CE PIACENO LI POLLI..L’ABBACCHIO E LE GALLINE..PERCHE’ SO SENZA SPINE..LE TRADIZIONI ROMANE ...

Lunedì 15 Marzo 2010

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    CITAZIONE (Ispa @ 15/3/2010, 13:47)
    CIAO CLAUDIOOOOOOOOOOOO E BUONA SETTIMANA.............E BUONA SETTIMANA A TUTTI I VIAGGIATORI ED ISOLANI DI QUESTO ANGOLO INCONTAMINATO........PIENO DI PACE, TRANQUILLITÀ, CULTURA, COMPAGNIA, ECCC.........

    Ciao Antonio ... Buon pomeriggio e Buon inizio settimana ... TI ABBRACCIO FORTE FORTEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!



    I Saturnali
    Il nostro Natale inteso come celebrazione della nascita del Messia ha naturalmente origini cristiane ed ebraiche, ma anche nell’antichità romana questo periodo dell’anno ospitava festeggiamenti celebrativi di culti diversi.

    I Saturnali erano dedicati al dio Saturno e si tenevano dal 17 al 24 dicembre; si trattava di una delle più importanti feste dell’antica Roma, caratterizzata da un’alta componente ludica e dall’inversione dei ruoli sociali tra schiavi e padroni, con risultati fortemente umoristici.

    I Saturnali furono introdotti circa 217 a.C. per sollevare il morale dei cittadini dopo una pesante sconfitta militare. Celebrati originariamente per un giorno, il 17 dicembre, la loro popolarità crebbe fino a trasformarli in uno spettacolo lungo una settimana, fino al 23 dicembre. Gli sforzi per accorciare la ricorrenza sono stati infruttuosi: Augusto cercò di ridurre la festa a tre giorni, e Caligola a cinque. I festeggiamenti includevano vacanze scolastiche, la realizzazione e la donazione di piccoli regali (Saturnalia et sigillaricia) e un mercato speciale (Sigillaria). Marziale nei suoi Epigrammi, Libro 14, cita alcuni esempi di regali che si offrivano durante i Saturnali: tavolette di scrittura, dadi, salvadanai, pettini, stuzzicadenti, un cappello, un coltello da caccia, una scure, diverse luci, balli, i profumi, un maiale, una salsiccia, un pappagallo, tavoli, bicchieri, cucchiai, capi di abbigliamento, statue, maschere, i libri e animali domestici.

    In questo periodo il gioco d’azzardo era consentito a tutti, anche agli schiavi, e in generale si trattava di un momento per mangiare, bere e divertirsi. L’approccio goliardico era enfatizzato anche dall’abbigliamento: generalmente durante i Saturnali non si indossava la toga, che cedeva il posto a un abbigliamento più informale.

    I Saturnali sono incentrati sulla celebrazione del raccolto e sulla preghiera per la prosperità di quello successivo, attraverso feste, banchetti, sacrifici, offerte e cerimonie religiose in onore delle divinità protettrici delle campagne. Le transazioni commerciali in questi giorni erano proibite. La tradizione di decorare gli alberi di Natale scaturisce in parte dalla pratica di appendere piccole bambole di ceramica chiamato “Sigillaria” sui rami degli alberi di pino.

    Il 25 dicembre probabilmente cadeva invece un’altra festività nell’antica Roma: la celebrazione del Sol Invictus, festa in onore dei dio Mitra identificato come il dio del sole. Secondo alcuni storici la festività fu indetta dall’imperatore Aureliano che il 25 dicembre 274 consacrò appunto il tempio del Sol Invictus; ma l’esistenza di tale festività in questa data è documentata per la prima volta nel Cronografo del 354 – calendario illustrato opera del calligrafo Furio Dionisio Filocalo.



    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:21
     
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  2. neny64
     
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    CITAZIONE (Gullit234 @ 15/3/2010, 12:25)
    Un saluto a Sandro Gina,Giuly Fabry Lussi Mali, Rino

    (FILE:www.youtube.com/v/ffNydRtzegc&hl=it_IT&fs=1&)

    GRAZIE AUGUSTO........ UN SALUTO A TE!!! ;) :)

    Sandro


    CITAZIONE (Ispa @ 15/3/2010, 13:47)
    CIAO CLAUDIOOOOOOOOOOOO E BUONA SETTIMANA.............E BUONA SETTIMANA A TUTTI I VIAGGIATORI ED ISOLANI DI QUESTO ANGOLO INCONTAMINATO........PIENO DI PACE, TRANQUILLITÀ, CULTURA, COMPAGNIA, ECCC.........

