Cos'è la Mitologia?

la nascita dei miti

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  1. gheagabry
     
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    Mitologia (dal greco mythos e logein; letteralmente: discorrere in maniera razionale del racconto poetico) è il termine con cui si indica sia lo studio - riferito di frequente alle singole religioni - dei miti e sia il complesso delle credenze mitiche.

    Può darsi che le civiltà antiche abbiano considerato i loro miti come la memoria di avvenimenti realmente accaduti, spesso legati all'origine stessa del mondo. Di certo, le culture storiche molto spesso (o quasi sempre) hanno messo in dubbio la verità letterale dei miti, interrogandosi sulle ragioni e sui modi della nascita di questi antichi racconti.

    Un celebre tentativo di rispondere a questo genere di domande si deve a Evemero, filosofo greco vissuto tra il IV e il III secolo a.C. Nell'interpretazione cosiddetta evemeristica, i miti sono in effetti resoconti di avvenimenti storici, che però, nel loro essere tramandati di generazione in generazione, sono stati via via sottoposti ad un insensibile procedimento fantastico, cristallizzando dettagli inverosimili e assumendo specifiche peculiarità simboliche. Secondo questa tesi (che ha sostenitori anche in tempi moderni), gli dèi del mito sono in realtà antichi re e guerrieri che col tempo sono diventati leggendari o sono stati divinizzati.

    Sempre fra i filosofi greci, altri (per esempio Plotino) sostennero invece l'infondatezza storica del mito, asserendo che la mitologia andava considerata come un corpus di insegnamenti morali espresso in forma metaforica. Anche questa posizione generale ha ancora i propri sostenitori, sebbene in genere gli studiosi moderni concordino sul fatto che non tutti i miti abbiano un significato morale.

    Nel XVII secolo, il filosofo Giambattista Vico suppose che il mito fosse nato dalle caratteristiche proprie dei primi uomini: simili a "fanciulli", i nostri progenitori, anziché formulare concetti astratti, avrebbero espresse la loro visione del mondo mediante immagini poetiche. Si tratta di una concezione di cui sarebbe davvero imprudente sottovalutare l'importanza: se ne ritrovano tracce, di segno peraltro opposto, in quasi tutte le teorie antropologiche successive, sia in quelle che vedono nell'ipotetica "fantasia" primordiale null'altro che un'incapacità razionale, sia in quelle che all'opposto ritengono quel pensiero "poetico" (di cui si parla per via ipotetica, occorre ricordarlo) come superiore a quello fondato sul principio di non contraddizione e su altri protocolli della Ragione.

    Gli aspetti fondamentali del mito sono simili in ogni parte del mondo. Ad esempio Giorgio De Santillana ed Herta Von Dechend (in Il mulino di Amleto) affermano che la complessità della descrizione mitologica non ha nulla da invidiare alla complessità della scienza attuale. Attraverso il mito si scopre un messaggio importante per l'umanità che solo ora è possibile e necessario decifrare. L'autore afferma infatti che sia necessario affrontare una lettura "su più livelli" del mito. Ad esempio il Diluvio universale è un mito che si trova dovunque, in quasi tutte le antiche mitologie, anche in popoli geograficamente molto distanti. La prima ipotesi che si affaccia alla mente è che questo mito sia la descrizione di un'alluvione avvenuta in tempi remotissimi, il cui racconto fu tramandato oralmente e poi trascritto.

    Alcuni studiosi tuttavia credono che un mito come quello del Diluvio potrebbe essere molto più semplicemente nato dall'idea che le antiche popolazioni potevano avere dell'acqua: è innegabile che molte immagini risultano avere la stessa valenza in luoghi diversi (il fuoco e l'acqua la purificazione, il fulmine l'ira divina e così via), pertanto è possibile che l'idea di un'alluvione talmente devastante da costringere gli uomini a ricominciare da zero sia nata nelle diverse culture per diverse esigenze. Secondo questa ipotesi, piuttosto che un evento reale raccontato in modi diversi, le culture antiche avrebbero adattato una identica idea ai loro interessi, ai loro scopi; bisogna considerare che anticamente gli uomini erano molto più vulnerabili agli eventi naturali, e potrebbero aver scelto quasi indipendentemente un'inondazione come evento catastrofico. D'altra parte il primo Diluvio, raccontato nell'Epopea di Gilgamesh fu ripreso nell'Enuma Elish, e da qui si diffuse nella cultura greca e in quella ebrea, e da lì in tutto il mondo indoeuropeo.

