Posts written by loveoverall

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    CITAZIONE (barbarart @ 21/2/2016, 11:55) 
    Carissimo Claudio, carissimi amici, sono stata lontana da questo Forum, per lungo tempo, a dir la verità sono stata lontana anche dal mio Forum di "appartenenza", chiamiamolo così!
    Ero molto giù, non tanto per la mia storia clinica, che mi pare avevo raccontato a Lussy, ma perchè un'amica cara è venuta a mancare e solo entrare in un social o in un Forum, mi sembrava mancarle di rispetto, il solo distrarmi mi sembrava un divertimento, mentre lei non c'era più!

    Sono legata storicamente al mio forum e continuerò a restare lì, perchè comunque nel tempo ho stretto belle amicizie, ragazze che ho potuto conoscere di persona, però questa confessione è giusto che io la faccia a voi, che mi siete altrettanto cari!

    Non a caso voi siete quelli di sempre per sempre!
    Ogni volta che torno qui non trovo il classico Forum, ma trovo cultura, trovo collaborazione, trovo, che dopo tanti anni, ancora partecipate attivamente alla vita di questo Forum! Non solo notizie, messe lì a caso, giusto per aggiornare e restare alti in classifica!

    Io qui mi trovo troppo bene, sono a casa e specialmente in questa particolare sezione, il Diario di bordo mi calza pennello!
    Claudio apprezzo tantissimo quello che scrivi, si vede che ci metti il cuore in quello che fai!
    Non posso promettere che sarò qui tutti i giorni, ho poco tempo, ma non vi mancheranno i miei saluti e ogni tanto scriverò qualcosa di più!

    Vi abbraccio!

    Buona domenica a tutti!

    Barbara

    Ciao Barbara,
    sentirti di nuovo qui, leggerti mi ha dato emozioni forti forti come sempre. In questo luogo abbiamo creato la magia che è quel filo tanto invisibile quanto forte indistruttibile che fa sentire parte di questo luogo sempre ovunque e comunque. Questi anni mi hanno fatto conoscere il dolore, quello vero, ho perso mamma. Il 27 dicembre 2013 mamma in silenzio è andata via. Sto cercando di rimettere insieme i pezzi della mia vita e l'Isola Felice è il luogo dove mi rifugio ogni volta che posso. Grazie per le parole sui miei pensieri scritti; noi siamo quelli di sempre, quelli che ci sono e ci saranno sempre. Tu Barbara sei una di noi, ed io sarò felice di poter leggerti, scriverti ogni volta che sarà possibile.
    Grazie davvero di cuore, saperti con noi mi ha reso felice mi ha regalato una carezza indimenticabile.
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    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 007 (15 Febbraio - 21 Febbraio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 15 Febbraio 2016
    S. FAUSTINO

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    Settimana n. 07
    Giorni dall'inizio dell'anno: 46/320
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    A Roma il sole sorge alle 07:06 e tramonta alle 17:42 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:25 e tramonta alle 17:49 (ora solare)
    Luna: 0.43 (tram.) 11.22 (lev.)
    Luna: primo quarto alle ore 08.48.
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    Proverbio del giorno:
    Se febbraio non isferra, marzo mal pensa.
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    Aforisma del giorno:
    Una Costituzione dovrebbe essere breve e oscura.
    (Napoleone Bonaparte)









    RIFLESSIONI



    ... SAGGEZZA …
    ... Lavagna impolverata, un cancellino e un gessetto bianco. Dalle finestre le fronde di un albero segnano il cielo e muovendosi silenziose sembrano vogliano danzare. Emozione forte quando nella stanza risuona il suo nome. Bambina di talento a scuola, vesti antiche e libri grandi quanto il suo desiderio di imparare. Fuori il rumore dei trattori nelle campagne risuona forte insieme allo scandire delle ore del campanile della chiesa del vecchio paesino. Strade impolverate da percorrere cento e cento volte ogni mattina e poi dopo che la campanella ha segnato la fine della giornata scolastica. Lei sempre un po’ in disparte dagli altri in quelle camminate da e verso casa, osserva il mondo lo studia, vuole percepire ogni singolo dettaglio da esso. Un giorno un uomo, il farmacista del paesino, conosciuto dalla comunità per essere persona di cultura e saggezza, ferma quella ragazzina e le dice:”Nei tuoi occhi c’è la curiosità giusta di chi vuole imparare di chi ha milioni di domande a cui vuole dare risposte”. Fu come un segno, la traccia su cui orientò tutta la sua vita trascorsa a trovare le risposte a tutti quei perché nella sua mente. Passavano gli anni, mentre i suoi coetanei lentamente smettevano di cercare le risposte ai personali perché, lei imperterrita aveva in quello sguardo la curiosità di chi non vuole smettere mai di imparare. Un applauso, frastuono intornoa se; smette di vagare tra i ricordi, lo sguardo fisso nel vuoto ora cerca intorno a se di comprendere e realizzare dove fosse fisicamente. Seduta davanti ad un tavolo, una enorme levagna davanti a se, alle spalle di alcune persone che in piedi applaudono guardandola negli occhi. “Applaudono me?”; la persona davanti a lei in piedi le stringe la mano e le dice:”Dottoressa Anna Valanzano Carcaterra si è laureata col massimo dei voti 110 e lode!”.In un attimo il suo percorso di 88 anni diviene un fiume nella sua mente e torna per un attimo a quella lavagna impolverata, col cancellino e gessetto; pensa a quel farmacista saggio nella sua previsione. In un attimo passato e presente si uniscono con quel lungo applauso che ha premiato quella sua incessante ricerca di risposte ai suoi perché .… Buon Febbraio amici miei … (Claudio)






    Si laurea a 88 anni con 110 e lode
    'Scambiata spesso per docente. Conosciuto giovani eccezionali'. Esplode l'applauso per il 110 e lode di Anna Valanzano Carcaterra, 88 anni quasi, da oggi dottoressa in Filologia italiana, con laurea magistrale. Dopo una vita dedicata al suo lavoro di maestra, ai figli e alla famiglia, 5 anni fa la signora Anna ha deciso di realizzare un desiderio: laurearsi. Così si è iscritta alla Facoltà di Lettere dell'Ateneo Federico II. Il primo traguardo è stato chiudere i primi tre anni, poi la laurea magistrale. "Emozionata? Non lo ero, poi ho visto le telecamere, i giornalisti e mi sono detta: 'Allora è una cosa proprio importante'". Con lei oggi ci sono le sue amiche, i figli, i suoi nipoti. Tutti fieri di questa donna che ha mostrato la forza del suo carattere decidendo di laurearsi per realizzare un sogno.
    "Mi hanno scambiata spesso per una docente - racconta - Soprattutto i primi tempi, quando entravo in aula i ragazzi pensavano che avrei tenuto io il corso". Poi l'hanno conosciuta e, con tanti di loro, è nata un'amicizia.
    (Ansa)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Un giorno d'inverno

    Sempre sul farsi della tacit'ora
    Crepuscolar m'invade una tranquilla
    Malinconia, che dolcemente irrora
    Questi occhi del dolor che da lei stilla.

    Guardo il foco morente, e m'innamora
    Tenervi intenta e risa la pupilla,
    lnsin che appena qualche brace ancora
    Tra la commossa cenere scintilla.

    Il crepitar di quella ultima vita,
    L'ombra addensata e la cadente neve
    Di piu cupa tristezza il cor mi serra.

    E prorompoll dall'anima atterrita:
    Mio Dio, che sogno è questo viver breve!
    Mio Dio, che solitudine è la terra!
    (Giovanni Prati)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Uomini e nuvole

    “Mi capita di veder solo nuvole… e in quei momenti mi sento piccolo e in balia degli eventi...”
    “Pensi che il problema siano le nuvole?
    Ma non farmi ridere… quelle ci sono da sempre: sono l’ombrello della terra durante le giornate di sole e la sua calda coperta nelle notti invernali.
    No, non è colpa delle nuvole se questa notte non vedi le stelle e non sarà colpa loro se domani non vedrai il sole.
    Vuoi sapere come stanno davvero le cose? …Bene, te lo racconto io.”
    …Un tempo gli uomini non erano piccoli e tondi come sei tu oggi.
    Erano veri giganti… magri, atletici e alti. Più alti delle nuvole!
    Qualunque uomo adulto sorpassava con tutte le spalle il confine superiore delle nuvole. Da quell’altezza vedevano ogni giorno il sole e la notte la loro testa era immersa nelle stelle. Erano ottimisti e sognatori.
    Solo i bambini, non essendo alti abbastanza, risentivano della presenza delle nuvole. Così il ruolo dei grandi era proprio quello di parlare ai bambini del sole e delle stelle quando essi, oppressi da un cielo nuvoloso, rischiavano di dimenticare quelle meraviglie.
    A quei tempi, gli adulti erano i portatori dell’ottimismo, della fede e del coraggio.…Capitava ovviamente, camminando con la testa oltre le nuvole, a volte di inciampare…
    Inciampa oggi, inciampa domani… alcuni iniziarono a predicare che fosse più prudente camminare muovendosi al di sotto delle nuvole.
    E ben presto divenne abitudine comune. Quella piccola paura di inciampare portò gli uomini a camminare ricurvi e, ciò che è peggio, a perdere il contatto con il sole e le stelle.
    I loro corpi si affaticarono e si indebolirono… tanto da iniziare a temere la pioggia. Fu così che iniziarono a ripararsi nelle grotte dapprima durante la notte, poi via via sempre più spesso.Quella piccola paura di bagnarsi portò gli uomini a rinchiudersi in luoghi angusti e bui e ad allontanarsi ancora di più dal sole e dalle stelle.
    I loro corpi si atrofizzarono e si indebolirono ulteriormente… essi si sentivano fragili, insicuri, intimoriti.
    Un giorno una piccola scossa di terremoto fece franare qualche sassolino dai soffitti delle grotte. Da allora essi iniziarono a sorreggere il tetto dei loro rifugi come se dovesse crollare da un momento all’altro…
    Quella piccola paura di un terremoto portò gli uomini all’immobilità e ad una vita di fatica e paura.
    Con l’andare del tempo, i loro corpi si logorarono ulteriormente… Le loro gambe e le braccia si accorciarono e poco per volta essi assunsero la formatozza che hanno attualmente.
    Ora capisci perché sorrido vedendoti terrorizzato, stanco e sudato intento a sorreggere con tutte le tue forze il tetto del tuo inutile rifugio?
    Ora capisci perché sorrido quando mi dici che se non vedi il sole è tutta colpa delle nuvole?
    Esci di lì!

    (Favole per Maya)



    ATTUALITA’


    Roman Graffiti: Roma caput della street art.

    Al Quadraro Ron English, noto ai più per 'Abraham Obama', il celebre murales di Boston realizzato durante le presidenziali del 2008, in cui i volti dei Presidenti Obama e Lincoln si sovrappongono, ha disegnato un gigantesco Baby Hulk, The Temper Tot.
    Sorpresa: Roma bellissima, caotica, opulenta, eterna e anche Capitale dell’Arte Urbana. La città con la più alta concentrazione di beni storici e architettonici al mondo, dal 2015 ha una vera e propria mappa di Street Art: “Un nuovo museo gratuito e aperto a tutti, turisti e cittadini, per riscoprire la città”. Il percorso turistico include 13 dei 15 municipi della Capitale e tocca 30 quartieri, da quelli storici e centrali come Testaccio a quelli periferici come San Basilio e Tor Bella Monaca.

    Sono circa 150 le strade interessate, oltre 330 le opere realizzate.

    Roma capitale dell’Archeologia dunque, ma anche dell’arte contemporanea e urbana, al pari delle grandi metropoli mondiali come Londra, Parigi, New York. Il Comune crede fortemente nel progetto. “Cambia prospettiva, la strada è il tuo nuovo museo” recita il claim del sito del turismo, con 50 mila copie della cartina street disponibile in tutti i PIT della città (www.turismoroma.it). Cosa vedere? Fatevi avanti.

    Le opere sono veramente tante e realizzate da artisti internazionali di prima grandezza come Clemens Behr, Hebert Baglione, MOMO e italiani, perlopiù romani, come Hitnes, Alice Pasquini, Sten Lex, Agostino Iacurci, Serico.

    Difficile decidere, ma da qualche parte bisogna pur cominciare e abituati come siamo a ricevere gli input d’oltreoceano, una delle prime opere street da visitare è sicuramente al Quadraro, a firma di un texano D.O.C. Ron English. In via dei Pisoni, storica zona di Roma, che vanta celebri lotte contro la prepotenza dei poteri forti, teatro di resistenza al nazifascismo durante la deportazione, English (noto ai più per aver realizzato Abraham Obama, il celebre murales di Boston realizzato durante le presidenziale del 2008, in cui i volti dei Presidenti Obama e Lincoln si sovrappongono) ha disegnato un gigantesco Baby Hulk, The Temper Tot. Il soggetto ha il volto di un bimbo di due anni e il corpo di Mister Universo ed è in 3D. Il contrasto tra la forza della struttura e l’immaturità del bambino è un richiamo, un monito ai paesi potenti con governi inadeguati. Accanto un inquietante Topolino con una maschera antigas grazie alla quale è immune dall’avidità del mercato, i toni usati sono quelli del pastello amati dai piccoli. La realizzazione del murales sul Baby Hulk rientra in una partnership realizzata da diversi artisti uniti dal progetto M.U.R.O. (museo a cielo aperto) capitanata da David Vecchiato, in arte Diavù ed è stata documentata da SkyArte..
    (Ansa)





    Da Milano a Ny, alla scoperta del bosco in città.

    Da parchi reali a grattacieli-foresta, 10 mete nella natura. Vere e proprie foreste, nascoste tra i palazzi. Polmoni verdi a due passi dal centro dove dimenticare il traffico e riconciliarsi con la natura. Ma anche grattacieli e monumenti trasformati in nuovi paesaggi green. E' la riscoperta dei parchi urbani, che da Milano a New York potrebbero cambiare il volto e lo stile di vita delle metropoli del 2000. Tra il risveglio di una nuova cultura verde e il recupero del bosco nei progetti delle archistar. Se ne parlerà alle XII Giornate internazionali di studio sul paesaggio, il 18-19 febbraio alla Fondazione Benetton Studi Ricerche di Treviso. Intanto ecco 10 boschi urbani, dove, in vacanza o nel week end, sarà bellissimo perdersi a contatto con la natura.

    BOSCOINCITTA' e BOSCO VERTICALE - Due modi diversi di vivere il verde, per una stessa città: Milano. Nato nel 1972 per iniziativa di Italia Nostra, Boscoincittà, nella periferia Ovest, è il polmone verde della città, cresciuto da 35 a 110 ettari di terreno, tra boschi, radure, corsi d'acqua, piste ciclabili ed equestri, uno spazio riservato ai cani di 5 mila metri quadrati e la quattrocentesca cascina San Romano. Eletto Migliore Architettura del mondo nel 2015, il Bosco Verticale progettato da Boeri Studio svetta invece nel quartiere Porta Nuova con i due grattacieli ricoperti da più di duemila alberi ed arbusti.

    REAL BOSCO di CAPODIMONTE (Na) - Progettato a metà del '700 dall'architetto Ferdinando Sanfelice tutto intorno al Palazzo reale, oggi Museo nazionale, riserva di caccia sin dai reali di Spagna, poi dei Borbone e dei Savoia, ancora oggi conta oltre 400 varietà di alberi secolari come querce, lecci, olmi, tigli e castagni. Sette i percorsi tra natura, storia e grandi architetture. Da non perdere le zone panoramiche su Posillipo, la collina di San Martino e il Vesuvio.

    PARCO di MONZA - Istituito con decreto napoleonico nel 1805, è ancora il più grande parco circondato da mura d'Europa.
    Affidato al progetto di Luigi Canonica e a lungo destinato anche ad uso agricolo (come testimoniano cascine e mulini) conserva il Bosco Bello, uno degli ultimi esemplari delle antiche foreste di pianura della Lombardia. Si può optare per percorsi lungo il fiume Lambro, alla scoperta delle Ville storiche, degli alberi secolari o della fauna tra scoiattoli rossi, picchi verdi, anatre mandarino e rapaci.

    NATIONAL 9/11 MEMORIAL - L'acqua di due grandi piscine, i nomi delle quasi tremila vittime e un piccolo bosco di 400 querce bianche. Non solo Central Park. A New York non perdete il Reflecting Absence, che l'architetto Michael Arad e il paesaggista Peter Walker hanno realizzato per il Memorial Plaza dell'attacco dell'11 settembre, proprio nel cuore di Manahattan.
    Con gli alberi metafora della vita che cresce e si rinnova.

    QUAI BRANLY - Alberi, colline artificiali, specchi d'acqua e piante di ogni tipo. Siamo a Parigi all'ingresso del Quai Branly, il Museo (totalmente ecosostenibile) delle arti e civiltà d'Africa, Asia, Oceania e Americhe. Una fusione totale con la natura che ha il suo exploit nel muro vegetale di 800 metri quadri e 15 mila piante di 150 differenti specie da Giappone, Cina, Europa centrale e Stati Uniti. L'ideatore, l'artista botanico Patrick Blanc, ne ha creato un altro anche al Caixa Forum di Herzog e de Meuron a Madrid AMSTERDAM BOS - Meta di oltre 4,5 visitatori l'anno, il parco alle porte di Amsterdam alterna aree verdi, prati all'inglese, canali d'acqua percorribili in canoa, una zona dedicata ai nudisti (la Zonneweide) e il monumento in ricordo delle vittime uccise nel campo di concentramento di Dachau.

    GRUNEWALD - Tra le città più verdi d'Europa, Berlino ospita una vera e propria foresta, soprattutto di conifere e betulacee, lungo la riva orientale dell'Havel. D'estate, fate come i tedeschi e tuffatevi nel fiume o nei suoi tanti laghi e stagni.
    Ma non perdete un giro anche al Tiergarten, il parco più frequentato della città, quello del celebre Zoo.

    HYDE PARK - A Londra, uno dei sette parchi reali di Gran Bretagna e uno dei più grandi al mondo, già riserva di caccia di Enrico VIII. Qui hanno suonato tutti, dai Pink Floyd ai Queen fino a Madonna, ma sopravvivono anche tradizioni come la Peter Pan Cup, gara di nuoto nel giorno di Natale nel Serpentine Lake, generalmente appannaggio degli over 60. Passeggiando si incontra la fontana in memoria della principessa Diana e soprattutto, a nord-est, lo Speakers' Corner dove ancora oggi chiunque può tenere discorsi ed esprimere la propria opinione al pubblico.

    MONTELLO (TV) - Dopo molti decenni di uso militare, l'ex polveriera del Montello diventerà un "nuovo" bosco pubblico, restituito ai cittadini del comune di Volpago del Montello. Un nuovo paesaggio ri-creato con la natura, sul quale sta lavorando l'architetto paesaggista Thilo Folkerts.

    GIARDINO DEI GIUSTI - Sin dal 1960 lo Yad Vashem, il modernissimo Museo della Shoah di Gerusalemme, accoglie il primo giardino dei Giusti al mondo. Un vero bosco nel mezzo del deserto per passeggiare e riflettere, dove ogni albero è piantato in memoria di un Giusto tra le nazioni, che salvò la vita ad ebrei negli anni delle persecuzioni. ‬
    (Ansa)





    In vendita a 6.400 euro lo scooter Puch del 1951 di Zucchero Fornaciari.

    Prodotto in Austria è stato completamente restaurato dall'attuale proprietario. Al celebre cantante Zucchero 'Sugar' Fornaciari le due ruote e gli scooter sono sempre piaciuti, come dimostrano una bellissima foto con Luciano Pavarotti a bordo di un 'cinquantino' e - ahimè - una multa di 78 euro che gli venne correttamente elevata nel 2009 dai Vigili di Pontremoli per essere alla guida del suo scooter (che utilizza spesso per muoversi dalla sua tenuta in Lunigiana) senza il regolamentare casco in testa. Ora un prezioso pezzo della collezione di Zucchero va in vendita dopo essere passato nelle mani di un anonimo acquirente, a cui era stato ceduto forse perché un po' troppo 'datato' rispetto alla voglia di ritmo e di movimento del celebre cantante.

    Si tratta di un scooter 125 RL della Puch Motorcycles e prodotto in Austria nel 1951, un mezzo esteticamente molto particolare (secondo alcune fonti gli elementi di carrozzeria erano stati sviluppati in collaborazione con Lambretta) anche se non destinato a un utilizzo sportivo. L'esemplare è in vendita a 6.400 euro presso Classic Mania Garage di Alessandria ed è in perfette condizioni, appena uscito da un completo restauro ed è accompagnato dai documenti che ne possono permettere l'immatricolazione in Italia.

    La Puch Motorcycles è una delle aziende europee produttrici di veicoli più vecchie, essendo stata fondata nel 1891 a Graz, in Austria, come Johann Puch & Comp dedicata allora alla produzione di biciclette. In tempi più recenti (1987) il settore due ruote è entrato a far parte del Gruppo Piaggio, mentre quello automobilistico fa ora parte - dopo diversi passaggi - del colosso della componentistica e della produzione per conto terzi Magna.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Il viaggio di Norm




    locandina


    Un film di Trevor Wall. Con Bill Nighy, Heather Graham, Rob Schneider, Ken Jeong, Loretta Devine.


    l potere universale della storia di base, felicemente eroica, distrae da una fattura non particolarmente brillante.
    Marianna Cappi


    L'orso polare Norm, erede al trono dell'Artico, non sa cacciare una foca, non prova nessun gusto nel dare spettacolo agli umani di passaggio e non sa bene che farsene della sua innata capacità di parlare "l'umanese". Quando, però, la società edile di Mister Greene si presenta sui suoi ghiacci con un prototipo di casa di lusso, intenzionata a colonizzare l'area, Norm capisce che, se qualcuno può scongiurare l'impresa, quello è soltanto lui.
    Il viaggio del titolo porta quindi l'orso bianco dal Polo a New York, dove non fatica a farsi scambiare per un attore un po' bizzoso e ad ottenere il ruolo grazie al quale recapiterà il suo messaggio al mondo. Peccato, a questo punto, che il medesimo messaggio subisca una sorte insolita per un film di questo genere: fatte salve le eccezioni di alto livello, quali L'Era Glaciale e i capitoli successivi, non di rado, infatti, la tematica ambientalista rischia di coprire un peso maggiore, nell'economia del lungometraggio, rispetto alle dinamiche narrative e alle invenzioni visive, come se la gravità del tema scontasse in qualche modo l'impegno nella realizzazione tecnica dell'opera che lo illustra. Qui, invece, la gravità dell'impatto che un insediamento umano causerebbe sull'habitat del grande Nord, è data sostanzialmente per scontata, col risultato che il messaggio di Norm non arriva forte e chiaro come dovrebbe, specie alle orecchie del pubblico più adatto alla visione, quello dei piccoli spettatori, debuttanti del grande schermo come debuttante è la Splash Entertainment, società televisiva al suo primo lungometraggio per la sala.
    E i "purtroppo" non sono finiti, perché anche sul fronte della cura dell'immagine e del plot, Il viaggio di Norm non si rivela un'avventura particolarmente brillante: ancora una volta, le intenzioni (la danza dell'orso, il ruolo comico dei lemming, il capitolo commovente del rapporto col nonno) sono migliori dei risultati finali.
    Ciò detto, nella favola dell'orso senza qualità che riesce a salvare la propria casa alleandosi con una ragazzina tutta cuore e cervello, che lo aiuta a far fruttare il proprio dono di natura, c'è un contenuto di base così universalmente potente che la visione non deluderà in ogni caso i bambini e nemmeno chi, tra di loro, ha già una buona consuetudine con il cinema e non solo con la formula televisiva, normalmente più episodica e sintetica, che caratterizza questo prodotto animato.




    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    Io sono irlandese, lei è tedesco, ma cosa ci rende entrambi americani?
    Una cosa sola, una, una, una: il manuale delle regole,
    lo chiamiamo costituzione e ne accettiamo le regole.
    È questo ci rende americani, solamente questo.
    (James B. Donovan)


    IL PONTE DELLE SPIE



    Titolo originale Bridge of Spies
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Stati Uniti d'America
    Anno 2015
    Durata 141 min
    Colore colore
    Audio Dolby Digital
    Rapporto 2,35 : 1
    Genere thriller, spionaggio, storico, drammatico
    Regia Steven Spielberg
    Sceneggiatura Matt Charman, Joel ed Ethan Coen
    Produttore Kristie Macosko Krieger, Marc Platt, Steven Spielberg
    Produttore esecutivo Jonathan King, Daniel Lupi, Jeff Skoll, Adam Somner
    Casa di produzione Amblin Entertainment, DreamWorks SKG, Fox 2000 Pictures,
    Marc Platt Productions, Participant Media, Reliance Entertainment,
    Studio Babelsberg, Touchstone Pictures
    Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
    Fotografia Janusz Kaminski
    Montaggio Michael Kahn
    Effetti speciali Andre Emme, Zoltan Toth
    Musiche Thomas Newman
    Scenografia Adam Stockhausen
    Costumi Kasia Walicka-Maimone
    Trucco Sanja Milic



    Interpreti e personaggi

    Tom Hanks: James B. Donovan
    Mark Rylance: Rudolf Abel
    Amy Ryan: Mary McKenna Donovan
    Alan Alda: Thomas Watters
    Austin Stowell: Francis Gary Powers
    Scott Shepherd: agente Hoffman
    Jesse Plemons: Murphy
    Domenick Lombardozzi: agente Blasco
    Sebastian Koch: Wolfgang Vogel
    Eve Hewson: Carol Donovan
    Will Rogers: Frederic Pryor
    Dakin Matthews: giudice Mortimer W. Byers
    Michael Gaston: Williams
    Mikhail Gorevoy: Ivan Alexandrovich Schischkin
    Peter McRobbie: Allen Dulles
    Stephen Kunken: William Tompkins
    Joshua Harto: Bates
    Billy Magnussen: Doug Forrester
    Burghart Klaußner: Harald Ott
    David Wilson Barnes: Mr. Michener
    John Rue: Lynn Goodnough
    Petra Maria Cammin: Helen Abel
    Jillian Lebling: Peggy Donovan
    Noah Schnapp: Roger Donovan



    TRAMA



    Il titolo del film, Il ponte delle spie, fa riferimento a un ponte realmente esistente a Berlino, che un tempo univa la zona est e quella ovest, oggi noto come Ponte di Glienicke. Il soprannome gli viene dal fatto di essere stato spesso teatro di scambi di prigionieri tra i servizi segreti americani e quelli della Germania Est. Il ponte delle spie racconta la storia di James Donovan (Tom Hanks), un famoso avvocato di Brooklyn che si ritrova al centro della Guerra Fredda quando la CIA lo ingaggia per un compito quasi impossibile: la negoziazione per il rilascio di un pilota statunitense, Francis Gary Powers, abbattuto nei cieli dell'Unione Sovietica mentre volava a bordo di un aereo spia U2.

    ...recensione...



    Basta una sola visione per capire che Il ponte delle spie (Bridge of spies) è una pellicola senza tempo: un nuovo classico che ha tutte le carte in regola per fare incetta di premi, e che dimostra quanto la nostra epoca abbia un disperato bisogno di belle storie ben raccontate. [..] Il ponte delle spie è una spy story basata su fatti realmente accaduti ma è anche un dramma giudiziario intenso e vibrante, contaminato da un inaspettato tocco di black humor dovuto, chiaramente, alla revisione dello script originale di Matt Charman, realizzata dai terribili fratelli Cohen.
    Il film si apre nella New York del 1957, più precisa-
    mente a Brooklyn. Rudolf Abel (Mark Rylance), viene catturato dall’FBI con l’accusa di essere una spia sovietica. A difenderlo è chiamato l’avvocato James Donovan (Tom Hanks), scelto dal suo studio per essere un uomo dai saldi principi, perfetto per salvaguardare l’immagine degli Stati Uniti come del paese che agisce nel pieno rispetto dei diritti di tutti i cittadini, compresi quelli più scomodi.
    Donovan è inizialmente riluttante ad assumere l’incarico per le ripercussioni che il processo potrebbe avere sulla sua immagine e sulla sua vita famigliare: essere l’avvocato di una spia russa, in piena Guerra Fredda, non è certo un compito molto ambito. [..] Se la regia del film è perfetta (incipit e finale lasciano senza fiato) a fare la differenza è certamente la mano dei Cohen brothers. Il loro contributo si palesa nei dialoghi incisivi e brillanti, nel sottile humour nero che permea tutta la pellicola e nella caratterizzazione di tanti comprimari, in particolare nella parte ambientata a Berlino: la pittoresca famiglia di Abel è 100% farina del loro sacco, così come i grotteschi negoziatori con i quali Donovan si trova a contrattare. Ma ad essere “coheniana” sino al midollo è soprattutto la figura del colonnello Rudolf Abel: personaggio sottilmente ironico e dall’aplomb ineccepibile, interpretato da uno stupefacente Mark Rylance, che, con una prova in sottrazione ed un interpretazione magnificamente compassata, rischia spesso di rubare la scena al pur ottimo Tom Hanks. Quest’ultimo, d’altra parte, il ruolo dell’everyman ce l’ha ormai cucito sulla pelle: chi meglio di lui avrebbe potuto interpretare l’avvocato James Donovan? Un uomo giusto che ama il suo Paese ma, ancor di più, i valori che esso dovrebbe incarnare, pronto a rischiare la vita pur di compiere il proprio dovere. Con Il ponte delle spie Spielberg è riuscito a fare incontrare il cinema classico e rassicurante di Frank Capra con la scrittura scoppiettante ed imprevedibile dei Cohen, veicolando un messaggio politico potente senza mai peccare di buonismo o superficialità.
    Perché, quando Donovan legge negli occhi di Abel la sua stessa umanità e decide di fare la cosa giusta.
    (http://sugarpulp.it/)




    SPOTLIGHT



    Titolo originale Spotlight
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Stati Uniti d'America
    Anno 2015
    Durata 128 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 1,85 : 1
    Genere thriller, storico, biografico, drammatico
    Regia Tom McCarthy
    Sceneggiatura Tom McCarthy, Josh Singer
    Produttore Michael Bederman, Blye Pagon Faust, Steve Golin,
    Nicole Rocklin, Michael Sugar
    Produttore esecutivo Bard Dorros, Jonathan King, Peter Lawson,
    David Mizner, Tom Ortenberg, Jeff Skoll, Patrice Theroux, Harold van Lier
    Casa di produzione Anonymous Content, Participant Media, Rocklin / Faust
    Distribuzione (Italia) BiM Distribuzione
    Fotografia Masanobu Takayanagi
    Montaggio Tom McArdle
    Musiche Howard Shore
    Scenografia Stephen H. Carter
    Costumi Wendy Chuck
    Trucco Teresa Young

    Interpreti e personaggi

    Mark Ruffalo: Michael Rezendes
    Michael Keaton: Walter 'Robby' Robinson
    Rachel McAdams: Sacha Pfeiffer
    Liev Schreiber: Marty Baron
    John Slattery: Ben Bradlee Jr.
    Brian d'Arcy James: Matt Carroll
    Stanley Tucci: Mitchell Garabedian
    Jamey Sheridan: Jim Sullivan
    Billy Crudup: Eric MacLeish
    Gene Amoroso: Stephen Kurkjian
    Maureen Keiller: Eileen McNamara
    Paul Guilfoyle: Peter Conley
    Len Cariou: cardinale Bernard Francis Law
    Neal Huff: Phil Saviano
    Jimmy LeBlanc: Patrick McSorley
    Michael Cyril Creighton: Joe Crowley
    Laurie Heineman: giudice Costance Sweeney


    TRAMA



    Il caso Spotlight racconta la storia del team di giornalisti investigativi del Boston Globe soprannominato Spotlight, che nel 2002 ha sconvolto la città con le sue rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, in un'inchiesta premiata col Premio Pulitzer. Quando il neodirettore Marty Baron arriva da Miami per dirigere il Globe nell'estate del 2001, per prima cosa incarica il team Spotlight di indagare sulla notizia di cronaca di un prete locale accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di trent’anni. Consapevoli dei rischi cui vanno incontro mettendosi contro un'istituzione com la Chiesa Cattolica a Boston, il caporedattore del team Spotlight, Walter "Robby" Robinson, i cronisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll cominciano a indagare sul caso. Via via che i giornalisti del team di Robinson parlano con l'avvocato delle vittime, Mitchell Garabedian, intervistano adulti molestati da piccoli e cercano di accedere agli atti giudiziari secretati, emerge con sempre maggiore evidenza che l'insabbiamento dei casi di abuso è sistematico e che il fenomeno è molto più grave ed esteso di quanto si potesse immaginare.

    ..recensione..



    Ha dell’ incredibile il lavoro di scrittura fatto da Thomas McCarthy e Josh Singer su Il caso Spotlight, una minuziosa rico-
    struzione che fonde con eleganza e minimalismo il reale con il finzionale, ciò che è accaduto realmente, i fatti per come si sono svolti nel pieno rispetto delle vittime (e, grande forza, dei carnefici), con la necessità di dargli un andamento narrativo moderno e coinvolgente, la verità plasmata a forma di ragionamento filmico. Perchè è proprio quello che interessa a McCarthy: animare un gigantesco film che non solo mostri ma anche introduca nella testa dello spettatore la portata della sua storia e delle sue implicazioni. Il suo pregio invece è di saper lavorare su tempi lunghi, su una sceneggiatura che utilizza tutte le sue due ore di durata per arrivare al punto, non cercando mai piccoli trionfi o soddisfazioni intermedie. La particolarità di Il caso Spotlight nel cinema moderno sta proprio nell’essere un film-fiume, privo di scene madri e determinato a mettere in ombra se stesso rispetto alla storia.
    In queste due ore sembra ci sia materiale per una serie televisiva, tanto sono dense eppur chiare. Lo scandalo di pedofilia interno alla comunità cattolica di Boston del 2002 (presto allargatosi) è visto dal punto di vista dei giornalisti del Boston Globe che l’hanno smascherato e raccontato, due azioni che nel film coincidono. Non esiste verità se non quella che può tramutarsi in narrazione, non esiste rivelazione che non possa essere raccontata, e così procede anche McCarthy, imitando i suoi giornalisti. La pedofilia è infatti forse l’ultimo degli interessi del film, ciò che ormai tutti sanno; il suo primo obiettivo è invece mostrare un percorso e un piccolo mondo dietro ad un grande scandalo con una commovente economia di retorica che si misura nelle controllatissime interpretazioni.
    Il caso Spotlight racconta Boston, come lì il potere cattolico entri ovunque e penetri ogni struttura, come ogni istituzione dipenda dalle altre, non ultimo il suo giornale (il cui edificio, in una bellissima panoramica, “minacciato” da un gigantesco cartellone pubblicitario di una internet company, del resto era il 2001….). Il film ha un contenuto affascinante e potente ma non è niente rispetto alla posizione di ferro che prende nello scegliere come raccontarlo. Imitando i giornalisti McCarthy e Singer sembrano essersi domandati ad ogni scena come realizzare il massimo con il minimo, anche l’ottimo cast pare impegnato in una gara di sottrazione (tutti tranne Ruffalo, l’unico autorizzato a caricare la propria interpretazione e capace di farlo con maestria impressionante).
    Il risultato è che questo grandissimo film riesce contemporaneamente a delineare un personaggio unico e sobriamente epico come il direttore del giornale di Liev Schrieber (compare poco e parla anche meno, sembra non contare niente ma è il motore di tutto, autorevole e statuario con il minimo sforzo) e architettare una storia molto complicata e complessa da chiarire, con lo scopo di portare a conclusione un ragionamento sulla responsabilità collettiva e individuale, permettendosi addirittura un colpo di scena finale che coinvolge il Robby Robertson di Michael Keaton (uno dei suoi ruoli migliori, finalmente controllato), unico momento di vera e meritata compassione.
    Dall’altra parte invece il controllo sentimentale e il pudore umano nell’approcciarsi ad un tema come la pedofilia infantile sta tutto in uno dei molti colpi di Il caso Spotlight, nel piccolo momento in cui la giornalista di Rachel MacAdams, di famiglia cattolicissima, fa leggere a sua nonna il primo articolo con le grandi rivelazioni, quello che cerca di descrivere scene, abusi e violenze a dozzine ad una comunità che non ne aveva la minima idea. Nell’interpretazione dettagliata, lenta e misurata della comparsa che ha il ruolo della nonna e nella maniera in cui il film arriva a quel punto (con lo spettatore perfettamente conscio di che rivelazione spiazzante possa essere per i personaggi) c’è in sineddoche tutto il film, c’è la forza devastante del sommesso. ( Gabriele Niola, www.badtaste.it/)

    (Gabry)





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    La Musica del Cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani




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    foto:ilfattoquotidiano.it


    Rino Gaetano

    Rino Gaetano, all'anagrafe Salvatore Antonio Gaetano (Crotone, 29 ottobre 1950 – Roma, 2 giugno 1981), è stato un cantautore italiano, ricordato per la sua voce ruvida, per l'ironia e i nonsense caratteristici delle sue canzoni, nonché per la denuncia sociale spesso celata dietro testi apparentemente leggeri e disimpegnati.

    Rimasto profondamente legato alle sue origini calabresi, rifiutò ogni sorta di etichetta e, a differenza di numerosi suoi contemporanei, evitò di schierarsi politicamente. Nonostante questo, i suoi componimenti non mancano di riferimenti e critiche alla classe politica italiana: Gaetano arrivò in alcuni suoi brani a fare nomi e cognomi di uomini politici del tempo e non solo e, anche per questo, i suoi testi e le sue esibizioni dal vivo furono più volte segnati dalla censura.

    Crocevia della sua carriera fu l'esperienza sanremese con il successo di Gianna; per molto tempo infatti gran parte del pubblico italiano lo ha ricordato solo per questo episodio e per questa canzone. I suoi lavori precedenti vennero quasi eclissati dal nuovo successo e ciò che giunse al grande pubblico delle sue canzoni – in primis Gianna – fu soprattutto il nonsense e non tutto ciò che si celava dietro di esso. Tragica e prematura la sua scomparsa: un incidente stradale lo portò via a soli trent'anni.

    Il lavoro di Gaetano iniziò ad essere significativamente apprezzato diversi anni dopo la sua morte e molte delle sue canzoni vennero riscoperte soprattutto dopo il 2000, riscuotendo consensi sempre maggiori, in particolar modo tra le nuove generazioni, e conferendo all'ormai defunto cantautore lo status di artista di culto.

    Salvatore Antonio Gaetano nacque a Crotone il 29 ottobre del 1950 da una famiglia originaria di Cutro. In famiglia era chiamato Salvatorino eccetto che dalla sorella maggiore Anna; lei preferiva il diminutivo Rino che in ultimo soppiantò il nome di battesimo. Nel marzo del 1960, quando l'artista calabrese aveva appena dieci anni, la famiglia si trasferì a Roma per motivi legati al lavoro dei genitori. L'anno dopo Gaetano venne mandato a studiare nel seminario della Piccola Opera del Sacro Cuore di Narni, in provincia di Terni. Tale decisione non fu presa col fine di avviare il ragazzo ad una carriera ecclesiastica; l'intento era probabilmente quello di assicurargli una buona cultura e di non lasciarlo troppo solo, visto che entrambi i genitori lavoravano. Lontano dalla famiglia Gaetano compose il poemetto E l'uomo volò e legò soprattutto con un insegnante, padre Renato Simeoni, che ricorda:

    « [Gaetano] sentiva l'importanza dello studio, però aveva anche dei momenti di grande assenza, che non era vuoto. Era molto difficile trovare Rino in situazioni di "vuoto", era sempre mentalmente occupato. C'erano dei gusti, questo mi è sempre sembrato di lui, dei gusti all'interno di questa persona, delle ricerche sue personali che lo tenevano occupato. Lui è stato abbastanza un ragazzo sognante, molto sognante. »
    Nel 1967 Gaetano tornò nella città capitolina dove visse il resto della sua vita, prima in via Cimone nei dintorni di piazza Sempione, nel quartiere di Monte Sacro e successivamente in via Nomentana Nuova. L'anno seguente, insieme a un gruppo di amici creò il quartetto dei Krounks, un gruppo musicale che eseguiva soprattutto cover. Gaetano suonava il basso all'interno della band e nel frattempo si dilettava a scrivere canzoni. I suoi artisti di riferimento in quegli anni erano cantanti italiani come Jannacci, De André, Celentano, i Gufi, Gian Pieretti e Ricky Gianco ma anche star internazionali, quali Bob Dylan e i Beatles, come si può leggere nel frontespizio di un quaderno che contiene accordi e canzoni scritte da Gaetano proprio in questo periodo.

    Nel 1969 Gaetano si avvicinò al teatro e iniziò a frequentare il Folkstudio, noto locale romano dove si esibivano molti giovani artisti. Qui ebbe l'occasione di conoscere Antonello Venditti, Ernesto Bassignano e Francesco De Gregori. In questo ambiente emersero in maniera alquanto precoce quelle caratteristiche che differenziavano Gaetano da altri cantanti. La forte ironia dei suoi brani, il suo modo di cantare e di criticare furono mal sopportati da altri membri del Folkstudio.
    Inoltre Gaetano si dimostrò sin da subito poco interessato agli ideali di sinistra e fu probabilmente anche per questo che faticò ad inserirsi nell'ambiente del Folkstudio: la militanza infatti era quasi un dogma per i cantautori in quegli anni. In quello stesso periodo Gaetano si esibì spesso insieme a Venditti in alcuni spettacoli di cabaret organizzati da Marcello Casco. Tra il 1970 e il 1971 inoltre prese parte a diverse rappresentazioni teatrali: recitò i poemi di Majakovskij e interpretò Estragone in Aspettando Godot di Samuel Beckett e la volpe in Pinocchio di Carmelo Bene.

    Gaetano nel frattempo si diplomò in ragioneria. Per via dei problemi economici della famiglia, il padre cercò spesso di indirizzarlo verso una carriera ben retribuita e per questo motivo gli procurò un posto di lavoro in banca. Tuttavia i progetti di Gaetano per il proprio futuro divergevano profondamente da quelli del padre, col quale raggiunse un compromesso: avrebbe tentato per un ultimo anno a sfondare nel mondo della musica con la ripromessa che in caso di esito negativo avrebbe accettato di lavorare in banca. Nel 1972 si iscrisse alla SIAE e conobbe Vincenzo Micocci, proprietario della casa discografica It. Quello stesso anno incise un primo 45 giri con l'etichetta discografica milanese Produttori Associati, contenente i brani Jacqueline e La ballata di Renzo, ma il disco non venne mai stampato.

    Nel 1973 Gaetano incise un 45 giri con la It, I Love You Maryanna/Jaqueline, prodotto da RosVeMon (acronimo delle iniziali dei cognomi di Aurelio Rossitto, Antonello Venditti e Piero Montanari). Il cantautore tuttavia preferì firmare il singolo con lo pseudonimo di Kammamuri's, in omaggio ad un personaggio dei Pirati della Malesia di Emilio Salgari. Secondo Micocci la scelta di utilizzare uno pseudonimo era probabilmente frutto della timidezza e dell'insicurezza di Gaetano. Il cantautore pareva essere alquanto dubbioso soprattutto riguardo alle sue abilità canore e quindi rispetto all'eventualità di cantare egli stesso i propri brani. Gaetano non era particolarmente intonato, basti pensare che ai tempi delle medie, a Narni, fu escluso dal coro del Seminario, ma è stato, secondo molti esperti del settore, proprio il suo modo di cantare naturale e "sporco" a conferire una tale intensità ai suoi brani.

    Il 45 giri presentava testi comici e goliardici, caratterizzati dalla demenzialità e dal nonsense: Gaetano tentava in tal modo di dissacrare il mondo cantautorale impegnato. Sulla figura di Maryanna, destinataria dell'amore di Gaetano in una delle due canzoni, sono state fatte molte ipotesi. La più accreditata, sostenuta anche dalla sorella del cantautore, Anna Gaetano, è che la canzone fosse dedicata alla nonna Marianna. Secondo altri invece il brano alluderebbe provocatoriamente alla marijuana o ad un altro personaggio salgariano, Lady Marianna.

    Il 1974 fu sicuramente un anno molto importante per Gaetano: scrisse i testi del suo primo album, Ingresso libero, poi pubblicato nel novembre dello stesso anno, ed incontrò Bruno Franceschelli, con il quale nacque poi un'intensa amicizia. Bruno ricorda così il loro primo incontro:

    « Erano gli inizi degli anni Settanta, quando in un bar a Montesacro, il nostro quartiere, io e Rino ci incontrammo per la prima volta. In quel bar io «giocavo a dama» mentre Rino «beveva birra chiara in lattina», quel bar si chiamava il Barone. Potrei definire quell'incontro come il ritrovarsi di due che si cercano da tempo. »

    Gaetano descrisse l'atmosfera del bar menzionato da Franceschelli nel brano Tu, forse non essenzialmente tu. Al momento dell'incisione del disco, però, il cantautore mostrò ancora delle perplessità tanto da arrivare a proporre un altro cantante per i propri testi; Micocci tuttavia riuscì a persuadere Gaetano a cantarli.

    La copertina dell'album ritrae il cantante, in un'immagine volutamente sfocata, mentre cammina davanti a un muro di mattoncini della sua prima casa a Roma e su una porta è appeso un cartello «Ingresso libero». Il titolo allude all'entrata di Gaetano nel mondo della musica. Il disco non riscosse grande successo, mentre il 45 giri tratto dall'album Tu, forse non essenzialmente tu/I tuoi occhi sono pieni di sale ebbe maggior fortuna, catturando soprattutto l'attenzione di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, che inserirono più volte i due brani nella scaletta del loro programma radiofonico Alto gradimento. Rispetto al primo 45 giri, le canzoni di questo nuovo album mostravano un maggiore impegno sociale ed abbracciavano temi quali l'emarginazione e l'alienazione industriale.

    Gaetano, nello stesso anno, tramite la RCA, scrisse tre canzoni per Nicola Di Bari: Prova a chiamarmi amore, Questo amore così grande e Ad esempio a me piace... il Sud, incluse nell'album Ti fa bella l'amore. Nessuna delle tre canzoni ebbe gran fortuna. La canzone Ad esempio a me piace... il Sud partecipò quell'anno a Canzonissima ma venne eliminata nelle prime fasi, al contrario la versione spagnola Por ejemplo ottenne un notevole riscontro in America Latina.

    Il successo arrivò l'anno successivo con il 45 giri Ma il cielo è sempre più blu. Si trattava in realtà di un 45 giri piuttosto atipico: esso conteneva una sola canzone divisa in due parti. Gaetano in questa canzone propose diversi spaccati di vita quotidiana, descrivendoli con ironia, luoghi comuni e contraddizioni.

    Nel 1976 Gaetano incise il suo secondo album, Mio fratello è figlio unico. Con questo disco, il cantautore calabrese cercò di attrarre l'attenzione dell'ascoltatore proponendo argomenti drammatici, soprattutto la solitudine e l'emarginazione, i temi portanti dell'album. Grazie al nuovo linguaggio e alle nuove soluzioni musicali (come l'utilizzo del sitar, del banjo e del mandolino), Gaetano riuscì ad ottenere un album più complesso e maturo del precedente.
    Qualche mese dopo l'uscita dell'album la It organizzò una tournée con i Perigeo. Questa scelta della casa discografica però non convinse il pubblico né la critica. In quello stesso anno Gaetano cedette una canzone inedita, Sandro trasportando, a Carmelita Gadaleta, un'altra cantante della It.

    L'anno successivo Gaetano elaborò e incise il suo terzo album, Aida. La scelta del titolo voleva rifarsi all'opera di Giuseppe Verdi, inoltre per il cantante Aida rappresentava l'incarnazione di tutte le donne italiane e dell'Italia stessa. Tramite la figura di Aida, Gaetano ha effettuato una ricerca storica ripercorrendo taluni momenti della storia italiana con uno sguardo del tutto originale, quasi fotografico. Ad agosto, la rivista Ciao 2001 descrisse l'album come il «frutto di un piacevole incontro fra testi estemporanei, felici anche se un po' amari, e musichetta piacevole, poco invadente, fatta apposta per sottolineare dei momenti particolari».

    Nello stesso anno, il cantante venne affiancato in tournée dai Crash, una band emergente. Per questa band Gaetano produsse l'album Exstasis e scrisse il brano Marziani noi. Con l'aumento della popolarità, arrivarono anche le prime apparizioni televisive per il cantante crotonese: sempre nel '77, infatti, presentò il suo brano Spendi spandi effendi a Domenica in, a quel tempo condotta da Corrado. In tale occasione fu costretto a tagliare la parola «coglione» dal testo della canzone.....

    Il 31 maggio Gaetano fece la sua ultima apparizione in TV cantando E io ci sto nel programma Crazy Bus. In quei giorni incise alcune canzoni insieme ad Anna Oxa come Il leone e la gallina di Mogol e Lucio Battisti.

    La carriera e la vita di Rino Gaetano si interruppero tragicamente il 2 giugno 1981 all'età di trent'anni in seguito ad un incidente stradale. Già l'8 gennaio un fuoristrada contromano aveva spinto la Volvo di Gaetano contro il guard rail: il cantante rimase incredibilmente illeso mentre la sua auto venne completamente distrutta. Gaetano aveva deciso poi di acquistare una nuova Volvo 343 grigio metallizzato. Quel 2 giugno, verso le tre di notte, dopo una serata passata nei locali, stava tornando a casa, da solo, a bordo della sua auto. Alle 3.55, mentre percorreva via Nomentana, a livello dell'incrocio di via Carlo Fea, cadde con la testa sul volante e la sua vettura invase la corsia opposta. Il camionista che sopraggiunse nell'altro senso di marcia provò a suonare il clacson, ma l'urto era ormai inevitabile. La parte anteriore e il lato destro della Volvo vennero distrutti, Gaetano batté violentemente la testa contro il vetro e il petto sul volante e perse conoscenza. L'autopsia rivelò un possibile collasso prima dell'incidente mentre il camionista raccontò di aver visto Gaetano accasciarsi di lato e iniziare a sbandare per poi riaprire gli occhi qualche attimo prima dell'impatto.

    Arrivarono i soccorsi, Gaetano era in coma e giunto al Policlinico Umberto I riportava una frattura alla base cranica, varie ferite a livello della fronte, una frattura malare destra e una sospetta frattura allo sterno. Tuttavia il Policlinico non aveva un reparto per i craniolesi e il medico di turno, il dottor Novelli, tentò invano di contattare un altro ospedale dotato di un reparto di traumatologia cranica. Vennero contattati telefonicamente il San Giovanni, il San Camillo, il CTO della Garbatella, il Policlinico Gemelli e il San Filippo Neri, ma non si riuscì a trovare un posto disponibile. Così, Gaetano alle sei del mattino spirò. Vi furono successivamente molte polemiche per via del mancato ricovero e venne aperta anche un'inchiesta.

    Il 4 giugno si tennero i funerali nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, quella in cui Gaetano avrebbe dovuto sposarsi da lì a poco. Alle esequie parteciparono parenti, amici, personaggi della musica, dirigenti della RCA e fan. Inizialmente venne sepolto nel piccolo cimitero di Mentana, poi il 17 ottobre venne trasferito al cimitero del Verano, dove la sua salma si trova tuttora.

    Drammaticamente profetiche risultano le parole di La ballata di Renzo, una canzone scritta da Gaetano più di dieci anni prima della morte. Questo brano e soprattutto la sua versione iniziale, Quando Renzo morì io ero al bar (presente in uno dei quaderni in cui Gaetano raccoglieva le sue canzoni da adolescente), narrano la storia di un ragazzo di nome Renzo che muore in circostanze molto simili a quelle del cantautore:

    « La strada era buia, s'andò al S. Camillo
    e lì non l'accettarono forse per l'orario,
    si pregò tutti i santi ma s'andò al S. Giovanni
    e lì non lo vollero per lo sciopero. »


    (da Quando Renzo morì io ero al bar - Rino Gaetano)

    Renzo viene investito da un'auto e muore dopo essere stato rifiutato da molti ospedali di Roma per mancanza di posti, mentre i suoi amici sono al bar. Nella canzone vengono citati tre degli ospedali che rifiutarono Gaetano il 2 giugno 1981 per mancanza di letti: il Policlinico, il San Giovanni e il San Camillo.

    Il 27 novembre 2007 Carlo Lucarelli ha parlato della morte del cantautore in DeeGiallo, un breve programma radiofonico in onda su radio DeeJay, nel quale lo scrittore ricostruiva in forma narrativo-documentaristica delitti irrisolti legati al mondo della musica. Nel 2013 viene pubblicato il libro Rino Gaetano. La tragica scomparsa di un eroe dell'avvocato Bruno Mautone. In questo libro Mautone porta avanti la tesi secondo cui Gaetano sarebbe stato ucciso dalla massoneria deviata. Gli elementi che l'avvocato porta a sostegno delle sue tesi sono talune presunte accuse velate ai massoni nelle canzoni di Gaetano e le sospette circostanze della morte del cantautore (anche l'avvocato traccia un parallelo con la canzone La ballata di Renzo).

    Nel 1982, ad un anno dalla morte del cantautore, da un'idea di Pino Scarpettini nacque il premio Rino Gaetano, uno spettacolo per ricordare il cantautore calabrese e lanciare giovani voci nel panorama musicale. Nel corso degli anni l'iniziativa ha ottenuto un successo e un'importanza sempre maggiori.

    Dal 4 all'8 settembre 2002 a Crotone si tenne la prima edizione di un festival in memoria di Gaetano e in tale occasione venne sancita anche la nascita di "Una casa per Rino", centro polifunzionale di musica per la Calabria e il Meridione, aperto ai nuovi artisti. Nel novembre del 2004 la giunta comunale di Roma, città d'adozione del cantante, gli intitolò una via a Vigne Nuove. Il 19 luglio 2008 la città di Crotone inaugurò, nella piazza già intitolata al cantante, una targa e una statua in bronzo. Tale statua raffigura Gaetano in cilindro, frac e ukulele, proprio come il cantautore si era presentato al Festival di Sanremo. Il 3 maggio 2010 a Cutro, paese d'origine della famiglia del cantautore, venne intitolata una piazza alla memoria di Rino Gaetano. Per l'occasione, inoltre, venne dipinta a mano una gigantografia di Gaetano che può essere ancora ammirata all'interno della sala consiliare dello stesso comune.

    Il 7 giugno 2011 venne inaugurata una targa in onore del cantautore in via Nomentana a Roma, proprio all'entrata dell'edificio in cui Gaetano aveva vissuto fino al 1981. La targa recita: «Qui è vissuto dal 1970 al 1981 Rino Gaetano, grande autore e interprete della canzone italiana. Ma il cielo è sempre più blu.»


    fonte: wikipedia,org




    Ma Il Cielo è Sempre Più Blu

    Chi vive in baracca, chi suda il salario
    chi ama l'amore e i sogni di gloria
    chi ruba pensioni, chi ha scarsa memoria
    Chi mangia una volta, chi tira al bersaglio
    chi vuole l'aumento, chi gioca a Sanremo
    chi porta gli occhiali, chi va sotto un treno
    Chi ama la zia chi va a Porta Pia
    chi trova scontato, chi come ha trovato
    na na na na na na na na na
    Ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
    ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh, uh uh...
    Chi sogna i milioni, chi gioca d'azzardo
    chi gioca coi fili chi ha fatto l'indiano
    chi fa il contadino, chi spazza i cortili
    chi ruba, chi lotta, chi ha fatto la spia
    na na na na na na na na na
    Ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
    ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh, uh uh...
    Chi è assunto alla Zecca, chi ha fatto cilecca
    chi ha crisi interiori, chi scava nei cuori
    chi legge la mano, chi regna sovrano
    chi suda, chi lotta, chi mangia una volta
    chi gli manca la casa, chi vive da solo
    chi prende assai poco, chi gioca col fuoco
    chi vive in Calabria, chi vive d'amore
    chi ha fatto la guerra, chi prende i sessanta
    chi arriva agli ottanta, chi muore al lavoro
    na na na na na na na na na
    Ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
    ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
    ma il cielo è sempre più blu
    Chi è assicurato, chi è stato multato
    chi possiede ed è avuto, chi va in farmacia
    chi è morto di invidia o di gelosia
    chi ha torto o ragione,chi è Napoleone
    chi grida "al ladro!", chi ha l'antifurto
    chi ha fatto un bel quadro, chi scrive sui muri
    chi reagisce d'istinto, chi ha perso, chi ha vinto
    chi mangia una volta,chi vuole l'aumento
    chi cambia la barca felice e contento
    chi come ha trovato,chi tutto sommato
    chi sogna i milioni, chi gioca d'azzardo
    chi parte per Beirut e ha in tasca un miliardo
    chi è stato multato, chi odia i terroni
    chi canta Prévert, chi copia Baglioni
    chi fa il contadino, chi ha fatto la spia
    chi è morto d'invidia o di gelosia
    chi legge la mano, chi vende amuleti
    chi scrive poesie, chi tira le reti
    chi mangia patate, chi beve un bicchiere
    chi solo ogni tanto, chi tutte le sere
    na na na na na na na na na
    Ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
    ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh, uh uh..


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Roberta Vinci n. 13 del tennis mondiale.

    Stabili Pennetta, Errani e Giorgi. In vetta sempre S.Williams. Roberta Vinci, trionfatrice ieri a San Pietroburgo, sale dal 16/o al 13/o posto, mentre prima delle italiane rimane Flavia Pennetta, stabile al 7/o nonostante si sia ritirata da oltre tre mesi, nella nuova classifica del tennis mondiale, sempre dominata - per la 157/a settimana di fila, la 280/a in totale - dalla statunitense Serena Williams. La 18enne svizzera Belinda Bencic, sconfitta dalla Vinci in finale nel torneo Premier russo, entra per la prima volta nella Top 10, passando dal numero 11 al 9, dove sostituisce la ceca Petra Kvitova, in ascesa all'8 e che a sua volta scalza la spagnola Carla Suarez Navarro, ora 11ma. Delle altre italiane, stabili Sara Errani e Camila Giorgi, rispettivamente 22/a e 40/a; scende invece dal 60/o al 63/o posto Karin Knapp, ferma da cinque mesi per un infortunio al ginocchio che ha richiesto l'intervento chirurgico.
    (Ansa)




    Moto: Rossi, futuro? 5-6 gare poi decido.
    Pilota Yamaha, se continuo sarà per due anni. Cinque-sei gare per decidere se proseguire la sua straordinaria avventura di pilota. E' il traguardo che Valentino Rossi si è posto mentre si avvicina il via del Mondiale 2016. "E se continuerò, sarà per due stagioni", ha detto il 9 volte iridato in un'intervista a Sky Sport MotoGp HD. Che il 16 febbraio - in occasione del suo 37/o compleanno - avrà un palinsesto dedicato con alcune gare tra le più entusiasmanti della sua carriera, oltre a due speciali.
    "A fine 2016 scadrà il mio contratto. Quindi dovrò decidere se continuare altre due stagioni o meno. Se continuo, continuo per due stagioni - spiega Rossi nell'anticipazione - funziona così adesso, tutti fanno i contratti per due anni. Quindi, se la Yamaha dice che siamo d'accordo per continuare, si continua per due". Dipende dal risultato in pista? "Sarà come il 2014, quando avevo detto: guardo le prime gare. Il mercato inizia prima, quindi bisogna guardare le prime 5-6 gare e poi cominciare a ragionare".
    (Ansa)




    Movistar, Adriano Malori torna in Europa.
    Dopo la caduta in Argentina, prosegue la convalescenza in Spagna. Adriano Malori farà ritorno domani in Europa, precisamente in Spagna, dove proseguirà le cure in seguito all'incidente del 22 gennaio scorso al Giro di San Luis, in Argentina. Lo ha fatto sapere la sua squadra, la spagnola Movistar, precisando che il corridore emiliano era ora in condizione di affrontare il trasferimento da Buenos Aires, su un volo con equipaggiamento sanitario, fino a Pamplona, dove proseguirà la convalescenza presso la Clinica universitaria della Navarra.
    Malori, che proprio durante i giorni di ricovero ha compiuto 28 anni, nella caduta aveva riportato fratture ad uno zigomo (poi operato), ad una clavicola e ad una scapola, oltre che un trauma cranico.
    (Ansa)

    (Gina)



    Gossip!!!




    Kate Middleton e William d’Inghilterra, niente vacanze: “colpa” della scuola di George e… di un pancino sospetto







    Kate Middleton e William d’Inghilterra: troppo impegnati per concedersi una vacanza. La notizia arriva fresca fresca dalla casa reale. Il Duca e la Duchessa di Cambridge non voleranno a Mustique per la loro tradizionale pausa invernale. Ecco perché…


    PER VOCE DI SUA MAESTA' – La vacanza invernale sull’isola caraibica è ormai una tradizione per Kate e William: una pausa di pochi giorni, la maggior parte delle volte in compagnia dei genitori di lei, Carole e Michael, a cui la giovane coppia reale non ha mai rinunciato… nemmeno quando George aveva pochi mesi. Quest’anno però le cose sono cambiate. Buckingham Palace è in fermento per i festeggiamenti dei 90 anni della Regina e i Duchi di Cambridge sono parte attiva del progetto. E per Kate sarà un nuovo attestato di stima da parte di Elisabetta II: apparirà infatti per la prima volta come voce ufficiale della ‘Casa Reale’ in un documentario dedicato alla Sovrana. Insomma, un passo in più verso l’investitura ufficiale di principessa…

    E GEORGE RESTA A SCUOLA - A trattenere in Inghilterra Kate e William, poi, ci sono le loro responsabilità da genitori. George ha iniziato l’asilo da poco più di un mese e proprio l’Istituto, il Westacre Montessori del Norfolk, ha fatto sapere che il terzo in linea di successione al trono britannico è bravissimo. “Si è inserito bene nel nuovo ambiente” fa sapere una fonte della scuola. E quindi i Duchi non vogliono che si assenti subito… anche perché non è ancora chiaro se il primogenito e la piccola Charlotte (che a maggio compie un anno – GUARDA) seguiranno in primavera Kate e William nel loro viaggio di stato in India e Bhutan (e che potrebbe coincidere con la nascita del primogenito dei sovrani più giovani al mondo



    IL TERZO BEBÈ…
    – Ma la rinuncia forzata potrebbe essere dovuta ad un’altra ragione. Le voci che Kate sia di nuovo incinta corrono veloci… Pare che William lo abbia annunciato al pranzo di Natale a Sandringham (GUARDA) e dalle feste la Duchessa non si è più vista: durante i primi mesi delle sue due prime gravidanze ha sofferto molto e la rinuncia ad un viaggio intercontinentale potrebbe essere una scelta per non sottoporla ad ulteriore stress e stanchezza…


    fonte:http://www.msn.com/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    PIERO DELLA FRANCESCA.
    INDAGINE SU UN MITO


    dal 13 Febbraio al 26 Giugno 2016



    Un evento artistico che è esso stesso un mito: non era mai stata ‘fatta’ una mostra come quella che da domani, 13 febbraio, aprirà ufficialmente i battenti a Forlì, nella prestigiosa sede dei Musei di San Domenico.

    Si tratta di Piero della Francesca: indagine su un mito, forte di un percorso espositivo di circa 200 opere che ha, come tema conduttore, il mito nelle sue molteplici rivelazioni nell’arte, nella filosofia e nella religione. Piero è autenticamente il mito, il sogno realizzato dell’Arte Moderna, l’inizio del suo inizio, se si passa il calembour.
    Insieme con Leon Battista Alberti, ben noto alla più nobile Storia dell’Arte Ferrarese, il Quattrocento, l’Umanesimo, precursore del fulgido Cinquecento, il Rinascimento, che proseguirà nella Città Estense grazie a Biagio Rossetti, di cui quest’anno si celebra il cinquecentenario della morte, fu a Ferrara – ma le tracce son scomparse, a differenza di quelle dell’Alberti cui è attribuito il campanile del Duomo di Ferrara, meraviglioso ed unico, nella sua incompletezza.

    Entrambi furon grandi Umanisti teorici – autori di trattati fondamentali, come il De re ædificatoria, di Alberti, ed il De prospectiva pingendi, di Piero – ma pure geniali applicatori della loro arte e della loro tecnica, la ‘scoperta’ della prospettiva e l’inizio, come si diceva più sopra dell’Arte Moderna, quella che non ha ancora finito di ispirare tutti quelli che son venuti ‘dopo di loro’ – in ispecie Piero, cui l’esposizione è dedicata – a partire da Marco Zoppo, il ferrarese Francesco del Cossa, Luca Signorelli, Melozzo da Forlì, Giovanni Bellini per proseguire, dopo i ‘secoli dell’oblio’, nel moderno, coi Macchiaioli, Lega, Signorini, fin a giungere addirittura alla fondamentale riscoperta inglese del primo Novecento, legata in particolare a Roger Fry, Duncan Grant, tutti afferenti al rivoluzionario Bloomsbury Group, cui facevano capo talenti come Virginia Woolf ed il marito Leonard, la sorella, Vanessa Bell, e l’economista Maynard Keynes, padre della Macroeconomia.
    Da dire che la fortuna novecen-
    tesca dell’artista fu dovuta, in Italia, a Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, confrontati con basilari artisti stranieri come Balthus ed Edward Hopper e le sue specifiche periferie metropolitane dell’anima.
    Ma la correlazione va avanti alla Settima Arte: come dimenticare le stupende riprese di Michelangelo Antonioni nell’episodio di Aldilà delle nuvole, girato a Comacchio nel 1995 nel porticato del convento dei Cappuccini, visto ed immortalato con un’inquadratura ed una opposta, virata di 180°. Ma Antonioni aveva dichiarato il suo amore per Piero ben prima, nei suoi scritti e saggi giovanili, nei suoi articoli sulla rivista Cinema, negli anni Quaranta. Piero rimane dunque un’imprescindibile pietra miliare e la mostra di Forlì lo documenterà anche a chi, semplice amante dell’arte, vorrà ammirarne i capolavori.
    E saranno proprio i ‘confronti’ con le opere in esposizione, quelle delle ‘generazioni artistiche a lui seguite’, che ne avvaloreranno la ancora estrema modernità, il suo essere antesignano davvero ante litteram.
    L’evento è stato reso possibile grazie alla direzione generale di Gianfranco Brunelli e di un comitato scientifico internazionale presieduto da Antonio Paolucci, nel quale figurano, tra gli altri, Frank Dabell, Guy Cogeval, Fernando Mazzocca, Paola Refice, Neville Rowley, Daniele Benati, Ulisse Tramonti, James Bradburne, Marco Antonio Bazzocchi, Luciano Cheles, M. Cristina Bandera e Giovanni Villa.
    E piace qui citare le parole dello stesso Paolucci riportate a voce e nel catalogo ufficiale della mostra pubblicato da Silvana Editrice: “A un certo momento, nella storiografia critica del Novecento, Piero della Francesca è sembrato la dimostrazione perfetta, antica e perciò profetica, di un’idea che ha dominato a lungo il nostro tempo, di come cioè la pittura, prima di essere discorso, sia armonia di colori e di superfici”. La mostra è organizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì.
    www.estense.com/




    FESTE e SAGRE





    UN LIBRO..UN AUTORE


    "Smettila soltanto di mentirmi su cos’è la vita, dice Elf.
    Benissimo, Elf, smetterò di mentirti quando tu smetterai di cercare di ammazzarti.
    Allora Elf mi dice che dentro di sé ha un pianoforte di vetro.
    Ed è terrorizzata all’idea che possa rompersi. Non può permettere che si rompa...."


    I MIEI PICCOLI DISPIACERI


    Elf è sempre stata la più bella. Ha stile, idee geniali, ti fa morir dal ridere; le capitali del mondo la ricoprono allegramente di dollari per farle suonare il pianoforte e gli uomini si innamorano perdutamente di lei. Yoli è la sorella squinternata. Ha messo al mondo figli con padri diversi, ha un amante avvocato, se si rompe la macchina fa sesso con il meccanico, ha il conto sempre in rosso e una carriera mancata. E cos'è adesso questa storia che Elf vuole morire? Proprio in questo momento, poi, a due settimane da un'importantissima tournée. "Elfie, ma ti rendi conto di quanto mi mancheresti?" Quali sono le cose giuste da dire per salvare una vita? Yoli la prende in giro, la consola, la sgrida, aggredisce lo psichiatra dell'ospedale, cammina lungo il fiume tumultuoso del disgelo, non sa più che pesci pigliare. Cospira con la madre, con zia Tina, con il tenero marito scienziato di Elf, con Claudio, il suo agente italiano, e tra cene alcoliche, sms di figli ed ex mariti, sorrisi e ultime frontiere del pianto, lottano tutti per convincere Elf a restare. E in questo lungo duello di parole, carezze, umorismo nero si celebra la grazia e l'energia che occorrono per accettare il dono fragile della vita.

    ...recensioni...



    [..]I miei piccoli dispiaceri è una storia parzialmente vera di grandi, immensi dolori. Sull'amore più profondo, il senso segreto della vita, un male difficile da mettere a fuoco. Purtroppo si legge con attenzione altalenante: amare in una prima parte deliziosamente tragicomica, tollerare appena in una seconda metà superflua. Il romanzo ha un'ironia dissacrante che non ci si aspetta e pensieri fiume. Nella corrente, si perdono virgolette e voci, all'insegna di un utilizzo continuo del discorso diretto libero. Rendendo la lettura straordinariamente intensa ma poco agevole. Capitoli lunghi e un'assenza di dialoghi che pesa, elementi base di uno stile particolarissimo che o si ama o si odia. Inoltre, nonostante tra le pagine abbia trovato la descrizione forse più veritiera e dura del dolore, un dolore intimo esternato nell'immediatezza di uno sfogo scritto, qualcosa si perde a causa di personaggi sui generis e situazioni a me poco familiari. L'infanzia delle due sorelle, così come quella dell'autrice, trascorsa infatti nelle cerchie di una comunità mennonita in Canada. Un'esistenza girovaga nei primi anni di vita, tra le imposizioni maschiliste di un gruppo culturale normativo e gli stimoli di genitori pazienti e sempre con il naso in un libro.
    Lo stile nuovo distrarrà pure, ma I miei piccoli dispiaceri al solo pensiero mi commuove. E, nel mezzo, ha scene da leggere e rileggere, sui personaggi stretti attorno al capezzale della musicista con un pianoforte di vetro nel petto, l'estenunante lotta contro i medici, la guerra civile contro sé stessi. Il pensiero vago di regalarle un viaggio in Svizzera e l'eutanasia: una morte dolce. Soluzione estrema a cui si è favorevoli, solitamente, quando c'è di mezzo una malattia incurabile. E se la malattia incurabile c'è, ma è invisibile e radicata, non diagnosticabile, che ne è dell'opinione pubblica e degli interrogativi etici? [..](http://diariodiunadipendenza.blogspot.it/)



    Jane Crowther
    “Perché ci dicono sempre che se crediamo in lui Dio risponderà alle nostre preghiere? Perché non può essere lui a fare la prima mossa?”
    Con I miei piccoli dispiaceri, Miriam Toews supera se stessa e ci regala uno di quei romanzi rari e stupefacenti che riempiono di commozione e gioia profonda. La storia è semplice e nasce da un’esperienza dolorosa di Miriam: il suicidio dell’amatissima sorella. Ma proprio qui Miriam rivela tutto il suo genio e la sua umanità. La narrazione di una sventura si tramuta sempre più in un inno incredibile alla vita, alla debolezza e al coraggio, alla musica del mondo che ci chiama. E tutto senza un filo di sentimentalismo, anzi, con un umorismo che colpisce al cuore, con una lucidità che è un dono inestimabile.Yoli, la sorella dalla vita sgangherata, Elfie, la sorella pianista di successo, Nora, la quattordicenne favolosa, la nonna, discepola della vita, fagotto rubensiano di carne e cicatrici, Nic, che piange senza saperlo, Claudio, che crede nella musica come medicina universale… diventano, per trecento pagine, i nostri amici più veri. I miei piccoli dispiaceri è un capolavoro che ha conquistato premi, recensioni e classifiche sia in Canada che negli Stati Uniti. Bibliotecari, librai, critici severissimi della rete, del Washington Post e del New York Times l’hanno celebrato tra i romanzi più belli del 2014. La versione italiana è scritta da Maurizia Balmelli, grande traduttrice che su questo romanzo ha lasciato pezzi di cuore. (Raffaele Cecoro, http://scrignodistelle.altervista.org/)


    MIRIAM TOEWS



    Miriam Toews è una scrittrice canadese, nata nel 1964 vicino a Winnipeg, nella provincia di Manitoba in una famiglia di culto mennonita, la maggiore tra le chiese anabattiste. In tutti i suoi libri, Miriam Toews racconta il modo in cui la libertà individuale è limitata e influenzata dalla comunità in cui si cresce. Toews ha scritto sei romanzi, cinque dei quali tradotti in italiano: il primo, Un complicato atto d’amore, A complicated kinderness, nel 2005 da Adelphi, tutti gli altri da Marcos y Marcos. Oltre alle opere di narrativa, Toews ha scritto anche Swing Low: A Life, la biografia di suo padre Melvin che il 13 maggio 1998 si suicidò buttandosi sotto un treno. Dodici anni più tardi, nella primavera 2000, a suicidarsi fu Marjorie, la sorella di Miriam, una brava pianista che aveva fatto concerti in Europa.

