli sarebbe spiaciuto rimandare l’impegno preso con me. Fossero tutti come lui, i personaggi famosi! Allora cominciamo subito con la prima domanda.
Se chiudi gli occhi quali sono i colori del buio, o piuttosto del tuo buio che vorresti rivedere?
Non a caso ho scelto il termine “rivedere”. Perchè vedere è facile, ma rivedere meno. Vorrei rivedere certe sottigliezze, certi particolari del mare, oppure di un abbraccio e di ciò che c’è vicino. Dove, come, quando, perchè. I colori più forti sono le persone, le compagne, gli amici. Quelli trovati: per esempio nel ricordo di una gioiosa serata in cui hai conosciuto un amico. Ma anche quelli persi. I Natali in famiglia: che bei colori!
Però in questa canzone si accenna anche al buio che ha circondato certi spazi della tua vita…come quei “camici bianchi intorno ad un bimbo che stringe l’Uomo ragno in mano”. E poi gli occhi di un cane morente “steso su un tavolo per l’ultimo saluto”.
Il bimbo circondato da camici bianchi è mio figlio nel momento in cui diagnosticarono una malattia che lo aveva colpito. E’vero: questo è un colore terrificante della mia notte. Un dolore immenso. Il cane invece è un fedele amico che se ne è andato. A me piacciono molto i cani; sanno essere dei veri compagni.
Nel secondo, bellissimo pezzo inedito, Un lungo addio, parli di “discreta nostalgia”. Esiste anche una nostalgia che non porta sofferenza?
Certo! La nostalgia non è un sentimento di per sè legato al patimento: anzi, ti riempe l’animo di energie positive. La nostalgia è un’emozione che infonde luce, colore e calore. Nel brano Un lungo addio parlo con il futuro marito di mia figlia: è come se gli raccontassi la sua storia. E mi prendo in giro come il classico padre che deve accettare la separazione che avviene al momento in cui una figlia si sposa. Immagino la festa di matrimonio dove si ride… perchè si deve ridere.
Quando si arriva alla terza età inizia un cammino a ritroso che spesso riporta verso la casa natale, al famoso “soldatino che non rimaneva in piedi” di una delle tue più nobili canzoni, a mio avviso: La casa delle farfalle. Ogni volta che l’ascolto mi commuovo. Anche per te l’infanzia costituisce un ricordo colmo di rimpianto a cui vorresti far ritorno?
Io non rimpiango l’infanzia: al contrario, l’adoro. Ho avuto un’infanzia felice, piena di grande calore. E anche di diversità. Infatti i miei genitori erano molto differenti fra di loro, per cui ho avuto il vantaggio di assorbire i più importanti valori di entrambi: la saggezza e la dolcezza di mia mamma, la fantasia unita ad un pizzico di follia del papà.
Roberto, di solito o si canta oppure si scrive: tu fai entrambe le cose. Da dove trai tanta energia, senza sfinirti fisicamente e psichicamente?
Mi sfinisco…mi sfinisco anch’io! Soprattuto quando devo recarmi in Sicilia, e poi in montagna e ancora in tanti altri luoghi per i miei concerti. Persino la ripetitività stanca. Nel senso che dopo 40 serate tutte uguali l’energia diminuisce. Lo stesso vale per la letteratura: è complicato scrivere su temi diversi, pubblicare nuovi libri mantenendo l’originalità che deve distinguerli. Il tutto senza trascurare la famiglia.
A proposito di libri, sentendo il tuo nuovo album mi è venuto in mente “Il libraio di Selinunte”, edito da Einaudi: un uomo che non vende libri ma li legge ad alta voce ad uno speciale ragazzino, Frullo, che ha il dono di saperlo ascoltare. Dimmi la verità: anche le tue melodie sono “diari frettolosi che vuoi riempire di corsa” (tanto per citare una frase del libro), per timore del poco tempo a disposizione?