    Oltre a quella classica in senso stretto (romana e greca), esistono diversi tipi di mitologie e le più ricche sono quella indiana e quella mesopotamica. Tuttavia, non esiste cultura antica senza una propria mitologia.

    Le aree interessate non escludono alcun continente: Africa, Americhe, Asia, Europa ed Oceania.


    * Mitologia aborigena
    * Mitologia albanese
    * Mitologia azteca
    * Mitologia babilonese
    * Mitologia celtica
    * Mitologia classica
    * Mitologia cristiana
    * Mitologia dei Nativi Americani
    * Mitologia dell'Africa subsahariana
    * Mitologia egizia
    * Mitologia etrusca
    * Mitologia ugro-finnica
    * Mitologia greca
    * Mitologia lettone
    * Mitologia mesopotamica
    * Mitologia maya
    * Mitologia norrena
    * Mitologia orientale
    * Mitologia persiana
    * Mitologia romana
    * Mitologia slava
    * Mitologia sumera
    * Mitologia inca


     
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    Grazie Gabry, sono certo che inizierà oggi un viaggio meraviglioso ... GRAZIE ANCORA DI CUORE ...

     
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  3. tomiva57
     
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    La mitologia greca raccoglie le leggende delle divinità e degli eroi della Grecia antica. Tutti questi personaggi sono stati creati e diffusi dalla tradizione orale e poetica, arrivando a mescolarsi o sostituirsi con la storia della Grecia classica.
    Nome greco Nome romano

    Afrodite Venere Dea della bellezza
    Ares Marte Dio della guerra
    Artemide Diana Dea della caccia
    Atena Minerva Dea dell'intelligenza
    Elios Apollo Dio del sole
    Ermes Mercurio Dio dei mercanti e dei ladri, messaggero degli dei
    Eros Cupido Dio dell'amore
    Poseidone Nettuno Dio del mare



    Erinni: Nella mitologia greca, le tre dee vendicatrici: Tisifone (vendicatrice dell'assassinio), Megera (personificazione della gelosia) e Aletto (la collera incessante). Presso i romani vennero identificate con le Furie.

    Gorgoni: Nella mitologia greca, le figlie mostruose del dio marino Forco e della sua sposa e sorella Ceto. Le gorgoni erano creature terrificanti, simili a draghi, ricoperte di scaglie dorate e con serpenti al posto dei capelli. Avevano ali immense, grosse zanne e volti mostruosi con la lingua penzolante; vivevano sulla riva più lontana dell'Oceano Occidentale, evitate da tutti perché il loro sguardo trasformava le persone in pietra.

    Le Nereidi, nella mitologia greca, divinità marine figlie di Nereo e Doride. Vivono in fondo al mare nel palazzo paterno e, nelle varie versioni del mito, il loro numero, generalmente di cinquanta, può arrivare fino a cento. Considerate personificazioni delle onde, le bellissime nereidi amano giocare con gli animali marini, intervenendo talvolta in soccorso dei naviganti.
     
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  4. almamarina
     
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    GRAZIEEEEEEEE.POI DARò IL MIO CONTRIBUTO............MI PIACE L'ARGOMENTO

    GRAZIE GABRY............E' UN'ARGOMENTO CHE MI AFFASCINA SIN DA BAMBINA...SARA' PERCHE' IO DA SEMPRE ADORO LA STORIA E LE STORIE CHE ESSA CI HA PORTATO
     
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  5. tomiva57
     
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    la leggenda narra che..