    (Gabry)





    NEONATI E L'ACQUA!!!




    Acquaticità neonati


    jpg

    E’ risaputo che i neonati hanno una straordinaria confidenza con l’acqua. Vediamo allora in cosa consistono e a cosa servono i corsi in piscina per i più piccoli.



    Vedere un bimbo di pochi mesi stare a suo agio e divertito immerso in acqua è una delle immagini più belle. E’ ormai noto che i neonati hanno una jpgnaturale confidenza con l’acqua, non la temono e sanno muoversi spontaneamente, probabilmente perché hanno il ricordo del tempo passato nella pancia della mamma a “galleggiare”. Può essere interessante allora sfruttare da subito questa spontanea tendenza del neonato e organizzarsi per fare insieme un corso di acquaticità in piscina.
    Sono corsi proposti dalle piscine, comunali o private, di molte città. Viene messo a disposizione un membro dello staff che guida i genitori e i loro pargoli attraverso la conoscenza dell’ambiente acquatico e, in modo graduale, alla confidenza con esso. Nonostante, come abbiamo detto, ci sia una spiccata predisposizione dei più piccoli per lo stare in acqua, non bisogna però pensare che basti farli tuffare e il gioco è fatto: come in ogni ambito, il modo più corretto è procedere per gradi.


    Ecco i passaggi principali a grandi linee:

    Corsi acquaticità neonati0-4 mesi -> I genitori devono iniziare a verificare se i piccoli apprezzano stare in acqua, durante il bagnetto serale. Non forzare mai la mano, ma permettere loro di sentirsi a proprio agio e non lasciarli ovviamente mai da soli. La temperatura dell’acqua deve essere calda, intorno ai 36°.
    jpg4-6 mesi -> Generalmente parte da questa età il primo ingresso in piscina, poiché i bambini avranno sviluppato la capacità di adattarsi a temperature dell’acqua anche un po’ inferiori ai 36°. Se quindi i bambini hanno dimostrato di gradire l’ambiente acquatico, si può provare a portarli in qualche centro che offre corsi specifici per neonati. Qui i genitori si immergeranno con i bimbi in acqua e, guidati da un esperto, cominceranno la prima fase di ambientamento, in cui i piccoli sono solitamente messi su un tappetino galleggiante, per far loro scoprire il nuovo modo in tutta sicurezza.
    Corsi acquaticità neonati7-12 mesi-> Quella che segue è la seconda fase di galleggiamento: tolto l’ausilio galleggiante, i bimbi verranno messi in acqua e dapprima tenuti dai genitori, poi impareranno a muovere gambe e braccia autonomamente per rimanere a galla. Segue quindi la terza fase di immersione, in cui i piccoli impareranno a stare sott’acqua per brevi istanti. Generalmente non serve insegnare loro il concetto di apnea e respirazione, perché è proprio quello che faranno istintivamente.
    12-18 mesi -> Di norma l’assenza di paure e timori che caratterizza i primi mesi di vita, appare intorno ai 12 mesi. Se quindi si presenterà una sorta di paura dell’acqua, non stupitevi, ma seguite l’istruttore che farà giocare i bimbi con salvagenti o galleggianti e prediligerà attività vicine al bordo della vasca.
    Benefici dell’attività in acqua
    Il bambino imparerà a muoversi autonomamente in un ambiente privo dei molti pericoli esterni e quindi acquisterà maggiore fiducia in se stesso e nelle sue capacità.
    jpgInoltre i bimbi in acqua non stanno mai fermi ma, incuriosendosi e sentendosi liberi, girano da una parte e dall’altra, agitano gambe e braccia, spruzzano, guardano ovunque e sperimentano questa nuova realtà giocando. Questo moto continuo è molto benefico a vari livelli:
    livello muscolare, poiché tonifica
    livello posturale, poiché permette ai bimbi di acquisire diverse posizioni, ancora impossibili all’asciutto
    livello scheletrico, poiché rafforza l’intera struttura ossea
    livello cardiorespiratorio, poiché accelera i battiti cardiaci e mette in moto respiro e circolazione
    Il contatto pelle a pelle tra genitori e bimbi, condividendo un momento di gioco e allegria, ne rafforza l’unione, la fiducia e la complicità. E il fatto che ci siano altri bambini e si debbano seguire basilari regole insegna loro le basi del socializzare e dello stare con altri in modo corretto ed educato.
    Infine, cosa non da poco, questa attività permette loro di stancarsi in un modo buono, quindi di fare delle lunghe e sane dormite.
    Come scegliere
    jpgCorsi acquaticità neonatiSe prendete in considerazione un corso di acquaticità per i vostri figli, scegliete ovviamente il meglio e non accontentatevi.
    L’istruttore deve essere una persona qualificata, che sappia trattare con i bambini e che abbia competenze specifiche in merito alla disciplina del nuoto e di corsi di questo genere.
    La struttura deve essere pulita, calda e accogliente. La pelle dei piccoli è molto delicata e soggetta ad irritazioni, inoltre la loro capacità di termoregolazione interna non è ancora sviluppata al massimo, bisognerà quindi asciugarli con cura e stare attenti agli sbalzi di temperatura. Infine, se la vasca è piena di oggetti colorati e stimolanti, sarà un piacere per i bimbi immergersi in questo mondo quasi magico ai loro occhi.
    Ci sono strutture che permettono delle lezioni di prova, prima dell’iscrizione. Se così è approfittate della possibilità offerta, per verificare che il corso piaccia al bimbo. Se il genitore trasmette entusiasmo e sicurezza dell’acqua è facile che anche il piccolo sia felice dell’attività, ma seguite comunque le sue preferenze.
    Da ultimo un suggerimento: seguite i vostri bambini passo per passo esortandoli sempre e regalando loro dei gran bei sorrisi. Non rimanete delusi se non li vedete subito muoversi in acqua perfettamente, è qualcosa che devono imparare e deve essere soprattutto fonte di gioco e soddisfazione per loro, quindi siate sempre i loro più grandi sostenitori!


    fonte:http://www.amando.it/


    (Lussy)





    salute-benessere


    Salute e Benessere




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    foto:sienafree.it

    Terme Antica Querciolaia

    Conosciuta fin dall'antichità e da sempre utilizzata per le sue proprietà benefiche, la sorgente dell'Antica Querciolaia trova la sua collocazione ideale proprio nel cuore della Toscana, in un territorio dove arte, storia e natura si fondono indissolubilmente.
    Le nostre terme si trovano in una posizione unica, a soli due passi da Siena, Pienza e Montepulciano, in un territorio, quello delle Crete Senesi, dove forme e colori ispirano, da sempre, perfezione, e dove pace e silenzio rimandano atmosfere primordiali, fuori dal tempo.
    Proprio questa sua collocazione, unita al comfort e alla funzionalità di una struttura moderna, fanno sì che le Terme Antica Querciolaia diventino il luogo ideale in cui poter rigenerare corpo e mente; un luogo che fa del benessere termale uno stile di vita globale, in cui le virtù benefiche dell'acqua si sposano con la sapienza di mani esperte.

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    foto:tripadvisor.com

    Il centro benessere delle Terme Antica Querciolaia offre ai suoi clienti una vasta gamma di trattamenti mirati al recupero di una perfetta forma psico-fisica; trattamenti per la bellezza del viso e del corpo, massaggi di tradizione orientale ed occidentale con finalità estetiche e curative.
    Offriamo colloqui con un medico di indirizzo, compreso per qualsiasi trattamento, per tutti i nostri ospiti.


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    foto:sienafree.it

    I servizi


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    foto:radiocorriere.tv

    . BALNEOFANGOTERAPIA
    . CURE INALATORIE
    . FANGOTERAPIA
    . INALAZIONI
    . TRATTAMENTI E CURE TERMALI
    . CURE DI FISIOKINESITERAPIA
    . IDROCHINESITERAPIA
    . MASCHERE DI FANGO TERMALE
    . CURE DI FISIOTERAPIA
    . DOCCE NASALI
    . IDROMASSAGGIO
    . TRATTAMENTI ESTETICI
    . PISCINE TERMALI
    . CONVENZIONI CON IL SSN
    . ATTIVITA' CONNESSE ALL'ESTETICA





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    foto:sienafree.it



    da: termeanticaquerciolaia.com

    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    "...vent'anni nell'oblio..."


    IL CASTELLO DI SAMMEZZANO


    Il castello di Sammez-
    zano, circondato da un ampio parco si erge sopra al paese di Leccio. L'edificio principale è una costru-
    zione eclettica in stile moresco ed è stata edificata nel 1605 per volere della famiglia Ximenes D'Aragona. La tenuta passò in eredità a Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona che lo riprogettò tra il 1853 e il 1889 facendone il più importante esempio di architettura orientalista in Italia. Nonostante Ferdinando non si fosse mai recato in oriente, grazie alle fonti bibliografiche e alla sua grande immaginazione, riuscì a creare 365 sale con architetture moresche e orientaleggianti, un ibrido di stili e di gusti. Ceramiche, archi, arabeschi e colori sgargianti realizzati nelle stanze interamente ornate di decorazioni geometriche da una squadra di abilissimi muratori e artigiani diretti da Ferdinando. Il marchese, esperto ed appassionato non solo di architettura ma anche di botanica, realizzò un’ampia area di circa 65 ettari, il cosiddetto Parco Storico, dove collocò oltre 130 piante rare ed esotiche che dovevano introdurre gli ospiti alle meraviglie dello stile “moresco” della Villa-Castello. Dopo la morte di Ferdinando Sammezzano, il castello perde la sua anima. Razziato dai nazisti, durante la seconda guerra mondiale che rubarono statue e fontane, dal 1970 al 1990 venne adibito a hotel di lusso senza grande successo. Nonostante la vendita all’asta del 1999, vinta da una società inglese, e alcuni urgenti lavori di restauro, oggi è in stato di abbandono, vittima di sciacalli. Grazie al gruppo di volontari, il castello è stato reso visitabile una o due volte all’anno, richiamando curiosi da tutta Europa. Oggi il degrado di Sammezzano è visibile dall’esterno, testimoniato dai danni dei vandali e del tempo. Una bellezza inestimabile che rischia di scomparire se non verrà salvata da qualcuno.
    Fu il Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona a progettarne l’aspetto attuale, realizzando tra il 1853 e il 1889 un’insolita e splendida struttura in stile moresco, l’arte islamica diffusasi nel Mediterraneo Occidentale tra la fine dell'XI secolo e la fine del XV. Il risultato fu un castello dall’architettura visionaria, coloratissima, che catapulta in uno scenario da Mille e una Notte. Se la facciata richiama alla mente il mausoleo indiano Taj Mahal, gli interni si ispirano nelle decorazioni all'Alhambra di Granada. Numerose e tutte diverse sono le stanze che racchiude al suo interno: tra queste spiccano la sala dei Pavoni, la galleria fra la sala degli Specchi e l'ottagono del Fumoir, la sala Bianca e persino una piccola cappella, andando a creare un incredibile labirinto di colori. Le pareti rivestite di mattoni, stucchi, piastrelle che furono realizzate “in loco” con mano d'opera locale seguendo l'onda della corrente culturale definita “Orientalismo” che si diffuse in tutta Europa dall'inizio dell'Ottocento e che vide in Firenze uno dei principali centri, Ferdinando iniziò a modificare la struttura esistente e realizzare nuove sale: la Sala d’'ngresso nel 1853, nel 1862 il Corridoio delle Stalattiti, la Sala da Ballo nel 1867 fino alla Torre centrale che riporta scolpita la data del 1889
    .

    ….il parco….


    Il parco è tra i più vasti della Toscana, venne costruito a metà dell'Otto-
    cento sfruttando terreni agricoli attorno alla sua proprietà e un ragnaia di lecci. Vi sono una grande quantità di specie arboree esotiche, come sequoie e altre resinose americane, mentre l'arredamento architettonico fu realizzato con elementi in stile moresco quali un ponte, una grotta artificiale (con statua di Venere), vasche, fontane e altre creazioni decorative in cotto. Il parco è un patrimonio botanico inestimabile formato non solo dalle specie arboree introdotte ma anche da quelle indigene. Solo una piccola parte delle piante ottocentesche è giunta ai giorni nostri: già nel 1890 delle 134 specie botaniche diverse piantate alcuni decenni prima, ne erano sopravvissute solo 37. Recentemente si è iniziato a rimettere in dimora alcune delle essenze andate perdute in un progetto di restauro che valorizzi la ricchezza botanica originale: sono presenti oggi esemplari di araucaria, tuja, tasso, cipresso, pino, abete, palma,yucca, querce, aceri, cedro dell'Atlante, cedro del Libano, bagolaro, frassino, ginepro, acacia, tiglio e numerose piante di interesse floriculturale. Nel parco si trova il più numeroso gruppo di sequoie giganti in Italia, con ben 57 esemplari adulti, tutti oltre i 35 metri; fra queste la cosiddetta "sequoia gemella", alta più di 50 metri e con uno circonferenza di 8,4 metri, che fa parte della ristretta cerchia dei 150 alberi di "eccezionale valore ambientale o monumentale".

    ….FERDINANDO PANCIATICHI XIMENES…..



    Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, fu uomo protagonista della vita culturale, sociale e politica di Firenze, dal 1850 al 1870 quando divenne capitale d’Italia.
    Fu Socio onorario dell’Ordine degli Architetti e Ingegneri di Firenze, collezionista botanico, bibliofilo, imprenditore, politico e intellettuale poliedrico. Fece donazioni o collaborò con le istituzioni culturali di Firenze: l’Accademia di Belle Arti, il Museo del Bargello, gli Uffizi, l’Accademia dei Georgofili, la Società Toscana di Orticultura. Il suo archivio avente rilevanza pubblica fu donato nel 1888 alla Biblioteca Nazionale. In campo politico fu un combattente durante i moti del ’48 e un fedele sostenitore della causa nazionale. Fu inoltre Consigliere della Comunità di Firenze fino al 1865, di Reggello e Rignano sull’Arno, membro del Consiglio Compartimentale poi Consiglio Provinciale dal 1860 al 1864 e Deputato del Regno nella IX e X Legislatura fino al 1867, anno in cui rassegnò le proprie dimissioni.

    La sua figura è, infatti, legata soprattutto al Castello di Sammezzano al quale dedicò metà della sua vita. Nella “Sala Bianca” del Castello di Sammezzano campeggiano due frasi in spagnolo: “Nos contra Todos – Todos contra Nos” (Noi contro Tutti – Tutti contro di Noi), quasi un programma e una promessa.

    ..storia, miti e leggende..



    La storia del luogo viene fatta risalire all'epoca romana. Lo storico Robert Davidsohn, nella sua Storia di Firenze, afferma che nel 780 potrebbe esserci passato Carlo Magno di ritorno da Roma, dove aveva fatto battezzare il figlio dal Papa. Nel 1878 è documentata una visita da parte del re Umberto I. Appartenuto alla famiglia fiorentina dei Gualtierotti fino al 1488, il castello divenne poi proprietà di Bindo Altoviti e di Giovanni de' Medici. Nel 1564 il Granduca Cosimo I stabilì la bandita di Sammezzano, un ampio territorio dove era proibito pescare o cacciare senza permessi, per poi donare la tenuta al figlio Ferdinando, futuro Granduca di Toscana. Durante il ‘600 il castello venne acquistato dagli Ximenes d'Aaragona, per poi passare in eredità ai Panciatichi nel 1816.
    In un cabreo redatto dall'ingegnere Giuseppe Faldi nel 1818 il castello appare come una struttura di consistente volumetria, con bastione e scalinata d'entrata, nella parte opposta a quella delle attuali scale di accesso e di cui oggi non c'è più traccia. Quando passò in eredità a Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona, lo riprogettò tra il1853 e il 1889. In circa quaranta anni il marchese progettò, finanziò e fece realizzare il parco e il castello di Sammezzano, il più importante esempio di architettura orientalista in Italia.
    Nel dopoguerra è stato adibito a hotel di lusso. Nonostante la vendita all'asta del 1999 e alcuni urgenti lavori di restauro, è in stato di abbandono. . Nell'ottobre 2015 il castello è stato nuovamente messo all'asta a causa del fallimento della società italo-inglese che lo acquistò nel 1999
    Nell’ attuale degrado e sciacallaggio fu rubato uno dei due ”leoni piangenti” di terracotta risalenti al 1887, nonostante sia colpito da un’antica maledizione che predice a chi li viola, una morte analoga a quella subita dal padrone Ferdinando, deceduto nel 1897 per una paralisi progressiva.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    IL ROADRUNNER



    Il corridore della strada (Geococcyx californianus Lesson, 1829), conosciuto anche con il nome inglese roadrunner, è un uccello della famiglia Cuculidae dell'ordine dei Cuculiformi. Vive nel sudovest degli Stati Uniti, in una linea che comprende tutti gli stati tra la California e la Louisiana. È presente anche nel nord e nel centro del Messico; vive quasi esclusivamente nelle zone desertiche e semidesertiche o dove la vegetazione è limitata a bassi cespugli e pochi ciuffi d'erba, ma è stato avvistato anche al limitare dei boschi e in zone di erba alta.

    Il corridore della strada è lungo 52-60 centimetri, pesa 230-342 grammi e ha un'apertura alare di 45-60 centimetri. Il piumaggio è biancastro sul petto e sul ventre, mentre capo, dorso, ali e coda, sono vistosamente striate di bianco, nero, e marrone scuro. Una linea bianca risalta posteriormente agli occhi gialli. Sul capo porta una cresta nera e bruna. Il becco è lungo, adunco sulla punta e grigio-bluastro. Le zampe sono robuste e anch'esse bluastre. La coda è molto lunga e viene usata come bilanciere, come timone e come freno nelle corse. Non c'è dimorfismo sessuale nella livrea.
    Come la maggior parte dei cuculi, il corridore della strada possiede un vasto repertorio di suoni. Quello classico è un susseguirsi di sei cuu bassi e lenti, in tono discendente, in serie da 6 a 8, simili a quelli di una colomba che tuba
    ;il segnale di allarme è una serie di schiocchi, prodotti dallo sbattere del becco. In altre occasioni, come nel periodo riproduttivo, il maschio emette una specie di suono ronzante per attirare la femmina.

    Nonostante sia in grado di volare, il roadrunner preferisce spostarsi a terra dove raggiunge velocità di oltre trenta chilometri orari. È un uccello curioso che non esita ad avvicinarsi agli uomini. Il deserto è un ambiente famoso per le forti escursioni termiche tra giorno e notte. Quando la temperatura durante la notte scende sotto i livelli di guardia, il corridore della strada riesce ad entrare in uno stato di completa ipotermia rallentando al minimo i battiti cardiaci e il metabolismo, in modo da dissipare meno calore corporeo possibile. All'alba si riprende con dei "bagni di sole", sistemandosi in modo da assorbire più calore possibile, cioè con le piume nere rivolte ai raggi; al contrario, durante il pomeriggio, quando il calore è quasi insopportabile, riduce le sue attività della metà.

    Quando corre, ha un'andatura divertente, con il busto rigido quasi verticale, le zampe, lunghe e robuste, che si muovono vorticosamente e la coda che fa da timone. Se avverte un pericolo, spicca un volo piuttosto breve per poi ricominciare a correre. Si procura il cibo inseguendo a gran velocità le sue prede che uccide con un colpo del becco o, nel caso di prede troppo grandi, sbattendole contro una roccia. In modo particolare si nutre di lucertole, di serpenti, di piccoli uccelli come quaglie, passeri e colibrì, e di piccoli mammiferi quali topi e altri roditori. Non disdegna gli insetti, gli aracnidi come grossi ragni, scorpioni e tarantole, e i miriapodi. Nelle sue prede vi è anche i serpenti a sonagli; per catturarli prima allarga le ali a formare un “mantello dei toreri”, poi all'improvviso afferra il serpente e ne sbatte la testa per terra sino a ucciderlo, infine cerca di ingoiarlo intero.I suoi predatori sono falchi, aquile, moffette, procioni, gatti domestici e coyote sono i suoi predatori naturali.

    La riproduzione inizia in primavera e si conclude a settembre. Il maschio attrae la femmina mostrandole e porgendole varie prede e se questo non è sufficiente agita la coda davanti alla femmina, mentre emette vari suoni. Una volta formata, la coppia rimane insieme per la vita. Il nido viene costruito dalla femmina su cespugli, cactus o bassi alberi, con rametti, piume, erba e foglie recuperati dal maschio. La femmina depone dalle due alle otto uova di un giallino chiaro, che hanno un periodo di incubazione di circa venti giorni. Le schiuse sono asincrone, ma i genitori si prendono cura di tutti i piccoli che diventeranno indipendenti a circa due mesi dalla nascita.

    ....BEEP BEEP....


    Wile E. Coyote e Beep Beep sono che personaggi animati creati da Chuck Jones nel 1948 per la Warner Bros. Il primo cartoon dedicato esclusivamente ai due personaggi risale al 1949 con l'episodio Fast and Furry-ous.
    Il coyote è impegnato nel maniacale, e mai fruttuoso, inseguimento del Road Runner che essendo sconosciuto in Europa veniva chiamato "Bip-Bip lo struzzo corridore", in realtà si tratta dell'uccello dei deserti americani il cui nome scientifico è Geococcyx californianus.
    Il Road Runner è la preda agognata da Wile E. Coyote: famoso per la sua rapidità, nonostante gli innumerevoli e sempre più ingegnosi tentativi di cattura riesce puntualmente a sfuggire, in modo anche irridente, al suo cacciatore. Le sfide fra i due protagonisti si risolvono, quindi, sempre a favore del velocissimo e astuto pennuto dai colori sgargianti.
    Il cartone è ambientato nelle gole della Monument Valley dove Wile E. Coyote sperimenta di tutto per catturare Beep Beep, servendosi molto spesso di strani arnesi, regolarmente difettosi o d'uso impossibile, forniti dalla ACME Inc., azienda fittizia ideata dal regista Chuck Jones e che, nei disegni animati dei Looney Tunes fornisce strambe attrezzature di alta tecnologia sia a Wile E. Coyote che ad altri personaggi.
    Puntualmente il coyote cade vittima del suo stesso ingegno e, spesso, le sue avventure si concludono con l'inevitabile volo in una gola del canyon oppure con l'investimento del malcapitato da parte di un treno o di un camion.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    FEBBRAIO

    Febbraio

    Cosa ci porti, corto febbraio?
    Si, dietro l'uscio vi è primavera
    con la sua veste dolce e leggiera,
    col suo sorriso limpido e gaio.
    Tu ci porti le mascherine
    coi lieti giorni del carnevale;
    empi di canti le gaie sale,
    e la tua gioia par senza fine.
    C'è chi ti dice, febbraio, amaro
    perchè talvolta di pioggia e neve
    non sei di certo un mese avaro,
    col tuo cappuccio di nubi, greve.
    Ma cosa importa? Fresca e leggiera
    a te dappresso bionda nel sole,
    tutta sorriso, tutta viole,
    ecco che appare la primavera.


    (Zietta Liù)




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    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)




    Published in Photography inspiration


    Il fuoco è un simbolo naturale di vita e passione,
    sebbene sia l’unico elemento
    nel quale nulla possa davvero vivere.
    (Susanne K. Langer)

  3. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 006 (08 Febbraio - 14 Febbraio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 8 Febbraio 2016
    S. GIROLAMO EM.

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 06
    Giorni dall'inizio dell'anno: 39/327
    -------------------------------------------------
    A Roma il sole sorge alle 07:15 e tramonta alle 17:33 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:36 e tramonta alle 17:38 (ora solare)
    Luna: 6.52 (lev.) 17.40 (tram.)
    Luna nuova alle ore 15.40.
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Tutti i mesi dell'anno maledicono un bel febbraio.
    --------------------------------------------------
    Aforisma del giorno:
    Filiale amor! Oh! fervido / e sacrosanto affetto, / che la natura provvida /
    istilla all'uom nel petto / insiem coi primi battiti / dell'innocente cor.
    (G. Milli)









    RIFLESSIONI



    ... IL COLORE …
    ... Lasciare traccia e non passare mai inosservato. Destino impegnativo, sapere di non essere mai banale, di dover ogni volta passare sotto gli occhi ed i giudizi di tutti. Una volta preso dalla tristezza e dal peso di quella responsabilità si ritirò in una caverna scura su un monte altissimo. Alla sua scomparsa tutto cambiò. Un mondo privo della sua presenza non era possiblie; impazziti gli uomini si sparsero ovunque per andare a cercarlo. Passarono anni ma le ricerche non diedero risultati postitivi, così l’umanità cercò di abituarsi a quella assenza. Una mattina un bambino che giocava col suo aquilone su un prato vicino alla grotta, incuriosito da quel foro nella montagna, si avvicinò ad esso. “Non entrare, ti prego”, una voce da dentro quella caverna lo fermò un attimo; il bambino curioso come si è a quella età, non esitò un attimo e non seguì l’invito dato da quella voce, ed entrò. Stupore ed un sorriso luminoso, questo fu l’impatto del bambino appena lo vide. “Chi sei?” disse il bambino; “non mi conosci, quindi mi avete dimenticato!”. Sono “il colore” disse con un pò di orgoglio; il bambino si fermò a pensare un attimo ed una lacrima scese dal suo viso. “Nessuno ti ha dimenticato! Sono nato quando tu eri già sparito, ma non c’è persona, libro o momento in cui non si parli di te e della tua assenza”, fu questa la risposta del bambino. “Puoi immaginare quanto dolore ha causato la tua assenza? Immagina una mattino senza i colori del cielo, un prato senza i colori dei fiori, un pittore che bagna il suo pennello nel nulla”; il Colore rimase in silenzio, nella sua mente scorrevano gli esempi che il bambino aveva fatto. Un mondo senza di me non è un mondo; è questo che devo pensare? La responsabilità che lo schiacciava in realtà era la felicità degli alri nel vederlo nel viverlo. “Un libro che danno nelle scuole dice che un mondo senza colore è come un volto senza sorriso”, il bambino incalzava. “Carezzami, vediamo cosa succede” fu questa l’ultima richiesta del bambino. Il colore si avvicinò lentamente, la mano tremante si sollevò e sfiorò il volto del bambino; fu il miracolo! Il bambino non aveva mai visto il colore della sua pelle; il colore non ricordava più la sensazione del colorore tutto ciò che sfiorava. Piansero entrambi per la gioia; poco intensamente. Quel pianto si trasformò in risata gioiosa, in felice condivisione; il Colore prese per mano il bambino e lentamente uscirono dalla caverna. Appena fecero un passo fuori da quell’antro, tutto iniziò lentamente a colorarsi, il cielo, gli alberi, ogni singola cosa che il Colore sfiorava anche solo con lo sguardo. Il bambino aveva perso la parola per lo stupore, solo un continuo costante sorriso e una voglia infinita di abbracciare il suo amico Colore. Ovunque iniziarono le feste, ogni paese, villaggio, ogni essere umano, ogni oggetto, o forma di vita iniziò a festeggiare. Arrivarti sulla porta di entrata del paesino dove viveva il bambino il Colore lo prese in braccio. “Grazie piccolo amico mio; oggi mi hai insegnato che le attenzioni non sono pressioni, che le carezze sono colore e che il cuore di un bambino è più luminoso e colorato di ogni immaginazione”.… Buon Febbraio amici miei … (Claudio)






    Colori
    Sio riposo, nel lento divenire
    Degli occhi, mi soffermo
    Alleccesso beato dei colori;
    qui non temo più fughe o fantasie
    ma la penetrazione mi abolisce.
    Amo i colori, tempi di un anelito
    Inquieto, irresolvibile, vitale,
    spiegazione umilissima e sovrana
    dei cosmici perché del mio respiro.
    La luce mi sospinge ma il colore
    Mattenua, predicando limpotenza
    Del corpo, bello, ma ancor troppo terrestre.
    Ed è per il colore cui mi dono
    Sio mi ricordo a tratti del mio aspetto
    E quindi del mio limite.

    I versi sono polvere chiusa
    Di un mio tormento damore,
    ma fuori laria è corretta,
    mutevole e dolce ed il sole
    ti parla di care promesse,
    così quando scrivo
    chino il capo nella polvere
    e anelo il vento, il sole,
    e la mia pelle di donna
    contro la pelle di un uomo.

    Ah se almeno potessi,
    suscitare lamore
    come pendio sicuro al mio destino!
    E adagiare il respiro
    Fitto dentro le foglie
    E ritogliere il senso alla natura!
    O se solo potessi
    Toccar con dita tremule la luce
    Quella gagliarda che ci sboccia in seno,
    corpo astrale del nostro viver solo
    pur rimanendo pietra, inizio, sponda
    tangibile agli dei
    e violare i più chiusi paradisi
    solo con la sostanza dellaffetto.

    No, non chiudermi ancora nel tuo abbraccio,
    atterreresti in me questalta vena
    che mi inebria dalloggi e mi matura.
    Lasciamo alzare le mie forze al sole,
    lascia che mi appassioni dei miei frutti,
    lasciami lentamente delirare
    e poi coglimi solo e primo e sempre
    nelle notti invocato e nei tuoi lacci
    amorosi tu atterrami sovente
    come si prende una sventata agnella.
    (Alda Merini)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Nevicata

    C’è la mostra del bianco.
    Ecco, ogni cosa lentamente si veste di candore.
    Lieve cade la neve senza posa…
    Quanto biancore!
    Son di bambagia i tetti diventati,
    di lattemiele sembrano i camini;
    le gronde e i cornicioni sono ornati di trine fini.
    Tra le farfalle bianche della neve
    spaurito vola, nero, un uccellino.
    Nell’aria si disperde il fumo lieve d’alto camino.
    All’improvviso appare un po’ di rosa,
    lassù, nel cielo, fra la neve bianca;
    ma vince ancor la neve silenziosa,
    e il rosa imbianca.
    (A. Castoldi)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    MA DOVE SONO LE STELLINE?

    C’era una volta una piccola casetta in un bosco profumato dove viveva un famiglia di orsetti, c’era papà orso e mamma orso e il loro piccolo orsetto di nome Mimù. Tutte le sere prima di andare a dormire Mamma Orsa e il piccolo Mimù si affacciavano alla finestra per salutare le stelline e la Luna. Un sera però guardando il cielo con grande stupore, videro che era tutto buio, scuro e vuoto.
    Mimù urlò: “Mamma mamma ma dove sono le stelline…e Luna? “
    Mamma Orsa : ”O piccolo non lo so…ma cerchiamo bene magari sono nascoste dietro le nuvolette della notte”
    Mimù: “ OOOO che tristezza ….sono tristissimo” (singhiozzava Mimù)
    Poi guardando con attenzione Mamma Orsa vide in un angolino del cielo un pezzetto di Luna ed esclamò
    Mamma Orsa: “Guada Mimù è la luna!!! “
    Mimù : “ Luna Luna……ma allora ci sei….evvivaaa”
    La Luna venne fuori dal suo buio nascondiglio singhiozzando….
    Mimù: “ Perché piangi…?”
    Mamma Orsa: “Ma cosa è successo Luna…? dove sono le stelline…?
    Luna: “le hanno rubateeeee, portate via” (singhiozzando)
    Mimù /M.Orsa: “ Coooosaaaaaa…”
    Mamma: ”E chi è stato capace di fare una cattiveria del genere? “
    Luna: “E’ stato l’Orco del castello buio arrivato dal paese dei mostri”
    Mimù: “ nooooo….cattivo cattivo…adesso andiamo li e …e poi va a nanna senza bombi… e…senza cartoni…”
    Mamma Orsa: “ Buono Mimù! Ma Luna, a cosa gli servono le stelle…?”
    Luna: “Ha detto che si era scocciato di stare al buio nel suo castello nero…e così ha pensato di venire qui nel cielo e prendersi tutte le stelle per portarle nel suo castello per lluminarlo….ma ma io adesso sono sola..e ..tristeeee”
    Mimù: “ tutti i piccoli del mondo non vedranno più le stelline brillarelle così!! Non è giusto…”
    Mamma: “ Ma non può tenersi le stelle…
    Minù: “Le stelline sono di tutti… “
    Mamma: “e …servono per orientarsi…per vedere nel buio della notte…dobbiamo fare qualcosa…mmmm ma cosa chi ci può aiutare!
    Mamma orsa, Mimù e la Luna si misero a pensare quando a un certo punto sentirono una vocina….
    Trilli: “Volo volo…volo volo nel buio ..e illumino il cammin… son lucciolina… follettino della luce…!”
    La vocina posandosi sul davanzale della finestra di mamma orsa disse:
    Trilli: “Ciao…mi presento..sono un folletto della luce…una lucciola ..semplice no! Mi chiamo Trilli ma non quella di Peter Pan…! Un ‘Altra! Perché siete tristi?”
    Mimù: “eee...non vedi che il cielo è tutto buio…hanno rubato le stellineeee”
    Trilli era perplessa…e così mamma orsa le raccontò cosa era successo…
    Trilli: “Non vi preoccupate…adesso Trilli il folletto della luce vi aiuterà…ma non piangete più… le lacrime fanno venire gli occhi rossi…e poi bruciano... e rendono la vita triste…”
    Mimù: “ ma come farai ad aiutarci?...L’orco è grande e grosso..e forte e cattivooo!”
    Trilli: “Tranquillo piccolo orsetto..non è con la forza che si vince…! Adesso vadooo…”
    e volò via canticchiando..e lasciando un bagliore con la sua lucina… Poco Dopo Trilli arrivò al Castello buio dell’ Orco nel paese dei mostri….. ed effettivamente vide con stupore che non era più buio…ma tutto illuminato. Trilli volò via e come per magia poco dopo tornò accompagnata da un fascio di luce splendente…erano le sue amiche lucciole..i folletti della luce che la Trilli aveva radunato. Tutte le lucciole entrarono nel castello passando da una finestra aperta…e videro che l’Orco stava dormendo sulla sua grande sedia “Ronf rooonffff “ russava l’Orco...

    (Nadia Bisceglia)



    ATTUALITA’


    'La sposa è morta', inganno per non pagare l'abito del matrimonio.

    'Vittima' negoziante Savona, scopre verità a ricevimento nozze. Una truffa da film quella di cui è stata protagonista la titolare di un negozio di Savona: a tre giorni dalle nozze la madre di una sposa ha chiesto alla proprietaria di poter ritirare l'abito da sposa della figlia per farglielo indossare per il suo funerale dopo la sua tragica morte per aneurisma cerebrale. Peccato però che si trattasse solo di un pretesto per non pagare l'abito del costo di 500 euro. La titolare inizialmente ha creduto alla storia e ha consegnato il vestito, il compenso lo avrebbe incassato dopo le esequie. Non convinta il giorno dopo ha cercato conferme sui necrologi ma di quel decesso non c'era traccia. Si è presentata al ricevimento dove ha trovato la sposa sorridente ed ha scoperto che la donna che si era spacciata per la madre era la madre dello sposo. Avvicinate le due donne ha chiesto e ottenuto il pagamento immediato dell'abito.
    (Ansa)





    Trovate centinaia di galassie nascoste dietro la Via Lattea.

    Potrebbero spiegare la sua misteriosa accelerazione. Osservate per la prima volta centinaia di galassie 'nascoste' dietro la Via Lattea: con miliardi di stelle, sono dotate di una massa di cui finora si era ignorata l'esistenza e che potrebbe finalmente spiegare il mistero del 'Grande attrattore', l'anomalia gravitazionale che sta richiamando a sé la nostra galassia facendola correre alla velocità di due milioni di chilometri all'ora. La scoperta è di un gruppo internazionale di ricerca, che pubblica su Astronomical Journal i dati raccolti grazie al radiotelescopio Parkes del Consiglio nazionale delle ricerche australiano (Csiro).
    ''La Via Lattea è meravigliosa ed è molto interessante studiarla, ma purtroppo blocca completamente la visuale delle galassie più distanti che le stanno dietro'', spiega il coordinatore dello studio Lister Staveley-Smith, dell'università dell'Australia occidentale. ''Abbiamo usato un'ampia varietà di tecniche - aggiunge l'astronoma Renée Kraan-Korteweg dell'università di Cape Town - ma solo le osservazioni nelle onde radio ci hanno permesso di guardare attraverso gli spessi strati di polveri e stelle che stanno in primo piano''. Grazie ad un innovativo ricevitore montato sul telescopio australiano, i ricercatori sono così riusciti a identificare ben 883 galassie 'nascoste', un terzo delle quali non era mai stata vista prima.
    ''Contando che una galassia contiene in media 100 miliardi di stelle - continua Renée Kraan-Korteweg - la scoperta di centinaia di nuove galassie nascoste dietro la Via Lattea indica la presenza di una massa importante di cui non conoscevamo l'esistenza''. Questa potrebbe spiegare il mistero del 'Grande attrattore', l'anomalia gravitazionale che sta richiamando a sé centinaia di migliaia di galassie (compresa la nostra) con una forza attrattiva pari a quella di un milione di miliardi di soli. ‬
    (Ansa)





    Non solo latte, segreto ossa forti e' nel consumo di tè.

    Tre tazze giorno in donne anziane riducono rischio fratture 30%. Non solo latte: il segreto per avere ossa forti, soprattutto a una certa età, potrebbe risiedere nel consumo di tè. Secondo una ricerca australiana, della Flinders University, pubblicata sulla rivista American Journal of Clinical Nutrition, berne tre tazze al giorno riduce il rischio di fratture di circa il 30% rispetto a chi non lo consuma o lo consuma poco. La ricerca e' stata svolta su un campione di 1200 donne, tra le quali è più frequente l'osteoporosi, che provoca indebolimento delle ossa, tutte di età media intorno agli 80 anni, alle quali sono state chieste con questionari periodici le abitudini alimentari, in particolare quelle relative al consumo di tè.
    Durante il periodo di osservazione di 10 anni, le donne hanno subito 288 fratture, 129 delle quali dell'anca.
    Tuttavia, coloro che bevevano almeno tre tazze di tè al giorno, in particolare tè nero e verde, risultavano avere circa un terzo in meno di probabilità di andare incontro alla rottura di un osso nel corso del decennio rispetto a chi lo beveva raramente o per nulla. Secondo gli esperti il segreto del tè potrebbe risiedere nei flavonoidi, che rafforzano le ossa, accelerando la formazione di nuove cellule ossee e rallentando l'erosione di quelle esistenti. Anche il caffè li contiene, ma secondo quanto riporta lo studio è stato proprio il tè di gran lunga la principale fonte per le donne studiate.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Nosferatu il vampiro




    locandina


    Un film di Friedrich Wilhelm Murnau. Con Max Schreck, Gustav von Wangenheim, Greta Schroeder, Alexander Granach, Georg H. Schnell


    Il solo film vampirico ammesso nelle discussioni colte dei critici.

    Annarita Mazzucca


    Nosferatu il vampiro (uno dei capisaldi indiscussi del cinema espressionista tedesco) è stato per decenni il solo film vampirico ammesso nelle discussioni colte dei critici, ma- come tutti i film sul tema- viene spesso stroncato, nonostante abbia ispirato nel 1979 una personalità quale quella di Werner Herzog. Fortunatamente la sorte volle salvarne una copia, perché la pellicola fu condannata al rogo non per il suo contenuto erotico ma per una più semplice bega legale. Murnau infatti pensò bene di non pagare nessun diritto a Bram Stoker pur essendo Nosferatu apertamente tratto dal romanzo del giornalista irlandese. E così il nostro vampiro si trovò presto al centro di una causa intentata dalla vedova Stoker contro la casa produttrice. Nonostante Murnau avesse cambiato tutti i nomi dei personaggi la causa fu vinta e il tribunale decretò la distruzione di tutte le copie del film ma qualche "anima diabolica" provvide a salvarne i negativi.
    Girato nel primo dopoguerra, l'obiettivo del regista sembra la rappresentazione dei tiranni e non quello di inoculare le masse dell'epoca con simboli eticamente malsani di ottimale preservazione dal dissolvimento della carne. Questa prima versione del conte Dracula sullo schermo è indimenticabile, con la sua figura rigidamente contorta e scheletrica, le lunghe unghie artigliate, le occhiaie incavate. La collocazione sociale nel mondo dei vivi è molto precisa: è la borghesia commerciale tedesca del secolo scorso. Per Murnau il Nosferatu, il non morto, era il simbolo dell'irruzione violenta di un elemento irrazionale nel tessuto della realtà borghese ottocentesca, un qualcosa da opporre alla buona educazione e alla facciata ipocrita del mondo circostante, una forza eversiva e incontenibile. Come uno specchio diabolico e metafisico il vampiro, nel capolavoro del muto tedesco, rifletteva l'immagine impietosa della crisi in cui versava tutta la middle-class europea consapevole ormai del fatto che la propria funzione storica si stava esaurendo. Contrariamente alle posteriori pellicole aventi per protagonista la figura del vampiro, quella di Nosferatu, lontana dal premere sull'eros, predilige la cieca forza maligna del non morto. Difatti il suo non è lo sguardo languido e accattivante del Dracula dell'indimenticabile Tod Browning interpretato da Bela Lugosi, né lo sguardo pieno di lascivia del vampiro Lestat in Intervista col vampiro. Il conte Orlok (interpretato nell'opera di Murnau da Max Schreck) non ha alcuna parvenza elegante, ma sembra solo strisciare in una condizione di automa semi-incosciente. Nessuna sensualità dunque ma solo le rigide movenze di un non-essere che in una sorta di altalenante regressione organica sembra richiamare un ibrido tra un pipistrello e un insetto. Nella sua staticità quasi ossessiva, questa icona non possiede nulla di romantico, quasi a sottolineare il carattere disumanizzato del male e l'impotenza umana di fronte a quest'ultimo. Pellicola pedagogica quindi con finale lieto solo a metà.




    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    "Il mondo crollava…
    e ognuno di noi a modo suo era a pezzi…
    difficile capire chi fosse più folle… io… o gli altri…"


    MAD MAX: FURY ROAD



    Titolo originale Mad Max: Fury Road
    Lingua originale inglese, russo
    Paese di produzione Australia, Stati Uniti
    Anno 2015
    Durata 120 min
    Colore colore
    Audio Dolby Digital, SDDS
    Rapporto 2,35:1
    Genere azione, avventura, fantascienza, thriller
    Regia George Miller
    Sceneggiatura George Miller, Brendan McCarthy, Nico Lathouris
    Produttore Doug Mitchell, George Miller, P.J. Voeten
    Produttore esecutivo Bruce Berman, Graham Burke, Iain Smith
    Casa di produzione Kennedy Miller Productions, Village Roadshow Pictures
    Distribuzione (Italia) Warner Bros.
    Fotografia John Seale
    Montaggio Jason Ballantine, Margaret Sixel
    Musiche Junkie XL
    Scenografia Colin Gibson
    Costumi Jenny Beavan
    Trucco Natasha du Toit, Lian van Wyk

    Interpreti e personaggi

    Tom Hardy: Max Rockatansky
    Charlize Theron: Imperatrice Furiosa
    Nicholas Hoult: Nux
    Hugh Keays-Byrne: Immortan Joe
    Josh Helman: Slit
    Nathan Jones: Rictus Erectus
    Rosie Huntington-Whiteley: Angharad la splendida
    Zoë Kravitz: Toast la sapiente
    Riley Keough: Capable
    Abbey Lee: Dag
    Courtney Eaton: Cheedo la fragile
    John Howard: Il Mangiauomini
    Richard Carter: Il Fattore
    iOTA: Doof Warrior
    Angus Sampson: Organic Mechanic
    Jennifer Hagan: Miss Giddy
    Megan Gale: Valchiria
    Melissa Jaffer: Custode dei semi
    Gillian Jones, Joy Smithers, Melita Jurisic, Antoinette Kellerman, Christina Koch: Vuvalini
    Jon Iles: Ace
    Quentin Kenhian: Corpus Colossus
    Coco Jack Gillies: Glory la bambina
    Chris Patton: Morsov



    TRAMA



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    Mad Max Fury Road racconta una storia apocalittica ambientata ai confini più remoti del nostro pianeta, in un paesaggio desertico e desolato dove l'umanità è distrutta, e tutti lottano furiosamente per sopravvivere. In questo mondo ci sono due ribelli in fuga, gli unici che possono ristabilire l'ordine. C'è Max, un uomo d'azione e di poche parole, che cerca pace dopo la perdita della moglie e del figlio all'indomani dello scoppio della guerra. E Furiosa, una donna d'azione che crede di poter sopravvivere solo se completerà il suo viaggio a ritroso attraverso il deserto, verso i luoghi della sua infanzia. Mad Max crede che il modo migliore per sopravvivere sia muoversi da solo, ma si ritrova coinvolto con il gruppo in fuga attraverso la Terre Desolata su un blindato da combattimento, guidato dall'imperatrice Furiosa. Il gruppo è sfuggito alla tirannide di Immortan Joe, cui è stato sottratto qualcosa di insostituibile. Furibondo, l'uomo ha sguinzagliato tutti i suoi uomini sulle tracce dei ribelli e così ha inizio una guerra spietata.

    ..personaggi..



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    Max Rockatansky è Ex-poliziotto che ha perso la sua famiglia durante l'inizio della catastrofe, cerca di sopravvivere a bordo della sua V8 Interceptor. A inizio film viene catturato dai Figli di Guerra di Immortan Joe. Abile nel combattimento, nel guidare e nelle armi, aiuterà Furiosa a scappare da Immortan Joe. Inizialmente è un Max che cerca solo di sopravvivere e di fuggire seguendo la propria strada, ma l'incontro con Furiosa e la voglia di speranza e di "redenzione" di questa lo risveglieranno e lo invoglieranno a cercare qualcosa di più della sopravvivenza tra quelle terre desolate.
    Imperatrice Furiosa (Imperator Furiosa) è una serva di Immortan Joe, tenterà di fuggire insieme alle concubine del tiranno attraverso un camion blindato e con l'aiuto di Max. Fu rapita in giovane età dal Luogo Verde in cui abitava, ed originariamente era stata scelta per essere anche lei una delle concubine del tiranno, ma fu in seguito scartata, poiché infertile. Abile donna combattiva e forte, è alla ricerca di una "redenzione", di un posto verde, con dell'acqua dove iniziare una nuova vita. Priva di metà braccio sinistro, indossa un braccio meccanico.
    Nux è un Giovane Figlio di Guerra al servizio di Immortan Joe, desideroso di essere ricordato tra la sua gente e soprattutto dal tiranno, cerca di essere partecipe nel modo migliore all'inseguimento di Furiosa, successivamente passerà dalla parte di quest'ultima e si rivelerà importante, non come avrebbe voluto all'inizio, ma sicuramente meglio.
    Immortan Joe, prima che avvenisse il crollo della civiltà, Joe Moore era un colonnello pluridecorato, "veterano delle guerre per il petrolio ed eroe della guerra per l'acqua". Ora è un tiranno in possesso di un grande quantità d'acqua, con il suo potere tiene sotto controllo la Cittadella, autoproclamandosi redentore in terra. Si serve delle sue bellissime concubine per procreare nuovi Figli di Guerra. Joe è leader militare e spirituale dei Figli di Guerra, ma a differenza di essi ha lunghi capelli bianchi, indossa una armatura trasperente con varie medaglie situate nella parte destra anteriore. Sembra essere affetto da una malattia respiratoria che lo costringe ad indossare sulle spalle un enorme sacca arancione con all'interno ossigeno pulito e che a sua volta è collegata con dei tubi ad un boccale dotato di denti di cavallo che Joe usa per coprire bocca e naso.
    I Figli di Guerra (War Boys). Sono i servi e soldati di Immortan Joe e vedono lui come una sorta di redentore che li potrà condurre al paradiso eterno, chiamato da Joe "Valhalla", solo dopo aver sacrificato le proprie vite con azioni estreme in battaglia. Si distinguono per via della loro pelle dipinta di bianco, il torso nudo, la testa rasata e il trucco nero intorno agli occhi. Le origini di questi individui sono sconosciute e si apprende che tutti i Figli di Guerra sembrano soffrire di malformazioni o di malattie terminali, la più comune è il linfoma. I bambini sani sono una rarità tra di loro ed è per questo che i membri adulti vengono mandati in missione nelle Wasteland con l'obiettivo di rapire e rendere schiavi uomini con il sangue pulito ed etichettarli come "donatori universali", usandoli in seguito come "sacche di sangue" umane per trasfondere il sangue con il loro, in modo da rallentare il processo terminale della loro malattia.

    Il Fattore (The Bullet Farmer) è il signore, giudice e carnefice di Bullet Farm e secondo signore di Wasteland. Il Fattore, conosciuto in precedenza come Maggiore Kalashnikov, è un vecchio compagno d'armi e alleato dell'allora Colonnello Joe Moore, e suo sottoposto nella guerra dell'acqua e del petrolio, avvenimenti antecedenti i fatti del film. Aiutò Joe a conquistare la Cittadella. Dopo tre giorni di estenuante guerriglia e la perdita di molti uomini gli unici sopravvissuti furono il Maggiore e il Colonnello che urlarono trionfanti dalla sommità della Cittadella con in mano le teste dei precedenti proprietari. Da qui nacque il mito di Immortan Joe, colui che rinasce dalle ceneri e Redentore della nuova era. Il Maggiore Kalashnikov diventò Il Fattore e gli venne affidata una cava di piombo che sarebbe diventata Bullet Farm, industria di armi e proiettili di piccolo calibro per gli eserciti affiliati di Wasteland. Il Fattore è ossessionato dalle armi e dai proiettili, dicendo addirittura di "sentirsi nudo senza un'arma", ed è vestito da cima a piedi con abiti di pelle nera su cui sono cucite molte cartucciere cariche di proiettili, che porta anche in testa come copricapo e in bocca al posto di alcuni denti. Il Fattore è un uomo sadico e crudele, che viene scomodato solo quando la situazione è molto grave. Si sposta a bordo del suo mezzo cingolato chiamato Peacemaker, che si muove senza nessun problema anche sul terreno fangoso che ferma tutti gli altri veicoli, verrà ucciso insieme alla sua squadra da Max.
    Il Mangiauomini (The People Eater) è il padrone di Gas Town e terzo signore di Wasteland, comandante di un'armata formata da "Piromani" (esperti nell'uso di esplosivi) e "Koala" (abili acrobati che si muovono su lunghe aste di metallo). Il primo incontro tra il Mangiauomini e Immortan Joe (al tempo ancora Colonnello Joe Moore) avvenne prima della scoperta e fondazione della Cittadella, anzi sarà proprio il futuro Mangiauomini a rivelare al Colonnello l'ubicazione e l'esistenza della fortezza naturale, dopo essere scampato all'assalto di Charlie e Roop, membri della ex-Main Force Patrol. Il Mangiauomini è un uomo grasso con una malformazione alla gamba destra, visibilmente più grande del normale. È vestito con quello che potrebbe ricordare un abito elegante da uomo con tanto di panciotto; si autodefinisce infatti un "uomo d'affari". Una particolarità del suo vestiario sono l'elaborato coprinaso di metallo e una catena attaccata ai capezzoli, che escono da due buchi nella giacca. Il compito del Mangiauomini oltre a sovrintendere Gas Town è quello di contabile e calcolatore umano; è lui che informa Immortan Joe delle perdite dovute all'inseguimento di Furiosa.
    Coma, il Doof Warrior è il personaggio forse più strano e caratte-
    ristico dell'intero film. Di lui e del suo passato si sa molto poco e quello che si sa forse è solo frutto di racconti. Si dice che sia stato un musicista prodigio già dalla tenera età e iniziato alla musica da sua madre, musicista anche lei. Un giorno sua madre perse la vita e Immortan Joe trovò il piccolo Coma. Il Doof Warrior è un personaggio unico, totalmente cieco, vestito con una tuta intera rossa vermiglio ed appeso a bordo di un "palco su quattro ruote", la Doof Wagon.
    Organic Mechanic, interpretato da Angus Sampson. Il biologo responsabile di tutte le procedure mediche che vengono effettuate all'interno della Cittadella.
    Rictus Erectus, Chiamato anche "il Principe di Wasteland", è il terzogenito di Immortan Joe. Alto oltre due metri e con la testa completamente rasata, anche Rictus respira aria purificata grazie ad un sistema meccanico che porta sulla schiena con filtri d'aria per motori a cui sono collegati dei tubi in lattice che arrivano al naso. Il principe indossa solo metà armatura indossata nella metà inferiore del corpo, ornata da teste di bambole, motivo che si può ritrovare anche sul suo veicolo, il Big Foot. Dotato di una grande forza fisica, Rictus presenta delle capacità cognitive inferiori ad una persona della sua età, più simile ad un bambino in età prepuberale.
    Corpus Colossus o Corpus Callosusè il primo figlio di immortal Joe e vice in sua assenza. Costretto su una sedia meccanica a causa di una malformazione ossea (osteogenesi imperfetta) e della sua bassa statura, Corpus è il leader in seconda della Cittadella. Come i suoi fratelli anche lui respira aria filtrata attraverso dei meccanismi. Corpus è l'opposto di Rictus, ovvero presenta grandi capacità intellettive su un corpo deformato e privo di forze: tuttavia, nonostante la stazza del fratello, non esita di dargli ordini o a rimproverarlo.

    ...recensione...

    .

    "We don't need another hero", cantava trent'anni fa Tina Turner, riferendosi a Mel Gibson/Mad Max all'epoca impegnato nella sua terza avventura cinemato-
    grafica, "oltre la sfera del tuono".
    Dopo così tanto tempo, abbiamo ancora bisogno di questo eroe. O almeno lo deve aver pensato George Miller, classe 1945, geniaccio di produttore e regista australiano, che della serie è stato il demiurgo. Nel reboot, che esce nelle sale dopo essere passato per la vetrina cannense, Max Rockatansky ha le fattezze massicce di Tom Hardy, attore (giustamente) richiestissimo da quando Nicolas Winding-Refn lo volle nei panni del criminale più pericoloso d'Inghilterra in "Bronson".
    Ed è sempre un ex-poliziotto che vagabonda in un mondo post-apocalittico quantomai arido e popolato da personaggi poco raccomandabili, accompagnato da fantasmi provenienti dal passato. Hardy è attore particolarmente adatto ai ruoli muscolari e Miller e i suoi co-sceneggiatori (il fumettista Brendan McCarthy e l'ex-attore Nico Lathouris) rendono anche omaggio a uno dei suoi ruoli precedenti, visto che per gran parte del film gli fanno indossare una museruola che gli nasconde il volto, come succedeva con Bane nell'ultimo Batman di Nolan (Miller qualche anno fa aveva iniziato a lavorare a un film dedicato alla "Justice League of America" e adesso spiace di non avere potuto vedere cosa avrebbe combinato coi noti supereroi).
    Ma per quanto Max/Hardy sia un ragazzone di poche parole e pieno di risorse, viene spesso il dubbio che il titolo "Fury Road" si riferisca a Charlize Theron, scatenata nei panni di Furiosa (appunto!), imperatrice camionista con un braccio meccanico (come Luke Skywalker) che alla guida della sua autocisterna attraversa indomita il deserto, reclamando di diritto un posto fra le più memorabili eroine action del cinema contemporaneo.

    Max e Furiosa si incontrano in maniera movimentata (ma del resto tutto in questo film lo è alla grande!) e lei capisce che l'uomo può essere un buon alleato nel suo piano di fuga per raggiungere il fantomatico "posto verde", popolato da sole donne che si sono stancate di una società dominata da uomini violenti e sostanzialmente idioti. Luogo dove Furiosa intende scortare cinque belle e giovani ragazze (la top model Rosie Huntington-Whiteley, Zoe Kravitz, Riley Keogh, Courtney Eaton e Abbey Lee), in fuga da Immortal Joe, l'anziano tiranno (interpretato da Hugh Keays-Byrne, già villain nel primo "Interceptor") che tiene in scacco la comunità grazie al razionamento dell'acqua (l'oro blu per cui si combatteranno le guerre nel prossimo futuro, tema che sta già cominciando a interessare diversi registi e produttori) e al suo esercito di "figli della guerra", giovani esaltati e non proprio in ottima salute (tra cui un irriconoscibile Nicholas Hoult), tenuti in piedi grazie a espedienti pochissimo ortodossi. Una volta raggiunto, l'Eden non si rivelerà all'altezza delle aspettative ma forse il mondo potrebbe ritornare a essere un po' più ospitale di quanto non appaia una volta tolti di mezzo figuri come lo stesso Immortal Joe...

    Miller ci offre l'ipotesi di una società poco violenta e dispotica, dove le donne (Furiosa, le cinque spose in fuga e le custodi del posto verde, fra le quali appare anche Megan Gale) sono depositarie di valori positivi e del potere della creazione; forse questo non basta a giustificare la tesi di un film femminista, ma bisogna riconoscere che l'altra metà del cielo qui gode di maggior considerazione rispetto a un normale blockbuster action hollywoodiano. Se l'universo in cui è calato questo nuovo "Mad Max" è fortemente caratterizzato da un'estetica cyber anni Ottanta, Miller sa infondere al tutto un'adrenalina e un'energia tali da far mangiare la polvere a tutti i campioni d'incasso recente.
    Forse i critici internazionali che stanno acclamando la pellicola hanno un po' sopravvalutato il suo spessore drammatico, ma a livello d'intrattenimento, tra inseguimenti rocamboleschi ed esplosioni pirotecniche, lo spettacolo offerto in questi 120 minuti di ritmo forsennato è davvero notevole.
    Onore a Miller e ai suoi straordinari collaboratori, fra cui spiccano i montatori Jason Ballantine e Margaret Sixel, che offrono un vero e proprio tour de force virtuosistico, premi Oscar come la costumista Jenny Beavan o il glorioso direttore della fotografia John Seale, da un po' di tempo defilatosi dai set; è lui a regalare al film un'eleganza formale che gli episodi precedenti in effetti non avevano. Il lavoro di questi tecnici è davvero fenomenale e dovrebbe essere preso in seria considerazione durante la prossima stagione dei premi, insieme a quello dei tecnici del suono, degli effetti speciali e dei trucchi. Come dovrebbe essere riconosciuto il lavoro degli stuntmen che si sono decisamente sudati il loro stipendio e hanno contribuito non poco a rendere questa opera qualcosa di diverso dai recenti action trionfatori al botteghino che sembrano, loro sì, sempre più videogiochi e sempre meno film.
    (Mirko Salvini, www.ondacinema.it/)

    (Gabry)





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    La Musica del Cuore



    musica-e-libri



    I Grandi Cantautori Italiani




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    foto:leggeretutti.net

    Lucio Dalla



    « Ma sì, è la vita che finisce
    ma lui non ci pensò poi tanto,
    anzi si sentiva già felice
    e ricominciò il suo canto... »


    (Lucio Dalla, Caruso)


    Lucio Dalla (Bologna, 4 marzo 1943 – Montreux, 1º marzo 2012) è stato un musicista, cantautore e attore italiano.


    Musicista di formazione jazz, è stato uno dei più importanti e innovativi cantautori italiani. Alla ricerca costante di nuovi stimoli e orizzonti, si è addentrato con curiosità ed eclettismo nei più svariati generi musicali, collaborando e duettando con molti artisti di fama nazionale e internazionale. Autore inizialmente solo delle musiche, si è scoperto in una fase matura, anche paroliere e autore dei suoi testi. Nell'arco della sua lunghissima carriera, che ha raggiunto i cinquant'anni di attività, ha sempre suonato il pianoforte, il sassofono e il clarinetto, strumenti, questi ultimi due, da lui praticati fin da giovanissimo.

    La sua copiosa produzione artistica ha attraversato numerose fasi: dalla stagione beat alla sperimentazione ritmica e musicale, fino alla canzone d'autore, arrivando a varcare i confini dell'opera e della musica lirica. È stato un autore conosciuto anche all'estero ed alcune sue canzoni sono state tradotte e portate al successo in numerose lingue.

    Data la lunga carriera e la continua capacità di sperimentare e rinnovarsi, la musica di Lucio Dalla è sempre sfuggita a qualsiasi tipo di etichettatura o classificazione. Per facilitarne meglio la comprensione, tutta la sua produzione può essere racchiusa in quattro grandi periodi: "le origini e le varie partecipazioni sanremesi" (tra il 1962 e il 1972), la "collaborazione con Roversi" (tra il 1973 e il 1976), la "maturità artistica" (tra il 1977 e il 1996) e la "fase pop" degli ultimi anni, alternata da varie incursioni nella musica colta e accademica.

    Figlio del bolognese Giuseppe Dalla (1896-1950), direttore in città del club di tiro a volo (sarà descritto in Come è profondo il mare: "Babbo, che eri un gran cacciatore di quaglie e di fagiani..."), e della sarta e casalinga Iole Melotti (1901-1976, ritratta nella copertina dell'album Cambio), Dalla trascorre la prima parte dell'infanzia nella sua Bologna. Quando, nel 1950, il padre muore stroncato da un tumore, la madre decide di istruirlo presso il Collegio Vescovile Pio X di Treviso, dove trascorre le scuole elementari iniziando ad esibirsi in piccole recite scolastiche. Dalla tornerà a parlare della morte del padre, in alcune interviste rilasciate nei primi anni ottanta: «Avevo sette anni... Provai la sensazione struggente di una perdita che mi consentiva di dire a me stesso con pietà e tenerezza: da oggi sei solo come un cane». Ancora: «Così ho imparato a fare della mia vita un modello di solitudine, cioè a cercarmela, a organizzarmela, a viverla, questa mia solitudine, come un momento di benessere profondo, necessario per una corretta lettura dell'esistenza»

    Tra l'altro suo zio Ariodante Dalla è stato un cantante melodico molto popolare negli anni quaranta e cinquanta e proprio all'inizio di questi ultimi, il piccolo Lucio impara a suonare la fisarmonica. Anche in merito a questo Dalla ha più volte ricordato come sua madre fosse convinta di avere un figlio geneticamente portato per lo spettacolo, non ostacolandolo mai nei suoi propositi di entrare nel mondo della musica: «Avevo undici anni, quando mia madre, donna strana, una stilista che non sapeva mettere un bottone, mi portò in un istituto psicotecnico di Bologna, per un test sulle mie attitudini, risultò che ero un mezzo deficiente». Ancora: «Mia madre sospettava fossi un genio, anche per questo mi lasciò partire a quindici anni per Roma». Il percorso scolastico di Dalla non sarà mai lineare: terminate le scuole dell'obbligo inizia prima ragioneria, passando poi al liceo classico e infine al liceo linguistico. «A scuola andavo male – ricorderà l'artista – preferivo andare in giro a suonare. A diciassette anni ero già a Roma a fare musica»


    Tornato adolescente a Bologna, si appassiona al jazz. Walter Fantuzzi gli regala per il suo decimo compleanno un clarinetto. Il giovane Lucio, così, da assoluto autodidatta, impara a suonare lo strumento, esibendosi in alcuni gruppi dilettantistici della città. In qualità di clarinettista, diviene membro di un complesso jazz bolognese, la Rheno Dixieland Band, di cui fa parte anche il regista Pupi Avati, il quale, sentendosi "chiuso" dal talento di Dalla, abbandona presto il gruppo, trovando in futuro la via del cinema. Sempre a quel periodo risale l'incontro con Chet Baker, leggendario trombettista statunitense. Lucio è poco più che un ragazzino e già virtuoso al clarinetto, viene invitato a suonare più volte con il grande jazzista, che all'epoca viveva a Bologna. L'artista, in un intervento raccolto nel suo libro Gli occhi di Lucio, racconta come all'epoca guardasse in maniera un po' schizzinosa la musica leggera, «perché ero un jazzista sorprendentemente bravo già a quindici, sedici anni», ricordando, con affetto, proprio le jam session con il grande trombettista. Il giovane Dalla, in seguito, duetterà con altre importanti figure del jazz come Bud Powell, Charles Mingus ed Eric Dolphy.

    Sempre a quel periodo, risalgono le prime vacanze dell'artista nel sud dell'Italia. La madre, di origini pugliesi, era solita recarsi in vacanza a Manfredonia, città alla quale il cantante era molto legato e dove visse, durante la sua infanzia, molti periodi estivi. Proprio a Manfredonia gli è stato intitolato, dopo la morte, il teatro cittadino all'ingresso del quale vi è posta una gigantografia dello stesso Dalla con le parole da lui pronunciate nel corso dell'ultima visita alla città : «mi sento profondamente manfredoniano» Come ricompensa per vari lavori di sartoria, alcuni clienti delle Tremiti regalano alla madre una casa nell'arcipelago. Tale circostanza produrrà nel musicista una sentita vicinanza per il sud tanto da trascorrere alle Tremiti tutte le estati, fino ad aprirvi in loco uno studio di registrazione. Dalle pagine de L'Europeo l'artista afferma: «È stato durante queste vacanze da emigrante alla rovescia che è avvenuta in me la spaccatura tra due diversi modi di vivere. Così oggi mi ritrovo con due anime: quella nordica (ordinata, efficiente, futuribile, perfezionista, esigente verso sé e verso gli altri) e quella meridionale (disordinata, brada, sensuale, onirica, mistica). È nel sud che sono diventato religioso, di una religiosità forsennata, irrazionale, pagana».

    Nel 1960 partecipa con la Rheno al Primo festival europeo del Jazz, ad Antibes, classificandosi, tra le varie "band tradizionali", al primo posto. In questo periodo inizia a scrivere le sue prime canzoni, recanti i titoli Il prode invertito e Avevo un cane... adesso non ce l'ho più. Parimenti, si fa notare da un'orchestra di professionisti romani, la "Second Roman New Orleans Jazz Band", composta da Maurizio Majorana, Mario Cantini, Peppino De Luca, Roberto Podio e Piero Saraceni. Con il gruppo avrà, nel 1961, la prima esperienza in sala d'incisione, suonando il clarinetto nel brano strumentale Telstar, cover di un successo internazionale, pubblicato dalla RCA su 45 giri.

    Alla fine del 1962 entra a far parte dei Flippers, complesso composto da Franco Bracardi al piano, Massimo Catalano alla tromba, Romolo Forlai al vibrafono e alle percussioni e Fabrizio Zampa alla batteria, a cui Dalla si aggiunge quale voce solista, clarinetto e sax. Più avanti partecipa ad alcune incisioni di Edoardo Vianello, che i Flippers erano soliti accompagnare, come gruppo di supporto, nelle varie rassegne canore. Come raccontato dallo stesso musicista a Torinosette (settimanale de La Stampa), proprio con i Flippers avrà la possibilità di firmare il suo primo contratto. Nello stesso anno, suona per alcune sere nella sala Le Roi Lutrario di Torino, provocando numerose dispute con i padroni del locale che disapprovano la sua abitudine di esibirsi scalzo, affibbiandogli l'etichetta di "disadattato senza calzini". Nel merito ricorderà divertito l'artista: «una sera me li dimenticai e mi pitturai i piedi, così da farli sembrare dei calzini». In quel periodo poteva capitare di incontrare il cantante, non ancora impostosi al grande pubblico, nei bar di via Po alla ricerca di cento lire per far suonare i suoi pezzi nei juke box.

    Contemporaneamente, in qualità di cantante dei Flippers, inizia a presentarsi al pubblico, rivelando i suoi estemporanei gorgheggi scat, che diverranno in seguito una sua caratteristica vocale. La sua prima incisione scat viene inserita nell'album dei Flippers At Full Tilt, nella canzone Hey You. Coltivando l'ammirazione per lo stile vocale di James Brown, fa uso di una voce volutamente aspra e disarmonica, tesa a ricamare il canto con improvvise variazioni di tono, ai limiti delle più diffuse logiche musicali. Così facendo, impone un proprio marchio di fabbrica, venendo notato da Gino Paoli che vede in lui il primo cantante soul italiano.

    Durante il Cantagiro del 1963 Gino Paoli lo persuade a tentare la carriera da solista, convincendo il giovane artista a lasciare il gruppo dei Flippers. La vicenda viene ricordata dal musicista Massimo Catalano con queste parole: «Lucio suonava con me nel complesso dei Flippers, partecipammo nel 1963 al Cantagiro con un brano intitolato I Watussi, insieme a Edoardo Vianello. A quella manifestazione partecipava anche Gino Paoli, che ci rubò letteralmente Lucio, facendolo diventare un cantante del suo clan. Noi ci incavolammo molto con Gino».

    Nel 1964, a 21 anni, incide il suo primo 45 giri contenente Lei (non è per me), tradotta da Paoli e Sergio Bardotti, a cui segue Ma questa sera (cover di Hey Little Girl di Curtis Mayfield), entrambe pubblicate dalla ARC, casa discografica distribuita dalla RCA Italiana, per cui usciranno i successivi 45 giri di Dalla, nonché il suo primo LP. Il suo esordio al Cantagiro è letteralmente traumatico. Durante le varie esibizioni, nelle quali presenta la canzone Lei (non è per me), Dalla è oggetto di lanci di ortaggi e derrate alimentari. Gino Paoli ricorderà l'accaduto in un'intervista del 1979: «Fu un fiasco di rimarchevoli proporzioni: ogni sera raccattavamo una buona dose di fischi e di pomodori, uno spettacolo nello spettacolo, che durò quanto la manifestazione. Lucio, in ogni modo, si mostrò veramente un duro e non si lasciò abbattere»

    Per nulla intimorito dall'insuccesso, forma nel 1966 un proprio gruppo di accompagnamento con i musicisti bolognesi, Gli Idoli, con i quali incide il suo primo album, intitolato 1999. Il disco fa leva su due brani: Quand'ero soldato (vincitore del premio della critica al Festival delle Rose) e Pafff...bum!. Quest'ultima (di fatto la sua prima hit), viene presentata dal musicista al festival di Sanremo, abbinato con gli Yardbirds di Jimmy Page e Jeff Beck. A Sanremo fa ritorno l'anno seguente, con Bisogna saper perdere, abbinato con i Rokes di Shel Shapiro. Il 1967 è anche l'anno del suicidio di Luigi Tenco, che aveva collaborato con Dalla per uno dei testi del suo primo disco e con cui aveva stretto amicizia: «Con Tenco avevo avuto rapporti di amicizia e di collaborazione - ricorda l'artista - Andammo a Sanremo insieme, prendemmo la camera vicina, e la sua morte mi sconvolse... non dormii per un mese»

    Successivamente attraversa in maniera più diretta la stagione beat, pubblicando brani meno ambiziosi, tra cui si distinguono Lucio dove vai e soprattutto Il cielo, con cui partecipa al Festival delle Rose, vincendo nuovamente il premio della critica. L'allora Festival romano si svolgeva all'hotel Hilton, e la leggenda vuole che i portieri gli abbiamo impedito di partecipare alla serata finale perché non aveva un aspetto presentabile.

    Le stravaganze del giovane Dalla erano piuttosto note, sempre la leggenda vuole che spesso andasse in giro con delle ciliegie che pendevano dalle orecchie, appese per i gambi oppure che si presentasse a spasso con una gallina al guinzaglio.

    Nel 1969 ottiene un discreto successo con la canzone Fumetto, scelta dalla Rai come sigla del programma per bambini Gli eroi di cartone. All'inizio del nuovo decennio incide il secondo album Terra di Gaibola, nome che deriva da un sobborgo collinare di Bologna. Le vendite del disco risulteranno piuttosto scarse, tanto da indurre la RCA a non stamparne più nessuna copia, fino alla metà degli anni novanta.........

    ....Lucio Dalla muore il 1º marzo 2012, stroncato da un infarto all'età di 68 anni (tre giorni prima del sessantanovesimo compleanno), in un hotel di Montreux, la cittadina svizzera dove si era esibito la sera precedente. Particolarmente profetica è l'ultima strofa della sua canzone Cara:
    "Lontano si ferma un treno
    ma che bella mattina, il cielo e' sereno
    Buonanotte, anima mia
    adesso spengo la luce e così sia".


    Dalla, infatti, muore la mattina di un primo marzo sereno, in un hotel che non dista che pochi passi dalla stazione ferroviaria di Montreux. È il suo compagno Marco Alemanno il primo a scoprire la disgrazia, pochi minuti dopo l'accaduto. I primi a dare la notizia della morte del cantante sono i frati della basilica di San Francesco d'Assisi, la stessa mattina del 1º marzo, su Twitter, esattamente alle 12:10, 23 minuti prima dei lanci d'agenzia.
    Il giorno seguente il feretro viene trasferito dall'obitorio di Losanna alla residenza bolognese dell'artista in via D'Azeglio e sabato 3 marzo viene allestita la camera ardente nel cortile d'onore di Palazzo d'Accursio sede del municipio di Bologna. La città proclama il lutto cittadino come anche il Comune delle Isole Tremiti, residenza estiva del cantautore. Il funerale si tiene nella basilica di San Petronio il 4 marzo, giorno in cui Dalla avrebbe compiuto 69 anni, presenti oltre 50.000 persone. Dopo il rito funebre, trasmesso in diretta televisiva, le spoglie del cantante vengono sepolte nel Cimitero Monumentale della Certosa di Bologna nel campo 1971. Il 23 ottobre 2013, la salma di Lucio Dalla viene cremata e inumata in una nuova zona (sempre alla Certosa), dove riposano, tra l'altro, il poeta Giosuè Carducci e il pittore Giorgio Morandi. L'opera funeraria è stata realizzata dall'artista Antonello Paladino.....