In un certo senso sì. Purtroppo è la vita stessa che spesso ci mette fretta ed ansia. E, non avendo molto tempo a disposizione, dobbiamo sbrigarci a portare a Dio tutto ciò che abbiamo fatto di positivo. Senza dimenticarci di impiegare per amore il tempo che ci rimane; di riempirlo d’amore!
Tu sei un uomo che vibra d’amore: in ogni tuo sguardo (anche quando canti), in ogni nota musicale e pensiero. Hai sempre sete d’amore oppure adesso puoi dire di vivere di amore appagato?
Non esiste amore appagato! L’amore è come un secchio bucato: metti l’acqua dentro … e l’acqua esce fuori. Questi buchi sono le incertezze, i problemi. L’amore ha sempre alti e bassi; allora devi continuare a riempirlo d’acqua e di linfa vitale. E’ naturale che sia così: pensa che noia una felicità costante!
E il sesso?
Il sesso è stato molto importante, definitivo.
Parli al passato? Hai detto: è stato….
Non sono più un ragazzino.! E’importante anche adesso ma diciamo al 50%. L’altra metà è affetto. In quel 50% di sesso c’è ancora molta passione. Quando ero giovane mi sono fatto pure delle scopate senza amore, se vogliamo parlare chiaro. Ho avuto diverse avventure. Poi è arrivata Daria, mia moglie, la donna in cui tutto è confluito in un unico, grande fiume. Con lei ho raggiunto la completezza fatta di amore e sesso.
Canterai a Sanremo anche quest’anno, dopo la vittoria dell’anno scorso?
No. Lo scorso anno avevo la canzone giusta, l’umore giusto. E’stata una rivincita sul passato; un voler ricordare a tutti che esisto ancora. E soprattutto che compongo, canto e scrivo ancora!
Una domanda d’attualità e politica. Che cosa pensi del nuovo Presidente del consiglio Mario Monti che rappresenta “ il sogno” degli italiani? Quello di un Paese dove finalmente potrebbero tornare rettitudine, onestà, pane e companatico per tutti?
La tua domanda è una bella favola ( risata sonora!). Il Professor Monti è un uomo che stimo, come stimo il gruppo di persone di cui ha voluto circondarsi per avviare questo governo tecnico. Allora ti rispondo che ci spero. Soprattutto ho fiducia nel grande popolo degli italiani. Come e con chi trascorrerai il Natale?
Sono un tradizionalista in assoluto. Lo trascorrerò quindi in famiglia, con moglie, figli, le loro fidanzate, fidanzati ed il mio caro fratello, l’unico che ho.
Per finire, vorrei che associassi un pensiero ad alcune parole che ho tratto da questo tuo album appena uscito, I colori del buio.
Cominciamo dalla prima, che è, appunto, BUIO. Il buio è il simbolo più forte del non sapere perchè siamo qui. E’il mistero, la notte. Dobbiamo cercare un po’di luce in mezzo a tutto questo…
La nave è l’umanità che gira. Diciamo pure che rappresenta la storia dell’umanità. La nave rimane sempre la stessa: c’è chi sale e c’è chi scende.
DADI (tratta dall’indimenticabile brano L’uomo che si gioca il cielo a dadi).
Il dado simbolizza l’imprevedibilità della vita umana che ti dà una prova dell’esistenza di Dio. Infatti se il mondo fosse tutto misurabile Dio non servirebbe a nulla.
Sei credente?
Adesso sì ma è stato un lungo e non facile percorso.
Continuiamo con le parole: FIGLIO.
Il figlio è una continuità di noi; forse un po’interessata…Infatti fa bene sapere che rimane una testimonianza di te anche quando non ci sarai più. Penso poi a tutti i figli, straordinaria eredità che lasciamo al mondo.
TRENO.
In parecchie mie canzoni parlo di treni. Il treno rappresenta per me il senso del distacco. Ho sempre immaginato un treno che partiva senza di me. L’amore qualche volta se ne va e ti lascia a terra. Io non ho mai avuto il coraggio di salire su un treno: come hai fatto tu andando a vivere in Olanda…Non sono un rivoluzionario. Sono un abitudinario.