    zeus

    Figlio di Urano(il cielo) e di Gea ( la terra) Crono era in tempi lontani il Dio supremo.
    Ebbe dalla moglieRea sei figli:Estia, Demetra,Era,Ade, Poseidone e ZEUS.Poichè gli era stato predetto che uno di loro lo avrebbe detronizzato, Crono li divorava a mano a mano che venivano alla luce.
    La povera Rea cercò di salvare Zeus, nascondendolo in una grotta dell'isola di Creta e affidandolo alle ninfe.
    Crono cercò il piccolo per mare e per terra e le ninfe, ogni volta che si avvicinava , facevano un gran baccano, suonando e cantando, perchè non udisse i pianti del piccolo.
    Rea, per timore che venisse trovato escogitò un'inganno. Prese una pietra e la avvolse con una fascia e la consegnò al marito dicendo che era l'ultimo nato.
    Crono inghiotti la pietra, convinto di aver eliminato anche l'ultimo, il quale crebbe bello e forte fino al giorno la madre lo presentò come coppiere a Crono. Questi non lo riconobbe, non avendolo mai visto, e lo assunse.
    Un giorno Zeus agggiunse senape e sale nella coppa del padre, che rivoltato dall'orribile pozione, restitui' sani e salvi, dalla grande bocca, tutti i figli tragugiati. inizio cosi una terribile guerra tra Crono e i suoi figli.
    Dalla parte del vecchio dio stavano i Titani, guidati da Atlante, dalla parte di Zeus combattevano i Ciclopi, che regalarono ad Ade un elmo che lo rendeva invisibile, a Poseidone il tridente e a Zeus il fulmine.Ade disarmò Crono, Poseidone lo insegui' con il, tridente e Zeus gli diede il colpo di grazia, fulminandolo.
    Crono non mori', ma dovete cedere il trono a Zeus e andarsene in esilio.
    Zeus fu il re degli dei e li governò con autorità e giustizia
     
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  6. gheagabry
     
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    Ibridi, natura e saggezza





    Gli ibridi col mondo vegaetale sono un numero minimo rispetto agli ibridi animali, nella mitologia e nel genere fiabesco.

    Più spesso sono trasformazioni salvifiche, mutazioni che gli déi accordano per salvarli ad alcuni mortali in pericolo.
    Così Dafne si tramuta in alloro per sfuggire alle mire sessuali di Apollo.

    Si può pensare che la mutazione vegetale sia meno ricorrente perché sembra portare ad un essere inanimato, raramente portatore di significati ulteriori, una trasformazione definitiva, nella quale l'anima umana resta imprigionata invece di recuperare valori nascosti all'umanità come avviene nel caso dell'ibrido animale.



    Una eccezione è quella del personaggio di Barbalbero nell'epopea del Signore degli Anelli di Tolkien, definito l'essere più antico della Terra Mezzo, il pastore di alberi. Barbalbero (o Fangorn) e portatore di valori di saggezza, allontamento dalla approssimazione e superficialità della vita che vede scorrere intorno a lui, consapevole di un modo di vivere il tempo diverso. Lento.
    Ma anche triste, perché appartenente inesorabilmente ad un mondo che non c'è più, ad una razza, gli Ent, cui è stata negata la possibilità di amore e di continuità, con l'allontanamento delle Entesse, la loro metà femminile.


    “sembrava vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di ricordi e di lunghe, lente, costanti meditazioni; ma in superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di un profondo lago”.

    J.R.R.TOLKIEN








    L'idea di un essere che assommi in sé le caratteristiche di due diverse specie e, in particolare, di un essere in parte uomo e in parte animale, percorre tutta la storia dell'immaginario umano: strutturato in racconti mitologici o sublimato nella fiaba.

    Questi esseri immaginari vengono spesso rivestiti di poteri speciali, religiosi, maieutici, profetici o magici.
    E l'uomo, nelle civiltà antiche, tenta di propiziarseli e di attirarne i favori con la loro adozione a propettori di una famiglia o etnia (il clan e il suo totem).

    Nella mitologia classica, basti ricordare che da una primigenia, mostruosa donna, Echidna, con la parte inferiore del corpo a forma di serpente, nacquero numerosi di questi ibridi: la Sfinge (volto di donna e corpo di leone), le Arpie (uccelli), l'Idra di Lerna (mostro a nove teste), la Chimera (risultata di una combinazione tra un serpente, una capra e un leone), Cerbero (cane con tre teste) e il Leone di Nemea.
    Altri ibridi molto noti, sempre in mitologia, erano le Esperidi, le Gorgoni (donne con serpenti al posto dei capelli e zanne di cinghiale), i Centauri (metà uomini e metà cavalli), le Sirene (mezze donne e mezzi uccelli, nella tradizione più antica; poi diventate per metà pesci), i Satiri (metà uomini e metà capre), i Sileni (uomini e asini), i Tritoni (uomini e mostri marini) e il famoso Minotauro del labirinto di Creta (metà uomo e metà toro).

