I BOVIDI....

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    MUCCA


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    Famiglia: bovidi
    Genere: bos

    Caratteristiche generali
    La mucca ha una grande testa con due corna girate all’insù. Ha due grandi occhi che vedono a poca distanza e due orecchie mobili. Il suo mantello può essere sia uniforme che pezzato, i colori possono essere bianco, marrone o nero. Il suo verso è il muggito. La mucca ha quattro stomaci che si chiamano rumine, reticolo, omaso e abomaso. E’ un ruminante perché mette in bocca il cibo e dopo essersi per un pò riposata, lo rimastica e lo manda negli altri stomaci dove avviene la digestione. Quando rimastica il cibo, fa un movimento circolare. I piedi della mucca hanno quattro unghie, che sono protette dallo zoccolo. La mucca è un mammifero, si riproduce accoppiandosi al toro e il piccolo è chiamato vitello. Le mammelle vengono usate per allattare il vitello e per dare il latte all’uomo. Può vivere fino a 12 – 15 anni. La mucca in inverno vive nelle stalle per proteggersi dal freddo, in primavera-estate sale negli alpeggi per pascolare e in autunno scende a valle e torna nella stalla. La sua alimentazione varia a seconda delle stagioni: in inverno-autunno si ciba di fieno e in primavera-estate dell'erba dei prati. La mungitura una volta veniva fatta a mano, oggi si usano le macchine.


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    La mucca del maso Arslada

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    Barzelletta sulle mucche



    Il bovino è una specie di mammifero appartenente alla famiglia dei Bovidi.
    L'individuo maschio di tale specie è chiamato "bovino", l'individuo femmina "bovina".
    Il bovino adulto, cioè di età superiore ai quattro anni, se non è stato castrato è anche chiamato "toro", mentre l'adulto castrato è detto "bue" o "bove". Il maschio di età inferiore a un anno è detto "vitello". Il maschio di età compresa tra uno e quattro anni è detto "vitellone" se non è stato castrato, mentre è detto "manzo" se è stato castrato. La femmina di età inferiore a un anno è detta "vitella". La femmina di età compresa tra uno e tre anni, che non si trovi oltre il sesto mese di gravidanza, è detta "manza". La bovina adulta, cioè di età superiore ai tre anni, o che si trovi oltre il sesto mese di gravidanza, è anche chiamata "vacca". Se non ha ancora superato i tre anni d'età, la vacca è anche chiamata "giovenca".
    La vacca può anche essere chiamata "mucca", anche se il termine in campo zootecnico è errato.
    L'etimologia del termine "mucca" è di incerta derivazione tra i verbi latini mulgēre (in italiano "mungere") e mūgīre (in italiano "muggire").
    Il bovino viene allevato per trarne il latte, il liquido secreto dalla ghiandola mammaria dell'animale per l'alimentazione dei cuccioli, molto usato nell'alimentazione umana, sia come bevanda sia come materia prima da cui ricavare formaggio, panna, burro e altri derivati del latte.
    I vitelli vengono allevati principalmente per la carne: solo una parte viene infatti lasciata crescere per destinarla alla riproduzione.
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    I bovini non vengono solamente usati per la produzione lattifera o per la loro carne: prima della meccanizzazione agricola (e dunque ancora oggi in molte aree del mondo) i buoi, essendo forti come i tori ma molto più mansueti grazie alla castrazione, erano infatti spesso impiegati anche come forza motrice per macchine agricole e mezzi di trasporto.
    Dalle deiezioni bovine (letame o liquami) si possono ottenere inoltre molti macroelementi e microelementi per la coltivazione dei terreni agricoli, in primis l'azoto, utile per la crescita delle piante.
    A cavallo tra XX e XXI secolo, l'allevamento dei bovini è stato messo sotto accusa per l'effetto serra che produce: il biochimismo digestivo bovino (e dei ruminanti in generale) produce in effetti metano, gas a effetto serra[2]; secondo alcuni studi recenti vi sarebbe la possibilità di ridurlo, modulando la carica batterica del tubo digerente da cui verrebbe ridotta la componente metanogena


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    STORIA DI UN MUCCA EMIGRATA IN UGANDA


    STORIA DI UN MUCCA EMIGRATA IN UGANDA
    Vent'anni fa una sottoscrizione del Times la regalò a un villaggio dell'Uganda: invece di mangiarsela, i contadini l'hanno usata per far partire la loro economia La nonna della mucca, chiamata Tutti, era stata acquistata nel 1994 grazie a una sottoscrizione tra i lettori e spedita in Africa nella speranza che potesse migliorare le condizioni di vita del villaggio. Quattordici anni dopo, il «Times» ha potuto verificare che quella che all’epoca era sembrata a molti una iniziativa stupida e demagogica ha davvero portato ricchezza e speranza in una delle più povere regioni del mondo. Una semplice macchina da latte ha prodotto più benefici di tanti dispersivi aiuti umanitari, diventando protagonista di una storia davvero straordinaria. L’idea era venuta vent’anni fa a una organizzazione di carità, che l’aveva battezzata «Send a cow», «Spedisci una mucca»: se ogni allevatore della Gran Bretagna avesse inviato in Africa una delle troppe mucche gravide che possedeva, le condizioni del Paese sarebbero migliorate nel giro di poche generazioni.

    Paul Heiney convinse il suo giornale a sostenere il progetto, e i soldi per acquistare una mucca furono raccolti tra lettori inizialmente molto riluttanti. «Quei selvaggi se la mangeranno viva», scrisse uno. Un altro accusò il giornale di crudeltà, perché la povera bestia avrebbe patito le pene dell’inferno nel caldo africano, dimenticando che gli altipiani dell’Uganda hanno più o meno lo stesso clima del Devon.