    L'eredità è composta dai diritti d'autore su 581 canzoni (validi fino a 70 anni dalla morte dell'autore, ovvero fino al 2082)

    A due anni di distanza dalla morte del cantante, il 26 febbraio 2014, viene costituita la "Fondazione Lucio Dalla", con relativa ufficializzazione a partire dal giorno 4 marzo 2014. La fondazione avrà sede nella sua casa di via D’Azeglio a Bologna e avrà come obiettivo principale quello di valorizzare l’esperienza e il patrimonio culturale dell'artista.


    La discografia del cantautore comprende ventidue album in studio per il mercato italiano, un Q Disc, nove album dal vivo, varie raccolte e svariati album per il mercato estero. Il debutto discografico da solista è avvenuto nel 1964, con l'uscita del singolo Lei (non è per me)/Ma questa sera, pubblicato su 45 giri.



    fonte: wikipedia.org



    Tu non mi basti mai

    Vorrei essere il vestito che porterai
    il rossetto che userai
    vorrei sognarti come non ti ho sognato mai
    ti incontro per strada e divento triste
    perchè poi penso che te ne andrai.
    Vorrei essere l'acqua della doccia che fai
    le lenzuola del letto dove dormirai
    l'hamburger di sabato sera che mangerai... che mangerai
    vorrei essere il motore della tua macchina
    così di colpo mi accenderai.
    Tu tu non mi basti mai
    davvero non mi basti mai
    tu tu dolce terra mia
    dove non sono stato mai.
    Debbo parlarti come non faccio mai
    voglio sognarti come non ti sogno mai
    essere l'anello che porterai
    la spiaggia dove camminerai
    lo specchio che ti guarda se lo guarderai... lo guarderai
    vorrei essere l'uccello che accarezzerai
    e dalle tue mani non volerei mai.
    Vorrei esser la tomba quando morirai
    e dove abiterai
    il cielo sotto il quale dormirai
    così non ci lasceremo mai
    neanche se muoio e lo sai.
    Tu tu non mi basti mai
    davvero non mi basti mai
    io io io ci provo sai
    non mi dimenticare mai


    (Ivana)





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    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Lorenzo, normale che Yamaha scelga Rossi.

    Il pilota spagnolo, con Valentino si può vendere di più... "Non mi ha mai preoccupato il fatto che Rossi fosse più media-friendly di me e che ha molti più fotografi intorno a sé". E' quanto assicura il campione del mondo della MotoGp, Jorge Lorenzo, in un'intervista a motorsport.com, parlando del rapporto con il compagno-rivale Valentino Rossi. "E vedo normale anche che la Yamaha possa preferire che sia lui a vincere a causa della sua popolarità, perché in questo modo può vendere più moto. Per me l'unica cosa che conta è disporre dello stesso materiale, perché ho fiducia nelle mie capacità. In questo senso la casa giapponese mi ha sempre sostenuto al meglio". Durante i colloqui con la Yamaha, lo ha mai sfiorato l'idea di un veto a Rossi? Lorenzo non ha dubbi: "Non ho mai messo un veto a Valentino o a qualsiasi altro compagno di squadra - afferma - nemmeno quando ho avuto la possibilità di farlo. Sono consapevole che Rossi sia un beneficio per il marchio, dentro e fuori dalla pista. E' bene che si vada avanti così. Abbiamo una struttura molto completa, abbiamo fatto la tripletta iridata, e senza una coppia competitiva è impossibile". Lorenzo poi smentisce chi lo vedrebbe presto come nuovo pilota della Ducati: "Anche nei momenti più difficili ho sempre detto che il mio sogno è finire la carriera qui. E non solo, dopo il titolo penso che sia possibile diventare il pilota più vincente con questo team. Sarebbe un sogno. Ma come per me questo team è la priorità, è importante per me essere valutato alla stessa maniera. Dopo il titolo di Valentino nel 2009, l'unico ad aver vinto per la Yamaha sono io"...
    (Ansa)




    F1: il nuovo Schumacher? Sarà pilota italiano, garantisce Alesi.
    In intervista a 'Chi' l'ex ferrarista 'presenta' Alessio Lorandi. Il nuovo Michael Schumacher? E' un pilota italiano e si chiama Alessio Lorandi 'targato' Jean Alesi. A lanciare in orbita la promessa dell'automobilismo del Bel Paese è l'ex pilota francese della Ferrari: ''Alessio Lorandi ha tutte le qualità per diventare un top driver. Ha già vinto il mondiale di kart e sarà l'unico italiano a correre quest'anno in Formula 3, l'anticamera della Formula 1''. Il 17enne pilota ''ha le qualità sia tecniche sia umane di un pilota da Formula1'', ha aggiunto Alesi in una intervista al settimanale Chi (in edicola da mercoledì 10 febbraio), ''in più ha le competenze tecnologiche che sono indispensabili per guidare una monoposto moderna e, naturalmente, per vincere''. Il campione francese ha notato Alessio quando ha conquistato il mondiale kart con la scuderia "Babyrace" (fondata dal padre di Alessio, l'imprenditore Sandro Lorandi) una disciplina dalla quale sono arrivati molti campioni del mondo di F1 tra i quali Hamilton, Alonso, Schumacher e il leggendario Ayrton Senna. ''Quello che mi ha stupito di Alessio - spiega Alesi - è che lui si è imposto nella categoria più difficile, la KF-Junior. Sono gare con oltre cento piloti e sembrano tutti uguali. Alessio invece lo distinguevi subito e il suo mezzo era l'unico che dopo una sessione di prove non aveva un'ammaccatura. Pulito. Segno di una grande capacità tecnica''.
    (Ansa)




    Zika: governo Brasile, nessun rischio per Rio.
    'Agosto è considerato non endemico per trasmissione virus'. "Il periodo in cui si svolgeranno le Olimpiadi di Rio de Janeiro è considerato non endemico per la trasmissione di malattie causate dalla zanzara Aedes aegypti, come Zika, dengue e chikungunya": lo ha precisato il ministero della Sanità brasiliano in risposta al Comitato olimpico americano (Usoc). Quest'ultimo avrebbe dato indicazione che gli atleti Usa preoccupati per la loro salute dovrebbero valutare la rinuncia a partecipare ai Giochi. "Il Brasile - si legge in una nota del ministero della Sanità verde-oro - sta realizzando una grande mobilitazione per combattere la zanzara Aedes aegypti. Il governo federale, insieme a Stati e Comuni, sta compiendo uno sforzo per proteggere non solo i brasiliani, ma anche coloro che verranno nel nostro Paese per i Giochi". Ottimismo anche da parte del Comitato organizzatore di Rio 2016. "Lo Zika - ha sottolineato il portavoce Mario Andrada - non sarà un problema. La delegazione degli Stati Uniti sarà completa, perché nessuno rinuncerà alle Olimpiadi per via di una malattia che colpisce in estate (agosto è un mese invernale in Brasile, ndr)". "Siamo ancora a febbraio, in pieno carnevale. Molte cose ancora devono succedere. Gli Usa libereranno i loro atleti", ha concluso Andrada.
    (Ansa)

    (Gina)



    LO SAI PERCHE'!!!




    San Valentino, perché si celebra?




    auguri-happy-valentines-day


    San Valentino è ormai alle porte: tra gli innamorati c’è chi ha già ultimato i preparativi, chi non sospetta sorprese, chi non ha voglia di festeggiare e chi invece festeggia ogni giorno, restando indifferente alle ricorrenze. Eppure, che piaccia o no, la tradizione vuole che le coppie celebrino l’amore il 14 Febbraio.
    Di per sé l’origine del giorno di San Valentino ha poco di romantico. Indietreggiando fino all’Impero Romano, quando intorno al 270 d.C. l’imperatore Claudio II impose il veto sul matrimonio in tempo di guerra, credendo che gli uomini single rendessero meglio sul campo di battaglia rispetto a quelli in coppia, il vescovo Valentino, in nome dell’amore, decise di andare segretamente contro la volontà dell’imperatore, celebrando ugualmente le nozze, fino al giorno in cui venne scoperto, imprigionato e giustiziato proprio il 14 Febbraio.
    Nella sua cella venne trovato un biglietto d’amore per la figlia del carceriere, firmato “From Your Valentine”: ecco l’intro di una serie di canzoni romantiche, la tipica fine di ogni lettera per il proprio partner. Ma il vescovo Valentino non è l’unico per cui si celebra il giorno degli innamorati.

    Per San Valentino, infatti, gli antichi romani celebravano la festa di Lupercalia in onore di Giunone, le dea delle donne e del matrimonio. Le ragazze del Medioevo, invece, usavano mangiare cibi bizzarri e in un qualche modo incantati proprio il giorno degli innamorati, per poter poi sognare il loro futuro marito. Ma è solo nel 1537 che il re di Inghilterra Enrico VII stabilì ufficialmente che il giorno 14 Febbraio fosse la festa di San Valentino.
    Ed è proprio nel giorno degli innamorati che, tra un bacio e una frase dolce, le coppie festeggiano il loro amore reciproco cercando di stupire la propria metà, ma rispettando in ogni caso le tradizioni: si stima che oltre 35 milioni di scatole a forma di cuore contenenti cioccolatini saranno vendute per San Valentino. Anche i fiori sono un classico, ma quelli è meglio lasciarli agli uomini – anche se il 15% delle donne degli Stati Uniti si auto-invia fiori per San Valentino.
    È difficile negare che il ricevere un bel mazzo di rose a casa o sul posto di lavoro sia un piacere intramontabile, anche nel caso in cui causi imbarazzo. D’altronde, se la rosa rossa era la preferita tra tutti i fiori da Venere, la dea romana dell’amore, un motivo ci sarà pur stato, no? Il colore rosso è sinonimo di forti sentimenti romantici, quindi se circa 110 milioni di rose, soprattutto rosse, verranno vendute per il giorno di San Valentino non c’è da stupirsi: è il giorno dell’amore, quindi al bando margherite e tulipani, perché bisognerà essere romantici.
    E i bigliettini? Le frasi d’amore sono la parte preferita dalle donne – dopo le coccole. Peccato che gli uomini preferiscano i biglietti di San Valentino precompilati o le frasi romantiche trovate su Google. Inoltre, pare che l’85% delle persone che acquista biglietti romantici per il 14 Febbraio sia di sesso femminile.
    Uomini, volete un consiglio? È giunto il momento di cambiare rotta. Considerate ad esempio che l’imperatore indiano Moghul Shahjahan fece costruire un monumento come dono alla moglie per il giorno di San Valentino, il Taj Mahal. Non che dobbiate per forza ergere una statua a colei che vi sopporta giornalmente, ma scriverle un sincero “Ti amo” sarà in ogni caso gradito.

    Fonte: She Knows


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    “Alfons Mucha
    e le atmosfere art nouveau”


    fino al 20 marzo 2016



    Fino al 20 marzo Palazzo Reale a Milano ospita la mostra Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau, che espone 220 opere – quadri, pezzi d’arredamento, sculture, vasellame e disegni – protagonisti di pubblicità, calendari e cartelloni teatrali dell’epoca, considerate tutt’ora tra le iconografie più riconoscibili della Belle Époque. La mostra dedicata al pittore e artista decorativo ceco Alfosn Mucha (1860‐1939) e ai suoi contemporanei, soprattutto italiani. Mucha è molto famoso per le sue immagini femminili, Tra le sue opere più importanti in mostra ci sono i molti manifesti dedicati a Sarah Bernhardt, le Arti, realizzate nel 1898, la pubblicità dei biscotti Lefèvre-Utile del 1896 – dove la figura femminile richiama il colori e la consistenza delle spighe da cui si ricava la farina dei biscotti, che offre su un vassoio – quella delle sigarette Job, caratterizzata da una inedita sensualità, tipica della femme fatale, l’ideale femminile dell’epoca.
    La mostra è suddivisa in sezioni tematiche: la prima è dedicata ai poster e manifesti teatrali, segue un’altra dedicata alla vita quotidiana – con le illustrazioni e pubblicità per confezioni di biscotti, champagne, e tavolette di cioccolato; segue una terza sulla figura femminile – creature angeliche e aggraziate e femme fatale provocanti e sensuali –; l’influenza dell’arte giapponese; poi del mondo animale, del tempo – con i calendari e la rappresentazione delle stagioni – e l’immaginario floreale, con l’introduzione di rose, gigli, ninfee.

    L'artista ceco Alfons Mucha è uno dei maggiori interpreti dall'Art Nouveau. Formatosi nella nativa Moravia, dove inizia la carriera in qualità di decoratore, nel 1887 Mucha si trasferisce a Parigi, dove si dedica principalmente alla produzione di pannelli decorativi, cartelloni pubblicitari, manifesti teatrali, copertine per riviste, calendari, illustrazioni librarie. Qui compaiono immagini femminili di estrema eleganza, definite da una linea nitida che delimita i contorni. Si afferma così un inconfondibile "stile Mucha", che ottiene fortuna anche negli Stati Uniti, dove il pittore soggiorna tra 1906 e 1910.
    Rientrato in Europa, si stabilisce a Praga, dove resterà fino alla morte, avvenuta nel 1928, dedicandosi al grandioso progetto dell'Epopea slava, una serie di tele dedicata alla storia del popolo slavo.

    La mostra di Palazzo Reale racconta la carriera di questo grande artista attraverso le 149 opere prestate per l'occasione dalla Richard Fuxa Foundation. Arricchisce l'esposizione un'ampia selezione di ceramiche, mobili, ferri battuti, vetri, sculture e disegni di artisti e manifatture europei, che testimoniano quello stile floreale che caratterizzò le varie declinazioni nazionali - francese, belga e italiana soprattutto - prese dal Modernismo internazionale.

    Dopo Milano, la mostra si sposterà a Palazzo Ducale di Genova, dove sarà visitabile dal 30 aprile al 18 settembre 2016.


    Joselito Gobbo, per la foto "Fiore di neve".



    FESTE e SAGRE





    “La Corniola è un talismano, ti fa star felice e sano.
    Ti protegge dai malanni. La tua casa non ha danni”
    (Goethe)

    LA CORNIOLA


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    La corniola è un calcedonio che si forma nelle rocce vulcaniche a partire da magmi acidi contenenti ferro e appartiene alla famiglia dei Quarzi criptocristallini. E’ una pietra semipreziosa. E' la più popolare delle agate. Pietra semitrasparente, da traslucida a opaca, con riflessi vitrei di colore rosso-arancio, marrone scuro, salmone, ocra o ruggine.
    La sua colorazione più pregiata è quella di un rosso-arancio, dovuto alla presenza di ossidi di ferro, mentre le tonalità più chiare sono da attribuirsi all'idrossido di ferro. Curiosamente la corniola si distingue in corniola maschio, dal colore rosso cupo e Corniola femmina dal colore più pallido, con tutte le sfumature dell’arancio-marrone dorato. La durezza è 7 della scala di Mohs, come per tutti i quarzi, che la rende molto adatta ai lavori di incisione.I giacimenti più noti, attualmente sono situati nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul e in Uruguay.
    Il nome Corniola deriva dal latino “carneus”, che significa “fatto di carne” e che richiama il suo colore.

    ...storia, miti e leggende...


    La corniola conobbe un favore unanime presso tutti i popoli antichi: è stata ritrovata sotto forma di ovoidi perforati perfino in Siberia dove venivano lavorati anche calcedonio e diaspro per ottenere lame di grande finezza.
    Conosciuta presso gli antichi Egizi, venne anche ricercata e sfruttata dai Romani, ma anche in Medio Oriente ed in Asia.I re mesopotamici usavano adornarsi di gioielli di Corniole. In Egitto, era identificata come la pietra della forma pura e del disegno perfetto, ed era quindi indossata dagli architetti come simbolo della loro professione. I Greci la consideravano un talismano contro i reumatismi e le nevralgie. Gli antichi guerrieri la portavano al collo perchè infondesse loro coraggio e forza fisica per vincere i nemici. I giacimenti più noti, anticamente sfruttati già dai Romani, erano quelli situati in Arabia, India e Persia. I Romani usavano la corniola per fare i timbri per imprimere il sigillo di cera nella corrispondenza o altri documenti importanti, difatti la cera calda non si attacca alla corniola.
    Nella cultura storica dell'Egitto, questo minerale era il simbolo per eccellenza della vita, veniva utilizzata durante le pratiche religiose legate alla morte, il defunto di fatti veniva sempre accompagnato da queste gemme durante il suo viaggio verso l'aldilà. Numerosi i celebri personaggi egizi vennero adornati con preziosi gioielli realizzati con la corniola, uno tra questi è il faraone Tutankhamon. La corniola è stata tradizionalmente associata a Iside. Vennero realizzati integralmente con questa pietra due degli animali sacri al popolo egizio, il falco Horus e l'ariete Amon.
    Nell'antica Roma era la pietra consacrata a Venere.
    Nella Bibbia la Corniola viene menzionata come pietra decorativa sul pettorale di Aronne (Esodo 28:15-30) e come una delle dodici pietre preziose che ornano le fondamenta della città di Gerusalemme (Apocalisse 21:19).Nella tradizione Ebraica è la gemma della Tribù di Ruben. Certe correnti mistico-magiche Cristiane associano la Corniola al discepolo Filippo.
    Nella religione buddista, la corniola rappresenta la saggezza e quindi uno dei sette tesori, ossia i valori spirituali fondamentali nella vita dell'individuo, ognuno simboleggiato da una pietra preziosa differente.
    Nell'Islam si ritiene che all'inizio della creazione, corniola rossa era la prima pietra a testimoniare per l'Unità di Allah. Gemma venerata dai musulmani, la Corniola è nota come la “Pietra della Mecca”, per via dell'anello con sigillo di Corniola indossato da Maometto.
    Gli alchimisti del Medio Evo la usavano come pietra rovente per sprigionare l' energia delle altre agate; veniva considerata una forma energetica metafisica necessaria al raggiungimento della materia. Era anche considerata l’antidoto più potente contro le stregonerie, le fatture e ogni sorta di malocchio.

    E' la gemma della Terra, un simbolo della bellezza e del vigore del nostro pianeta. E' cresciuta e si è sviluppata di pari passo col genere umano nel corso di migliaia di anni. La Corniola infonde vitalità, ottimismo e allegria, nonché stabilità, concretezza e razionalità.

    (Gabry)





    SALUTE E SPORT!!!




    Forma fisica, salute e pelle al top con l’alimentazione


    mangiare-sano


    Regole di buona alimentazione per mantenersi in forma e curare la propria salute e bellezza


    Una dieta che permetta non solo di rimettersi in forma, ma anche di assicurarsi una salute di ferro e una pelle perfetta? A quanto pare è possibile. Grazie a CIRRH.org e al suo fondatore Marco Guidetti-Hoffman, siamo stati a lezione da Carol Alt (sì, lei, la modella grazie a cui è nata la definizione di top model) e dal Dottor Nicholas Gonzalez, che nel suo studio di New York riceve centinaia di star e migliaia di persone da tutto il mondo per offrire una dieta personalizzata.

    Alimentazione vegetariana, voci discordanti riguardo la carne (soprattutto quella rossa), alimenti biologici che forse tanto biologici non sono, integratori che chissà se servono e a cosa. E poi ancora la dieta del digiuno, quella a base di succhi e minestroni, la famigerata dieta alcalina che promuove un esasperato consumo di limoni. Cosa c'è di vero? La confusione, nel campo dell'alimentazione, regna.

    Una cosa è certa: siamo una macchina, e come ogni macchina, se veniamo alimentati con la benzina sbagliata, siamo destinati a rovinare gli ingranaggi.

    Il Dottor Gonzalez, uno tra i più noti nutrizionisti viventi, ci ha spiegato che ogni cibo influenza il sistema nervoso del corpo e il suo ph. E che tutto sta nel cercare di mantenere i livelli in equilibrio, con un'alimentazione studiata ad hoc per ognuno in base al proprio tipo metabolico.

    Niente proibizionismi general generici, dunque. A quanto afferma Gonzales, chi sente la necessità di mangiare carne dovrebbe mangiarla, chi non la ama farebbe meglio a evitarla. E lo stesso vale per quasi tutti gli alimenti. (Dove la gola che ci induce a scegliere il junk food non dovrebbe essere confusa con la necessità di mangiarlo)

    Il concetto di base è quello di ascoltare il proprio corpo, facendo caso a sintomi quali emicrania, problemi cutanei, gonfiori e sensazioni generali di malessere: per capire cosa ci fa bene e cosa no basterebbe imparare ad ascoltare il proprio corpo, cercando riscontri tra i sintomi percepiti e i cibi ingeriti nelle ore precedenti, e tenendo conto che esistono delle regole generiche valide per tutti.

    Eccole:

    No alle farine bianche raffinate, via libera a quelle integrali (che si tratti di pane, pasta o riso)

    No allo zucchero raffinato, molto meglio eliminarlo, o piuttosto preferire quello integrale - che non è quello di canna, ma zucchero di cocco crudo e miele crudo.

    No ai cibi pronti: prima di comprare un prodotto pronto leggete la lista degli ingredienti, se compaiono nomi di ingredienti a cui non riuscite a dare una forma, non vanno bene.

    Sì a frutta e verdura. Quest'ultima va preferita cruda, dove e quando possibile.

    Sì agli alimenti biologici, che contengono più componenti nutritive rispetto ai corrispettivi industriali.

    Sì agli integratori, soprattutto a chi mangia poca frutta e verdura.

    Ni ai latticini: vanno bene solo se mangiati con estrema moderazione, ovvero non tutti i giorni - a eccezione dello yogurt come colazione, che aiuta la flora intestinale.

    Ni ai prodotti light: hanno meno grassi, ma spesso anche meno componenti nutritive indispensabili all'organismo.

    Sì agli agrumi, che si tratti di spremute o di utilizzare il limone come condimento.

    Sì all'olio di oliva.

    Sì ai cibi crudi: contengono vitamine che durante la cottura si sperdono.

    Infine, un trucco alimentare legato al sistema nervoso.

    Per diminuire lo stress, e qualora si soffra di insonnia, vanno mangiati alimenti ricchi di magnesio (spinaci, semi di zucca, germogli di soia, noci, riso, carciofi e datteri) e potassio (pomodori, paprika, origano, rosmarino, pistacchi, lenticchie e ceci), mentre, se si è tristi e stanchi, vanno preferiti quelli contenenti il calcio, come le alici, il polpo, la rucola, mandorle, spinaci, broccoli o i fichi secchi. Inoltre, in questo caso, è da evitare il succo di limone, il più potente alcalinizzante naturale, e favorire invece l'aceto di mele biologico.


    fonte:http://www.grazia.it/


    (Lussy)





    salute-benessere


    Salute e Benessere


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    foto:emiliaromagnaterme.it


    Le Terme dell'Agriturismo - Villaggio della Salute Più.


    Le Terme dell'Agriturismo sono un complesso termale che prende l'acqua da una fonte vicina al Dragone, piccolo vulcano ancora attivo della Valle del Sillaro a circa cinque chilometri dalla struttura, tra le montagne del primo Appennino Bolognese. Ci troviamo nel cuore pulsante del Villaggio della Salute Più, un luogo magico e affascinante dove è possibile immergersi contemporaneamente nelle acque termali e nella natura incontaminata, grazie all'innovativa architettura in vetro e legno. Circondate dal verde di un paesaggio mozzafiato, disegnato dai suggestivi calanchi e visibile attraverso le grandi vetrate dello stabilimento, le Terme dell'Agriturismo regalano un’oasi di pace in mezzo alla natura. Troverete tutti i tipi di cure termali e fisiche tradizionali, ma la frontiera dell'avanguardia è rappresentata dai servizi esclusivi di salute e benessere del Mare Termale Bolognese, marchio made in Italy che gestisce 5 stabilimenti termali, di cui le Terme dell'Agriturismo fanno parte.


    Le Terme dell'Agriturismo fondono la tradizione del turismo termale con una spa all'avanguardia che oltre ad offrire i servizi termali e beauty farm, lavora anche come ambulatorio dedicato alla medicina specialistica e punto CUP. In ogni stagione dell'anno un luogo incantevole, ideale per il benessere e per il relax, perfetto sia per cure termali integrate, sia per la riabilitazione e la rieducazione funzionale attraverso training fisico. L'acqua termale solfato calcica è conosciuta per le sue proprietà minerali depurative e rigeneranti. Le Terme dell'Agriturismo sono capaci di offrire proposte sanitarie come il medical fitness, il nutristyle e tanto altro ancora grazie ai servizi e protocolli del Mare Termale Bolognese legati al metodo M.A.V. (Mobilizzazione Artero-Venosa).

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    foto:pointderosee.it

    Le Terme dell'Agriturismo hanno il vantaggio di essere situate a pochi metri di distanza da tutte le altre strutture del Villaggio della Salute Più, che nel complesso offrono una varietà di servizi ineguagliabile per chi ama il turismo, termale e non solo, in quella che è considerata da molti una delle zone più belle della penisola, il primo Appennino Bolognese a pochi chilometri dalla Toscana. C'è infatti la possibilità di organizzare meeting ed eventi grazie alle nostre locations esclusive; c'è l'Agriturismo Ristorante Sillaro con cucina biologica e locale; dove è anche possibile comprare prodotti del territorio; l'Albergo Diffuso con camere singole, doppie e appartamenti, alcuni dei quali in edifici storici risalenti addirittura al XII secolo; e ancora laghi, percorsi salute, Camping per tende e camper e, durante la stagione estiva, l'Acquapark. In estate le acque delle Terme dell'Agriturismo alimentano alcune delle piscine all'aperto dell'Acquapark della Salute Più, un mondo dedicato non solo al benessere e al relax ma anche al divertimento.



    fonte:http://www.villaggiodellasalutepiu.it/terme_del_agriturismo.htm

    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    STORIE DI DOLCI...


    I CANELES



    Si narra che gli antenati dei canelés sono stati inventati nel XVIII secolo dalle monache del convento dell’ Annunziata presso la chiesa di sant’ Eulalia a Bordeaux: questi dolci, era un impasto tirato sottile ed arrotolato su delle canne, prima di essere fritto in strutto bollente, molto diversi da quelli attuali. La recente riqualificazione di questo convento, ha portato ad approfondire attraverso scavi archeologici le origini dei questo luogo sacro. Tra i tanti oggetti recuperati , risalenti ad epoche diverse, tuttavia nessuno sembra assomigliare ad uno stampo per Canelés.
    Una storia più attendibile risale al XVII secolo. A Bordeaux vi era un pane preparato con l’aggiunta di tuorli e detto canaulé o canaulet. Bordeaux fu un importante porto fluviale, vaniglia, zucchero e rum arrivavano dalle colonie passando prima da mare e poi trasportate sul fiume. I tuorli, all’epoca erano un sottoprodotto rispetto agli albumi che venivano utilizzati, montati a neve per chiarificare il vino rosso. Nel bordolese, terra di vini, centinaia di albumi venivano usati e i tuorli donati ai conventi per la produzione di dolci. Tutti le fonti affermano che i canelés nacquero dalla necessità di utilizzare i rossi d'uovo. Questo prodotto fu talmente famoso che gli artigiani preposti alla sua produzione si chiamarono canauliers e si riunirono in una corporazione registrata nel 1663. Nei documenti della registrazione vennero definiti nei dettagli ciò che essi potevano produrre: per non fare concorrenza ai pasticceri, i dolci non dovevano avere nell'impasto ne latte ne zucchero. ma nel 1755, dopo lunghe battaglia, i canauliers ottennero la possibilità di utilizzare anche latte e zucchero nella loro produzione. L’accesso alla professione venne inizialmente limitato a otto mastri canauliers in città ma, ancora una volta le regole vennero aggirate e nel 1785 Bordeaux contava almeno 39 mastri canauliers. La Rivoluzione rimosse tutte le Corporazioni, ma non la professione di canaulier, così che i canelés continuano ad essere prodotti anche nel periodo del Terrore.
    I canelés, dopo un periodo di regressione, nel primo quarto del XX secolo il cannelé riappare, anche se è difficile datare con precisione il suo ritorno. Una pasticceria sconosciuta ripropone l'antica ricetta dei canauliers e ne migliora l'impasto.
    Nel 1985 a Bordeaux viene fondata una Confraternita dei Canelè che cancella la seconda "n" dal nome originale per affermare meglio la sua identità. Il nome canelé diventa un marchio collettivo, depositato presso l'Istituto Nazionale di Proprietà Industriale dalla Confraternita. Dieci anni dopo la presentazione della denominazione, ci erano 800 produttori in Aquitania e 600 nella Gironda . Nel 1992 il consumo di canelés nella Gironda fu stimato intorno ai 4,5 milioni di unità.

    Per una buona riuscita dei cannelés bisogna rispettare alcuni accorgimenti: il rum non può mancare, quindi nessuna sostituzione, in quanto permette all'impasto di fermentare; il latte va aggiunto solo una volta freddo, altrimenti l'alcool evaporerà; il riposo lungo serve per far lievitare l'impasto e donare all'interno, durate la cottura, la tipica morbidezza; gli stampi scanalati di rame, devono essere imburrati così che l'esterno si caramellizzi in cottura e diventi bruno e croccante.
    I cannelés vanno serviti tiepidi.


    Ricetta ORIGINALE:

    - 500 ml de lait
    - 1 gousses de vanille
    - 250 gr. de sucre glace
    - 2 oefs entiers
    - 100 gr de farine
    - 50 gr de beurre
    - 15 gr de Rhum

    Portez le lait à ébullition, ajouter les gousses de vanille émincées finement. Laissez infuser une trentaine de minutes et refroidir. Faites blanchir le sucre glace avec les œufs entiers et les jaunes puis ajoutez la farine tamisée et le lait. Incorporez finalement le beurre fondu et refroidi puis le rhum .
    Versez l’appareil dans des moules à cannelés en Cuivre et les remplir les moules aux 3/4 pour obtenir une cuisson homogène, sinon les cannelés peuvent se mettre à gonfler avec exagération et prendre une forme inesthétique en débordant du moule.
    Enfournez à mi-hauteur à 250 °C pendant une dizaine de minutes puis à 180 °C pendant une petite heure. Au terme de la cuisson laissez refroidir légèrement avant de démouler. Démoulez les cannelés en donnant une légère pression sur le fond du moule du moule.


    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO


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    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    L' EDGEWORTHIA CHRYSANTHA


    L'Edgeworthia chrysantha è un arbusto a foglia caduca, originario dei boschi Cinesi e Himalayani, è una pianta vigorosa dallo sviluppo lento, nell'arco di alcuni anni può raggiungere un metro e mezzo di larghezza per due di altezza, dando origine ad una pianta dal magnifico portamento, tondeggiante, molto ramificata. Acquista maggior fascino durante i mesi freddi, dopo che le grosse foglie hanno lasciato il posto alle infiorescenze. Le foglie sono di forma ovale, appaiono in primavera inoltrata, dopo la fioritura invernale, come accade per il Calicanto, cadono in autunno, lasciando i rami completamente spogli. Durante l'inverno, fino ad aprile, sugli apici dei rami sbocciano grossi capolini sferici, formati da numerosi piccoli fiori che danno origine a dei pom-pom dorati. I fiori sono tubolari raccolti in mazzetti, normalmente di colore giallo o bianco crema; anche se esiste una varietà, un po’ più difficile da reperire, a fiori arancioni, chiamata ‘Red dragon’. I fiori sono, che sprigionano un dolce profumo nell’aria circostante.

    L’Edgeworthia chrysantha è originaria della Cina meridionale e orientale, da dove poi è stata introdotta in Giappone intorno al XVI secolo e in in Europa nel 1845. Il nome scientifico deriva dal suo classificatore: Michael Pakenham Edgeworth, che durante il XIX secolo lavorò per la corona britannica, sulla flora dell’India, Cina, Yemen e Sri Lanka, dando il suo nome a diverse specie botaniche.

    In Cina tutte le parti della pianta sono utilizzate nella medicina tradizionale: la corteccia e le radici sono antiinffiamatorie e analgesiche, mentre i fiori sono utilizzati per curare le malattie degli occhi.
    In Giappone grazie alle caratteristiche della sua corteccia viene utilizzata per la produzione delle banconote e e carta di alta qualità, il "WHASI" quindi spesso chiamata “pianta della carta”.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    FEBBRAIO

    Febbraio

    Cosa ci porti, corto febbraio?
    Si, dietro l'uscio vi è primavera
    con la sua veste dolce e leggiera,
    col suo sorriso limpido e gaio.
    Tu ci porti le mascherine
    coi lieti giorni del carnevale;
    empi di canti le gaie sale,
    e la tua gioia par senza fine.
    C'è chi ti dice, febbraio, amaro
    perchè talvolta di pioggia e neve
    non sei di certo un mese avaro,
    col tuo cappuccio di nubi, greve.
    Ma cosa importa? Fresca e leggiera
    a te dappresso bionda nel sole,
    tutta sorriso, tutta viole,
    ecco che appare la primavera.


    (Zietta Liù)




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    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    scatto Joselito Gobbo, "Fiore di neve".

    E’ scesa la neve
    a visitare la valle.
    Giunge senza rumore.
    Così scendono i sogni.
    Guardiamola scendere.
    Ha dita così dolci,
    così lievi e sottili,
    che sfiorano senza toccare.
    (Gabriela Mistral)

  4. .


    AUGURI GIULIA


    Un altro anno è passato e come al solito noi dell’Isola Felice…

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    amiamo ricordare gli amici nel loro giorno speciale …

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    Oggi Giulia è il tuo giorno speciale … oggi è il tuo COMPLEANNO

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    TANTI TANTI AUGURI GIULIA BUON COMPLEANNO

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    … dopo la torta ovviamente un brindisi è d’obbligo

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    Giulia che sia ogni giorno un giorno speciale, che sia ogni giorno un giorno di felicità e di soddisfazioni;
    questo è l’augurio più grande che ti posso fare …

    (Claudio)

  5. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 005 (01 Febbraio - 07 Febbraio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 1 Febbraio 2016
    S. VERDIANA

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    Settimana n. 05
    Giorni dall'inizio dell'anno: 32/334
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    A Roma il sole sorge alle 07:23 e tramonta alle 17:24 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:45 e tramonta alle 17:28 (ora solare)
    Luna: 0.44 (lev.) 11.36 (tram.)
    Luna: ultimo quarto alle ore 04.29.
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Se di febbraio tuona, l'annata sarà buona.
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    Aforisma del giorno:
    Tra due mali, non sceglierne nessuno; tra due cose buone, scegli tutt'e due.
    (Tryon Edwards)









    RIFLESSIONI



    ... MASCHERA DI CARNEVALE …
    ... La soffitta impolverata; un lucernaio dal quale oltre ad una fioca luce entravano suoni dalle strade. Un baule socchiuso con le cerniere arrugginite come segno indelebile del tempo che passa. Dal lucernaio un raggio di luce carezza il velluto che imbottisce l’interno del baule. Sono la, in quel baule da un anno circa; ogni anno in questo periodo accadono le stesse cose. Dal lucernaio inizia ad entrare più chiassosa la voce della gente in strada, musica, balli e tante risate si sentono entrare da quello spiraglio nella soffitta. In quel baule attendo il mio destino. Una mano mi prende e delicatamente mi pone sul viso; mi adatto ad esso ed esco dalla soffitta. Colori scintillanti nelle strade e coriandoli scendono come fiocchi di neve colorata dal cielo. Su quell volto mi adagio mi adatto, nascondo i lineamenti e respire l’ansimante ritmo del quell festoso periodo dell’anno. In quei giri incontro altre come me, poggiate sui volti delle persone; tra di noi parliamo, ci scambiamo impressioni e soprattutto facciamo la stessa domanda ogni volta:”Che sensazioni hai? Sarà questa la volta in cui la leggenda si realizzerà?”. Viviamo in bauli o ripostigli, in armadi o cassetti e tutte abbiamo la stessa domanda; tutte attendiamo l’avverarsi della leggenda che si tramanda tra di noi. “Arriverà il giorno in cui si avvererà realizzandosi lo scopo della tua esistenza. Arriverà il giorno in cui un mano ti poggerà delicatamente sul volto e come per magia l’allegria contagiosa del periodo e soprattutto la perfetta identità con la persona che ti indossa farà si che ti dissolverai sul quel volto diventando parte stessa di chi ti sta indossando”. Così ogni anno in quel periodo, quando arriva la mano che ti poggia lentamente su un volto, per un attimo che dura un’eternità, noi attendiamo la magia che fa realizzare la leggenda. Dal lucernaio la musica che entra nella soffitta è sempre più forte; attendo l’attimo in cui il coperchi del baule verrà spalancato totalmente e una mano mi prenda delicatamente. Attendo di adagiarmi su un volto sperando che quella sia la volta buona in cui mi dissolverò in allegria e diverrò parte festosa di quella persona per sempre! Un bel destino il mio, attendere di divenire felicità, di essere essenza di allegria, trasformarmi da maschera in volto che sorride … Buon Febbraio amici miei … (Claudio)






    Le maschere di Carnevale
    Arlecchino ti presento
    tutte toppe ma contento.
    e Brighella suo compare,
    cosa pensa di brigare?
    Scaramuccia faccia buffa
    sempre pronto a far baruffa.
    E Tartaglia che non sbaglia,
    quando canta non tartaglia.
    Meneghino che, pian piano,
    va a passeggio per Milano
    e Pierrot vediamo qui
    che è venuto da Paris.
    Vuoi sapere chi è costui?
    Peppe Nappa, proprio lui
    Pulcinella saggio e arguto
    che da Napoli è venuto.
    E Gianduia piemontese
    che di tutti è il più cortese.
    Da Bologna ecco che avanza
    Balanzon dalla gran panza.
    Tutti insieme fan colazione
    e chi paga è Pantalone!
    (Attilio Cassinelli)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Quando la sera nevica ....

    Quando la sera nevica
    e tu cammini a caso,
    senti l'aria che punge
    e ti pizzica il naso,
    e ti arrossa i ginocchi:
    la neve scende a fiocchi
    nel buio della sera.
    Quando la sera nevica
    ogni suono è ovattato
    e il silenzio del mondo
    ti giunge inalterato.
    E sa, senza guardare,
    che deve nevicare
    nel buio della sera:
    (Puck)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Il Drago, la giovane Maria e Re Ogard

    C’era una volta.
    Si, c’era una volta, e non potrebbe essere che così, perché solo una volta potevano esistere i draghi.

    Una volta, tanto tempo fa, si narra che un drago vivesse in una grande vallata . Questa valle era lontano, molto lontano dalle grandi città e dai regni importanti, non era una terra ricca, non c’erano mercanti e grandi dame, vi erano solo montagne e terreni aridi e la gente che ci viveva conduceva una vita di fatica , spesso anche di fame.
    Sul monte che sovrastava la valle ed il villaggio, in una caverna scura e fetente, si era insediato un grosso drago.
    Forse l’ultimo della specie.
    In quei tempi gli uomini avevano combattuto ferocemente per liberarsi dalla stirpe dei draghi. Per anni e anni , in ogni angolo della terra, non c’era un re che non avesse chiamato a raccolta i suoi più valorosi guerrieri, promesso grandi ricompense e preparato grandi spedizioni per liberare le proprie terre dalla presenza delle infide bestie.
    Per anni e anni guerrieri e draghi si erano scontrati in battaglie feroci e impari.
    I draghi, con la loro imponente mole, le loro corazze, gli artigli, la coda, erano decisamente più forti degli uomini. Molti eroi coraggiosi e solitari erano morti smembrati facilmente dalle bestie.
    Ma poi i guerrieri, consci della superiorità dei draghi, si coalizzarono fra loro e fecero ricorso ad arditi stratagemmi per avere ragione sul potente nemico. Circondavano la bestia isolata attaccandola in gruppi numerosi, usando il fuoco ed armi sempre più potenti e così, nonostante le perdite fra i cavalieri, uno alla volta i draghi caddero inesorabilmente.
    Con la morte dei draghi gli uomini potevano dedicarsi alle loro attività senza la paura di essere attaccati e divorati, i mercanti potevano viaggiare con le loro merci, i campi non venivano più saccheggiati e devastati e potevano essere coltivati , così la vita diventava più facile e più felice per tutti.
    Ma in questa vallata lontana e sperduta, di cui voglio raccontarvi, non c’erano guerrieri con corazze e armi, non regnava nessun ricco re o nessuno che potesse chiamarli a raccolta promettendo loro grandi ricchezze per uccidere il drago.
    Il drago, forse proprio l’ultimo sopravissuto della specie, si era stabilito nella caverna di questa sperduta valle proprio per sfuggire alla spietata caccia che gli avevano dato nella ricca terra dove viveva.
    Portava sul corpo alcune vistose ferite ricevute negli spietati combattimenti da cui, alla fine, era uscito vincitore. Ma sapeva bene che i guerrieri sarebbero tornati a combatterlo ancora ed ancora, fino alla sua morte. Era allora fuggito per giorni e giorni ed ora, in questo luogo sperduto, intendeva fermarsi.
    Appena arrivato aveva ucciso quei giovani coraggiosi che lo avevano stupidamente affrontato.
    Uccidendoli con voluta ferocia aveva gettato il terrore fra tutti gli abitanti e fatto subito capire a tutti chi era il più forte! Era sopravissuto a ben altre battaglie, ora sfuggito alla vendetta dei guerrieri , intendeva vivere senza combattere e senza fatica, guarire dalle ferite e godersi la vita. Pensò bene che invece di saccheggiare e procurasi il cibo gli conveniva imporre agli uomini di faticare per lui.
    Mise subito in chiaro le proprie regole: se volevano vivere dovevano portagli provviste alla grotta. Punto.

    Così, per tutti gli abitanti della vallata, la vita, già faticosa, divenne un inferno.
    Dovevano lavorare in continuazione per poter raccogliere abbastanza provviste per saziare il drago. Sempre meno rimaneva per loro e per i loro figli. Puntualmente, ogni mese, una piccola fila di carri risaliva la vallata e si fermava nello spiazzo di fronte la caverna. I pochi uomini che portavano i carri, scelti fra i più coraggiosi, scaricavano le provviste e, cercando di fare più presto possibile, riprendevano la strada del ritorno.

    Venne l’inverno e le provviste diventavano sempre più scarse al punto che molti fra gli abitanti, sfiniti dalla fatica e dalla fame, si ammalavano e iniziavano a morire.
    Così gli anziani si recarono dal capo del villaggio, un contadino come loro, scelto per la sua forza e la sua saggezza.
    “non possiamo più andare avanti, le provviste stanno finendo” disse il primo “in breve inizieremo a morire di fame, non c’è più nulla” aggiunse il secondo “devi fare qualcosa, sei il nostro capo” concluse l’ultimo.

    Il povero uomo, investito da tanta responsabilità, non sapeva più cosa fare ma decise che avrebbe affrontato il drago.
    Salì quindi alla grotta con i carri quasi vuoti delle ultime provviste e, scaricato a terra il carico, rimase ad attendere il drago.
    Questi uscì stiracchiandosi dalla caverna, emanando un terribile fetore. L’odore tremendo colpì il naso del capo villaggio: la bestia era grossa, abituata a vivere al chiuso della grotta e….nessuno aveva mai visto o sentito raccontare di un drago che prendesse un bagno al fiume!
    Stupito della presenza dell’uomo il drago sibilò: “che vuoi, morire adesso?” Facendo ricorso a tutto il suo coraggio, l’uomo parlò: “vengo a nome di tutta la mia gente. Non siamo più in grado di darti cibo a sazietà, i raccolti sono finiti, i granai sono vuoti, moriremo di fame e tu non avrai nulla di cui cibarti!”
    “Stupido uomo! Dimentichi che voi per me siete cibo! Quando non sarete in grado di portarmene abbastanza vuol dire che sarò io a scendere a procurarmelo” e se ne tornò nella caverna.
    Il capo villaggio scese a riferire agli anziani e questi si disperarono, pregandolo di fare qualcosa.
    Così il giorno seguente risalì la valle e chiamò il drago: “drago, dimmi cosa devo fare perché tute ne vada”
    “Pazzo” urlò il drago uscendo inferocito. “Cosa credi che me ne andrò da qui per fare un piacere a te e a quei miserabili dei tuoi amici?”
    Il drago era furioso. Quel piccolo uomo aveva avuto il coraggio di contraddirlo, e questo gli ricordava con rabbia l’ardire con cui era stato attaccato, vinto e cacciato da tanti piccoli uomini. Capì all’improvviso che doveva fare qualcosa prima che il coraggio di questo insolente contagiasse l’intera vallata.
    E in un lampo intuì cosa fare: “pazzo dovrei sbranarti subito! Ascoltami bene piccolo uomo, se non vuoi che scenda al villaggio a nutrirmi dei tuoi amici, domani dovrai portarmi qui tua figlia. Solo così non scenderò a fare strage.
    Ricordalo bene: tua figlia in cambio della vita dell’intero villaggio. Vattene ora!”
    Spezzando così l’orgoglio del capo villaggio avrebbe ristabilito il suo incontrastato dominio.

    L’uomo, disperato, ritornò al villaggio e riferì tutto.
    Ma, come il drago aveva previsto, l’intero villaggio non scelse di combattere e impose al capo di accettare lo scambio. Una sola vita contro tutte le loro! Il povero uomo, che aveva già perso il figlio maggiore, ucciso insieme ad altri giovani dal drago quando lo avevano affrontato per difendere il villaggio, non poté far altro che accettare quanto la sua gente voleva.
    Al mattino, da solo, risalì ancora una volta la valle portando con sé la figlia, una giovane dai lunghi capelli neri, dalla figura slanciata e fiera. Bellissima. Di nome Maria.
    Il drago rumoreggiando, uscì dalla caverna in una nuvola di polvere e puzzo. L’uomo aveva obbedito ai suoi ordini, ancora una volta aveva stabilito chi era il più forte. Si alzò sulle zampe posteriori mostrando tutta la sua imponenza e guardò la giovane che, con fierezza rispose al suo sguardo.
    Restò come impietrito. Il suo cuore d’improvviso si fermò. Sentì un lancinante dolore come se un cavaliere splendente lanciato al galoppo su un furioso cavallo gli avesse conficcato nel cuore la sua lancia del migliore acciaio. Un terribile grido rimbombò per la valle ed il drago, aprendo le storpie ali, scattò verso l’alto e salì veloce verso la cima della montagna scomparendo.
    Sconvolti dall’accaduto, increduli di essere vivi e meravigliati della fuga del drago, padre e figlia scesero veloci a portare la buona notizia.

    Il drago volava e rotolava fra cime e boschi urlando e contorcendosi. Per giorni e notte urlò fra le rupi abbattendo alberi e spezzando rocce con furiosi colpi, finché cadde a terra stremato e senza sensi. Lo sguardo di quella fanciulla gli aveva rotto per sempre il cuore.
    Alle luci del nuovo giorno si rialzò: ora sapeva cosa doveva fare.

    Volò continuamente, senza mai fermarsi, senza mangiare ne bere, fino dove il sole che tramonta si nasconde alla vista degli uomini, fino alla dimora del Potente Mago.
    Davanti alla capanna fatiscente chiamò e chiamò il Mago finché questi, svegliatosi dal sonno, uscì infastidito della visita.
    “Che vuoi da me o bestia infelice? Devi avere un grande sete di magia se osi svegliarmi senza temere la mia vendetta!” disse.
    “O Potente Mago, non posso più vivere così, devi trasformarmi in un uomo!” rispose il drago.
    Il Mago rise. Poi, in silenzio fissò a lungo i suoi occhi sul drago, attraversandolo con lo sguardo. Infine parlò:
    “Il tempo dei draghi è finito, lo sai anche tu, gli uomini vi hanno sterminato. Ma tu, l’ultimo della tua feroce specie, vuoi trasformarti proprio nel tuo nemico! “
    Il drago rispose:” L’odio che riempiva il mio cuore di drago è stato spazzato via da uno sguardo di fanciulla!”
    “Hai ragione :un drago privo d’odio non può vivere. Va bene aiuterò l’ultimo dei draghi a realizzare il suo desiderio. ” ed il Mago rientrò nella capanna dalla quale ne uscì con una pozione fumante che mise fra le zampe del drago. “Attento drago! Se bevi questo filtro diverrai un uomo forte e bello di nome Ogard, ma uomo resterai solo se il tuo cuore non tornerà a riempirsi di odio o di avidità”. Si girò e svanì nella capanna che a sua volta si dissolse come inghiottita dalla nebbia.
    Il drago bevve avidamente e iniziò a rotolarsi a terra fra dolori atroci. Quando finalmente riuscì a rialzarsi non era più un drago. Corse al fiume e si specchiò nell’acqua: era un uomo. Giovane, bello e forte, come il Mago aveva detto. Ora era Ogard!
    A terra vi erano armi ed una borsa piena d’oro. Si vestì della corazza, si cinse con la spada si caricò l’oro ed iniziò a camminare per ritrovare la valle e la fanciulla.
    Come uomo non poteva volare e si incamminò sulla via del ritorno. Un fiume sbarrava l’unica strada ed un ponte sospeso lo attraversava. Mentre iniziava ad attraversare il fiume si rese conto di non sapere dove si trovava e di come ritrovare la via. In quel momento sentì una voce di bimbo urlare e chiedere aiuto.
    Un bimbo veniva trascinato dalla corrente sotto il ponte, pareva essere sul punto di annegare. Ogard esitò un istante, poi d’istinto si tolse l’armatura che cadde dal ponte scomparendo nel fiume, lasciò cadere anche la borsa d’oro che sparì a sua volta e si gettò nel fiume. Con poche bracciate raggiunse il bimbo e lo trascinò a riva.
    Portato in salvo sulla riva il bambino si alzò e parlò, ma la voce non era quella di un fanciullo bensì quella aspra e dura del Mago: “ Hai superato la mia prova Ogard, ora hai il cuore di un uomo puro . Puoi tornare da colei che ti sta aspettando, ma ricordati, se il tuo cuore tornerà ad essere cuore di drago, tu drago tornerai e da drago morirai” E sparì di nuovo lasciando questa volta solo una borsa piena di semi.
    Ogard la raccolse, alzò gli occhi e davanti a se vide la valle ed il villaggio dove viveva Maria.

    Lo straniero si fece largo fra la gente del villaggio accorsa all'arrivo di questo giovane sconosciuto e si presentò al capo villaggio. Con questi parlò a lungo dei suoi progetti per dare nuova vita alla valle.
    Il capo, stupito dall'audacia del giovane straniero, riunì gli anziani per valutare quanto questi aveva da dire ed Ogard riuscì a conquistare la loro fiducia.
    Gli abitanti si misero al lavoro per preparare i campi, seguendo le indicazioni dello straniero scavarono canali in grado di portare l’acqua dal fiume per irrigare e rendere fertile la terra.
    Ogard distribuì i semi avuti dal mago, che una volta piantati germogliarono rapidamente dando vita al più rigoglioso raccolto che mai avessero visto. La vita nella valle iniziò a cambiare, c’era ora cibo per tutti. Il villaggio in pochi anni divenne più grande e prosperoso.
    Così, quando il capo si senti troppo vecchio e stanco e rinunciò al suo ruolo, la gente volle Ogard alla guida. La valle non era più un luogo squallido e desolato, era diventato un vero regno e Ogard era il suo re.

    E Maria? Maria , quando lo straniero giunse al villaggio ed incrociò il suo sguardo, riconobbe quegli occhi che aveva già visto per la prima volta sulla montagna. Capì che era tornato per lei. Il terribile drago era diventato per amor suo un giovane uomo dai modi gentili. Ed era lì per lei.
    Così il Re Ogard ebbe presto al suo fianco la sua regina.
    Passarono gli anni. Sotto la sapiente e saggia guida di Ogard, il villaggio era diventato una città, i campi coltivati si erano estesi sempre più lontano, la popolazione era cresciuta, erano arrivati mercanti ed artigiani. La vita della gente era molto diversa da quando il drago era scomparso e da quando era arrivato lo straniero! La città era ricca ed estesa, aveva perfino un castello sul cui portone Ogard aveva fatto montare un’insegna che raffigurava un drago sulla vetta della montagna.
    Nel castello il re e la regina vivevano felici, attorniati dai figli e amati dalla loro gente.

    Ma la felicità ed il benessere del regno generarono invidia nel vicino dominio del Principe Nero.
    Questi non si fece una ragione del progresso dei vicini e si preparò a far loro la guerra per impadronirsi delle loro terre.
    Re Ogard invano inviò i suoi messaggeri per dissuadere il Principe. Questi aveva preparato un forte esercito e, sapendo di poter contare su molti più guerrieri, era convinto di poter conquistare facilmente il regno vicino divenendo così più ricco e potente.
    Il regno di Ogard infatti, più che di guerrieri e soldati, era popolato di contadini e artigiani, aveva maestri e farmacisti ma scarseggiava di arcieri e catapulte.
    Presto le armate del Principe attaccarono il regno. Facendo strage dei contadini che difendevano la terra con i forconi di legno che poco potevano contro le corazze e le armi d’acciaio, i guerrieri del Principe avanzarono devastando i campi, incendiando le case e diedero l’assalto al castello. Il Re Ogard, accolto i sopravissuti, fece chiudere le porte.
    Iniziò un terribile assedio, sotto l’attacco delle catapulte e armi varie. Per giorni e notti i soldati e gli uomini del regno difesero il castello respingendo gli assalti delle armate del Principe. Ma la terza notte il portone cedette sotto i colpi di ariete e i neri guerrieri entrarono nel castello dando inizio al saccheggio.
    Attorno a Ogard, accorso ad affrontare i nemici, caddero gli ultimi soldati mentre, protetto da numerosi guerrieri, il Principe Nero avanzava sghignazzando, assaporando la vittoria ormai vicina. Il pensiero della sua sposa , della sua gente e del regno che cadevano nelle feroci mani del Principe Nero , penetrò come una lama il cuore di Ogard! Ma, come aveva predetto il Mago, in quel momento il suo cuore, invaso dall’odio, tornò ad essere cuore di drago!

    Colpito da una terribile fitta Ogard si rotolò a terra urlando ma subito si rialzò sulle zampe posteriori sbuffando dalle narici un acre fumo che si sparse come una fitta nebbia tra gli assalitori.
    La battaglia, che sembrava ormai finita con la morte delle ultime guardie, riprese con furia e ferocia. I guerrieri neri si battevano scagliando frecce e lance ma inevitabilmente cadevano sotto i colpi degli artigli e della coda del drago . Colpito più volte e stremato dai colpi ricevuti, il drago si trovò alla fine davanti al Principe Nero, rimasto solo a combattere fra i cadaveri dei suoi soldati.
    Il Principe non poteva accettare la sconfitta e si batté duramente da quel forte guerriero che era. Con agilità e coraggio riuscì a evitare gli artigli del drago e con la sua spada gli trafisse il cuore. Il Drago sentì fuggire la vita ma l’odio che gli riempiva il cuore gli dava la forza di continuare la lotta e, con un ultimo possente colpo di coda, spezzò la corazza e la schiena del principe.

    Con la morte del drago la nebbia si dissolse mostrando un terribile spettacolo di guerrieri straziati e di un gigantesco drago con il cuore trafitto. La gente accorse, spaventata da tanta violenza ma felice per la fine del terribile esercito invasore.
    Avanzò la Regina che si gettò piangendo al collo del Drago che, bagnato dalle sue lacrime divenne pietra.

    Il figlio maggiore prese il posto di Ogard e governò a lungo cercando di essere degno della saggezza del padre. Si ricostruirono le case e si riprese a coltivare i campi, la valle ritornò ad essere fertile e generosa e gli abitanti tornarono a vivere sereni nella grande valle ai piedi del castello custodito dal drago di pietra.

    (Renzo)



    ATTUALITA’


    Cindy Crawford 50 anni il 20 febbraio, 'mi ritiro'.

    La top model Cindy Crawford, che il prossimo 20 febbraio compie 50 anni, ha annunciato in un'intervista alla rivista Rhapsody - che le dedica la copertina - l'intenzione di lasciare definitivamente il mondo della moda dal giorno del suo compleanno. E' stata una delle più ambite modelle al mondo per tutti gli anni Novanta, ed ha sfilato per i più grandi già a partire dai 17 anni, posando davanti all'obiettivo dei fotografi più celebri, grazie alla sua straordinaria bellezza. Ora non poserà mai più nè dietro alla macchina fotografica, nè indosserà gli abiti di qualche stilista sulla passerella. ""Sono certa che nei prossimi anni mi farò ancora scattare foto, ma non come modella. Cosa altro posso fare? Non posso continuare a reinventare me stessa ogni giorno.
    Non ho altro da dimostrare e non ce ne è nemmeno motivo", ha detto Crawford alla rivista americana annunciando il ritiro definitivo dal giorno del cinquantesimo compleanno.
    (Ansa)





    La meteo-marmotta Phil non vede l'ombra, primavera alle porte.

    Tradizione Pennsylvania da 1887,resa celebre da film Bill Murray. Sembra che la primavera sia dietro l'angolo o almeno che manchi davvero poco. Secondo la previsione della marmotta Phil, che ha detto di 'non aver visto la sua ombra', la primavera si avvicina. Come ogni due febbraio, la marmotta meteorologa più famosa degli Stati Uniti è uscita dalla tana in cui riposava e ha offerto la sua 'personale' previsione.

    Il due febbraio negli Stati Uniti è infatti il 'Giorno della Marmotta' (Groundhog day), e a Punxsutawney, una cittadina in Pennsylvania, la tradizione si ripete dal 1887 dove, narra la leggenda, che la marmotta Phil, una volta uscita dal tronco cavo riposa (chiamato 'Gobbler's knob), sia in grado di predire l'arrivo di una primavera precoce semplicemente guardando al di la' del suo naso: se vede la sua ombra sarà ancora inverno lungo (almeno sei settimane), se non la vede la primavera è alle porte, come è successo oggi.

    E, da allora Phil ha previsto inverni più lunghi per 102 volte mentre la previsione dell'arrivo anticipato della primavera appena 17 volte. Svegliata alle prime luci del giorno, dopo aver lasciato il riparo invernale e essersi stropicciata gli occhi, anche per il 2016 Phil ha emesso il suo verdetto 'climatico', dicendo di 'non aver visto la sua ombra'. Il che tradotto significa che ci sarà una primavera precoce, almeno negli Stati Uniti, che nei giorni scorsi sono stati 'spazzati' dalla tempesta di neve 'Jonas'. Il giorno della marmotta trova parte delle proprie origini anche nella festa della Candelora che per i cattolici si celebra proprio il due febbraio e che prevede la benedizione delle candele.

    Legati al due febbraio, giorno che segna secondo alcune credenze il passaggio dall'inverno alla primavera (si trova a metà tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera), ci sono anche riti e simbolismi più o meno religiosi. La tradizione di seguire la marmotta che per tutti si chiama 'Punxsutawney Phil' e' stata resa celebre in tutto il mondo dal film 'Ricomincio da capo' ('Groundhog Day') del 1993, in cui il personaggio interpretato da Bill Murray (un giornalista televisivo che guardacaso si chiama Phil e si trovava li' per raccontare le imprese dell'animale meteorologo) rivive sempre lo stesso giorno; un due febbraio ripetuto all'infinito che ha come 'refrain' quotidiano, oltre a ripercorrere la stessa giornata, anche la sveglia puntata sulle 6,00 di mattina che suona regolare all'annuncio della radio: 'In piedi campeggiatori, camperisti e campanari'. ‬
    (Ansa)





    I dieci Carnevali più insoliti del mondo.

    Antiche tradizioni, sfide storiche e battaglie in maschera per esorcizzare le paure. Arance, spade e rose al posto dei coriandoli diventano armi di battaglie teatrali che allontanano il buio e sconfiggono il male. Eserciti di soldati in abiti napoleonici e di uomini travestiti da animali o in costume di Pierrot, uno identico all’altro, contrastano enormi pupazzi e figure ancestrali che rappresentano il diavolo. Sono numerose le feste di Carnevale, soprattutto nel vecchio continente, che si allontanano dai più convenzionali cortei in maschera o dalle divertenti e colorate sfilate di carri allegorici e si avvicinano alle tradizioni più arcaiche e popolari di ogni singolo Paese. Ecco un tour tra le dieci feste carnevalesche più strane e insolite, alcune famosissime e altre ancora da scoprire.

    Québec
    Giochi, sport e spettacoli folcloristici sotto la neve sono i protagonisti del Carnevale di Québec, in Canada, che fino al 13 febbraio ospita concerti, balli in maschera e feste per grandi e bambini in un paesaggio tipicamente invernale. Nato nel 1894 per celebrare l’arrivo della primavera e allontanare le rigide temperature dell’inverno, anche quest’anno il Carnaval de Québec accoglie nel gigantesco palazzo del ghiaccio numerose sculture di neve, realizzate da artisti canadesi e internazionali, presentate dalla celebre mascotte Bonhomme, un pupazzo di neve che indossa un cappello rosso e una sciarpa colorata. Scenografica è la parata notturna dei carri allegorici che si svolge il 6 febbraio nel quartiere di Charlesbourg ma gli eventi più amati sono i tornei sportivi, in particolare le gare di hockey, la corsa in canoa sul fiume ghiacciato san Lorenzo e la suggestiva corsa con le slitte trainate dai cani. Infine, c’è attesa anche per il 13 febbraio quando decine di partecipanti in costume da bagno si tufferanno nell’acqua ghiacciata.

    Ivrea
    Il momento clou dello storico Carnevale di Ivrea, riconosciuto come “manifestazione italiana di rilevanza internazionale”, è la suggestiva e spettacolare battaglia delle arance: frutti grossi e succosi vengono lanciati dagli aranceri sui carri ai cittadini a terra, le squadre a piedi, che rispondono con le stesse armi. Per evitare di essere bersagliati dal lancio dei frutti è bene indossare un berretto rosso per tutte e tre i giorni della storica battaglia che rappresenta, sotto forma di allegoria, la rivolta dei cittadini a un barone tiranno e la conquista della libertà con le sole armi a loro disponibili. Simbolo della vittoria è il corteo della Mugnaia, dai cui carri si lanciano dolci e regali alla popolazione. Durante la manifestazione carnevalesca, che segue un programma rigoroso e complesso, si svolgono ogni giorno numerosi appuntamenti, parate in costume, mostre, spettacoli teatrali, concerti, fiaccolate, degustazioni e mercatini. Il Carnevale della città piemontese termina il 10 febbraio con spettacolari giochi pirotecnici e la premiazione delle squadre degli aranceri e dei carri vincitori.

    Colonia
    Tagli di cravatta e lanci di rose dai carri sono i gesti che contraddistinguono il Carnevale della grande città sul Reno, più simile a una parata storica che a una festa in maschera. Quest’anno il Carnevale di Colonia, che risale al Medioevo, inizia il 4 febbraio con l’immancabile festa delle donne che al grido di Kölle Alaaf! tagliano le cravatte ai malcapitati uomini, chiedendo loro un bacio sulla guancia. La Weiberfastnacht dà l’avvio al periodo carnevalesco chiamato “Quinta stagione dell’anno”, che terminerà il 10 febbraio, mercoledì delle ceneri, con l’immancabile e benaugurante banchetto a base di pesce. Sempre il giorno d’apertura vengono nominati i protagonisti del Carnevale: il “Principe”, il “Fante” e la “Vergine” che ricevono le chiavi della città e aprono ufficialmente i festeggiamenti. Da allora, di giorno e di notte, è un susseguirsi di cortei e sfilate in costume per le strade e nei locali; tra gli appuntamenti più attesi c’è il raduno di sabato in piazza Neumarkt, dove tra balli, maschere e gustose pinte di birra si assiste alla sfilata storica degli uomini vestiti con le giubbe rosse, che ricordano i soldati di Colonia. Il momento clou del Carnevale, tuttavia, è il “lunedì delle rose”, Rosenmontag, quando un corteo di migliaia di persone attraversa la città su carri allegorici da cui lanciano rose e dolci alla gente assiepata dietro le transenne. Il martedì grasso, penultimo giorno di Carnevale, si assiste al rogo del Nubbel, uno spaventapasseri di paglia che rappresenta l’inverno, tenuto appeso in diverse birrerie della città e solo alla fine esposto in piazza per essere bruciato.

    Mundaka
    Nel villaggio basco di Mundaka, famoso come ritrovo di surfisti, si svolge un antico Carnevale, Arauste, che vede come protagoniste le donne del borgo travestite da streghe con una parrucca bionda. La festa si apre domenica, 7 febbraio, con il corteo degli uomini, gli atorrak, vestiti di bianco e con una federa in testa, che percorrono le strade di Mundaka accompagnati da musica e canti. Poi è il turno delle donne, completamente vestite di nero, che rappresentano la lamia, antica figura mitologica basca metà umana e metà animale, i cui arti inferiori sono quelli di una capra o di un’anatra se proviene dalle regioni interne o di una sirena se arriva dalla costa. La festa è stravagante e misteriosa, proprio come le radici e le tradizioni di questa regione della Spagna settentrionale.

    Binche
    Un esercito di colorati Pierrot, agghindati con un enorme collare di pizzo, zoccoli ai piedi e una maschera di cera bianca che copre il volto, sfilerà dal 7 al 9 febbraio per le vie di Binche, cittadina vallone a 60 chilometri da Bruxelles. Sono i Gilles, antiche maschere carnevalesche che danno vita a una festa dall’organizzazione rigorosa: il martedì grasso percorrono la città con una banda, preceduti dal ritmico rullio dei tamburi e dei pesanti zoccoli che colpiscono il selciato, mentre la domenica precedente i protagonisti sono i cittadini, vestiti di stracci e con i volti nascosti sotto inquietanti maschere che rappresentano il diavolo, con le quali esorcizzano l’inverno. Lunedì un corteo di Pierrot, Arlecchini, clowns e zingari scende per le strade, ballando e facendo festa, mentre i fuochi d’artificio annunciano l’arrivo del martedì, il giorno della grande sfilata conclusiva dei Gilles.

    Mamoiada
    Per Carnevale la cittadina di Mamoiada nel cuore della Barbagia, in Sardegna, mette in scena un’antica festa, suggestiva e ricca di simboli, che racchiude i misteri della civiltà agropastorale d’età nuragica, dove drammatici riti pagani si uniscono all’allegorico rapporto tra animali e uomini, tra sconfitti e vittoriosi. La festa consiste nella processione e nell’incontro teatrale tra gli Issohadores, personaggi vestiti in modo colorato e brioso con giubbe rosse di foggia femminile, pantaloni bianchi e bottoni in oro, e i Mamuthones, uomini coperti da pelli di pecora, da 40 campanacci di varie dimensioni tenute insieme come collane e con bellissime maschere di legno, assicurate al viso con cinghie in cuoio. Entrambe le fazioni sfilano per le vie del borgo la domenica: i Mamuthones, che rappresentano la sconfitta e la prigionia, si dispongono su due file parallele di dodici (come i mesi dell’anno), sei per fila; gli Issohadores, i vittoriosi, invece, si sistemano accanto alle file degli antagonisti e sfilano con loro, inscenando l’eterna lotta tra il bene e il male.

    Gozo
    Gli ingredienti sono gli stessi di un classico Carnevale: la tradizionale sfilata di carri allegorici e delle maschere provocatorie, divertenti e colorate. Eppure il Carnevale di Nadur, villaggio di Gozo, piccola isola dell’arcipelago maltese, ha un differenza sostanziale: qui i protagonisti in maschera sfilano in silenzio, quasi a voler rafforzare il proprio travestimento e il proprio anonimato; da qui il soprannome di Carnevale silenzioso. E’ una festa spontanea, senza regole né organizzazione: tutti scendono in piazza con una maschera irriverente e pungente o con un cappuccio per non essere riconosciuti. I costumi sono stravaganti e satirici, divertenti e alcuni storici; i carri sono per lo più rottamati dalle aziende locali, eppure arricchiti da un lungo lavoro creativo. Il Carnevale di Nadur quest’anno si svolge dal 5 al 9 febbraio.

    Allein
    In Val d’Aosta, nel comune di Allein o Coumba Freida, si svolge una festa di Carnevale misteriosa e ricca di storia, dove la tradizione unisce la nascita del Carnevale al passaggio di Napoleone attraverso il Colle del Gran San Bernardo durante la campagna d’Italia.
    Le landzettes, le originali maschere dei protagonisti, sono infatti costumi colorati che ricordano le uniformi dell’esercito napoleonico: gli abiti sono confezionati con paillette e specchietti che riflettono la luce e allontanano gli spiriti maligni, così come il colore rosso delle uniformi simboleggia la forza ed esorcizza le avversità. Le landzettes hanno il volto coperto da una maschera di legno, in mano tengono una coda di cavallo e un campanello per scacciare gli spiriti avversi; accompagna la sfilata principale un orso che rappresenta l’avvicinarsi della primavera. Durante il corteo le maschere entrano nelle case, ballano per strada e mangiano ciò che viene loro offerto nelle piazze del borgo.

    Solothurn
    In Svizzera, dal 3 al 10 febbraio, nella città barocca di Solothurn si svolge un’insolita festa di Carnevale, che i cittadini chiamano “hawaiano”. Per un’intera settimana Solothurn, seguendo il principio carnevalesco del sovvertimento e della ribellione alle regole, cambia il suo nome in Honolulu, il sindaco viene destituito e la strada del Municipio diventa “via dell’Asino”. Tutto è stravolto e ogni cosa è il suo esatto contrario; pare, infatti, che la cittadina svizzera si trovi esattamente agli antipodi delle Hawaii o almeno ne sono convinti dal 1853 i suoi abitanti, che da allora fino al mercoledì delle ceneri stravolgono i nomi. Il Carnevale comincia all’alba del giovedì grasso, 4 febbraio, con il Chesslete, il chiassoso corteo armato di fiaccole e di strumenti assordanti, che attraversa la città vecchia svegliando chi dorme e si conclude la sera del mercoledì delle ceneri, il 10 febbraio, con l’incendio del pupazzo di paglia Böög che rappresenta l’inverno.

    Strání
    Nel sudest della Repubblica Ceca c’è un modo assai originale di festeggiare il Carnevale: a Strání, città ceca della Moravia, all’apice dei festeggiamenti si celebra la lotta all’inverno e al male con la folcloristica danza delle spade. Durante questa tradizionale danza, che si svolge nei boschi di Strání, i protagonisti ballano con sciabole di legno borchiate e dotate di cerchi metallici. La danza termina con un grande banchetto dove si cucinano piatti tradizionali a base di maiale.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Joy




    locandina


    Un film di David O. Russell. Con Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Bradley Cooper, Edgar Ramirez, Diane Ladd


    La fiaba di una Cenerentola moderna sorretta dalla straordinaria versatilità di Jennifer Lawrence, protagonista assoluta.
    Marianna Cappi


    Joy è una Cenerentola moderna: sogna un principe, ha una sorellastra che non perde occasione per denigrarla, e passa gran parte della giornata con le ginocchia a terra, a passare lo straccio sul pavimento. Sarà proprio il brevetto di un mocio a portarla dalle stalle alle stelle, ma la strada sarà tutta in salita, costellata di tradimenti, delusioni e umiliazioni, un po' come nelle soap opera che la madre, malata immaginaria, guarda giorno e notte, confondendo il sonno di Joy e annullando il confine tra fantasia e realtà.
    La prima parte dell'ottavo film di David O. Russell intriga e cattura, pur mostrando apertamente i caratteri stilistici e narrativi che ne pregiudicheranno il proseguimento: su tutti la confezione fiabesca in voice over del racconto fatto dalla nonna. La confusione che regna nella famiglia, nella casa e nella mente della protagonista è un caos buono: anticamera possibile di un incubo quasi lynchiano (Isabella Rossellini ci sta d'incanto), quadretto grottesco dai costumi fuori luogo e dal trucco indelebile (alla Falcon Crest, appunto) e prologo audace nel quale la lettura del letargo della cicala si abbatte sul personaggio interpretato da Jennifer Lawrence con la forza di un'epifania traumatica, risvegliandola dal coma del desiderio e dell'azione.
    Sfortunatamente, non si esce mai dalla Soap, e anzi: con l'avanzare del film e della trasformazione del personaggio, il regista si addentra consapevolmente in un territorio, quello del linguaggio televisivo, che rischia di trascinarlo con sé e reagisce oppone il cinema solo a parole, con l'infelice sequenza in cui il giovane producer Neal spiega a Joy il mondo delle televendite citando Selznick (David O.) e altri grandi produttori e tycoon che hanno fatto la storia del cinema americano. Quando, nella sequenza texana filtrata attraverso la lente del moderno western, dopo il dialogo ridicolo tra Joy e l'uomo col cappello che credeva di poterla fregare, il regista interrompe il piano americano della pistolera solitaria per non svelare i fianchi abbondanti della star, capiamo che non c'è verità possibile nel registro scelto per Joy, ed è allora che scende a pacificarci con noi stessi una bianca spruzzata di neve finta.
    Quattro montatori accreditati non sono evidentemente bastati per far convivere in maniera fluente e credibile la fiaba della ragazza che non ha mai smesso di sognare, l'autentica scalata imprenditoriale di Joy Mangano, la donna che ha creato un impero dal nulla, e l'immaginario cinematografico a metà tra melodramma e working class movie. Come nella finzione, tocca che la Lawrence faccia da tutto da sola e non le difettano certo capacità e versatilità, ma l'occasione è sostanzialmente mancata.