Allora, caro Roberto Vecchioni, continua il tuo viaggio con noi su questa terra! Perchè abbiamo bisogno della tua musica vibrante d’amore, che ci fa gridare “mamma, fammi tornare a casa per Natale”; per stringerci tutti in un abbraccio colmo di speranza e di colori fosforescenti che danzano nel buio.
Maria Cristina Giongo da: ilcofanettomagico.it
Roberto Vecchioni e Daria Colombo “Siamo nonni di bimbe con 2 mamme"
«Per noi le famiglie contano tutte, anche quelle con due mamme». Roberto Vecchioni e la moglie Daria Colombo, insieme da trent’anni parlano dei propri legami familiari in un’intervista ad “A”, il settimanale diretto da Maria Latella in edicola mercoledì 6 giugno. A Desenzano del Garda si è appena sposata la loro figlia Carolina con Gabriele Neri (entrambi architetti, celebrava il sindaco di Milano Pisapia). E a maggio sono diventati nonni. Francesca, la figlia di Roberto e della prima moglie, Irene Bozzi, ha avuto due gemelle. Concepite con inseminazione artificiale. Perché Francesca ha una compagna.
«C’ero io in sala parto con lei, è stato stupendo - racconta Daria Colombo - per me è come un’altra figlia, l’ho conosciuta che aveva sei anni... Quando mi ha confidato che voleva un figlio, ero perplessa. Le ho detto: “Per me un bambino ha bisogno di una mamma e un papà, però ricordati che sarò sempre dalla tua parte”». Come reagisce un padre quando scopre che la figlia è omosessuale? «Non ha avuto bisogno di dirmelo - spiega Vecchioni - sono cose che senti dentro, anche se non le ammetti. Invece lei aveva paura di parlarne... Poi un giorno mi ha invitato a casa sua, “Papà, ti devo dire una cosa...” “Dai, so già tutto, non rompere...” le ho risposto».
Sarà complicato due mamme anziché una mamma e un papà? Vecchioni non ha dubbi: «Le chiameranno “mamma” tutte e due...». E Daria Colombo è pragmatica: «Francesca e la sua compagna avranno comunque ruoli diversi. Comunque, quando vedo le gemelle, che danno un sacco di lavoro, penso: be’ almeno avete due mamme!».
... è romanzo e poema... vuole, esige il tempo, la malinconia delle cadute oltre gli assalti, vuole, esige il contrario, la rabbia, lo scazzo, la sconfitta, la rivincita, l’ammissione di colpa, la comprensione, il perdono
In mia moglie vedo tutte le donne E mi basta così
di Roberto Vecchioni
“L’amore è una condanna,- scrive Marguerite Yourcenar- siamo puniti per non essere riusciti a rimanere soli”, al che ribatte Eluard :” Noi non arriveremo alla meta a uno, ma a due a due” . Ed hanno ragione entrambi.
C’è nell’amore, in questo intruso alieno che viene a sconvolgere la nostra solitaria passeggiata sul filo,una forza dirompente che non ammette difese, perché ci sfida e ci batte sul terreno dell’incertezza e della mancanza, insinuandoci il dubbio di non bastarci da soli e lasciandoci il fiato corto di quando qualcosa disperatamente non c’è , e tutto il resto non è. Improvvisamente si sovverte ogni logica. Ogni principio di causa-effetto: anni per costruirci a nostra immagine, stabilendo priorità di piaceri e vantaggi a nostro comodo, spazzati via da una bufera che sfugge ai nostri strumenti scientifici e che quando s’acqueta in vento prima, brezza poi siamo già degli altri. O forse altri eravamo prima.
I poeti della “Palatina”(Callimaco, Meleagro,Silenziario) conoscevano bene la potenza dell’Eros; Catullo ci lasciò corpo, anima e testicoli fino all’inganno di sé; si persero Raimbaut d’Aurenga, De Ventadorn, Bertrand De Born, tutti i più grandi trovatori in questa magia bianca; la canzone napoletana è un’antologia della dipendenza servile e sublime alla donna, alla fanciulla, stringente accurata dolcezza in “i’ te vurria vasà”, strazio dell’età avanzata davanti a una giovane (“Era de maggio”,”Reginella”), senza che mai, nemmeno per un attimo il poeta sia attraversato dalla tentazione di tornare indietro, di fare come non fosse stato, perché no, perché non si può.