    CIAO ANTONIO........ BUONA SETTIMANA A TE......... AMICO!!! :) :wub:

    Sandro
     
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    Pasti giornalieri degli antichi romani

    Il regime alimentare dei romani era discontinuo, capace di passare da un’estremità all’altra, da una somma di frugalità quotidiana, agli stravizi di vino e carne durante i banchetti nei quali l’eccesso era spesso di rigore.
    Il giorno iniziava al levare del sole. Il periodo tra l'alba ed il tramonto veniva diviso in 12 ore (horae). La durata delle ore era variabile in quanto dipendeva dal tempo effettivo di luce.
    Potremmo dire che al pari di una dieta odierna, tre pasti principali scandivano generalmente l'assunzione di cibo dell'antico romano: abbondante colazione al primo mattino (jentaculum), leggero pasto a mezzogiorno (prandium), e pasto principale nel tardo pomeriggio (cena).
    Il prandium era l’unico pasto dei romani impegnati nella guerra, nella politica e in qualsiasi altra attività che richiedesse uno sforzo (labor). Viceversa la cena apparteneva al tempo dell’ozio (otium), cioè del divertimento e della pace.
    La consistenza dei singoli pasti variava a seconda del periodo storico, dello status della famiglia, e se si abitava in un centro urbano o in campagna. Se un romano del periodo arcaico si accontentava di un pasto frugale alla sera (vesperna), a partire dal II sec. a.C. fu necessaria l’emanazione di apposite leggi suntuarie per limitare la spesa pro capite in occasioni di cene conviviali.
    Jentaculum avveniva fra la terza e la quarta ora, ovvero le otto e le nove del mattino, e spaziava dal pane intinto nel vino (consuetudine greca), ad olive, uova o formaggio, ai resti della sera precedente. Per i fanciulli era riservato il latte (ovino o caprino) accompagnato da brioche fresche, salate o addolcite col miele, magari acquistate sulla strada per la scuola dal pistur dulciarius (Marz. Apoph. XIV, 223), l'odierno pasticciere.
    Prandium consumato fra la sesta e la settima ora, cioè attorno a mezzogiorno. Solitamente uno spuntino fatto durante la pausa di lavoro, portato da casa o, per i più fortunati con qualche moneta in tasca, acquistato dai venditori ambulanti e nei locali pubblici. Si trovava da desinare con una certa facilità soprattutto in prossimità di luoghi molto frequentati durante il giorno, il Foro e le Terme, dove era un brulicare di posti di ristoro (popinae ); non era necessario neppure darsi troppo da fare a cercarne uno, giacché avveduti proprietari spedivano i propri garzoni per le vie del centro e dentro gli stabilimenti, a vendere appetitose cibarie calde o fredde, secondo le esigenze della stagione. Se si mangiava a casa c’erano gli avanzi del giorno prima o, comunque, si trattava di piatti freddi e veloci, da consumare in piedi e senza mensa.
    Cena cadeva verso le sedici (tra ora decima e undicesima), ma con il passare del tempo cominciò lentamente a spostarsi avanti per il raffinarsi dei costumi e l’introduzione dell’illuminazione domestica. Questo pasto poteva essere costituito da un piatto unico se si mangiava da soli (domicenium), o trasformarsi in un’occasione di convivio con addirittura circa 50 portate, come nel celebre banchetto di Trimalcione.
    Alla cena conviviale partecipavano gli uomini, sempre sdraiati, se intervenivano le donne esse erano tradizionalmente sedute. Si mangiava in un luogo coperto: casa, portico o giardino sormontato da un “velum”. I piaceri della tavola venivano condivisi all’interno di un gruppo sociale ben definito: famiglia, clientela, amici coetanei, collegio professionale o sacerdotale.
    I banchetti non erano prerogativa dei soli ricchi, e quando la situazione economica del padrone di casa lo richiedeva, erano gli stessi commensali a portare il loro contributo per il pasto.




    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:23
     
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  4. Ispa
     
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    CIAOOOOO LUSSYYYYYYY......GRADITE UN LIMONCELLO DOPO PRANZO??