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    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    NOMINATIONS AGLI OSCAR


    "La salvezza è a soli 225 milioni di chilometri di distanza."


    Sopravvissuto - The Martian


    Titolo originale The Martian
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Stati Uniti d'America
    Anno 2015
    Durata 141 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 2,35 : 1
    Genere fantascienza, commedia drammatica
    Regia Ridley Scott
    Soggetto L'uomo di Marte di Andy Weir
    Sceneggiatura Drew Goddard
    Produttore Simon Kinberg, Ridley Scott, Aditya Sood, Michael Schaefer, Mark Huffam
    Produttore esecutivo Drew Goddard
    Casa di produzione Scott Free Productions, Kinberg Genre, TSG Entertainment
    Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
    Fotografia Dariusz Wolski
    Montaggio Pietro Scalia
    Effetti speciali Chris Lawrence, Anders Langlands, Richard Stammers, Steven Warner
    Musiche Harry Gregson-Williams
    Scenografia Arthur Max
    Costumi Janty Yates



    Interpreti e personaggi

    Matt Damon: Mark Watney
    Jessica Chastain: Melissa Lewis
    Kristen Wiig: Annie Montrose
    Jeff Daniels: Teddy Sanders
    Michael Peña: Rick Martinez
    Kate Mara: Beth Johanssen
    Sean Bean: Mitch Henderson
    Sebastian Stan: Chris Beck
    Donald Glover: Rich Purnell
    Chiwetel Ejiofor: Vincent Kapoor

    Premi

    2016 - Golden Globes
    Miglior film commedia o musicale
    Miglior attore in un film commedia o musicale a Matt Damon
    2015 - National Board of Review Awards
    Migliori dieci film
    Miglior regista a Ridley Scott
    Miglior attore a Matt Damon
    Migliore sceneggiatura non originale a Drew Goddard



    TRAMA



    Durante una missione su Marte, l'astronauta Mark Watney viene considerato morto dopo una forte tempesta e per questo abbando-
    nato dal suo equi-
    paggio. Ma Watney è sopravvissuto e ora si ritrova solo sul pianeta ostile. Con scarse provviste, Watney deve attingere al suo ingegno, alla sua arguzia e al suo spirito di sopravvivenza per trovare un modo per segnalare alla Terra che è vivo. A milioni di chilometri di distanza, la NASA e un team di scienziati internazionali lavorano instancabilmente per cercare di portare "il marziano" a casa, mentre i suoi compagni cercano di tracciare un'audace, se non impossibile, missione di salvataggio.


    ...recensione...



    Una trama avvincente , bellissime immagini nelle quali si vede la collabo-
    razione della Nasa, una magistrale interpre-
    tazione di Matt Damon che interpreta il ruolo di Mark Watney, un astronauta dell'astronave Ares III, specializzato in botanica che con le sue conoscenze, ma più che altro con il suo spirito intraprendente, riesce a coltivare patate nel suolo marziano integrando le scorte alimentari quel tanto che gli permetteranno di sopravvivere fino al giorno dell'arrivo di una missione di soccorso per recuperarlo. Molto convincente anche l'attrice Jessica Chastain che interpreta il difficile ruolo di Melissa Lewis , comandante di Ares III la quale spesso ha la suprema responsabilità di scelte operative drammatiche. E' chiaramente iniziata la corsa statunitense a Marte , questo si vede molto bene nella sceneggiatura del film, dove il ruolo del capo supremo della Nasa, magistralmente interpretato da Jeff Daniels, è il segnale preciso dell'impegno preso dal governo americano per riuscire ad arrivare per primi su Marte.
    [..] Comunque questo film, al di là della sua bella realizzazione, ha il merito principale di avvicinare le persone a questo obbiettivo spaziale, creando i presupposti per un cambio totale di mentalità che faccia tornare l'uomo a sentirsi a casa in ogni angolo di universo, perchè 'dentro di noi polvere di stelle'.Lawrence Maxwell Krauss (1954 – vivente), fisico, astronomo e saggista statunitense dice :'La cosa sorprendente è che ogni atomo nel tuo corpo viene da una stella che è esplosa. E gli atomi nella tua mano sinistra vengono probabilmente da una stella differente da quella corrispondente alla tua mano destra. È la cosa più poetica che conosco della fisica:Tu sei polvere di stelle'.
    ( Mauro Guidi, www.lettera43.it/)

    (Gabry)





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    La musica del cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    Paolo Conte


    Paolo Conte nasce ad Asti. Fin da ragazzo comincia a coltivare quelle che ancora oggi rimangono le sue passioni: il jazz americano e le arti figurative. Si dedica come amatore al jazz, suonando il vibrafono in complessi della sua città.

    Inizia a scrivere canzoni sulla scia di suggestioni assorbite dalla vita, dal cinema e dalla letteratura.

    Intorno alla metà degli anni Sessanta irrompono nelle classifiche musicali canzoni ‘diverse’ ed ‘originali’ firmate Paolo Conte: “La coppia più bella del mondo” e “Azzurro” (Adriano Celentano), “Insieme a te non ci sto più” (Caterina Caselli), “Tripoli ‘69” (Patty Pravo), “Messico e Nuvole” (Enzo Jannacci), “Genova per noi” e “Onda su onda” (Bruno Lauzi) e molte altre.

    Nel 1974 esce un album, intitolato Paolo Conte, in cui una voce casuale e come distratta tratteggia piccole storie private o quasi; e già l’anno dopo ecco un altro album con lo stesso titolo e nella stessa vena. Questi lavori segnano il debutto da protagonista del compositore astigiano.

    Il 1979 è l’anno in cui il pubblico inizia a scoprire Conte e ad affollare i suoi concerti grazie a ‘Un gelato al limon’. Due anni dopo, nel 1981, l’album successivo, Paris Milonga, viene presentato, onore inedito, nel corso di un’apposita giornata “contiana” organizzata dal Club Tenco a Sanremo.
    1982: esce Appunti di viaggio che rappresenterà un grande serbatoio per il repertorio concertistico del Maestro. Ormai il cantautore di Asti è un protagonista.

    Nel 1984, il suo primo album per la storica etichetta CGD, che si intitola ancora una volta semplicemente Paolo Conte suscita grande interesse dei media e recensioni entusiastiche.

    L’artista conquista la Francia, suonando al Théâtre de la Ville di Parigi nel corso di una tournée che, aperta all’estero, si conclude in Italia tra i “tutto esaurito” e viene documentata da un doppio album, Concerti (1985) registrato dal vivo.

    Il 1987 porta finalmente un album di nuove canzoni: Aguaplano. È un doppio album i cui ventuno brani fanno scoprire nuove sfaccettature della creatività contiana. Inizia così una serie di lunghe tournée all’estero: due tournée in Canada, cinque in Francia (per tre settimane all’Olympia di Parigi), due tour in Olanda (dove ottiene il disco d’oro e il disco di platino), due tournée in Germania, oltre a Belgio, Austria, Grecia, Spagna, nonché due spettacoli al mitico Blue Note di New York, tempio storico del jazz.

    Al rientro dalla tournée di “Aguaplano” l’Avvocato di Asti decide di regalarsi un po’ di riposo: a riempire la pausa produttiva esce nel 1988 una nuova registrazione dal vivo, Paolo Conte live, registrato allo “Spectrum” di Montreal e un video Nel cuore di Amsterdam registrato al Theatre Carre’.
    Altri due anni di pausa e il novembre del 1990 ci offre un Paolo Conte nuovo: il nuovo album, Parole d’amore scritte a macchina, è interamente composto di brani inediti, che rivelano inattesi squarci musicali ed episodi decisamente atipici rispetto al corpus del repertorio dell’autore. Un album dunque, importante e significativo, che nel catalogo dell’artista occupa un posto assolutamente singolare.

    Il ritratto di Paolo Conte in copertina porta la firma di Hugo Pratt, di cui fu amico. Nel 1982 Conte scrive le musiche per lo spettacolo teatrale Corto Maltese. Sempre nel 1982 Hugo Pratt illustra 20 canzoni di Paolo Conte per un libro a lui dedicato dall’editore Lato Side.

    Il 30 settembre 1991 Paolo Conte vince il premio Librex-Guggenheim 1991 “Eugenio Montale per la poesia” – sezione “versi per musica”.

    Il disco successivo, Novecento, pubblicato nell’ottobre 1992, è un felice ritorno nel guscio del Conte più classico, una sistemazione geniale e gioiosa dei frammenti che da sempre compongono la sua musica alla luce di una nuova maturità. Non ci sono più i cori e le curiosità elettroniche che avevano caratterizzato le “Parole d’amore”, ma una splendida orchestra trapuntata di ricordi jazz e musical a cui l’artista fornisce la sua abituale materia sonora: ritmi eleganti, sinuosi e anche ubriachi, spinti fino al jazz hot e al tango da postribolo, dolcissime memorie tra verità e sogno, una poesia lussureggiante di colori, immagini, fantasie.

    Dopo il doppio album “Concerti” (1985) e il successivo “Paolo Conte live” (1988), nonché i due videotapes “Nel cuore di Amsterdam” (1989) e “Live in Montreux” (1991), esce l’album intitolato Tournée, che documenta spettacoli registrati dal vivo nel 1991, 1992 e 1993.

    Nel 1993 esce il volume “Le parole di Paolo Conte” edito da Allemandi, che raccoglie i versi delle sue canzoni.

    Il nuovo album di inediti arriva nell’autunno 1995. Paolo Conte lo ha studiato, preparato, coltivato con amore e cure infinite, lavorando con un team di base composto dal contrabbassista Jino Touche, dal batterista Daniele Di Gregorio e dal fisarmonicista e polistrumentista Massimo Pitzianti. Il disco si intitola Una faccia in prestito.

    Nel 1996 esce in Europa l’album The best of Paolo Conte: i venti brani che lo compongono rappresentano la prima vera antologia della carriera di Conte: canzoni che trovano tutte posto nella storia della canzone italiana: da “Azzurro”, “Bartali” e “Genova per noi” a “Boogie” e “Via con me”, tutte eseguite nel famoso stile contiano. Oltre ai pezzi più conosciuti, sono presenti i brani preferiti dall’autore: da “Colleghi trascurati”, a “Max” e “Gong oh”. Nel 1998 il best viene pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti dalla prestigiosa etichetta americana Nonesuch (Ry Cooder, Joni Mitchell, Wilco, Philip Glass, Bill Frisell, etc.) e votato ‘disco dell’anno’ per l’autorevole rivista Rolling Stone. Ne segue un tour di successo nelle principali citta’ degli Sati Uniti (New York, Boston, Los Angeles, San Francisco ecc.).

    Nel 1998 esce un nuovo doppio album live, Tournée 2, una sorta di seguito di “Tournée”, in risposta alle richieste continue ed entusiastiche del pubblico. Nessuna delle canzoni presenti in questo album doppio era mai stata pubblicata prima di allora in versione live, una parte di queste appare per la prima volta incisa su un disco: la strumentale “Swing”; “Legendary” e “Irresistible” (interpretata da Ginger Brew); “Nottegiorno” e “Roba di Amilcare”, omaggio all’amico e patron del Club Tenco di Sanremo Amilcare Rambaldi poco prima scomparso.

    Il 24 marzo 1999 Paolo Conte riceve l’onorificenza italiana di Cavaliere di Gran Croce.

    Nel 2000 si realizza un progetto che Paolo Conte sognava da vent’anni: Razmataz. Si tratta di un’opera multimediale legata ad un musical che porta lo stesso nome, ambientato nella Parigi degli anni Venti. La storia, che nello specifico narra l’incontro tra la vecchia Europa e la nuova musica nera, è stata illustrata attraverso 1800 disegni eseguiti da Conte e trasformata in un’opera video su dvd, accompagnata da musica e dialoghi.

    Il 15 maggio 2001 Paolo Conte riceve un’altra onorificenza, questa volta in Francia (”Chevalier dans l’ordre des arts et lettres”), mentre il 9 aprile 2003 riceve la laurea honoris causa dall’Università degli studi di Macerata in Lettere Moderne (con la seguente motivazione: “per aver tradotto in un linguaggio del tutto originale, ricco di significative trame testuali e poetiche, tipi, luoghi, situazioni, storie, atmosfere di aspetti dell’immaginario del nostro tempo”). In questa occasione Conte tiene una lectio doctoralis intitolata: I tempi dell’ispirazione: il pomeriggio

    Il 2003 è l’anno di Reveries, altro ‘Best of’ di Paolo Conte realizzato appositamente per il mercato estero. Il disco nasce su richiesta della Nonesuch che desiderava dare seguito al lavoro iniziato negli USA dando al pubblico un nuovo album.
    Per questo disco, Paolo Conte ha riunito in studio i musicisti dell’orchestra che lo ha accompagnato in tutto il mondo durante i due anni del “Razmataz tour” ed ha registrato 12 nuove versioni di alcune perle del suo repertorio.

    Sempre nel 2003, nella serie Parole e Canzoni edita da Einaudi - Stile Libero esce il cofanetto dedicato a Paolo Conte che contiene il volume: Si sbagliava da professionisti, in cui il Maestro, cosa rara, commenta alcune sue canzoni. L’introduzione del volume è di Andrea Camilleri e del premio Oscar Nicola Piovani. Il cofanetto contiene anche un dvd, prodotto da Renzo Fantini, in cui Paolo Conte racconta in una lunga intervista video, cosa altrettanto rara, la sua arte.



    Nove anni dopo l’ultimo album in studio (“Una faccia in prestito”), il 5 novembre 2004 arriva nei negozi il nuovo album Elegia, prodotto da Renzo Fantini e distribuito da Warner Music: si tratta di un disco di grande maturità artistica, per le qualità poetiche e musicali delle canzoni, che si muovono sotto il segno di un’ autentica originalità compositiva. Conte, attraverso la ricerca dell’essenza espressiva artistica, canta l’elegia della vita o meglio di una vita che valga la pena di essere vissuta.

    Il 2005 vede l’uscita del doppio cd e del dvd Paolo Conte live arena di Verona. La tracklist del disco corrisponde precisamente a quella del dvd (e del concerto all’Arena) ed offre dunque le stesse canzoni, di cui otto finora non erano disponibili su disco in versione dal vivo: sei tratte da “Elegia” più “La donna d’inverno” e “Gioco d’azzardo”. Il cd contiene anche un inedito assoluto che s’intitola “Cuanta pasión” registrato in studio con il contributo del chitarrista Mario Reyes della Gypsy Kings Family e della cantante iberica Carmen Amor.

    Il 24 maggio 2007 Paolo Conte riceve il Diploma accademico honoris causa in pittura dall’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro. Conte in quell’occasione ha tenuto una lectio magistralis intitolata: Razmataz – la bellissima negritudine.

    Il 25 giugno 2008 debutta a Lione il concerto “ Paolò symphonique ”: si tratta di un progetto musicale proposto dall’Auditorium di Lione e dall’ Orchestre National de Lyon.
    Ogni concerto prevede una prima parte in cui Conte si esibisce con il suo gruppo storico e una seconda parte in cui si aggiunge la grande orchestra sinfonica. Il repertorio prevede molti brani conosciuti e qualche inedito.
    L’orchestratore è il Maestro Bruno Fontaine, nome di alto prestigio e direttore di squisita sensibilità.
    I primi appuntamenti di questa nuova avventura musicale dopo Lione, sono il 31 luglio 2008 ad Atene con la Greek Radio Tv (ERT) Symphony Orchestra e il 5 e 6 settembre 2008 a Parigi con l’Orchestre National d’Ile de France e a Venezia, unica data italiana il 31 luglio 2009, in Piazza San Marco.

    Il 5 settembre 2008 viene presentato alla stampa il nuovo album Psiche prodotto da Renzo Fantini per Platinum e per la prima volta distribuito in tutto il mondo da Universal. L’album contiene 15 canzoni inedite: si tratta di un disco fuori ordinanza, uno dei più importanti in assoluto della storia di Paolo Conte. Tra Amore e Psiche il maestro sceglie Psiche perché più terrena ma soprattutto perché ha più storie da raccontare. Le canzoni contenute nel disco sembrano nate per essere contemplate, come accade davanti ad un bel quadro. Ricordandoci di un’altra grande passione di Paolo Conte, la pittura, potremmo parlare nel caso diPsiche di canzoni pittoriche.

    Il 2010 vede la presentazione alla stampa internazionale dell’ album Nelson, prodotto da Rita Allevato per Platinum e distribuito da Universal. L’album, dedicato al suo storico produttore Renzo Fantini, viene anticipato dal singolo L’orchestrina. Il disco contiene brani in italiano, francese, spagnolo e napoletano che testimoniano una scelta stilistica dell’autore di ‘colorare’ la musica creando atmosfere uniche attraverso il suono della parola.

    Il 25 gennaio 2010 ha ricevuto la massima onorificenza dalla città di Parigi: la Grande Médaille de Vermeil.

    L’8 novembre 2011 è uscita la sua ultima antologia Gong-Oh distribuita da Universal per Platinum. L’album, oltre a racchiudere i suoi maggiori successi, contiene l’inedito La Musica è pagana e una nuova registrazione di Via con me.

    Nel giugno 2014 è uscito Paolo Conte The Platinum Collection, una grande raccolta in occasione del 40° anniversario della pubblicazione del primo album in cui viene ripercorsa la carriera di Paolo Conte attraverso 51 grandi successi.

    Il 14 ottobre 2014 esce Snob, il nuovo album di studio di Paolo Conte, prodotto da Rita Allevato per Platinum e distribuito da Universal.
    Il disco contiene 15 canzoni inedite: un ritorno alle origini musicali e testuali che hanno reso Paolo Conte un artista apprezzato in tutto il mondo. Un ritorno che è anche, inevitabilmente, evoluzione e ricerca continua; esplorazione di panorami musicali e parole che, come antiche trouvailles, oltre a dischiudere significati inusuali, si trasformano in suoni e in immagini pittoriche.


    fonte:paoloconteofficial.com



    Via con me

    Via via
    Vieni via con me.
    Niente più ti lega a questi luoghi
    Neanche questi fiori azzurri.
    Via via
    Neanche questo tempo grigio,
    pieno di musiche
    e di uomini che ti son piaciuti.
    Its wonderful
    Its wonderful
    Its wonderful
    Good luck my baby
    Its wonderful
    Its wonderful
    Its wonderful
    I dream of you
    Chips chips chips
    Du du du du du
    Ci bum ci bum bum
    Du du du du du
    Ci bum ci bum bum
    Du du du du du
    Via via
    Vieni via con me.
    Entra in questo amore buio
    Non perderti per niente al mondo
    Via via
    Non perderti per niente al mondo
    Lo spettacolo d'arte varia
    Di uno innamorato di te.
    Its wonderful
    Its wonderful
    Its wonderful
    Good luck my baby
    Its wonderful
    Its wonderful
    Its wonderful
    I dream of you
    Chips chips chips
    Du du du du du
    Ci bum ci bum bum
    Du du du du du
    Ci bum ci bum bum
    Via via
    Vieni via con me.
    Entra in questo amore buio
    Pieno di uomini.
    Via via
    Entra e fatti un bagno caldo
    C'è un accappatoio azzurro
    Fuori piove, è un mondo freddo.
    Its wonderful
    Its wonderful
    Its wonderful
    Good luck my baby
    Its wonderful
    Its wonderful
    I dream of you
    Chips chips chips
    Du du du du du
    Ci bum ci bum bum
    Du du du du du
    Ci bum ci bum bum
    Du du du du du


    (Ivana)





    RUBRICHE


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    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Rio 2016: 93enne tenta qualificazione a torneo tennis tavolo.

    "Il ping pong è uno sport che può essere praticato per tutta la vita" ha spiegato. Non è mai troppo tardi. Un signore americano di 93 anni, Bill Guilfoil, originario del North Carolina, sarà in gara da giovedì prossimo, 4 febbraio, fino a domenica 7 per coronare il suo sogno di partecipare all'Olimpiade di Rio 2016. Mister Guilfoil pratica infatti il tennis tavolo ed è l'iscritto più anziano al torneo di qualificazione ai Giochi che si svolgerà da giovedì proprio nel suo stato, a Greensboro e che è aperto alla partecipazione di chiunque, quindi anche giocatori 'master' o semplici amatori, purchè siano in regola con la quota associativa che si paga ogni anno per essere tesserati delle federazione Usa di tennis tavolo. I primi 4 del torneo Usa prenderanno parte in aprile alle qualificazioni di Nord e Centro America, da cui usciranno fuori i partecipanti ai Giochi carioca.

    "Il tennis tavolo è uno sport che può essere praticato per tutta la vita - ha spiegato il 93nne pongista alla Nbc -, e io mi sento bene. Non ho alcun problema a schiena o spalle, nè ho reumatismi di alcun tipo. Non mi aspetto miracoli, ma ci provo comunque, l'Olimpiade è il mi sogno. Prenderò il tutto come fosse una vacanza". Se riuscisse nell'impresa di qualificarsi per Rio 2016, Guilfoil diventerebbe l'atleta in assoluto più anziano a prendere parte ai Giochi dell'era moderna. Attualmente questo primato appartiene allo svedese Oscar Swahn, che aveva 72 anni e 80 giorni quando prese parte alle gare di tiro dell'Olimpiade di Anversa 1920. Questo record è messo in pericolo anche dal 74enne giapponese Hiroshi Hoketsu, già tre volte in gara alle Olimpiadi (l'ultima apparizione a Londra 2012, dopo quelle di Tokyo 1964 e Pechino 2008), che a maggio si giocherà un posto nella squadra nipponica di equitazione.
    (Ansa)




    Nfl: sfida Superbowl è Denver-Carolina.
    Si giocherà domenica 7 febbraio al Levi's Stadium di Santa Clara. Sarà tra Denver Broncos e Carolina Panthers il Superbowl 2016 che si giocherà domenica 7 febbraio al Levi's Stadium di Santa Clara, nei pressi di San Francisco e quindi in California.

    Broncos e Panthers si sono imposti ieri nelle due finali di Conference, conquistando quindi il diritto a giocare la sfida per il titolo della NFL. Nella finale dell'Afc, Denver ha avuto la meglio per 20-18 sui campioni uscenti, i New England Patriots. E' stata la sfida tra due quarter-back che hanno fatto la storia della National Football League, il 39enne Peyton Manning (che ha lanciato due volte in touch-down), eletto cinque volte miglior giocatore del campionato, e l'altro fenomeno Tom Brady, stavolta fortemente limitato, lui e tutti i Patriots, dall'eccezionale rendimento della difesa dei Broncos.

    La finale della Nfc, tra i Panthers e gli Arizona Cardinals ha avuto poco storia per la superiorità del team della Carolina, impostosi per 49-15. Anche qui c'è stato un quarter back che ha fatto da mattatore, quel Cam Newton soprannominato non a caso 'Superman' e autore anche lui, come Manning, di due lanci per altrettanti touch-down. Per i Carolina Panthers sarà il secondo Super Bowl dopo quello perso dodici anni fa contro New England.
    (Ansa)




    MotoGp: Yamaha già vola nei test e Rossi insegue Lorenzo.
    Prove a Sepang, Valentino: "Non ci pensavo così rapidi ma è presto". Da Valencia a Sepang, in due mesi non sembra cambiato nulla nel mondo della MotoGp. Jorge Lorenzo aveva cominciato le vacanze davanti a tutti e sempre in pole si ripropone in Malesia nella prima giornata di test della nuova stagione. Il maiorchino ha dato un secondo di distacco al migliore degli altri venti piloti in pista, e non è un caso che si sia trattato di Valentino Rossi. Il campione marchigiano - che per l'occasione nel caldo torrido di Sepang ha sfoggiato un casco speciale "winter test", con tanto di pupazzo e i fiocchi di neve - è rimasto sorpreso dalle prestazioni delle Yamaha, meno dalla leadership del compagno di squadra. "Mi sembrava che a Valencia fossimo più in difficoltá - ha affermato Rossi - Però è solo la prima di tre giornate di test.

    La via è lunga, bisogna capire come andranno i prossimi e come stare più vicini a Lorenzo. Lui frena più forte, se io freno così non mi fermo. È stato più bravo e noi dobbiamo metterci a posto". Alle spalle delle due Yamaha, che hanno segnato rispettivamente 2'00"684 e 2'01"717, il terzo tempo è stato di Dani Pedrosa con la Honda (+1"096), mentre Marc Marquez non è andato meglio del settimo (+1"594). Ottimo esordio per la Ducati GP15 di Danilo Petrucci (+1"127), davanti a quella ufficiale di Andrea Iannone (+1"128). L'altra Rossa di Borgo Panigale, quella di Andrea Dovizioso, ha chiuso col 13/o tempo (+1"966). In queste prime uscite, l'attenzione è rivolta soprattutto alla gestione delle gomme Michelin e della nuova centralina elettronica.

    "In Yamaha hanno cercato di capire come far funzionare al meglio la moto con le Michelin - ha confermato Rossi -. Hanno modificato la distribuzione dei pesi. Io non sono ancora così sicuro, vedremo se è la via giusta. Oltre al posizionamento del serbatoio cambiano anche molte altre cose non marginali". Lorenzo si è mostrato a suo agio, completando sette giri sotto i 2'02'', con tre di questi addirittura a fermare il cronometro sui due minuti. Rossi ha toccato il tempo di 2'01'' una sola volta, attestandosi costantemente sui 2'02''.

    Oggi si ricomincia, con altre otto ore intense di test e le temperature bollenti si faranno ancora sentire, come già oggi, con molti piloti già provati solo dopo pochi giri. Grande attesa per il ritorno di Casey Stoner, che ritornerà in pista con la Ducati per un test ufficiale dopo quattro anni.
    (Ansa)

    (Gina)



    I BIMBI E L'ACQUA!!!




    Perché l'acqua è importante per i bambini




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    L’acqua è la bevanda ideale per il bambino. La pediatra ci spiega perché è così importante e quanta acqua deve bere un bambino

    Importanza dell'acqua per i bambini
    L’acqua è vita perché il nostro metabolismo è attivo grazie alle sostanze disciolte nell’acqua: l’acqua costituisce l’80% del peso corporeo nel neonato, e il 60% circa nell’adulto. Se è vero che nel corpo del bambino c’è più acqua che in quello dell’adulto, questo non lo protegge dalle perdite improvvise nella prima età della vita, perché in questo periodo ha un ricambio dell’acqua cinque volte più rapido di quello dell’adulto ed una riserva di acqua immediatamente utilizzabile proporzionalmente più scarsa.

    Un bimbo di pochi mesi e di 7 kg richiede un litro di acqua al giorno, mentre un adulto di 70 kg in media 2 litri/die. Quando un bambino piccolo ha una malattia che porta a perdite di liquidi, es. vomito e/o diarrea, se non viene rifornito di acqua può correre pericolo di vita. Il bambino deve bere regolarmente ogni volta che ha sete e deve bere di più nei periodi caldi, durante l’estate, e negli ambienti riscaldati, come a scuola, e quando fa sport.

    Cosa dare da bere ai bimbi: acqua fresca o a temperatura ambiente?
    Quando ha sete deve bere acqua e non bevande dolci o succhi di frutta, di per sé gradevoli, ma sorgente di calorie per cui, mentre dissetano, fanno ingrassare e diseducano il bambino a masticare…, ma nemmeno latte, che essendo un alimento serve per mangiare, non per togliere la sete, anche se il bambino lo cerca volentieri perché fresco, per il suo sapore, per il suo colore, per i ricordi che in lui suscita. L’acqua è la bevanda ideale per il bambino: è praticamente insapore e questo impedisce che venga bevuta per golosità, non altera il sapore dei cibi, non ingrassa se bevuta anche in eccesso, perché rapidamente eliminata con le urine.

    L’acqua agisce su tutto il nostro organismo:
    agisce da solvente per la maggior parte dei nutrienti (minerali, vitamine idrosolubili, aminoacidi, glucosio, ecc.), svolgendo un ruolo essenziale nella digestione, nell’assorbimento, nel trasporto e nell’utilizzazione degli stessi nutrienti;
    garantisce la giusta consistenza del contenuto intestinale;
    è il mezzo attraverso il quale l’organismo elimina le scorie metaboliche;
    mantiene elastiche e compatte la pelle e le mucose;
    è indispensabile per la regolazione della temperatura corporea;
    l’acqua agisce come lubrificante e ha funzioni di ammortizzatore nelle articolazioni e nei tessuti; inoltre una idratazione adeguata:
    garantisce una maggiore attenzione a scuola (basta una riduzione dell’1-2% dell’acqua corporea per ridurre del 10% la concentrazione durante lo studio); le cause della disidratazione possono essere lo stress psicologico e quello determinato dall’ambiente, che sottraggono acqua alle cellule.
    Ricordiamo che anche succhi e bibite industriali, prodotti che contengono caffeina, computer e televisore, agiscono disidratando e sottraendo umidità al corpo. Dunque bere acqua aiuta il cervello a memorizzare, a richiamare informazioni e attiva la comunicazione elettrochimica tra il cervello e il sistema nervoso. Un rifornimento idrico sufficiente migliora tutte le abilità necessarie all’apprendimento, quindi è molto importante prima degli esami o in situazioni stressanti previste.

    Il tuo bimbo beve abbastanza?
    Bere acqua migliora la concentrazione, aumenta la capacità di muoversi e di partecipare alle cose, migliora la coordinazione mentale e fisica e diminuisce lo stress;

    contrasta l’aumento del rischio di patologie proprie della disidratazione come calcoli renali o alla colecisti, cistiti ricorrenti, mal di testa, eccetera;
    previene stati di costipazione e stitichezza contribuendo a formare feci più voluminose e morbide;
    aiuta il controllo del peso, bere meno acqua è, infatti, correlato a obesità e a un maggior introito calorico probabilmente anche per la sostituzione con bevande gassate (che fanno ingrassare e idratano molto meno);
    è di fondamentale utilità nella performance ginnica, infatti, una leggera disidratazione riduce l’energia e le capacità motorie fino al 25%.
    I Pediatri raccomandano di far bere i bambini, specie durante la stagione calda, mezz’ora prima dell’attività fisica e ogni 20 minuti durante la pratica, anche se non lamentano sete. Secondo i LARN, Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia, della Società Italiana di Nutrizione Umana, questi sono i quantitativi necessari a soddisfare i fabbisogni di bambini e adolescenti, anche se va considerato che una parte di acqua si trova anche nei cibi che mangiamo:

    Bambini tra 1-3 anni : necessitano di 1.200 ml di acqua al giorno
    Bambini tra i 4-6 anni: 1.400 ml di acqua al giorno
    7-10 anni: 1.800 ml di acqua al giorno
    Maschi tra gli 11-14 anni: 2.000 ml al giorno
    Maschi tra i 15-17 anni: 2.500 al giorno
    Femmine tra gli 11-14 anni: 1.900 ml al giorno
    Femmine tra 15-17: 2.000 ml al giorno


    fonte:http://www.pianetamamma.it/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    Giacomo Manzù
    Scultore e disegnatore


    Londra, 15 gennaio - 3 aprile il 2016


    Un gigante della scultura del XX secolo, Giacomo Manzù (1908-1991) è meglio conosciuto per lavoro delicato e commovente concentrandosi prevalentemente sul ritratto e immagini religiose. Per quanto sensibile alla linea da formare, i suoi disegni mostrano la stessa potenza contenuta e le qualità sinuose familiare dai suoi più celebri bassorilievi e lavori tridimensionali.

    Anche se apprendista vari artigiani fin dalla tenera età, Manzù fu in gran parte autodidatta. Principali influenze sul suo stile sono gli scultori Auguste Rodin e Medardo Rosso - il realismo di quest'ultimo e la capacità di catturare le sensazioni fugaci ed espressioni che sono di particolare importanza.

    Alla fine del 1930 Manzù ha iniziato la sua celebre serie dei Cardinali, scolpire i suoi modelli avvolte nei loro paramenti liturgici, e una serie di bassorilievi sul tema della Crocifissione che erano anche gli atti d'accusa appassionati e risoluti della violenza nazifascista. Dopo la guerra Manzù avrebbe stabilito come uno dei più importanti scultori italiani di soggetti religiosi, ma, come il suo contemporaneo Emilio Greco, è stato redatto tanto al mondo sensuale come a quella dello spirito. Le sue sculture vigorose di amanti intrecciati sono intrise di un carattere giocoso che rasenta spesso il osceno.

    Opere esplorare tutti questi temi chiave sono presenti nella mostra, più tenera e ritratti più personali dei membri della famiglia, una serie di opere raffiguranti personaggi della mitologia, ed esempi di Manzù di insolito - e altamente distintivo - sculture naturalistiche di nature morte.

    Organizzato con il Bologna Galleria d'Arte Maggiore, questa mostra presenta una cinquantina di opere di uno dei maestro indiscusso della moderna arte italiana




    FESTE e SAGRE





    CITTA' FANTASMA

    "Alberi secchi, dal sale. Il sole sperpera le sue ultime fiamme.
    Fenicotteri meridionali. Indiani guardano il maestoso lago Epecuén.
    Le rive dei laghi"


    VILLA EPECUEN, Argentina


    Villa Epecuen, un quarto di secolo fa, era una vivace località argentina adagiata sulle sponde del lago. Sorto nei primi anni 1920, si sviluppò veloce-
    mente grazie alle proprietà terapeu-
    tiche delle acque salate del lago Epecuén. Era anche avvantaggiato dalla vicinanza alla capitale argentina. Le acque del lago sono dieci volte più salate dell'Oceano, qui le sue capacità termali e benefiche.Nel periodo di massimo splendore, tra gli anni 1950 e 1970, la cittadina ospitava dai 5000 ai 700 visitatori, mentre nella stagione da novembre a marzo ne transitavano circa 25.000. Nacquero almeno 280 attività, tra negozi ed hotel di lusso e locali alla moda, portando la popolazione stabile a 1500 unità.
    Il 10 novembre del 1985 nel lago si verificò un raro e intenso evento con l'abbassamento della pressione atmosferica, che causò un moto ondoso dalle grandi proporzioni. Vi fu la distruzione della diga che proteggeva la città, che in pochi giorni venne sommersa completamente. Fortunatamente il livello delle acque si alzò in modo graduale, permettendo a residenti e villeggianti di mettersi in salvo. Le persone sono fuggite con quello che avevano, abbandonando Epecuen che da quel giorno divenne una città fantasma.Già l'anno successivo il livello del lago era salito di quattro metri, raggiungendo, nel 1993, i 10 metri. Da quel momento le acque cominciarono a ritirarsi, fino a ritornare sui livelli precedenti al disastro. A partire dal 2009 la città di Epecuén riaffiorò, mostrando le sue rovine.
    Lo spettacolo è apocalittico, da fine del mondo: carcasse di automobili, mobili, case sbriciolate ed elettrodomestici rotti. Scale che non portano da nessuna parte, cimiteri distrutti con lapidi rovesciate e tombe divelte.

    Villa Epecuen ha ancora un abitante. Pablo Novak, 82 anni, vive ancora in quel che resta della città e accoglie i visitatori che vagano per le strade distrutte. "Mi sono rifiutato di andarmene e chiunque passi per Buenos Aires, non può andare via senza dedicare un po' di tempo alla visita di queste rovine". ha raccontato l'uomo all'Associated Press.


    ..il lago..



    Il tramonto porta la malinconia di un tempo , quando le leggende raccontavano delle stelle che portano nomi diversi e ogni roccia e ogni torrente conteneva uno spirito libero che attraversa i pampa. Quelli erano i giorni in cui Epecuén non era solo un lago e Carhué era molto più di una bella sosta sulla strada. Il popolo di Araucano usarono, le acque salmastre del lago, come terapia molto prima dell'arrivo delle Conquista del deserto.
    Secondo la leggenda, vi fu un grande incendio nel bosco, un bambino fu trovato da un gruppo di indiani che lo chiamarono Epecuén, che nella loro lingua significa "quasi bruciato", in onore del fuoco da cui era stato miracolosamente salvato. L'orfano crebbeo forte e dimostrò il suo coraggio in tempo di guerra. Nel corso di una vittoriosa battaglia contro i indiani Puelche, Epecuén si innamorò della figlia del nemico capo indiano: Tripantu, che nella Pampa lingua significa "Primavera". L'amore del guerriero e la fanciulla durò per una luna completa ma, Epecuén si innamorò di altre prigioniere. Tripantu fu molto triste e cominciò a piangere e le sue tante lacrime diedero origine ad un grande lago salato dove Epecuén e tutti le sue amanti, annegarono.

    (Gabry)





    GLI STILISTI E LA MODA!!!




    Ungaro


    Una moda decisamente pittorica


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    Emanuel Ungaro (Aix-en-Provence, 13 febbraio 1933) è uno stilista francese, figlio di un sarto pugliese (di Francavilla Fontana) esule in Francia perché antifascista.


    Emanuel Ungaro è nato nel 1933 a Aix-de-Provence, Francia, di genitori italiani. Figlio di un sarto pugliese esule perché antifascista, fa esperienza di taglio e cucito dal padre Cosimo. Ungaro dice: "uomo eccezionale, che mi ha insegnato il rigore e l'onestà intellettuale".

    Nel 1955 lascia il Sud della Francia e va a Parigi, per inseguire la sua ambizione: diventare stilista. Tre anni più tardi lavora nell’atelier di Balenciaga. Alla scuola di Balenciaga, impara che "il buon couturier deve essere architetto per il progetto, scultore per la forma, pittore per il colore, musicista per l'armonia e filosofo".

    Nel 1965 con l'assistenza dell’artista svizzera Sonja Knapp, Emanuel Ungaro apre la propria casa di moda a Parigi. Lo stilista ha già deciso quella che sarà la sua filosofia estetica, un mix di barocco e sensualità che affascina grandi attrici come Catherine Deneuve e Anouk Aimée.

    Nel '67, entra in quella che diventerà la sua sede storica in avenue Montaigne e trova grandi supporter come Jackie Kennedy, Lee Radzwill, la duchessa di Windsor, Lauren Bacall e Ira FŸrstenberg.

    Nel '71 firma un importante contratto di produzione con il Gft di Torino, il colosso italiano dell'abbigliamento. Rigoroso con se stesso e con gli altri, determinato e caparbio, crea i suoi abiti ascoltando musica classica. Ungaro ha lanciato la sua prima collezione maschile, Ungaro Uomo, nel 1973, e il suo primo profumo, Diva, 10 anni dopo, nel 1983.

    abito-da-sera-emanuel-ungaroIn seguito ha seguito la profumi Senso (1987), Ungaro (1991), Emanuel Ungaro Per Gli Uomini (1991). Prima delle sfilate si fa preparare dalle donne di famiglia le polpette con il sugo, un tipico piatto pugliese. Dal '96, la Maison Ungaro è entrata a far parte del gruppo Ferragamo. Nel 1997, Emanuel Ungaro, Salvatore Ferragamo e Bulgari creano una nuova società: Emanuel Ungaro Parfums. Creano Fleur de Diva (1997), Desnuda (2001) e Apparizione (2004).

    Dal 2000, ha lanciato, in collaborazione con Luxottica, una linea di occhiali per uomo e donna. Nel 2003 Ungaro si accorda con la società toscana Le Bonitas per il lancio delle due nuove collezioni “Ungaro Sun” (swimwear e beachwear per donna) e “Ungaro Moon” (intimo, corsetteria e fitness).


    (Lussy)





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    foto:aquariuscom.it

    Salute e Benessere


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    foto:gogoterme.com



    TERME DI SATURNIA


    Narra la leggenda che le Terme di Saturnia ebbero origine da un fulmine lanciato dal dio Saturno contro il cratere di un vulcano. Di certo, c’è che le proprietà delle acque erano conosciute dai romani e prima ancora dagli etruschi, ampiamente utilizzate in epoca medievale e dunque con una lunga e gloriosa storia che arriva ai giorni nostri, ove le Terme godono di una assoluta popolarità, con una frequentazione che allo stabilimento termale affianca anche la possibilità di usufruire di aree a libero accesso.





    Un po’ di storia

    Una popolare leggenda racconta che il dio Saturno, un giorno, si arrabbiò con gli uomini perché costantemente in guerra tra loro e lanciò una saetta sulla terra. Quest’ultima andò a colpire il cratere di un vulcano dal quale fuoruscì un’acqua sulfurea il cui effetto fu quello di chetare l’aggressività degli uomini. Leggende a parte, la storia della terme scorre parallela a quella, di antichissima origine, della cittadina da cui prendono il nome e che prima di essere chiamata Saturnia dai romani era una città etrusca, Aurinia, secondo un’altra leggenda la città più antica d’Italia. A testimonianza dell’epoca etrusca vi sono i resti delle mura, così come per i romani cui alle mura risalenti al IV-III° secolo a.C. si affianca la cosiddetta Porta Romana e una antica costruzione termale costituita da una piscina quadrata. Sia gli Etruschi che i Romani usufruirono delle acque termali locali, traendone benefici; per i romani la località divenne anche una rinomata stazione di sosta per i viaggi di guerra o commerciali.

    Nel Medioevo, attorno alle acque di Saturnia nacquero altre leggende, una delle quali riguardava la presenza del diavolo e la sua capacità di fuoriuscire dagli inferi lasciando dietro di sé l’odore dello zolfo; questa ed altre leggende fecero sì che Saturnia diventasse un luogo di convegno di sedicenti maghi e streghe, nonché di sortilegi. Alle proprietà benefiche delle acqua si interessò piuttosto Papa Clemente III che parlò di Saturnia come l’”hospitale de balneo” in una bolla del 1118 e poi ancora Cosimo II de’ Medici, prima che le terme conoscessero una nuova stagione di oblio in seguito al diffondersi della malaria in Maremma e alle varie distruzioni che si sono susseguite. Si arriva così al Settecento quando a Saturnia erano funzionanti due complessi termali, uno per l’utenza maschile e l’altra per quella femminile ma solo nel 1828, quando il Duca Leopoldo II riprese le opere di drenaggio abbandonate da secoli dopo quelle effettuate dagli etruschi e dai romani. Il drenaggio del terreno della fonte fu effettuato quarant’anni dopo dal Dott. Bernardino Ciacci che provvide anche a ristrutturare gli edifici presenti e a dare alla terme una prima, vera organizzazione. Le analisi chimiche delle acque furono quindi effettuate all’inizio del ‘900 dal Dipartimento di Chimica delle Università di Siena, Pisa e Roma, quando fu anche edificato l’albergo. L’ultimo, significativo capitolo sulle Terme di Saturnia è stato scritto nel 1978, quando la Regione Toscana ha autorizzato l’apertura permanente del centro termale, gettando così le basi per l’attuale popolarità internazionale della struttura.


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    Le acque

    Le acque termali di Saturnia hanno origine dal Monte Amiata dove le acque piovane si raccolgono ben quarant’anni prima di giungere alla sorgente. L’acqua scorre quindi attraverso un percorso che si trova ben 700 metri sotto terra per arrivare alle terme ad una temperatura costante di 37,5° e ad una velocità di 800 litri al secondo che consente di mantenere sempre costanti le caratteristiche chimico-fisiche, e gli effetti biologici e quelli terapeutici. L’acqua è classificata come solfureo-solfato-alcalina, in essa vi sono disciolti 2,790 grammi di sali minerali per ogni litro e presenta nella sua composizione una quantità elevata di idrogeno solforato e anidride carbonica, entrambi utili per la terapia dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. Le acque di Saturnia vengono utilizzate per bagni, fanghi, idromassaggi, inalazioni e bibite risultando efficaci per la cura di malattie cutanee, respiratorie, muscolo-scheletriche, ginecologiche, gastriche, epatiche, allergiche e stomatologiche. La sola temperatura dell’acqua è in grado di favorire la vasodilatazione arteriosa e venosa con aumento dell’attività cardiocircolatoria, rilassamento della muscolatura e riduzione della sintomatologia osteoarticolare.


    saturnia




    Lo stabilimento termale


    Il Centro Termale di Saturnia è posizionato ai piedi del borgo medievale della cittadina ed è immerso in un parco secolare. La struttura è moderna e dotata di quattro piscine termali all’aperto, idromassaggi e percorsi vascolari di acqua fredda e calda. L’albergo annesso al parco termale è stato ricavato da una antica villa padronale in travertino ed appartiene ad uno standard elevato, dotato anche di varie strutture ricreative e sportive, non ultimo un campo da golf a 18 buche. Il nuovo centro benessere, sormontato da un grande padiglione a forma di esagono, presenta le terapie più moderne ed efficaci, anche per l’estetica e con un programma anti-aging. Cinque le aree del benessere del centro: l’idroterapia con le piscine, l’area Beauty che ha il suo punto di forza nei trattamenti per il viso, l’area Stress Management con un programma che affronta affaticamento generale, deficit di energia e stress accumulato, l’area Alimentazione con programmi detox, principi dietetici e consulenza nutrizionale, l’Area dell’Attività Fisica dove sviluppare l’educazione al movimento.
    A parte lo stabilimento, gli utenti di Saturnia possono anche usufruire delle proprietà benefiche delle sue acque alle suggestive Cascate del Mulino (dette anche del Gorello), situate a circa due chilometri dal Borgo di Saturnia, a libero accesso e frequentate sia in estate che d’inverno e di una piccola sorgente detta “Le Caldine” che da un piccolo torrente di acqua calda alimenta una piccola vasca all’interno di un prato.


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    Turismo nei dintorni

    Una visita al Museo Archeologico di Saturnia può dare una dimensione di come la zona sia estremamente importante dal punto di vista storico, con ritrovamenti che risalgono fino alla preistoria. Una passeggiata tra le varie località della Maremma, quindi, si traduce in un tuffo nel passato che attraversa varie epoche: sono presenti sia necropoli di epoca etrusca che i testi di sontuose ville romane fino a bellissimi castelli medievali. Un borgo medioevale particolarmente suggestivo è quello di Montemerano, arroccato su una collina ricoperta di ulivi: sulle facciate delle case dell’antico centro del paese sono presenti tracce di affreschi e decori. A Manciano, il sobborgo medioevale è sovrastato da una rocca monumentale costruita dai senesi nel V secolo. Pitigliano, oltre ad un suggestivo borgo antico, presenta attrazioni uniche come delle cantine ricavate da grotte e tombe etrusche e una cultura ebraica ancora molto viva, con un ghetto dotato di una Sinagoga funzionante, una Biblioteca, un cimitero e il forno per cuocere il pane azzimo. Altri gioielli della Maremma sono Sorano e Sovana entrambi importanti centri del periodo etrusco.



    saturnia-porta-romana
    foto:promozione-italia.com


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    foto:perterrepermari.it

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    foto:viaggiareliberi.it

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    foto:wikimedia.org
    Pitigliano


    panorama-pitigliano
    foto:rentalsaturnia.com


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    foto:settemuse.it
    Marciano -la rocca


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    UN LIBRO..UN AUTORE


    “ – Cos’è un lago, Maurice?
    E’ un fiume che si è addormentato e ha sognato di diventare mare.
    E perché non ci è riuscito?
    Non tutti i sogni durano abbastanza a lungo, Vaniglia. ”


    VANIGLIA


    di Lorenzo Marini

    Un uomo, Maurice, che vive a New York, veste spesso di nero e che crede nella quotidianità delle parole. Una donna, Vaniglia, che vive a Los Angeles, veste sempre di bianco e crede nell’eternità delle immagini. I protagonisti di questa storia d’amore sono un uomo e una donna tanto diversi tra loro da essere perfetti l’uno per l’altra.
    Maurice è un uomo che crede solo a se stesso e ama incantare gli altri con parole che perdono il loro senso già il giorno successivo. Già, perchè la forza delle parole è quella del quotidiano, dell’attimo, dell’istante. La forza delle parole è tutta racchiusa in uno slogan pubblicitario che in un attimo ti ammalia e il momento dopo ti illude. Lui è un uomo che non è capace di amare ma che incontra l’amore.
    Vaniglia è una donna che crede che l’amore sia la cosa più meravigliosa che esista ma lo teme e lo fugge. Non crede negli uomini Vaniglia perchè ne ha amato uno nella sua vita. Ma incontrando Maurice gli offre tutto il suo amore incondizionato.


    ...recensione...



    La prova d’autore di Lorenzo Marini potrebbe essere definita un romanzo al rovescio: nessun film è tratto da qui, ma è il libro stesso ad esser tratto da un film. Unica particolarità: il film non è mai stato girato.
    Si intuisce l’esteta dietro questa scelta artistica ai limiti del paradosso.
    VANIGLIA risulta così cadenzato al ritmo di scene con tanto di indicazione delle caratteristiche delle stesse (interno/ esterno, giorno/notte), del montaggio, della location, della luce,la musica di sottofondo, il tipo di inquadratura.
    Lorenzo Marini sembra divertirsi non solo nella scelta stilistica della scrittura, ma gioca con ironia anche sulle dimensioni parallele in cui i personaggi navigano, creando una sorta di dualismo tra reale e surreale con la trovata dello gnomo custode stanco del libro della vita a cui allo spettatore è accordato il permesso di dare una sbirciatina, per scoprire che il futuro di Maurice è inebriato dal profumo di Vaniglia “così come previsto”.
    VANIGLIA è un nome, il nome che Maurice ha deciso abbia la sua donna, il cui nome effettivo alla spettatore non sarà mai concesso di conoscere.
    Con stile sobrio ed elegante Marini introduce lo spettatore in una storia d’amore: racconta della sfrontatezza grazie alla quale Maurice riesce a conquistare Vaniglia, del perché le abbia scelto questo nome.
    Scopriamo così le caratteristiche del primo personaggio: sfrontato, un amante sensibile, per nulla scontato, passionale, premuroso a cui si rischia di perdonare tutto, anche il fatto di essere sposato, quasi che la storia d’amore tra Maurice e Vaniglia nulla abbia a che vedere con il rapporto tra Maurice e sua moglie Yvonne, una donna bellissima e completa, “un architetto attratto da tutto ciò che è in costruzione”.
    Maurice è un uomo attento ai particolari ai limiti del maniacale, nel suo costante tentativo di stupire per regalare momenti unici che le donne non osano nemmeno chiedere.
    Maurice è la summa degli amanti, un uomo che durante l’amplesso non si limita a parlare, sussurrare, urlare, ma inventa e racconta e nel suo narrare, regala favole e piacere, così che nel pieno del suo godere Vaniglia scopra le stelle come starnuti del sole. Vaniglia, dal canto suo, non è solo un personaggio, ma il suo carattere diventa via via più definito fino a meritarsi il ruolo di essenza.
    (www.recensionilibri.org/)

    “Vaniglia”è una storia d’amore come tante, che inizia, si evolve e poi imbocca direzioni che non ci si aspetterebbe. Ma è il modo in cui questa storia è raccontata che rende tutto cosi ‘magico’e particolare. Il libro è scritto come una sceneggiatura, quindi con frasi spesso corte, molti dialoghi, descrizioni dei luoghi dove i personaggi interagiscono e anche del loro abbigliamento. Ma la poesia, la dolcezza, il romanticismo e la passione (e non solo) con cui Marini dipana la storia smussano moltissimo il lato a volte arido proprio di una sceneggiatura.
    (https://paroleinfinite.wordpress.com)


    LORENZO MARINI



    Lorenzo Marini (Monselice, 1958) è un pubblicitario e scrittore italiano.Dopo gli studi artistici e la laurea in Architettura a Venezia nel 1980, lavora presso alcune agenzie pubblicitarie italiane: Ogilvy, Leo Burnett, Canard e Gruppo Armando Testa. Nel 1997 fonda a Milano la Lorenzo Marini & Associati, agenzia con filiali a Forlì e Torino e che nel 2010 apre una sede a New York. Nella sua carriera da art director viene insignito di oltre 300 premi nazionali e internazionali, tra cui il Leone d'Oro di Cannes al Festival internazionale della pubblicità per la campagna Agnesi nel 1985. Artista multidisciplinare si dedica negli anni a numerose attività: dal cartooning alla regia, alla pittura e in particolare alla scrittura, con la pubblicazione di alcuni saggi e di due romanzi.
    Ha condotto per Rai Radio 2 ‘Il giorno della marmotta', programma sulla creatività, in coppia con Dario Vergassola

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO


    UQZihoL





    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    "..e gli Dei crearono gli odori..."



    LA VANIGLIA



    La vaniglia appartiene alla famiglia molto vasta che raggruppa le orchidee e racchiude anche il genere Vanilla di cui si conoscono almeno 110 specie di piante differenti ma solo 15 producono frutti aromatici e solo 3 hanno un interesse commerciale. La vaniglia o vainiglia è un'orchidea originaria delle foreste tropicali umide della costa orientale messicana dove vive nel sottobosco; è una liana flessibile e poco ramificata, si sviluppa per crescita del germoglio e forma dei lunghi terminali che si arrampicano sugli alberi anche per 10 metri. Il nome Vaniglia deriva dello spagnolo vainilla che deriva a sua volta dal latino vagina, che significa guaina, baccello. Nella maggior parte degli idiomi, si identifica per dei nomi foneticamente molto simili: vaniglia in italiano, vanilla in inglese, wanilia in polacco, vanilj in svedese, vanille in francese.
    Le foglie verdi e carnose, sono piatte e ovali con la punta aguzza, possono raggiungere i 15 centimetri, crescono alternate lungo i lati del gambo. Dal gambo e dalle foglie fuoriesce un succo trasparente e irritante. Alll'attaccatura delle foglie Vii sono spesso delle radici aeree, in grado di assorbire l’acqua piovana I fiori sono in gruppi di otto o dieci, di colore bianco, verdastro o giallo pallido.
    La fecondazione in natura, nelle regioni d'origine avviene grazie a degli insetti del genere Melipona, un genere di api senza pungiglione. Dopo la fecondazione, l'ovario che serve da picciolo alla base del fiore si trasforma in grosso pendente lungo da 12 a 25 centimetri. I baccelli freschi hanno un diametro da 7 a 10 millimetri e contengono migliaia di semi minuscoli che in natura sono liberati per esplosione dei frutti maturi.
    Il baccello di vaniglia appena raccolto non ha odore solo dopo a un lungo e complesso trattamento che si svolge in più fasi e che dura mesi prima di poter ottenere il prodotto finito, acquista la famosa fragranza. Per prima cosa il baccello viene immerso per pochi minuti in acqua bollente a 60-80° C. per fermare il ciclo metabolico, deve perdere gran parte dell'umidità che contiene a questo punto il baccello che ha assunto la colorazione finale nera viene stivato in casse insieme ad altri e lasciato riposare per uno o due mesi. Alla fine subiscono un esame e dopo essere stati ispezionati con cura vengono classificati in categorie che ne determineranno il prezzo.


    ...storia, miti e leggende...



    La vaniglia venne servita dall’ imperatore messicano Montezuma ai conqui-
    statori spagnoli, nel XVI secolo, sotto forma di bevanda, il Chocolatl, insieme con cacao, grano, miele e peperon-
    cino. Per più di due secoli, nel XVII secolo e XVIII secolo, il Messico, nella regione di Veracruz, conservò il monopolio della vaniglia. I Totonachi, un'antica popolazione Amerinda, rimasero i primi produttori fino alla metà del XIX secolo, poichè tutti i tentativi di riprodurla al di fuori del proprio habitat, fallirono; si ignorava che le api melipona giocano un ruolo fondamentale per la fecondazione e la formazione del frutto.
    La difficoltà di reperirla ne fecero una spezia ambitissima nelle corti europee del 1600. Alla corte del Re Sole la vaniglia era utilizzata sia come aroma esotico nelle cucine che come ambito profumo da toilette, Madame Montespan ci profuma il bagno. Re Luigi XIV fece un tentativo per introdurla sull'Isola Bourbon (oggi Réunion), ma non ebbe successo.
    Presso le corti europee venne in auge la cioccolata calda aromatizzata alla vaniglia, ma non fu prima del 1602 che Hugh Morgan, speziale della regina Elisabetta I, suggerì altri impieghi della vaniglia come aromatizzante. Successivamente, nel XVIII secolo, si iniziò a usare la vaniglia nelle bevande alcoliche, nel tabacco e nei profumi.
    La prima impollinazione artificiale della vaniglia fu effettuata nel 1836 nel Giardino Botanico di Liegi dal naturalista belga Charles Morren e, nel 1837, dall'ortocultore francese Joseph Henri François Neumann. Nel 1841 un giovane schiavo di Bourbon di dodici anni, Edmond, mise a punto il procedimento usato tuttora. Rivendicato ingiustamente rivendicata dal botanico francese Jean Michel Claude Richard, che fa dell'isola di Bourbon il primo centro "vanigliero" del pianeta. Con l'abolizione della schiavitù, nel 1848, a Edmond venne dato il patronimico "d'Albius", correlato al colore bianco del fiore di vaniglia. I coltivatori di Réunion, nel 1880 introducono in Madagascar la coltura della vaniglia. Le prime piantagioni vengono create sull'isola di Nosy Be. Successivamente in Antalaha e di Sambava con un clima umido favorevole. La produzione aumenta velocemente e supera le 1.000 tonnellate nel 1929, è più di dieci volte quella di Réunion.
    Si racconta che, in Messico, in un tempo lontano, regnava sul popolo dei Totanachi un re molto potente. Aveva una figlia dalla straordinaria bellezza e non sopportando che andasse sposa ad un mortale la consacrò agli dei imponendole di dedicare a loro tutta la sua vita. Un giorno mentre la principessa portava al tempio delle orchidee fu notata da un giovane principe che se ne innamorò perdutamente. Ben presto anche la ragazza ricambiò il suo amore e i due decisero di fuggire insieme. Ma mentre tentavano di mettere in atto il loro piano di fuga un orrendo mostro apparve dalla foresta si scagliò su di loro e li uccise. Narra la leggenda che qualche giorno più tardi nel punto dove era avvenuto lo spargimento di sangue iniziò a crescere un arbusto. Poco tempo dopo dal terreno spuntò una liana che si avviluppò all’arbusto come se volesse abbracciarlo. Dalla delicata liana verde smeraldo nacquero delle evanescenti orchidee di un particolare colore giallo verde. Quando i fiori appassirono al loro posto rimasero dei neri baccelli slanciati che diffondevano un penetrante e soave profumo. la vaniglia era nata.
    I Toltechi furono una popolazione che, dal 1000 d.C. abitavano la costa del golfo del Messico. Furono loro i primi a impiegare come spezia l’orchidea vaniglia. La raccoglievano nella foresta. Attorno al 1460 la loro terra fu invasa dagli Atzechi che conoscevano questa spezia, la chiamavano tlilxochitl, “fiore nero”, e la raccoglievano nella foresta per aromatizzare la loro bevanda sacra xocoatl a base di cacao.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    FEBBRAIO

    Febbraio

    Cosa ci porti, corto febbraio?
    Si, dietro l'uscio vi è primavera
    con la sua veste dolce e leggiera,
    col suo sorriso limpido e gaio.
    Tu ci porti le mascherine
    coi lieti giorni del carnevale;
    empi di canti le gaie sale,
    e la tua gioia par senza fine.
    C'è chi ti dice, febbraio, amaro
    perchè talvolta di pioggia e neve
    non sei di certo un mese avaro,
    col tuo cappuccio di nubi, greve.
    Ma cosa importa? Fresca e leggiera
    a te dappresso bionda nel sole,
    tutta sorriso, tutta viole,
    ecco che appare la primavera.


    (Zietta Liù)




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    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    scatto di Richard Giulielli

    Camminiamo in fretta percorrendo la strada che ci è stata assegnata e non ci accorgiamo di qualcuno che ci chiama, non vediamo un filo d’erba, non ci rendiamo conto che ci sono mille piccole strade ai lati e continuiamo a correre senza sapere esattamente dove stiamo andando.
    (Romano Battaglia)

  6. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 004 (25 Gennaio - 31 Gennaio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Mercoledì, 27 Gennaio 2016
    S. ANGELA MERICI

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 04
    Giorni dall'inizio dell'anno: 27/339
    -------------------------------------------------
    A Roma il sole sorge alle 07:27 e tramonta alle 17:18 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:50 e tramonta alle 17:21 (ora solare)
    Luna: 9.07 (tram.) 20.56 (lev.)
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Guardati dalla primavera del gennaio.
    --------------------------------------------------
    Aforisma del giorno:
    Il più potente è colui che ha se stesso in proprio potere.
    (Seneca)









    RIFLESSIONI



    ... BAMBINA DAL CAPPOTTO ROSSO …
    Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. (P. Levi)
    ... Cos'hai visto, bambina dal cappotto rosso?
    Cos'hai sentito, bambina dal cappotto rosso?
    Cosa ti hanno fatto, bambina dal cappotto rosso?
    Hai visto uomini non più uomini, donne non più donne,
    corpi scarnificati, piagati, piegati, violati,
    occhi spenti su facce senza più dolore,
    occhi opachi stanchi di veder terrore,
    ossa, ossa, ossa sepolte nelle fosse
    o che camminano trascinando corpi senza più vigore.
    E il fumo, l'odore acre della morte,
    liberazione per chi soffre e più non spera,
    per chi non ha più un nome, un affetto,
    una dimora, se non un misero buco
    anticipazione della morte.
    Dove sono le feste?
    Dove sono le risate allegre?
    Dov'è il mangiare sull'erba fresca in primavera?
    Dov'è il suono dolce di un'armonica?
    Dove sono il papà, la mamma, il tuo fratellino grande?
    Solo il suono cupo delle sirene risponde ai tuoi pensieri,
    solo le grida di uomini torturati, di donne violentate,
    solo il pianto di bambini abbandonati nel buio della notte.
    È rosso il tuo cappotto,
    rosso come il sangue sparso per le strade,
    rosso come il viso di uomini ubriachi
    che sparano ad altri uomini come fossero bersagli
    di un gioco senza regole,
    uomini inermi, nudi, senza dignità,
    senza un nome, senza più un volto.
    Eccolo, è arrivato l'uomo nero,
    ha guardato sotto il letto,
    ti ha vista, ti ha presa,
    grida, bestemmia, ti fa male.
    Mordi, graffia, scappa, corri lontano,
    oltre il filo spinato,
    oltre la cattiveria,
    oltre la follia,
    oltre il cielo grigio all'orizzonte.
    Lui si arrabbia, grida, ti spara, cadi a terra,
    una macchia rossa sul tuo cappotto rosso,
    la macchia si allarga, si allarga,
    è più grande di te quella macchia,
    più grande della tua voglia di vivere;
    quella macchia ti strappa via la vita
    portandoti oltre l'orizzonte grigio
    là dove esistono solo cieli azzurri
    e verdi prati in primavera.
    Il tuo corpo adesso è lì,
    insieme a quello di tanti altri,
    ammassati, scomposti, disarticolati,
    smembrati, dilaniati,
    ma non c'è più il tuo cappotto rosso,
    dove sarà finito il tuo cappotto rosso?
    Io l'ho visto ancora il tuo cappotto rosso,
    sulle spalle di altre bambine
    in tante altre guerre,
    in tante altre lucide follie dell'umanità,
    e fino a quando ci sarà un cappotto rosso
    macchiato dal sangue di un innocente
    l'uomo non sarà guarito dalla sua
    spietata, crudele, ignobile follia.
    (Vincenzo Rocciolo)
    (Claudio)






    Infanzia miserabile
    Infanzia miserabile, catena
    che ti lega al nemico e alla forca.
    Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore
    già distingue il bene e il male.
    Laggiù dove l’infanzia dolcemente riposa
    nelle piccole aiuole di un parco
    laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
    quando su me è caduto il disprezzo:

    laggiù, nei giardini o nei fiori
    o sul seno materno,
    dove io sono nato per piangere...
    Alla luce di una candela m’addormento
    forse per capire un giorno
    che io ero una ben piccola cosa,
    piccola come il coro dei 30.000,
    come la loro vita che dorme
    laggiù nei campi,
    che dorme e si sveglierà,
    aprirà gli occhi
    e per non vedere troppo
    si lascerà riprendere dal sonno...
    ( Zanus Zachenburg 1929.19. luglio – Auschwitz 1943. 18. dicembre)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Inverno

    L’inverno tessitore
    appende ai rami trine
    finissime, le brine
    di fil d’argento.
    L’inverno è uno scultore:
    la neve fa, sul tetto,
    un monumento.
    Ed è anche musicista,
    e, sulla tramontana,
    ci fischia la più strana
    sua sinfonia.
    Sportivo, fa una pista
    d’ogni campo di neve
    per lo slittino
    e per chi scia.
    Ci offre, da cuoco esperto,
    le caldarroste d’oro,
    fragranti nella loro
    corteccia nera.
    Doni preziosi, certo,
    e molto anch’io t’ammiro…
    ma nel mio cuor,
    sospiro la primavera.
    (Puck)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Il coniglietto Trentatre

    Al paese di Vattelapesca, all’inizio dell’estate, arrivò il Grande Circo MAPUN che alzò il suo tendone colorato nel prato dietro la chiesa. Un corteo rumoroso di pagliacci, elefanti, acrobati e bestie varie percorse l’intero paese richiamando l’attenzione di tutti quanti ed annunciando il grande spettacolo che aveva inizio la sera stessa.
    Così l’intero paese , attirato dalla novità, accorse in massa. Il tendone era gremito, lo spettacolo poteva cominciare!
    Acrobati e domatori tennero col fiato sospeso il pubblico per più di un’ora, mentre i pagliacci irrompevano all’improvviso sulla scena distribuendo botte e inscenando spettacolari cadute, trascinando gli spettatori in fragorose risate. Poi venne il momento della magia. Il mago, sotto i riflettori, nel generale silenzio, stupiva tutti con mirabolanti giochi, facendo sparire ed apparire gli oggetti più inverosimili. Ecco il numero del cilindro. Il Mago annunciò che quella sera avrebbe battuto il record mondiale delle estrazioni di conigli dal cilindro! Ed iniziò, sotto un rullo di tamburo, ad estrarre coniglietti dal cilindro nero. Infilava la mano nel profondo cilindro e la ritraeva tenendo per le orecchie un coniglietto che posava sul tavolo. I conigli si allineavano fermi uno accanto all’altro in una fila sempre più lunga. Il pubblico entusiasta contava a gran voce, incitando il Mago: “18, 19, 20…”e il tamburo impazziva mentre il pubblico in piedi ormai gridava i numeri: “30, 31, 32, e TRENTATRE !!” Applausi scroscianti per l’incredibile numero!
    Ma il coniglietto TRENTATRE, un coniglio bianco con una macchia scura sull’orecchio destro, posato sul tavolo, ultimo di una lunga fila, non rimase fermo a muovere le sole orecchie come i suoi compagni. Con un balzo saltò dal tavolo e iniziò a correre fra i piedi della gente. Prendilo! Gridava il mago. Prendilo! Faceva eco strillando il pappagallo del mago, incitando a suo modo il coniglio alla fuga. Due pagliacci si lanciarono all’inseguimento ma rotolarono a terra per colpa delle grosse scarpe scatenando le risate del pubblico che trovava molto divertente la scena!
    Così, nella totale confusione, Trentatre raggiunse l’uscita e corse a perdifiato verso la campagna. Giunto al primo prato fuori dal paese si nascose sotto un cespuglio e si accoccolò per passare la notte . Alle prime luci dell’alba uscì dal suo rifugio e prese a correre per i prati felice di avere a disposizione tanto spazio e tanto verde. Da tempo meditava di fuggire da quella gabbia dove viveva ammassato ad altri 32 conigli!!
    Era un bella giornata calda e tanto correre e saltare gli mise una gran fame. Così, saltellando intorno, trovò un orto e vi si infilò. Scelse la parte delle carote ed iniziò ad estrarle dalla terra soffice rosicchiandole felice. Ma non altrettanto felice fù il contadino, giunto per innaffiare le verdure, quando vide la fila delle carote da cui si stava servendo Trentatre e di cui rimaneva solo qualche ciuffo di verde. “mangia , mangia le mie carote coniglietto che io mangerò arrosto stasera” pensò il contadino indispettito dalla devastazione del suo orto ma convinto di potersi rifare facilmente. Prese un bastone e si avvicinò piano piano a Trentatre che sgranocchiava a tutto spiano carote seduto bellamente sulle zampe posteriori.
    Patapumf! Un colpo secco! “mancato!” e giù un altro colpo ed un altro ancora. Il contadino menava colpi sempre più rapidi ma ogni volta mancava il bersaglio. Il coniglio non scappava, non saltava, semplicemente spariva e riappariva poco distante con la sua carota fra le zampine. In breve i colpi menati dal contadino fecero nell’orto più disastri di quanto aveva potuto fare Trentatre con il suo appetito . E il contadino, trafelato e irritato, si fermò a riflettere. Quel coniglio aveva qualcosa di strano!
    E non si sbagliava! Trentatre aveva vissuto un anno con il Mago e, come la mamma gli aveva raccomandato, si era applicato diligentemente nel ruolo di assistente. Imparando un po’ di magia….
    Ma il contadino , del tutto ignaro di magia, era preoccupato per le carote che finivano velocemente nel pancino del coniglio, che dimostrava un appetito eccezionale.
    Corse quindi a casa a prendere il fucile da caccia e tornò nell’orto dove Trentatre era passato, con entusiasmo, ad assaggiare la lattuga, felice di scoprire il sapore di tante cose fresche dopo aver vissuto per anni a mangimi!
    Presa la mira fece partire due colpi dal fucile. Un cespo di lattuga si disintegrò ma il coniglio, imperterrito, si spostò verso i pomodori. Ricaricata la doppietta il contadino sparò altri due colpi e due piante di pomodoro caddero senza più vita al suolo. La cosa innervosiva sempre più il povero uomo che in breve esaurì la cartucciera riempiendo l’orto di buchi. Il suono delle campane che annunciavano mezzogiorno lo riportò alla realtà.
    Era meglio calmarsi prima che a fronte di tanto chiasso arrivassero i carabinieri a cui avrebbe dovuto spiegare come mai sparava a più non posso nell’orto dietro casa! E a casa tornò. Mentre mangiava di malavoglia raccontò alla moglie quanto accaduto.
    “Stai invecchiando! Se non riesci a colpire un coniglio fai fare il lavoro a qualcun altro!” disse la moglie. “Forse hai ragione, vado da Bepi e mi faccio dare il suo segugio, quello non ha mai mancato un coniglio!” e così, nel tardo pomeriggio, tornò all’orto con il campione dei cani da caccia. Razzo, il cane acchiappa conigli, era tutto fiero dell’incarico e ben intenzionato a far onore al suo nome. Adocchiato il coniglio cercò la posizione migliore per attaccare e partì come …un razzo. Ma la bocca di Razzo non si chiuse sulle orecchie del coniglio bensì su una ruvida pianta di melanzane! Sconcertato dall’insuccesso Razzo riprovò e riprovò ancora, incitato dal contadino ormai fuori di sé. “Non te la prendere” disse Trentatre al cane, “non è colpa tua ma non puoi competere con la mia magia. “ “Ma io ho il mio onore da difendere!” ribadì Razzo. “Facciamo così allora, io corro verso la campagna e tu mi insegui abbaiando, non mi acchiapperai mai ma potrai sempre dire che mi hai fatto scappare!” “Va bene, almeno così non mi rovino la reputazione.”
    E così Trentatre e Razzo inscenarono la fuga e l’inseguimento. Il contadino a quel punto non sapeva più se essere felice per la sparizione del coniglio o disperato per le condizioni dell’orto devastato dal coniglio, il cane e le fucilate … e se ne tornò desolato a casa mentre calava il sole.
    Trentatre pensò bene che era meglio tenersi lontano dai guai e rimase a dormire sotto dei cespugli distante ormai dal paese e dagli orti. Al mattino riprese a girovagare per i prati, a rotolare e saltare felice della ritrovata libertà. E, come al solito, tanto movimento gli procurava sempre appetito. Ma tanto movimento aveva attirato l’attenzione di una coniglietta grigia che viveva al margine del grande prato. Incuriosita dalla vivacità di Trentatre si avvicinò e gli chiese chi era. “Mi chiamo Trentatre, sono scappato dalla città e da una gabbia dove vivevo con 32 fratelli e poi dagli orti dove cera tanta verdura fresca ma dove la vita era molto pericolosa . Mi piace molto correre e rotolare sui prati e qui mi diverto tanto. Ma ora ho fame e non so come fare” “Mi chiamo Grigina e vivo qui da sempre. C’è molta roba buona da mangiare nei prati e nei boschi, basta cercarla. Se vuoi ti insegno io”. “Ne sarei felice” rispose Trentatre “io in cambio posso insegnarti un po’ di magia”. “Cos’è la magia? Roba che si mangia in città?” chiese Grigina curiosa.