L’amore è il compimento di un viaggio cui siamo destinati ab origine: pùò sfavillare, accendersi, illuderci, perire, perché non era lui, non era quello. Ma anche così ce ne mette per andarsene via, per liberarci: le tenta tutte finché non è convinto, testardo e squassante quando arriva e quando prende il largo, ti trascina fino all’ultima speranza e non à poi che dica “scusa, m’ero sbagliato”, ti molla lì, ti atterra, quasi fosse colpa tua, additandoti a vergogna del genere umano.
Ma quando resta, quando ti si ferma accanto, coglie e compie la magia che riempie ogni universo, collega due punti per cui una retta, e una retta sola. Doveva passare e aggiunge un tratto al disegno che chissà chi e dove ha in mente da tempi immemorabili.
Si può scrivere una parola, una sola ,tagliente e indimenticabile, si può concepire una frase, legarla ad un’altra, metterla in versi, rapire un attimo al proprio animo e rileggerselo fremendo, si può provar quel brivido che dura verticale e breve, brevissimo, consumandolo in sé : l’amore no,
l’amore è romanzo e poema, non si accontenta dello spazio,vuole, esige il tempo, la malinconia delle cadute oltre gli assalti, vuole, esige il contrario, la rabbia, lo scazzo, la sconfitta, la rivincita, l’ammissione di colpa, la comprensione, il perdono, perché tutte
queste cose che portano al distacco nel viver sociale, sono nell’amore attesa di ritorni, giochi sottili per mettere alla prova l’intesa e le offese, i voltafaccia, le liti più aspre diventano richiami accorati, laddove, tolti il limite e la noia, l’amore è un brivido altrimenti orizzontale, di scosse e sussulti, e altro modo non ha per definirsi se non la sua lunghezza, la sua durata, perché se arriva il disastro non si è più quei due, si è altri due. E allora l’amore non c’entra, fa bene a mollare, non è più affar suo, riprende a cercare altrove.
Mi meravigliava una volta e non mi meraviglia più l’impressione, direi di più, la certezza di vedere in mia moglie sempre la stessa donna di tanto tempo fa: questa illusione ottica dei sentimenti è per me verità assoluta. A volte vedo in lei tutte le donne del mondo, perché non è cambiata mai, ma è mille volte sé: mi scopro a sbirciarla sotto le sottane per ridere poi del fatto che potrei farlo senza nascondermi, ma mi diverte così; non concordiamo quasi mai in niente e passiamo dei bei periodi a non salutarci, a non guardarci nemmeno in faccia: lei educa, io vizio, lei costruisce io distruggo, lei vive per me, io vivo per lei che vive per me, non sempre però.
L’amore ci ha rincorsi e ci ha afferrati per la collottola nei momenti più difficili e disperati, ci ha tenuti per un pelo davanti a fossi che credevamo voragini, ci ha impedito con tutte le sue forze di prendere il mare l’uno o l’altra, sulla barca di una nostra giovinezza, di una nostra solitudine rimpianta quanto ingannevole. Si è sbattuto come un dannato, mascherandosi, saltando fuori all’improvviso da dietro gli angoli, tirandoci per i vestiti e per l’anima, e offendendoci pure, che chissà chi gliene dava il diritto. Ne abbiamo sentita tutta la forza, la convinzione, la preghiera, la speranza, l’irriducibilità, quasi il suo pensiero fosse
“già me ne restano pochi, figurarsi se mi lascio scappare voi due”.
E così la mia ragazza,che ha sempre vent’anni’si è messa il cuore in pace.
Io non appartengo più è un album in studio del cantautore italiano Roberto Vecchioni, pubblicato l'8 ottobre 2013. Tutti i testi e le musiche sono di Roberto Vecchioni, escluso come indicato in alcuni brani.