    Nelle fiabe non c'è quasi mai la raffigurazione dell'ibrido come elemento abnorme delle natura, fisso e determinato e spesso malvagio, ma piuttosto l'ibrido è un essere che incarna il passaggio, la mutazione.
    Sono ibridi famosi la bestia (de La Bella e la Bestia), il rospo (de Il principe-rospo), Pinocchio, il brutto anatroccolo (destinato a trasformarsi in cigno), la Sirenetta.
    In alcuni di questi personaggi per un evento magico iniziale (spesso già avvenuto all'inizio della fiaba), la vera natura è stata trasformata e solo la realizzazione di una cluasola, il superamento di un limite, potrà annullare la trasformazione.
    In altri è ancora più chiaro che di una trasformazione interna al personaggio si tratta: una crescita, da crisalide a farfalla.

    In tutto l'immaginario dell'ibrido comunque si ritrova una compresenza tra il dramma esistenziale dell'essere spesso prigioniero in corpo in cui non si riconosce e una specie di consapevolezza dell'essere umano, che continua nel tempo a sentirsi imparentato con l'animalità. E questo di solito avviene nella perdita di controllo razionale sulla corporeità e gli istinti.
     
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  7. gheagabry
     
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    "Attraverso i racconti fantastici che sembrano narrare la vita di eroi leggendari, la potenza delle divinità della natura, lo spirito dei morti o gli antenati leggendari di una comunità, viene data un’espressione simbolica a desideri, paure e tensioni inconsce che sono alla base dei meccanismi coscienti del comportamento umano. In altri termini la mitologia non è altro che psicologia in forma di biografia, storia e cosmologia."


    J. Campbell

     
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  8. gheagabry
     
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    L'ALBERO SACRO

    "Tu ti rivolgi al Cielo ogni giorno,
    Tu lo implori,
    Lo sfiori con le tue dita affusolate,
    Lo accarezzi dolcemente,
    ne senti le sue Voci,
    Voci che ti parlano di Vite Passate
    e di Sofferenze,
    ma anche di tanto Amore;
    la tua Età nessuno la conosce,
    nè può conoscerla,
    nemmeno gli uomini,
    che vengono a riposare ai tuoi piedi,
    le sere d'estate;
    le tue lunghe radici, invece,
    come sottili fili di seta,
    si spingono nel profondo della Madre Terra
    e toccano, leggere,
    Angeli Caduti,
    gli stessi che Dio, un tempo lontano,
    cacciò via ;
    Luce e Tenebra sono in te;
    la tua Anima lo sente
    e si compiace di tutto questo,
    come una moneta d'Argento
    che mostri il suo Verso."

     
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  9. gheagabry
     
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    L'OMBELICO DEL MONDO






    La mitologia greca narra che un giorno il re degli dei e degli uomini, il possente Zeus decise di scoprire quale fosse il centro del suo regno. Liberò quindi due maestose aquile alle estremità del mondo in modo che volando su tutta la terra trovassero il punto esatto, il centro del suo impero.
    I grandi uccelli volarono sopra l’intera Terra alla sua ricerca fino a che riuscirono a trovarlo. I due rapaci si rincontrarono nella fertile vallata di Delfi, precisamente sul versante sud del monte Parnaso. Questo monte è esattamente al centro della Grecia e domina la città di Delfi.

    Il punto segnalato dalle aquile venne contrassegnato da un sasso chiamato “omphalòs” che in greco vuol dire proprio ombelico e proprio in quel punto venne edificato il tempio al dio Apollo che divenne sede dell’oracolo della città.
    “L’oracolo di Delfi” veniva consultato praticamente da tutti, re e schiavi ed era il più importante dell’antica Grecia. Apollo rappresentava poi il tramite, l’anello di congiunzione, tra il possente Zeus e gli uomini.
    All’interno del tempio c’era la sacerdotessa, la Pizia, che sedeva sun baratro in una grotta ubicata sotto il tempio e che inalava i fumi e vapori che uscivano dalla Terra. Con questi spesso cadeva in trance ed era in grado di predire eventi futuri. Le parole della Pizia venivano trasformate dai sacerdoti in versi e considerate profezie divine. Queste sacerdotesse venivano scelte tra le famiglie povere di contadini, passavano la loro vita all’interno del tempio e dovevano mantenere il nubilato. All’inizio erano giovanissime, ma poi cedevano alla seduzione maschile, così si optò per cinquantenni. Ce n’erano fino a tre nel tempio perchè spesso finivano intossicate dai vapori.
     