    E così Trentatre e Grigina divennero una coppia di coniglietti felici, che in breve riempirono i prati ed i boschi della collina di piccoli conigli un po’ grigi, un po’ bianchi e qualcuno con una macchia sull’orecchio. Ma tutti molto abili nel trovare cibo e ….. molto, ma molto, molto difficili da acchiappare…….

    (Renzo)



    ATTUALITA’


    Un drone nel cuore di un ghiacciaio.

    Nelle Alpi svizzere,. in futuro potrà aiutare nei soccorsi. Non solo le profondità dei mari o gli obiettivi militari: i droni in futuro potranno aiutare anche a individuare le persone rimaste intrappolate sulle montagne e individuare i soccorsi nel luogo giusto. Ad aprire la strada a questa nuova applicazione è l'esperimento, riuscito, è descritto nel sito Robohub ed è stato condotto dal Gruppo di soccorso montano del ghiacciaio di Zermat, con cui hanno impiegato i droni per esplorare i crepacci e strapiombi più remoti di un ghiacciaio delle Alpi Svizzere.

    Fino ad ora i crepacci sono rimasti quasi sempre inaccessibili, sia all'uomo che ai robot, per le pareti strette e irregolari che li rendono estremamente difficili da percorrere. Ostacoli superati con il drone, che ha trasformato questi problemi in vantaggi, usando la sua 'gabbia' protettiva rotante per muoversi in modo sicuro nel crepaccio e tornare indietro, offrendo rare immagini di quello che c'è dentro.

    Dotato di una videocamera ad alta definizione incorporata che trasmette in diretta, e un potente sistema di illuminazione, il drone è in grado di operare anche nel cuore di un ghiacciaio, decine di metri sotto la superficie. La 'gabbia' protettiva lo rende sicuro anche per volare vicino agli essere umani, anche se comandato in remoto da un pilota non formato.
    (Ansa)





    A Carnevale ogni dolce vale, viaggi solo per golosi.

    Fritti, zuccherati, farciti e speziati; tour alla scoperta delle tradizioni culinarie italiane nel periodo del divertimento in maschera. A Carnevale tutto è ammesso, anche in cucina: ovunque, da Nord a Sud, ci si sbizzarrisce con ricette della tradizione regionale che valorizza i dolci, quasi tutti fritti o, tutt’al più, cotti al forno. Per accompagnare le sfilate e le feste in maschera, sempre tese all’eccesso, si preparano piatti stracolmi di zucchero, liquore, creme e cioccolato, quasi a voler fare il pieno prima della sobria Quaresima. E’ proprio questo uno dei motivi che da sempre invoglia ogni città e ogni regione d’Italia a omaggiare la festa del Carnevale con tante ricette dolciarie - chiacchiere, frappe, castagnole, bugie, zeppole – che spesso hanno ingredienti e preparazioni simili ma nomi diversi.

    E’ il caso della frappa romana, marchigiana e abruzzese, sottile sfoglia friabile di farina, burro, vino o liquore a forma di nastro o rettangolo o rombo dentellato, fritta nello strutto e spolverata da zucchero a velo, che in Toscana si chiama cencio, in Romagna fiocchetto, a Venezia galano, in Liguria e in Piemonte bugia e chiacchiera in Lombardia, Sicilia e Umbria. Stessa ricetta ma con l’aggiunta di lievito di birra, frutta secca e candita per le friole veneziane e per i crostoli del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Con la pasta dei bignè si preparano le frittelle, a cui si aggiungono, a seconda della tradizione locale, uvette, crema pasticcera, miele o liquore; in molte regioni del Centro si chiamano castagnole, in Toscana bomboloni, in Campania struffoli e tortelli in Lombardia.

    Ecco, dunque, un tour gastronomico alla scoperta delle più famose e tradizionali ricette carnevalesche, regione per regione.
    Nelle Marche si preparano gli scroccafusi, dolce tipico di Macerata a base di alchermes, e i ravioli fritti, sfoglie di vin cotto, acqua e farina farcite con crema pasticcera o di castagne e con cannella.

    In Abruzzo, in Molise e in Umbria a Carnevale si cuoce la laboriosa cicerchiata, una piramide di palline di pasta frolla fritte, rotolate nel miele e guarnite con granella di zucchero colorato.

    In Toscana, invece, oltre ai bomboloni fritti ripieni di crema o di cioccolato e ai cenci, è imperdibile il berlingozzo, un ciambellone che si consuma dal Quattrocento ogni giovedì grasso. Anche in Basilicata il dolce più caratteristico è rotondo: è il tarallo al naspro, a base di anice e glassa di limone.

    In Calabria, invece, si prepara la pignolata, dolce a forma di piramide con piccoli bastoncini di pasta fritta ricoperti di miele, molto simile alla cicerchiata. In Campania ci sono le ciambelle graffe, con pasta lievitata, cotta al forno e poi fritta, e gli struffoli, piccole palline di pasta dolce, fritte, poi immerse nel miele e decorate con confettini colorati. Ci sono anche il migliaccio, una specie di farinata a base di uva passa, pinoli e canditi a pezzetti, e nel napoletano, tra i piatti salati, le tradizionali lasagne, a base di salsiccia e pancetta.

    Sono tutti fritti i dolci dell’Emilia Romagna: le classiche frappe, le ravioline ripiene – simili alle castagnole o ai tortelli - e le tagliatelle, rettangoli di pasta arrotolati e spolverizzati di zucchero a velo.

    I crostoli sono frappe tipiche del Veneto (friole a Venezia) e del Friuli Venezia Giulia, mentre nel Trentino si preparano i chifelini, gustosi nastrini a forma di mezza luna ripieni di marmellata. La ricetta è interessante anche da un punto di vista storico: il nome deriva da gipfel, la punta della mezza luna simbolo dell’esercito turco, e pare sia stato inventato da un panettiere viennese che, durante l’assedio ottomano di Vienna, alla fine del Seicento, volle confortare i suoi concittadini con un dolce molto invitante e profumato. Se nel Lazio, oltre a preparare le frappe, si riempiono le castagnole di crema pasticcera, in Liguria gli stessi dolci – le bugie – si cucinano con la farina di castagne, schiacciati come delle piccole frittelle.

    In Lombardia a Carnevale si preparano, oltre alle classiche chiacchiere, i tortelli ripieni, che in Piemonte e in Val d’Aosta si chiamano friciò, con l’uvetta, e bignole, con il cioccolato. Nelle due isole maggiori i dolci di Carnevale riflettono le tradizioni gastronomiche locali: in Sicilia non mancano mai i cannoli, nati proprio in occasione del Carnevale, e la pignoccata di Palermo, dolce a forma di pigna con palline fritte ricoperte di miele, mandorle, arance condite e confettini di zucchero colorato; in Sardegna ci sono le cattas o zippulas, frittelle a forma di spirale con zafferano e arancia. Infine meritano un assaggio i bocconotti della Puglia, piccolo dolce di pasta frolla (da mangiare in un solo boccone) con crema e marmellata di ciliegie, presenti con altri ingredienti anche nelle cucine abruzzese, molisana, salentina e lucana. ‬
    (Ansa)





    Test sugli animali sostituiti da quelli sulle cellule.

    Ugualmente efficaci nel verificare la tossicità di sostanza. Per verificare la tossicità di sostanze come pesticidi, additivi alimentari o farmaci, non è più necessaria la sperimentazione sugli animali: adesso è possibile farlo utilizzando soltanto colture di cellule. Lo indica la ricerca condotta da Ruili Huang, dell'Istituto nazionale per la salute (Nih) e basata sui dati di Tox21, il vasto progetto americano nato per sviluppare metodi più efficienti per testare la pericolosità delle sostanze chimiche per uomo e ambiente.

    Da tempo si discute sulla necessità o meno di sperimentare sugli animali la tossicità di molte sostanze chimiche che possono entrare in contatto con l'uomo, come i pesticidi, oppure usate per la produzione del cibo o dei farmaci. Per questo una serie di enti statunitensi, in particolare Nih, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Epa) e l'Agenzia del farmaco (Fda), hanno sviluppato l'ambizioso progetto Toxicology in the 21st Century (Tox21).

    Nel corso degli anni i ricercatori coinvolti nel progetto hanno analizzato gli effetti di oltre 10.000 sostanza chimiche sia con tecniche in vitro, ossia su colture di cellule umane, che in vivo, sugli animali. Confrontando gli oltre 50 milioni di dati raccolti sui diversi tipi di test, i ricercatori affermano che i modelli in vitro sono in grado di predire con grande precisione gli effetti tossici sia su animali che uomini.
    Anche se i risultati dovranno essere ulteriormente analizzati, gli autori dello studio spiegano che i test tossicologici possono essere fatti con successo usando colture cellulari in vitro.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Una volta nella vita




    locandina


    Un film di Marie-Castille Mention-Schaar. Con Ariane Ascaride, Ahmed Dramé, Noémie Merlant, Geneviève Mnich, Stéphane Bak



    Un film più che riuscito su come dovrebbe essere la scuola: luogo della trasmissione del saper imparare.

    Marianna Cappi


    Nella banlieu di Créteil, a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c'è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. Non solo: contro il parere di tutti, inizialmente scoraggiata dagli studenti stessi, la Gueguen sceglie proprio la seconda esplosiva, anziché la gemella "europea" e più disciplinata, per partecipare al concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD) indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. L'incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
    Fuor di finzione, l'esperienza reale del concorso letterario è stata di grande stimolo per il giovane Ahmed Dramé, che ha contattato la regista Marie-Castille Mention-Schaar e rievocato con lei quell'anno di liceo, e fornendole la base di partenza per questo film: una sorta di fratellino ingenuo ma felice de La Classe di Cantet, cui deve molta ispirazione, pur non eguagliandone la statura cinematografica.
    Là, si trattava soprattutto di una guerra di parole: una lotta dura per avere l'ultima, e la presunta verità, tra arroganza e potere. Qui, quello che la professoressa insegna con successo è l'esatto contrario: il dovere, prima, di trovare le proprie parole, e di non cadere nella trappola terribile del silenzio-assenso, e poi di fermare quelle stesse parole, non solo quelle irrispettose e inaccettabili, ma tutte, e di opporre loro un silenzioso rispetto. Quando, nel museo dell'Olocausto, sono le ragazzine stesse a dire con un fil di voce che hanno deciso di trattenersi, che l'altro impegno è rimandabile mentre questo no, il film è arrivato a segno, nella sua vocazione didattica e non solo.
    Appesantito inizialmente da un prologo a tesi sul muro contro muro tra la legge francese e l'identità culturale in materia di velo sul capo delle donne, con il tramite tenero e serio allo stesso tempo di una grande attrice, Ariane Ascaride, Una volta nella vita diventa in corso d'opera un film più che riuscito, anche perché perfettamente adeguato alle ambizioni di partenza. C'è un momento preciso che decreta la vittoria del film sul rischio di scivolare nel cliché, ed è il momento in cui l'ex deportato Léon Ziguel parla al gruppo di attori e comparse, tutti studenti. In quel momento, girato per forza di cose in un'unica ripresa, la finzione che struttura il film e la realtà storica che lo sostanzia raggiungono la simbiosi e la classe si apre ad annettere il pubblico tutto, in sala o altrove.
    La scuola, origine e destinatario ideale di questo lavoro, è ritratta, con ottimismo e speranza, come il luogo possibile della trasmissione, non solo del sapere, ma ancor più del saper imparare.


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    NOMINATIONS AGLI OSCAR

    "Perché nel mezzo di una tempesta,
    se guardi i rami di un'albero,
    giureresti che stia per cadere.
    Ma se guardi il suo tronco ti accorgerai ti quanto sia stabile!"

    Revenant - Redivivo




    Titolo originale The Revenant
    Lingua originale inglese, francese, pawnee
    Paese di produzione Stati Uniti d'America
    Anno 2015
    Durata 156 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 2,35 : 1
    Genere biografico, avventura, drammatico, western, thriller
    Regia Alejandro González Iñárritu
    Soggetto Revenant di Michael Punke
    Sceneggiatura Alejandro González Iñárritu, Mark L. Smith
    Produttore Steve Golin, Keith Redmon, David Kanter, Alejandro González Iñárritu,
    Arnon Milchan, James Skotchdopole
    Produttore esecutivo Paul Green, James Packer, Brett Ratner
    Casa di produzione New Regency Productions, RatPac Entertainment
    Distribuzione (Italia) 20th Century Fox
    Fotografia Emmanuel Lubezki
    Montaggio Stephen Mirrione
    Effetti speciali Richard McBride, Matt Shumway, Jason Smith e Cameron Waldbauer
    Musiche Ryūichi Sakamoto, Carsten Nicolai, Bryce Dessner
    Scenografia Jack Fisk
    Costumi Jacqueline West



    Interpreti e personaggi

    Leonardo DiCaprio: Hugh Glass
    Tom Hardy: John Fitzgerald
    Will Poulter: Jim Bridger
    Domhnall Gleeson: Andrew Henry
    Paul Anderson: Anderson
    Lukas Haas: Jones
    Brendan Fletcher: Fryman
    Brad Carter: Johnnie
    Kristoffer Joner: Murphy

    Premi

    2016 - Golden Globe
    Miglior film drammatico
    Miglior regista a Alejandro González Iñárritu
    Miglior attore in un film drammatico a Leonardo DiCaprio


    Revenant - Redivivo è un film del 2015, diretto, co-scritto e co-prodotto da Alejandro González Iñárritu.
    Scritto dallo stesso Iñárritu e da Mark L. Smith e distribuito dalla 20th Century Fox, è basato sull'omonimo romanzo del 2003 ed è parzialmente ispirato alla vita del cacciatore di pelli Hugh Glass, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento e che nel 1823, durante una spedizione commerciale nei territori dove nasce il Missouri, fu abbandonato in fin di vita dai suoi compagni, riuscendo a sopravvivere.

    TRAMA



    Nel 1823 il cacciatore di pelli Hugh Glass si unisce alla Rocky Mountain Fur Co. per avventurarsi in un territorio inesplorato in cerca di nuove pelli. Dopo essere stato aggredito da un grizzly che lo ha quasi ucciso, l'uomo viene preso in custodia da due volontari della compagnia, il rude mercenario John Fitzgerald e il giovane Jim Bridger, futuro "Re degli Uomini delle Montagne". Quando gli indiani assaltano il loro accampamento, Fitzgerald e Bridger abbandonano Glass al suo destino dopo averlo derubato delle armi e degli oggetti di sua proprietà. Isolato, privo di difese e furioso, Glass giura di sopravvivere per vendicarsi.

    ....recensione....



    Revenant – Redivivo è prima di tutto una titanica impresa cinematografica, che ha richiesto uno sforzo produttivo immane, che ha allungato in corso d’opera sia i tempi delle riprese (arrivati alla fine a circa 9 mesi) sia di conseguenza il budget del film che, a fronte di una stima iniziale di circa 60 milioni di dollari, ha raggiunto alla fine quota 135 milioni. Questo impressionante impegno umano ed economico non è però stato vano. La prima cosa che salta agli occhi è la fotografia di Emmanuel “Chivo” Lubezki, che ha ottime probabilità di portarsi a casa il terzo Oscar consecutivo per la categoria. Il suo lavoro è stato realizzato utilizzando solamente la luce naturale, evitando gli artifici tecnologici successivi all’epoca in cui è ambientata la storia e donando così grande realismo al film. Alejandro González Iñárritu sfrutta alla perfezione il lavoro del socio Chivo, completandolo con alcuni virtuosismi registici che ne confermano le eccellenti doti tecniche. A differenza del precedente Birdman, girato in modo da dare la sensazione di assistere a un unico piano sequenza, stavolta i piani sequenza sono diversi, ma di un’efficacia su schermo altrettanto encomiabile.
    Almeno due le sequenze da antologia, che siamo sicuri si scaveranno uno spazio nella storia del cinema: l’impressio-
    nante attacco da parte degli indiani Arikara alla spedizione dei cacciatori di pellicce, fra i più violenti mai visti su schermo, che provoca quasi un fastidio fisico per il realismo con cui le frecce trafiggono le persone, e l’altrettanto dura scena della lotta fra Hugh Glass e un orso, in cui riusciamo quasi a percepire la voglia di sopravvivenza e il dolore fisico del personaggio per le terribili ferite che gli vengono inferte.

    Per quanto riguarda Leonardo DiCaprio, è sempre più difficile trovare gli aggettivi adatti per descriverne la bravura. In Revenant – Redivivo questo formidabile attore, ormai senza ombra di dubbio il migliore della sua generazione, ha centrato probabilmente la migliore prova di una carriera già memorabile, nonché una delle più impegnative: si è infatti prestato personalmente, senza l’ausilio di controfigure, a girare alcune sequenze estreme come quella in cui rimane sepolto nella neve o quella in cui salta in un lago ghiacciato. Un’immedesimazione nel personaggio pressoché totale, che traspare in ogni scena in cui è presente DiCaprio, che riesce con il solo sguardo a raccontare e a fare vivere i diversi stati d’animo del proprio personaggio, il quale passa dal dolore alla collera, dalla voglia di vendetta alla speranza. Sarebbe però ingiusto non spendere due parole anche per Tom Hardy, perfetto contraltare di Leonardo DiCaprio, con il quale inscena un lungo duello che sfocia apertamente nel western, meritandosi ampiamente la nomination all’Oscar come migliore attore non protagonista . [..]
    Revenant – Redivivo è un film durissimo e non adatto a tutti, sia per una violenza insistita e potenzialmente fastidiosa sia per un incedere lento, fatto di lunghe sequenze con dialoghi ridotti all’osso. Chi avrà la forza e il coraggio di guardare oltre si troverà davanti a un film davvero pregevole, fra i migliori degli ultimi anni, in cui la vera protagonista è una natura selvaggia, opprimente e inospitale, che rende difficile, se non impossibile, la vita ai propri figli. Una natura severa, spietata e avara, all’interno del quale si consuma una storia semplice ma che colpisce il cuore e la pancia dello spettatore, basata su due degli istinti più puri e ancestrali dell’uomo: la voglia di sopravvivenza e la sete di vendetta. Più che un film, una vera e propria esperienza visiva e sensoriale, che siamo certi non vi deluderà.
    (Marco Paiano, www.cinematographe.it/)

    (Gabry)





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    La musica del cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    Franco Battiato


    Franco Battiato è nato a Jonia (CT) nel 1945.

    Gli anni ’70, Bla Bla e Ricordi. Sin dai primi anni ’70 partecipa attivamente alle correnti di ricerca e sperimentazione europee. Le sue prime incisioni discografiche organiche escono per l’etichetta sperimentale Bla Bla, dal 1971 al 1975: Fetus (1971), Pollution (1972), Sulle corde di Aries (1973), Clic (1974), M.elle le “Gladiator” (1975).L’artista passa poi a Ricordi, che pubblica Feedback (1975), un album doppio che riassume la sua precedente produzione per Bla Bla, Battiato (1976), Juke Box (1977) e L’Egitto prima delle sabbie (1978).Con quest’ultimo brano per pianoforte Battiato vince nel 1978 il Premio Karlheinz Stockhausen.

    Gli anni ’80 e la EMI. Nel 1979 pubblica L’Era del Cinghiale Bianco, primo lavoro con la Emi Italiana. Seguono Patriots (1980) e, nel 1981, La voce del Padrone, che staziona al vertice della classifica italiana per un anno vendendo oltre un milione di copie. Battiato diventa un “caso”, materia di studio per gli intellettuali e fonte d’ ispirazione per i musicisti. Gli album successivi sono: L’arca di Noè (1982), Orizzonti perduti (1983), Mondi lontanissimi (1985), Echoes of sufi dances (1985). L’Ottava nel 1985 avvia le edizioni L’Ottava in collaborazione con Longanesi, e, nel 1989, l’omonima etichetta discografica dedicata a musica “di frontiera” fra la composizione colta, la canzone e la musica etnica, pubblicando sei titoli tra il 1988 e il 1989. L’opera Genesi e la produzione pop degli ultimi ’80. Ma sin dal 1984 Franco Battiato è al lavoro per Genesi. L’opera debutta al Teatro Regio di Parma il 26 aprile 1987, accolta con trionfale consenso. Per la Emi escono ancora: Nomadas (1987, Emi Spagnola), Fisiognomica (1988) e, nel 1989, il doppio album dal vivo Giubbe rosse.

    L’inizio degli anni ’90, tra dischi pop e opere classiche. Nel 1990 esce la colonna sonora composta da Battiato per il film Benvenuto Cellini – Una vita scellerata. Nel 1991 Battiato incide Come un Cammello in una grondaia. L’album contiene, accanto ad alcuni lieder ottocenteschi, anche il brano Povera Patria, che diviene in breve tempo un simbolo di impegno civile. Come un Cammello in una grondaia è riconosciuto Miglior Disco dell’Anno 1991 nel referendum della stampa specializzata promosso dalla rivista Musica e Dischi. Nello stesso periodo lavora alla sua seconda opera lirica, Gilgamesh, che debutta con successo al Teatro dell’Opera di Roma il 5 giugno 1992. Segue il Tour di Come un cammello in una grondaia, dove Battiato è accompagnato dall’orchestra I Virtuosi Italiani, da Antonio Ballista e da Giusto Pio. Il 4 dicembre 1992 con I Virtuosi Italiani è a Baghdad, in concerto con l’Orchestra Sinfonica Nazionale Irachena. Nell’ottobre ’93 Battiato pubblica l’album Caffé de la Paix, che si classifica nuovamente Miglior Disco dell’Anno nel referendum di Musica e Dischi. Nello stesso periodo debutta la Messa Arcaica, composizione per soli, coro e orchestra.

    La metà degli anni ’90 e l’inizio della collaborazione con Manlio Sgalambro. Nel settembre del ’94, su commissione della Regione Siciliana per l’ottavo centenario della nascita di Federico II di Svevia, viene rappresentata nella Cattedrale di Palermo l’opera Il Cavaliere dell’intelletto, su libretto del filosofo Manlio Sgalambro. Nell’autunno del ’94 esce Unprotected, album live registrato durante la tournée dello stesso anno conclusasi in Libano il 7 agosto al Festival di Beiteddine. Nel ’95 è la volta de L’ombrello e la macchina da cucire, album pop su testi di Manlio Sgalambro. Nel ’96 la EMI inglese pubblica Shadow, Light, disco contenente Messa Arcaica e brani mistici. I secondi anni ’90, Polygram e Sony. Nell’autunno del ’96 la Polygram pubblica L’imboscata. Uno dei brani dell’album, La cura, è riconosciuto Miglior Canzone dell’Anno al Premio Internazionale della Musica. Nel ’97 segue anche il ritorno di Battiato nei palasport con un lungo e applauditissimo tour. A settembre del 1998 esce Gommalacca, contenente il singolo di grande successo Shock in my town che Battiato esegue l’anno dopo a Sanremo in qualità di ospite d’onore. L’album prosegue il discorso musicale iniziato con L’imboscata, arricchendolo ulteriormente di sonorità dure e spigolose. Il 22 ottobre 1999 viene pubblicato Fleurs, album nel quale Battiato interpreta 10 cover e 2 inediti e che gli vale la targa di Miglior Interprete all’edizione 2000 del Premio Tenco.

    Dal 2000. Nel giugno 2000 esce Campi magnetici, disco che contiene le musiche del balletto commissionate dal Maggio Musicale Fiorentino. Il balletto, su testi di Manlio Sgalambro, viene rappresentato nello stesso mese al Teatro Comunale di Firenze con le coreografie di Paco Decina. Nell’aprile 2001 esce Ferro Battuto, che contiene 10 brani prodotti e arrangiati dallo stesso Battiato con la partecipazione di alcuni prestigiosi ospiti, primo fra tutti Jim Kerr dei Simple Minds che duetta con Battiato in Running against the grain, poi la voce di Natasha Atlas, gli archi della London String Orchestra e, nella versione spagnola, Mercedes Sosa. Il 30 agosto 2002 arriva nei negozi Fleurs3. L’album, che debutta direttamente al primo posto della classifica italiana degli album più venduti, si ricollega nell’ispirazione al precedente Fleurs ed è composto da 10 cover e una canzone inedita cantata in coppia con Alice e intitolata Come un sigillo. Il cinema, PERDUToAMOR e il Nastro d’Argento. Nel maggio 2003 esce nelle sale PERDUToAMOR, esordio cinematografico alla regìa di Franco Battiato. Il film, scritto con Manlio Sgalambro e riconosciuto d’Interesse Culturale Nazionale, narra il percorso formativo di Ettore, prima bambino poi giovane adulto, nella Sicilia e nella Milano degli anni ’50 e ’60. La colonna sonora del film contiene, oltre a due brani dello stesso Battiato, altre 22 canzoni che spaziano dalla musica sinfonica e operistica alla musica italiana degli Anni ’60. Il 2003 si chiude con Last summer dance, doppio album live registrato durante il tour estivo e pubblicato nell’ottobre dello stesso anno.

    Nell’aprile 2004 Franco Battiato vince, con il suo PERDUToAMOR, il Nastro d’Argento come miglior regista italiano esordiente. A luglio prende il via il nuovo tour estivo, Live in, che tocca alcune località di particolare suggestione. Accompagnato da un organico cameristico, Battiato propone soprattutto il suo repertorio più ricco di pathos e di emozioni. Dieci Stratagemmi. Anticipato dai singoli Ermeneutica e Tra sesso e castità, esce, nell’ottobre 2004, Dieci stratagemmi, il cui titolo è ispirato al libro dei 36 stratagemmi, antico testo cinese di tattica e strategia militare. Il 22 novembre al Teatro dell’Opera di Roma, Franco Battiato è in concerto con la Royal Philharmonic Orchestra di Londra. Un recital pensato e realizzato in favore del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano. Un’occasione unica per ascoltare in versioni inedite i classici del repertorio eclettico del musicista accompagnati dalla storica orchestra britannica, tra le più note e apprezzate del mondo. A dicembre il debutto televisivo con Bitte, keine réclame, un programma scritto con Manlio Sgalambro. Sei puntate di 45 minuti, in cui vengono proposti incontri con uomini straordinari. Dai versi di Shakespeare al fragore elettro-rock. È un Franco Battiato deciso e ispirato quello dell’applauditissimo Dieci Stratagemmi tour che nei primi mesi del 2005 fa tappa in numerose città italiane, seguito dalla pubblicazione, nel novembre 2005, del dvd live Un soffio al cuore di natura elettrica. L’Arte del Vivere, questo il tema del Padiglione Italia all’Esposizione Universale di Aichi 2005 in Giappone. Le musiche, che hanno ricreato il fascino del Mediterraneo e della sua millenaria cultura, sono state realizzate da Franco Battiato. Musikanten. Musikanten racconta la storia di un’autrice televisiva che, per un suo programma, incontra uno sciamano che la sottopone ad ipnosi regressiva. La donna, interpretata da Sonia Bergamasco, scoprirà che forse in una vita precedente è stata il principe Lichnowsky, amico e mecenate di Beethoven. Quest’ultimo è interpretato dal regista Alejandro Jodorowsky. La sceneggiatura è scritta da Battiato e dal filosofo Manlio Sgalambro.

    Il Vuoto e Niente è come sembra
    Il Vuoto, lavoro pubblicato nel 2007 e Niente è come sembra, ultimo film pubblicato nello stesso anno.

    Fleurs2
    Dal novembre 2008 Fleurs2, che vede le partecipazioni, tra gli altri, di Annie Ducros, Antony e Juri Camisasca. Oltre a 10 brani di altri notissimi autori, ci sono le inedite “Tutto l’universo obbedisce all’amore” cantata con Carmen Consoli e la personalissima e suggestiva “L’addio” dedicata a Giuni Russo.

    Inneres Auge
    Nel 2009 è l’anno di “Inneres Auge”, “L’Occhio Interiore”, album principalmente composto da reinterpretazioni che riguardano soprattutto il periodo pop-elettronico degli anni Ottanta, album come “Orizzonti Perduti” e “Mondi lontanissimi” rivisitati con sofisticata sensibilità. Ma questo non è solo un album di cover, la canzone che dà il titolo all’album, unico inedito insieme a “U Cuntu” e “Tibet” (pubblicata solo in digitale prima) sono un grido di protesta contro il degrado e al decadimento del genere umano, partendo dalla situazione politica italiana fino al lontano Tibet. Non tralasciamo uno dei gioielli dell’album, “Inverno “ di De André, eccellente interpretazione del Maestro.

    Nel 2011, su commissione del Comune di Cosenza/Teatro Rendano, Battiato compone Telesio, la sua nuova opera, con libretto di Manlio Sgalambro.

    Nel 2012 arriva Apriti Sesamo, mentre nel 2013 è la volta della collaborazione con Antony & The Johnson, da cui esce un disco dal vivo che riprende il concerto fatto assieme l’estate precedente e che s’intitola Del suo veloce volo.

    Nel settembre 2014 è la volta di Joe Patti’s Experimental Group, nuovo album di studio realizzato insieme a Pino “Pinaxa” Pischetola: brani tutti elaborati in chiave elettronica e sperimentale.

    Il 13 novembre 2015 viene pubblicata l’antologia dal titolo “Le nostre anime” in due differenti formati con nuove versioni, nuovi mix e brani remaster: una con 3 CD e una deluxe version contenente 6 CD più 4 DVD.
    Una vera summa di quanto realizzato da Battiato dal suo primo album ad oggi, coprendo anche il lavoro cinematografico.
    Inoltre l’antologia contiene due inediti e una cover oltre ad una straordinaria versione di Battiato con Mika del brano “Centro di gravità permanente”, con testo per l’occasione adattato in inglese e titolato “Center of gravity”.




    fonte: battiato.it




    La cura

    Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
    dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
    Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
    dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
    Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
    dalle ossessioni delle tue manie.
    Supererò le correnti gravitazionali,
    lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
    E guarirai da tutte le malattie,
    perché sei un essere speciale,
    ed io, avrò cura di te.
    Vagavo per i campi del Tennessee
    (come vi ero arrivato, chissà).
    Non hai fiori bianchi per me?
    Più veloci di aquile i miei sogni
    attraversano il mare.
    Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
    Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
    I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
    la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
    Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
    Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
    Supererò le correnti gravitazionali,
    lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
    Ti salverò da ogni malinconia,
    perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te ...
    Io sì, che avrò cura di te.


    (Ivana)





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    CRONACA SPORTIVA


    Trovato piccolo fan Messi che commosse il web.

    Bbc, afghano il bimbo la cui foto è diventata virale, ha 5 anni. Il piccolo fan di Messi che commosse il web è afghano e ha 5 anni. E' stato risolto il mistero, o almeno così sembra, del bambino ritratto di spalle in una famosa foto che ha fatto il giro del web, con indosso un sacchetto di plastica trasformato in una maglia di calcio, e con la scritta Messi con il numero 10. Una fotografia commovente ma dai contorni nebulosi, che aveva comunque innescato immediatamente una campagna di solidarietà per cercare il piccolo tifoso. Adesso, stando a quanto scrive la Bbc online, si è scoperta l'identità del giovanissimo 'calciatore': il piccolo si chiama Murtaza Ahmadi e vive nel distretto di Jaghori, una zona rurale nella provincia orientale afghana di Ghazni. La conferma è arrivata dallo zio del bimbo, Azim Ahmadi, un rifugiato afghano che vive in Australia, e sul suo profilo Facebook ha postato le foto del nipote, questa volta di faccia. L'uomo ha fatto da ponte tra un giornalista della Bbc e il padre di Murtaza, Arif. L'uomo ha confermato che il bimbo è suo figlio e ha raccontato che sa di essere diventato famoso "ed è molto felice". Il papà ha anche svelato come è nata l'idea della maglietta di plastica: Murtaza, ha detto, "ama veramente Messi e anche il calcio, ma per noi è impossibile comprargli una maglia perché io sono solo un contadino. I ragazzi allora hanno deciso di utilizzare la busta di plastica". Diversa invece la ricostruzione di un canale tv curdo, Kurdistan24tv, secondo cui il bimbo sarebbe in effetti afghano, ma si chiamerebbe Homid e vivrebbe a Dohuk, in Iraq. Inoltre, secondo questa ricostruzione, la foto con la busta risale a due anni fa e nel frattempo il piccolo ha ottenuto e sfoggia una maglia vera del suo idolo. Ma, scrive la Bbc, si sarebbe poi scoperto che tali informazioni sono state postate sul web da uno studente di un liceo svedese che voleva portare l'attenzione proprio su Dohuk, città da cui provengono i suoi familiari. Nelle ore immediatamente successive alla pubblicazione della fotografia, diventata virale, il team della star del Barcellona si era messo in moto con l'intenzione di cercare il piccolo per potergli regalare una maglietta del bomber argentino. Adesso il mistero sembra essere risolto, almeno, fino alla prossima puntata della storia.
    (Ansa)




    Lillehammer 2016: Schwarz portabandiera.
    Per le Olimpiadi giovanili scelto lo slittinista 18enne. Il portabandiera dell'Italia alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi giovanili di Lillehammer 2016, a febbraio in Norvegia, sarà Felix Schwarz, 18enne slittinista di Merano.
    Lo ha annunciato il presidente del Coni Giovanni Malagò, al termine della Giunta che si è tenuta nel Municipio di Cortina d'Ampezzo, alla stessa ora e nella stessa località in cui 60 anni fa, il 26 gennaio '56, si svolse la cerimonia d'apertura dei VII Giochi olimpici invernali.
    A Lillehammer dieci giorni di gare con oltre mille atleti (dai 15 ai 18 anni) in rappresentanza di 70 Paesi. La missione tricolore, guidata da Anna Riccardi, sarà rappresentata da 37 atleti (20 uomini e 17 donne) impegnati in 13 discipline.
    Per quanto riguarda il portabandiera per le Olimpiadi di Rio de Janeiro, Malagò ha detto che "molto probabilmente sarà una donna: lo stabiliremo nella giunta del Coni del 27 aprile. Per ora sono 132 gli atleti già qualificati; mancano alcuni importanti sport di squadra, come la pallanuoto, ma siamo molto fiduciosi".
    (Ansa)




    Ecco il 6 Nazioni di Rugby. Parisse, Italia può sorprendere.
    'Dai giovani voglio entusiasmo, addio Brunel non è un problema'. "Sarà un 6 Nazioni molto difficile perché inizieremo contro Francia e Inghilterra, due squadre molto forti. Ma c'è la volontà di dare il nostro meglio e iniziare questo torneo con delle buone prestazioni". Così il capitano dell'Italrugby, Sergio Parisse, in vista dell'esordio nel 6 Nazioni 2016 a Parigi contro la Francia il prossimo 6 febbraio, a cui seguirà il match contro gli inglesi all'Olimpico nel giorno di San Valentino. E' un'Italrugby, sempre ricca di sponsor nonostante le sconfitte, che arriva all'appuntamento con tanti esordienti (ben dieci) e un commissario tecnico, Jacques Brunel, che lascerà l'incarico subito dopo la fine del torneo. "Ci auguriamo di poter essere la sorpresa del 6 Nazioni, ma penso che oggi non serva a niente parlarne e creare false aspettative", precisa Parisse, precisando che "questo è un torneo difficile, e siamo una squadra che non ha le potenzialità per vincerlo. Ma giocando al massimo possiamo mettere in difficoltà chiunque". "Probabilmente - continua il capitano azzurro - a livello di esperienza peccheremo un po' con l'innesto di tanti esordienti, ma dal punto di vista dell'entusiasmo e della volontà mi aspetto, soprattutto da parte loro, tanta voglia di fare bene". Quanto al prossimo addio di Brunel, Parisse specifica che "a prescindere da lui, c'è la volontà di fare bene, soprattutto per noi come la squadra e per il futuro. Jacques concluderà un ciclo con questa nazionale ma questa squadra e tanti ragazzi, soprattutto gli esordienti, continueranno a giocare in Nazionale e da parte di tutto il gruppo immagino ci sia la volontà di fare bene: per noi stessi, come squadra, e per il nostro movimento. E poi penso che anche per Brunel sarà un piacere finire questo ciclo con un buon piazzamento nel torneo".
    (Ansa)

    (Gina)



    I BIMBI E L'ACQUA!!!




    Il tuo bimbo ha paura dell’acqua?




    Perché si diverta al mare o in piscina, è importante mostrarsi sicuri e non forzare i suoi tempi



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    Spiace doverlo ammettere, ma spesso la paura dell’acqua viene trasmessa proprio dai genitori, anche se non ne sono consapevoli. Difficilmente i bambini molto piccoli nutrono avversione per l’acqua. Anzi, la riconoscono come elemento piacevole e familiare poiché hanno vissuto nel liquido amniotico nella fase prenatale.
    Eppure per molti il primo approccio può diventare fonte di timori. Cosa fare allora per evitarlo?

    Insieme a un genitore
    Papà e mamma potranno decidere chi dei due è più adatto ad accompagnare il bimbo nella sua prima avventura acquatica. Se la mamma per esempio non ha familiarità con l’acqua oppure è di carattere ansioso, le sue ansie e paure verranno percepite immediatamente dal bambino che tenderà a sviluppare un atteggiamento negativo e a rifiutare il contatto con l’acqua, sia il mare sia in piscina. Invece il genitore che si sente più sicuro può affiancare fin dai primi mesi di vita il piccolo aiutandolo a familiarizzare con l’acqua attraverso il gioco. È importante procedere con gradualità rispettando i tempi del bambino.

    Un bagnetto rassicurante
    Un’ottima idea per i più piccoli è di immergerli in una piccola vasca gonfiabile ( l’acqua così sarà leggermente riscaldata dal sole) dalla quale poi lentamente il bimbo si trasferirà in mare, magari portando con se i suoi giochini. Oppure, farlo sedere sul bagnasciuga, invitandolo a prendere una delle sue paperette o il secchiello, spostati man mano verso l’acqua. E poi una volta in acqua via libera a braccioli e ciambelle. Il gioco sarà quello di “sgonfiare” il salvagente con gradualità, decidendo i tempi con il bambino. Accorgimenti semplici ma che in genere funzionano.


    fonte:http://www.piusanipiubelli.it/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    RICORDI FUTURI


    Dal 24 Gennaio al 29 Maggio 2016



    Dal 25 gennaio al 29 maggio 2016 Palazzo Mazzetti di Asti (Corso Alfieri, 357) ospiterà la mostra collettiva “Ricordi Futuri”, a cura di Ermanno Tedeschi.
    Il fil rouge che collega le opere dei trentaquattro artisti in mostra è l'idea della memoria e del ricordo, che lega ogni persona alle proprie origini e tradizioni, intesa come unico strumento di conoscenza che l’uomo ha a disposizione, in quanto rende ciascun individuo consapevole delle proprie esperienze passate e solo così pronto ad affrontare quelle presenti e quelle future. La collettiva comprende diversi ambiti della vita umana e diverse discipline. Si parte dall'arte figurativa e concettuale, per passare attraverso le percezioni sensoriali di oggetti (giocattoli, libri, scritti, architettura), fino ad arrivare a suoni, immagini, video interviste, fotografie, sculture e dipinti.
    “Una mostra di racconto, composita” – osserva il curatore Ermanno Tedeschi – “che si sviluppa attraverso un linguaggio tecnologico immersivo ed opere ad elevato impatto emozionale”.
    Gli elementi di questo percorso espositivo, ospitato a Palazzo Mazzetti, sono di provenienza diversa, nazionale ed internazionale, con una particolare attenzione al tema dell’Olocausto, ma anche con un occhio rivolto alla cultura e alla tradizione astigiana.
    La collettiva “Ricordi Futuri” è suddivisa in nove sezioni, con opere di artisti provenienti da differenti discipline artistiche e con personaggi della cultura internazionale.
    Si parte dall'installazione di Gianluigi Colin, che tappezzando muri e soffitto di fotografie e fogli testimonia eventi di un passato lontano e di un presente che è quasi futuro.
    Si passa poi alle “video interviste”, presenti lungo il percorso della mostra, ad illustri esponenti della cultura contemporanea (Daniel Libeskind, architetto; Arturo Schwarz, studioso, filosofo e poeta; Emilio Isgrò, artista; Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz – Birkenau; Maria De Benedetti, psicologa, già vicesindaco di Asti dal 1994 al 1998). La seconda sezione è dedicata al “Gioco come segno del tempo”, con la presenza di quadri dell'artista israeliano Itshak Yarkoni. Nei dipinti esposti l’autore ha inserito giocattoli antichi (i cui originali sono presenti in mostra) nella realtà di oggi cercando un rapporto tra passato e futuro.
    Un'attenzione particolare viene dedicata al “Ricordo attraverso la fotografia”, che rappresenta la terza sezione della mostra, con alcune immagini scattate da Vardi Khana che, con il suo progetto One Family, ripercorre la storia della sua famiglia scampata alla Shoah.
    Una documentazione unica sono le fotografie del canadese Yuri Dojc e di Bruna Biamino; il primo testimonia come i libri resistano alle guerre ed alle più turpi ingiurie, mentre la seconda ci mostra come Israele ha voluto ricordare la Shoah attraverso la realizzazione del Museo di Yad Va Shem. Norma Picciotto ha invece realizzato delle fotografie in cui simboli della storia e dell’arte antica e contemporanea giacciono su un tappeto di foglie secche e bianche.
    “Il segno e la scrittura come testimoni del tempo” sono il titolo della quarta sezione e sono rappresentati dagli artisti Barbara Nejrotti con le impronte di un bambino, di una donna ed un uomo impresse su una tela con cucito e pittura, dalle sculture di Tobia Ravà, che si distingue per un linguaggio originale, utilizzando numeri e lettere ebraiche, dal lavoro di Nicole Riefolo, costruito assemblando illustrazioni originali digitalizzate del manoscritto Voynich, opera quattrocentesca il cui idioma sconosciuto non è stato ad oggi decifrato.
    Ed inoltre: dalle opere dell'artista Moshe Gordon, realizzate utilizzando due vecchi libri su uno dei quali compare la parola ebraica “iskor” (ricordo), dall’opera di Antonio Meneghetti padre dell'Ontoarte, dai lavori di Marina Munoz, che trasforma libri e ritagli di carte e legno, e dalle opere dell’artista americano Eugene Lemay. Il padre dell'arte israeliana Menashe Kadishman è presente con la Sua scultura Shachelet (foglie cadute), composta da un gran numero di pesanti dischi di metallo di forma circolare, aventi le sembianze di un volto convulso che urla.
    “Generazioni” è il titolo dedicato all'installazione di Jessica Carroll e Riccardo Cordero, che rappresenta la quinta sezione della mostra, nella quale i lavori dei rispettivi padri sono esposti insieme ai loro, creando così un dialogo generazionale tra il passato, il presente ed il futuro.
    “Il ricordo attraverso la scienza” è il titolo della sesta sezione ed è rappresentato dall’opera di Anna Rierola, artista visiva che unisce insieme arte e scienza, creando uno scenario fotografico unico.
    La settima sezione intitolata “L'arte per ricordare e costruire il futuro” è il titolo dello spazio dedicato alle opere dei maestri Aldo Mondino, Giorgio Griffa, Vik Muniz, Emilio Isgrò, Francesco Vezzoli, Giulio Paolini, Luigi Mainolfi, Valerio Berruti, Ezio Gribaudo e Daniel Schinasi, Francesca Duscià, Isabella Traglio Vismara e Pietro D’Angelo.
    La sezione “27 gennaio Giornata della Memoria” è l’ottava sezione della collettiva, dedicata all’Olocausto, ed ospita un’istallazione multimediale costituita da due binari sui quali scorrono documenti e immagini della vita delle famiglie prima della Shoah. Un’opera da segnalare in questa sezione è il ritratto di Primo Levi dell’artista Francesca Leone. La musica che si ascolta in questa sala, simbolicamente rappresentata da un piccolo violino ritrovato in un campo di sterminio, è il risultato di un monumentale lavoro del Maestro Francesco Lotoro, massima autorità nella ricerca musicale concentrazionaria, autore dell’Enciclopedia geografica KZ Musik contenente la produzione musicale nei Campi di concentramento dal 1933 al 1945.

    L’esposizione, allestita in occasione della Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio in commemorazione delle vittime dell'Olocausto, è promossa dalla Fondazione Palazzo Mazzetti e dalla Città di Asti, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e con la collaborazione di Banca CRAsti. La collettiva, inaugurata domenica 24 gennaio, gode del Patrocinio della Regione Piemonte e della Provincia di Asti. Progetto di allestimento e multimediale di Interactive sound. Media Partners: La Stampa e Astigiani. Catalogo Gli Ori editori, a cura di Paola Gribaudo.
    L’esposizione vede la collaborazione dell’ISRAT (Istituto per la Storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Asti) nel programma di formazione e aggiornamento “Ricordi futuri: la memoria, istruzioni per l'uso”: iniziativa rivolta a insegnanti e studenti, ma aperta a tutti.
    La collettiva è visitabile da martedì a domenica dalle 10.30 alle 18.30 (fino al 28 febbraio), dalle 9.30 alle 19.30 dal 1 marzo. Palazzo Mazzetti, di proprietà della Fondazione della Cassa di Risparmio di Asti, ospita importanti collezioni, tra cui le raccolte civiche e mostre temporanee. La Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, proprietaria del palazzo, dopo un lungo e accurato restauro avviato nel 2003 e proseguito dal 2005 al 2011, lo ha restituito alla cittadinanza nel suo antico splendore. L’edificio è visitabile dalle suggestive cantine, oggetto di scavi archeologici musealizzati, al piano terreno, sede di esposizioni temporanee, al piano nobile con stucchi dorati, affreschi e le raccolte civiche quali dipinti, la collezione orientale, tessuti antichi e le microsculture di Giuseppe Maria Bonzanigo.
    Il secondo piano ospita i dipinti dell’Otto e del Novecento. Le recenti esposizioni hanno sempre raccontato storie suggestive del nostro passato remoto e recente: la civiltà etrusca ed il cibo degli antichi, la cultura figurativa astigiana tra Sei e Settecento, le produzioni del Novecento e l’affermazione di prodotti originali italiani diventati icone internazionali del made in Italy.
    Ancora, più recentemente, l’esposizione di Domenico Quirico ha raccontato il lavoro quotidiano del cronista di guerra, mentre “Asti Contemporanea. Collezioni private” ha presentato opere dell’arte italiana dal secondo dopoguerra agli anni Settanta provenienti esclusivamente da raccolte astigiane.
    (www.arte.it)




    FESTE e SAGRE





    UN LIBRO..UN AUTORE


    «L’eccezionalità di Gopnik sta nella sua capacità di prendere un argomento
    sul quale sembra non ci sia più nulla da dire
    e di trattarlo in maniera originale e profonda...»
    (Alain de Botton)


    L’invenzione dell’inverno

    di Adam Gopnik



    Nel corso del Settecento, il mondo moderno si è garantito il lusso di poterlo ammirare da dietro un vetro nel tepore di una stanza ben riscaldata: da allora l'inverno ha smesso di essere soltanto una stagione buia e gelida ed è diventato molto altro e molto di più. Parte da questa constatazione Adam Gopnik per accompagnarci in un eclettico viaggio tra gli artisti, i libri, le musiche, le mode che hanno forgiato la nostra nuova visione dell'inverno. Scopriamo così come una poesia abbia imposto l'immagine del piacere borghese di radunarsi intorno a un camino mentre fuori nevica; come un'illustrazione abbia sancito il sincretismo tra Natale dei consumi e Natale degli affetti; come la passione per le stampe giapponesi abbia ammorbidito la nostra visione del freddo; come i resoconti delle esplorazioni polari abbiano dato vita a un nuovo senso dell'avventura. L'inverno aspro con cui i romantici tedeschi identificavano lo spirito nordico - in contrapposizione al razionalismo illuminista - nel tempo ha ceduto il passo alle eleganti mollezze di quello ritratto dagli impressionisti; i mesi invernali hanno trovato le loro forme di svago, dal sottile erotismo delle piste di pattinaggio alle folle dello shopping, e l'estetica boreale delle festività di fine anno ha conquistato anche i climi mediterranei, in un profluvio di neve finta, abeti, renne e rami di vischio.

    "La storia dell’inverno estremo, dell’inverno eterno, e della ricerca dei poli, cominciò all’inizio dell’Ottocento in fantasie letterarie di sapore paradisiaco o prometeico. Lo scopo reale era quello di creare degli exempla virtutis, modelli di virtù, per impressionare e ispirare gli animi. Chi andava nell’Africa nera non doveva necessariamente raccontare che cosa fosse accaduto (anche se molti lo fecero), visto che a parlarne c’erano cicatrici e tesori. Ma poter raccontare come si stava nell’inverno permanente dell’estremo Nord (o Sud) era la ragione stessa per la quale ci si andava. Ci si metteva in cammino per raccontarlo.
    La scrittura, come il pack, ha un suo modo specifico di prendere un proprio corso e di fare a pezzi le nostre migliori intenzioni. I diari delle spedizioni polari di Scott, scoperti da Cherry-Garrard, l’uomo che trovò i resti dell’esploratore e dei suoi uomini, furono riportati in Inghilterra nel pieno della Prima guerra mondiale e pubblicati. La vita di Scott si era a lungo intrecciata con la fantasia di J.M. Barrie, il grande drammaturgo scozzese – e, paradossalmente, autore di fiabe sull’identità e il carattere inglesi – creatore di Peter Pan, essenzialmente un mito dell’epoca di Scott, proprio come La regina delle nevi lo era stato in un periodo precedente. Almeno uno dei biografi di Barrie ha insistito che fu soltanto l’influenza dello scrittore a trasformare Scott da militare inquieto a uomo «in grado di percepire l’importanza dell’esploratore quale custode della visione eroica britannica». Ed è nell’ultima lettera che Scott scrisse dal suo rifugio, indirizzata a Barrie, che viene fissato il suo mito di eroe stoico, di uomo capace di soffrire e di trascendere senza mai soccombere a qualcosa di volgare come la semplice competenza. Barrie, a sua volta, contribuì a lanciare il mito di Scott scrivendo l’introduzione alla prima raccolta dei suoi diari, Scott’s Last Expedition e, come da tempo si vocifera, fu anche tra coloro che parteciparono al meticoloso lavoro editoriale di espurgazione sugli ultimi diari dell’esploratore. (Spesso sono anche circolate voci, probabilmente false, sul fatto che Oates – il quale detestava Scott – ben lungi dal voler «uscire», fosse stato più o meno spinto fuori.) In questo senso, perciò, gli ultimi diari di Scott sono una sorta di continua collaborazione fra la reale esperienza dell’esploratore e l’immaginazione eroica e toccante, un’immaginazione da scolaro, messa in campo da Barrie.....Poco tempo dopo, viene scritto l’altro grande documento finale su questa storia, sulla spedizione polare del 1913, e cioè Il peggior viaggio del mondo di Cherry-Garrard, composto sotto la guida, e io credo forse anche con l’aiuto attivo, del grande amico dell’autore, il drammaturgo e umorista irlandese George Bernard Shaw. Citato a più riprese nel testo, Shaw fornisce l’epigrafe di uno dei capitoli e, se vogliamo, ne ispira l’atteggiamento. E così, proprio come Shelley e Poe assistono alla nascita dell’avventura polare, Barrie e Shaw presenziano alle sue esequie. Nella versione di Barrie, Scott e i suoi uomini sono presentati come un manipolo disperso della tribù di Peter Pan: ragazzini mai cresciuti, giovanissimi che continuano ad avere le virtù essenziali dell’adolescente maschio – cameratismo e coraggio e sprezzo del pericolo – portate all’estremo ultimo e definitivo. Grazie a Barrie, che aveva introdotto gli scritti dell’amico e in precedenza esercitato su di lui la propria influenza, Scott divenne l’ultimo dei bambini perduti.
    Cherry-Garrard e Shaw hanno una storia molto diversa da raccontare. Anziché localizzare l’eroismo nell’ultimo viaggio, lo collocano nel ritorno a Londra, quando Cherry-Garrard porta al British Museum l’uovo del pinguino imperatore che gli era costato tanta sofferenza e aspetta pazientemente che un burocrate del museo arrivi, prenda in consegna l’oggetto e gli rilasci una semplice ricevuta per dimostrare che è stato ammesso nella collezione. Ed è proprio questo, il pezzo di carta, lo scontrino del burocrate, che diventa il sigillo non tanto del successo della spedizione, quanto della sua esistenza, del fatto che il viaggio aveva portato a qualcosa. Alla fine, la ricevuta arriva, troppo tardi però perché possa offrire un qualche conforto. Nessuno apporrà un timbro sul passaporto dell’uovo di pinguino..."
    (© 2011 Adam Gopnik and Canadian Broadcasting Corporation
    Published by arrangement with House of Anansi Press, Toronto, Canada
    © 2016 Ugo Guanda Editore S.r.l., Via Gherardini 10, Milano - Gruppo editoriale Mauri Spagnol)

    ..recensione..


    E’ anche il caso di questo libro in cui l’autore pone al centro delle delle sue acute ed eclettiche “scorribande” il tema dell’inverno. Una stagione, la cui percezione, lungo il cammino della civiltà umana, ha subito un profondo mutamento nella sensibilità collettiva. Come sottolinea Gopnik, soltanto negli ultimi due secoli, grazie al progresso della tecnologia, l’inverno ha smesso di essere un periodo di abbandono e ritiro, una stagione aspra, “buia e gelida” da cui sopravvivere, offrendo nuove e feconde occasioni di svago, di lavoro, di scambio e crescita sociale e culturale. E’ fuor di dubbio che noi uomini e donne di oggi vediamo, udiamo e percepiamo nell’inverno note e sfumature emozionali che i nostri antenati non avvertivano. L’autore, lungi dal pretendere di essere esaustivo, ha scelto di riunire la sue riflessioni sul tema in cinque capitoli, contenenti un avvincente viaggio tra gli artisti, i libri, le musiche e le mode del tempo. Un percorso che si snoda velocemente dai paesaggi gotici dei romantici tedeschi alle poetiche nevicate degli impressionisti, dalle parabole natalizie ambientate nelle città di Charles Dikens alle visioni degli iceberg di Lawren Harris per approdare ai giorni nostri, a Nat King Cole che canta “Baby, it’s cold outside”. L’intento dell’autore, che sembra divertirsi nel raccontare personaggi e storie di varie epoche, non è quello di interessare il lettore all’inverno in quanto fatto fisico, ma piuttosto come atto poetico: in definitiva, all’inverno nella mente più che nella materia.
    (Roberto Bisogno, www.ilrecensore.com/)

    ADAM GOPNIK


    Adam Gopnik vive a New York e scrive per il New Yorker dal 1986. Durante la sua collaborazione con la rivista, ha scritto pezzi umoristici e di fiction, recensioni di libri, profili, réportages e più di un centinaio di storie per la rubrica "The Talk of the Town and Comment". Gopnik è diventato critico d'arte per il New Yorker nel 1987. Nel 1990 ha collaborato con Kirk Varnedoe, allora curatore di pittura e scultura al MoMA, all'esposizione "High & Low: Modern Art and Popular Culture", scrivendo (assieme allo stesso Varnedoe) nel contempo il libro dallo stesso titolo.
    Nel 1995 si è trasferito a Parigi e ha cominciato a scrivere la rubrica "Diario parigino" per la rivista. Una collezione (aggiornata e integrata) dei suoi essais parigini, "Paris to the moon", pubblicato nel 2000. Durante il suo soggiorno parigino, ha anche scritto un romanzo d'avventura, "The king in the window", che è stato pubblicato nel 2005. Gopnik ha editato l'antologia "American in Paris", per la Library of America, e ha scritto le introduzioni alle nuove edizioni delle opere di Maupassant, Balzac, Proust e Alain Fournier.
    Ha vinto tre volte il National Magazine Award for Essays and for Criticism, e anche il George Polk Award for Magazine Reporting.

    (Gabry)





    SALUTE E BENESSERE!!!




    10 cibi che ci aiutano a smettere di fumare


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    Che alcuni siano irresistibili non ci sono dubbi (chi ce la fa a smettere bevendo espresso?), ma altri aiutano chi ci sta provando. Tipo gli agrumi che alterano il sapore della sigaretta e le patatine fritte che viziano altrettanto!

    Se state cercando di smettere di fumare, riuscire a resistere alla tentazione di una sigaretta dopo una tazza di caffè è quanto di più difficile ci sia, perché l’espresso, come del resto l’alcool, la carne rossa e i cibi ricchi di zucchero in genere, hanno il potere di accendere la vostra voglia di una bionda molto più di quanto facciano ad esempio un bicchiere di latte o una spremuta d’arancia. Che, al contrario, danno alla sigaretta un retrogusto talmente amaro da spegnere immediatamente ogni desiderio “fumoso”.


    Ecco perché, laddove non bastassero forza di volontà, impegno e determinazione, si può provare anche con la dispensa per cercare di eliminare definitivamente il vizio, scegliendo fra questi 10 cibi e alimenti selezionati dal Daily Mail, noti per le loro proprietà antinicotina.

    Ginseng
    Diversi studi hanno dimostrato che il ginseng ha la capacità di inibire il rilascio della dopamina quando si fuma. Di conseguenza, se assunta settimanalmente, questa pianta permette di ridurre il livello di piacere che si ottiene dalle sigarette, favorendo così il loro progressivo abbandono.

    Latte
    Stando agli scienziati della Duke University, bere un bicchiere di latte prima di accendersi una sigaretta rovina il gusto di quest’ultima, dandole un sapore amaro. Quindi buttatevi sul latte ogni qual volta vi prende la voglia di fumare e in men che non si dica l’idea di una bionda non vi sembrerà più così irresistibile.

    Noci, noccioline e mandorle
    In questo caso il segreto sta nel mangiarle lentamente, così da tenervi occupati fino a che la voglia non vi sarà passata. In più, fate anche il pieno di energia, proteine e nutrienti.

    Agrumi
    Fumare azzera le scorte di vitamina C dell’organismo, quindi meglio correre ai ripari facendo incetta di alimenti che la contengono, come arance (anche in versione spremuta), limoni e melograni, senza contare che la nota acida degli agrumi mal si armonizza con il gusto della sigaretta, facendo così passare la tentazione di accenderla.

    Snack salati
    C’è chi giura di aver chiuso per sempre con il fumo mangiando qualcosa di salato (dalle patatine ai pretzel o anche solo una punta di sale) non appena gli veniva la tentazione di una sigaretta. Perché non provare?

    Frullati
    Smettere di fumare sviluppa un’irresistibile voglia di dolce, ma per limitare le calorie è meglio buttarsi sui frullati, che assecondano la voglia di zuccheri senza gravare sulla bilancia, a maggior ragione se si scelgono frutti ricchi di vitamina C (per i motivi già precedentemente spiegati).

    Gomme senza zucchero
    Tener impegnata la bocca con qualcosa di diverso dalla sigaretta aiuta a smettere di fumare e le gomme da masticare (scelte nella versione sugar-free per non incidere sulla bilancia e nemmeno sui denti) sono senza dubbio un’idea intelligente per raggiungere lo scopo.

    Caramelle alla menta
    Vale lo stesso discorso fatto per le gomme da masticare, senza contare che le caramelle alla menta (sempre nella versione senza zucchero) hanno anche un buon sapore e rinfrescano l’alito.

    Bastoncini di verdure
    Come già succede per il latte, anche carote, cetrioli, sedano, zucchine e melanzane danno alle sigarette un retrogusto amarognolo e disgustoso che fa passare la voglia di accenderle ed aspirarle. Inoltre, potete sempre provare ad ingannare il cervello spacciando i bastoncini di verdura per sigarette, da masticare a lungo per tenere impegnata la bocca in un’attività diversa (e più salutare) rispetto al fumo.

    Yogurt
    Assodato il cattivo rapporto fra latticini e sigarette, tenere a portata di mano un vasetto di yogurt (sia al naturale che nella versione non zuccherata) asseconda la vostra voglia di dolce tenendovi lontani dal fumo.

    fonte:http://www.vanityfair.it/


    (Lussy)





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    foto:aquariuscom.it


    Salute e benessere



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    foto:mw2.google.com

    Parco Termale del Garda


    A Villa dei Cedri l’acqua calda è stata scoperta per una fortunata casualità avvenuta durante la gestione della SOGEO Spa. Nel 1989, volendo migliorare l’impianto d’irrigazione del parco, ci si accorse che l’acqua a disposizione non bastava per l’intera area di ben tredici ettari. L’allora amministratore della società, dr. Vittorio Nalin, decise di far perforare il terreno alla ricerca di falde acquifere, indicando anche il punto dove eseguire la trivellazione.

    I tentativi portarono a una scoperta sorprendente: a 160 e a 200 metri di profondità l’acqua scorreva abbondante su due falde diverse ma con una temperatura di 36,5 – 37 °C l’una e di 42 °C l’altra. La quantità trovata suppliva abbondantemente alle carenze d’acqua per l’irrigazione ma, data la temperatura, si aprivano nuove prospettive.

    Infatti, quando nacquero gli stabilimenti termali, generalmente gli stessi venivano abbelliti con piantumazioni onde rendere più suggestivo e allettante il soggiorno degli ospiti. A Villa dei Cedri è successo il contrario: esisteva un grande parco secolare e all’interno di esso è avvenuta la scoperta dell’acqua calda. Fu così che i soci della nuova Società Villa dei Cedri S.p.A. ( dr. Vittorio Nalin e Giovanni Martinelli ) decisero subito di realizzare uno stabilimento termale investendo nel progetto i capitali necessari.

    Campioni dell’acqua furono ripetutamente sottoposti all’esame della Regione perché ne analizzasse le caratteristiche chimico-fisiche com’è previsto dalla legge. Era necessario che queste caratteristiche chimico-fisiche risultassero costanti ed esenti da qualsiasi inquinamento microbiologico. Alla fine un ricco dossier venne sottoposto al Ministero della Sanità che, vagliati tutti i documenti, rilasciò la certificazione che definiva termali le sorgenti di Villa dei Cedri. Esisteva anche un’altra opportunità. Per la purezza e l’equilibrata componente si sali le acque potevano essere imbottigliate come “minerali” essendo classificate come bicarbonato-calcio-magnesiache con significativa presenza di silicio.
    La fonte a 36,5 °C presentava un residuo fisso al di sotto dei 500 milligrammi per litro e venne certificata come oligominerale, l’altra a 42 °C con residuo fisso sui 1.000 milligrammi per litro, come minerale.


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    foto:trivago.com


    I LAGHETTI TERMALI


    Il laghetto che esisteva nel parco, costruito a fine Settecento, rigorosamente previsto nella composizione dei parchi romantici, veniva alimentato originariamente da un ruscello. Il ruscello è stato lasciato nel suo alveo originale e così fu possibile immettere l’acqua termale nel laghetto dopo aver realizzato una complessa impiantistica. Lungo il camminamento periferico del laghetto sono stati anche disposti degli idromassaggi con forti getti; sotto di essi i bagnanti possono usufruire di un energico massaggio idrico. Sono state inoltre ideate alcune cascatelle più basse sotto cui è possibile sostare beneficamente accarezzati dall’acqua.

    Per variare l’offerta di balneazione si sono ideate due vasche che sono state immerse nel laghetto “a bagno maria”, isolate completamente dal resto del bacino. In una della due vasche la temperatura i 37°C, nell’altra i 39°C in modo da poter creare una temperatura differenziata rispetto a quella del laghetto che si aggira sui 34°C.

    Un getto d’acqua al centro del laghetto, che raggiunge l’altezza di una decina di metri polverizzandosi in minuscole goccioline, ricadendo, rinfresca tutto l’ambiente.

    fotogrotta02
    foto:viviconstile.it


    Un’esperienza suggestiva si prova anche all'interno della grotta. Già all'ingresso un velo d’acqua predispone a un ambiente più intimo. La temperatura leggermente più alta dell’esterno, vi produce una tenue vaporizzazione creando un clima suggestivo e rilassante.

    Una caratteristica di tutto il complesso è rappresentata dell’enorme ricambio di acqua programmato.

    Il laghetto, che contiene 5.000 metri cubi di acqua, ne riceve ogni giorno e ne scarica circa 3.000; in questo modo è garantito un ricambio totale del bacino nell'arco di meno di 48 ore.

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    fonte:tripadvisor.com

    Successivamente si scoprì che nel parco, a suo tempo, esisteva un secondo laghetto o meglio il ruscello a un certo punto di allargava formando uno specchio d’acqua. Questo fatto risultava documentato da una fotografia scattata alla fine dell’Ottocento. Fu così che si pote ripristinare l’originario assetto del parco con un recupero ambientale. Anche questo secondo laghetto è stato attrezzato come il primo.


    fonte: villadeicedri.it


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    "Siediti ai bordi dell’aurora, per te si leverà il sole.
    Siediti ai bordi della notte, per te scintilleranno le stelle.
    Siediti ai bordi del torrente, per te canterà l’usignolo.
    Siediti ai bordi del silenzio, Dio ti parlerà".
    (Swami Vivekananda)


    Il MONASTERO di TAKTSANG



    Il monastero di Taktsang Palphug, noto anche col nome di Tana della Tigre, è un sito sacro, un complesso di templi del buddismo himalayano, posto su un picco montuoso nella valle di Paro, nel Bhutan. Il complesso di templi,in cui dominano il colore rosso ed oro dei tetti e il bianco cangiante delle mura di mattoni, venne costruito nel 1692 attorno alla caverna di Taktsang Senge Samdup dove il Guru Padmasambhava si dice avesse meditato per tre mesi nell'VIII secolo. Padmasambahva non solo introdusse il buddismo nel Bhutan ma fondò anche la scuola di Nyingmapa, ed è comunemente considerato “protettore santo del Bhutan”.
    Il tempio dedicato a Padmasambhava, conosciuto anche col nome di Gu-ru mTshan-brgyad Lhakhang, "Tempio del Guru con otto nomi", è una struttura elegante costruita attorno all'originaria caverna da Gyalse Tenzin Rabgye ed è divenuto in seguito una delle principali icone culturali dello stesso Bhutan.
    I templi sono collegati attraverso i piccoli passaggi, scalinate realizzate in roccia locale e ponti di legno sospesi. Tutto è in perfetta armonia con l’ambiente circostante; ci sono quattro templi principali e le residenze dei monaci. I monaci che praticano il buddismo Vajrayana, la religione di stato del Bhutan, devono vivere formalmente qui per tre anni prima di scendere nella valle di Paro.

    ...storia, miti e leggende...


    I primi monaci buddisti erano asceti che, diffondendo il messaggio del Buddha, trovavano ricovero nelle grotte. La caverna intorno alla quale è costruito il monastero si chiama Tana della Tigre e regala il nome, Taktsang, perché Padmasambhava giunse lì dal Tibet cavalcando una tigre volante. Si dice anche che quella tigre fosse in realtà la moglie di un imperatore che, volendo diventare discepola del Guru, si trasformò in una tigre portandolo sul suo dorso dal Tibet a Taktsang. Persino colui che iniziò la costruzione, Tenzin Rabgye è considerato sacro perché ritenuto la reincarnazione del guru Padmasmabhava; egli frequentava la grotta, si alimentava con poco cibo, e scongiurò ogni sorta di incidenti durante i lavori; si dice che in quel tempo la gente di Paro vide formarsi nel cielo, sopra il tempio, figure di diversi animali oltreché simboli religiosi come piogge di fiori che apparivano nell’aria e svanivano prima di toccare terra.
    Nell'853, Langchen Pelkyi Singye venne in visita alla caverna per meditare e diede il proprio nome a quella che oggi è conosciuta come "caverna di Pelkyi". Dopo la sua morte nel Nepal, il suo corpo si dice sia miracolosamente ritornato al monastero per grazia della divinità Dorje Legpa.

    Dall'XI secolo, molti santi tibetani ed eminenti figure si recarono a Taktsang per meditare: Milarepa (1040–1123), Phadampa Sangye (m. 1117), la yogini tibetana Machig Labdoenma (1055–1145) e Thangton Gyelpo (1385–1464). Sul finire del XII secolo, venne fondata la scuola di Lapa, a Paro. Tra XII e XVII secolo molti Lama che provenivano dal Tibet fondarono i loro monasteri nel Bhutan. Il primo santuario ad essere costruito nell'area è datato al XIV secolo quando Sonam Gyeltshen, un lama Nyingmapa della linea Kathogpa pervenne in questo luogo dal Tibet. A quest'epoca risalgono alcuni affreschi presenti presso l'entrata della struttura. Il complesso di Taktsang Ugyen Tsemo, che venne ricostruito nel 1958 dopo un incendio, si dice fosse databile al 1408. Taktsang rimase sotto l'autorità dei lama Kathogpa per secoli sino alla metà del XVII secolo.
    Nel XVII secolo il noto Tertön Pema Lingpa di Bumthang fuggì dal Tibet causa le persecuzioni degli oppositori dell'ordine di Gelugpa, che dominavano il Tibet sotto i Dalai Lama. Fu a quel tempo che egli fondò il modello di piena autorità conosciuto col nome di "Shabdrung". Durante l'invasione tibetana del Bhutan nel 1644-46, Shabdrung ed il suo maestro tibetano gTer-ston Rig-’dzin sNying-po invocarono Padmasambhava e le divinità protettrici di Taktsang per chiedere successo sugli invasori. Egli inscenò il rituale bka’ brgyad dgongs ’dus che oggi ancora fa parte dei rituali dello Tsechu. Il Bhutan vinse la guerra contro il Tibet ma ad ogni modo Shabdrung non fu in grado di costruire il tempio a Takstsang per celebrare l'evento anche se molti testi riportano le sue fervide intenzioni in proposito.
    Il desiderio di Shabdrung venne ad ogni modo portato a compimento dal IV Druk Desi Tenzin Rabgye (1638–96), il primo e unico successore di Shabdrung Ngawang Namgyel (Zhabs-drung Ngag-dbang rNam-rgyal), "un lontano cugino discendente da una linea collaterale formatasi nel XV secolo, il santo pazzo Drukpa Kunley". Durante una sua visita alla sacra caverna di Taktsang Pel Phuk nella stagione del Tshechu del 1692 egli diede inizio alla fondazione del tempio dedicato al Guru Rinpoche detto Tempio del Guru con otto nomi (’gu ru mtshan brgyad lha-khang). Tale decisione sembra gli sia venuta mentre stava sulla porta della caverna, ammirando la valle di Paro. A quel tempo gli unici templi costruiti a grande altezza erano il Zangdo Pelri (Zongs mdog dPalri) e l'Oxygen Tsemo (Urgyan rTse-mo).

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    IL SALAK



    Il salak (Salacca zalacca), conosciuto anche come snake fruit (frutto serpente), è il frutto di una piccola palma, originaria dell'Indonesia: Bali, Sumatra e Java. Nei secoli si è diffuso in tutto il Sud Est asiatico. La palma è alta circa 5 metri e nelle paludi. Ha un aspetto singolare, essendo quasi priva di tronco e dotata di grandi foglie spinose fino a 6 metri, le cui spine possono raggiungere anche 15 cm. Cresce in ciuffi compatti formati da successive ramificazione alla base. Le radici non si estendono a grande profondità. I frutti crescono in gruppi alla base del palmo, hanno una pelle squamosa bruno-rossastro. Sono grandi quanto fico maturo.

    La buccia è a scaglie ed è estrema-
    mente dura. All'interno, la polpa è color bianco-latte ed è divisa in tre sezioni contenente ognuna un seme marrone e lucido non comme-
    stibile. Tra la buccia e la polpa c'è una pellicola bianca che è importante mangiare assieme a tutta la polpa senza rimuoverla. È un frutto succoso, universalmente considerato piacevole e gustoso, dolce con un retrogusto aspro. Alcune varietà sono particolari e ricercate: estremamente dolci oppure asciutte, croccanti e friabili.
    La polpa del salak è nota per le sue qualità antiossidanti, contiene acido ascorbico, potassio, pectina, saponine, flavonoidi e ferro, ha una forte capacità di combattere i segni dell'età, di salvaguardare la salute delle articolazioni, di sostenere la rigenerazione cellulare e di disintossificare l'organismo. I buoni livelli di provitamina A lo fanno segnalare tra i rimedi popolari per i problemi alla vista.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    GENNAIO

    Gennaio
    Bigio il ciel, la terra brulla,
    questo mese poverello
    nella sporta non ha nulla
    ma tien vivo un focherello.

    Senza greggia e campanello
    solo va, pastor del vento.
    Con la neve sul cappello
    fischia all'uscio il suo lamento.

    Breve il dì, lunga la notte,
    cerca il sole con affanno.
    ha le tasche vuote e rotte,
    ma nasconde il pan d'un anno.