Tracce
Esodo Le mie donne (Roberto Vecchioni - Claudio Guidetti) Il miracolo segreto Sei nel mio cuore (Roberto Vecchioni - Claudio Guidetti) Sui ricordi Ho conosciuto il dolore Stelle Così si va Wisława Szymborska Due madri Come fai? (Giuliano Sangiorgi - Roberto Vecchioni) Io non appartengo più
Sei nel mio cuore Sei la folaga pronta al volo l'azzurro inseparabile del cielo sei l'ipotesi e la tesi sei come un giacimento di sorrisi sei la signora degli anelli sei nel teorema di Fermat la quarta a destra del Botticelli sei nella statua della libertà Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei il saluto dalla nave Il cielo che si sporge dal temporale La bambina con la bandierina quando passa il Presidente della Cina Sei la Madonna con annessi e connessi Lady Godiva dei miei giorni riflessi Sei la risposta alla risposta non vera che ognuno è solo nel cuor della sera Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei viva dentro l'infinitesimo ricontato fino al millesimo ultimo istante d'armonia Fino al respiro che mi soffoca al sangue che sbriciola l'anima Sei nella vita mia Sei la mia squadra che ha segnato un rigore Il dentista che mi salva un molare Sei nei capelli di Beethoven nelle trame indecifrabili di Jeffery Deaver Sei la tempesta dello Sturm und Drang la pistola che non fa mai bang la genialità del vento l'addio di Casablanca nel tramonto Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei viva dentro l'infinitesimo raccontato fino al millesimo ultimo istante d'armonia Sei tu il nome di questa musica la mia penna che scrive libera la tristezza e la fobia Sei negli occhi dalla luce nera così immancabili sul mio cammino l'ultima cosa prima della sera la prima cosa del mattino Sei nel mio cuore sei nel mio cuore sei tu il mio cuore sei tu il mio cuore Sei nel mio cuore Sei nel mio cuore Sei tu il mio cuore sei tu il mio cuore
Video
Sui ricordi Non ricordarmi per i giorni del sole alto e dei ritorni da quella specie di trionfi e l'emozione e gli occhi gonfi: Non ricordarmi quando ho vinto e mi spingeva forte il vento e si fermavano i paesi un mare di accendini accesi: Dimentica le mie parole che han fatto piangere e sognare, scegliere il falso e il vero verde e han fatto vincere chi perde Non ricordarti del mio cuore quando ne aveva più bisogno, l'arcobaleno di furore che ti strozzava in gola un sogno: Non ricordarmi per l'amore quando era facile il destino, quando frenavo un soffio al cuore con il tuo corpo lì vicino, E ci chiudeva gli occhi il lume l'ultimo bacio sul tuo seno, e ci svegliava stretti assieme la prima stella del mattino: Per carità non ricordarmi come faranno tutti al mondo, io sono l'ultimo ad amarmi per cosa scrivo e cosa sento, Non voglio né celebrazioni né comitati di memoria, l'ultima delle mie intenzioni è di passare anche alla storia Però ricordami nei giorni quando nel computo degli anni ero nell'angolo battuto simile a un pugile suonato: Quando da te mi nascondevo e per non vivere bevevo, un'armatura da gigante e dentro un piccolo guerriero Che non aveva direzione , che non vedeva porto o mare, che non aveva strada o cielo dove potersi arrampicare: E tu ricordami com'ero per i miei sbagli senza scuse, per la mia infanzia di pensiero, le mie finestre sempre chiuse: Butta nel fuoco la poesia, tutta la musica che è mia, conserva solo l'altro ieri i miei biglietti con in fiori: Ricorda tutte le manie di quel cialtrone che io sono, le indecifrabili ironie che non ho chiesto mai perdono: Ricorda quando ti ho perduto, ricorda quando son caduto, ricorda quando mi hai tenuto appeso al mondo con un dito Ricorda la teoria di stelle su e giù impazzite per la pelle, quando ero nulla e mi sfioravi, quando eri tanto e mi sognavi, mi sognavi