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  10. gheagabry
     
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    Sono moltissime le domende che gli uomini si sono sempre posti, fin dall’alba dei tempi. La creazione del mondo, insieme alla natura del tempo, al ruolo del genere umano nell’universo, hanno attratto il pensiero.
    Gli uomi hanno sempre riflettuto su questi enigmi cosmici nella speranza di ottenere risposte. Per trovarle gli antichi popoli sono ricorsi a leggende e alla creazione di miti. Ne sono nati i racconti su luoghi sacri e sui misteri dell’essere umano e della sua origine.
    Ancora oggi alcuni posti, come ad esempio Spider Rock in Arizona, il Monte Kailas nel Tibet, il lago Titicaca in Sud America sono considerati ingresso ad altre epoche e dimensioni temporali e dimora degli dei.

    È curioso come popoli diversi, stanziati in continenti completamente differenti e lontani tra loro abbiano descritto questi luoghi descrivendoli in modo del tutto simile. Le varie cosmologie, asiatiche, greche, indiane e americane, li chiamavano “ombelico del mondo” e li identificavano come il centro unificatore della creazione stessa.
    Non ne veniva compreso appieno il significato, ma vi si CREDEVA, era un atto di fede. Questi luoghi sacri sono in ogni caso posti bellissimi e magici, intrisi di mistero e curiose testimonianze lasciateci dai nostri avi. Per esempio sulla alta guglia dello Spider Rock, secondo gli indiani Navajo dell’America Sud-Occidentale, avrebbe casa la donna ragno, dea della Terra. In pratica si tratta di un monolito di arenaria rossa che si erge per ventisei metri verso il cielo.
    Un’altra popolazione indiana, gli Hopi erano convinti che la Donna Ragno custodisse le porte del grembo materno della Madre terra dalle quali era uscito l’uomo all’alba dei tempi. La leggenda narra che la Donna Ragno fu creata dal dio dell’Universo e per gli Hopi era una sorta di nonna saggia, anello di congiunzione tra gli uomini e le divinità, quella che trasportava le anime dalla Terra al Cielo in un cesto tessuto con la sua tela.

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  11. gheagabry
     
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    IL VERDE MITOLOGICO




    Originariamente il verde è fuso con l’azzurro, così nella Genesi biblica dal blu azzurro delle acque di sopra e di sotto, seguì il verde del mare e della vegetazione. Il passaggio al verde segna il passaggio alla vita organica. Le prime alghe, sono la manifestazione cromaticamente verde del principio germinativo e biologico che si sviluppa nell’acqua, così il verde è archetipo della vita vegetativa e dunque anche del vegetativo che è nell’uomo.


    La nascita del vegetativo è tema che viene variamente sviluppato nelle mitologie che raccontano la nascita di un dio verde dalla Grande Madre. Così in Mesopotamia il dio Tammuz era detto “padre della vegetazione” e ogni anno rinasceva nel grembo sotterraneo di Isthar. il suo omologoAttis era figliodellaninfa del fiume Sangaro; mutato in pino dalla dea madre Cibele, fu dio delle conifere sempreverdi.In Egitto, Osiride, il dio rinato per opera della dea madre Iside era detto “il grande verde”. Vishnu invece, lasciati gli abiti gialli della luce creatrice, si fa natura assumendo quelli della tartaruga dal muso verde.
    I miti che narrano della nascita di dèi e eroi verdi sembrano documentare il momento in cui dalla dimensione della Grande Madre, dalla situazione indifferenziata delle origini, si distacca un entità autonoma che diciamo Io: quando dalla matrice originaria dell’inconscio si forma l’Io, esso nasce come un “dio verde”, ovvero come l’entità dotata in primo luogo di sostanza e spessore vegetativo.
    Nel verde si evidenzia il principio vitale che si esprime nelle dimensioni vegetative del pianeta Terra e nel substarto vegetativo del pianeta uomo. Il verde è dunque il principio vitale elementare che si manifesta nel mondo e nella psiche: ciò che continua sempre a vivere, identificato nell’Osiride come “Grande verde”. La vegetazione infatti, strappata, calpestata o divorata, in silenzio continua a ricrescere.
    L’archetipo verde che costella la nascita della vita nelle forme semplici di tipo vegetale era personificata dai greci nella figura di Talia, una delle tre grazie, che presiedeva alla vegetazione ed era lei stessa di colore verde, ma esiste un'altra forma di manifestazione elementare, quella associata al mondo animale rappresentata dai rettili e dagli anfibi che popolano i territori palustri e acquitrinosi che rappresentano il mondo degli istinti nel loro stato più elementare. Così, per indagare le costellazioni simboliche del verde è necessario rivolgersi a queste due dimensioni della natura vegetale dei livelli neurovegetativi e della natura animale e istintuale umana.
    Nel primo caso possiamo considerare che Verdi sono i custodi della natura, e verde è colore della primavera e, poiché la primavera è relazionata al risveglio e al principio della vita, verde diventa colore dei principianti, della gioventù e di ciò che non è ancora completo. Il verde quindi individua una evoluzione in essere ma che è ancora immatura e che necessita appunto di essere custodita, ma proprio perché ancora immatura, soggetta agli istinti ancora latenti e inesplorati.