    (Renzo Pezzani)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    scatto di OLGA MALTSEVA/AFP/Getty Images

    Fin da piccolo pensavo che
    la brina fosse polvere magica
    che il vento regalava all’inverno
    o per renderlo più bello, dolce e meraviglioso.
    Quando quella polvere magica copre ogni cosa,
    so che la natura non lascia nulla al caso.
    (Stephen Littleword)

  7. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 003 (18 Gennaio - 24 Gennaio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 18 Gennaio 2016
    S. LIBERATA

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 03
    Giorni dall'inizio dell'anno: 18/348
    -------------------------------------------------
    A Roma il sole sorge alle 07:34 e tramonta alle 17:07 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:58 e tramonta alle 17:08 (ora solare)
    Luna: 1.44 (tram.) 12.38 (lev.)
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Gennaio ovaio.
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    Aforisma del giorno:
    La donna amante davvero mi parve sempre una benedizione di Dio,
    e credo si deva trovare discreta, modesta, casta, chiusa nelle domestiche pareti,
    esultante nell'amore del suo cuore e dei suoi figli.
    (F. D. Guerrazzi)









    RIFLESSIONI



    ... “E’ ARRIVATA” …
    ... “E’ tornata”… le urla da lassù sembravano brusii indecifrabili. Una vita vissuta nell’attesa di quel giorno di quel momento nel segure ed inseguire quello che le leggende tramandavano. “Nascerai e ti trasformerai, e vivrai nell’attesa del momento in cui sarai pronto”. Frasi importanti, ma poi il dubbio forte; “perché nessuno torna a raccontarlo?”. Tra soffici manti e soave biancore, tra gelidi venti e temperatura bassa, viveva nell’attesa di quel momento, quello in cui poi “il fatto sarebbe accaduto.” Sotto di se quell bianco manto che a volte prendeva il colore della pece e quella lunga estenuante attesa fatta di pensieri e tante parole con chi al suo fianco viveva la stessa situazione. “ Quando il manto diverra di color cenere con striature rosa, forse allora il momento sarà giunto”. Tra coloro che condividevano la sua condizione, c’e ne erano alcuni che erano lì da molto molto tempo. Il più anziano raccontava che prima le cose erano diverse, che un tempo “il momento” arrivava con più frequenza. La domanda più frequente era “ma cosa significa ti trasformerai?”. Nessuno sapeva per certo quello che significava. Erano pensieri, ricordi, mentre le voci dal basso erano sempre più forti e distinguibili. “E’ tornata!” una, due, tre, cento volte, una frase ripetuta, sussurrata, urlata. Ancora ricordi, immagini. Quel momento che si ripeteva ogni volta, quando quella palla illuminata all’orizzonte si accendeva e rendeva luminoso tutto ciò che toccava. Quella volta la grande palla luminosa non si era accesa, tutto sembrava più buio, il bianco manto era di color cenere. Vento più freddo, una sensazione che qualcosa nel suo corpo stesse cambiando. Tutti erano in fermento, ognuno si poneva le domande più disparate; una sola cosa era evidente, le leggende stavano avverandosi. La coltre color della cenere, il vento era freddo e si stavano trasformando. D’un tratto la coltre divenne così sottile che … un senso di vuoto e di leggiadro adagiarsi nell’aria lasciando che il vento lo trasportasse ovunque. Una voce nella mente, un pensiero simultaneo condiviso da tutti in quel leggiadro scendere, “ora da goccia sei fiocco. Bianco, candido, leggero come l’aria, puro come un pensiero spontaneo. Cadi e lasciati andare hai coronato il percorso della tua vita. Sei fiocco e porterai sorrisi e felicità rendendo pure ed immaculate le persone e le cose che tocchi”… Sorrise a queste parole … “E’ arrivata” fu questa l’ultima parola che ascoltò prima di adagiarsi lievemente sul balcone di una casetta. Da goccia d’acqua a fiocco di neve. Il miracolo era avvenuto e la felicità era arrivata con lui. … Buon Gennaio amici miei … (Claudio)






    Fiocco di Neve
    C'era una volta un contadino di nome Ivan, e sua moglie, Maria. Essi sarebbero stati veramente felici se non fosse stato per un fatto: non avevano figlioli con cui giocare, e siccome erano ormai in età avanzata, non restava loro che guardare con ammirazione ai figli dei loro vicini, anche se non ciò non era certamente come averne dei propri.

    Venne un inverno tanto duro che nessuno avrebbe mai dimenticato: la neve era così profonda che arrivava alle ginocchia di qualunque uomo, perfino del più alto. Quando finalmente ebbe smesso di nevicare, e il sole tornò a splendere, i bambini tornarono gioiosi a giocare per la strada, mentre Ivan e sua moglie stavano seduti alla finestra a rimirarli. I bambini costruirono prima una specie di piedistallo e lo impressero bene a terra con i piedi, dopodiché costruirono una donna di neve. Ivan e Maria osservavano e pensavano a molte cose. Improvvisamente, il volto di Ivan si illuminò, e, voltandosi verso sua moglie, disse: "Moglie, perché non la facciamo anche noi una donna di neve?" "Perché no?" rispose Maria, che in quel momento era molto di buon umore: "potrebbe essere divertente, anche se in realtà è una cosa del tutto inutile. Facciamo un bambino di neve, invece, e fingiamo che sia vero." "Si, facciamo così", disse Ivan. Prese il cappello e andarono tutti e due in giardino.

    Così, si misero tutti e due alacremente al lavoro, per creare una bella bambola di neve; diedero forma al corpo, e poi vi lavorarono mani e piedi. In cima, vi misero una palla di neve, che sarebbe diventata la testa. "Che diamine state facendo?" chiese un passante. "Non indovini?" rispose Ivan. "Stiamo facendo una bambina di neve", rispose Maria. Avevano terminato già il naso e il mento. Avevano lasciato due fori per gli occhi, poi Ivan diede forma con molta cura alla bocca. Aveva fatto così presto, che avvertì un respiro caldo all'altezza del mento. Proseguì a formarla, e con sorpresa vide che gli occhi della bambina di neve fissavano i suoi, e le sue labbra, che erano rosse come lamponi, gli sorridevano! "Cosa succede?" gridò Ivan, "sto diventando matto, o questa cosa è stregata?" Alché la bambina di neve mosse il capo come se fosse una bambina vera. Mosse gambe e piedi nella neve come facevano tutti gli altri bambini. "Oh, Ivan, Ivan!" esclamò Maria, tremante di gioia, "il Cielo ci ha mandato una figlia finalmente!" E così dicendo si buttò verso Fiocco di Neve (questo era il nome della fanciulla di neve), e la ricoprì di baci. Così facendo, la neve si sciolse da Fiocco di Neve come un guscio d'uovo si squaglia, e davanti a loro ci fu improvvisamente una vera bimba in carne ed ossa, tra le braccia di Maria. "Oh, mia piccola cara Fiocco di Neve!" esultò Maria, e la portarono dentro con loro.

    Passò del tempo, e Fiocco di Neve crebbe velocemente; cambiava di giorno in giorno, e si faceva sempre più bella. La vecchia coppia riuscivano a malapena a contenere la loro gioia, e non riuscivano a pensare ad altro. La loro casetta era sempre piena di ragazzi, poiché Fiocco di Neve piaceva a tutti, e non c'era niente al mondo che essi non avrebbero fatto per farle piacere. Era la loro bambola, ed erano sempre presi a creare nuovi abiti per lei; le insegnavano sempre nuove canzoni e giocavano con lei, ed ella era così intelligente! Notava tutto, e riusciva ad imparare una lezione in un momento. Sembrava anche più grande di quanto fosse in realtà, e, cosa più importante, era buona e ubbidiente. E così bella, anche! Aveva la pelle bianca come la neve, gli occhi blu come i non-ti-scordar-di-me, e lunghi e fluenti capelli d'oro. Soltanto le guance non avevano colore, ma erano chiare come la sua fronte.

    Passò l'inverno, finché finalmente la primavera giunse a illuminare e scaldare con i raggi del sole la terra. L'erba dei prati si fece verde, e si ricominciò a sentire i passerotti cinguettare. Le ragazze del villaggio si incontravano e ballavano in cerchio, cantando, "Bella primavera, come sei venuta qui? Come sei venuta qui? Ti ha condotta qui una freccia? O è stato un aratro?" Solo Fiocco di Neve stava seduta tranquilla alla finestra della casetta. "Che cosa succede, bimba mia?" chiese Maria. "Perché sei così triste? Sei malata? Ti hanno forse trattata male?" "No," rispose Fiocco di Neve, "non è niene, mamma, nessuno mi ha fatto del male, sto bene."

    La primavera aveva cacciato via l'ultima neve dai tetti, i campi erano ormai pieni di fiori, gli usignoli cantavano sugli alberi, e tutto intorno era gaio e solare. Ma più allegri diventavano gli uccelli, e più triste si faceva Fiocco di Neve. Si tenne al riparo dai compagni di gioco, e si raggomitolava quando le ombre si facevano più scure, come un lillà fa con le sue foglie. Il suo unico piacere era accoccolarsi all'ombra dei verdi salici vicino ai vivaci torrenti. Solo all'alba e al tramonto sembrava felice. Quando accadeva qualche temporale, e la terra si faceva bianca per la grandine, allora, si, che tornava ad essere la gioiosa Fiocco di Neve di sempre; ma come le nuvole passavano, e la grandine si scioglieva in acqua nel terreno, ella scoppiava a piangere a dirotto.

    Passò anche la primavera, e si arrivò alla notte di San Giovanni, detta anche la Notte di Mezza Estate. Quella era la festa più importante dell'anno, quando le giovinette escono la sera e si incontrano nel bosco per ballare e cantare. Andarono a bussare alla porta di casa, e chiesero a Maria il permesso di portare anche Fiocco di Neve con loro. Ma Maria era preoccupata; non sapeva dire il perché, ma sentiva che era meglio non lasciarla andare; Fiocco di Neve non desiderava di andarci, ma Maria non si era preparata una scusa per rifiutare, così, baciò la bambina e disse: "Vai, Fiocco di Neve, e divertiti con i tuoi amici; e voi, ragazze, state attente a lei. Sapete che è la luce dei miei occhi." "Oh, non si preoccupi, ci prenderemo noi cura di Fiocco di Neve" risposero le ragazze allegramente, e poi corsero tutte insieme verso il bosco. Indossarono ghirlande, raccolsero fiori e ne fecero dei mazzolini, e cantarono canzoni, alcune malinconiche, altre allegre. Così fece anche Fiocco di Neve. Al tramonto accesero il fuoco, e si misero tutte in fila, con Fiocco di Neve in fondo a tutte. "Ora guarda noi, " dissero, "e salta come facciamo noi." E tutte a cantare e saltellare intorno al fuoco.

    Improvvisamente, vicino a loro, si udì un lamento, poi un gemito sempre più forte. "Che cos'è stato?" si chiesero, guardandosi fra di loro, ma nulla. Si guardarono ancora, ma dov'era finita Fiocco di Neve? Pensarono che forse si era nascosta per gioco, e la cercarono dappertutto. La chiamarono ovunque a gran voce: "Fiocco di Neve! Fiocco di Neve!" Ma nessuna risposta. "Dove può essere? Sarà andata a casa?" Tornarono al villaggio, ma di Fiocco di Neve non c'era traccia.

    Quattro giorni dopo la cercarono ovunque, da cima a fondo, guardando in ogni angolo di bosco, in ogni cespuglio, in ogni angolo, ma non c'era traccia di lei da nessuna parte. E quando, dopo molto tempo, ognuno al villaggio aveva perso ogni speranza di ritrovarla, Ivan e Maria presero a vagare per la foresta gridando: "Fiocco di Neve, mia colomba, ti prego, torna a casa!" E spesso credevano di avvertire la sua voce, ma non era mai la sua.

    Che ne era stato di Fiocco di Neve? Era forse stata divorata da qualche bestia feroce, nella foresta? Era forse stata rapita e portata via in volo da qualche potente uccello? No, nessun animale l'aveva toccata, e nessun uccello l'aveva portata via. Con il primo alito di calore che le fiamme avevano emanato sul suo corpo la notte in cui ballò nel bosco con le amiche, Fiocco di Neve si era sciolta per sempre, evaporando in una picolissima e soffice foschia. Questo fu tutto quello che rimase di lei.
    (Andrew Lang)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Mattino d'inverno

    Nasce il giorno e non trova
    che pagliuzze nell’orto,
    e foglie secche e gialle,
    e un vecchio albero morto.
    Che tristezza, che squallore!
    Non più voli di farfalle
    tra gli albicocchi in fiore;
    e sulla quercia enorme,
    non più nidi, non più foglie…
    Nasce il giorno, e non trova
    che poche rame spoglie
    e la terra che dorme.
    (Mario Castoldi)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Il contadino diventa principe

    C’era una volta, sulla cima di una montagna, un bellissimo castello, dove vi abitava una bellissima principessa. Questa principessa era davvero una meraviglia, alta, con degli occhi grandi e dolci, un nasino all’insù tenerissimo, delle labbra sensuali e allo stesso tempo innocenti, delle mani perfette, come tutto il suo corpo del resto, aveva molto gusto nel vestire, un modo di fare unico, un carattere speciale, dolce, altruista, simpatica, tenera ma allo stesso tempo aggressiva con chi era aggressivo con lei, ma nessuno osava rivolgersi in modo aggressivo o volgare a quella dolce principessa, cosi tenera e fragile, sensibile e romantica, lunatica e giocosa, solare e a volte cupa,raramente cupa perché la gioia nel suo cuore era immensa, la voglia di vivere che aveva la dolce principessa, era una cosa rara e preziosa, come raro e prezioso era il sentimento che provava un semplice e umile contadino che abitava nel paese sottostante alla montagna, dove sovrastava il castello.
    La dolce principessa era fidanzata con un principe di un paese vicino.
    All’apparenza la principessa sembrava felice con lui, era tranquilla, sembrava vivere una vita normale, e forse era cosi. Anche il principe sembrava molto preso dalla principessa, in fondo una fortuna così capita una volta sola nella propria vita e lui sembrava che la stesse sfruttando bene.
    L’amore dell’umile e semplice contadino, iniziò quando, in un grigio e nebbioso pomeriggio, dovette andare al castello per chiedere al principe l’approvazione per poter costruire nella sua campagna un pozzo, cosicché tutto il popolo avrebbe beneficiato di più acqua senza dover scendere al fiume. In quel grigio e nebbioso pomeriggio, su al castello, si trovava solo la dolce e tenera principessa, poiché il principe era andato a caccia con altri due amici. Quando bussò al portone del castello, aprì un uomo della servitù, e chiese al contadino qual era il motivo della visita. Lui rispose che si era recato al castello per chiedere al principe il permesso per costruire un pozzo nella propria campagna. Il servo rispose che momentaneamente il principe non si trovava nel castello e di tornare l’indomani. Cosi il contadino chiese scusa per il disturbo e si indirizzò verso casa, quando sentì una voce dolce e soave che diceva :- Aspetta buon uomo, sta cominciando a piovere, entra dentro cosi posso offrirti qualcosa da bere e intanto aspettiamo che smette di piovere.-
    Il contadino ci pensò un minuto e, dato che giù nel paese era solo, accettò l’invito della dolce principessa. Cosi entrò e restò esterrefatto dalla meravigliosa bellezza del castello. La principessa lo invitò a sedersi e cosi incominciarono a chiacchierare di fronte ad un caffé caldo.
    L’umile e semplice contadino non sapeva come rivolgersi di fronte a tanta dolcezza, in fondo stava parlando con una principessa, mentre lui era un semplice contadino. Dopo un po’ di imbarazzo cominciò a trovare le parole e raccontò la propria vita a quella principessa che, forse, non l’avrebbe mai capito totalmente ma lo stava ad ascoltare e pareva molto interessata.
    Lui le disse che era nato da una famiglia di contadini e che fin da piccolo dovette lavorare per mantenere gli anziani genitori e i suoi tre fratelli. Crescendo, i genitori morirono e i fratelli cercarono fortuna altrove, lasciandolo solo. Da quel periodo in poi, era solo con se stesso, ma la sua dolce e limpida anima lo portava ad essere gentile e dolce con tutti gli abitanti del paese. Tutti gli volevano bene, era amato sia dai grandi che dai piccini e lui amava loro.
    Fuori pioveva e non avrebbe smesso ancora per molto tempo.
    Ora era il turno della principessa.
    Disse che fin da piccola aveva avuto tutti i privilegi che una principessa a quell’eta può avere, non aveva mai avuto nessun problema e non aveva mai sofferto per niente, fino a quando i suoi genitori si dovettero trasferire per motivi economici, e lei sentì molto la mancanza.
    Quella mancanza fu colmata dall’incontro col principe, durante un ballo di corte.
    Non era amore ma era un qualcosa di strano, si sentì subito legata a quell’individuo cosi simile a lei e dopo un po’ di tempo andarono a vivere nel castello.
    Mentre lei raccontava il contadino fantasticava su come sarebbe stato bello vivere insieme a quella tenera principessa, ma non era il tempo di sognare, il principe stava arrivando e intanto fuori aveva smesso di piovere.
    Insieme aspettarono il suo arrivo e quando finalmente arrivò l’umile contadino gli chiese il permesso per costruire quel pozzo che sarebbe stato molto utile per il paese. Lui accettò ma improvvisamente ricominciò a piovere. Era gia tardi e la cena era pronta, senza alcun motivo il principe cacciò via di prepotenza l’umile contadino, lasciandolo solo in mezzo alla tempesta.
    La principessa non stette a guardare e andò su tutte le furie poiché non c’era motivo di cacciare quel povero contadino in un modo così brutale, soprattutto con quel tempaccio.
    Ma il principe non volle sapere ragioni e chiuse la porta.
    Il contadino ovviamente tornò a casa, ma per strada si riparò sotto qualche albero che trovava qua e la.
    Tornato a casa bagnato fradicio, si mise d’avanti un fuoco e poi andò a letto. Stette a pensare alla favolosa giornata passata in compagnia di quella dolce principessa e non si spiegava come quella dolce e tenere principessa poteva stare con quel principe senza cuore.
    Si addormentò, con l’aria scalpitante di chi non vede l’ora di cominciare qualcosa che farà felici un sacco di persone. Al suo risveglio capì di essere diverso dal giorno prima, era più allegro, più contento, ma non si spiegava il perché. Incominciò a lavorare, quando ad un certo punto,restò a bocca aperta.
    Di fronte a sè aveva quella dolce e tenera principessa.
    Il contadino, esterrefatto dalla visione, chiese alla principessa il motivo per cui si fosse scomodata e lei disse che voleva scusarsi da parte del principe e, inoltre, era anche molto preoccupata per lui, dato che aveva affrontato il viaggio di ritorno con quel brutto tempo.
    Il contadino la rassicurò e lei fu molto felice di vedere il contadino in buone condizioni. Disse che nei giorni successivi, nel castello, si doveva svolgere una festa,e lo invitò.
    Il contadino, emozionato come non mai, non sapeva che rispondere e le disse che voleva un po’ di tempo per pensarci e che le avrebbe fatto sapere il più presto possibile.
    La principessa se ne andò e il contadino ritornò al suo lavoro, ma con una forza incredibile, quasi ancora non ci credeva che la principessa era scesa giù al paese per lui, perchè si fosse preoccupata.
    Stette ore ed ore a pensare se accettare o no l’invito della principessa. Si sarebbe sentito a disagio, ma gli avrebbe fatto molto piacere stare un po’ in sua compagnia.
    Cosi accettò. Comprò dei vestiti adeguati per l’occasione, ma non voleva presentarsi a mani vuote. Certamente non disponeva di un grande capitale, ma volle comprare ugualmente un pensierino per quella splendida principessa. Le comprò un bracciale nero, molto particolare. Non era il massimo, ma era pur sempre qualcosa. Provava molto rispetto per la principessa e forse quel rispetto era qualcosa di più, infatti non era una semplice ammirazione ma una piacevole ossessione, la pensava di continuo, ogni istante, ma negava a se stesso il fatto che forse si stava innamorando.
    Forse era meglio negare, perchè in fondo lui era un semplice e umile contadino e lei era una principessa, fidanzata con un principe e che abitava in un castello. Lei non poteva mai innamorarsi di uno come lui: per una perfetta ci voleva uno perfetto.
    Non voleva andare più neanche alla festa, improvvisamente era triste, quella forza, quella gioia che le aveva dato la principessa, era già svanita, adesso forse provava un po’ di rabbia, poiché la vedeva irraggiungibile, e non è bello inseguire le cosi irraggiungibili.
    Andò alla festa,d’altronde,dove gli capitava un’altra occasione come questa, essere invitato al castello,e vivere una giornata da favola. Arrivato al castello,venne accolto come uno di loro,strette di mano,musiche varie,anche se nessuno sapeva chi fosse costui.
    La principessa fu lieta di vederlo,e le brillarono gli occhi quando il contadino le diede il misero regalo. Era davvero contenta di stare a parlare con lui,e la discussione si prolungò per tutta la serata.
    La festa finì,e la principessa,salutato il contadino,si diresse verso la camera da letto,per riposare un po’.
    Ma appena aprì la porta,trovò il principe a letto con un’altra donna. Questo mandò su tutte le furie la principessa, che fece le valigie e scappò dal castello.
    Non sapeva dove andare,se non nel piccolo paese dove abitava il contadino. Bussò alla sua porta,e il contadino,un po’ assonnato,aprì. Appena la vide,era convinto di stare sognando,non ci poteva credere,la principessa era di fronte a lui,nella sua misera casa.
    Dopo alcuni attimi di smarrimento,la invitò ad entrare. La principessa era molto agitata,ma il contadino cercò di calmarla mettendola a suo agio.
    Lei incominciò a parlare per ore,a piangere,a urlare. Era molto triste,ma già il fatto di stare parlando con qualcuno le faceva piacere.
    Era molto più tranquilla,e il contadino le disse se voleva andare a letto,lui avrebbe dormito per terra,in un’altra stanza. Lei stette un attimo a pensare,e sinceramente non voleva condividere il letto con un uomo dopo il fattaccio,e cos’ accettò la proposta.
    Il contadino si alzò presto,preparò la colazione e la portò a letto,dove ancora dormiva la principessa.
    Cercò di non fare rumore,ma la principessa si accorse subito dell’entrata del contadino,e un po’ ebbe paura. Aveva molto disprezzo degli uomini,ma non per lui.
    Lui era diverso,era dolce,sensibile,molto affettuoso,infondo pur essendo un contadino,aveva un cuore da principe.
    La principessa fece colazione,e cominciò davvero ad avere un forte rispetto per quel contadino,che la trattava come una principessa,anche se ormai principessa non lo era più.
    Lui,dal suo canto,era onorato di condividere la casa con quella ragazza,che in fin dei conti amava,ma non voleva darlo a vedere,poiché aveva paura di rovinare tutto.
    Era sempre più dolce e premuroso,esaudiva ogni desiderio della principessa, anche se lei non pretendeva tanto,solo una persona con cui poter parlare. E lui era sempre disponibile.
    La principessa cominciò a capire che quell’uomo poteva renderla felice,perché vedeva un cuore puro in lui,e cercò di immaginare un futuro con lui. Sicuramente non avrebbe vissuto in un castello,non avrebbe organizzato immense feste,non avrebbe avuto tanti servi che l’accontentavano ad ogni suo bisogno,ma al suo fianco avrebbe avuto una persona che l’avrebbe amata intensamente. Così, la principessa disse al contadino che stava incominciando a provare qualcosa in più per lui di una semplice amicizia e il sentimento che adesso aveva non era più gratitudine ma amore.
    Il contadino, per l’ennesima volta, pensò di stare sognando e dopo alcuni istanti si rese davvero conto che era tutto vero, che quella principessa così inarrivabile fino a poco tempo prima, adesso era innamorata di lui. Lui le confidò che già da tanto tempo provava un qualcosa di importante per lei e così iniziarono una storia insieme.
    Andava tutto alla perfezione, erano entrambi felici, non litigavano mai. Il contadino rimase il ragazzo di prima, premuroso, semplice, gentile. E la principessa apprezzava molto questo.
    Adesso sembrava che entrambi stavano sognando, era tutto troppo perfetto, ma in fin dei conti, se l’amore è sincero tutto è perfetto.
    La principessa tornò al castello per prendere le proprie cose, quando seppe che poco tempo prima il principe in quel castello si era ucciso, perché non poteva pensare ad una vita senza lei. Ormai era troppo tardi per i rimpianti.
    Alla principessa non scese neanche una lacrima, ebbe solo un po’ di pena per quell’uomo, che in fin dei conti non aveva mai amato del tutto. Così sia lei che il contadino si trasferirono al castello.
    Dopo un po’ di tempo si sposarono, organizzando una gigantesca festa e invitando tutti gli abitanti del paese.
    Fu un giorno da favola, il sole splendeva in cielo, le nuvole si facevano da parte per far passare splendidi uccelli che cantavano e cinguettavano felici.
    Il paese fu avvolto da una magica atmosfera. Tutti gli abitanti erano felici, sia per il semplice contadino che ora era un principe e sia per la principessa che con quell’uomo aveva ritrovato quella gioia di vivere e quell’allegria che purtroppo aveva perso.
    Da quel giorno in poi il contadino, ovvero il nuovo principe, e la dolce e tenera principessa, condivisero tutto, grazie al loro amore che sembrava infinito, e vissero felici e contenti.

    ([email protected])



    ATTUALITA’


    Il primo fiore sbocciato nello spazio saluta il Sole.

    Secondo successo dopo la lattuga, apre la strada ai pomodori. Il primo fiore sbocciato sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) sta già scaldando i suoi petali al sole: lo mostra orgogliosamente l'astronauta della Nasa Scott Kelly, postando sul suo profilo Twitter la foto della zinnia arancione che si staglia contro il blu della Terra e l'oscurità dello spazio.

    La sua fioritura, avvenuta sabato, rappresenta il secondo successo per l'esperimento di giardinaggio spaziale 'Veggie' sulla Iss: lo scorso agosto gli astronauti avevano già gustato il loro primo raccolto di lattuga romana, dopo mesi di tentativi ed errori nel processo di coltivazione.

    Rispetto all'insalata, la zinnia rappresenta un nuovo passo avanti verso le colture spaziali destinate alle future missioni umane di lunga durata, come quelle previste su Marte. Questa pianta, originaria del Centro America e simile ad una margherita, rappresenta infatti una sfida più complessa: è più difficile da coltivare, cresce in tempi più lunghi (60-80 giorni) ed è particolarmente sensibile all'ambiente e alla luminosità, cosa che sta aiutando gli astronauti a capire le strategie migliori per far crescere le piante in condizioni di microgravità.

    Nel corso dell'esperimento sono state superate diverse difficoltà, tutte ampiamente previste nella tabella di marcia, come le muffe, l'eccessiva umidità e l'accartocciamento delle foglie. ''E' vero che le piante non sono cresciute perfettamente, ma abbiamo imparato molto da questo'', afferma Gioia Massa, responsabile del programma Veggie della Nasa. L'entusiasmo è tale che si pensa già alla coltivazione in orbita dei pomodori, i cui semi dovrebbero arrivare nell'astro-serra nel corso del 2017.
    (Ansa)





    Dieta a base di mandorla, scorbuto per un neonato spagnolo.

    Arrivato in ospedale con fratture e grave carenza vitamina C. Ad appena sette mesi di vita ha sviluppato lo scorbuto, una malattia tipica del passato, perchè i genitori, su consiglio di un medico, l'hanno nutrito solo con un latte artificiale a base di ingredienti vegetali. E' successo in Spagna, e il caso è descritto sulla rivista Pediatrics.

    Il bambino, scrivono gli esperti dell'università di Valencia, è arrivato in ospedale all'età di 11 mesi con irritabilità, scarso peso, e lamentandosi quando qualcuno gli toccava le gambe. Le analisi hanno mostrato che il bimbo aveva fratture al femore, perdita di massa ossea e un livello molto basso di vitamina C. "La mamma - spiegano gli autori - ha raccontato che il bambino è stato nutrito con latte artificiale a base di latte di mucca nei primi mesi di vita, ma all'età di due mesi e mezzo ha sviluppato una reazione della pelle, e il dottore ha raccomandato un cambio nella dieta".

    Dopo questo episodio, spiega l'articolo, il bimbo è stato nutrito solo con latte e farina di mandorla, polvere di sesamo e un mix di cereali, ma in questa dieta mancavano vitamine importanti, come la C e la D. Dopo tre mesi di supplementi e di una dieta normale il bambino si è ripreso, riuscendo anche a camminare. "Questo caso presenta lo scorbuto come una nuova e grave complicanza dell'uso improprio di bevande a base di mandorla nel primo anno di vita - concludono gli autori -.

    Pediatri e genitori devono sapere che questo tipo di bevande non sono un cibo completo, e non possono sostituire l'allattamento al seno o il latte artificiale". ‬
    (Ansa)





    Maltempo con freddo e neve, si imbianca l'Italia.

    Scuole chiuse e disagi alla circolazione in molte città. - Molise ancora in piena emergenza per terremoto e gelo. Mentre nella notte la terra ha continuato a tremare (altre 12 scosse) su tutta la regione. La situazione metereologica è peggiorata con le bufere di neve che sono diventate ancora più abbondanti e le temperature sono scese fino a 5 gradi sotto zero. A Campobasso sono caduti 50 centimetri di neve. Si è allungato, rispetto a ieri sera, l'elenco dei comuni dove oggi le scuole sono rimaste chiuse: sono 80 su 136, compresi molti centri a ridosso della costa. Ovunque sono al lavoro mezzi spartineve e si circola con difficoltà su molte strade.

    - Temperature sotto lo zero termico in numerose località delle Marche, e nevicate la notte scorsa nell'entroterra maceratese, ad Ascoli Piceno, Fermo e a Fabriano. Stamani in quasi tutta la regione splende il sole, solo qualche fiocco di neve è caduto a Pesaro, ma si registrano vari incidenti stradali, senza feriti, a causa del ghiaccio. Ad Appignano i vigili del fuoco hanno dovuto rimettere in carreggiata un autobus che si era intraversato a causa del fondo stradale gelato; un intervento analogo a San Severino Marche, per un autocarro uscito di strada. Problemi per la circolazione stradale anche nel centro di Ascoli Piceno.

    - Non accenna a diminuire l'ondata di maltempo che ha investito le Eolie, con temperature che hanno raggiunto i 6 gradi. Dopo le cime di Stromboli e Salina, sono ammantate di neve anche le borgate sommitali di Lipari, Quattropani e Pianoconte. I venti forti che soffiano da Nord-Ovest, con raffiche fino a 50 chilometri orari, continuano a rendere difficoltosi i collegamenti marittimi tra le sette isole dell'arcipelago e la terra ferma. Questa mattina alle 7,15 è partito da Lipari l'aliscafo della Compagnia delle isole, mentre a Milazzo, dove sono bloccati 400 eoliani, i traghetti e gli aliscafi sono rimasti ormeggiati in porto. Il maltempo sta creando disagi anche per quanto riguarda l'assistenza sanitaria. Nella notte tra sabato e domenica è dovuto intervenire un elicottero del 118 a Lipari per trasportare d'urgenza a Milazzo una gestante di 35 anni all'ultimo mese di gravidanza che aveva iniziato il travaglio.

    Neve, gelo e freddo nel Vallo di Diano e nella Valle del Tanagro, in provincia di Salerno. In diversi centri il ghiaccio crea difficoltà alla circolazione veicolare. Nel Vallo di Diano, i sindaci dei comuni di Teggiano, Monte San Giacomo, Padula e Sassano hanno emesso apposite ordinanze di chiusura delle scuole. Nel Tanagro, invece, gli istituti scolastici sono rimasti chiusi a Caggiano e San Gregoro Magno. Negli altri comuni le scuole sono semideserte. I volontari della protezione civile, già dalla serata di ieri, sono al lavoro con i mezzi spargisale per rendere più agevole la circolazione veicolare a rischio soprattutto sulla provinciale del Corticato, importante arteria che collega il Vallo di Diano con agli Alburni e l'alto Cilento. La circolazione automobilistica risulta, invece, regolare sul tratto autostradale dell'A3 che attraversa il Vallo di Diano.

    - Freddo intenso su tutta la Valle d'Aosta, con temperature ovunque ben al di sotto dello zero termico portate dalle correnti settentrionali di origine polare. Alle 8 le stazioni del centro funzionale regionale registravano -5,7 gradi ad Aosta, -11,5 a Courmayeur, -5,9 a Saint-Vincent. A Breuil-Cervinia, alle 6, si sono toccati i -18,6 gradi, a Cogne e Gressoney-Saint-Jean i -14,5, a La Thuile i -14,6. Durante la notte la colonnina di mercurio è scesa fino a -22 gradi nella stazione dell'aeronautica militare sul ghiacciaio di Plateau Rosà, a 3.488 metri. Per domani e mercoledì sono previste temperature in rialzo. L'ufficio meteo regionale per oggi prevede "nuvolosità in continuo aumento, con deboli nevicate nella notte sui rilievi, specialmente di Nord-Ovest". Domani invece sarà "inizialmente nuvoloso, in particolare nel settore centro occidentale, con possibilità di qualche fiocco di neve residuo sui rilievi; rapide schiarite fino a cielo piuttosto soleggiato in media e bassa valle".
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Il labirinto del silenzio




    locandina


    Un film di Giulio Ricciarelli. Con Alexander Fehling, Andre´ Szymanski, Friederike Becht, Johannes Krisch, Hansi Jochmann.


    Film-dossier sobrio ed efficace, l'opera di Ricciarelli assume il cinema come metodo d'investigazione e approccia la Shoah con l'eloquio lento del diritto.
    Marzia Gandolfi


    Francoforte, 1958. Johann Radmann è un giovane procuratore deciso a fare sempre ‘quello che è giusto’. Un principio, il suo, autografato sulla foto del genitore, scomparso alla fine della Seconda Guerra Mondiale e di cui conserva un ricordo eroico. Ma i padri della nazione, quella precipitata all’inferno da Hitler, a guardarli bene sono più mostri che eroi e Johann dovrà presto affrontarli. Avvicinato da Thomas Gnielka, giornalista anarchico e combattivo, conosce Simon, artista ebreo sopravvissuto ad Auschwitz e a due figlie gemelle, sottoposte a test crudeli dal dottor Josef Mengele. Simon ha riconosciuto in un insegnante di una scuola elementare uno degli aguzzini del campo di concentramento. Come lui, molti altri ‘carcerieri’ e ufficiali sono tornati alle loro vite rimuovendo colpe orribili. Colpito dal dolore di Simon e dall’ostinazione di Thomas, Johann decide di occuparsi del caso. Schiacciato tra il silenzio di chi vorrebbe dimenticare e di chi non potrà mai dimenticare, il procuratore chiede consiglio e aiuto a Fritz Bauer, procuratore generale, che gli darà carta bianca e il coraggio di perseverare. Testimonianza dopo testimonianza, Johann Radmann prende coscienza dell’orrore, ricostruisce il passato prossimo della Germania e avvia il ‘secondo processo di Auschwitz’.
    La Shoah ha marcato il secolo scorso con un’impronta unica e tragica, influenzando in maniera decisiva i nostri modelli di rappresentazione e particolarmente il cinema. Questa ‘influenza’ continua a interrogare autori, critici ed esperti e a produrre opere che aiutano a convivere col passato, un passato che non può e non deve passare. E di passato e della sua rielaborazione dice (molto bene) Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, regista italiano naturalizzato tedesco, che assume il cinema come metodo d’investigazione e approccia il soggetto con l’eloquio lento del ‘diritto’.
    Con Il labirinto del silenzio assistiamo precisamente a uno slittamento dal piano della visione a quello dell’ascolto, dalla potenza delle immagini a quella delle parole. Al centro del film un giovane e biondo procuratore che sessant’anni dopo la liberazione dei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau guida il proprio Paese come Arianna fuori dal dedalo e dal silenzio. Se la Germania dichiara oggi a voce alta la propria responsabilità eterna per la Shoah, non è stato sempre così. Dopo la guerra i tedeschi non avevano alcuna voglia di risvegliare i fantasmi del passato e troppa forse di tirarci una linea sopra, rimuovendone il peso. Nel 1949 dunque il cancelliere Konrad Adenauer appoggiava la reintegrazione massiva, soprattutto nella funzione pubblica, dei cittadini rimossi dai loro incarichi perché coinvolti con il regime nazista. Promotore della resurrezione materiale della Germania, sottolineata da Ricciarelli con champagne, nuovi edifici e nuovo stile di abbigliamento, Adenauer interpretava il desiderio della sua gente che voleva soltanto dimenticare, che non voleva sapere. Tutto cambierà però a partire dal 1958 e per l’intervento di una commissione incaricata di indagare sui crimini di guerra e sui criminali nazisti.
    Mescolando personaggi reali (il giornalista Thomas Gnielka e il procuratore Fritz Bauer, a cui il film rende omaggio) e di finzione (il protagonista ‘composto’ da tre procuratori esistiti), l’autore realizza un dramma giuridico e personale storicamente irreprensibile. Film-dossier sobrio ed efficace, Il labirinto del silenzio scorre una pagina rilevante della storia in fondo alla quale il male avrà finalmente “un nome, un viso, un’età, un indirizzo”. Divorato dall’interno e ‘aggredito’ dall’omertà dominante, il protagonista ostinato di Alexander Fehling si fa carico del passato della nazione. Convinto di vivere nel paese migliore del mondo, come cantano i bambini nel cortile della scuola, Radmann non riesce davvero a immaginare cosa siano stati i campi di sterminio spacciati per ‘campi di detenzione preventiva’. Ma l’enormità della menzogna non tarda a travolgere il protagonista convinto di indagare su un omicidio e smentito dalla realtà che emerge lo sterminio di massa. Due anni dopo il processo Eichmann a Gerusalemme e vent’anni dopo il processo di Norimberga, ventidue criminali nazisti (soltanto sei saranno condannati all’ergastolo) compariranno davanti al tribunale di Francoforte. Momento capitale nella storia recente della Germania, il ‘secondo processo di Auschwitz’ apre una fase volta alla sensibilizzazione della magistratura e dell’opinione pubblica sul tema delle colpe e delle responsabilità della Germania durante la guerra. Assumere il proprio passato divenne da allora un dovere morale per tutto il Paese.
    Teso e appassionante come un polar, Il labirinto del silenzio svolge una partitura inquisitoria che bracca i cattivi, confronta superiori, gerarchi e subordinati e interroga il silenzio degli aguzzini e quello delle vittime, barricate dietro il loro dolore. Perché il film, attraverso il personaggio di Simon, tratta (anche) l’isolamento dei sopravvissuti, la difficile integrazione in Germania come in Israele, l’impossibilità di dire a chi ignorava l’ampiezza dello sterminio. Ma il film trova le parole, quelle della legge e quelle del Kaddish che Radmann e Gnielka reciteranno per i bambini di Simon lungo il perimetro spinato di Auschwitz. Il silenzio è rotto.



    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    Mi sono unito alla fratellanza
    I miei libri erano tutti con me. Ho scritto le parole di Dio
    E molta della sua storia. Per molti anni io sono rimasto
    Arroccato in mozzo al mare. Le onde avrebbero lavato le mie lacrime
    Il vento, la memoria. Ho sentito il respiro dell'oceano ...
    E così gli anni trascorrevano.Sul mio eremo-scoglio
    Con solo un topo o un uccello, come amico. Li amavo comunque.
    (Skellig, Loreena McKennitt)


    LE ISOLE DI SKELLING



    Le Isole Skellig sono due piccoli isolotti impervi a largo delle coste del Kerry, contea sud-occidentale della Repubblica d'Irlanda.La parola "skellig" deriva dal gaelico irlandese Sceilig che significa "roccia".
    La prima che si incontra imbarcandosi dalla terraferma irlandese, è Little Skellig, disabitata e incontaminata, santuario per numerosissime specie di uccelli marini che vi nidificano.
    L'altra isola è Skellig Michael o Great Skellig, la più grande e la più importante. Sulle pendici degli speroni rocciosi vi è un monastero medievale protetto dal 1996 dall'UNESCO come Patrimonio dell'umanità.
    I ruderi dell’insediamento monastico è costituito da sei capanne ad alveare e due chiese, situate a 200 m sul livello del mare e raggiungibili tramite tre lunghe rampe di gradini che conducono verso il monastero. La scalinata che porta alle celle è impervia, costituita da 660 gradini che assecondano il profilo della roccia.

    « Un incredibile, impossibile, folle posto, che ancora induce devoti a fare "stazioni" ad ogni gradino, a strisciare in antri bui ad altitudini impensabili, e a baciare "pietre di panico" che si gettano a 700 piedi d'altezza sull'Atlantico. »
    (George Bernard Shaw, 18 settembre 1910)


    ...storia, miti e leggende...


    I primi riferimenti storici all'isola risalgono al 1400 a.C. Le prime notizie relative alle isole Skelligrisale al 600 d.C. quando erano conosciute come monastero di San Fionan. L'interno del monastero, spartano fino all'eccesso, è un'immagine dell'ascetismo e della vita rigorosa praticata dai monaci del primo Cristianesimo irlandese. Risalgano al VI secolo, gli insediamenti monastici, di cui sono testimonianza le capanne in pietra a forma di alveare, fatte di pietra viva asciutta incastrata, costruiti sulla sommità di scogliere a picco sul mare alte circa 60 metri,- chiamate "clochain" in irlandese; i tetti a mensola dei rifugi a forma di alveare furono costruiti talmente bene da non lasciar passare neanche una goccia di pioggia. Gli storici raccontano che i monaci che costruirono il sito, scendevano ogni giorno più di 600 scalini per raggiungere l'acqua da cui pescare il cibo per la colazione.
    I monaci condussero un'esistenza estrema e ascetica in questo luogo fino a quando, nel XIII secolo, il peggioramento del clima li indusse a trasferirsi sulla terraferma a Ballinskelligs. Fu riscoperto nel XVI secolo per pellegrinaggi annuali, ma senza residenti fissi. Nel 1826 fu costruito un faro.

    Racconti leggendari di Skellig indicano la sua importanza in tempi pagani. I mitici primi invasori d'Irlanda, i Tuatha de Danaan, raccontano di Milesius il cui figlio Irr è stato sepolto su Skellig intorno al 1400 aC. Un'altra leggenda parla di Daire Domhain, un 're del mondo', che ha soggiornato sull'isola, per prepararsi all'epica battaglia con il guerriero Fionn mac Cumhaill (Finn McCool) e l'esercito dei Fianna. Il riferimento storico in primo luogo conosciuto per l'isola viene dalla fine del 5 ° secolo quando il re di Munster, inseguito dal re di Cashel, fuggì a Skellig. Un'altra citazione iniziale di Skellig si trova negli Annali di Innisfallen da 823 dC, che dice: ". Skellig è stata saccheggiata dai pagani e Eitgal (l'abate) è stato portato via ed è morto di fame sulle loro mani" Dai primi del IX secolo i vichinghi saccheggiarono ripetutamente il monastero, uccidendo molti dei suoi abitanti. I monaci resistettero e le leggende narrano che nel 993 d.C, il vichingo Olav Trygvasson, che in seguito divenne il re di Norvegia e introdusse il cristianesimo in questo paese, fu battezzato da un eremita su Skellig Michael.

    Il rapporto tra santuari e mare nelle isole britanniche, e in particolare in Irlanda, è antico e profondo: la nuova religione cristiana, arrivata attraverso il mare, attecchì inizialmente nelle zone costiere e si diffuse poi nell’entroterra. La via marittima fu anche il mezzo attraverso cui giunse il culto per l’Arcangelo Michele. Emblema è il monastero di Skellig Michael, la“Roccia di Michele”. La leggenda vuole che l’Arcangelo, sia apparso su quest’isola a San Patrizio patrono del Paese per aiutarlo a liberare l’Irlanda da demoniache presenze.

    (Gabry)





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    La musica del cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    Alan Sorrenti


    Alan Sorrenti copre un ruolo fondamentale nella storia della musica italiana, in qualità di cantante e autore dallo stile unico e inconfondibile, che si è sempre rinnovato nel corso del tempo, interpretando e spesso anticipando il gusto e le tendenze delle nuove generazioni.
    Nato a Napoli da padre partenopeo e madre gallese, una combinazione che fa di lui un cantante non tipicamente italiano, Alan cresce con il "progressive rock" inglese degli inizi anni '70, che finirà per caratterizzare le sue prime produzioni mentre la sua voce si ispira alle originali modulazioni di un eccentrico ed innovativo cantautore californiano, Tim Buckley, che Alan riconoscerà come suo maestro. Debutta con l'album "Aria" (EMI 1972) che ottiene il premio della critica discografica come miglior album dell'anno e che si avvale della preziosa collaborazione di Jean Luc Ponty, violinista francese famoso per aver introdotto nel jazz l'uso del violino elettrico e per la sua collaborazione con Frank Zappa ed Elton John.
    Il singolo "Vorrei incontrarti"tratto da questo album finisce per diventare una delle canzoni simbolo della generazione ribelle post '68. Il suo secondo album "Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto" (EMI 1973),registrato e prodotto a Londra,ospita musicisti inglesi appartenenti a gruppi significativi della scena progressive inglese,come i Van der Graf Generator, ed è contaminata dalle vibrazioni psichedeliche dei Pink Floyd.
    Nel suo terzo album "Alan Sorrenti" (EMI 1974),l'artista ripropone in una chiave assolutamente originale e dissacratoria il classico napoletano "Dicitencello Vuje" che entra nelle Top 10 italiane.
    Un anno dopo Alan,di ritorno da un avventuroso viaggio in Africa che gli rivela la forza comunicativa del ritmo,decide di volare oltreoceano in California insieme al suo produttore Corrado Bacchelli, per dare alla sua musica un volto nuovo.
    A San Francisco realizza il suo quarto album "Sienteme it's time to land" (EMI 1976),con una band locale di "fusion" che lo accompagnerà in tour x una serie di concerti in Italia,arrangiati x l'occasione da Mark Isham,noto compositore americano di musiche per film. Di ritorno dal tour Alan si stabilisce a Los Angeles dove risiederà per 5 anni.
    Qui incontra musicisti della West Coast tra cui Jay Graydon,allora produttore di Al Jereau.Di lì a poco Il leggendari chitarrista californiano produrrà l'album di maggior successo di Alan Sorrenti, "Figli delle Stelle" (EMI 1977),oltre un milione di copie vendute solo in Italia, con la produzione esecutiva di Corrado Bacchelli e la partecipazione del pianista David Foster che in seguito produrrà artisti prestigiosi come Tony Braxton e Micheal Bublé.Il brano "Figli delle Stelle", tratto dall'album omonimo, diverrà presto una "cult-song" e il "leading symbol" della dance italiana.
    Ma la sua canzone più popolare "Tu sei l'unica donna x me" uscirà due anni dopo arrivando nei primi posti in classifica in tutta Europa,specialmente in Germania,Svizzera e Scandinavia e vincendo il Festival Bar. La canzone faceva parte dell'album "L.A.&N.Y" (EMI 1979) prodotto in California dallo stesso team di "Figli delle Stelle",così come l'album successivo "Di Notte" (EMI 1980) di cui la canzone "Non so che darei" si candiderà x l'Italia all'Eurovision Festival.
    Ma il singolo successivo "La strada brucia" e il cd album "Angeli di strada" (RICORDI 1982) esprime a sorpresa il rifiuto dell'artista ad essere confinato entro certi modelli di mercato e segna l'inizio di una rinascita spirituale che si materializzerà nel mistico "Non si nasce mai una volta sola" del cd album "Bonno Soku Bodai" (WEA 1986) e nella successiva conversione dell'artista al "Vero Buddismo di Nichiren Daishonin ".
    Qualche anno più tardi Alan Sorrenti ritorna a Londra dove registra con nuovi arrangiamenti la maggior parte dei suoi brani più famosi in un lavoro dal titolo "Radici" (DSB 1992) ed inizia ad esplorare la nuova scena musicale internazionale incontrando sulla sua strada alcuni componenti dei "Planet Funk" con cui realizza 2 nuovi singoli,il primo :"Kyoko mon amour"che viene pubblicato in una raccolta di Greatest Hits "Miami" (EMI 1996) mentre il secondo "Paradiso Beach" tratto dal più recente cd album "Sottacqua" (SONY 2003), riceve un'ottima accoglenza da parte dei network radiofonici balzando all'attenzione delle nuove generazioni.
    Oggi i nuovi progetti di Alan Sorrenti lo stanno portando su due direzioni parallele :
    -La realizzazione di un album dal vivo, nel corso di un tour teatrale 2015/2016, dove eseguirà le composizioni rock progressive degli inizi anni '70 , le sue canzoni più "pop" e i nuovi inediti attualmente in produzione.
    -Un'interscambio artistico culturale tra Italia e Buenos Aires, la terza più numerosa città italiana del pianeta,una ricca esperienza dei sensi attraverso musica, video e prodotti gastronomici.


    fonte:.alansorrenti.com




    Vorrei incontrarti

    Vorrei incontrarti fuori i cancelli di una fabbrica,
    vorrei incontrarti lungo le strade che portano in India,
    vorrei incontrarti ma non so cosa farei:
    forse di gioia io di colpo piangerei.
    Vorrei trovarti mentre tu dormi in un mare d'erba
    e poi portarti nella mia casa sulla scogliera,
    mostrarti i ricordi di quello che io sono stato,
    mostrarti la statua di quello che io sono adesso.
    Vorrei conoscerti ma non so come chiamarti,
    vorrei seguirti ma la gente ti sommerge:
    io ti aspettavo quando di fuori pioveva,
    e la mia stanza era piena di silenzio per te.
    Vorrei incontrarti proprio sul punto di cadere,
    tra mille volti il tuo riconoscerei,
    canta la tua canzone, cantala per me:
    forse un giorno io canterò per te.
    Vorrei conoscerti ma non so come chiamarti,
    vorrei seguirti ma la gente ti sommerge:
    io ti aspettavo quando di fuori pioveva,
    e la mia stanza era piena di silenzio per te.
    Vorrei incontrarti fuori i cancelli di una fabbrica,
    vorrei incontrarti lungo le strade che portano in India,
    vorrei incontrarti ma non so cosa farei:
    forse di gioia io di colpo piangerei


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Rossi-Lorenzo, pace armata a presentazione nuove Yamaha.

    I due piloti si stringono la mano, ma non si guardano. Si sono stretti la mano, ma non si sono guardati. Valentino Rossi e Jorge Lorenzo hanno oggi presenziato, ignorandosi, alla cerimonia di presentazione a Barcellona delle nuove M1 Yamaha con cui correranno il Motomondiale 2016. I piloti sono poi saliti in sella alle rispettive moto, sorrisi di circostanza per i flash dei fotografi. Per i due campioni, i numeri di sempre: 46 per Valentino e 99 per il suo compagno-rivale spagnolo.

    "Quest'anno - ha detto Rossi - sarà quasi come cominciare da zero, nel senso che abbiamo tante novità sulla moto, dalle gomme all'elettronica, ma cercheremo di essere pronti per l'inizio della stagione. In Qatar sarebbe bello cominciare con una vittoria, come nel 2015. L'anno scorso abbiamo fatto una grande partenza, non so se riusciremo a farla anche quest'anno - ha aggiunto Rossi -. Dovrò fare un grande sforzo per restare allo stesso livello degli ultimi due anni. L'anno scorso sono stato competitivo in quasi tutti i circuiti, il mio obbiettivo è di tornare a esserlo anche quest'anno. E' da vedere poi se riuscirò anche a vincere". Rossi ha confermato il suo entusiasmo di sempre, "il feeling con la moto, la voglia di correre e di trovare tutti gli aggiustamenti necessari rimangono gli stessi, e così pure la motivazione e la concentrazione. I rivali però sono molto forti". ''Mi piacerebbe continuare a correre con la Yamaha anche dopo il 2016, bisogna vedere come andrà la stagione e la mia voglia''. Nel giorno della presentazione della nuova Yamaha M1, Valentino Rossi, ammette di voler continuare a correre anche nel 2017. ''Penso - aggiunge il pesarese - che finirò la mia carriera con la Yamaha e penso che sia giusto così, nel caso volessi continuare spero mia diano la moto''.
    (Ansa)




    Australian Open, dopo Giorgi fuori Errani, avanti Vinci.
    Eliminata dalla campionessa in carica Williams per 6-4 7-5. Dopo Camila Giorgi, battuta da Serena Williams, anche Sara Errani è uscita subito di scena negli Australian Open, sconfitta dalla russa Margarita Gasparyan, mentre è approdata al secondo turno, unica delle tre italiane in lizza, Roberta Vinci, grazie alla vittoria sull'austriaca Tamira Paszek. Tra i big, avanti, oltre alla numero 1 e campionessa in carica, il numero 1 e campione in carica Novak Djokovic, Tomas Berdych, Kei Nishikori, Agnieszka Radwanska e Petra Kvitova. Inattesa, invece, l'eliminazione di una ex numero 1 ora al 18/o posto, la danese Caroline Wozniacki, ad opera della kazakha Yulia Putintseva (76). La Vinci, numero 15 del ranking e 13/a testa di serie, si è imposta sulla Paszek (126), proveniente dalle qualificazioni, per 6-4 6-2, ottenendo la prima vittoria in tre confronti con l'austriaca. Prossima avversaria per la 32enne tarantina, la vincente tra le statunitensi Anna Tatishvili e Irina Falconi. A sorpresa, la Errani (19), 17/a testa di serie, ha ceduto alla Gasparyan, 39 gradini più in basso nel ranking, per 1-6 7-5 6-1. "Ho avvertito troppo la tensione e non saprei indicare il motivo, già da ieri mi sentivo troppo nervosa. Il terzo set l'ho giocato male, avevo poche energie, ripeto per la troppa tensione", ha detto la 28enne romagnola, il cui miglior risultato a Melbourne rimangono i quarti di finale del 2012.
    (Ansa)




    Pallanuoto: azzurri e azzurre ok,ora si gioca per Rio.
    Settebello ai quarti col Montenegro, per Setterosa c'è la Spagna. Due partite senza storia (16-2 alla Turchia per i maschi, 19-3 alla Serbia per le donne) con Settebello e Setterosa che vanno avanti a suon di goleade nella piscina di Belgrado, dove sono in corso gli Europei di pallanuoto. Gli azzurri affronteranno martedì il Montenegro nei quarti, crocevia verso le semifinali che aprono le porte a medaglia e qualificazione olimpica, mentre le azzurre dominano anche le padrone di casa e martedì con la Spagna avranno un solo risultato a disposizione - la vittoria - per chiudere in testa il girone ed incrociare nei quarti di finale la Grecia, apparentemente più abbordabile del rullo compressore Olanda e del duo Ungheria/Russia.

    SETTEBELLO: senza storia il match contro la Turchia battuta 16-2 (4-0, 3-0, 5-1, 4-1) e partita congelata in appena due tempi e gli avversari a segno dopo oltre 20 minuti di gioco, sul 10-0. "Abbiamo raggiunto i quarti e sono queste le partite che fanno crescere una squadra - il commento del ct Sandro Campagna - Il Montenegro è una squadra che ha grandissime doti individuali, dovremo preparare la partita nel minimo dettaglio, ma anche loro dovranno preoccuparsi dell'Italia". Gli azzurri sono nella parte bassa dove confluiranno la vincente tra Ungheria (a caccia del pass olimpico) e la Croazia, vice campione olimpica e mondiale. Se l'Italia battesse il Montenegro si qualificherebbe tra le prime quattro squadre d'Europa per la quinta volta in altrettante partecipazione con il ct Campagna.

    SETTEROSA: alle azzurre contro la Serbia serviva vincere con uno scarto di 29 gol per avvicinarsi allo scontro diretto con la Spagna con una migliore differenza reti: troppo. E' finita 19-3 (6-1, 4-1, 7-1, 2-0) e così martedì contro la Spagna avrà un solo risultato a disposizione se vorrà evitare nei quarti Olanda, Ungheria o Russia. "Abbiamo provato a segnare più gol possibile, ma sapevamo che contro la squadra di casa sarebbe stato difficile migliorare la differenza reti della Spagna - le parole del ct Fabio Conti - Ora inizia la parte più interessante del torneo. Tra le due partite che precedono le semifinali ci saranno meno di 24 ore. Sarà importante gestire le energie fisiche e nervose. Le partite disputate finora sono state un buon allenamento esclusivamente fisico, perché tendono a mascherare le reali difficoltà che incontreremo nella fase decisiva del torneo". "Non vediamo l'ora di giocare contro la Spagna - la carica di Chiara Tabani, oggi due gol - Rispettiamo tutti, ma non abbiamo paura di nessuno".
    (Ansa)

    (Gina)



    I BIMBI E L'ACQUA!!!




    Bambini: addio paura dell'acqua!




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    Mantenere da subito la familiarità con l'acqua è il modo migliore per fare di loro dei pesciolini: per questo i bambini devono iniziare a nuotare già da piccoli


    Se ci si pensa, per un neonato l'ambiente acquatico dovrebbe essere molto più familiare della vita "all'asciutto": è nel liquido amniotico che ha trascorso nove mesi di vita intrauterina, è qui che ha sviluppato i suoi sensi e si è esercitato nei primi movimenti. Non stupisce, quindi, che i bambini appena nati abbiano con l' acqua una confidenza assoluta. E vadano in apnea senza timori. Compito dei genitori è solo aiutarli a mantenere questa confidenza con l' acqua, fin dalle prime esperienze: in piscina come a casa.

    Mettilo presto in acqua: già a 3 mesi in piscina
    "Quando più precoce è il contatto con l' acqua tanto più si riduce il rischio che il bambino sviluppi la paura: in pratica, prima incomincia, meglio è" spiega Carlo Bonfanti, pediatra e neonatologo. "Certo, un corso di acquaticità per piccolissimi non serve per ‘imparare a nuotare', ma può invece essere utilissimo per acquisire un'ottima confidenza con l'ambiente liquido in modo da non farsi spaventare in seguito da schizzi, immersioni o ‘bevute' impreviste". Si può incominciare già a partire dai tre mesi di età, quando ancora il bambino non ha paura di immergersi, così da permettergli di abituarsi rapidamente. Mamma o papà sorreggono il piccolo durante l'immersione stabilendo un contatto di profonda intimità.

    Le prime prove con il bagnetto
    I primi contatti del bambino con l' acqua si svolgono al momento del bagnetto: è qui che vengono gettate le basi per un buon rapporto del bebè con l'ambiente liquido.

    1. La temperatura dell'acqua è importantissima: possono bastare pochi gradi in più o in meno per provocargli un rifiuto che può "riemergere" nel tempo.

    2. Schizzi o rivoletti di sapone possono irritare gli occhi, facendogli collegare il ricordo del bagnetto a una sensazione dolorosa o comunque non così piacevole.

    3. Mostrati sicura e rilassata, facendo sentire la tua presenza rassicurante e sostenendo il bambino saldamente, ma senza tensione.

    4. Parla, canta, gioca durante il bagnetto: questo confermerà nel bambino l'idea che si tratta di un momento normale, anzi di più: piacevole, rilassante e divertente.

    Incoraggialo con delicatezza


    Insistere troppo o addirittura spingere fisicamente il bambino nell' acqua non può che provocare la reazione opposta. Tantomeno bisogna cercare di far leva sul suo senso di orgoglio o di emulazione ("guarda tutti gli altri bambini come si divertono!"): si rischierebbe solo di colpevolizzarlo inutilmente.

    Procedere con gradualità
    Se il bambino si mostra molto spaventato, è bene proporre un avvicinamento progressivo e rassicurante: all'inizio ci si può limitare a sedersi sul bagnasciuga o sul bordo della piscina, distraendo il bambino con giochi o racconti e proponendogli poi, poco alla volta, di immergere i piedi o le mani.

    Bagnargli le mani

    La prima cosa da fare è abituare il bambino a sentire l' acqua sulle mani (una zona molto sensibile, perché ricca di terminazioni nervose). Quindi, partendo da una condizione in cui lui si sente sicuro, al mare, dove tocca, proviamo a mettergli le mani dentro l' acqua. Per stimolarlo, facciamolo pasticciare un po' con l' acqua. Questo passaggio è fondamentale.

    Evitare schizzi e scherzi
    Anche se possono sembrare innocui, giochi troppo esuberanti possono scatenare ulteriore paura nel bambino già spaventato.

    Iniziare in ambiti "racchiusi"
    Molte volte a provocare la sensazione di paura non è solo l' acqua in sé, ma anche il disorientamento creato da un eccessivo spazio intorno, soprattutto al mare, con le onde. Per questo può essere utile incominciare a fargli prendere confidenza con l' acqua usando per esempio una piccola piscina gonfiabile, che può fornire al bambino l'impressione di tenere le cose "sotto controllo". Poi si può passare a una piscina vera e propria e infine provare con il mare.

    La paura dell'acqua arriva dopo l'anno di vita, ma poi scompare
    Se è vero che l'affinità con l'elemento liquido è innata nel neonato, è altrettanto vero che non è sempre così per tutti. Ogni bambino è un caso a sé: dai "pesciolini" che passerebbero la vita a sguazzare a chi già a pochi mesi di età inizia a rifiutare il contatto con l' acqua. Un rifiuto che a volte rende difficile non solo godersi appieno un soggiorno al mare, ma addirittura eseguire normali pratiche quotidiane come quelle del bagnetto o della doccia. Di norma, questo tipo di paura incomincia a manifestarsi solo dopo il primo anno di vita, si fa più frequente con la crescita (intorno ai 6/7 anni è la fase più delicata) per poi venire piano piano superata verso i 12 anni, con l'inizio dell'adolescenza.

    Spesso non c'è una causa
    La paura dell' acqua, quasi certamente è una reazione legata a un'esperienza traumatica vissuta dal bebè: esperienza che, sul momento, può anche passare inosservata (può bastare uno schizzo fastidioso o una piccola sorsata ingerita inaspettatamente), ma che può ingenerare nel bambino una forma di rifiuto e di chiusura. A volte invece non c'è una causa precisa. Ciascun bambino ha i suoi ritmi e i suoi tempi che vanno rispettati. L'anima è imprevedibile: oggi teme l' acqua, domani magari diventerà un pesciolino. Per questo è importante non drammatizzare, tenendo presente che qualsiasi forzatura eccessiva non può che irrigidire il bambino sulle sue posizioni. Anche perché quasi sempre il problema si risolve spontaneamente con il tempo. Basta aspettare e avere pazienza!


    www.riza.it/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    IL MAGNIFICO GUERRIERO

    dal 19 Gennaio 2016 al 31 Dicembre 2016



    “Il Magnifico Guerriero” farà il suo trionfale ingresso ai Civici Musei di Bassano del Grappa, accolto come il nuovo protagonista della già magnifica Sala dei Bassano che allinea 27 capolavori della grande famiglia di artisti.
    Per il pubblico, ma anche per gli esperti, sarà una straordinaria sorpresa.
    Di ritratti di Jacopo Bassano se ne conoscono pochi, tutti molto belli. Ne posseggono uno il J. Paul Getty Museum di Los Angeles e il Museo di Belle Arti di Budapest e solo pochissimi altri musei.
    Bassano conservava solo un prezioso piccolo ritratto su rame del doge Sebastiano Venier, uno dei protagonisti della battaglia di Lepanto (1571).
    Una lacuna di un grande ritratto è colmata ora dall’arrivo di questa tela (cm 109x82) che i Civici Musei hanno ottenuto in comodato gratuito, omaggio del possessore al Museo che è il fulcro degli studi intorno a Jacopo e alla sua famiglia.
    “Il Magnifico Guerriero”, o più esattamente “Il ritratto di uomo in armi” rappresenta un affascinate nobiluomo dalla fulva, curatissima barba. Non un giovane ma un uomo maturo, certo aduso al comando ma soprattutto ad una vita raffinata lontano dai campi di battaglia.
    Indossa una preziosa corazza alla moda dell’epoca, che lo costringe, ma che non riesce ad ingabbiare la sua grazia e la sua flessibilità.
    Le lunghe dita, curate e perfette, non sembrano le più adatte a menar fendenti, così come il suo spadino di ferro e oro sembra più da parata che da battaglia.

    Il dipinto è apparso sul mercato antiquario londinese con l’attribuzione a Jacopo Bassano e Bernard Aikema, dell’Università di Verona vi ha riconosciuto lo stesso personaggio ritratto dal pittore nella tela del Getty Museum.
    Vittoria Romani dell’Università di Padova ha svolto alcuni studi sull’opera confermandone la paternità e l’importanza. Il ritratto è un autentico capolavoro, in precedenza attributo a Veronese e a Pordenone, è databile al 1548, ovvero al momento più altamente manierista del maestro.
    Che si tratti di un’opera altissima di Jacopo lo afferma anche Giuliana Ericani, già direttore dei Civici Musei di Bassano, che ha voluto la concessione del Ritratto per la Sala dei Bassano.

    “Il Magnifico Guerriero” era finito all’estero. Lo si ritrova nel ‘700 a Melbury House nel Dorset.
    Va sul mercato da Christie’s nel 1968 con l’attribuzione a Paolo Veronese, non condivisa da Giuseppe Fiocco che lo riconduce invece al Pordenone.
    È un’opera sicuramente interessante, tant’è che di essa si occupa anche Federico Zeri.
    Vittoria Romani, nello studio redatto intorno a questo capolavoro, rileva che “La condotta pittorica dell’uomo d’armi appare… in sintonia con il clima lagunare, e anzi qui Bassano, che nei ritratti giovanili condivide il registro obiettivo di Lotto e di Moretto mostrando una peculiare riservatezza di sguardo verso i ritrattati, raccoglie la sfida tutta lagunare, risalente al magistero di Giorgione, degli effetti di luce incidente e dei riflessi sulle superfici specchianti delle armature. Colate di materia accesa nei punti di massima luce si alternano a una scrittura in punta di pennello, volta a risaltare gli ornamenti con l’oro spento e a cogliere i bagliori dei profili e della cotta di maglia che luccicano nell’ombra. Il grigio del metallo vira in azzurro nell’ombra, si mescola a riflessi bruni e si accende sul fianco sinistro del rosso della camicia. Su questo brano di pittura balenante di luce si innesta con un peculiare contrasto il volto leggermente reclinato sulla spalla, che introduce una nota sentimentale inattesa, gli occhi rivolti altrove, sgranati e liquidi”.

    Tolte alcune ridipinture, eseguite tutte le indagini, il Ritratto ricompare all’asta newyorkese di Sotheby’s all’inizio del 2013, proposto a poco meno di un milione di euro. Ora, rientrato in Italia, torna a Bassano, accanto ai capolavori della Famiglia.

    Questo rientro è festeggiato con una serie di iniziative di prestigio: l’uscita di tre volumi degli Atti del Convegno sui Bassano del 2011, la pubblicazione del catalogo completo delle opere dei Bassano patrimonio dei Civici Musei della Città, l’esposizione, a Palazzo Sturm, di una selezionata parte del poderoso corpus di incisioni tratte da Jacopo.




    FESTE e SAGRE





    LA STORIA DEL PAMPAPATO



    L’unicità del dolce “Pampapato di Ferrara” è la sua apparte-
    nenza alla provincia che viene confermata da numerose fonti documentali, oltre 500 anni di storia fanno riferimento al prodotto ed alla ricetta. Vito Cavallini, nel trascrivere la cucina di Casa d’Este, sottolinea con assoluta fermezza che il Pampapato “non fatto in case d’altri paesi, e tanto meno da fabbriche forestiere”.
    Il territorio ferrarese è stato per secoli sotto il dominio della Chiesa e la ricetta nacque probabilmente nei conventi di clausura del ferrarese, attorno al XV secolo. Sull’anno e sul luogo di origine della ricetta vi sono alcune divergenze.
    Taluni sostengono che il dolce sia nato da un’antica ricetta di Pontelagoscuro, una località alle porte di Ferrara ma, secondo la bibliografia locale più accreditata, nel '600 le monache del Monastero del Corpus Domini di Ferrara, traendo ispirazione da un’antica ricetta del grande cuoco rinascimentale Cristoforo da Messisbugo, crearono un dolce da inviare alle grandi personalità dell’epoca. Il cacao, appena giunto in Europa dall'America, era un bene di lusso, destinato a pochi e venne aggiunto come fosse un gioiello, una polvere preziosa. A forma di zuccotto, ha un impasto impreziosito da mandorle o nocciole, da canditi ed insaporito con spezie, ma non è presente il pepe anche se il nome può trarre in inganno; la calotta è ricoperta da cioccolato fondente. Lo storico toscano Righi Parenti descrive la forma “a forma di cupoletta, come lo zucchino degli alti prelati, reso bruno da un’abbondante glassa di cioccolato che gli donava una certa aristocrazia in quel tempo quando il cacao era alimento prerogativa dei signori ”.
    Così nasce il "Pan del Papa". Secondo Righi Parenti, il dolce ricevette la forma tipica in onore del cardinale Ippolito II d’Este, ed in occasione del grande banchetto che pare abbia avuto luogo a Ferrara nel 1566, quando il nipote Alfonso gli succedette nel governo del Ducato. Al contrario, secondo il testo di G. Longhi, storico della gastronomia ferrarese, la tipica forma del dolce fu impressa per la prima volta dalle monache. Anche V. Cavallini riporta asserisce che il dolce “è nato in qualche convento della città, composto dalle suore di clausura che lo mandavano poi in omaggio, per il Natale, agli alti prelati”
    La presenza delle spezie tra gli ingredienti confermano le origini storiche del dolce all’interno dei Conventi: le droghe come cannella, noce moscata e chiodi di garofano erano rare e costose ed il loro utilizzo esclusivo delle classi più agiate, dei prelati e dei religiosi. Le spezie non avevano la funzione attuale di aromatizzazione i cibi, ma erano utilizzate come medicinale nella cura delle malattie, i monaci, le suore e le Confraternite le impiegavano come placebo nella preparazione degli unguenti, i farmaci di quell'epoca. Solo in seguito si diffuse in gastronomia, in parte come conservante degli alimenti, ma, soprattutto come "status" sociale visto il loro costo.
    Secondo alcuni testi, la ricetta originale, custodita gelosamente con molta probabilità dai gesuiti, è stata perduta. Quando vennero attribuite proprietà afrodisiache al cacao, il nome del dolce cambiò da Pampapato a Panpepato e per non incorrere in accuse di eresia, le ricette custodite nei monasteri e nelle canoniche, vennero distrutte.
    Nella provincia ferrarese, le origini storiche dell’arte culinaria sono legate alle fastose tradizioni della Corte degli Estensi dove il dolce era apprezzato. Nel Libro della Interada della Casa Estense, si racconta che il Duca Borso d’Este, l'11 novembre del 1465, consegnò ad un suo maggiordomo “un ducato d’oro da mettere dentro un panpepato che sarebbe poi stato offerto agli invitati”.
    Alla Corte di casa d’Este vi era uno dei più famosi cuochi dell'epoca, Cristoforo da Messisbugo, nel suo trattato di scalcheria, una raccolta delle preparazione gastronomiche offerte alla corte, vi erano anche i Panpepati di zucchero.

    Nel 1800 il divenne popolare all’interno della città di Ferrara “in ogni casa il pranzo di Natale non poteva dirsi completo se non si chiudeva con una dolce fetta di panpepato” ma, la vera rivoluzione nella tecnica di preparazione del dolce risale ai primi del 1900. Guido Ghezzi, pasticcere di origini milanesi che, nel 1902, dopo aver appreso in Svizzera l'arte della lavorazione del cioccolato, avviò, a Ferrara, un laboratorio di pasticceria nel pieno centro storico della città.
    "... riprese un’antica ricetta ferrarese del secolo XVI, ne perfezionò la formula e ricoprì questo pane, di cioccolato. Fu un grande successo." Prima dell’innovazione di Ghezzi, la superficie del dolce era decorata unicamente con i diavulin, piccoli confettini di zucchero colorati. Di lì a poco, il prodotto ottenne numerosi consensi, nel 1908 ottenne un riconoscimento all’Esposizione di Parigi, nel 1909 a quella di Londra e nel 1910 a quella di Bruxelles. Ma, il maggior riconoscimento lo riscosse nel 1911, quando, all’Esposizione di Torino, allora capitale della lavorazione del cioccolato, venne premiato con la massima onorificenza: il “Diploma d’Onore”.
    Nel 1953, il pasticcere ferrarese Bindo Agosti fu incaricato di omaggiare Stalin con una forma del peso di 5 Kg.

    ...il pampepato di Terni...



    Si pensa che l'origine di provenienza sia il lontano oriente, portato dalle carovane che trasportavano spezie, intorno alla metà del Cinquecento. Poi, la tradizione italica aggiunse altri sapori locali come le noci, gli agrumi e un ingrediente "segreto", il mosto cotto ("sapa" o "saba" nell'epoca romana), difficile da trovare, a Terni viene imbottigliato appositamente per la preparazione del pampepato. Nella ricetta originale non si trovano le dosi esatte di alcuni ingredienti, perché non esistono indicazioni precise; vengono aggiunti "quanto basta", finché non ha il giusto sapore.
    Il Pampepato Ternano viene preparato rigorosamente l'8 dicembre, giorno dell'Immacolata Concezione, all'inizio delle festività ma il periodo, a volte, si prolunga fino al 14 febbraio, festa di San Valentino, patrono della città e degli innamorati. Tradizione vuole che almeno un esemplare resti incartato fino al giorno di Pasqua, o fino al 15 agosto, giorno dell'Assunzione: il che testimonia la capacità del dolce di mantenersi a lungo senza conservanti.