    Edited by Ispa - 15/3/2010, 14:39
     
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    Jentaculum, prandium e cena

    Lo jentaculum era la colazione per gli antichi Romani e poteva essere costituito o da pane , miele,formaggio,uova,latte e acqua o da biscotti intinti nel vino o ancora dagli avanzi della sera precedente, se avevano avuto ospiti, o se erano stati invitati e avevano portato con sé qualcosa del menù del giorno prima.
    Il pransus o prandium consisteva in un leggero pasto freddo a base di verdure, uova, pesce e funghi , carni fredde e in genere veniva consumato fuori casa nelle taverne. Tuttavia per i lavoratori e i soldati esso era rappresentato da un pasto più abbondante.
    La cena era il pasto principale e si svolgeva nelle case patrizie in ambienti lussuosi. Era divisa in tre momenti:
    Gustatio-antipasto stuzzicante per risvegliare l’appetito con uova, verdure e ostriche
    Primae mensae-piatti di pesce , carne,verdura ,arrosti preparati in modo elaborato
    Secundae mensae- Dolci ,frutta secca e fresca
    Tutto il pasto era accompagnato da abbondante vino in genere non bevuto schietto , ma miscelato con acqua , calda o fredda, o con miele
    Le portate di una cena , comunque , non dovevano essere meno di sette in totale.




    Antonio a te tocca questo ahahaha, ciao un abbraccio



    Il pasto dei legionari


    Il pasto dei legionari durante le marce non doveva essere molto abbondante, se ci atteniamo alle fonti (Historia augusta), che attestano la presenza nel rancio di lardo , formaggio ,gallette e la posca , una bevanda costituita da acqua e mista ad aceto. Constatiamo , tuttavia , che il soldato di guarnigione poteva permettersi qualche lusso alimentare : in particolare egli preferiva alimenti sotto sale, condimenti e salumi.Da scavi archeologici effettuati nelle discariche degli accampamenti sappiamo anche che i legionari consumavano grandi quantità di carne.

    LA POSCA
    La posca era la bevanda dei legionari preferita per “combattere” la sete. Non si trattava che di acqua con l’aggiunta di aceto.
     
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  6. Ispa
     
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    AHAHAHAHAHAHAHAHAH..........AUGUSTOOOOO CIAOOOOOOOO CONTRACCAMBIO L'ABBRACCIO FORTEMENTE...............MA COME....IO TI OFFRO UN LIMONCELLO E TU MI OFFRI LA "POSCA"????.......AHAHAHAHAHAHAHAHAH (CHE SCHIFO ACQUA E ACETO........) AHAHAHAHAHAHAH
     
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    La cucina romana e laziale

    La cucina romana e laziale ha radici nella tradizione popolare e in diverse influenze che si sono fatte sentire in Italia soprattutto nella capitale. Vi sono infatti diversi piatti che la tradizione romana ha adottato e che sono, per esempio, piatti tipici della cucina ebraica. Nella cucina romana si possono trovare ricette di primi piatti sostanziosi dove fettuccine, bucatini, spaghetti, gnocchi di semolino, rigatoni si condiscono con sughi saporiti ed erbe aromatiche. Ottime anche le zuppe di legumi e verdure e le minestre particolari che diventano piatti prelibati e ormai famosi in tutto il mondo come la pasta e ceci, la pasta e fagioli o la pasta e fave. La cucina romana e laziale può vantare anche diversi piatti a base di carne e in questo caso non mancano i sapori forti. Sono diverse le ricette a base di agnello e di abbacchio, di pollo, maiale, lepre e coniglio. La carne viene cucinata in diversi modi: al forno, in umido, in padella, alla griglia, con le verdure e spesso vengono utilizzate le interiora per preparare piatti prelibati e molto gustosi che un tempo erano considerati piatti poveri; oggi, invece, sono considerati piatti sopraffini che hanno bisogno di una preparazione particolare. Un’altro vanto della cucina romana e della regione laziale è il formaggio, grazie al prosperoso allevamento di ovini che produce un’ottima varietà di formaggi e latticini. Da ricordare il pecorino romano, le scamorze, le provole, le caciotte, la mozzarella di bufala e la ricotta romana ottenute con il latte di bufala e di mucca. Nelle campagne romane sono coltivati ortaggi pregiati come i carciofi romani senza spine, la lattuga romana, i broccoli e i diversi tipi di fagioli e altri prodotti tipici del mediterraneo come i pomodori e i peperoni. Nella cucina romana si trovano anche ricette di pesce, nella costa viene usato il pesce di mare mentre all’interno, verso l’appennino si possono gustare piatti a base di pesci d’acqua dolce. La tradizione, comunque, vuole sulla tavola dei romani il baccalà, una pietanza dal gusto antico preparato in diversi modi e ancora in uso al giorno d’oggi. Anche l’anguilla diventa un piatto tipico soprattutto vicino al lago di Bracciano e in provincia di Viterbo. Possiamo finire con i dolci tradizionali della cucina romana che ancora oggi vengono preparati nelle case, soprattutto in occasione delle feste. Dolci particolari e speciali come i famosi tozzetti, i ravioli fritti, le frappe, le castagnole, i maritozzi, le fave dolci, il castagnaccio e i dolci di ricotta.
    Una cucina invitante dove non devono mancare i vini tipici laziali, rossi e bianchi, secchi, dolci o amabili... e una buona compagnia.