    dal web
     
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  12. gheagabry
     
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    un'opera è tale finché è in grado di meravigliare,
    finché sa raccontare qualcosa di sé
    e nascondere allo stesso tempo il suo mistero arcano,
    capace di coinvolgere il fascino dell'ignoto e l'istinto della ricerca.
    Avviene cosi che un drago può divenire simbolo benefico, magico e misterioso,
    e un uragano prenda forma femminile per manifestare la sua incorruttibilità,
    mentre vortici, mari, lune e dee celano e rivelano gli oscuri segreti cosmici
    di un universo tanto infinito da apparire onirico.
    Ovunque, si nascondono simboli e miti,
    e ognuno di loro offusca segreti, misteri, enigmi,
    e storie da raccontare.
    Ovunque il tempo lascia inciso il proprio segno,
    nascosto nelle opere della natura,
    forse l'unico vero grande artista in grado di mantenere viva quella meraviglia infinita.
    Noi, possiamo solo cercare di imitarla,
    rubandole quei pochi misteri svelati,
    per nasconderli a nostra volta in simboli e miti..

    ferdinando

     
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  14. gheagabry
     
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    LA MITOLOGIA "VERDE"


    ABETE - In Grecia l'abete bianco - elate - era sacro alla dea Artemide, cioè alla luna, protettrice delle nascite, in onore della quale si sventolava nelle feste dionisiache un suo ramo intrecciato con edera e coronato sulla punta da una pigna. Portava lo stesso nome dell'abete bianco Elàte, la dea della luna nuova, detta anche Kaineides (da kainizo che significa rinnovare, recare cose nuove). Riguardo a Kaineides c'è anche una leggenda. Un giorno la ninfa Cenide fu posseduta da Poseidone, che in cambio le chiese cosa desiderasse come dono d'amore. Ed ella chiese di essere trasformata in un guerriero invincibile. Prese il nome di Cineo, divenne un imbattibile guerriero e fu proclamato re dei Lapiti. Diventò così superbo da piantare nel centro della piazza la sua lancia realizzata con legno di abete e chiese ai sudditi di dedicarle dei sacrifici. Zeus, per punirlo, spinse i Centauri ad ucciderlo, Percuotendolo con tronchi di abete e conficcandolo al suolo come se fosse un albero. Da allora presso molte popolazioni in primavera si verifica un rituale, durante il quale un palo di abete viene conficcato al centro della piazza del mercato (Metamorfosi, Ovidio). Il mito adombra probabilmente un rito in onore della Grande Madre che doveva consistere nell'innalzamento di un abete nella piazza del mercato e in una cerimonia rituale in cui uomini nudi, armati di magli, percuotevano sul capo un'effigie della Madre Terra per liberare lo spirito dell'anno nuovo.
    ACERO PALMATO - In autunno le foglie dell' Acer palmatum diventano rosso sangue dopo essere trascolorate dal giallo all'arancio. Il vermiglio fece attribuire a questo albero un carattere funesto, sicchè fu dedicato a Fobos, il dio della paura figlio di Ares, di cui era l'accolito nelle battaglie col fratello Deimos, il panico. Per questo motivo i Greci, come d'altronde i Romani, all'acero preferivano come pianta ornamentale il platano le cui foglie non assumevano quel colore funesto. Nel folklore europeo divenne invece un albero prezioso per allontanare i pipistrelli, che, secondo una convinzione infondata, succhiavano il sangue ai bambini. Una fiaba ungherese narra che sul terreno dove una principessa era stata sepolta dal suo assassino nacque un acero che servì ad un pastore per fabbricare un flauto parlante, che denunciò il colpevole. Dalla favola si spiega come il legno degli aceri sia adatto alla fabbricazione di strumenti musicali. Fu Antonio Stradivari ad utilizzare per la prima volta un ponte d'acero per sostenere le corde.