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Ho conosciuto il dolore Ho conosciuto il dolore (di persona, s'intende) e lui mi ha conosciuto: siamo amici da sempre, io non l'ho mai perduto; lui tanto meno, che anzi si sente come finito se, per un giorno solo, non mi vede o mi sente. Ho conosciuto il dolore e mi è sembrato ridicolo, quando gli dò di gomito, quando gli dico in faccia: "Ma a chi vuoi far paura?" Ho conosciuto il dolore: era il figlio malato, la ragazza perduta all'orizzonte, il sogno svanito, la miseria dopo l'avventura; era il brigante all'angolo che mi chiedeva la vita; era il presuntuoso tumore che mi porto dentro da una cellula impazzita; era Dio, che non c'era e giurava, ah se giurava, di esserci; la sconfitta patita, l'indifferenza del mondo alla fame, alla povertà, alla fatica; l'ho conosciuto e l'ho preso a colpi di canzoni e parole da farlo tremare, da farlo impallidire, da farlo tornare all'angolo, pieno di botte, che nemmeno il suo secondo sapeva più come farlo di nuovo salire sul ring, continuare a boxare. E, un giorno, l'ho fermato in un bar, che neanche lo conosceva la gente; l'ho fermato per dirgli: "Con me non puoi niente!" Ho conosciuto il dolore ed ho avuto pietà di lui, della sua solitudine, di questo cavolo di suo mestiere; l'ho guardato negli occhi, che sono voragini e strappi di sogni infranti: "Ti vuoi fermare un momento?", gli ho chiesto, "Ti vuoi sedere? Vieni con me, andiamo insieme a bere. Hai fatto di tutto per disarmarmi la vita e non sai, non puoi sapere che mi passi come un'ombra sottile sfiorente, appena-appena toccante, e non hai vie d'uscita perché, nel cuore appreso, in questo attendere anche in un solo attimo, l'emozione di amici che partono, figli che nascono, sogni che corrono nel mio presente, io sono vivo e tu, mio dolore, non conti un cazzo di niente".
Stelle Il capitano poi partì per chissà dove, per chi sa cosa evviva Dio chissà perché, ma il capitano chi lo ferma? Il capitano chi lo smuove? Aveva voglia di capirselo da sè C'era una nebbia che non si vedeva a un metro, c'era il timone che non rispondeva più, i marinai come San Pietro chiedevan di tornare indietro, ma lui aspettava un segno, un segno da lassù: Stelle, lontane stelle miserevoli stelle di questo mondo, mandatemi una luce per vedere fino in fondo; Stelle, preziose stelle , incantevoli occhi del mistero, spiegatemi che razza di motivo ha questo mio veliero! Il capitano era perduto in un miraggio in mezzo a un mare che non si fermava più, "Poteva andarci pure peggio" mentiva in faccia all'equipaggio, e poi cantava per il ponte su e giù Da qualche parte ci sarà pure l'amore, da qualche parte forse incontreremo il sogno, il desiderio che ci manca, la gioia, l'attesa e l'emozione, cose che manco so, ma scopriremo insieme Stelle, lontane stelle, silenziose stelle dell'universo, ditemi dove e quando e per che cosa mi sono perso: Stelle, pietose stelle , sparpagliate stelle di questa sera, che cosa ci sto a fare su questo obbrobrio di nave nera? Il capitano era di quelli del coraggio, e tra le gambe nascondeva un cuore in più, ma dopo secoli di balle e barzellette all'equipaggio scoprì le lacrime di non poterne più: Stelle, sbracate stelle, stralunate stelle di questa notte, a voi che ve ne frega se siete vive o siete morte? Stelle, perdute stelle , miserabili stelle di questo cielo, è venuto il momento di mandarvi a fare in culo!