    Pasta alla carbonara

    è un piatto rustico caratteristico di Roma, famoso in tutto il mondo per la semplicità degli ingredienti impiegati, per il gusto intenso e piuttosto piccante. È un piatto ad alto contenuto calorico. Il tipo di pasta tradizionalmente più utilizzato sono gli spaghetti, anche se si prestano bene altri tipi di pasta lunga o alcuni tipi di pasta corta. In particolare a Roma, nelle osterie di maggiore tradizione, è d'obbligo abbinarla ai rigatoni.

    NA VOJA...


    Appena ho aperto ll’occhi stamattina
    c’ho avuto na sensazzione strana
    che nun era artro che na voja
    m’briacato de sonno l’ho cercata,
    pure sotto a maja
    ma nun l’ho trovata, annava e veniva
    come se volesse famme annà a male a giornata.

    Mentre me vestivo cor sole che ancora dormiva
    me so detto "ma tu guarda sta gran fija de na mignotta"
    proprio a me doveva capità na voja.
    Per fortuna che nun so’ donna,e per lo più incinta
    sinnò me veniva n’fijo co na macchia
    de quarcosa che se nasconne e nun parla.

    Me so’ buttato a capofitto drento a la fatica
    è dura ar cantiere a giornata, m’ha gonfiato le braccia e la testa
    ma sta voja de quarche cosa nun se n’è annata
    me girava n’torno, me chiamava e poi spariva
    lassandome su a pelle tutta sudata na striscia
    che più de na lumaca sembrava de na pomata.

    Ho sperato con tutto er core
    che na semprice frittata sposata co na ciriola
    potesse carmarla e invece... gnente
    nun ha fatto artro che aumentalla.

    Appena le gambe m’hanno riportato a casa
    ho provato a capì che era sta voja
    ma nun c’ho capito gnente
    e allora me so detto
    "mo’ me faccio n’bagno, cos’ se la voja è quella
    basta poco, un semprice movimento de na mano morta"
    Subbito dopo me s’ho mprofumato
    me so’ messo pure er borotarco
    ma la voja stava sempre lì
    e stavorta m’ha pure chiamato.

    So annato in cucina e chissà perchè
    m’e venuto da piagne
    de solito i lucciconi
    li fanni venì a cipolla e li dolori
    e visto che sto bbene
    la cipolla sicuramente è n’ingrediente.
    Allora me s’è accesa a lucetta
    e ho messo su l’acqua
    mentre lo tajavo er guanciale sorrideva
    e quanno ho mischiato l’ovo co li bucatini
    ho capito che la voja era de na cosa speciale
    che solo a Roma se magna, è unica
    come a città eterna
    nun ve dico nemmeno come se chiama
    tanto è finita, me la so’ magnata
    a voi ve basta sapè che era solo na voja...



    CITAZIONE (Ispa @ 15/3/2010, 14:36)
    CIAOOOOO LUSSYYYYYYY......GRADITE UN LIMONCELLO DOPO PRANZO??

    (IMG:http://i40.tinypic.com/3496ko2.jpg)


    ... AHAHAHAAHAHAHAAHAHAHAAH ... Antonio ... va bene, gradisco volentieri ...



    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:24
     
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    Vasellame da cucina


    Oggetti da cucina in metallo




    Il vasellame da cucina, di uso quotidiano e diffuso in tutto il mondo romano, era di ceramica comune, di modesto artigianato, e prodotto in fabbriche vicine al luogo di consumo per evitare costi elevati di trasporto. Le principali pentole usate in cucina erano:bollitoi, urnae, cacabus, pultarius, patellae o patinae, angularis Tra le stoviglie in cucina si usavano: kreagra, treles, chetron, coclearia oltre a numerosi attrezzi per attizzare il fuoco .