    ALLORO -Dafne, ninfa inutilmente amata da Apollo, da lui perseguitata, chiese aiuto agli dei per sfuggirgli e fu trasformata in alloro (in greco daphne). Da allora la pianta d'alloro fu sacra ad Apollo e con le sue foglie venivano coronati i poeti e gli eroi.
    ANEMONE - Anemone era una divinità ed apparteneva alla corte di Chloris. Della sua bellezza si innamorarono due venti: Zefiro e Tramontana. Chloris ne fu gelosa e la trasformò in un fiore condannato ad aprirsi quando soffia il vento.
    CIPRESSO - Bellissimo giovane amato da Apollo, per errore uccise un cervo da lui allevato e al quale era molto affezionato. Non sopportò il rimorso il dolore per la sua perdita e si diede la morte. Apollo lo trasformò in un albero che, da allora, è il simbolo del dolore e della tristezza, il cipresso.
    EDERA – Il dio Dioniso, per impedire che un suo giovane amico, Cisso, potesse perdere la vita nelle acrobazie spericolate che eseguiva nelle feste in suo onore, lo trasformò in una pianta simbolo di attaccamento e fedeltà. A questa pianta, fin dall’antichità, venivano attribuite virtù terapeutiche contro l’ebbrezza del vino. Dioniso era spesso raffigurato con una corona d’edera sul capo.
    GIACINTO - Era un bellissimo giovane, figlio di Diomede, che amava molto Apollo. Zefiro, invidioso della sua preferenza per il dio, mentre i due gareggiavano nel lancio del disco, deviò la traiettoria del disco, che colpì il giovane, uccidendolo. Dal suo sangue sgorgò il fiore del giacinto. Secondo un'altra leggenda, Aiace Telamonio, grande guerriero acheo, alla morte di Achille ne reclamò le armi e, poiché Ulisse ebbe la meglio, impazzì e fece strage delle mandrie dei Greci, scambiandole per guerrieri. Quando rinsavì, per la vergogna, si uccise con la propria spada. Dal suo sangue sgorgò un fiore, il giacinto.
    GIGLIO (Lilium) – Secondo la mitologia greca, il giglio nacque dal latte di Giunone. Mentre la dea nutriva Ercole, concepito insieme a Giove, una goccia di latte, caduta dal suo seno, diede origine al giglio. Venere, gelosa del candore di questo fiore, fece cadere nel suo calice lunghi stami gialli, il cui polline macchia le dita di chi lo coglie.
    LECCIO - Il leccio è chiamato anche quercia verde perché appartiene al genere Quercus comune a tutte le querce. Nell'antica Grecia il leccio era sacro a Giove. A poco a poco però non solo fu sostituito dalle altre querce, ma divenne un albero sinistro, consultato soltanto per gli oracoli funesti e annoverato tra quelli funerari. Effettivamente un boschetto di lecci non evoca immagini solari. Forse è questo il motivo per cui i Greci lo consacrarono alla dea Ecate narrando che le tre parche funerarie si coronassero con le sue foglie. Questa nomea sinistra è arrivata fino a noi. Lo prova una leggenda delle isole ioniche. Essa racconta come gli alberi avessero deciso, dopo la condanna di Cristo, di non offrire il legno per la Croce. Solo il leccio si prestò ad offrire il suo legno per la Passione di Cristo e da allora il leccio fu considerato il simbolo vegetale di Giuda.
    MELOGRANO - E' legato al mito di Orione, famosissimo per la sua bellezza, il quale sposò Side, una fanciulla tanto vanitosa da credere di essere più bella anche di Era. La dea la punì scaraventandola nell’Ade, dove si trasformò in melograno.
    Secondo altre leggende, il frutto sarebbe nato dal sangue di Dioniso.
    MIRRA - Figlia del re di Cipro, si innamorò del proprio padre, lo sedusse con l'inganno e generò con lui Adone. Per evitare la collera del padre, fuggì in Arabia, dove gli dei la trasformarono nell'albero della mirra.