    Partita in aereo da Gatwick, Tutti arrivò senza problemi a Ngungulo, scodinzolando e odorando di latte come ogni mucca in buona salute, pronta a compiere il proprio dovere. In pochi giorni, gli abitanti del villaggio capirono che il regalo ricevuto poteva cambiare le loro vite e rivoluzionare il ciclo economico della piccola comunità. Il latte migliorò subito la povera dieta di adulti e bambini, ma quello prodotto in surplus veniva venduto, realizzando così un introito che compensava abbondantemente il lavoro necessario a produrre foraggio per alimentare la mucca. Ma Tutti non forniva solo latte, era capace di ben altro: chili di letame prodotto ogni giorno andavano a fertilizzare i campi, raddoppiando i raccolti di banane e permettendo la crescita di carote e altri ortaggi. Fu quando Tutti partorì un vitello che gli abitanti di Ngungulo capirono l’entità della fortuna che era loro capitata: venne chiamato Jacob e diventò un toro da monta particolarmente dedito al lavoro, visto che in tre anni si accoppiò con 236 mucche. Ognuna delle sue storie d’amore è stata scrupolosamente annotata dalla famiglia Luyombyas, alla quale era stato assegnato. «Quando Jacob arrivò - ricorda ancora il capoclan - eravamo così orgogliosi che tutta la famiglia dormì con il toro la prima notte. E anche la seconda». Grazie a Jacob, i Luyombyas poterono lasciare la loro capanna di fango per una casa di mattoni, «con finestre vere che si chiudono» e riuscirono ad acquistare persino dei letti. La loro salute migliorò e investirono parte dei ricavi in una vecchia macchina per cucire Singer, usata per confezionare uniformi scolastiche da vendere. Da vent’anni, le regole di «Send a cow» sono semplici: il primogenito di ogni mucca ricevuta in dono deve essere obbligatoriamente regalato a una famiglia che non ne possiede, e la bestia, quando è possibile, va consegnata a una madre di famiglia e non a suo marito. Le donne sono infatti più portate a usare i soldi guadagnati con la vendita del latte per migliorare le condizioni della famiglia, mentre non si sa mai quale uso potrebbe farne un uomo.

    In vent'anni, sono state inviate nella regione circa 300 mucche gravide, le prime delle quali atterrarono nel 1987 all'aeroporto di Entebbe, devastato dalla guerra civile. Grazie a loro, un Paese nel quale ogni coppia ha in media sette figli e i funerali sono così frequenti da essere celebrati tutti insieme il sabato, per non perdere troppe ore di lavoro, è riuscito a migliorare la propria condizione. Migliaia di donne provenienti dai villaggi dell'Uganda hanno affrontato poche settimane fa un lungo viaggio per festeggiare con canti e danze nella città di Mukono l'anniversario di «Send a cow». La loro mucca ha risolto il problema della fame, ha fatto crescere sani i loro bambini, reso più efficienti le coltivazioni e creato comunità solidali dove prima non c'erano. Tutti è morta da tempo, ma i suoi vitelli e vitelle ne continuano l'opera. Decine di bambini sono andati a scuola a sue spese e gli abitanti del villaggio hanno capito grazie a lei che rimboccarsi le maniche resta sempre il migliore modo di cavarsela. «Siamo orgogliosi di te», può dunque scrivere dopo 14 anni il «Times» della sua mucca.

    fonte: La stampa .it
     
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    Allevamenti hitech: il recinto “virtuale” per le mandrie

    Mucche al pascolo

    Una ricerca svolta dall’Università di Duisburg-Essen in Germania ha appena stabilito che le mucche sono in grado di trovare il nord, essendo particolarmente sensibili al campo magnetico terrestre. Le immagini satellitari di Google Earth avrebbero aiutato i ricercatori a raggiungere questa conclusione. Le implicazioni? I risultati spingono gli scienziati a cercare di capire in che modo questi animali interagiscano con il campo magnetico della Terra, se qualcosa di simile accade anche nell’uomo e con quali conseguenze per la salute. E se Google Earth è servita a capire che le mucche sanno trovare il nord, c’è chi pensa ad usi assai più pratici della tecnologia applicata al bestiame.

    Governare una mandria di mucche a chilometri di distanza dal proprio pc di casa o dal cellulare. Sarà questo il futuro per i pastori: via i recinti dai pascoli e limitare al minimo gli spostamenti in jeep in mezzo alle mucche. Almeno secondo due ricercatori americani, che hanno progettato un trasmettitore satellitare capace di radunare il bestiame a distanza chilometrica solo attraverso i suoni. Il prototipo si chiama “Ear – a – Round”, ed è stato presentato a luglio durante la Jornada Experimenal Range a Las Crucis nel New Mexico (Usa), organizzata dal dipartimento americano dell’Agricoltura.

    È una piccola scatola, montata sul collo delle mucche, cui sono collegate delle cuffie in grado di “sussurrare” comandi e suoni nelle orecchie per guidare la mandria al pascolo. Il dispositivo contiene un chip, un sistema Gps e un trasmettitore che può essere programmato a distanza ed è alimentato da batterie al litio a energia solare. «La risposta è passare dal recinto vero a quello virtuale», hanno detto all’Economist Dean Anderson, uno scienziato del dipartimento americano dell’Agricoltura, e Daniela Rus, un’esperta informatica del Mit, i due ricercatori che hanno progettato il nuovo dispositivo.

    L’idea non è nuova: i sistemi di controllo per gli animali domestici, come i collari per i cani, sono stati studiati sin dal 1970. Ma quelli per controllare le mandrie sono quasi sempre falliti. Il nuovo progetto, invece, dovrebbe superare le difficoltà del passato. «L’apparecchio fa parte di un sistema integrato che sfrutta le tecnologie satellitari e dei pc, riuscendo in questo modo a comandare le mandrie anche a distanze chilometriche», hanno spiegato i due ricercatori.

    Il problema, per ora, è il prezzo: un singolo trasmettitore sonoro da montare costerebbe intorno ai 600 dollari, una spesa ingente, visto che le mandrie sono composte da centinaia di esemplari, e superiore a quella necessaria per montare una recinzione. Per questo i due ricercatori stanno cercando di abbassare il prezzo sino a 100 $ ad apparecchio.
     
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    LA "CHIANINA"

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    Abbiamo un TORO, circa 30 VACCHE ed i VITELLINI. La razza chianina è la razza bovina più grande del mondo, tanto tempo fa le vacche ed i buoi (maschi castrati) venivano usati per tirare l'aratro e lavorare i campi perché erano forti e resistenti: un toro chianino può pesare 1500 chili (15 quintali) e talvolta raggiunge i 1700, cioè come una grossa auto. Gli adulti sono di colore bianco porcellana e con il musello (punta del naso), le corna e gli zoccoli neri, i piccoli sono invece di un caratteristico colore marroncino: crescendo anche il loro mantello diverrà bianco.