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Così si va
Così si va senza una lacrima o un rimpianto, chiudendo gli occhi in un incanto nel tempo come eternità: Così si va dribblando Dio con una finta, con un esame di coscienza dell'altra mia felicità: Così si va dando la mano a due bambine baciate all'ultimo confine e dirle non vi lascio qua, Spiegando a Dio che in questo solitario viaggio di paura e di coraggio non esiste mai un addio; Ci si innamora dell'amore e non si torna indietro mai, ci si innamora di parole, lampi che illudono persone che non moriranno mai Ci si innamora dell'amore e tutto il resto è niente sai, e ti dimentichi il dolore e sai che dove tu sei stato è ancora e sempre dove vai Così si va, ridendo al foglio di congedo, mostrando all'angelo che vedo che la mia vita è questa qua Si va così sapendo che mi terrò dentro la pioggia, il sole, il mare e il vento tutta la mia fragilità Così si va, perchè chi è stato lo è per sempre in un magnifico presente per chi vive e chi lo sa Si va così, perchè il passato è lì davanti e la tua vita è quel che senti e che nessuno ruberà Ci si innamora dell'amore e non si torna indietro mai, ci si innamora di parole lampi che illudono persone che non moriranno mai Ci si innamora dell'amore che è stato tutto e niente sai ci si innamora dell'amore il solo disperato vivere che hai Ci si innamora dell'amore cantando voci in un silenzio, dolce impigliato sentimento in questa mia felicità Così si va mica contando i giorni, mica contando i sogni, che non torneranno più Così si va, a testa alta e col sorriso di chi ha già visto il paradiso in una donna senza età Ci si innamora dell'amore e non si torna indietro mai, ci si innamora dell'amore il solo disperato vivere che hai, Ci si innamora dell'amore cantando voci in un silenzio, dolce impigliato sentimento in questa mia felicità Ci si innamora dell'amore che è stato tutto e niente sai la sola scusa di vivere che hai
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Wisława Szymborska E quando canti sento l'inconsistenza amica, la sorpresa del mondo come una perla antica; E quando canti chiedo ma chi le ha dato il cuore, la legge del sospiro, per scrivere parole? E quando canti il mondo mi svela il suo motivo casuale ed inspiegabile magia d'essere vivo ; E quando canti, canti e sfilano i sorrisi fra i denti di Wislawa bella ad occhi semichiusi ; E quando canti vedo le strade di Varsavia, l'innamorato amato come veleggiando l'aria; E quando canti aspetto che il verso sia finito e la gioia di vivere mi prenda all'infinito; E quando canti imparo che siamo nella storia come un'anomalia costretti alla memoria; E quando canti, canti, si snuvola la sera davanti a quel miracolo che siamo e che non c'era; E quando canti, canti le magie del destino l'assurdità del tempo fra le corde di un violino; E quando canti, canti e il giorno mi si perde, ha un senso anche il dolore in questo sterminato verde; E quando canti, canti, e lo diresti amore, e " senti come batte forte dentro me il tuo cuore".
Due madri Nina due madri ti seguono, si specchiano dentro i tuoi occhi di cielo, innamorate dal giorno che ti hanno cercata e voluta davvero Cloe io so cosa pensi: due madri son tante, però siete in due, e si dividono a turno i tuoi sorrisi e le lacrime sue E si portano dietro quel giorno sfiorato di prime tremanti parole, come amore alla faccia del mondo, come l'unica via per non essere sole Come il sole all'inferno, come un fiore d'inverno. e l'inizio di un sogno Nina due madri son come la luna di notte e il sole di giorno, come due storie e due trame di una stessa favola per prendere sonno Cloe non credere ai tanti tamburi di latta del mondo normale, se grideranno allo scandalo mettiti a ridere perchè sei speciale Datemi sempre la mano perchè sono vecchio e non vedo lontano, camminatemi sempre davanti ho i sogni leggeri ma i piedi pesanti, Ditemi sempre la strada per me fa lo stesso dovunque si vada e non statemi a prender sul serio, se dico che i sogni li ho persi nel cielo Voi non state a sentire, dico tanto per dire, e mi va di scherzare. Quando l'airone discese portandovi in volo tra i raggi del sole Le vostre madri vi han preso la penna d'argento che toglie il dolore; Ditemi sempre la strada per me fa lo stesso dovunque si vada e non statemi a prender sul serio se dico che i sogni li ho persi nel cielo Dico tanto per dire, per non farmi capire, per non farmi soffrire.