    Bollitoio-recipiente atto a scaldare acqua
    Cacabus-pentola in terracotta con pesante coperchio atta alla cottura di cibi a fuoco lento (bolliti,minestre)
    Pultarius- pentola in terracotta usata per le polente
    Patellae o patinae-padelle in terracotta o metallo
    Angularis-terrina a forma triangolare
    Kreagra-grande forchetta a tre punte per girare gli arrosti
    Treles-Colini in metallo forati per scolare gli alimenti
    Chetron-grandi cucchiai di legno per rimescolare le minestre in cottura

    ahaha Antonio tu sei un soldato quindi ti tocca... Va beh ti invito come ospite d'onore in una delle cene famose...


    Le cene famose



    Pollo con frutta


    Il cibo, perno sul quale era incentrata l’oziosa vita dell’aristocrazia romana, era motivo di incontri nei quali il padrone di casa esaltava le proprie ricchezze, spesso con smisurati sperperi per la gioia del proprio palato e dei convitati. Troviamo testimonianza di ciò nella “satira VIII” del libro I di Orazio e nel “Satyricon “di Petronio ,che ci offrono documentazioni riguardanti rispettivamente: il convito di Nasidieno e la cena di Trimalchione . Abbiamo modo di notare in entrambe un’auto-esaltazione non troppo velata da parte dei padroni di casa; se da una parte ,infatti ,questo fanatismo avviene attraverso il lusso e la non comune originalità nel servizio e nella presentazione delle portate , dall’altro troviamo nella satira una smodata esaltazione degli invitati illustri ,davanti ai quali Nasidieno si pavoneggia sfoggiando le proprie conoscenze in ambito culinario , non riuscendo , ad ogni modo, ad attirare l' interesse degli ospiti. L'intento degli autori è naturalmente parodistico.
    Un invito a cena un po’ speciale,tuttavia, ci viene presentato da Catullo



    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:26
     
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  9. Ispa
     
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    IL GARUM

    L'arte del saper cucinare non consisteva solo nel saper mascherare l'aspetto di un cibo, ma anche il suo sapore (anche perchè i cuochi dell'epoca non disponendo dei moderni frigoriferi dovevano mascherare il sapore un po rancido di alcuni cibi non proprio freschi), questo veniva ottenuto con l'utilizzo di varie salse composte con ingredienti che avevano poco a che vedere con la pietanza principale del piatto; ad esempio l'aggiunta di salse di pesce o di frutta spiaccicata su ricette a base di carne. Fra queste la più importante era il garum (dal greco garon che era la specie di pesce utilizzata) o liquamen, una sorta di salsa ottenuta dalla macerazione sotto sale di interiora di pesce con olio, vino, aceto e pepe; lasciata a riposo per una notte in un recipiente di terracotta e messa all'aperto, al sole, per due o tre mesi, rimescolata ogni tanto in modo da farla fermentare; quando la parte liquida si era ridotta per effetto del sole, si inseriva un cestino, il liquido che filtrava era la parte migliore e cioè il garum, la restante parte, lo scarto, era l'allec, la salsa secondaria. Il garum, avrebbe sicuramente avuto, per i nostri gusti, un odore ed un sapore

    nauseabondo, anche se questo era già riconosciuto da personaggi dell'epoca, infatti Marziale, per descrivere un certo Papilo, un individuo repellente , in uno dei suoi "Epigrammi" dice: "Unguentum fuerat, quod onyx modo parua gerebat: olfecit postquam Papylus, ecce, garumst."(era un unguento profumato quello contenuto fino a poco fa in un vasetto di onice; dopo che l'ha annusato Papilo, ecco, è garum).

    Il garum era di solito un liquido chiaro dall'aspetto dorato, che si conservava bene in anfore e veniva utilizzato per aggiungere un gusto saporito alle pietanze; era presente in quasi tutti i piatti e se saputo d osare, faceva la fortuna di molti cuochi. L'industria del garum era molto sviluppata nel Mediterraneo, quello più pregiato veniva prodotto in Spagna e aveva un prezzo molto elevato, tanto da essere paragonato al più caro dei profumi nonostante il suo acre o dore; veniva importato via mare in anfore con tanto di marchio del produttore e di anno di produzione. Una grande produzione veniva effettuata anche nella nostra penisola, di prim'ordine era quello prodotto a Pompei (officina del garum degli Ombricii).

    La città di Pompei era una delle maggiori produttrici di garum.