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    La razza chianina ha rischiato in passato di sparire perché nessuno voleva allevarla, adesso gli allevamenti sono aumentati e viene allevata anche in Sud America ed in Australia: la carne di Chianina è fra le più buone del mondo ed è usata per preparare la bistecca alla fiorentina. Molti allevatori sono dei veri appassionati e si radunano spesso per fare mostre e gare di bellezza veder sfilare tanti tori giganteschi tenuti al guinzaglio come cagnolini è davvero uno spettacolo entusiasmante.

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    Mucche, vitelli e tori


    Chi sono?

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    Come accade per gli umani, la gestazione dei bovini dura nove mesi, e la mucca allatta il suo cucciolo per nove-dodici mesi. Uno dei loro sensi più importanti è l'olfatto, e da quello si pensa riescano anche a capire le emozioni dei propri simili. Infatti, quando nasce un nuovo vitello, tutte le mucche, per fare conoscenza col piccolo, si avvicinano per annusarlo.

    I bovini conoscono le erbe medicinali che sono loro utili per curarsi dai piccoli malesseri, e le cercano e le mangiano per esempio quando hanno mal di pancia.

    Laurie Winn Carlson, autrice di un libro sui bovini, afferma che le mucche "sono le madri più protettive esistenti in natura", capaci di attaccare qualsiasi animale minacci la prole. Cita la studiosa Nancy Curtis, la quale scrive di aver visto una mucca disorientata per la perdita del vitello che, dopo un mese, "ritornava sul luogo della nascita, cercandolo e chiamandolo. Ha richiamato in me il senso profondo dell'istinto materno che non è mai del tutto sepolto".


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    Storie e aneddoti

    Racconta Masson:

    « Non molto tempo fa ho fatto visita a una ricercatrice norvegese laureata a Cambridge, Kristin Hagen. [...] Siamo usciti per osservare le giovenche, e dopo un po' gli animali hanno iniziato a giocare. "Guarda cosa fanno quando iniziamo a correre" mi ha detto Kristin. Le giovani mucche hanno iniziato a correre nei campi insieme a noi, saltellando come bambine. Scalciavano, acceleravano, rallentavano, non ci perdevano mai di vista; pareva quasi che ci imitassero. Era evidente che si stavano divertendo. Guardando negli occhi due mucche accanto a me, ho potuto capire che una era diffidente, l'altra amichevole. Ero certo che le loro fossero due personalità distinte. [Masson] »

    « Nel 1995 a Hopkinsons, una cittadina del Massachusetts, una mucca Holstein bianca e nera di cinque anni e oltre sei quintali di peso si trovava in un mattatoio per essere tramortita e poi scuoiata quando, con l'agilità di una renna, all'improvviso superò con un balzo una staccionata di oltre un metro e mezzo. [...] La mucca fuggì nel bosco. [...] Un gruppo di cittadini desiderosi di salvarle la vita persuasero il proprietario a venderla a loro, per un dollaro a testa. [...] Una dei nuovi proprietari, Meg Randa, la seguì nel bosco, si sedette per terra e non si mosse per quattro ore. Alla fine Emily (così era stata battezzata la mucca), incuriosita, si avvicinò e accettò cibo da un secchio di cereali che teneva Lewis, il marito di Meg. Per quattro giorni la coppia rimase nelle vicinanze, guadagnando a poco a poco la fiducia dell'animale. Alla fine Emily acconsentì a salire su un rimorchio che i due coniugi avevano portato. Mentre saliva tremava come una foglia ma fu portata al Peace Abbey, scuola e rifugio per animali. [...] Oggi, Emily è la loro "portavoce" contro il consumo di carne. Lewis dice alla gente che ha due alternative: "O dar retta a Emily, o al cardiologo"

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  7. ZIALAILA
     
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    una mucca ...speciale ....




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    La mucca viola rimane comunque un simbolo fortissimo per tutti quelli che hanno vissuto negli anni ’90 ed un perfetto esempio di quanto possa essere efficace un logo e di quanto possa essere forte l’identificazione di un colore con l’azienda che rappresenta: insomma, se vi capita di vedere quella particolare tonalità di viola non pensate subito al cioccolato?

    L’essenza della mucca viola è la straordinarietà, ciò che fa parlare di sé.
     
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  8. gheagabry
     
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    “Abba Serafino, ogni volta che, durante le sue passeggiate, s’imbatteva in una mucca, le faceva un inchino.
    E a chi gliene chiedeva il perché rispondeva:
    - Perché è uno dei maggiori prodigi del Creato. Nessun sapiente e persino nessun santo è mai riuscito in ciò che essa fa con tanta naturalezza: cambiare l’erba in latte.”
    (R. Kern)



    LA MUCCA



    I Bovini (Bovinae Gray, 1821) sono una sottofamiglia appartenente alla famiglia Bovidae. Fra i bovini si contano specie familiari a tutti come le vacche, lo yak o il bufalo cafro, spesso fondamentali per le economie dei paesi dove vivono, ma anche le antilopi dalle corna a spirale e la rara antilope quadricorne, molto simile agli antenati degli attuali Bovini. I Bovini sono diffusi in tutto il mondo, sia come areale originario, sia importati dall'uomo per fini commerciali. Sono tutti caratterizzati dalla presenza di corna permanenti in uno od entrambi i sessi.

    I termini “mucca” e “vacca” indicano lo stesso animale, ovvero la femmina del bovino con oltre tre anni di età. Ma, mentre “vacca” è il termine tecnico, “mucca”, sebbene sia la versione più diffusa, è un volgarismo.... deriva probabilmente dal verbo latino “mulgere“, in italiano “mungere” cioè ricavare il latte da un animale o da “mugire” in italiano “muggire”, il verso della vacca

    Per molti, le mucche sono creature semplici che non vogliono niente di più dalla vita che brucare tranquillamente l’erba di un pascolo. La mucca ha una grande testa con due corna girate all’insù. Ha due grandi occhi che vedono a poca distanza e due orecchie mobili. Il suo mantello può essere sia uniforme che pezzato, i colori possono essere bianco, marrone o nero. Il suo verso è il muggito. La maggior parte delle persone pensa che le mucche abbiano quattro stomachi. In realtà, questa convinzione è inesatta: la mucca ha infatti un solo stomaco diviso in quattro compartimenti, chiamati rumine, reticolo, omaso e abomaso. E’ un ruminante perché mette in bocca il cibo e dopo essersi per un pò riposata, lo rimastica e lo manda negli altri stomaci dove avviene la digestione.
    La gestazione di una mucca dura esattamente come la gravidanza di una donna: nove mesi.