    NARCISO - Narciso, figlio della ninfa Liriope e del dio del fiume Cefiso, quando nacque, il veggente Tiresia gli profetizzò che sarebbe vissuto fino a tarda età, purché non conoscesse mai se stesso. Chiunque si sarebbe innamorato di Narciso e, quando ebbe raggiunto i sedici anni, si era lasciato alle spalle una schiera di amanti respinti d'ambo i sessi, poiché era caparbiamente geloso della propria bellezza. Tra gli altri spasimanti vi era la Ninfa Eco, che non poteva più servirsi della propria voce se non per ripetere stupidamente le ultime parole gridate da qualcun'altro. Fu punita da Era perché la distraeva con lunghe favole mentre le concubine di Zeus, sfuggivano ai suoi occhi per mettersi in salvo. Un giorno, a Donacone, nella regione di Tespia, Narciso stava passeggiando e si avvicinò a una fonte chiara come l'argento né mai contaminata da armenti, uccelli, belve o rami caduti dagli alberi vicini. Non appena sedette sulla sponda di quella fontana si innamorò della propria immagine. Dapprima tentò di abbracciare e baciare il bel fanciullo che gli stava davanti, poi riconobbe che era se stesso e rimase ore a fissarsi nell'acqua. L'amore gli veniva al tempo stesso concesso e negato, egli si struggeva per il dolore e insieme godeva del suo tormento, ben sapendo che almeno non avrebbe tradito se stesso. Eco, pur non avendo perdonato Narciso, soffriva con lui e ripeté le ultime parole che Narciso proclamò mentre si trafiggeva il petto con una spada. Dalla terra inzuppata di sangue nacque il narciso bianco dalla corolla rossa
    NINFEA - Era il nome di una ninfa delle fonti che, innamorata di Ercole e non corrisposta, morì dal dolore. Gli dèi, impietositisi, la tramutarono in uno splendido fiore. Cara agli Egizi,la ninfea fu da loro utilizzata per adornare le tombe.
    Per gli antichi Greci invece era il simbolo della castità e dell'amore platonico
    non corrisposto.
    ROSMARINO – Nelle “Metamorfosi”di Ovidio si parla di una principessa, Leucotoe, figlia del re di Persia Laocoonte, della quale si innamorò Apollo, dio del sole. Questi entrò con l’inganno nella stanza della giovane e la sedusse. Il padre, venuto a conoscenza dell’onta subita, si infuriò e, non potendo prendersela con Apollo, che sempre Dio del Sole era, punì con la morte la debolezza della figlia. I raggi del sole irradiati sulla sua tomba trasformarono il corpo della giovane in una splendida, odorosa pianta che si ergeva verso il cielo, simbolo di eternità, ma ancora legata alla terra da possenti radici, quasi a voler esorcizzare la caducità della vita.
    TAGETE - Era una divinità etrusca. Un giorno un contadino che arava un campo nei pressi del fiume Marta, in quei di Tarquinia, vide una zolla sollevarsi dal solco e assumere le sembianze di un fanciullo. Lo chiamò Tagete. Il fanciullo era dotato di grande saggezza e di virtù profetiche (per cui talvolta viene raffigurato con i capelli bianchi). Visse soltanto il tempo necessario per insegnare agli Etruschi, accorsi sul luogo dove era nato, l’arte di predire il futuro, scomparendo poche ore dopo la sua miracolosa apparizione. Le norme da lui dettate furono trascritte e raggruppate su tre serie di libri sacri: gli Aruspicini, i Fulgurali e i Rituali. Il tutto ci viene raccontato da Cicerone (Cic. de Div. 2.23), e pure da poeti, tra i quali Ovidio (Ov. M. 15, 558).
    TIGLIO - Un mito greco racconta che la ninfa Filira, figlia di Oceano, viveva nell' isola del Ponto Eusino che porta il suo nome. Un giorno Crono si unì a lei ma, sorpreso dalla moglie Rea, si trasformò in uno stallone allontanandosi al galoppo. Quando Filira ebbe partorito si accorse che il neonato, Chitone, era un mostro mezzo uomo e mezzo cavallo. Ne provò una tale vergogna che chiese al padre di essere mutata nell'albero che da allora porta il suo nome. Il figlio divenne un celebre guaritore grazie al potere ereditato dalla madre trasformata nell'albero dalle tante virtù medicinali e fu maestro di Achille.
     
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