    VINO E OLIO

    Per quanto riguarda le verdure, si consumavano: lenticchie, fave, ceci, piselli, lattughe, cavoli, carote, rape, cipolle, zucche, carciofi e asparagi (più rari), cetrioli, erbe lassative come malve e bietole, menta e funghi (boleti) i quali erano molto ricercati. Le olive erano sempre presenti sia sulle tavole dei ricchi che su quelle dei poveri.

    L'olio di oliva fu una delle maggiori componenti dell'alimentazione dei Romani, usato anche per la medicina e per l'illuminazione; se ne trovava di varie qualità: L'olio vergine di prima spremitura (oleum flos), l'olio di seconda qualità (oleum sequens) e l'olio comunemente usato (oleum cibarium). Il consumo medio di olio di un cittadino romano era di circa 2 litri in un mese; Roma faceva la parte del leone in quanto è stato verificato che il Monte Testaccio ( un'autentica montagna artificiale formata da frammenti di anfore) è composta essenzialmente da resti di anfore olearie, in gran parte provenienti dalla regione della Betica (Spagna meridionale) che era il più grande esportatore di olio dell'epoca.


    La frutta era costituita da mele (mala), pere (pira), ciliege (cerasa), susine (pruna), noci, mandorle (nux amygdala), castagne, uva (fresca e passa) e pesche. Dall'Armenia giungevano le albicocche che venivano utilizzate spesso spiaccicate, ricavandone una salsa che accompagnava molti piatti di carne. Dall'Africa arrivavano i datteri (dactyli). La frutta oltre che consumata fresca veniva utilizzata anche per ricavarne marmellate ed era un componente importante per la preparazione di dolci.

    Il vino aveva un'importanza particolare per i Romani in quanto era la bevanda più amata e concludeva tutte le cene.


    Veniva prodotta sia la qualità rossa (vinum atrum), sia la qualità bianca (vinum candidum), er commerciato in larga scala e addirittura si formarono anche alcune cooperative per la vendita di questa bevanda ( collegium); a Roma è stata verificata l'esistenza di un porto e di un mercato attrezzati essenzialmente per la vendita del vino ( portum vinarium e forum vinarium).Il Vino era raramente limpido e veniva di solito filtrato con un passino (colum), si beveva quasi sempre allungato con acqua calda o fredda (in inverno a volte anche con neve) in modo da ridurne la gradazione alcolica di solito da 15/16 a 5/6 gradi. I tipi più pregiati erano il Massico e il Falerno (dalla Campania), il Cecubo, il Volturno, l' Albano e il Sabino (dal Lazio) e il Setino; i più scadenti erano il Veietano (come tutti i vini dell'Etruria era considerato di qualità scadente), quello del Vaticano e quello di Marsiglia ( i vini della Gallia narbonese venivano affumicati e spesso contraffatti ); vi erano anche alcuni vini resinati, ma considerati di cattiva qualità in quanto la resina si aggiungeva ai vini più scadenti in modo che si conservassero più a lungo. Sulle anfore utilizzate per il trasporto era impressa in una targhetta (pittacium) l'origine e la data di produzione per tutelare l'acquirente, anche se già in quell'epoca esistevano casi di adulterazione; ad esempio in una ricetta di Apicio si insegna a trasformare il vino rosso in bianco. I vini aromatizzati sono indicati sotto il nome di Aromatites, di Mirris, uno dei più apprezzati. Si aveva infatti l'abitudine di fare un vino aromatico, preparato all'incirca come i profumi, prima con mirra poi canna, giunco, cannella, zafferano e palma. Il Gustaticium è un vino aperitivo che si beve a digiuno prima del pasto, era un vino al quale si aggiungeva miele. Infine erano ricchi di vini medicinali, si mescolava vino e miele e il prodotto era chiamato Mulsum. Il Passum era un vino fatto con uve secche ma che serviva per i malati. Certe famiglie pompeiane si erano specializzate nella viticoltura e facevano invecchiare nelle cantine le anfore di mulsum.I vini invecchiati (quelli che avevano passato l'estate successiva alla data di produzione) erano di grande pregio sulle tavole dei ricchi Romani, i quali li ostentavano nei loro banchetti. Esistevano anche surrogati del vino come la lora, ricavata dall a fermentazione delle vinacce con acqua subito dopo la vendemmia e la posca, formata da acqua e vino inacidito (acetum). Il consumo del vino ebbe la sua espansione in epoca imperiale per lo più nelle zone di produzione e nelle grandi città come Roma dove per le enormi esigenze dovute all'alta densità della popolazione portarono anche ad una distribuzione gratuita di questa bevanda (imperatore Aureliano, ultimi decenni del III sec. d.C.) e al conseguente afflusso di grandi quantità di vino sia italico che di importazione. I prezzi andavano dai 30 denari al sestiario (0,54 l) per i vini pregiati (falernum, sorrentinum,Tiburtinum), ai 16 denari al sestiario per i vini di media qualità, agli 8 denari per i vini di basso pregio. Il consumo medio di vino in un anno è stato calcolato in 140 - 180 litri a persona, questo grande consumo si pensa che sia dovuto anche al grande apporto calorifero che dava alla dieta romana costituita in gran parte da cereali e vegetali.