    ...la storia...


    Fino a qualche migliaio di anni fa gli antenati delle mucche pascolavano liberi in ampie foreste e praterie. All’epoca pero’ non si chiamavano mucche ma uri, erano molto piu’ grossi, feroci ed agili. Come tutte le creature imponenti, incutevano un timore reverenziale ai nostri avi, che le dipinsero in diverse occasioni, ad esempio nelle grotte di Lescaux. In origine l’uro sembra si sia evoluto in India nel Pleistocene, intorno ai 2 milioni di anni fa. Da qui inizio’ la sua diffusione che lo porto’ ad occupare buona parte del Paleartico (Asia ed Europa) e il Nord Africa. Di conseguenza, ben presto si differenziarono tre sottospecie di uro: una in Asia (Bos primigenius namadicus) , una in Europa e medio oriente (Bos primigenius primigenius), ed una in Africa (Bos primigenius mauretanicus). Dalla sottospecie asiatica si sono evolute le mucche indiane o zebu’ (Bos indicus). Dalla sottospecie del medio-oriente, invece, si sono evolute le nostre mucche europee. Il processo di domesticazione dei bovini e’ quindi avvenuto due volte indipendentemente, uno in India e l’altro in Mesopotamia, si pensa intorno agli 8500 anni fa. I bovini domestici africani invece pare siano stati introdotti solo dopo la domesticazione delle due sottospecie asiatiche e quindi non discendono dalla sottospecie africana, ma sono dei mix di zebu’ e mucche con vario grado di purezza genetica. L’uro africano si e’ quindi estinto senza lasciare discendenti.
    Pur essendosi estinto ufficialmente nel XVII secolo, in realta’ si sa molto poco degli usi e costumi dell’Uro. Morfologicamente, era molto piu’ grande di una mucca moderna (i tori di uro arrivavano a 1.80 m di altezza al garrese, cioe’ la testa di un uomo alto raggiungeva al massimo la spalla della bestia. Il peso arrivava alla tonnellata. Rispetto ai bovini domestici l’uro aveva delle altre differenze significative come ad esempio le corna: queste erano molto lunghe, anche 1.20 m, e avevano una forma di lira nelle femmine e di mezzaluna nei maschi. I tori erano scuri, anche neri, e avevano una stria piu’ chiara sul dorso mentre le femmine erano più chiare, sul grigio, e i vitellini sul marroncino. Un anello bianco circondava gli occhi in entrambi i sessi, Si muovevano agilmente spostandosi in foreste anche molto fitte ma utilizzavano anche a volte pascoli aperti, in piccoli gruppi di massimo una decina di individui. I gruppi erano composti da un maschio, da 4-5 femmine e dai vitellini, con il maschio che gelosamente badava che nulla accadesse al suo branco. Probabilmente la riproduzione avveniva nel corso di tutto l’anno, ma con picchi di nascita dei vitellini in primavera. Gli uro, maschi e femmine, erano bestie decisamente aggressive e si sono trovati scheletri di uro con ferite di cornate probabilmente inflitte durante combattimenti tra maschi.
    Si trattava tuttavia di montagne di carne in movimento e si può capire facessero gola ad un uomo delle caverne affamato. Giulio Cesare cosi’ descrive la caccia agli uro da parte dei Germani nel De Bello Gallico:

    “Hos studiose foveis captos interficiunt. Hoc se labore durant adulescentes atque hoc genere venationis exercent, et qui plurimos ex his interfecerunt, relatis in publicum cornibus, quae sint testimonio, magnam ferunt laudem. Sed adsuescere ad homines et mansuefieri ne parvuli quidem excepti possunt. Amplitudo cornuum et figura et species multum a nostrorum boum cornibus differt. Haec studiose conquisita ab labris argento circumcludunt atque in amplissimis epulis pro poculis utuntur.“

    ” Uccidono questi (gli uri) dopo averli presi con cura in fosse. I giovani si irrobustiscono con questa fatica e si esercitano con questo genere di caccia; e quelli che ne hanno ucciso il maggior numero, portate le corna in pubblico che ne siano testimonianza, riportano grande lode. Ma neppure se catturati da piccoli si possono abituare all’uomo ne’ addomesticare. L’ampiezza e la forma e l’aspetto delle corna differiscono molto dalle corna dei nostri buoi. Queste, ricercate con cura, le cerchiano di argento all’orlo e se ne servono come bicchieri in ricchissimi banchetti”