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Come fai?
Far finta di aver capito ogni singola parola, Promettendo di restarti lontano quanto basti solo per sentire Senza occhi e senza cuore, Costringendoli a scappare altrove, Altrove, dove ogni istinto muore E perdersi in posti dove sembra tu non possa mai arrivare, Perché tanto tu sei qui a chiedermi ancora di non guardare, Ma almeno spiegami com'è possibile che nello stesso istante Tu sia qui e anche altrove Come fai A camminare il mio pensiero? Come fai A essere in ogni parte di mondo che non ha terra e nemmeno cielo? Come fai A non lasciar libero il passaggio a nessun sentiero? Sei lo spazio sei il tempo di ovunque e di sempre Ma come fai a non lasciarmi un giorno solo, a non lasciarmi indietro? Come fai a cadere e volare qual è il tuo segreto? Ma come fai dimmi come fai ad essere oltre il dolore Essere sempre amore? Devo ammettere che non è per niente facile restare immobile, E mi capita di cadere con gli occhi sulla tua lingua che continua a battere, Sul bianco dei tuoi denti e il rosso del tuo fingere, Fino a contendersi in un silenzio che non può più perdere; E tu a chiedermi ancora di ascoltare e non guardare, Perché niente può essere diverso da quel che ti sento dire, Ma meglio ora che io ascolti senza occhi, senza quelli vado altrove Dove non ho più pelle per amare Come fai A camminare ogni pensiero? Come fai Ad essere in ogni parte di mondo che non ha terra e nemmeno cielo? Come fai A non lasciar libero il passaggio a nessun sentiero? Sei lo spazio sei il tempo di ovunque e di sempre Ma come fai a sentire le mie voci e a rispettare i miei silenzi? Come fai a leggere i miei pensieri prima che li pensi? Ma come fai dimmi come fai ad essere e non avere, Essere sempre amore?
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Io non appartengo più
Io non appartengo più alle cose del mio tempo, non mi riconosco più, lì nascosto dietro un canto. Non mi basta nemmeno il cuore per giustificare, capire, sentire, immaginare. Non mi basta la forza degli occhi per voltarmi e non guardare. Io non appartengo più viaggio come un clandestino, in una nave senza rotta già segnata dal destino. Io non appartengo più ai borghesi, agli inciuciai, alle banche, ai cazzinculo e mi scuso, ma c'ho pure il dubbio che sia perfino Dio un refuso. Sono sveglio dentro un sogno di totale indifferenza, che persino tra le gambe mi si è persa la pazienza. Io non appartengo al tempo del delirio digitale, del pensiero orizzontale, di democrazia totale. Appartengo a un altro tempo scritto sopra le mie dita, con i segni di chitarra che mi rigano la vita. Io l'ho vista la bellezza e ce l'ho stampata in cuore, imbranata giovinezza a ogni antico nuovo amore. Io non appartengo più, mi fa ridere lo ammetto, ma vi giuro non lo faccio per malinconia o dispetto. Non lo dico per stanchezza, al calar del sipario su spettatori immaginari sono gli uomini la stizza, sono i loro stupidari. Così corrono ad Oriente e non c'è stella cometa e moltiplicano il niente per chiamarlo ancora vita, come chi ha dimenticato, come chi non ha provato, come chi si è sorpassato, non si è visto e ha continuato. Io non appartengo a un tempo che non mi ha insegnato niente tranne che puoi esser uomo ma non diventare gente. Io volevo ed erano voli di uno sparso, antico sogno, per non rimanere soli, accecati nell'abbaglio. Io non appartengo più, e lascio uno spiraglio alla mia porta, solo quando vieni fanno con l'amore di una volta.
grande, meraviglioso, unico, non ci sono parole per descrivere quest'album - da brividi...grande Roberto..grazie per questo testamento in versi e musica