    (Gabry)





    LO SAI PERCHE'?




    Perché le zampe dei pinguini non congelano?


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    Il sistema che permette ai pinguini di non avere le zampe congelate, nonostante poggino sul ghiaccio per molte ore, non è molto diverso, anche se è più raffinato e complesso, da quello che assicura all’uomo di avere mani calde anche in pieno inverno. Il processo metabolico, vale a dire la reazione chimica che genera energia e calore, ha bisogno di ossigeno. Il sistema circolatorio dei pinguini (e di molti altri animali) porta l’ossigeno dai polmoni al cuore e da qui a tutto il corpo, tramite il sangue che circola nel sistema delle arterie. Insieme all’ossigeno viene trasportato anche il calore, che viene in gran parte disperso attraverso la pelle.
    (Pinguini (sfigati) si nasce o si diventa? La foto storia del pinguino imperatore)

    Indietro tutta. Questo nei pinguini non accade per la presenza di un sistema detto di “scambio controcorrente”. Si tratta di un apparato che fa in modo che il calore che viene disperso dalla parte arteriosa dei capillari venga recuperato quasi totalmente dai capillari venosi, prima tappa del circuito di vene che riportano il sangue verso il cuore. In questo modo, anche nelle zone più periferiche dell’organismo le cellule vengono rifornite dell’ossigeno necessario per vivere, ma il calore non viene disperso attraverso la pelle. Il risultato è che i piedi dei pinguini non congelano nonostante siano esposti a temperature molto basse.

    fonte:http://www.focus.it/


    (Lussy)





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    foto:files.l-essenza-delle-donne.webnode.it



    Salute e Benessere



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    foto:bgsalute.it


    Terme di Trescore



    La scelta giusta per chi vuole star bene affidandosi non solo alle straordinarie doti curative di una ricchissima acqua sulfurea, ma anche alla costante assistenza di un qualificato staff medico.

    Efficaci, naturali e pressoché prive di effetti collaterali, le terapie termali sono da secoli un prezioso alleato della Salute. Da qui la decisione di restare fedeli al termalismo tradizionale, quello vero, che cura grazie alle proprietà terapeutiche delle acque utilizzate e validato da numerosi studi scientifici.


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    foto:termespa.it


    L’acqua di Trescore, ricca come poche altre in Italia di idrogeno solforato e altri composti sulfurei, è ideale per trattare le più comuni patologie che interessano l’apparato respiratorio, otorinolaringoiatrico, osteo-articolare e la pelle.

    Alle coccole di un centro benessere, quindi, si è preferito garantire la serietà di una qualificata struttura sanitaria, caratterizzata da efficacia delle prestazioni erogate, rigore medico scientifico e sensibilità ai temi della prevenzione e dell’educazione sanitaria.

    Una scelta oggi in controtendenza, ma confortata dalle migliaia di Clienti che ogni anno scelgono le Terme di Trescore per effettuare i loro 12 giorni di cura.


    Trescore e dintorni


    Trescore Balneario, ridente Paese lombardo situato all’imbocco della Valle Cavallina, si trova a soli 15 Km da Bergamo ed è immerso nel verde di un riposante paesaggio collinare.

    Le antiche pietre dei palazzi nobiliari e delle torri di Piazza Cavour testimoniamo il passato medievale del Paese, mentre sulle colline che lo circondano è possibile visitare ville settecentesche e piccole chiese, alla scoperta di itinerari che consentono di combinare piacevolmente Arte, Natura e Gastronomia.
    Assolutamente da non perdere una visita alla Cappella Suardi, che ospita un pregevolissimo ciclo di affreschi di Lorenzo Lotto.

    Questa valle, percorsa dalla strada del Tonale e calpestata nei secoli da guelfi e ghibellini, da lanzichenecchi e templari, è ancora oggi, per chi desidera lasciarsi conquistare dal fascino di luoghi ricchi di storia, una fonte di piccole grandi scoperte!

    Da non perdere, il calendario di eventi organizzati a Trescore Balneario, come la famosa Festa dell’Uva e dell’Agricoltura Bergamasca (www.prolocotrescore.it).


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    foto:placesonline.com

    Qualche consiglio per chi desidera abbinare le cure a piacevoli gite nei dintorni:


    Natura - Riserve naturali, escursioni per sentieri, grotte e laghi in provincia di Bergamo


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    foto:ecodibergamo.it


    VALLE DEL FREDDO

    Distanza dalle Terme: 17 Km
    Siamo nel 1939 quando un appassionato di botanica, notando sul cappello di un cacciatore una stella alpina raccolta di recente, scopre che il fiore d’alta quota proviene dai pascoli di una piccola valle vicina al Lago di Gaiano, adiacente al Lago di Endine. Scoperta, quindi, quasi per caso, la “Valle del Freddo” è oggi un’importante riserva naturale, caratterizzata dalle correnti di aria fredda che fuoriescono dal terreno permettendo la crescita di fiori (rododendro irsuto, stella alpina, anemone alpino, ecc.) e piante tipiche degli ambienti alpini. Perché il fenomeno è strano? Perché in realtà siamo ad un’altitudine media di soli 360 mt sul livello del mare.
    Visitabile nei week-end di maggio, giugno e luglio lungo un sentiero realizzato nel pieno rispetto di questo delicato ecosistema, è considerata la meta ideale per sfuggire al caldo estivo e per scoprire un fenomeno naturalistico che, unico nel suo genere e di grande valore scientifico, trasporterà d’incanto il visitatore in un “ambiente di alta montagna”, molto suggestivo nel periodo della fioritura. La passeggiata dura 1 ora e 30’ e richiede un consiglio: non dimenticate gli scarponcini da trekking!

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    foto:ecodibergamo.it

    BUCA DEL CORNO

    Distanza dalle Terme: 3,5 Km
    Calarsi in una grotta naturale senza paura del buio e delle profondità per scoprire con guide esperte i segreti dei fenomeni geologici che hanno formato le nostre Prealpi. Un’esperienza unica, possibile grazie all’azione erosiva dell’acqua che nel corso dei millenni ha creato una galleria sotterranea orizzontale di 385 mt. Nell’Età del Rame (3000 a.C.) la Buca del Corno di Entratico è stata utilizzata come grotta sepolcrale, conservando nel tempo numerosi reperti archeologici e resti umani oggi custoditi al Museo di Scienze Naturali di Milano. Non ci sono più le colonie di pipistrelli che un tempo popolavano questo luogo, ma si possono ammirare tante specie di flora e fauna del sottosuolo. E… dopo la visita, un pic-nic nel verde del grande parco attrezzato del Monte Sega, raggiungibile in auto lungo la strada che collega Entratico a Foresto Sparso o a piedi dal sentieri della Pendesa.

    Sport - Pesca, windsurf, canoa, ciclismo, mountain bike, jogging, bob estivo, trekking, equitazione e molto altro!


    PESCA, WINDSURF, CANOA

    Distanza dalle Terme: 12 Km
    Il Lago di Endine offre rive pescose e ospita numerose gare di pesca. Questo tranquillo specchio d’acqua è, inoltre, il luogo ideale per il canottaggio, anche a livello agonistico e, in alcuni punti, risulta essere perfetto per il windsurf.

    PISTA CICLABILE DELLA VAL CAVALLINA

    Distanza dalle Terme: 500 m circa
    Si snoda per 12 Km con partenza da Trescore Balneario e arrivo presso il Castello di Monasterolo, con possibile proseguimento per un breve tratto lungo una pista ciclabile sulle rive del Lago di Endine. E’ un percorso sempre in ottime condizioni, piacevole e pianeggiante, caratterizzato da un leggero dislivello che segue l'andamento del fiume Cherio.

    JOGGING

    Distanza dalle Terme: 0 Km
    Per iniziare la giornata con sprint, il parco delle Terme di Trescore consente agli Ospiti di effettuare una salutare corsa lontani dal traffico, immersi nel verde di piante secolari e grandi prati ben tenuti.


    Arte - Musei, castelli, edifici storici, parchi archeologici vicino a Trescore Balneario


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    foto:wikimedia.org

    CASTELLO DI BIANZANO

    Distanza dalle Terme: 17 Km
    Bianzano è piccolo Paese dalla curiosa forma di una stella cometa che, posto in posizione dominante sulla Valle e affacciato sul Lago di Endine, conserva intatta la parte antica medievale dominata da un imponente castello, un tempo scelto dai Templari come sede strategica per controllare il territorio. Accompagnati da guide esperte, si possono scoprire i tanti segreti di questa fortificazione, ricca di simboli e di misteri!
    A cadenza biennale, d’estate a Bianzano si accende la magia di una bellissima rievocazione medievale con un programma fitto di eventi e spettacoli.

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    foto:wikimedia.org

    CASTELLO DI MONASTEROLO

    Distanza dalle Terme: 12 Km
    Il Castello di Monasterolo, un tempo punto strategico di avvistamento, segnalazione e difesa, sorge in un paesaggio rasserenante, tra le colline e il Lago di Endine. Edificato nel 300 d.C dai monaci benedettini, distrutto da Barbarossa e riedificato del XIII sec. d.C, è ornato da portici e soggette, mentre gli interni hanno caratteristici pavimenti medievali a losanghe bianche e nere, intonaci rinascimentali e antichi mobili rustici. Si raggiunge l’ingresso attraversando un incantevole guardino, considerato tra i più belli dell’Italia settentrionale: parte all’inglese e parte all’italiana, ispirato al tardo rinascimento e al barocco, d'estate ospita una vegetazione talmente fitta che il castello sembra mimetizzarsi.

    Religione - Itinerari religiosi alla scoperta di chiese e santuari in provincia di Bergamo

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    foto:viaggispirituali.it/

    SOTTO IL MONTE GIOVANNI XXIII

    Distanza dalle Terme: 33 Km
    Sotto il Monte è un importante luogo di pellegrinaggio, sede della casa natale di quell’Angelo Roncalli che il 28 ottobre del 1958 divenne Papa Giovanni XXIII. L’edificio ne conserva i vestiti e i mobili, tra i quali spicca la scrivania dove il Papa Buono ha iniziato a scrivere "Il giornale dell'anima". Annesse alla Chiesa del seminario si trovano le stanze con la testimonianza delle grazie ricevute da pellegrini di tutto il mondo, mentre particolarmente toccante è il locale colmo di fiocchi rosa e azzurri portate da genitori come segno di ringraziamento per aver ricevuto la grazia di aver concepito un figlio o per particolari guarigioni di bambini.

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    foto:reginamundi.info

    SANTUARIO DELLA MADONNA DI CARAVAGGIO

    Distanza dalle Terme: 36 Km
    Il Santuario della Madonna di Caravaggio è uno dei luoghi di culto più famosi e frequentati della Lombardia, luogo di preghiera ma anche Centro d’accoglienza per pellegrini e ammalati, Centro di consulenza matrimoniale e familiare e Centro di Spiritualità. Fu costruito nel XVI sec. d.C per volere di San Carlo Borromeo, che in ricordo di un’apparizione della Madonna, avvenuta nel 1432 ad una contadina maltrattata dal marito, voleva esortare gli abitanti alla preghiera e alla penitenza. Davanti all’ingresso dell’edificio, che sorge su una piazza cinta da un lungo porticato, si trovano l’obelisco e una fontana lunga quasi 50 metri che raccoglie l’acqua benedetta del Sacro Fonte. All’interno il tempio, che si presenta ad una sola navata e con una caratteristica pianta a croce latina, è caratterizzato da uno stile classico, con pilastri dai capitelli ionici.

    Enogastronomia - Visite in aziende agricole, degustazione di vini locali e locande, trattorie e ristoranti




    da:termeditrescore.it

    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    NOMINATIONS AGLI OSCAR 2016

    «La verità è come la poesia.
    E alla maggior parte della gente sta sulle palle la poesia».

    THE BIG SHORT


    Titolo originale The Big Short
    Paese di produzione USA
    Anno 2015
    Durata 130 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Genere biografico, commedia, drammatico
    Regia Adam McKay
    Soggetto Michael Lewis
    Sceneggiatura Adam McKay, Charles Randolph
    Produttore Dede Gardner, Brad Pitt, Jeremy Kleiner, Arnon Milchan
    Casa di produzione Plan B Entertainment
    Regency Enterprises
    Distribuzione (Italia) Universal Pictures
    Fotografia Barry Ackroyd
    Montaggio Hank Corwin
    Musiche Nicholas Britell
    Scenografia Clayton Hartley

    Interpreti e personaggi

    Christian Bale: Michael Burry
    Steve Carell: Mark Baum
    Ryan Gosling: Jared Vennett
    Brad Pitt: Ben Rickert
    Melissa Leo: Georgia Hale
    Finn Wittrock: Jamie Shipley
    Hamish Linklater: Porter Collins
    John Magaro: Charlie Geller
    Rafe Spall: Danny Moses
    Jeremy Strong: Vinnie Daniel
    Marisa Tomei: Cynthia Baum
    Stanley Wong: Ted Jiang
    Byron Mann: Wing Chau
    Tracy Letts: Lawrence Fields
    Karen Gillan: Evie
    Selena Gomez: sé stessa
    Margot Robbie: sé stessa
    Adepero Oduye: Kathy Tao
    Rudy Eisenzopf: Lewis Ranieri
    Rajeey Jacob: Deeb Winston
    Anthony Bourdain: sé stesso
    Richard Thaler: sé stesso
    Tony Bentley: Bruce Miller


    TRAMA



    Quando quattro investitori visionari, al contrario di quanto mostrato dalle grandi banche, dai media e dal governo stesso, intuiscono che l’andamento dei mercati finanziari avrebbe portato alla crisi mondiale dell’economia, mettono in atto La Grande Scommessa. I loro coraggiosi investimenti li porteranno nei meandri oscuri dei sistemi bancari moderni, facendoli dubitare di tutto e tutti. Scommettere contro il sistema e guadagnarci. È quello che ha fatto un piccolo gruppo di speculatori visionari che hanno intuito che cosa stava succedendo sul mercato ben prima dello scoppio della crisi mondiale nel 2008 e ne hanno approfittato, facendo a volte precipitare gli eventi e uscendone vincenti. The Big Short - Il grande scoperto è la storia della crisi dal loro punto di vista di personaggi fuori dagli schemi, "eroi" dai caratteri difficili, sconosciuti ai più ma fondamentali per capire che cosa è successo veramente. Una coppia di ragazzi partita con 100 mila dollari da un garage; un medico che gioca a investire a tempo perso nelle (pochissime) ore libere e divulga consigli finanziari in un forum; il finanziere arrogante che pensava di saperne una più degli altri... e che scoprirà di aver ragione. In comune, una certa "eccentricità" che lì ha portati a non ascoltare il senso comune, la droga collettiva che spingeva tutto il resto del mercato a pensare che i rendimenti sui mutui e sui derivati non sarebbero mai finiti..

    ...recensione...


    Il film si basa sul saggio scritto da M. Lewis “The Big Short – Il grande scoperto” , viaggia sull’onda lunga del crollo finanziario che tanti dolori ha dato alla classe media e di cui ne sentiamo influenza ancora oggi. La pellicola in maniera satirica e scanzonata ci mostra come uno sparuto gruppo di persone prevedendo il crollo del debole castello di carta che era l’economia americana del 2008 - 2010 riuscì a realizzare un profitto dallo stesso, un po’ quello che avevamo visto nel film di Virzì “ Il capitale umano”.
    L’abile tessitore di questa pellicola a tema finanziario ma profondamente immersa nella commedia è Adam McKay un tipetto tutto pepe dietro la macchina da presa, infatti questo film è acuto, brillante ci sciorina concetti noiosissimi in maniera spiazzante, semplice e divertente.
    Un film a basso budget se non contassimo i contratti degli attori che qui sono tutti di ampio respiro e in splendida forma, complice lo stile di regia ad hoc per l’interpretazione attoriale fatto di zoomate sui volti, movimenti quasi impressionisti di macchina tra montaggio veloce e messe a fuoco sfasate. Steve Carrel fa un ottima prova e ormai dà la conferma di essere solidissimo anche in ruoli che vertono sul drammatico, Ryan Gosling qui è perentorio brillante e determinato, un Christian Bale da nomination e un Brad Pitt di grande esperienza che anche produce. Piccoli camei, Selena Gomez, Margot Robbie e nientemeno che il mitico cuoco viaggiante Antony Bourdain ci spiegano infrangendo la quarta parete in maniera diretta e semplice e in pochi secondi quello che ci ha portato al collasso nel 2010. Argomento delicato questo, ma il regista utilizza questi quattro scapestrati come grimaldello per aprirci in forma di commedia tutto un mondo ignorato dal cittadino medio. L’abilità sta nel fatto di tirar fuori degli argomenti che non sono per nulla da intrattenimento e riuscire ad inserirli in un contesto interessante per il fruitore. Non ci sono eroi in questo film anche i buoni sono abbastanza ambivalenti, l’economia e le banche sono negative, i protagonisti scommettono contro tutti sperando in un crollo finanziario ma le conseguenze saranno terribili, forse questo un po’ l’unico punto debole del film visibile soprattutto nel finale dove i vittoriosi saranno forse troppo retoricamente pessimisti e poco felici.
    McKay è stato coraggioso, ha rischiato con un argomento poco cool come la finanza e ci ha inserito degli elementi registici altrettanto lontani dal grande pubblico ma gli attori che si muovono a tuttotondo nell’intercapedini più seriose dell’economia finanziaria senza mai annoiare fanno di questo film una piccola chicca del genere.
    (http://cinepilloleantiflop.blogspot.it/)

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    IL KINKELIBA



    Il kinkeliba (Combretum micranthum), conosciuto anche come combretto o dutè, fa parte della grande famiglia delle Combretaceae. E’ una pianta comune originaria dell'Africa occidentale, Senegal, Benin, Gambia,Mauritania e Nigeria e costituisce il fondo arbustivo delle foreste boschive della savana. Il Kinkeliba è un arbusto cespuglioso alto dai 4 o 5 metri, di colore bruno rossastro. Le foglie sono a gambo corto, verde scuro, ampiamente ovate, appuntite. I fiori sono piccoli e bianchi, raggruppati in spighe. Il frutto è una samara quattro ali membranose di di circa 1,5 cm. Cresce su terreni poveri di nutrienti, asciutti, come arenaria, argilla, laterite, rocce cristalline. Si trova frequentemente in termitai, anche se le sue radici sono molto sensibili agli attacchi delle termiti. Vive dove le precipitazioni annue sono tra i 300 e 1500 mm, e dalla pianura fino ai 1000 mt. di altitudine. Nella stagione delle piogge dà foglie e frutti, che diventano rossicci nella stagione secca.

    Le foglie, che sono raccolte verdi e poi fatte seccare all’aria, possono essere assunte sotto forma di infuso o di decotto. Un tè prodotto dalla macerazione delle foglie in acqua bollente è una bevanda tonica tradizionale nei Paesi savana tropicali come il Senegal, il Mali e il Burkina Faso. Nell'Africa occidentale i musulmani, in particolare Wolof, Fulas e Mandinkas, le foglie, la corteccia e i ramoscelli di Kinkiliba vengono raccolti e venduti in pacchi durante la stagione secca e durante il mese di Ramadan; il Kinkiliba viene utilizzato quotidianamente per preparare un tè forte che viene miscelato con zucchero e latte e bevuto con pane al tramonto come un mezzo per rompere il digiuno quotidiano. E’ utilizzato specificamente per questo scopo a causa del suo sapore dolce e perché si crede sia uno stimolante dell'appetito, come coloro che sono stati a digiuno che vogliono essere in grado di gustare il cibo il più ricco possibile, la sera dopo non aver mangiato nulla dal sorgere al tramonto.

    Anticamente era usata dai guaritori soprattutto contro malaria e l’ittero in generale. Le sue foglie sono usate nella medicina tradizionale come toccasana per una lunghissima serie di malattie, che vanno dal semplice affaticamento all’epatite, dal mal di testa al cancro. I colonizzatori francesi che portarono in Europa le foglie di kinkeliba, il cui albero è chiamato “albero della salute”, chiamavano il loro infuso “tisana di lunga vita”. Tutte le proprietà miracolose sono solo frutto della suggestione popolare, ma l’infuso di foglie di kinkeliba ha dimostrato di poter essere usato davvero come efficace aiuto contro alcune disfunzioni dell’apparato digerente e delle vie urinarie. Nel suo libro sulle piante della Guinea nel 1912, Henri Pobeguin osservò che "l'infusione delle foglie è utilizzato dal Malinke e Sousou in caso di febbre biliare."

    Con i rami, molto robusti, si costruiscono sgabelli, letti, bastoni da passeggio e manici di utensili. Le foglie sono anche utilizzate come foraggio per animali. Le fibre della corteccia interna vengono utilizzate per costruire cordami.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    GENNAIO

    Gennaio
    Bigio il ciel, la terra brulla,
    questo mese poverello
    nella sporta non ha nulla
    ma tien vivo un focherello.

    Senza greggia e campanello
    solo va, pastor del vento.
    Con la neve sul cappello
    fischia all'uscio il suo lamento.

    Breve il dì, lunga la notte,
    cerca il sole con affanno.
    ha le tasche vuote e rotte,
    ma nasconde il pan d'un anno.


    (Renzo Pezzani)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    scatto di Jonathan Munshi

    Questo è un altro aspetto rasserenante della natura:
    la sua immensa bellezza è lì per tutti.
    Nessuno può pensare di portarsi a casa un'alba o un tramonto.
    (Tiziano Terzani)

  8. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 002 (11 Gennaio - 17 Gennaio 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 11 Gennaio 2016
    S. IGINO PAPA.

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 02
    Giorni dall'inizio dell'anno: 11/355
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    A Roma il sole sorge alle 07:37 e tramonta alle 16:59 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 08:02 e tramonta alle 16:59 (ora solare)
    Luna: 8.17 (lev.) 18.51 (tram.)
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    Proverbio del giorno:
    O mangiar questa minestra o saltar questa finestra.
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    Aforisma del giorno:
    Nessuno può garantire del suo ultimo sentimento, né del proprio cervello.
    (Napoleone Bonaparte)









    RIFLESSIONI



    ... DUCA BIANCO …
    ... Cavallo bianco, spalle dritte che assecondano impercettibilmente il movimento del suo destriero. Abiti bianchi, luminosi nel loro candore parimenti allo sguardo fiero. Un cappello, bianco anch’esso, con una penna blu come i suoi occhi che carezza la tesa del cappello come a simulare una carezza. Mattina presto nel paesino, il bianco cavaliere in sella al suo bianco cavallo, si muove verso la piazza centrale; alle spalle il suo castello chiude il gigantesco portone. Ad ogni passante che incrocia il suo percorso toglie il cappello dalla testa e con un gesto bello e delicato sorride salutando ognuno. Lo conoscono tutti quel fiero cavaliere; il suo percorso come ogni mattina finisce davati la bottega dei colori. Lui artista conosciuto, va alla ricerca del nuovo, delle emozioni; ma la cosa che lo ha sempre contraddistinto è la ricerca ogni giorno di un colore; di colori per dare calore, spessore alla sua “creazione” alla sua arte attraverso la quale esprime emozioni forti infinite. Lui, muscicista, usa le note come un pittore un pennello; spazia sulle righe del pentagramma alla ricerca di note che possano colorare la sua composizione. Proprio per questo ogni giorno si reca alla bottega del suo amico e gli mescola colori in ogni modo. Si racconta di intere nottate passate dal duca nel laboratorio di colori del suo amico a cercare quel cromatismo che facesse scattare la scintilla delle emozioni della fantasia. “Per me la musica è il colore. Non il dipinto. La musica permette di dipingere - me stesso”, questo era il suo motto; chiunque lo incontrava o lo vedeva in quelle lunghe ore nella bottega spesso gli chiedeva il perché e lui, come sempre col suo modo delicato e gentile rispondeva in quel modo. Il suo castello era spesso meta di tutti coloro desideravano andare; non aveva fossato né ponte levatoio, solo un enorme portone sul quale campeggiava una grande scritta “Sono felice, spero che anche voi lo siate,ho amato tutti quelli che avevo bisogno di amare”… all’interno melodie bellissime e se si chiudevano gli occhi mentre si ascoltavano apparivano colori formidabili e scie di pennellate nello spazio della mente. “Se l’ascolto della mia musica produrrà colori ed emozioni forti allora avrò raggiunto il mio obiettivo”. Raccontano che una sera il Duca Bianco sia uscito dalla bottega del suo amico esultante, raggiante di felicità. Il suo amico aveva una pennellata su una tela, un colore mai visto. Andando via il Duca Bianco ha detto al suo amico “Ora sono felice, ho raggiunto il mio scopo. I miei colori e la mia musica che ne è colorata mi renderanno immortale come un’emozione, come un pensiero bello.” Salito in sella al suo bianco destriero lo hanno visto andar via verso l’orizzonte; da quel giorno non si è più avuta notizia di lui; sono certo che prima o poi un raggio di luce, un colore fantastico ci racconterà un'altra sua emozione un altro suo capolavoro. Oggi abbiamo la certezza che ascoltando le sue melodie e chiudendo gli occhi potremo vedere i suoi colori e la bellezza delle sue emozioni. Buon viaggio David Bowie, amico della mia gioventù; i tuoi colori hanno reso irripetibile la mia vita e, sono certo, quella di tanti altri. Ci hai detto tra le tante cose che “we can be heroes just for one day”… … Buon Gennaio amici miei … (Claudio)






    Morto David Bowie, addio al Duca Bianco del rock. Una carriera lunga 50 anni
    Aveva appena festeggiato 69 anni ed era malato da mesi di tumore. L'annuncio da parte della famiglia sull'account twitter ufficiale dell'artista. Chiesto il rispetto della privacy. E' morto David Bowie, il trasformista del pop e del rock: a 69 anni e dopo 18 mesi di battaglia contro il cancro. Eccentrico, visionario e innovatore, il Duca Bianco, come era soprannominato, è morto una settimana dopo il suo compleanno, lo scorso 8 gennaio. Bowie aveva da poco pubblicato l'ultimo album, le cui atmosfere, testi e perfino la copertina, vengono ora riletti come un testamento spirituale. La sua è stata una CARRIERA LUNGA 50 ANNI.

    L'8 gennaio David Robert Jones (Bowie e' il cognome adottato all'inizio della carriera per non confondersi con il David Jones cantante dei Monkees) ha compiuto 69 anni e ha pubblicato quello che oggi viene visto come il suo cupo album-testamento, 'Blackstar'. La sua carriera di anni ne ha 50, visto che il suo primo singolo, 'Can't help thinking about me', venne pubblicato il 14 gennaio del 1966 (il lato B si intitola 'And I say to myself') a nome di David Bowie e The Lower Third.

    Sette anni dopo era gia' un mito giovanile, il fondatore del glam rock, padre putativo di buona parte della generazione del rock inglese degli Oasis. Nel 1973, con uno strepitoso concerto all'Hammersmith Odeon di Londra, insieme agli Spiders From Mars, Bowie annunciava la fine di Ziggy Stardust, l'alieno dalla rivoluzionaria ambiguita' sessuale che e' stato la sua prima incarnazione e il passaporto per il successo. Nonostante i suoi album - ad oggi - siano stati per anni lontani dai primi posti delle classifiche, Bowie resta uno dei protagonisti assoluti della scena mondiale: dal 1997 e' anche quotato in Borsa, grazie all'emissione dei Bowie Bonds effettuata offrendo a garanzia le royalties ricevute per i dischi venduti fino al 1993 (circa un milione di copie all'anno). Da questa operazione pare che abbia ricavato piu' di 40 milioni di euro. Nel 2007 ha ricevuto il Grammy alla carriera, equivalente musicale dell'Oscar. Nel 2005 l'intervento di angioplastica al cuore lo costrinse ad interrompere una tournee e annullare tutti i suoi impegni.

    Probabilmente l'incontro cruciale della sua carriera e' stato quello con Lindsay Kemp nel 1967: grazie a lui ha appreso i segreti del mimo e della messa in scena teatrale, elementi fondanti della sua personalita' artistica affermatasi attraverso le ormai celebri impersonificazioni, Ziggy Stardust e il Duca Bianco, algida figura che ha schiuso le porte della new wave. Nei panni di questi due personaggi, Bowie ha inciso album leggendari come Space Oddity, The Man who sold the world, The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars.

    All'inizio degli anni '80 e' gia' un mito, uno dei pochi capaci di conciliare rock e teatro, pop e avanguardia, ambiguita' sessuale e arti visive, trasgressione e letteratura potendo contare su solidi legami che vanno dal rock'n'roll stardom a Warhol e William Burroughs. Dopo Station to station e The Thin White Duke Bowie lascia Los Angeles e si trasferisce a Berlino dove, con la collaborazione di Brian Eno, registra tre degli album piu' importanti della sua carriera, Low, Heroes (forse il suo capolavoro) e Lodger. A Berlino Bowie riesce a liberarsi dalla schiavitu' della cocaina e inaugura gli anni '80 con una nuova clamorosa svolta stilistica che gli fruttera' il piu' grande successo commerciale della sua discografia, Let's Dance, un raffinatissimo viaggio attraverso il rock'n'roll, il funky, la dance piu' elegante. E' il periodo piu' commerciale di Bowie che spiazza ancora una volta i suoi fan formando i Thin Machine, un quartetto chitarra, basso, batteria che suona un rock durissimo, disastroso dal punto di vista del mercato. Nonostante la sua attivita' sia rimasta intensissima, negli ultimi anni Bowie non ha piu' ritrovato il successo: Black Tie White Noise, Outside, Hours, Reality, Heathen sono album lontani dalla magia di un tempo. Ma e' rimasto un protagonista
    (Ansa)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    La neve

    Tutta bianca nella notte bruna
    la neve cade lenta, volteggiando.
    O pratoline, ad una ad una,
    tutte bianche nella notte bruna!
    Chi dunque lassù dispiuma la luna?
    O fresca peluria, o fiocchi fluttuanti!
    Tutta bianca nella notte bruna,
    la neve cade lenta volteggiando.
    (G. Richepin)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    La fogliolina

    C'era una volta una fogliolina.
    Un giorno mentre stava disteva su di un prato,
    vede una fogliolina come lei, ma di colore giallo e le chiede:
    - Ciao fogliolina posso sapere una cosa?
    Perchè tu sei gialla ed io invece sono verde?
    La fogliolina gialla allora le rispose semplicemente...:- Lo vedrai..!!!
    La fogliolina verde allora, sentendosi dare quella risposta
    ci rimase un po' male e si avviò verso casa.
    Dopo un po', mentre camminava, incontra un'altra fogliolina come lei,
    ma stavolta tutta rossa e le chiede:- Ciao fogliolina, posso sapere una cosa?
    Perchè tu sei rossa ed io invece sono verde?
    La fogliolina rossa allora, come aveva fatto in precedenza quella gialla,
    le rispose semplicemente...:- Lo vedrai..!!!
    Così la fogliolina verde, sentendosi dare per la seconda volta quella risposta,
    ci rimase di nuovo male, e continuò per la sua strada.
    Passarono i giorni e la fogliolina verde si accorse che piano piano,
    anche lei stava cambiando colore...prima gialla, poi arancione,e infine rossa....!!!
    Presa dalla contentezza, la fogliolina si ricordò delle parole delle due foglioline
    che aveva incontrato giorni prima sulla sua strada, e fu allora che capì
    che era arrivato l'AUTUNNO!!!

    (Alessandra Farabbi)



    ATTUALITA’


    Morto David Bowie: ispirò 'Verbasizer', app per comporre testi.

    Entrò anche nel Guiness per il suo sito BowieNet. Oltre allo spazio e alla fantascienza David Bowie aveva anche una grande passione per l'innovazione e la tecnologia. Cioè tutto quello che era nuovo e poteva essere applicato alla sua musica e alla sua arte. Negli anni Novanta ha lavorato ad un software per comporre canzoni che si chiama Verbasizer ed è stato anche il primo artista a creare un sito con un suo internet provider, BowieNet, che entrò nel Guiness.

    Verbasizer non faceva altro che riprodurre su pc e con una applicazione uno dei metodi di composizione di Bowie, il 'cut-up': prendere parole sparse dai giornali, tagliarle, metterle in un cappello e poi ricomporre i frammenti su un foglio di carta. All'inizio degli anni Novanta fu Ty Roberts, un informatico che aveva lavorato anche per Brian Eno, a trasporre questo metodo in una applicazione che si chiama Verbasizer. David Bowie la usò per comporre il disco Outside, pubblicato nel 1995. E c'è anche un video su YouTube in cui l'artista spiega praticamente come funziona il software e come l'ha usato per comporre le sue canzoni.

    Altra intuizione tecnologica di David Bowie è aver creato un sito con un suo Internet provider. Si chiamava BowieNet ed è stato lanciato nel 1998: ogni fan poteva personalizzare la propria homepage e aveva 5 Mb di spazio per esercitare la propria creatività, inoltre la piattaforma garantiva una velocità di connessione più veloce degli altri concorrenti. C'erano pure giochi, pezzi inediti e la piattaforma aveva anche un chat il cui tema dominante era il glam-rock, il genere musicale inventato da David Bowie. "Volevo creare un ambiente dove non solo i miei fan ma tutti gli amanti della musica potessero essere parte di una comunità", disse allora Bowie. BowieNet è entrato anche nel Guinness World Record.
    (Ansa)





    Apple Music ha 10 milioni abbonati.

    Traguardo raggiunto il 6 mesi, Spotify ha impiegato 6 anni. Apple Music, il servizio per ascoltare musica in streaming lanciato dalla Mela nel giugno scorso in oltre 100 Paesi, ha 10 milioni di abbonati. Lo scrive il Financial Times. Il traguardo è stato raggiunto a sei mesi dal lancio. Spotify, primo rivale di Apple nel settore, era arrivato a 10 milioni di abbonati nel 2014, sei anni dopo l'esordio. Stando a quanto riferito dalla società svedese nel giugno scorso, Spotify conta 75 milioni di utenti in 56 Paesi, di cui 20 milioni paganti.

    Spotify e Apple dominano quindi il mercato, che vede tra gli altri competitor la francese Deezer, con 6,3 milioni utenti, e Tidal, servizio lanciato dal cantante hip hop Jay Z, che ha raggiunto il primo milione di abbonati a ottobre. Pandora Radio nel giugno scorso ha dichiarato 79,4 milioni di utenti attivi nei tre Paesi in cui è ancora disponibile - Usa, Australia e Nova Zelanda - ma solo una piccolissima percentuale è pagante.

    Apple Music è una piattaforma che mette insieme lo streaming di canzoni, iTunes e la radio Beats 1, in onda 24 ore su 24, ma anche la possibilità di interagire direttamente con gli artisti attraverso il social Connect. A Ottobre il Ceo Tim Cook aveva dichiarato i 6,5 milioni di abbonati. Vista la crescita sostenuta, per l'analista di Midia Research Mark Mulligan, sentito dal Financial Times, Apple Music "ha il potenziale di diventare il primo servizio musicale in abbonamento nel 2017". ‬
    (Ansa)





    El Chapo intervistato da Sean Penn, attore indagato. Il re dei narcotrafficanti voleva un film sulla sua vita.

    Su Rolling Stone la foto della stretta di mano tra l'attore e il barone della droga messicano. Sean Penn finisce nei guai: l'attore è indagato per la sua intervista esclusiva a 'El Chapo', il barone della droga messicano, pubblicata su Rolling Stone. L'incontro segreto tra l'attore e il boss di Sinaloa avrebbe aiutato le autorità messicane a catturare El Chapo.

    L'incontro tra Sean Penn e il barone della droga messicano El Chapo, avvenuto lo scorso 2 ottobre, è durato sette ore ed è avvenuto in una zona della giungla nello stato messicano di Durango, in cima ad una montagna, al confine con Sinaloa. Secondo quanto raccontato dall'attore americano alla rivista Rolling Stone che ha pubblicato la sua intervista esclusiva con tanto di foto della loro stretta di mano, i due hanno "mangiato, bevuto e parlato" circondati dalle guardie del corpo del boss.

    "Sono convinto che la Dea (l'agenzia anti-droga americano) e le autorità messicane seguissero ogni mio movimento in Messico", confessa Sean Penn nell'introduzione alla sua intervista. "Nel momento in cui sono atterrato, sono diventato sospettoso di tutto", ha aggiunto l'attore rivelando che durante la preparazione dell'intervista era costretto "a usare telefonini una sola volta e poi bruciarli, indirizzi email anonimi, messaggi criptati".

    La "cosiddetta intervista" realizzata da Sean Penn al narcotrafficante messicano noto come El Chapo "manda su tutte le furie", ha detto il chief of staff della Casa Bianca Denis McDonough interpellato dalla Cnn, affermando inoltre che la posizione di Sean Penn e degli altri coinvolti pone quesiti.

    Nell'intervista, organizzata dall'attrice messicana Kate Del Castillo, che ha interpretato una drug queen messicana in una nota soap opera, Penn racconta che il boss del cartello di Sinaloa, considerato il più grande narcotrafficante del mondo, voleva far girare un film sulla sua vita. Nell'intervista segreta il boss messicano racconta che aveva mandato per tre mesi degli ingegneri in Germania perchè imparassero come evitare problemi scavando il lungo e profondo tunnel attraverso cui il boss è evaso da una prigione di massima sicurezza. Nella stessa intervista 'El Chapo' si vanta anche di essere il più grande fornitore di droga del mondo e di avere una flotta di sottomarini, aerei, camion e navi.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Il viaggio di Arlo




    locandina


    Un film di Peter Sohn. Con Raymond Ochoa, Jack Bright, Frances McDormand, Jeffrey Wright, Marcus Scribner


    Il percorso iniziatico di un dinosauro e di un cucciolo d'uomo, con caratterizzazioni gustose anche per il pubblico over 10.
    Paola Casella


    Arlo è il figlio più piccolo in una famiglia di dinosauri molto evoluti, dato che il meteorite che avrebbe dovuto colpire la terra 65 milioni di anni fa ha sbagliato il tiro, e i dinosauri non si sono estinti ma hanno progredito nel loro percorso evolutivo. La sorella e il fratello maggiori di Arlo sono in gamba e aiutano i genitori a coltivare i campi della fattoria: entrambi si sono perciò guadagnati il diritto di apporre la loro impronta sul silo che custodisce le provviste per l'inverno, accanto a quelle di mamma e papà. Ma Arlo non riesce a fare altrettanto perché è dominato dalla paura di quasi tutto ciò che lo circonda, perfino le galline che popolano il recinto della fattoria. Il padre di Arlo decide allora di affidare al suo cucciolo un incarico di responsabilità che potrebbe meritargli l'onore dell'impronta: cacciare il misterioso ladruncolo che ruba le provviste dal silo. Quel ladruncolo si rivelerà un cucciolo d'uomo, e Arlo non troverà il coraggio di ucciderlo, ponendo fine alle sue ruberie. A quel punto papà dinosauro accompagnerà il figlio attraverso il paesaggio preistorico alla ricerca della preda sfuggita, ma quella battuta di caccia avrà un esito tragico, che darà inizio al lungo viaggio di Arlo per diventare grande e superare la paura di vivere.

    Il viaggio di Arlo non è il cartone animato più riuscito della Pixar (anche perché esce subito dopo Inside Out, marcando la prima volta che gli studios presentano due loro prodotti nello stesso anno), ma è certamente uno dei più insoliti, a partire dal rovesciamento che sta alla base della storia: i dinosauri sono creature evolute, sanno esprimersi a parole e fanno una vita stanziale, essendosi trasformati da cacciatori a coltivatori, mentre gli esseri umani vivono allo stato brado, si esprimono a grugniti, rubano il cibo, ma hanno un gran coraggio e un forte istinto di sopravvivenza. L'amicizia che scaturirà fra Arlo e Spot, il cucciolo d'uomo assai reminescente del Mowgli di Il libro della giungla, è simbiotica poiché ciò che manca all'uno abbonda nell'altro, e viceversa. Il loro è un percorso iniziatico che li porterà a maturare ma anche a riconoscersi come appartenenti a razze diverse, non per questo incompatibili. Lungo il cammino Arlo e Spot incontreranno molte creature famigliari ai bambini che sanno tutto su pterodattili, velociraptor, tirannosaurus rex e stiracosauri, rivisitate però attraverso una sensibilità western che segue il classico confronto fra i pionieri contrapposti ai predatori e ai ladruncoli. Se la trama è elementare e piuttosto prevedibile, le caratterizzazioni sono gustose anche per il pubblico over-10, e la storia mostra un certo coraggio nell'affrontare il tema del lutto e dell'appartenenza alla propria famiglia, di nascita o di elezione.
    L'animazione è al suo meglio nella ricostruzione dei panorami primordiali, mostrando passi da gigante nella resa dell'acqua e dei fenomeni naturali: vento, polvere, tempesta, campi di grano ondeggianti, nuvole in viaggio, stormi di uccelli e lucciole in volo, ognuno fa a gara per stupire lo spettatore abituato a computer graphic più artefatte e meno inclini ad assecondare il potere magico della natura.


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    UN LIBRO...UN AUTORE

    «..l’amore è fatto di mille sfumature
    e sono i nostri sbagli a creare i colori più belli.»

    PROMETTO DI SBAGLIARE



    Il locale è affollato e rumoroso. L’uomo è seduto vicino alla finestra e guarda il cielo grigio, annoiato come ogni lunedì mattina. Improvvisamente si volta e lei è lì, di fronte a lui. Gli occhi carichi di stupore e l’imbarazzo tradito dal tremito della dita che afferrano la borsa. Sono passati anni dall’ultima volta che l’ha vista, il giorno in cui l’ha lasciata. Senza una spiegazione, senza un perché, se n’è andato spezzandole il cuore. Da allora, lei si è rifatta una vita, e anche lui. Eppure solo ora si rende conto di non avere smesso di amarla neanche per un secondo. Per questo, quando lei cerca di fuggire da lui, troppo sconvolta dalle emozioni che la percuotono, l’uomo decide di fermarla. E nel loro abbraccio, in mezzo ai passanti, prometterle di tentare, agire, cadere, sbagliare di nuovo. Amarla. Davvero e per sempre. Questa sembrerebbe la fine, ma non è che l’inizio della loro storia. Perché ogni loro gesto, ogni lettera che si scrivono, ogni persona che incontrano, ha un universo da raccontare. E l’amore è il filo rosso che lega tutto. Quante volte ci siamo chiesti com’era l’amore da cui siamo nati? Come si è sentito nostro padre la prima volta che ci ha tenuto in braccio? L’emozione più grande è quella di ritrovare quello che si è perso e amarlo di nuovo, come se fosse la prima volta.

    «Le persone che amo hanno rughe sul volto anche se sono bambini,
    una pelle che gli insegna tutti i giorni ad andare avanti
    per non restare indietro,
    e una voglia incrollabile di cambiare il mondo in ogni gesto che fanno»


    ...recensioni...


    Gli ingredienti sono semplici: un foglio bianco, un cuore aperto. Nella mano destra la vita, quella che scorre e palpita, lungo la strada, giù in metropolitana, negli uffici affollati o negli autobus lenti; nella mano sinistra tante storie legate dall’amore, un padre e suo figlio, due amanti segreti, una bugia di troppo, una promessa eterna. Pedro Chagas Freitas prende questi pochi elementi e vi costruisce un mondo fatto delle storie di tante persone, fatto di vita che pulsa. Sta a noi ritrovare la storia che più ci appartiene.
    Di amore e di vita ci parla l’autore portoghese, insegnante di scrittura creativa al suo primo romanzo. Vite e storie che s’incrociano e si susseguono in una raccolta fatta di emozioni e di parole. Non una sola trama da seguire, ma tanti racconti unici che affollano le pagine, storie evocate, urlate, disegnate. Uno solo il filo che le cuce tutte insieme, in un perfetto origami: il tema dell’amore.
    Si può parlare per così tante pagine d’amore? La risposta di Freitas è proprio questo libro, e lo fa trovando mille modi per nobilitarlo: l’amore perso, quello malandato, quello sfuggito e rinato, l’amore negli occhi di un padre, quello nella voce del proprio figlio, l’amore carnale e quello solo evocato, l’amore nella malattia e nella morte, nel gioco di un bambino, nel ricordo di un anziano, nella fatica dell’arte o nel sangue della scrittura. L’amore, quello che ci rende vivi e ci fa vivere, quello che ci rende liberi. Una scrittura sorprendente e originale, il susseguirsi di diversi generi narrativi: la poesia, la lettera, un modulo di reclamo, l’ode, la preghiera... Tutto insieme in una freschezza di parole che pungono gli animi. A voi la scelta: custodirlo come un aforismario o creare la vostra storia unendo tutte quelle vite fatte di sbagli che ci rendono proprio quello che siamo.
    (recensione di IBS)


    E' un libro che parla dell'amore in ogni sua piccola, complessa e complicata sfaccettatura che è parte naturale della vita di tutti noi. Nel bene e nel male. C'è o ci sarà, almeno una volta!
    Ogni singolo episodio che viene raccontato permette al lettore di entrare in punta di piedi in una vita, in una realtà, in un'emozione che è anche nostra ed è reazione inevitabile leggere quelle parole e vagare tra i diversi ricordi, attraverso le indimenticabili gioie e le piccole delusioni che hanno plasmato, anno dopo anno, il nostro cuore; costruendo passo dopo passo la donna e l'uomo che siamo oggi!
    Per onestà intellettuale devo confessarvi che le prime pagine mi hanno spiazzata, lasciandomi interdetta e confusa. Non mi aspettavo nulla di tutto questo. Credevo di trovarmi di fronte ad un normale romanzo che fosse capace di emozionarmi parlandomi di un amore ideale, di un amore fantastico e meraviglioso. No, lettori, nulla di questo!
    Andando avanti con la lettura, spinta da una personale testardaggine che è stata doppiamente premiata, mi sono ritrovata dinanzi ad emozioni che mi hanno colpito in pieno petto con una forza, con una tale sincerità, con una sontuosa e reale meraviglia che, in numerosi attimi di lettura silenziosa, mi hanno lasciato essenzialmente senza fiato.
    ... un questo libro i personaggi sono molteplici e così diversi tra di loro, descritti in una maniera sublime da sentirli parte di me stessa in pochissime parole!
    E, cosa fondamentale per chi si volesse approcciare a questa lettura, ricordatevi che è l'amore il fulcro di tutta la narrazione: l'amore impertinente e focoso, l'amore puro ed incondizionato, l'amore perso e ritrovato, l'amore sprecato e distrutto, l'amore corrisposto e l'amore a senso unico, l'amore di un padre che tiene sua figlia tra le braccia per la prima volta, l'amore straziato di una madre costretta a dire addio ad un figlio che aveva tutta la vita dinanzi, l'amore maturo e coscienzioso, l'amore idilliaco, l'amore crudo e passionale, l'amore di una notte, l'amore di un'eternità senza fine. (http://leggereinsilenzio.blogspot.it/)


    Chagas Freitas Pedro



    Pedro Chagas Freitas è uno scrittore, giornalista e insegnante di scrittura creativa portoghese. Scrive romanzi, racconti, cronache e tanti altri testi. Semplicemente scrive. Ha ricevuto diversi premi, tra cui il premio Bolsa Jovens Criadores del Centro Nacional de Cultura Português.

    (Gabry)





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    La musica del cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    Renato Zero

    Renato Zero, nome d'arte di Renato Fiacchini (Roma, 30 settembre 1950), è un cantautore, showman, ballerino e produttore discografico italiano.

    Considerato un vero e proprio "cantattore" e chansonnier dalle grandi capacità istrioniche, provocatrici e trascinatorie, nel corso della sua lunga carriera ha pubblicato 35 album e scritto complessivamente più di cinquecento canzoni, affrontando le tematiche più disparate, oltre che numerosi testi e musiche per altri interpreti. È uno dei cantautori italiani più amati, popolari e di maggior successo. Con più di 45 milioni di dischi venduti è tra i principali artisti italiani che hanno venduto il maggior numero di dischi ed è suo il record di essere in assoluto il primo ed unico ad aver raggiunto il primo posto nelle classifiche italiane ufficiali di vendita in cinque decenni consecutivi. Fin dagli anni ottanta è conosciuto anche con l'appellativo di "Re dei Sorcini".

    Nato dall'unione tra Domenico Fiacchini, poliziotto, e Ada Pica, infermiera, Renato Fiacchini trascorre l'infanzia in via Ripetta e l'adolescenza nel quartiere della Montagnola a Roma. L'evento più rilevante del primo periodo della sua vita, da lui spesso ricordato, fu la malattia che lo colpì appena nato, una forma di anemia emolitica neonatale, che fu curata con una trasfusione completa di tutto il sangue.

    Dopo aver conseguito la licenza media, si iscrive all'Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione Roberto Rossellini, che lascia al terzo anno non per la scarsità di rendimento, bensì per dedicarsi completamente alle sue passioni: la musica, la danza, il canto e la recitazione. Nel 1964 nasce il Beat Raduno: l'evento si svolge nella piazza principale di Monte Compatri, vicino a Roma, per premiare, con il marchio Beat, gli artisti scelti da una giuria di giovani. Renato partecipa all'edizione del 1968.

    Tra gli artisti premiati c'erano Maurizio Arena, Alberto Lupo, Isabella Biagini, Paolo Carlini, personaggi del cinema come Amedeo Nazzari e della musica come Domenico Modugno e Nilla Pizzi. Un gruppo di giovani, tra cui Loredana Berté, si esibiva ballando su una pedana circolare, posta ai piedi del palco. Il cantautore si esibisce per la prima volta qui cantando coi The Spaectres Groups. Partecipa con gli amici del Beat Raduno al film di Fernando Di Leo Brucia ragazzo, brucia.

    Giovanissimo, inizia a travestirsi e a esibirsi in piccoli locali romani, assumendo, come sfida verso i denigratori («Sei uno zero», è la frase che si sente ripetere più spesso), proprio il suo pseudonimo. A 14 anni ottiene il suo primo contratto, al Ciak di Roma, per 500 lire al giorno. Viene notato da Don Lurio, in una delle tante serate trascorse al Piper, noto locale notturno di Roma. Da qui, la scrittura per il gruppo di ballo che fa da supporto a una giovanissima Rita Pavone nel suo show serale.

    Registra anche alcuni caroselli per una nota marca di gelato. È proprio in quegli anni che nasce l'amicizia con Loredana Berté e Mia Martini, trio che spesso girava la penisola in cerca di scritture. Proprio con Loredana fece parte de I collettoni. Il primo 45 giri, Non basta sai/In mezzo ai guai, arriva nel 1967. Prodotto da Gianni Boncompagni, anche autore del testo con le musiche di Jimmy Fontana, vende soltanto venti copie (verrà poi inserito come omaggio nel VHS "La notte di Icaro", circa vent'anni dopo).

    Interpreta la parte del venditore di felicità nella versione discografica e cinematografica del musical Orfeo 9 di Tito Schipa Jr.. Lavora come comparsa in alcuni film di Federico Fellini (Satyricon e Casanova) e fa parte del cast della versione italiana del musical Hair, insieme, tra gli altri, a Loredana Berté e Teo Teocoli.

    Ma nell'atmosfera dei tardi anni sessanta, che si sta impercettibilmente spostando dalla ingenua fase del beat all'impegno politico, Renato è ancora alla ricerca di un'identità. Sarà nei primi anni settanta, con lo sviluppo completo del glam-rock, caratterizzato da cipria e paillettes, che potrà proporre senza problemi il suo personaggio. Questo personaggio provocatorio ed alternativo, che racconterà in pezzi come "Mi vendo" e, in genere, l'intero album Zerofobia, da "Morire qui" a "La trappola", da "L'ambulanza" al brano-emblema della filosofia zeriana, "Il cielo".

    Nel disco, è presente anche una cover in lingua italiana, di "Dreamer" dei Supertramp, qui divenuta "Sgualdrina". Al periodo successivo (Zerolandia, la terra promessa dell'amore e dell'amicizia, senza distinzioni sessuali) si ascrivono pezzi come "Triangolo", "Fermoposta" e la fin troppo esplicita "Sbattiamoci", che si fondono e si completano con accorati messaggi anti-aborto, già presenti nei primi album ("Sogni nel buio"), nonché anti-droga ("La tua idea", interamente scritta da Renato, parole e musica, "Non passerà", "Uomo no" e "L'altra bianca") e contro il sesso troppo facile ("Sesso o esse"). Nelle composizioni più recenti dell'artista, e ad esempio nell'album Il dono si alternano temi sociali ("Stai bene lì", "Radio o non radio", "Dal mare") e spirituali-esistenziali ("Immi ruah", "La vita è un dono").

    I fan del cantante sono definiti "sorcini", sostituendo la definizione data all'inizio della carriera di zerofolli. Il termine nacque nei primi anni ottanta, a Viareggio, quando, osservando i fan che lo attorniavano coi motorini, lui esclamò: «Sembrano tanti sorci». Da quel momento, per analogia, è diventato «il re dei sorcini». Molti brani sono dedicati a loro. Nel 1981, ai suoi fan l'artista dedicò il brano "I figli della topa", inserito all'interno di Artide Antartide e l'anno successivo, organizzò le "Sorciadi" presso lo Stadio Eucalipti a Roma, partecipando di persona alla premiazione dei vincitori. Anche nell'album Cattura il cantante dedicò un brano ai suoi fan: A braccia aperte.

    Renato Zero, oltre alla sua attività discografica, ha sempre promosso azioni di filantropia e solidarietà (temi che emergono anche nelle sue canzoni), a partire dall'epoca del tendone di Zerolandia, che ha dato origine alla sua prima etichetta indipendente, chiamata appunto Zerolandia, che ha aiutato moltissimi giovani artisti. Famosi anche il progetto di Fonopoli (nome anche della sua casa discografica, fino all'avvento della Tattica, l'etichetta attuale), un'associazione no-profit per un progetto mai realizzato della "cittadella della musica". Noto è anche il suo impegno per la prevenzione dei disagi giovanili, come la droga, per il recupero dei tossicodipendenti, per gli ospiti delle case di riposo e degli ospedali (a cui ha dedicato il videoclip di Nei giardini che nessuno sa) e i bambini degli orfanotrofi. Ha partecipato a numerose iniziative e maratone televisive di raccolta fondi, come per la ricerca sul cancro o quella di Telethon sulle malattie genetiche, e in favore delle vittime dei terremoti dell'Aquila e dell'Emilia. Ha girato uno spot per la sicurezza stradale e uno a favore delle attività dei frati francescani di Assisi. È stato uno dei numerosi firmatari del manifesto della Comunità di Sant'Egidio contro la pena capitale, che ha sostenuto con altre associazioni la Moratoria universale della pena di morte del 2007.

    fonte:wikipedia.org




    Unici

    E’ il momento dei saluti
    niente lacrime ora no
    siamo stati fortunati
    un gran bel viaggio ti dirò
    vita spesa fino in fondo
    senza risparmiarci mai
    non sempre onesto questo mondo
    non sempre condivisi noi.
    Un brindisi agli unici
    solleviamo questi calici…
    Premiamoci!
    Quella grinta ci è rimasta
    miglioriamo sempre piu
    pur che in fondo alla giornata
    dietro un sorriso ci sia tu.
    Ancora spazio a quei pensieri
    per quell’amore.. dignità!
    Che questi giorni abbiano un senso..
    Evviva la maturità!
    Un brindisi agli unici
    ci meritiamo ancora un brindisi…
    Romantici
    Cosi ostinati non ne trovi più..
    Ci aspettiamo novità, fuochi d’accendere
    Grazie notte che per noi rifugio sei!
    Noi che conosciamo ormai l’arte di crescere
    che nessun dolore mai ci fermerà!
    Noi siamo ancora qua..
    Un brindisi agli unici
    ci meritiamo ancora un brindisi..
    Romantici
    …solleviamo questi calici

    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Un calcio alla paura, lo Sporting Locri torna in campo.

    La Lazio passa 3-2, Tavecchio: "ma queste ragazze hanno vinto". In campo finalmente per battere la paura. E' stato il giorno del riscatto dello sport per la Locride e per la Calabria, spesso al centro della cronaca per fatti di 'ndrangheta. Una festa di agonismo e di colori per lo Sporting Locri e per la Lazio, le due formazioni che si sono affrontate nell'11/mo turno del campionato di categoria della serie A elite. E tutto questo a quasi due settimane dalle intimidazioni che hanno provocato le dimissioni della dirigenza dello Sporting Locri. Una giornata, all'insegna del gioco, che ha finalmente posto sotto i riflettori le atlete, affrontatesi in un match grintoso e, a tratti, dai toni agonistici accesi. E' finita con il risultato di 3 reti a 2 per le ospiti romane, ma non è mancato il bel gioco e anche il fair play da entrambe le parti. Sugli spalti, tra le agguerrite fazioni delle tifoserie laziali e calabresi, anche Carlo Tavecchio, presidente della Figc, e i vertici del calcio dilettantistico e di categoria. "Le ragazze di Locri ha detto Tavecchio - hanno vinto. Siamo qui per questo e per dare solidarietà a loro e alla città. Questa collettività è vittima di discorsi che non c'entrano nulla con lo sport. E' stata una bella partita e anche di buon livello tecnico per il gioco dimostrato in campo dalle ragazze". In merito alle indagini sulle minacce alla dirigenza dello Sporting Locri, Tavecchio non si è sbilanciato. "La vicenda - ha detto - è in mano agli organi competenti dello Stato. Qui parliamo solo di sport. La squadra avrà vita propria come la società merita e come merita anche il Comune. La Federazione aiuterà a finire il campionato. Ma sono sicuro che non saranno necessari nostri contributi. Lo Sporting Locri avrà un futuro". "Da parte del presidente Tavecchio - ha detto il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese - abbiamo avuto conferma della grande disponibilità nei confronti dello Sporting, ma anche della città. Ci è stato garantito supporto e stiamo cercando di lavorare a questo nuovo assetto societario che dovrà consentire il futuro a questa bella realtà di Locri e della Calabria". Tra il pubblico anche il presidente dimissionario dello Sporting, Ferdinando Armeni, che ha confermato la sua decisione di abbandonare la dirigenza della società. "Siamo in attesa - ha detto - di conoscere gli esiti delle indagini. Ora vediamo sul piano sportivo chi vorrà rilevare la società. Concretamente, però, non si è ancora fatto vivo nessuno". Le due squadre, alle 18, hanno fatto il loro ingresso in campo e dagli spalti c'é stato un fragore di applausi e cori. Già in precedenza, all'arrivo delle formazioni nell'area antistante l'impianto, c'era stata anche una ressa di fotografi e cineoperatori. Poi sul parquet foto di gruppo davanti alla tifoseria e tutti in piedi per l'Inno nazionale. Alla fine i complimenti e le strette di mano con il presidente Tavecchio. Il futuro per lo Sporting Locri é ricominciato oggi.
    (Ansa)




    Al via Europei di Pallanuoto, Italia cerca pass per Rio.
    Torneo a Belgrado, Italia-Germania e Italia-Francia. Cominciano Belgrado i 16mi Campionati europei di pallanuoto dove le nazionali azzurre inseguono il pass olimpico. Entrambe le formazioni, maschile e femminile, giocheranno la partita d'esordio.

    Il Settebello gioca contro la Germania. Nel girone degli azzurri ci sono anche Romania e Georgia, che verranno affrontate rispettivamente mercoledì e venerdì. Le azzurre del Setterosa saranno in acqua contro la Francia.

    Le italiane giocheranno nel girone B insieme con Spagna, Serbia, Germania, Francia e Croazia. La formazione azzurra sarà impegnata mercoledì contro la Germania, venerdì con la Croazia, domenica con la Serbia e infine martedì con la Spagna.
    (Ansa)




    Implacabile Lindsey Vonn, vince ancora.
    Nello slalom di Adelboden si impone Kristoffersen. Gross è 5/o. Lindsey Vonn continua a vincere, martellante ed implacabile gara dopo gara. Dopo il successo nella discesa di ieri, la bionda statunitense in 1.12.75 ha vinto anche il supergigante di cdm di Zauchensee/Altenmarkt. Per lei, naturalmente, è un nuovo record con 73 vittorie in carriera, la 26 Erika in superG. Secondo posto per la svizzera Lara Gut in 1.13.45 e terzo per l'austriaca Cornelia Huetter in 1.14.00. All'Italia resta la soddisfazione di una ottima prestazione complessiva di squadra con ben quattro atlete tra le migliori 10 e un filo di rabbia per il quarto posto di Nadia Fanchini: la lombarda in 1.14.01 ha mancato il podio per un solo centesimo di secondo. Per lei, dopo la discesa di Lake Louise, è la seconda volta di un quarto posto, medaglia di cartone. Per l'Italia in classifica ci sono poi Francesca Marsaglia 6/a in 1.14.09 , Johanna Schnarf 9/a in 1.14.33 e una coraggiosa Federica Brignone 10/a in 1.14.54. Non meglio sono andate le cose per l'Italia nello slalom speciale di Aldeboden.

    Dopo l'annullamento per pioggia del gigante di sabato, gli elvetici con tanto sale in pista e gran lavoro sono riusciti a far disputare almeno questa gara che pure non è stata semplice: nevicata fittissima nella prima manche e nebbia nella seconda. Si è imposto - terzo successo stagionale in questa disciplina e settimo in carriera - il norvegese Henrik Kristoffersen in 1.51.34. Il biondo ventunenne si è ripreso la libertà di lasciarsi alle spalle l'asso austriaco Marcel Hirscher in 1.51.40 mentre terzo e' finito il russo Alexander Khoroshilov in 1.51.94. Miglior azzurro - ottavo dopo la prima manche e vincitore su questa neve lo scorso anno - è stato il trentino Stefano Gross 5/o in 1.52.57. Poi in classifica c'e' Giuliano Razzoli (ventesimo dopo la prima manche) 10/o in 1.52.86. Più indietro Riccardo Tonetti 17/o e Patrick Thaler 19/o mentre è uscito Manfred Moelgg. La coppa del mondo uomini si sposta ora nella vicina Wengen per le classicissime del Lauberhorn: venerdì combinata, sabato la discesa più lunga del mondo e domenica slalom speciale. Le ragazze restano in Austria, nella vicina Flachau: martedì sera slalom speciale alla luce dee riflettori.
    (Ansa)

    (Gina)



    I BIMBI E L'ACQUA!!!




    Nati per nuotare, l’acqua rende i bambini più intelligenti




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    Favorisce lo sviluppo psico-motorio e il relax


    L’acqua è amica dei più piccoli, favorisce lo sviluppo psico-motorio e li rende più intelligenti. Inoltre è un’ottima occasione per mamme e papà per passare del tempo prezioso con i “nuovi arrivati” in casa.

    Parola d’ordine ”metterli a bagno il prima possibile”, consiglia il pediatra milanese Italo Farnetani. E l’estate è il momento ideale per “iniziare” i bebé al rito del bagnetto.

    «Il mare è l’ideale, meglio della piscina - suggerisce l’esperto, sentito dall’Adnkronos Salute - L’acqua è più pulita». Dopo la nascita del bambino l’unica cosa di cui accertarsi prima del debutto in acqua è che la ferita del cordone ombelicale si sia rimarginata: «Basta una settimana solitamente - spiega l’esperto - se non ci sono perdite rosse di sangue sulla garzina, o gialle indice di infezione, il bimbo è pronto per il primo “tuffo”. Bisogna stare attenti perché le infezioni all’ombelico sono pericolose».

    Per quanto riguarda la durata del bagnetto, resta valida la tecnica “della nonna”: «Quando il bambino ha i brividi è arrivato il momento di tirarlo fuori dall’acqua», dice l’esperto. Da sfatare invece il mito secondo cui bisogna aspettare le canoniche 2 ore dall’ultimo pasto prima del bagno: «L’importante è che l’acqua non sia troppo fredda», precisa Farnetani.

    Altri piccoli accorgimenti preziosi per i genitori sono di bagnare spesso il capo del neonato, e fargli tante docce durante la giornata. «Il sistema di termoregolazione dei più piccoli infatti non è ancora ben formato - spiega Farnetani - Tendono dunque ad avere tanto caldo che non è compensato da un’adeguata sudorazione».

    «I piccolissimi diventano più intelligenti in acqua - assicura il pediatra - Nei primi mesi di vita i bimbi non sono in grado di `afferrare´ le cose, mentre con l’acqua riescono a giocare: è qualcosa che possono toccare, senza avere problemi perché non sono in grado di “prenderla in mano”. L’uso del tatto e dei riflessi stimolano il cervello», favorendo anche lo sviluppo motorio e il rilassamento del bebé. Grazie al potere calmante del liquido, spiega Farnetani, sono garantiti sonni tranquilli. Al “primo appuntamento” con l’acqua mamma e papà devono rigorosamente essere presenti.

    «Il bambino non ha paura di nulla se è con i genitori», per questo motivo è così importante stare vicino ai piccoli, aiutandoli a prendere confidenza con l’acqua. Sì ad un approccio graduale tra le braccia dei genitori, no a pretese assurde da parte di alcuni adulti convinti che i pianti al primo bagnetto siano la norma. «Il bambino deve adattarsi gradualmente all’acqua, e la responsabilità è dei genitori che devono far sì che queste prime esperienze non diventino un trauma», afferma l’esperto.

    Per chi teme che il piccolo rischi di “soffocare” bevendo l’acqua, chi si occupa acquaticità neonatale rassicura: «Fino a 5 o 6 mesi d’età - tranquillizza il proprietario di un centro per l’acquaticità neonatale milanese - se il bambino finisce per un momento con la testa sott’acqua non “beve”, perché c’è un meccanismo istintivo d’apnea che fa chiudere l’epiglottide e non consente all’acqua di passare». Anche se in molti centri ad hoc i piccoli vengono così “immersi”, Farnetani sconsiglia di farlo al mare, dove addirittura mette in guardia dagli “schizzi” per non correre il rischio di infezioni agli occhi”.

    Quando comincia a fare più fresco e l’acqua del mare diventa “inospitale”, è possibile recarsi in numerose aree studiate appositamente per i corsi di acquaticità neonatale. Molte di queste piscine vantano un ricambio d’acqua continuo che garantisce l’igiene grazie all’uso di prodotti delicati, compatibili con la pelle dei neonati e dei bambini. Inoltre, la temperatura dell’acqua può essere mantenuta costante, in genere dai 30 ai 34 gradi.

    La regola è che in acqua non ci sono regole, basta avere vicini i genitori: basti pensare che alcuni corsi di acquaticita’ vengono definiti `non corsi´, perché il bambino non deve essere `istruito´, ma solo aiutato «a continuare il rapporto dei piccoli con l’elemento liquido, in realtà molto familiare perché ricorda il liquido amniotico», precisa il gestore del centro milanese. I bimbi solitamente sono ammessi ai `non corsi´ al terzo mese di vita, dopo aver effettuato la prima vaccinazione.


    fonte:http://www.lastampa.it/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    “Non sono morta e, per di più,
    ho qualcosa per cui vivere; questo qualcosa è la pittura”...
    “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola
    e sono il soggetto che conosco meglio”


    Frida Kahlo. Fotografie di Leo Matiz

    dal 14 gennaio al 28 febbraio 2016



    Frida Kahlo vista dagli occhi di uno dei più famosi fotografi colombiani. Bologna ospita le immagini di L eo Matiz, fotoreporter nato nella magica Macondo di Gabriel Garcia Marquez. Dopo la mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma e a Palazzo Ducale a Genova, sarà la galleria Ono Arte Contemporanea di Bologna ad ospitare le immagini che Matiz ha realizzato sulla celebre artista messicana. Le foto scavano nell'immagine di Frida, immortalata nel suo quartiere natale di Coyoacan a Città del Messico. Frammenti della vita di tutti giorni dell'artista amata e controversa, colti dallo sguardo attento di Leo Matiz, che ha realizzato un ritratto intimo dal suo punto di vista privilegiato, quello dell’amicizia che lo ha legato a Frida. Tanti gli aspetti personali mostrati dal fotografo e che raccontano alcuni momenti drammatici della vita dell'artista messicana, come il grave incidente in cui rimase coinvolta nel settembre del 1925. Spazio anche all'amore con il pittore Diego Rivera.
    Le immagini di Matiz raccontano la maturazione artistica di Frida, inserendola all'interno del quadro storico di un Messico fatto di rivoluzione e guerra e insieme di gioia e speranza.
    Quando Frida e Diego si incontrano è il 1922. Rivera, pittore già noto in Messico, stava dipingendo un importante murale nell’anfiteatro della Scuola preparatoria che Frida frequentava all’epoca. Ancora lontana dall’incidente che le avrebbe cambiato per sempre la vita, Frida era una ragazza fiera, decisa e emancipata. A quel tempo l’arte rappresenta per lei solo un divertimento, un gioco che la impegna nei ritagli di tempo dallo studio. Le cose cambiano però il 17 settembre 1925: mentre sta rientrando a casa da scuola, l’autobus su cui viaggia insieme al fidanzato Alejandro, viene travolto da un tram. La spina dorsale le si frattura in diversi punti così come la gamba sinistra e le costole, e il suo corpo viene lacerato da un’asta metallica che le lascerà delle ferite indelebili, sia esteriori che interiori. “Non sono morta e, per di più, ho qualcosa per cui vivere; questo qualcosa è la pittura”. Queste le parole che Frida pronuncia alla madre non appena la incontra dopo l’incidente. Da questo momento l’arte diventa per lei valvola di sfogo e occupazione privilegiata.
    Grazie a uno specchio appeso sul letto a baldacchino e un apposito dispositivo su cui appendere una tavola di legno per dipingere, la sua immagine, diventa il soggetto preferito dei suoi ritratti – “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio” -. Dopo tre anni, la sua vita torna quasi alla normalità, e nel 1928 incontra nuovamente Rivera. L’amore scoppia, passionale e travolgente, la loro arte si contamina ed evolve. Nell’agosto dello stesso anno si sposano, e dopo qualche tempo si trasferiscono negli Stati Uniti, dove consolidano la loro fama ma anche l’avversione di una parte dell’opinione pubblica che definisce i murali che Rivera realizza per il Detroit Institute of Art “uno spietato inganno ordito ai danni degli stessi capitalisti che li hanno commissionati”.
    Tornati in Messico, Frida diventa sempre più prolifica e conosciuta, tanto che Breton, il padre del surrealismo, le propone una mostra a Parigi. Siamo ormai nel 1941: per Frida è un anno di cambiamento. Nonostante la dolorosa perdita del padre, raggiunge un’indipendenza sentimentale ed economica che le permettono di “maturare una piena fiducia in se stessa” e di diventare un’artista a tuttotondo che rischia di mettere in ombra, con la sua arte e la sua storia, il genio Rivera. Le immagini di Leo Matiz - fotoreporter colombiano nato nella magica Macondo di Gabriel Garcia Marquez -, raccontano di questa consapevolezza, ma raccontano anche la storia di un Messico assolato e lontano, fatto di rivoluzione e guerra, e al contempo di gioia e speranza, del quale Diego ne dipinge la “bellezza umile” e Frida “l’equivalente interiore”.
    Le foto in mostra, si soffermano soprattutto sull’immagine di Frida, immortalata nel suo quartiere natale di Coyoacan a Città del Messico, della quale Matiz ce ne restituisce un ritratto intimo ripreso da un punto di vista privilegiato, ossia quello dell’amicizia che per anni li ha legati.
    In mostra saranno presenti anche gli schizzi preparatori di Vanna Vinci, lavori di studio per la biografia a fumetti dedicata a Frida Kahlo che 24 ORE Cultura pubblicherà nell’autunno 2016. Oltre ai disegni preparatori del progetto, saranno esposte anche 4 grafiche realizzate ad hoc dall’artista e delle quali sono state realizzate delle tirature limitate.
    (www.greenme.it/ - www.ansa.it)




    FESTE e SAGRE





    L' ORIENT, nave ammiraglia francese



    L'Orient, varata col nome Le Dauphin Royal, era la nave ammiraglia della flotta francese alla battaglia navale di Abukir, chiamata dagli inglesi battaglia del Nilo. Appartenente alla classe Commerce de Marseille ed originariamente varata con il nome di Le Dauphin Royal nel 1791 a Tolone, venne rinominata Sans-Culotte nel 1795. Con i suoi 118 cannoni era classificata vascello di primo rango. Stazzava 3000 tonnellate, e le sue batterie erano così disposte: 32 cannoni da 36 libbre nel ponte inferiore/ 34 cannoni da 24 libbre nel ponte intermedio/ 34 cannoni da 12 libbre nel ponte superiore/ 18 cannoni da 8 libbre e 6 carronate da 36 libbre su castello di prua e cassero.