    Quel che e’ certo e’ che la caccia indiscriminata e probabilmente la deforestazione a scopo agricolo ha portato lentamente al declino di questa specie. Nel medioevo era gia’ scomparso da tutta l’Europa occidentale (in tempi neolitici era riportato addirittura nella foresta di Dean, nel sud dell’Inghilterra, e in Scandinavia), mentre le sottospecie asiatica ed africana erano gia’ scomparse da tempo nelle pance di genti affamate. Nel tredicesimo secolo l’areale dell’uro era infatti limitato alle foreste piu’ inestricabili (e meno abitate) della Polonia, Lituania, Moldavia, Transilvania e Prussia. Qui si salvarono perche’ bizzarramente i nobili, dopo essersi riservati il diritto di cacciarli, notando il declino della specie smisero del tutto di cacciarli e punivano i bracconieri con la morte. Sforzo inutile, comunque. L’ultimo uro, una femmina, fu bracconata nel 1627 nella foresta reale di Jaktorowski in Polonia.
    I geni dell’uro tuttavia non sono stati persi, essendo rimasti nel DNA dei bovini domestici, soprattutto quelli piu’ primitivi. Tecnicamente infatti le docili brunalpine degli alpeggi altoatesini e gli uri appartengono alla stessa specie in quanto rimasero interfecondi anche dopo la domesticazione delle mucche.
    Tra tutte queste razze ce ne sono alcune definite “rustiche”, o piu’ in generale “primitive”, laddove primitivo significa che hanno piu’ caratteri fenotipici dell’uro. Tra queste c’e’ ad esempio la razza Highlander, quel simpatico bovino rossiccio, peloso e con la frangetta. Tra tutte le mucche quella che in assoluto piu’ assomiglia ad un uro e’ la razza podolica. Il termine podolico significa proveniente dalla Podolia, che e’ una regione della Ucraina, ovvero guarda caso piu’ o meno la zona dove erano sopravissuti gli uri. L’origine di questa mucca tuttavia non e’ chiara: non si sa infatti se fu portata in Italia dagli Unni nel V sec d.C. o se invece proviene da Creta. Resta il fatto che la Podolica e’ molto diversa dai bovini dei romani, che avevano le corna corte ed erano tozzi, e quindi la sua origine di sicuro non e’ italiana. Nel medioevo bovini rustici, agili e con le corna lunghe, adattati a pasti frugali e ambienti poveri erano diffusi in tutta la penisola ma gradatamente il loro areale si ridusse sempre più a sud poiche’ a nord, dove il suolo era meno arido, potevano essere allevate razze piu’ produttive. Nel suo confinamento a sud, tuttavia, la Podolica (un tempo chiamata anche Pugliese) ha lasciato indietro altre razze “primitive” come la Romagnola e la Maremmana. Oggi e’ diffusa con alcune decine di migliaia di capi in Puglia, Campania, Molise, Basilicata e Calabria ed e’ considerata una razza da proteggere. (lorologiaiomiope)

    ..la Mucca sacra..


    Gli Indù considerano sacri la vacca e il vitello e ritengono che accudire e venerare le vacche porti alla beatitudine. Ma la protezione delle vacche non è stata sempre una caratteristica dell'Induismo: i suoi testi sacri più antichi celebrano i costumi dei Veda, all'interno della cui società, organizzata in caste, quella sacerdotale dei brahmani si occupava della macellazione rituale dei bovini, la cui carne veniva consumata in molte occasioni collegate ad eventi e riti particolari, quali matrimoni, funerali e incontri importanti. Con la crescita della popolazione, in India si ebbe un radicale cambiamento: per nutrire un maggior numero di persone si rese necessario limitare il consumo della carne, ricorrendo in maggior misura ai latticini e soprattutto agli alimenti di origine vegetale, destinando sempre più pascoli alla coltivazione di vegetali commestibili per l'uomo. Trasformati i pascoli in campi coltivati, i bovini diventarono concorrenti dell'uomo per quanto riguarda le risorse alimentari. Ma il bestiame non poteva essere eliminato del tutto per fare posto all'uomo: gli agricoltori avevano bisogno di buoi per tirare l'aratro sui terreni duri e pesanti della pianura del Gange, il latte e i latticini erano indispensabili, così come lo sterco che è tradizionalmente impiegato come fertilizzante, antiparassitario e combustibile e come tale viene accuratamente raccolto e messo a seccare. Le case nei villaggi vengono tuttora isolate da umidità ed insetti con sterco compattato e poi decorato con farina di riso. Intorno al 600 a.C. il livello di vita dei contadini peggiorò nettamente, vi furono guerre, siccità e carestie; i sacerdoti continuavano a macellare i bovini e a mangiarne la carne, che non era però più sufficiente per le caste meno privilegiate. In questo contesto, intorno al 500 a.C. nacquero il Buddhismo e il Giainismo, le prime religioni contrarie a qualunque tipo di uccisione.
    Per nove secoli Buddhismo e Induismo influenzarono, poi opponendosi l'uno all'altro, le abitudini alimentari del popolo indiano. Alla fine prevalse l'Induismo, più vicino alla sensibilità e all'immaginazione popolare, ma solo dopo che i sacerdoti ebbero adottato il principio buddhista e giainista della nonviolenza e si furono presentati come protettori, e non più come macellatori, dei bovini. La carne fu consigliata invece alla casta dei Kshatrya, i guerrieri, che come tali dovevano mantenere alto il livello di forza e aggressività, connesse tradizionalmente al consumo di questo alimento.
    Il latte sostituì allora la carne come alimento rituale della casta brahmanica, nonchè come fonte di proteine nobili per tutti. La venerazione della vacca, con connotazioni di affetto filiale nella denominazione di Gau mata, fu elevata a simbolo di tutti i valori tradizionali dalle frange più conservatrici della comunità indù: specialmente nelle campagne, i cinque prodotti vaccini (latte, cagliata, burro chiarificato, sterco e urina) elencati nei testi sacri, occupano un posto di rilievo nella vita di molte famiglie e sono impiegati nella maggior parte dei riti religiosi. Krishna e le Gopis, l'adorata manifestazione del dio Vishnu e le sue compagne di giochi, si prendevano cura di bestiame vaccino. Krishna viene infatti spesso indicato col nome di Govinda, il Mandriano, o Colui che rende il bestiame soddisfatto. Nelle città indiane, i bovini vagano in libertà, macilenti, rachitici e affamati, nutrendosi spesso di spazzatura o dell'unico cibo di origine vegetale che trovano: i manifesti affissi ai muri, ma le grandi metropoli ne prevengono ormai il passaggio e lo stazionamento nelle zone centrali, tollerandoli solo nei dintorni dei templi. Anime pie e organizzazioni religiose fondano luoghi di ricovero per gli animali anziani, malati o semplicemente senza padrone, i Gaushala, dove il bestiame viene accudito e riverito fino alla sua ultima ora. (dal web)
     
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  9. tomiva57
     
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    mucca
    foto:lacampanellaformaggi.it

    Razza Bruna Alpina

    Origine e zona di diffusione



    La razza Bruna allevata in Italia rappresenta il ceppo italiano della razza Bruna Alpina, derivato dall'introduzione di soggetti svizzeri, austriaci ed in parte bavaresi, adattatisi ai nostri ambienti e, specialmente negli ultimi anni, rinsanguato con il ceppo americano Brown Swiss. Prima del 1981 era denominata Bruna Alpina. Presente in Italia dal XVI secolo. Inizialmente a triplice attitudine, poi a duplice ed infine si specializza per il latte (con gli incroci con Brown Swiss dagli Stati Uniti). La specializzazione fu necessaria per evitare l'eccessivo ridimensionamento della razza (si sostituì con la Frisona in molte zone). In generale il maggior numero di allevamenti è situato in zone particolarmente sfavorite di montagna e collina. Oggi, però, grazie alla migliorata attitudine al latte, anche allevamenti di una certa importanza utilizzano il "nuovo" ceppo della Bruna Italiana. Nel 1957 è stata fondata l'Associazione Nazionale Allevatori di Razza Bruna A.N.A.R.B. Oggi il nome non è più Bruna Alpina, ma Bruna.