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    Pasta alla gricia

    A Roma è uno dei primi piatti più amati insieme al Cacio e Pepe, alla Amatriciana e alla Carbonara. E con questi primi condivide l'incertezza sulla sua preparazione ("ma la Gricia qual è?"), spesso liquidata come "l'amatriciana senza pomodoro". In realtà questi piatti hanno in comune i seguenti ingredienti: pecorino romano e pepe nero, a volte combinati con il pomodoro, a volte col guanciale, a volte con l'uovo. La gricia utilizza solo guanciale, pecorino e pepe nero e la sua preparazione è quanto mai semplice e veloce, ma gustosissima.



    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:32
     
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    Adesso devo andare se riesco ci sentiamo in tarda serata ciao Anto e Claudio. Ciao Lussy principessina, lascia che lavoriamo noi schiavetti tu divertiti!

    Lucio Licinio Lucullo

    fu un importante rappresentante del ceto aristocratico che si distinse per la profonda cultura e le qualità di comandante militare. Per uno strano paradosso quest'uomo è passato alla storia soprattutto per la sua grande passione verso il cibo e l'arte del banchettare. Ancora oggi ad un pasto particolarmente ricco e abbondante viene assegnata la definizione di pranzo "luculliano", in ricordo dei banchetti fastosi con cui il ricchissimo aristocratico intratteneva i suoi amici.
    Viene quindi spontaneo pensarlo come un uomo grasso intontito da cibo e vino. Ma questa tipica associazione è lontana dalla verità, visto che Lucullo, in virtù di un'attenta alimentazione e un intenso addestramento militare, fu un uomo dal fisico asciutto e dalla mente lucida: era rinomata la sua padronanza sia della lingua latina che di quella greca. Dopo la vittoria su re Mitridate (69 a.C.) visse tra la villa di Roma e quella di Baia, dove fu un vero innovatore della pescicoltura di specie pregiate come aragoste, murene e gamberi.



    Fra le storie riguardanti la fama di buongustaio di Lucullo, oltre a quella secondo la quale avrebbe introdotto in Italia il ciliegio, riportiamo l’episodio che lo vede protagonista con Cicerone. L'oratore insinuava che se qualcuno fosse andato a casa dell'aristocratico senza preavviso, avrebbe trovato sì e no un misero pasto da plebei. Per smentire questa insinuazione, Lucullo invitò seduta stante Cicerone e gli amici a cenare da lui, senza avvertire i cuochi. Chiese soltanto di mandare un servo a pregare i camerieri di apparecchiare "nella sala d'Apollo". I camerieri capirono con quella parola d'ordine che bisognava allestire un banchetto per gente importante e numerosa. Così avvenne, e con incredula sorpresa dei commensali fu servito un menù di frutti di mare, asparagi, scampi, pasticcio d'ostrica, porchetta, pesce, anitra, lepre, pavoni, pernici frigie, murene, storione di Rodi, dolci e vini.
    Lucullo, che sembra avesse una predilezione speciale per la carne di tordo, pranzava in grande stile anche quando era solo. A lui viene attribuita la frase: "Hodie Lucullus cum Lucullo edit" (oggi Lucullo mangia con Lucullo), rivolta allo schiavo capocuoco dopo l'elaborata preparazione del menù di un ricco banchetto.


    CITAZIONE (loveoverall @ 15/3/2010, 15:03)Pasta alla griciaA Roma è uno dei primi piatti più amati insieme al Cacio e Pepe, alla Amatriciana e alla Carbonara. E con questi primi condivide l'incertezza sulla sua preparazione ("ma la Gricia qual è?"), spesso liquidata come "l'amatriciana senza pomodoro". In realtà questi piatti hanno in comune i seguenti ingredienti: pecorino romano e pepe nero, a volte combinati con il pomodoro, a volte col guanciale, a volte con l'uovo. La gricia utilizza solo guanciale, pecorino e pepe nero e la sua preparazione è quanto mai semplice e veloce, ma gustosissima.(IMG:http://i42.tinypic.com/j8lc94.jpg)


    Bona questa................