    Caratteristiche morfologiche

    Animali armoniosi.
    Mantello di colore uniforme, bruno o variabile dal sorcino al castano.
    Musello ardesia circondato da un alone bianco.
    Corna fini e bianche alla base, nere in punta.
    Vitello grigio nei primi tre mesi.
    Peso vivo 550 - 700 Kg
    Nei tori il mantello è più scuro (castano).

    Caratteristiche produttive

    La differenza nella produzione di latte tra primipare e pluripare è relativamente modesta (in passato era un grosso difetto la bassa produzione delle primipare).
    Produzione di latte: 5.400 kg/lattazione per le iscritte (1994).
    Buona attitudine casearia del latte perché nel patrimonio genetico della razza c'è una ridotta presenza di allele A della k-caseina (che influenza negativamente la coagulazione del latte).
    Più che discreta l'attitudine alla produzione di carne. In passato recente, era utilizzata come razza a duplice attitudine. Con l'impiego della Brown Swiss aumentano notevolmente le caratteristiche lattifere (inizio impiego 1972)

    Sito Web: www.anarb.it


    MUCCA
    foto:corriere.it



    vacca-bruna-alpina_NG2

    fonte:cibocanigatti.it



    La razza bruna alpina è il risultato di incroci di razza bovine autoctone provenienti dalla Svizzera, dall'Austria e dalla Bavaria. Grazie alla ottime doti di rusticità di questo animale, la razza bruna alpina è stata progressivamente introdotta in Italia ed in altri stati dell'Europa, fino a giungere in America dove negli ultimi anni è stata incrociata con i Brown Swiss locali per aumentarne la lattazione.
    Nel nostro paese la vacca bruna alpina venne introdotta intorno al 1850 e cominciò una rapida diffusione soprattutto sul versante sud dell'arco alpino, con maggiore espansione nella pianura padana e nelle zone più impervie del nord. Ad oggi, il nome è mutato da vacca bruna alpina a semplicemente vacca bruna ed esistono alcuni allevamenti anche nel sud Italia.

    La vacca bruna alpina è stata più volte minacciata dal pericolo di estinzione in quanto i numerosi incroci operati sulla razza, hanno seriamente compromesso le caratteristiche di questa tipologia che, rispetto all'originale tipo alpino, ha mutato in molte peculiarità tanto da decidere di modificarne anche nome, come già affermato in precedenza, da bruna alpina a vacca bruna.
    Originariamente questa razza era a triplice attitudine, ma dopo i vari miglioramenti possiamo affermare che si tratta di una tipologia bovina a duplice attitudine, carne e latte, con maggiore predisposizione per quest'ultima, tanto da essere nel 1950 la razza da latte più diffusa in Italia.
    Nel 1957 venne fondata l'Associazione Nazionale Allevatori di Razza Bruna, l'A.N.A.R.B., che gestisce il libro genealogico della razza.





    fonte:cibocanigatti.it
     
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  10. tomiva57
     
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    1818_0
    foto:accuinistorici.it


    Bianca Modenese


    La Bianca Modenese, o Bianca Valpadana, è una razza bovina autoctona dal mantello bianco latteo, tipica del territorio modenese.
    Le prime fonti storiche che trattano dell'esistenza di questo capo, affondano alla metà del 1800 e, agli inizi del 1900, si contavano, all'incirca, 50.000 capi che sarebbero aumentati a 230.000 dopo mezzo secolo. Nel 1935 un decreto disciplinava i caratteri tipici di questa razza, aggiungendo la denominazione di Bianca Val Padana.

    Nata come razza utilizzata dai contadini italiani anche per la lavorazione dei campi, questa sua terza attitudine viene gradualmente a perdersi nel dopoguerra grazie all'invenzione dei trattori e dei mezzi agricoli e sarà allevata solo per la produzione di latte e carne. Gradualmente è stata sostituita con capi che garantiscano una maggiore produzione, facendo diminuire sensibilmente il numero di capi (nel 1994 se ne contavano 750 tra le province di Modena e Reggio Emilia). Per tale motivo la FAO ha inserito tale capo tra gli animali a rischio estinzione, pur rilevando come sia in atto un programma per invertire tale tendenza.


    Precisiamo subito che il termine "bianca modenese" individua una razza bovina autoctona della provincia di Modena, vanto degli agricoltori di quella terra e frutto di una lunga e rigorosa selezione.
    Una serie di incroci, iniziati in sordina verso la metà dell'800, aveva dato origine a questa nuova razza cui venne attribuito nel 1880 il nome di bianca modenese. Pochi anni dopo la prima guerra mondiale la "bianca" entrò di diritto nel novero delle migliori razze nazionali e venne considerata adatta principalmente al latte e alla carne. La carne, delicata e tenera, per la sua qualità, era apprezzata perfino all'estero; il latte, che contiene una caseina molto adatta alla lavorazione casearia, presenta tuttora un ottimo rapporto fra tenore di grassi e proteine.
    Ed è anche bella a vedersi: la vacca possiede un mantello bianco, latteo; il toro un mantello bianco con gradazioni grigie: entrambi hanno un bel muso allungato e leggero, occhi grandi con ciglia grigie. La vacca, di carattere mansueto, è molto rustica ed adattabile, ed è più longeva e più prolifica rispetto alle altre razze concorrenti. Si ritiene che nei primi anni del '900 la consistenza della razza si aggirasse intorno ai 200.000 capi, e che venisse ancora incrementata fra il 1927 e il 1940 arrivando a circa 230.000 esemplari.

    fonte: wikipedia.org





    foto:agricoltura.regione.emilia-romagna.it





    0660_1


    Razze autoctone e sapori di una volta
    S.O.S. per la "bianca modenese"



    Precisiamo subito che il termine "bianca modenese" individua una razza bovina autoctona della provincia di Modena, vanto degli agricoltori di quella terra e frutto di una lunga e rigorosa selezione.
    Una serie di incroci, iniziati in sordina verso la metà dell'800, aveva dato origine a questa nuova razza cui venne attribuito nel 1880 il nome di bianca modenese. Pochi anni dopo la prima guerra mondiale la "bianca" entrò di diritto nel novero delle migliori razze nazionali e venne considerata adatta principalmente al latte e alla carne. La carne, delicata e tenera, per la sua qualità, era apprezzata perfino all'estero; il latte, che contiene una caseina molto adatta alla lavorazione casearia, presenta tuttora un ottimo rapporto fra tenore di grassi e proteine.
    Ed è anche bella a vedersi: la vacca possiede un mantello bianco, latteo; il toro un mantello bianco con gradazioni grigie: entrambi hanno un bel muso allungato e leggero, occhi grandi con ciglia grigie. La vacca, di carattere mansueto, è molto rustica ed adattabile, ed è più longeva e più prolifica rispetto alle altre razze concorrenti. Si ritiene che nei primi anni del '900 la consistenza della razza si aggirasse intorno ai 200.000 capi, e che venisse ancora incrementata fra il 1927 e il 1940 arrivando a circa 230.000 esemplari.

    Stalla di allevamento di vacca bianca modenese - foto Spinelli Stalla di allevamento di vacca bianca modenese - foto Spinelli
    Purtroppo dopo la seconda guerra mondiale ha avuto inizio il suo declino, perché gli allevatori si sono orientati sempre più verso le razze a più spiccata attitudine lattiera (frisona e bruno alpina, in special modo): il motivo principale è stato ed è esclusivamente la ricerca della massima produttività.
    Nel 2005 la gloriosa "bianca", fiore all'occhiello dei vecchi agricoltori modenesi, si è ridotta a circa 800 capi, solo 258 (di cui 11 tori) iscritti a libro genealogico e sotto controllo.
    Teniamo presente che la F.A.O. (Food and Agriculture Organization), organismo dell'ONU, considera estinta una razza animale sotto le mille unità….!

    Si sta così rischiando di perdere un patrimonio gastronomico di particolare pregio, oltre ad un pezzo non trascurabile della nostra cultura e della storia della nostra regione. A questo proposito abbiamo raccolto nei dintorni di Guiglia significative testimonianze: anziani mediatori di bovini che si commuovono ancora, parlando del profumo e del sapore del grana ottenuto dal latte della bianca modenese e un giovane agricoltore che confessa di mangiare ancor oggi soltanto carne di bianca modenese in famiglia, le altri carni di manzo non riescono a soddisfarlo….
    Per fortuna è adesso in atto un forte impegno a cercare di migliorare e ad invertire l'attuale stato di cose: la Provincia di Modena -Assessorato Agricoltura e Alimentazione, ha varato un progetto "Salviamo la Modenese", caratterizzato da due obiettivi: uno di natura tecnica d'intesa con alcuni allevatori di una vasta zona compresa fra Spilamberto e Zocca, teso all'aumento dei capi, alla conservazione genetica della razza, alla valorizzazione della carne e alla produzione di un parmigiano-reggiano di sola bianca modenese. Informiamo i lettori che ogni giorno presso il Caseificio Rosola, non distante da Zocca, viene prodotta una forma di questo particolare tipo di grana: la prima è uscita dalla caldaia il 4 aprile 2005, per cui bisognerà attendere ancora un po' di mesi di stagionatura prima di poter assaggiare e gustare il nuovo e prezioso parmigiano.
    L'altro obiettivo è di natura promozionale ed è volto alla diffusione della conoscenza della razza, con la partecipazione a fiere ed eventi, e all'attivazione di validi canali di comunicazione.

    Per quanto riguarda la carne, la cui commercializzazione viene oggi effettuata in piccole quantità, si prevede di creare un circuito che interessi ristoranti, agriturismi e macellerie di qualità di una zona, che, per la bellezza dei paesaggi (stupendo il Parco dei Sassi di Roccamalatina), per le sue pievi e gli antichi borghi, per la sua straordinaria gastronomia, è particolarmente vocata al turismo.
    Un gran merito di questo recupero si deve ascrivere all'entusiasmo e all'attivismo dell'assessore provinciale Graziano Poggioli, che, fra le tante iniziative, ha interessato anche l'Associazione Slow Food che si è detta disponibile alla realizzazione di un presidio per la tutela della vacca bianca modenese.

    "SALVIAMO LA MODENESE"

    E' il titolo di un impegnativo progetto portato avanti dalla Provincia di Modena - Assessorato Agricoltura e Alimentazione, teso al salvataggio e al recupero di una razza bovina la "bianca modenese", razza autoctona tipica del territorio modenese, allevata per decenni sia per la produzione del latte, che presenta ottime caratteristiche per essere trasformato in parmigiano-reggiano, che della carne, da sempre apprezzata nelle fiere agricole e nei concorsi anche internazionali.

    La bianca modenese, frutto di selezioni e incroci effettuati durante il XIX secolo, era il vanto degli allevatori e agricoltori della zona. Le prime tracce di questo bovino si incontrano a metà dell'800, ma già ai primi decenni del Novecento si presume che la consistenza della "bianca" si aggirasse intorno ai 230.000 esemplari, tra la provincia di Modena e le zone limitrofe. La produzione del parmigiano-reggiano a Modena si sviluppò, a partire dagli ultimi decenni dell'800, usando come materia prima proprio il latte della "modenese".