    Edited by loveoverall - 11/3/2011, 03:35
     
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    ... ehm ... comunicazione di servizio per Mela ... sto semplicemente elencando con immagini i piatti più famosi della cucina romana ... le ricette e preparazione ovviamente quando e se vorrai sono tuo settore e io non ci metto mano ... ahahahaahahahaahahah ...

    CITAZIONE (Gullit234 @ 15/3/2010, 15:05)
    Adesso devo andare se riesco ci sentiamo in tarda serata ciao Anto e Claudio. Ciao Lussy principessina, lascia che lavoriamo noi schiavetti tu divertiti!


    Lucio Licinio Lucullo

    fu un importante rappresentante del ceto aristocratico che si distinse per la profonda cultura e le qualità di comandante militare. Per uno strano paradosso quest'uomo è passato alla storia soprattutto per la sua grande passione verso il cibo e l'arte del banchettare. Ancora oggi ad un pasto particolarmente ricco e abbondante viene assegnata la definizione di pranzo "luculliano", in ricordo dei banchetti fastosi con cui il ricchissimo aristocratico intratteneva i suoi amici.
    Viene quindi spontaneo pensarlo come un uomo grasso intontito da cibo e vino. Ma questa tipica associazione è lontana dalla verità, visto che Lucullo, in virtù di un'attenta alimentazione e un intenso addestramento militare, fu un uomo dal fisico asciutto e dalla mente lucida: era rinomata la sua padronanza sia della lingua latina che di quella greca. Dopo la vittoria su re Mitridate (69 a.C.) visse tra la villa di Roma e quella di Baia, dove fu un vero innovatore della pescicoltura di specie pregiate come aragoste, murene e gamberi.

    (IMG:http://i41.tinypic.com/1z3ce2q.jpg)

    Fra le storie riguardanti la fama di buongustaio di Lucullo, oltre a quella secondo la quale avrebbe introdotto in Italia il ciliegio, riportiamo l’episodio che lo vede protagonista con Cicerone. L'oratore insinuava che se qualcuno fosse andato a casa dell'aristocratico senza preavviso, avrebbe trovato sì e no un misero pasto da plebei. Per smentire questa insinuazione, Lucullo invitò seduta stante Cicerone e gli amici a cenare da lui, senza avvertire i cuochi. Chiese soltanto di mandare un servo a pregare i camerieri di apparecchiare "nella sala d'Apollo". I camerieri capirono con quella parola d'ordine che bisognava allestire un banchetto per gente importante e numerosa. Così avvenne, e con incredula sorpresa dei commensali fu servito un menù di frutti di mare, asparagi, scampi, pasticcio d'ostrica, porchetta, pesce, anitra, lepre, pavoni, pernici frigie, murene, storione di Rodi, dolci e vini.
    Lucullo, che sembra avesse una predilezione speciale per la carne di tordo, pranzava in grande stile anche quando era solo. A lui viene attribuita la frase: "Hodie Lucullus cum Lucullo edit" (oggi Lucullo mangia con Lucullo), rivolta allo schiavo capocuoco dopo l'elaborata preparazione del menù di un ricco banchetto.


    CITAZIONE (loveoverall @ 15/3/2010, 15:03)

    Pasta alla gricia

    A Roma è uno dei primi piatti più amati insieme al Cacio e Pepe, alla Amatriciana e alla Carbonara. E con questi primi condivide l'incertezza sulla sua preparazione ("ma la Gricia qual è?"), spesso liquidata come "l'amatriciana senza pomodoro". In realtà questi piatti hanno in comune i seguenti ingredienti: pecorino romano e pepe nero, a volte combinati con il pomodoro, a volte col guanciale, a volte con l'uovo. La gricia utilizza solo guanciale, pecorino e pepe nero e la sua preparazione è quanto mai semplice e veloce, ma gustosissima.

    (IMG:http://i42.tinypic.com/j8lc94.jpg)


    Bona questa................

    Ciao Augusto ... a dopo ... e si, quella pasta è davvero buona ....

     
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    BUON POMERIGGIO A TUTTI AUGUSTO CLAUDIO ANTONIO VISTO LE TANTE IMMAGINI E RICERCHE CHE STATE METTENDO VI OFFRO UN CAFFE
     
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