    Dopo la seconda guerra mondiale è iniziato il progressivo declino, perché gli allevatori si stanno orientando sempre più verso vacche a più spiccata attitudine lattifera, alla ricerca della massima produttività.
    Oggi la gloriosa vacca bianca modenese, vanto di passate generazioni di agricoltori emiliani, si è ridotta a soli 800 capi circa (di cui solo 11 tori).
    In teoria dovremmo parlare di una razza già estinta, in quanto la F.A.O., organismo delle Nazioni Unite, considera tale fenomeno, quando la consistenza di una razza scende sotto le mille unità!…

    L'estinzione reale di questa razza rappresenterebbe una perdita non trascurabile della nostra cultura gastronomica e del territorio, nonchè la perdita di un pezzo della storia e delle tradizioni della nostra regione. Si perderebbe inoltre un prodotto della nostra agricoltura, di elevata qualità.
    Al riguardo abbiamo raccolto significative testimonianze di vecchi commercianti di bovini e agricoltori che ricordano con nostalgia i profumi e i sapori del parmigiano, ottenuto col solo latte della "bianca", come pure di famiglie contadine che, abituate a consumare la carne di questo bovino, non riescono a mangiare con soddisfazione altro tipo di carne di manzo.

    Fortunatamente, per il recupero e la valorizzazione di questa razza, la Provincia di Modena, d'intesa con alcuni allevatori modenesi, si sta già attivando ed opera su due linee: una tecnica, volta all'aumento dei capi, alla conservazione genetica, alla produzione di un parmigiano-reggiano di qualità prodotto esclusivamente col latte della bianca modenese e alla creazione di un ampio circuito per la commercializzazione della carne, ed una linea promozionale, coinvolgendo diversi canali e organi di comunicazione, enti e associazioni per la tutela dei prodotti tipici e della salute.
    Intanto una prima informazione per i nostri lettori: dal 4 aprile 2005 il caseificio di Rosola (nei pressi di Zocca) sta producendo ogni giorno una forma di parmigiano- reggiano ottenuto col solo latte di "bianca", così, fra non molti mesi, si potranno gustare ed apprezzare le peculiarità di questo grana, stagionato all'aria di montagna ( il Monte Cimone è vicino con i suoi 2.000 metri di altezza), che si preannuncia come uno straordinario prodotto gastronomico.
    Nell'attesa, perché non conoscere questo terra di confine fra le province di Modena e Bologna, partendo da Spilamberto, per visitare l'interessante Museo del Balsamico Tradizionale, poi, passando da Vignola, arrivare a Guiglia, suggestivo comune ricco di monumenti e con un panorama incomparabile sulla sottostante pianura. Qui conviene fermarsi al ristorante osteria " Vecchia Guiglia", dove il menu comprende diversi piatti a base di carne di bianca modenese: straordinario il carpaccio, i bolliti, indimenticabile la fiorentina. Poi proseguire per Zocca e arrivare al caseificio di Rosola per attingere informazioni sul grana di bianca modenese.
    Percorrendo queste strade, verrete sicuramente attratti dalla suggestione dei luoghi e a questo punto vi converrà chiedere ospitalità presso una locanda o un agriturismo della zona, per poter apprezzare la bellezza delle tante vallate, ricche di storia, tradizioni, antichi borghi, castelli, pievi,…i sapori di una cucina genuina e gustosa e, soprattutto, il contatto con una popolazione aperta e cordiale.


    043e9cbfbb89318deba7e50347e2837c
    foto:pinterest.com



    di Cesare Spagna
    foto di Pasquale Spinelli
     
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  11. tomiva57
     
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    brownswiss
    foto:vaex.nl


    Brown Swiss


    La razza Bruna delle Alpi è stata introdotta per la prima volta dalla Svizzera negli Stati Uniti nel 1869. Le importazioni continuarono fino al 1905 (complessivamente 155 soggetti): poi furono bloccate per arginare l'afta epizootica. Su questo esiguo numero di animali è stata attuata la selezione per specializzare la razza alla produzione di latte. Probabilmente alla formazione della Brown ha contribuito la Jersey (razza inglese da latte) consentendo il miglioramento della mammella. Allevata in purezza negli Stati Uniti e in Canada.


    521-004-91177026
    foto:britannica.com

    Caratteristiche morfologiche

    Il colore del mantello, più chiaro rispetto ai ceppi europei di Bruna, è bruno-castano chiaro, a volte tendente al grigio.
    I tori sono molto più scuri.
    Mucose nere con alone bianco.
    Corna nere in punta.
    Si differenzia molto dai ceppi europei per:
    - maggiore statura e peso
    - più spiccati caratteri lattiferi
    - minori caratteristiche per la produzione di carne
    - testa con arcate sovraorbitali molto prominenti (dalla Jersey).

    Caratteristiche produttive
    Eccellente per l'attitudine lattifera e le caratteristiche del latte (molto elevato il titolo di proteine).
    Esportata in molti paesi europei per migliorare le Brune locali (Svizzera compresa).



    fonte: agraria.org
     
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  12. gheagabry
     
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    Bufali e bisonti

    Qui la confusione nasce dal fatto che i bisonti americani vengono chiamati buffalo negli Stati Uniti e in Canada: se quando sentite la parola “bufalo” pensate alle praterie americane, allora state pensando a un bisonte. I bisonti sono bovini selvatici di cui esistono due specie, il Bison bison, cioè il bisonte americano, e il Bison bonasus, cioè il bisonte europeo, che vive in alcuni paesi dell’Europa dell’est (come Bielorussia, Polonia, Ucraina e Russia) e in misura minore del nord. I bisonti americani ed europei si somigliano molto, ma sono diversi sotto vari aspetti, primo fra tutti l’orientazione delle corna: quelle dei bisonti americani sono rivolte verso l’alto, quelle dei bisonti europei in avanti. Inoltre la coda dei bisonti europei è più pelosa.


    Un bisonte americano in South Dakota (Hannah Hunsinger/Rapid City Journal via AP)


    Due bisonti europei in Francia (JEAN CHRISTOPHE VERHAEGEN/AFP/Getty Images)

    I bufali invece sono diverse specie di animali, che possono essere addomesticate o meno e che rispetto ai bisonti hanno corna più lunghe. Ci sono per esempio i bufali mediterranei italiani (quelli della mozzarella di bufala) che sono una razza addomesticata del bufalo d’acqua o bufalo indiano (Bubalus bubalis).


    Bufali e bambini nel fiume Diyala, a Baghdad, in Iraq, il 6 luglio 2015 (AP Photo/Hadi Mizban)






    www.ilpost.it
     
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11 replies since 12/11/2010, 11:39   7370 views
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