    La battaglia del Nilo, anche nota in Francia come battaglia della Baia d'Abukir (propriamente Abū Qīr), fu un'importante battaglia navale connessa al conflitto fra la Francia rivoluzionaria e la Gran Bretagna, in particolare alla spedizione comandata da Napoleone Bonaparte e nota come campagna d'Egitto, che si svolse tra la flotta britannica comandata dal Contrammiraglio Sir Horatio Nelson e la flotta francese sotto la guida del Vice-Ammiraglio François-Paul Brueys D'Aigalliers. Ebbe luogo tra la sera del 1º agosto e la mattina del 2 agosto 1798. La battaglia segnò il trionfo della marina britannica, nonché l'inizio della leggenda di Nelson, che venne salutato in tutto il Continente come il "Salvatore dell'Europa".
    Durante l'attacco portato dalla flotta inglese, nella notte tra il 1º ed il 2 agosto 1798 fu affiancata e cannoneg-
    giata a lungo. L'Orient, trasportava il tesoro della spedizione di Napoleone, oltre alle ricchezze e ai tesori artistici depredati ai Cavalieri Ospitalieri durante il saccheggio di La Valletta, e la sua perdita perciò fu particolarmente grave per il condottiero francese. Fu attaccata prima dalla Bellerophon, una terribile bordata della nave avversaria, dovette disancorare e andare alla deriva. Altre due navi britanniche, la Swiftsure e l'Alexander si piazzarono a tribordo e a babordo de L'Orient, iniziando un fuoco incrociato che si sarebbe dimostrato fatale. Alle nove meno cinque l'ammiraglia francese prese fuoco e le fiamme illuminarono la notte..alle dieci il fuoco raggiunse il deposito delle polveri ed esplose con un rumore così forte che si udì fino ad Alessandria d'Egitto, a oltre 20 km dal luogo della battaglia. Secondo alcuni storici la nave era stata ritinteggiata di recente e la vernice accelerò la combustione del legno rendendo inutili gli sforzi dell'equipaggio per spegnere le fiamme. Alberi, pennoni, il tesoro dei Cavalieri di Malta e i membri dell'equipaggio, fra cui il morente ammiraglio Brueys, vennero scagliati a centinaia di metri di altezza. Solo una settantina di marinai de L'Orient, dei circa mille che ne facevano parte, riuscirono ad allontanarsi a nuoto dalla nave in fiamme, salvandosi.
    Un troncone dell'albero maestro finì direttamente sul ponte della Swiftsure,Quando L'Orient saltò in aria, un grosso troncone dell'albero maestro cadde sul ponte della Swiftsure, il cui comandante più tardi ne fece confezionare una bara che donò a Nelson. L'ammiraglio apprezzò il macabro dono al punto da non separarsene mai più (la teneva appoggiata alla paratia nella sua cabina). Vi fu deposto alla sua morte, dopo la battaglia di Trafalgar.

    ..il ritrovamento..



    Nel 1998, sono stati trovati i resti dell' "Orient", e altre due fregate affondate dalle cannoniere di Nelson. La prima traccia della "tomba" dell' Orient emerse nel 1983: una targa di bronzo con il nome di una nave chiamata "Royal Dauphin", delfino reale. Ma solo molto tempo dopo si riuscì a stabilire che "Royal Dauphin" era il nome che portava l' "Orient" prima della rivoluzione francese. Nel 1996, la squadra di ricercatori guidata da Goddio cominciò a setacciare la parte orientale del porto di Alessandria: la loro prima scoperta furono le rovine di un palazzo di Cleopatra risalente a 2.000 anni fa e la casa e il tempio di Marc' Antonio, sprofondati in mare a causa di un terremoto. Ma Goddio valutò la scoperta della flotta di Napoleone, 12 metri sotto la baia di Abu Qir, a est di Alessandri. Tra i resti della nave ritrovati dagli archeologi ci sono "parti dello scafo e un timone lungo 11 metri del peso di circa una tonnellata e le attrezzature. Inoltre, tra i reperti, una parte dell' albero maestro. "Toccare quel legno è come essere testimoni della storia", dice l' archeologo. Trovati anche gli scheletri di alcuni membri dell' equipaggio e molte monete "che, fatto piuttosto interessante, portano le effigi dei re Luigi XIV, Luigi XV e Luigi XVI oltre che i calchi risalenti alla rivoluzione francese", aggiunge Goddio. E ancora: bottoni con le insegne dei reggimenti, cannoni, bottiglie e sciabole, tutti oggetti ben conservati ma coperti da un paio di metri di sedimenti.

    (Gabry)





    BALLANDO!!!




    DANZA INDIANA


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    La danza, come la musica e il canto, è una delle forme espressive che nella cultura dell'India sono considerate non solo forme artistiche ma raffinati linguaggi spirituali.
    La parola ‘danza’ male si presta a rispecchiare la complessa realtà coreutica indiana, in cui appunto la dicotomia occidentale tra il teatro e la danza, si assottiglia enormemente.


    Nel campo delle arti performative la danza indiana occupa una posizione molto speciale.
    In essa vi è la combinazione di movimenti del corpo, delle mani, di espressioni del volto e degli occhi con un accompagnamento musicale che esalta il tema che la danza vuole descrivere; un tema che può avere un carattere religioso, mitologico, leggendario o tratto dalla letteratura classica.
    I termini sanscriti con cui ci si riferisce alla danza confermano tale affermazione. Essa è suddivisa, infatti, in tre categorie: natya, nrtta e nrtya.
    Nel dramma e quindi nella danza classica indiana la preoccupazione non è tanto rivolta all’esatta imitazione del reale; piuttosto si osserva il desiderio di suscitare emozioni capaci di stimolare l’immaginazione dello spettatore. È questa l’idea dell’abhinaya. Questo termine spesso tradotto con ‘arte istrionica’ è spiegato da un verso del Natyashastra in cui si legge: “Quando la rappresentazione dei deva (dèi), dei daitya (demoni), dei re, dei capofamiglia e delle loro attività quotidiane è espressa attraverso i gesti del corpo e tutto ciò che è a essi correlato, si ha il natya ” (Natyashastra, I,121).
    Sia l’artista sia lo spettatore hanno una parte attiva nel conseguimento del fine dell’opera d’arte: il godimento estetico, il rasa. La profonda relazione tra l’attore-danzatore e lo spettatore impone che entrambi posseggano qualità specifiche; inoltre è in tale legame che si cela il nocciolo della teoria estetica: l’idea di bhava e rasa. Bhava viene generalmente tradotto con ‘emozione’ mentre rasa con ‘sentimento’ o con ‘gusto’.
    La danza indiana è un’arte basata sulla trasmissione orale del sapere e quindi sulla stretta relazione tra il maestro e il discepolo.
    Nella cultura tradizionale indiana si osserva un certo disinteresse nei confronti dell’identità degli artisti o rispetto al tentativo di collocare gli eventi storicamente.
    In questa luce tracciare la storia esatta della danza non è quindi sempre facile.


    ...nel corso dei secoli alcune danze divennero parte della religione e acquistarono una rigida codificazione, gettando così i semi dei successivi stili di danza classica indiana:
    Bharathanatyam
    Kathakali
    Odissi
    Kuchipudi
    Kathak
    Manipuri


    stili1invLa prima si riferisce alla rappresentazione drammatica in cui la danza gioca in ogni caso un ruolo molto importante; la seconda è solitamente tradotta con ‘danza pura’; in questo aspetto della danza si esalta l’estetica del movimento e della forma mentre il corpo non racconta alcun tema; la terza si riferisce invece all’interpretazione danzata di un poema o di un’opera letteraria espressi in canzone. Ne consegue un’armonica miscela di danza, musica e recitazione. La danza indiana impiega il corpo come strumento principale di espressione. L’attore-danzatore è chiamato a rispettare regole codificate molto precise, relative non solo allo spostamento nello spazio ma anche alla capacità di raggiungere una qualità scultorea di fissità, raramente ricercata nelle danze occidentali. Nella danza pura si osserva, infatti, un alternarsi di movimenti accompagnati da un ritmo a pose statiche. In essa è posta un’attenzione quasi ossessiva alla precisione delle linee che devono essere descritte con il corpo. Esso diventa una sorta di pennello con cui la danzatrice dipinge dei disegni ben precisi, forniti di ricchi significati spirituali.
    Nella porzione di danza drammatica il corpo dell’attrice-danzatrice si trasforma invece in un elaborato alfabeto di simboli, in grado di narrare storie, di interpretare liriche, comunicare emozioni, immagini e pensieri.

    BHARATHANATYAM
    danzatrice_kuchipudiIl Bharatanatyam è con molta probabilità uno degli stili più antichi di danza classica indiana.
    La sua antichità è documentata dalla letteratura, dalla scultura, dalla pittura e dalla storia delle varie dinastie che si sono succedute in India.
    Il ‘Bharatanatyam’ è tradizionalmente associato a uno dei testi portanti, fondamentali della danza e del teatro indiani: il Natya-Shastra ascritto al saggio Bharata muni.
    Si ritiene che il Bharatanatyam sia ‘nato’ nel sud dell’India diffondendosi, nel corso degli anni principalmente in Tamil Nadu.
    È difficile, nonostante l’abbondanza di dati esistenti, tracciare una storia verosimile dei circa 2000 anni che questa danza ha percorso.
    La peculiarità del Bharatanatyam è quella di concepire il movimento nello spazio principalmente lungo linee rette o in triangoli; viene data importanza precipua alla precisione delle linee e alla nitidezza delle forme.
    Si potrebbe affermare che nel Bharatanatyam prevalgono movimenti angolari e simmetrici, si ricerca la geometria perfetta nata dalla poesia e composta da bhava, raga e tala.
    La musica, ingrediente fondamentale, è quella del sud, karnatica.

    KATHAKALI
    Il Kathakali rappresenta uno degli stili più interessanti e complessi in cui la danza pura il teatro e la musica lavorano all’unisono. Il moderno Kathakali è la sintesi della maggior parte delle forme teatrali del sud dell’India. Ciò che spicca in questo stile è infatti la qualità drammatica raggiunta attraverso l’attento utilizzo di tutte le parti del corpo; il movimento dei muscoli facciali è l’aspetto principale della disciplina. Si può affermare che le figure geometriche base del Kathakali sono il quadrato e il rettangolo; all’interno di queste figure tuttavia il danzatore può tracciare diagonali o disegnare degli 8 con le mani.
    È credenza comune che durante una rappresentazione di Kathakali, dèi ed eroi, demoni e spiriti giungano sul palco direttamente da altre dimensioni. Ciascuno di loro ha un trucco, un costume e un copricapo conformi alla sua indole. I personaggi o forse è meglio parlare di tipi, nel Kathakali si dividono in tre ampie classi che rispecchiano la loro qualità dominante che può essere: sattvica (virtuosa, spirituale); rajasika (tesa al possesso, feroce) e tamasika (oscura, di tipo basso).
    I personaggi appartengono esclusivamente al mondo del mito e della leggenda.
    Il Kathakali ha assorbito le grandi tradizioni di danze che sono esistite fin da tempi remoti nella sua patria, il Kerala.

    ODISSI
    danzatrice_schienaSulla base delle testimonianze archeologiche, l’Odissi od Orissi come è anche chiamata, risulterebbe essere la forma più antica di danza classica indiana. I reperti archeologici che sostengono questa tesi si trovano nella grotta, Rani Gumpha, datata al II secolo a.C. circa.
    La flessione del fianco e la tipica posa tribhanga è comune alla maggior parte di queste figure.
    La tecnica dell’odissi segue i principi esposti sia nel Natyashastra sia nei Shilpashastra dell’Orissa.
    Nell’Odissi il corpo umano è studiato in termini di tre inclinazioni possibili. Il peso del corpo non è distribuito in modo equo rispetto all’asse mediana ma passa continuamente da un piede all’altro.
    Come negli altri stili, la testa, il torso, il bacino e le ginocchia rappresentano unità di movimento importanti. Una peculiarità esclusiva di questo stile e dello stile Kuchipudi, è il movimento del bacino.

    KUCHIPUDI
    Il Kuchipudi nasce come una forma di teatro-danza in un paese omonimo, in Andra Pradesh.
    La tradizione vuole che circa cinquecento anni fa un gruppo di bramini del villaggio di Kuchipudi si riunissero per dare vita a questa tradizione artistica. A quel tempo esistevano molti tipi di danze popolari ma quando la corrente vaishnava si diffuse, gli insegnanti di danza composero delle coreografie ispirate agli episodi del Bhagavata-purana creando una forma di teatro-danza che avrebbe preso il nome di Kuchipudi.
    Il Kuchipudi si diffonde maggiormente come danza per il popolo e come mezzo di sostentamento degli artisti. In origine esistevano gruppi di artisti, rigorosamente uomini, infatti questa danza era preclusa alle donne, che erano soliti girare per le corti dei re e per i villaggi circostanti a presentare la loro arte. Questi artisti erano mossi da un profondo sentimento religioso che avevano il compito di trasmettere alla gente comune attraverso la danza.
    In questo stile si sottolinea in modo particolare la compresenza degli aspetti tandava e lasya della danza.

    KATHAK
    È una danza del nord dell’India.
    Il lavoro dei piedi è centrale. I movimenti sono direttamente influenzati dai cicli metrici, tala, sulla base dei quali si devono eseguire le variazioni ritmiche.
    Il corpo del danzatore nel Kathak si mantiene nell’asse centrale, mediana; sono caratteristici i salti e piroette ma lo spazio è concepito soprattutto fronte e retro e anche quando si eseguono queste piroette, la danzatrice o il danzatore mantengono una certa linearità, senza flessioni o spostamenti eccessivi.
    La musica è hindustani. I due stili che si cantano prevalentemente nel Kathak sono il kirtan e il dhrupad. Sono presenti anche pada, bhajan, hori e dhamar. Di derivazione mussulmana gli stili thumri, dadra e ghazal, sono anch’essi presenti nel Kathak.

    MANIPURI
    Il Manipur è un piccolo stato nord-orientale situato tra le montagne; il picco più alto è il monte Kobru che fa parte della catena himalayana. Qui vive una popolazione chiamata Meithei.
    Il fatto che il Manipur sia uno stato di confine spiega perché la popolazione sia composta da diverse etnie e, la religione, l’arte e la cultura siano una miscela di elementi distinti.
    La danza e la musica sono parte della routine quotidiana della gente che la ritiene come un’offerta alla divinità.
    La danza tandava e lasya sono molto distinte, la prima praticata dagli uomini prevede salti e rotazioni in aria accompagnate dal suono delle percussioni che lo stesso danzatore suona; la parte lasya, danzata dalle donne comprende movimenti sinuosi e spiraliformi, indistinti e ondulati. Molte le danze ispirate ai kirtan cantati nello stile della musica del nord, hindustani.



    fonte:http://www.danzaindiana.it/


    (Lussy)





    salute-benessere
    foto:files.l-essenza-delle-donne.webnode.it




    Salute e Benessere



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    foto:hotelbenessere.it

    Terme di Angolo



    Il bellissimo contesto della località di Angolo Terme è posto nella Media Valle Camonica con il suo delicato microclima, i suoi paesaggi mozzafiato e i servizi già esistenti nel Centro Termale. Il Centro Termale è un punto di riferimento ad alto standard qualitativo, un luogo per la salute e il benessere del corpo e della mente, al più alto livello di professionalità.
    Il complesso è immerso in un parco di 35.000 mq in una zona pianeggiante situata sulla destra orografica del fiume Dezzo; all’interno del parco sgorgano due fonti: San Silvestro e Fonte Nuova, scoperte e utilizzate fin dall’antichità per le loro note proprietà curative (cura idropinica, fanghi e inalazioni) e per la preparazione di cosmetici termali rinomati in tutta Europa.
    Qui gli ospiti, oltre a poter usufruire delle cure termali e mediche, hanno a disposizione:
    personale medico termale
    personale infermieristico,
    fisioterapisti per riabilitazione motoria e respiratoria,
    Personale qualificato per eseguire massaggi curativi e terapie fisiche con macchinari all’avanguardia.
    Palestra
    Piscina idromassaggio
    Piscina all’aperto nel periodo estivo
    Parco dove trascorrere parte della giornata all’aria aperta


    Poliambulatorio

    Presso Centro Cure e Benessere, è possibile effettuare visite specialistiche con medici di diverse specializzazioni che sono a disposizione per seguire il percorso terapeutico del paziente, in tutta la sua durata ed oltre. Per gli ospiti delle Terme di Angolo, durante la settimana, si alternano medici che offrono consulenza. Il medico termale, presente in struttura dal lunedì al sabato dalle ore 8:30 alle ore 13:00, è a disposizione di tutti gli ospiti delle terme per qualsiasi tipo di problema o consulenza.

    Il Parco

    Con oltre 25.000 mq il parco delle terme avvolge tutta la struttura. Curata nella potatura, una moltitudine di piante vi trasmetteranno un senso di pace e tranquillità.


    Terme-di-Angolo
    foto:teleboario.it

    Percorso vita

    All’interno del parco un percorso vita adatto a tutti, da chi volesse un allenamento performante a chi preferisse un allenamento dolce e tranquillo.

    Bocce

    Il campo da bocce per passare in compagnia divertenti pomeriggi con sfide all’ultimo punto.

    Minigolf

    Un percorso da minigolf immerso nel verde per garantire anche ai più piccoli piacevoli ore di divertimento e relax.

    Beach Volley

    Una vera e propria arena, campo olimpico, dove poter sfidare gli amici oltre che a beach volley anche a beach socker e beach tennis. Il campo di nuova costruzione ospiterà anche diversi avvenimenti agonistici con atleti delle varie categorie.

    Piscine

    E’ possibile godere di due fantastiche piscine: una per rilassanti nuotate, l’altra per i giochi dei più piccini.

    Palestra

    All’ interno del Centro Cure, è presente una struttura completa di attrezzature adatte per una ginnastica dolce e riabilitativa.

    Sauna Finlandese

    La Sauna Finlandese è una pratica fisioterapica consistente in un bagno di calore secco, intorno agli 80- 90°, in una apposita sala dove vengono utilizzati i benefici del calore per un buon rilassamento e una valida pulizia della pelle. Normalmente alternata a docce fredde, la sauna aumenta le difese immunitarie favorendo il recupero da stress e tensione.
    La sauna possiede straordinarie capacità di rilassamento e di disintossicazione, con influssi positivi sulla mente e sul corpo. Il sistema neurovegetativo viene stimolato migliorando in generale tutto il metabolismo. Sul piano estetico, la diminuzione della cellulite e una maggiore elasticità dei tessuti sono quanto di meglio si possa ottenere abbinando alla sauna una sana dieta. Altrettanto evidenti sono i benefici estetici.

    Centro Benessere

    Il Centro Benessere delle Terme di Angolo si distingue dai semplici centri estetici e centri benessere, oltre che per l’utilizzo di acque sorgive per i trattamenti, anche per la sua costante integrazione con i Servizi Sanitari offerti dagli adiacenti: Centro di Idrologia termale delle Terme di Angolo (convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale) e Centro di Medicina Estetica Avanzata presso le Terme di Angolo.

    Terapia idropinica

    La cura idropinica praticata presso lo stabilimento termale consente di sfruttare tutte le qualità peculiari e salienti dell’acqua minerale senza alcun tipo di dispersione o deterioramento del mezzo e permette di associare alla cura gli effetti del clima. La cura idropinica può essere effettuata in qualsiasi periodo dell’anno. Il ciclo di cura non dovrebbe essere inferiore a due settimane; in alcuni casi è consigliabile un ciclo protratto fino a un mese.
    Le acque impiegate in terapia presso le Terme di Angolo sono la “San Silvestro” classificabile come “solfato bicarbonato alcalino terrosa” e la “Fonte Nuova” classificabile come “acqua solfato-calcico-magnesiaca” ricca di sali minerali (con tracce di ioni litio, lantanio, bromuro). Prima caratteristica di queste acque è che, praticamente, non hanno controindicazioni se si eccettuano le enterocoliti ulcerose ed emorragiche, le diarree sintomatiche di malattie infettive e subinfettive e le controindicazioni generali alle terapie termali.
    L’acqua S. Silvestro ha una spiccata azione riduttiva sulla iperacidità gastrica nonché un’azione lassativa e riduttiva ed una più rapida attività digestiva.
    I migliori risultati sembrano ottenersi nei soggetti affetti da:
    colon irritabile con un’alternanza di stipsi e diarrea;
    aumento del colesterolo ematico e dei lipidi;
    ipertensione arteriosa ed alcune malattie circolatorie (netta azione antispastica e sedativa);
    In particolare esplica un’azione protettiva sulla mucosa gastrica e a livello epatico un’azione trofica ed antitossica con miglioramento delle prove di funzionalità epatica e riduzione della steatosi; inoltre ha un’azione diuretica ed antispastica anche a livello pielo-ureterale per cui trova particolare indicazione nei soggetti con calcolosi delle vie urinarie e nelle pileolicistiti.
    L’acqua Fonte Nuova, per l’azione lassativa e blandamente purgativa, è indicata nella stipsi cronica, nelle dispepsie intestinali, meteorismo intestinale da disordini dietetici, obesità, nelle intossicazioni alimentari, nel disepatismo in genere e anche nelle artrosi microuratiche contribuendo alla riduzione dell’iperuricemia.

    Modalità di erogazione

    Per quanto riguarda la modalità di erogazione delle acque il Centro Cure delle Terme di Angolo utilizza un sistema “elettronico” di erogazione a mezzo di tessera magnetica consegnata all’utente al momento della registrazione assieme a dei bicchieri graduati da 250 cc.
    Le acque vengono erogate a temperatura fredda (13°- 14°) e a temperatura fino ad un massimo di 30° per favorirne la tollerabilità (nausea, pirosi, o vomito da fenomeni irritativi a livello gastrico) e renderne più accettabile il sapore.
    La cura può essere assunta a dosi refratte facendo bere al paziente – al mattino a digiuno e al pomeriggio, alcune ore dopo i pasti, complessivamente 1-2 litri di acqua a piccoli sorsi mentre passeggia o rimane in posizione semiorizzontale (clinostatismo) per diminuire il carico portale. La posizione clinostatica, infatti, favorirebbe un rapido spostamento dei liquidi dalla parte declive verso la cavità toracica, con stimolazione dei recettori atriali, increzione di cardiotonina ed accentuazione degli effetti diuretici.
    Nei soggetti con calcolosi delle vie urinarie, per favorire l’espulsione di piccoli calcoli, viene consigliato il carico idrico che consiste nel far bere al paziente un litro ed oltre di acqua in circa 30 minuti. E’ consigliabile iniziare il trattamento al mattino con l’acqua più forte (Fonte Nuova) per proseguire poi nel pomeriggio con l’acqua più leggera (San Silvestro).


    I fanghi

    I fanghi sono uno dei trattamenti più diffusi nei centri termali sparsi su tutto il territorio nazionale. Il fango normalmente usato per i trattamenti termali è un tipo di fango ottenuto attraverso un lungo processo di macerazione. L’argilla vergine viene riposta in speciali vasche chiamate “fangaie” e periodicamente rimescolata con l’acqua termale che scorre senza sosta per circa un anno intero, durante il quale subisce profonde modificazioni arricchendosi con i sali minerali dell’acqua in cui è stata macerata e sviluppando una speciale microflora (alghe, muffe, batteri e piccoli protozoi). Si ottiene in questo modo il fango maturo che ha una potente azione antinfiammatoria e antidolorifica.
    Fin dai tempi antichi i fanghi termali sono stati utilizzati in terapia medica per la cura di numerose patologie.

    Indicazioni

    Tutti i casi di patologie articolari, specie l’osteoartosi (artrosi della mano, del piede , del ginocchio, dell’anca e della colonna vertebrale), le patologie ortopediche quali lussazioni, distorsioni o stiramenti o postumi di traumi o di interventi ortopedici; inoltre la fangoterapia si rivela utile anche come prevenzione dei reumatismi, della gotta (forma di artrite acuta dovuta a una eccessiva concentrazione di acido urico nel sangue) e come arma per combattere la cellulite, il sovrappeso e gli inestetismi della pelle.

    Precauzioni

    L’applicazione del fango richiede una sostanziale integrità delle funzioni cardiocircolatorie e renali. In caso contrario, sono previste applicazioni parziali di fango in modo da sottoporre l’organismo ad uno stress calorico più contenuto.

    Controindicazioni

    Soggetti affetti da scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa non farmacologicamente controllata, vasculopatia cerebrale e periferica, nefropatie con insufficienza renale, malattie infettive, malattie a carattere infiammatorio in fase acuta, epilessia, ipertiroidismo e tumori maligni.

    Sede di applicazione del fango

    Il fango può essere applicato in qualsiasi parte del corpo ad una temperatura di circa 40° per un tempo di circa 20 minuti (evitare la zona toracica anteriore, il capo e i genitali); non va, inoltre, applicato in presenza di varici venose degli arti inferiori specie se aggravate da complicazioni quali flebiti e ulcere, in gravidanza e nei primi giorni del flusso mestruale. Nessuna controindicazione nell’applicazione del fango in sede di protesi metalliche articolari, né di placche a vite per osteosintesi

    Metodi di applicazione del fango


    Le applicazioni del fango vanno fatte, a paziente a digiuno, gradualmente in maniera parziale per ridurre lo stress dell’organismo e verificarne le reazioni. Si può iniziare con temperature più basse e minori quantità di fango applicato per un tempo ridotto. Ogni seduta è composta di quattro momenti distinti, ognuno con una funzione particolare (fango, bagno, reazione sudorale e massaggio).
    Si comincia con il fango che è applicato gradualmente sulla parte del corpo da curare ad una temperatura di 40-45° per 15-20 minuti (evitare la zona toracica anteriore, il capo e i genitali). La temperatura del fango viene mantenuta costante con opportuni accorgimenti: coperte calde, teli gommati, lenzuola calde.
    Trascorso questo tempo, il fango è asportato e il paziente è immerso nel bagno termale ad una temperatura di 37°-38° per circa 10 minuti. All’acqua termale, per richiesta del paziente, può essere aggiunto l’ozono che esercita un’azione vasodilatatrice utile contro l’affaticamento provocato dal trattamento.
    Dopo il bagno il paziente è asciugato con panni caldi ed accompagnato in apposite stanze dove rimarrà dai 30 ai 60 minuti per la reazione sudorale, ovvero la risposta biologica scatenata dalla fangatura e dal successivo bagno caldo.
    Un ciclo di fanghi dura normalmente 12 giorni con eventuale sosta di un giorno, in genere in coincidenza della crisi termale.
    La seduta è completata dal massaggio che, grazie all’azione tonificante sulla muscolatura, permette di attenuare o eliminare il transitorio stato di astenia provocato dall’applicazione del fango, dal bagno e dalla successiva reazione sudorale. Oltre al massaggio manuale, trattamento insostituibile per completare la fangoterapia, presso le Terme di Angolo possono effettuarsi anche altre tecniche di massaggio (linfodrenante, connettivale, shiatzu, …) da parte di esperte massaggiatrici.

    Cure Inalatorie

    Le cure inalatorie rappresentano una parte rilevante dei trattamenti erogati dalle Terme di Angolo che dispone di un reparto dedicato. Esse consentono di introdurre acqua minerale o i suoi costituenti gassosi nelle vie respiratorie tramite apparecchiature atte a suddividere il mezzo termale in minute particelle di diametro variabile da 0,1 a circa 100 micron: le particelle di dimetro superiore a 10 micron si localizzano nelle vie aeree superiori (faringe e laringe), mentre quelle di diametro inferiore raggiungono gli alveoli polmonari.
    Le inalazioni caldo-umide a getto diretto di vapore: metodica terapeutica che consente al paziente di inalare un getto di vapore termale, emesso da apposito apparecchio, alla temperatura di 38-40°: in tal modo le particelle di acqua, delle dimensioni di circa 100 micron, raggiungono le prime vie respiratorie. Sono indicate nelle affezioni delle prime vie respiratorie, quali riniti recidivanti, sinusiti, faringiti, esiti di tonsillectomia, laringiti, tracheiti e bronchite croniche.
    Aerosol: metodica terapeutica che consente al paziente di inalare per via buccale con apposita mascherina minutissime goccioline di acqua termale, frazionata da aria compressa in un’ampolla di vetro: in tal modo le minuscole particelle (1-5 micron) ottenute penetrano nelle più profonde vie respiratorie. Sono indicate nelle tracheiti, tracheobronchiti, asma bronchiale, bronchiectasie, enfisema polmonare. Nell’asma bronchiale si ottengono buoni risultati, con riduzione della frequenza ed intensità delle crisi asmatiche
    Docce nasali micronizzate: è una metodica terapeutica che nasce dall’esigenza di garantire una maggiore penetrazione del mezzo termale in cavità difficilmente accessibili quali seni paranasali compresi i meati ed il labirinto etmoidale. La tecnica consiste nell’immissione a pressione nelle fosse nasali di acqua minerale nebulizzata costituita da grosse particelle acquose (circa 20-30 micron di diametro). Si esegue facendo aderire alle narici un’apposita ampolla (rino-jet) collegata all’apparecchio tramite tubi di secrezioni reflue scaricandole all’esterno: è da preferire nelle affezioni delle cavità paranasali. Le varie metodiche possono essere utilmente ed opportunamente associate tra loro, vicendevolmente.

    Un ruolo fondamentale nel trattamento delle patologie respiratorie ed otorinolaringoiatriche viene riconosciuto alla ventilazione polmonare e alle insufflazione endotimpaniche e politzer crenoterapico
    La ventilazione polmonare a pressione positiva intermittente: tecnica di respirazione assistita mediante complessa apparecchiatura (ventilatore a p.p.i.) in grado di generare una determinata pressione (regolabile) e sincronizzare l’insufflazione con l’inizio dell’inspirazione del paziente. Allo stesso viene così erogato un volume di gas predeterminato, a varie concentrazioni di ossigeno, contenente una miscela che può essere farmacologia (teofillinici, beta2 stimolanti , mucolitici, cortisonici, etc.) o a base di acqua. La pressione di erogazione e la composizione della miscela gassosa vanno adattate alle esigenze del singolo paziente da parte del medico termale
    Le cure inalatorie che vengono eseguite a completamento del ciclo integrato per la ventilazione polmonare, ne completano l’efficacia terapeutica. Le controindicazioni alla ventiloterapia a p.p.i. sono caratterizzate da insufficienza respiratoria acuta, crisi asmatica in atto, grave insufficienza respiratoria cronica, enfisema polmonare severo, cardiopatia ischemica, scompenso cardiocircolatorio.
    Per quanto riguarda la convenzione con il S.S.N. il ciclo della ventilazione polmonare prevede 12 ventilazioni polmonari e 18 cure inalatorie.


    Insufflazioni endotimpaniche e politzer con acqua sulfurea seguono alle inalazioni caldo-umide a getto diretto di vapore: esse utilizzano esclusivamente il gas ricavato dall’acqua sulfurea (presso le Terme di Angolo viene utilizzata l’acqua delle Terme di Tabiano), l’unica legalmente riconosciuta, che viene portato direttamente alle vie uditive e all’orecchio medio, favorendo il ripristino della capacità uditive. Questo tipo di trattamento viene spesso prescritto ai bambini con sovente calo uditivo causato dalla presenza di secrezioni catarrali nell’orecchio medio e nella tuba o da esiti di otiti (sordità rinogena).
    La scelta tra le due tecniche (insufflazioni con catetere di Itard e politzer crenoterapico) si basa sulla tolleranza soggettiva all’introduzione del catetere di Itard (molto difficile nei bambini), presenza di aderenze, di ipertrofia dei turbinati o di spiccata iperreflessia locale.
    Nei bambini e nei soggetti eretistico-ansiosi si preferisce, infatti, “l’olivetta nasale” da cui esce il gas termale: mediante la manovra di Politzer caratterizzata da ripetuti atti di deglutizione alternati con atti di fonazione che consistono nel far pronunciare la parola “E” il mezzo termale è spinto entro la tuba di Eustachio e la cassa timpanica.
    Il numero delle deglutizioni durante ogni seduta dipende, in particolare, dalle condizioni della membrana timpanica e dalla tollerabilità individuale. Si consiglia di iniziare con 6-8 deglutizioni fino ad arrivare verso il 12°-15° giorno a 30- 40 deglutizioni per ogni seduta. Le controindicazioni assolute sono caratterizzate da processi ulcerativi, neoplastici, affezioni acute delle prime vie respiratorie, etc.. Nei soggetti già operati per otosclerosi la terapia va valutata caso per caso
    Per quanto riguarda la convenzione con il S.S.N. il ciclo della sordità rinogena comprende 12 insufflazioni e 12 cure inalatorie.


    Idromassaggio ozonizzato

    L’idromassaggio ozonizzato viene effettuato in un bagno termale ozonizzato mediante un getto a pressione da 1 a 3 atmosfere. Agli effetti specifici legati alla particolare caratteristica dell’acqua minerale si associa l’effetto fisioterapico del getto che esercita un’azione di massaggio e dell’ozono che esercita azione disinfettante e di stimolazione cutanea. La temperatura del getto subacqueo si può variare, dirigendolo sulle parti del corpo che si vogliono particolarmente trattare (ad es. celluliti localizzate).
    E’ particolarmente indicata nel trattamento per le arteriopatie obliteranti (patologia attualmente non convenzionate con gli Enti termali da parte del Ministero) nonché delle varici venose degli arti inferiori, degli esiti di tromboflebiti, dei postumi di interventi chirurgici in flebologia e delle flebopatie croniche.

    Controindicazioni

    Soggetti affetti da scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa non farmacologicamente controllata, esiti di ictus cerebri , malattie infettive, malattie a carattere infiammatorio in fase acuta, epilessia, tumori maligni.


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    foto:zani-catering.it




    da: termediangolo.it


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    L'ARTE DI CARTA


    Maude White


    Maude White è un artista "papercutting", che vive nella Hudson Valley. Ama la grande forza, ma la delicatezza di carta. Il suo lavoro viene svolto sia a livello di macro che di micro. Ogni taglio è esatto e significativo. Le piace giocare con lo spazio positivo e negativo per creare scene fantastiche e storie. Lei si considera un artigiano e ha un profondo rispetto per la carta che si trasforma taglio dopo taglio. Col suo lavoro, spera di rendere visibile agli altri l'immenso mondo di possibilità che ogni pezzo di carta detiene. L' artista taglia raffigurazioni meticolose di uccelli, persone, foglie e altre composizioni integrate con scene nascoste e storie. Ogni pezzo può coinvolgere migliaia di tagli minuti che danno alle opere una sensazione estrema di densità e consistenza nella delicatezza.


    Diana Beltran Herrera


    Come il filosofo tedesco Kant asseriva " Le mani sono il cervello esterno dell'uomo. ''
    Un vero maestro che usa destrezza al completo è un artista colombiana Diana Beltran Herrera che attraverso il collegamento di piccoli pezzi di carta colorata, crea meravigliose sculture di uccelli. Ispirata dalla bellezza filigranata di ali degli uccelli in movimento ricrea collage tridimensionali da fotografie sulla natura che sono replicate attraverso l'uso di carta. Nonostante che il suo lavoro possa sembrare puramente decorativo in un primo momento, sottolinea invece la vulnerabilità della bellezza della natura. Tra le linee di ogni capolavoro che crea, il messaggio del suo lavoro risuona forte e chiaro: la natura è bella! Non distruggiamola.
    Mostrando la biodiversità delle varie specie di uccelli che vanno dai colibrì agli umili passero, ricorda il suo pubblico la ricchezza biologica del pianeta terra. Il lavoro di Herrera preferisce puntare nel ruolo educativo. E' destinato ad essere fonte di ispirazione e trasmettere un messaggio di preservare l'abbondanza e la magnificenza della natura stessa in modo che ci sarà ancora modo di guardare la vita reale degli uccelli.

    Pam Langdon


    Le sculture di carta di Pam Langdon mostrano che c'è molto di più che si può fare con un libro, oltre a leggerlo. Ispirato da ambienti marini e modelli all'interno della natura, Langdon si ripiega meticolosamente pagine di vecchi libri, trasformandoli in pezzi accattivanti d'arte.
    "Una volta le enciclopedie hanno avuto una vita importante nelle case delle famiglie di tutto il mondo", dice Langdon. "I libri che una volta erano centrali per il nostro desiderio di conoscenza sono ormai defunti, indesiderati e non amati. Come un appassionato collezionista di oggetti trovati, ricostruisco e ricontestualizzo vecchi enciclopedie e libri, dando loro nuova vita." Ci sono così tanti dettagli in queste sculture, che è facile dimenticare che una volta erano libri.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    I fiori di prugno quando su di essi fiocchi la neve.
    (Sei Shonagon)


    L'ALBERO DI UME



    Prunus mume è un albero da frutto apparte-
    nente alla famiglia delle Rosaceae. Il nome della pianta è Ume in giappo-
    nese; 梅; Maesil in coreano. Nonostante la pianta sia originaria della Cina, fu coltivata sin da tempi antichissimi in Corea ed in Giappone. Si può considerare una forma intermedia tra un pruno ed un albicocco. È un piccolo albero alto da 4 a 6 m con corteccia di colore grigio verdastro. Le foglie sono decidue, alterne, a lembo ovale acuminato con bordi finemente dentellati, lunghe da 5 a 8 cm.
    Il fiore è formato da 5 petali, numerosi stami ed ha diametro che varia da 1 a 3 cm. Sono solitamente bianchi, anche se possono essere rosa o rosso intenso; la fioritura precede la foliazione. I frutti sono delle drupe sferiche di circa 3 cm di diametro, con un solco dal picciolo alla punta, analoghe a quelle dell'albicocco. La buccia del frutto inizialmente verde, passa al giallo a maturità, a volte con delle sfumature rosse. La polpa è gialla.In Giappone, i frutti maturano all'inizio dell'estate. La maturazione dei frutti coincide in Giappone con la stagione delle piogge di Jiangnan, Tsuyu (梅雨).
    In Giappone, le piante di Ume da coltivazione sono divise in yabai (letteralmente, "Ume selvatico"), hibai ("Ume rosso"), e bungo ("provenienti dalla Provincia di Bungo"). Le piante bungo sono soprattutto coltivate per i frutti, si crede siano il risultato di una ibridazione tra l'Ume e l'albicocco. Le piante hibai hanno il durame rosso e per la maggior parte hanno anche fiori rossi. Le piante yabai (selvatiche) per la loro robustezza sono usate spesso come portainnesto.
    La pianta ha fioritura, in Giappone, tra le più precoci (Gennaio o Febbraio); i fiori sono piccoli ma la fioritura è abbondante ed abbastanza vistosa; essa avviene, come detto, prima della foliazione (come quasi tutti gli altri fruttiferi delle rosacee). I frutti sono già grossi intorno a giugno quando vengono raccolti ancora acerbi per essere lavorati. L’usanza di raccoglierli acerbi si diffuse a causa dello tsuyu, un monsone che colpisce l’arcipelago nipponico a cavallo del solstizio d’estate. Per evitare che il raccolto andasse perduto a causa delle forti piogge, nacque l’abitudine di cogliere gli ume ancora acerbi e si svilupparono metodi per conservarli e poterli consumare. Altri raccontano che l’ume e le sue preparazioni furono introdotti dalla Cina assieme al buddhismo, agli ideogrammi.

    Questo albero produce una piccola susina che, salata, diviene un succulento componente della dieta nipponica, accompagnato al riso: quando è salato si chiama umeboshi e spesso è nel cuore dell' onigiri. In Giappone il succo dei frutti viene estratto tenendo i frutti sotto zucchero e serve come base per una bevanda rinfrescante, dal sapore agrodolce, spesso usata in estate. In Corea, il succo di Maesil', che è commercializzato come una bibita salutare,
    L'Umeshu (梅酒, a volte tradotto come "succo di pruno") è una dolce bevanda alcolica giapponese e coreana prodotta immergendo i frutti verdi in shochu (燒酎, un liquore). I frutti vengono anche utilizzati per aromatizzare l'aceto (umezu o umesu).

    ...storia, miti e leggende...



    L'albero di Ume è coltivato in Cina da circa 3000 anni, per i suoi fiori e per i i suoi piccoli frutti ed è con questa pianta che gli abitanti dell'arcipelago giapponese iniziarono a fare "hanamii" che letteralmente vuol dire osservare i fiori; i nobili della corte imperiale, già nel VI-VIII secolo nel periodo Nara, durante i mesi invernali, iniziavano ad ammirare i fiori di Ume ed a questi dedicavano poesie.
    Nel Man'yōshū, la raccolta di poesia più antica della letteratura giapponese risalente al periodo Nara, si possono contare un numero maggiore di componimenti dedicato a questo fiore piuttosto che a quelli del ciliegio; fare, invece, hanami, ammirando i fiori di sakura, è un gusto che diviene preponderante uno o due secoli dopo, durante il periodo Heian, quando la capitale si trasferisce in modo stabile a Kyoto, come si deduce leggendo il Genji monogatari e la raccolta poetica Kokinwakashū dove il numero di poesie dedicate ai sakura è ben superiore a quello dedicato ai fiori di ume.

    Che questa pianta sia molto importante nella cultura Giapponese lo si vede anche dal suo inserimento in importanti giardini come quello del Kitano Tenman-gu a Kyoto che ne conta 1500 differenti tipi i quali fioriscono dai primi di febbraio alla fine di marzo. Altrettanto importante è il giardino limitrofo al castello di Osaka, dove 1300 alberi di ume fioriscono tra la metà di febbraio e la fine del mese di marzo per lasciare poi il campo al fiorire dei ciliegi.
    Altra testimonianza dell'importanza del fiore di ume per questo hanami anticipato è la storia di Sugawara no Michizane, poeta studioso ed uomo politico giapponese del X secolo che fu esiliato a Dazaifu nei pressi di Fukuoka dove scrisse una famosa poesia su quella fioritura, che campeggiava nello stemma della sua famiglia, nella quale implorava il vento dell'est di portagli il profumo di questa oltre che dell'amata Kyoto; alla morte di Sugawara no Michizane avvennero fatti nefasti imputati alla vendetta postuma del suo spirito e così fu divinizzato e venerato come dio della cultura col nome di Tenijin, protettore degli studenti che a lui chiedono la grazia prima di importanti esami.
    Nella cittadina di Dazaifu presso il tempio a lui dedicato si possono ammirare le fioriture di 6000 ume . Anche a Tokyo nel giardino Shinjuku Gyoen, parco sotto l'egida della famiglia imperiale, vi sono 350 esemplari di questa pianta, ma spettacolo maggiore lo si può vedere ad Hachiōji, nella zona di Takaobaigou, nei pressi della capitale nipponica dove un intero bosco con 10.000 ume fiorisce dalla fine di febbraio a quella di marzo.
    (http://viaggiappone.com/)

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    GENNAIO

    Gennaio
    Bigio il ciel, la terra brulla,
    questo mese poverello
    nella sporta non ha nulla
    ma tien vivo un focherello.

    Senza greggia e campanello
    solo va, pastor del vento.
    Con la neve sul cappello
    fischia all'uscio il suo lamento.

    Breve il dì, lunga la notte,
    cerca il sole con affanno.
    ha le tasche vuote e rotte,
    ma nasconde il pan d'un anno.


    (Renzo Pezzani)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)




    scatto da http://cooldigitalphotography.com

    “Prometto di essere umano, incoerente, di dire la parola sbagliata,
    la frase sbagliata, persino il testo sbagliato,
    di agire senza pensare.
    Prometto di capire, prometto di volere, prometto di crederci.
    Prometto di insistere, prometto di lottare, di scoprire,
    di imparare, di insegnare.
    Tutto questo per dirti che prometto di sbagliare.”
    (Pedro Chagas Freitas)

  9. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 001 (Edizione Speciale Epifania 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON MERCOLEDI’ ISOLA FELICE …


    Mercoledì, 6 Gennaio 2016
    EPIFANIA DI N.S.

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 01
    Giorni dall'inizio dell'anno: 6/360
    -------------------------------------------------
    A Roma il sole sorge alle 07:38 e tramonta alle 16:54 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 08:04 e tramonta alle 16:54 (ora solare)
    Luna: 3.54 (lev.) 14.16 (tram.)
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Gennaio asciutto grano dappertutto.
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    Aforisma del giorno:
    Quando vi si propone troppo grasso partito, non correte all'invito:
    ché spesso poi si trova che lì gatta ci cova
    (L. Clasio).









    RIFLESSIONI



    ... LA SEDIA A DONDOLO …
    ... La sedia a dondolo cigolava un pochino su nella grande veranda. Uno, due, tre, quattro, ogni volta una vocina contava uno ad uno i gradini che portavano dal salone al primo piano della piccola casa persa nella campagna. Quella sedia aveva accompagnato le notti della donna. Un riparo dal quale fare volare la mente e raggiungere luoghi inimmaginabili. Un anno intero passato ogni notte a scrutare il cielo, a guardare le stelle. Bella sensazione pensava; vorrei toccarne una e poi correre felice tra le nubi. Candide e soffici da quaggiù, meravigliose fantasie che popolavano il cielo che poi quando faceva notte si illuminava con quei dardi di luce che erano le stelle. Mi piacerebbe tenerne una tra le mani pensava; sembrano così piccole da quaggiù. Spostava a volte lo sguardo e vedeva salire la luna; quando era uno spicchio soltanto pensava, mi piacerebbe adagiarmi su di lei, sembra una culla luminosa, e da lì cullandomi mi piacerebbe addormentarmi così forte da lasciarmi scivolare sulle candide nubi portando nelle mani una stella ad illuminare la caduta. Faceva miracoli quella sedia a dondolo; davanti la finestra di quella veranda aveva passato tutte le notti della sua lunga vita attendendo il fatidico giorno. Si, le notti erano trascorse nell’attesa di un avvenimento che puntuale come il sole che sorge, arrivava e faceva accadere la magia. Il suo destino era quello che doveva passare le notti a sognare e desiderare luoghi, oggetti oppure emozioni e poi in una sola notte rendeva sogni e desideri a tutti. Stramba vita la sua; come un vaso comunicante, desiderava per un intero anno accumulando tanta di quella energia e magica soddisfazione da essere poi lei stessa desiderio di altri. Magnifica rappresentazione di giustizia e di sogno; così ogni anno, all’avvicinarsi della data fatidica, iniziava a sentire desideri e sogni nell’aria, li catturava e li faceva suoi. Scrutava i cieli perché aveva il dono di vedere, di sentire ciò che tutti nel mondo, soprattutto i bambini, desideravano. Poi come ogni anno la sua mente iniziava a formare versi, e una settimana dopo l’altra le parole divenivano ossessiva e delicato refrain, finchè il giorno prima di quello fatidico, come fosse un appuntamento inderogabile quelle parole divenivano da strofe in poesia ed iniziava a recitarla emozionata e divertita.
    La Befana vien di notte
    ha i capelli un po' arruffati,
    guanti neri un po' bucati,
    un grembiule con le toppe...
    in un giorno quante tappe
    col suo sacco pieno zeppo,
    scavalcando ogni greppo,
    per portare i regalini
    ai più grandi e ai più piccini!

    La Befana vien di notte,
    con le calze sbrindellate
    grande scialle sulle spalle...
    per qualcuno non ha niente,
    delusione un po' cocente,
    vi consiglio di sperare,
    seguitare ad aspettare
    anche a voi lo porterà,
    dentro l'anno arriverà,
    se restate a fare i buoni,
    quel regalo tanto atteso
    che fra tutti gli altri doni
    non ha messo, per il peso!
    D’incanto il 6 gennaio arrivava e così quello sciogli lingua prendeva significato e senso. In volo tra quelle stelle e quelle nubi, vicino alla luna sfrecciava nel cielo a portare ai bambini di tutto il mondo regali e desideri coronati. Il suo destino era portare felicità, tanta di quella felicità che poi le occorreva un anno per ricaricare energie ed entusiasmo su quella sedia a dondolo nella veranda della sua piccola casa persa nella campagna. Alzate gli occhi al cielo, se vedrete sfrecciare la donninna pensate che ogni sguardo che le riceverà lo trasformerà in felicità per tutti i bambini del mondo … Buona Epifania amici miei…
    (Claudio)






    6 gennaio, è il giorno dell’Epifania: le origini della Befana tra storia e leggende
    L’Epifania, che per i Cristiani è la manifestazione di Cristo all’umanità, è ricordata attraverso la visita dei Magi alla mangiatoia. Le origini della Befana, invece, sono antiche e controverse, ricche di storia e leggende. Il termine Epifania deriva dal greco “Tà Epiphan(e)ia” e significa manifestazione. Per i Cristiani è la manifestazione di Cristo all’umanità, ricordata attraverso la visita dei Magi alla mangiatoia. A guidare i Sapienti da Oriente verso la grotta per adorare il Bambin Gesù, come raccontato dal Vangelo di Matteo, è la stella cometa. Secondo una versione cristianizzata di una leggenda risalente al XII secolo, i Re magi, diretti a Betlemme per rendere omaggio a Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni a una vecchia. Malgrado la loro insistenza affinchè li seguisse per far visita al piccolo, la donna non li accompagnò.

    BEFANA ORIGINI 1In seguito, pentitasi di non essere andata con loro, dopo aver preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli ma invano. Così si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora, per millenni, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, girerebbe per il mondo, elargendo doni ai bimbi per farsi perdonare. I bambini usavano, poi, mettere delle scarpe e/o delle calze fuori dall’uscio di casa proprio perché sarebbero servite come ricambio durante il lungo errare della vecchietta, ma se quest’ultima non ne avesse avuto bisogno, le avrebbe lasciate lì, riempite di dolci. Le origini della Befana sono antiche e controverse. Potrebbe discendere da tradizioni magiche celtiche che, per onorare le loro divinità, bruciavano grandi fantocci di vimini. All’interno dei fantocci capitava che si legassero vittime sacrificali, animali e, talvolta, prigionieri di guerra.

    BEFANA ORIGINI COPAnticamente, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura pagana di Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti, figure femminili volassero sui campi appena seminati per propiziare i raccolti futuri. A guidarle secondo alcuni era Diana, dea lunare legata alla vegetazione, secondo altri una divinità minore chiamata Satia (=sazietà) o Abundia (= abbondanza). La Chiesa condannò con estremo rigore tali credenze, definendole frutto di influenze sataniche. Queste sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni che sfociarono, nel Medioevo, nella nostra Befana, il cui aspetto, benché benevolo, è chiaramente imparentato con la personificazione della strega.

    BEFANA ORIGINI 2L’aspetto da vecchia sarebbe dunque una raffigurazione dell’anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare, così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare fantocci, con indosso abiti logori, all’inizio dell’anno. In molte parti d’Italia l’uso di bruciare un fantoccio a forma di vecchia o di segare un fantoccio a forma di vecchia (in questo caso pieno di dolciumi), rientra invece tra i riti di fine Quaresima, sempre con il significato di porre fine all’anno vecchio. La Befana, che si richiama pure ad alcune figure della mitologia germanica, come Holda e Berchta, sempre come personificazione della natura invernale, ha assunto vari soprannomi:Donnazza (Cadore), Pifania (Comasco), Marantega (Venezia), Berola (Treviso), Vecia (Mantova), Mara (Piacenza), Anguana (Ampezzano), Basara (Liguria).
    (meteoweb)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    La leggenda della Befana

    C’era una volta una casetta che sorgeva un po’ discosta dal villaggio. Era una casetta piccola e un po’ malconcia, e ci viveva una vecchina che usciva ogni mattina per fare legna nel bosco. Poi tornava a casa e si sedeva accanto al focolare insieme al suo gattino. Raramente vedeva delle altre persone: nel villaggio aveva la fama di essere una strana vecchina, un po’ maga, e nessuno si spingeva fino a quella casetta isolata, soprattutto in inverno, quando venti gelidi colpivano a raffica le regione.
    Una sera, una fredda sera di gennaio, la vecchina (che si chiamava Befana) sentì all’improvviso bussare alla sua porta. Naturalmente si spaventò: chi poteva essere, a quell’ora e con quel tempo? All’inizio non voleva aprire, ma poi la curiosità la vinse. E, quando aprì… oh, meraviglia! Davanti a lei c’erano tre orientali riccamente vestiti, che erano scesi dai loro cammelli per chiederle la strada per Betlemme. La vecchina era stupefatta: perché mai volevano andare a Betlemme? I tre viandanti – sì, proprio loro, i Re Magi! – le raccontarono allora che stavano andando a portare i loro doni al Bambino Gesù e la invitarono a unirsi a loro.
    La Befana ci pensò un po’ su, ma… chi se la sentiva di partire con un freddo simile? Così li lasciò andare, dopo aver dato loro le indicazioni che chiedevano.
    Poi però si pentì. Aveva commesso un grande errore! Presto, doveva raggiungerli! Così uscì a cavallo della sua scopa (sì, la Befana un po’ maga lo era davvero!) per cercarli e andare con loro a rendere omaggio a Gesù, ma non riuscì più a trovarli. Perciò ebbe un’idea: si fermò in tutte le case, lasciando un dono a ogni bambino, nella speranza che uno di loro fosse Gesù.
    E da allora ha continuato, anno dopo anno, a portare i suoi doni a tutti i bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio.
    (Dal Web)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    La signorina Befana

    La signora Befana si sveglio' spaventata durante una notte di inizio dicembre. Una folla di bambini arrabbiati la stava inseguendo impugnando le lunghe calze rosse, vuote o piene di carbone. Davvero un brutto incubo.
    L'indomani mattina la signora befana, che non aveva affatto dimenticato la paura della notte, decise di iniziare con largo anticipo i preparativi per il 6 gennaio. E non solo. Passeggiando su e giu' per la stanza tra il camino crepitante e il ritratto della trisavola decise che era tempo di rinnovarsi un po'. Sali' in soffitta per rispolverare gli strumenti dopo un anno di ragnatele. Si fece spazio tra sedie sgangherate e valigie sbrindellatele e giunse infine di fronte al baule. Comincio' a tirar fuori tutti gli oggetti che usava ogni anno, da secoli. Le sembravano tutti in gran forma e non riusciva proprio a decidere quale potesse sostituire. Li passava uno a uno tra le mani: vestito, scopa, scialle, cappello, stivali, calze a righe, sacco…sacco, calze a righe, stivali, cappello, scialle, scopa…scopa; ecco la scopa dava chiari segni di usura: manico mangiucchiato, setole inaridite, puntute come aghi di sarta. In fondo la scopa era uno degli strumenti piu' importanti della sua attivita' ed era giusto averne una in ottimo stato. Riscese in salotto, afferro' il portamonete e usci' di gran fretta per andare a comprare una nuova fiammante scopa. Arrivo' al megastore in pochissimi minuti. Era piena di entusiasmo come ogni donna al suo primo shopping. Una commessa, dando per scontato che la cliente stesse cercando una scopa elettrica, la guido' fino all'apposito reparto. Qui l'attenzione della signora befana fu completamente rapita dalla lunga serie di scintillanti manici colorati; estasiata le passo' in rassegna come un generale davanti alle sue milizie schierate. Mentre la commessa illustrava i pregi di ogni tipo di scopa, la signora befana gia' si immaginava sfrecciante in mezzo ai comignoli. Dopo un attento esame si fermo' davanti ad un esemplare di nuovissima generazione, rossa e grigio metallizzato. L'afferro' e si diresse ansiosa verso la cassa ignorando la commessa che le chiedeva se desiderava acquistare anche i sacchetti.
    A casa la scopa occupo' il posto d'onore, nell'angolo sotto il ritratto della trisavola come in attesa di ricevere benedizione.
    I giorni successivi fu impegnata negli altri preparativi. Lavo' il vestito, lo scialle, il cappello, le calze. Impacchetto' ogni regalo e li sistemo' nel sacco.
    I giorni passarono freddi e nevosi, babbo natale aveva gia' fatto il suo dovere, il nuovo anno aveva accompagnato il vecchio all'uscita e la notte del 6 gennaio sopraggiunse. Tutto era in perfetto ordine. Quel brutto incubo non si sarebbe di certo avverato. Dunque vestita e adornata afferro' la scopa e sali' in soffitta, apri' l'abbaino, cavalco' la nuova scopa lucente come una maserati e pronunciando la formula spicco' il volo.

    Re Magi mi avete invitata
    A seguire la stella cometa
    E per non farmi sentire affaticata
    Mi avete donato lei,
    Scopa miracolata

    Come andava spedita con la nuova scopa e notava che era anche piu' comoda da cavalcare dell'altra. Felice come non mai comincio' a disseminare i suoi regali per i comignoli ripuliti. Ad un certo punto pero' comincio' ad accadere qualcosa di strano. Volando nel cielo stellato, sciami di minuscoli puntini confluivano verso la scopa che li ingoiava proprio tutti mentre la sacca sotto il manico continuava a gonfiarsi. La signora befana diventava perplessa, poi preoccupata, infine disperata.
    BOOM!!
    Un gran botto la intonti' e si ritrovo' in groppa ad un comignolo in mattoni rossi, per fortuna con niente di rotto... tranne la scopa, la quale vomitava sui camini la polverina che aveva appena ingoiato, al posto dei regali e andava a ingrassare le calze dei bambini buoni e dei bambini cattivi, appese giu' in salotto. Le luci di tutte le case si accesero e tutti i bambini che videro le loro calze piene di polvere iniziarono a strillare come matti. Loro pensavano che la befana avesse voluto punirli portando cenere invece che macchinine telecomandate e bambole di pezza. Anche i genitori e gli insegnanti, in quanto educatori, se ne ebbero molto a male.
    La mattina seguente ovunque, per le strade, nei negozi, in tv, sui giornali, si parlava della befana e della sua punizione.
    Intanto la signora befana se ne stava chiusa in casa. Aveva dormito tutta la mattinata dopo la nottataccia e ora passeggiando nervosamente su e giu' per la stanza tra il camino crepitante e il ritratto della trisavola, cercava di capire cosa non avesse funzionato con quella benedetta scopa. L'unico modo per scoprirlo era quello di recarsi al megastore e interrogare la commessa. Quest' ultima, reduce dagli straordinari di lavoro e dai veglioni, non aveva la forza di essere paziente e stizzita le urlo' addosso:
    - Nessun difetto di fabbrica signora! Se la scopa si e' rotta e' perch‡ ha usato troppo lo stesso sacchetto. Evidentemente doveva cambiarlo piu' spesso. Ma dica un po', che razza di sporco posto ha dovuto pulire?? -.
    La signora befana un po' imbarazzata, si gratto' la testa, poi usci' di corsa. Ora capiva tutto: la sua efficientissima scopa aveva fatto troppo bene il suo dovere ma trovando il cielo pieno di polvere e fuliggine si era completamente intasata. Poi comincio' a guardarsi attorno e tutto le ricordava l'accaduto, i bambini avevano visi tristi, le luci dei negozi erano state spente e uno schermo gigante in piazza dava a intermittenza “Befana perche' fai questo ai nostri figli?â€. Nessuno poteva immaginare che si era trattato di un banalissimo errore da casalinga imbranata. Si sentiva terribilmente in colpa, pero' che colpa ne aveva lei se l'aria era talmente sporca da mandare in tilt un'ottima scopa moderna?
    Mentre ripensava alla vicenda si accorse che attorno a lei c'era una folla, uomini e donne rivolti verso il podio dove un oratore ripeteva altisonante “salviamo la nostra terra da noi stessi†, “ridiamo il verde alla natura, l'aria pulita ai nostri figliâ€. E tutti ad applaudire. Era una manifestazione di ambientalisti.
    La signora befana dapprima cerc¤ di allontanarsi dalla confusione, poi capi' che questo le capitava proprio a fagiolo. Se voleva spiegare la vicenda della notte prima ai suoi bambini delusi, doveva proprio abbracciare la causa ambientalista. Infatti era solo colpa dell'inquinamento dell'aria se la sua scopa si era rotta in mille pulviscoli. Si fece largo nella folla, fino a piazzarsi davanti ad una delle tante telecamere che stavano riprendendo il comizio. Agguanto' il microfono dalle mani del povero inviato televisivo e inizi¤ il suo comizio personale:
    “Ciao bambini sono qui per scusarmi per l'altra notte. So che siete rimasti molto delusi per aver trovato solo cenere nelle calze. Ma io non volevo punirvi, che anzi siete stati molto bravi quest'anno. Quella non era vera cenere, molto peggio e' una polvere grigiastra che vaga nell'aria che tutti noi respiriamo, e' la sporcizia procurata dall'inquinamento. La mia scopa, diligente come un bravo scolaretto, da un lato trasportava me e dall'altro raccoglieva sporcizia e poiche' era tanta, quando non ce l'ha fatta piu', l'ha sputata fuori. Io avevo preparato per voi bellissimi regali ma visto l'accaduto ho in mente un regalo molto piu' utile. Ho deciso che usero' ancora la mia scopa nelle notti stellate, mentre voi dormite io passero' e ripassero' nel cielo per ripulire l'aria cosi' che ogni mattina potrete spalancare la finestra e respirare una vera boccata d'aria fresca. Non prendetela a male ma vi assicuro che questo e' un regalo molto piu' bello e sano dei tanti giochi che avreste potuto ricevere e in piu' questo durera' per tutta la vitaâ€. Detto cio' riconsegno' il microfono all'inviato e corse al megastore ad acquistare una nuova scopa elettrica, questa volta senza trascurare i sacchetti.
    Il vero regalo la signora befana l'aveva fatto agli altri personaggi apparsi nella storia: la commessa fu nominata caporeparto grazie al fatto di essere stata la “consulente commerciale†della signora befana, per non parlare del business delle scope elettriche; il telecronista era stato promosso a condurre da studio il tg della sera per lo scoop in esclusiva. Il partito degli ecologisti in mezzo a cui la befana aveva fatto il suo discorso, ottenne parecchi seggi in parlamento e per ringraziare la loro benefattrice la candidarono a leader del gruppo ma poiche' risulto' molto arduo rintracciarla, si accontentarono di un mega ritratto nella sede ufficiale del partito e il suo faccione anche sulle spille dei tesserati.
    Per fortuna tutto si risolveva per il meglio ma dall'anno prossimo avrebbe ripreso la vecchia cara scopa a setole..

    (Geremina Leva)



    ATTUALITA’


    Lotteria Italia, primo premio da 5 milioni vinto nel Veronese.

    Un milione e mezzo a Roma, un milione a Varese. Lazio al top per biglietti venduti. E' stato venduto a Veronella (Verona) il biglietto del primo premio, da 5 milioni di euro, della Lotteria Italia.

    E' stato venduto a Roma il biglietto abbinato al terzo premio di prima categoria della Lotteria Italia, che vince un milione e mezzo di euro. La serie e il numero sono: E 367077.

    E' stato venduto a Varese il biglietto vincitore del quarto premio di prima categoria della Lotteria Italia, da un milione di euro. La serie e il numero del tagliando sono: N 235789.

    Il quinto premio di prima categoria della Lotteria Italia, da 500 mila euro, è abbinato al biglietto serie M 115765, venduto a Como.

    E' il biglietto serie R 451283 a vincere il sesto premio della Lotteria Italia. Vince 250 mila euro ed è stato venduto a Fabro (Terni).

    Con 8,7 milioni di biglietti venduti e incassi per 43,5 milioni di euro, la Lotteria Italia 2015 fa registrare il miglior risultato dal 2010: in quell'edizione i tagliandi staccati furono 9,6 milioni, scesi poi a 8 milioni nel 2011, a 6,9 milioni nel 2012, per poi assestarsi a 7,6 milioni nelle ultime due edizioni. L'età d'oro della Lotteria resta ancora il periodo tra gli anni '80 e i '90, quando le vendite erano anche superiori ai 30 milioni di biglietti: il record assoluto appartiene al 1988 con 37,4 milioni di tagliandi staccati. Nell'ultima edizione, in media è stato venduto un biglietto ogni 6 persone, mentre nel periodo di massimo splendore della Lotteria la media era di 1,3, più di un biglietto a persona. L'edizione 2015 della Lotteria Italia, così come era già accaduto in quella del 2014, vede il Lazio in cima alla classifica delle regioni per il maggior numero di biglietti venduti. Lo rende noto l'Agenzia delle dogane e dei monopoli. I biglietti venduti sono stati 8.689.860.
    (Ansa)





    2016 con Heidi, Dory e i Pets fra remake e nuovi personaggi.

    Attesi prequel/spin-off di Harry Potter e Il Libro della Giungla. Nel 2016 bambini e preadolescenti avranno di che scegliere fra nuovi personaggi (come gli scatenati Pets) animati e non, 'rinascite' di beniamini come Heidi, remake (Il Libro della Giungla), sequel, prequel e spin-off, da Kung Fu panda 3 a Animali fantastici e dove trovarli.

    Da non perdere è in sala e con successo Il piccolo principe di Mark Osborne, libera trasposizione animata del capolavoro di Saint-Exupery, realizzata miscelando Cgi, disegni e stop motion. Tra gli altri, a poco più di un anno da Doraemon - Il film, il gatto robot blu venuto dal futuro e il suo migliore amico 'umano' avranno i superpoteri in Doraemon il film: Nobita e gli eroi dello spazio di Yoshihiro Osugi (28 gennaio).

    Un idealista orso bianco vegano e ballerino va a New York per fermare l'affarista che vuole cementificare il Polo Nord, in Il viaggio di Norm di Trevor Wall (4 febbraio con Notorious). Il 9 e il 10 febbraio, uscita evento per La ricompensa del gatto di Hiroyuki Morita (2002), spin-off di un altro cult realizzato dallo studio Ghibli, I sospiri del mio cuore (1995).

    Il 18 febbraio scende in campo la Disney con Zootropolis, action comedy animata in 3d di Byron Howard e Rich Moore. La storia è ambientata in una rutilante metropoli 'animale', dove la coniglietta Judy Hopps e la volpe Nick Wilde hanno solo 48 ore per risolvere un mistero. La storia dell'orfana Heidi creata nel 1880 dalla svizzera Johanna Spyri, già fonte di vari film e di una serie animata cult, torna il 3 marzo in nuova trasposizione live action di Alain Gsponer, con Bruno Ganz e Anuk Steffen. Stessa data d'uscita per il messicano Pedro Galletto coraggioso (Eagle Pictures), già campione d'incassi in patria, su un divertente pennuto aspirante pugile, raccontato da Gabriel Riva Palacio Alatriste. Il 15 e il 16 marzo uscita evento per Boy and the beast di Mamoru Hosoda, su Kyuta, bambino senza genitori, che in un universo parallelo incontra Kumatetsu, creatura simile ad un orso in lotta per vivere. A colpi di arti marziali e risate riecco Po in Kung Fu Panda 3 (17 marzo con 20Th Century Fox) di Jennifer Yuh Nelson e l'italiano Alessandro Carloni. Stavolta la minaccia viene dallo spirito maligno Kai, che inizia a sconfiggere tutti i maestri cinesi di kung fu. Jon Favreau (Iron Man) firma uno spettacolare nuovo adattamento tra live action e animazione 3d de Il libro della giungla (14 aprile).

    Una settimana dopo arriva il Robinson Crusoe 'animato' di Ben Stassen e Vincent Kesteloot. Il 12 maggio va in scena Tini - La Nuova Vita di Violetta, girato tra Italia e Spagna da Martina Stoessel.

    Stesso giorno d'uscita per Angry Birds - Il film di Clay Kaytis e Fergal Reilly, con i colorati volatili già protagonisti della popolarissima serie di videogiochi. James Bobin dirige Alice attraverso lo specchio (25 maggio), sequel del burtoniano Alice in Wonderland, nel quale con Mia Wasikowska, Johnny Depp e Helena Bonham Carter, ci sono new entry come Sacha Baron Cohen.

    Andranno forte anche i draghi: prima con il tedesco Coconut, the little dragon di Nina Wels e Hubert Weiland (9 giugno) e più avanti con Pete's Dragon remake animato/live action firmato da David Lowery di Elliott il drago invisibile (1977). Scrat sempre a caccia della sua ghianda mette in moto conseguenze 'cosmiche' nel quinto capitolo della saga sugli animali preistorici, L'era glaciale - In Rotta di collisione (25 agosto) di Mike Thurmeier e Galen T. Chu.

    Il 14 settembre arriva dalla Pixar Alla ricerca di Dory di Andrew Stanton, sequel di Alla ricerca di Nemo, con la pesciolina blu in viaggio insieme fra gli altri, a Marlin, Nemo e Branchia, per tornare dai suoi genitori. Spielberg firma il suo primo live action in 3d, con Il gigante gentile (15 settembre), trasposizione del romanzo di Roald Dahl su una bambina, Sophie (Ruby Barnhill) che stringe amicizia con un gigante.

    Nell'action comedy animata in 3d Cicogne in missione di Nicholas Stoller e Doug Sweetland (a ottobre con Warner), Junior, solerte pennuto e impiegato modello, si troverà a dover consegnare una bimba non prevista. Cosa combinano i nostri cani, gatti, conigli quando li lasciamo soli in casa? Ce lo mostrerà Pets - Vita da animali (6 ottobre con Universal), del papà di Cattivissimo me, Chris Renaud. Nati nel 1959 dal danese Thomas Dam, gli allegri pupazzetti dai capelli ribelli debuttano animati in 3d in Trolls (27 ottobre) di Mike Mitchell e Walt Dohrn.

    I fan di Harry Potter fanno il conto alla rovescia fino al 17 novembre per lo spin-off/prequel Animali fantastici e dove trovarli di David Yates, con il premio Oscar Eddie Redmayne nei panni del 'magizoologo' Newt Scamander. La casa madre di Topolino per Natale 2016 proporrà Oceania di Ron Clements e John Musker (23 novembre), su Vaiana, coraggiosa teenager di 2000 anni fa, aspirante esploratrice che 'farà squadra' con un semidio, Maui.

    Esordirà, infine il 15 dicembre, Sing di Garth Jennings, commedia in Cgi sul koala Buster, imprenditore teatrale ed ex star in bolletta, che vuole dare vita al più grande contest canoro animale mai visto. Fra le voci originali, Matthew McConaughey, Reese Witherspoon e Scarlett Johansson. ‬ (Ansa)





    E' morta Silvana Pampanini, stella del cinema popolare.

    L'attrice aveva 90 anni. Era ricoverata dopo un intervento subito ad ottobre. Lutto nel mondo del cinema: Silvana Pampanini è morta questa mattina intorno alle 9,30 al Policlinico Gemelli di Roma, dov'era ricoverata da metà ottobre in terapia intensiva, dopo essere stata sottoposta a un'operazione di chirurgia addominale d'urgenza. L'attrice, 90 anni, si era ripresa dopo l'intervento ma ha poi sofferto complicanze dovute anche all'età.

    Prima di Gina Lollobrigida, prima di Sophia Loren, al tempo dei concorsi di bellezza e di un'Italia che la guerra non aveva piegata, l'astro di Silvana Pampanini cominciò a risplendere e non fu una stella cometa, ma una stella luminosa che attirò registi famosi, attori di grido, principi e magnati in una ridda di successi commerciali, applausi internazionali, flirt sempre annunciati e sempre smentiti, compreso quello romantico di Totò, che per la bellissima attrice provò un sentimento profondo e mai veramente ricambiato. Nata a Roma il 25 settembre del 1925, romana ma di famiglia veneta, Silvana Pampanini doveva essere cantante nel segno di una zia celebre, la soprano Rosetta. Diplomata all'istituto magistrale e al Conservatorio di Santa Cecilia la ragazza aveva una vera propensione al canto, tanto da aver tenacemente conservato la sua voce in tutti i film in cui i suoi personaggi cantavano, mentre tante brave doppiatrici si sostituirono sempre a lei per darle voce nei film più celebri. Invece le cose cambiarono in una sola notte quando la sua maestra di canto la iscrisse a sua insaputa al primo concorso di Miss Italia, a Stresa nel 1946.

    Sconfitta dalla giuria fu recuperata a furor di popolo dal pubblico, tanto da obbligare gli organizzatori del premio ad attribuirle un "ex aequo" che ne fece subito una ragazza-copertina sui rotocalchi. Il passo verso il mondo dorato della celluloide, amplificato dai fotoromanzi e dalle prime indiscrezioni sentimentali fu brevissimo tanto che nello stesso 1946 Silvana otteneva il primo ruolo a Cinecittà: "L'apocalisse" di Giuseppe Scotese anche se furono veterani della regia come Giacomo Gentilomo, Camillo Mastrocinque, Guido Brignone a insegnarle le tecniche della recitazione in un apprendistato rapidissimo e capace di portarla al successo già due anni dopo. Il 1949 è l'anno de "I pompieri di Viggiù" di Mario Mattoli in cui interpretava Fiamma, figlia del capo dei pompieri Carlo Campanini.

    In un set di "tutte stelle" in cui appariva anche la "regina" Wanda Osiris, la bellezza prorompente dell'ex Miss Italia, dotata di una verve e una naturalezza contagiosa (sposata al fisico mozzafiato), fece subito la differenza. Sullo stesso set, in un diverso episodio, c'è anche Totò che la vorrà con sé in "47 morto che parla" di Bragaglia l'anno dopo. Ma nel frattempo i binari del successo della nuova "divina" di un cinema popolare fatto di sorrisi, sketch da rivista, parodie bonarie e sapori da neorealismo rosa, sono già ben delineati ai suoi piedi. E' dello stesso anno "Bellezze in bicicletta" di Carlo Campogalliani che la vede al fianco di una scatenata Delia Scala nel ruolo di un'aspirante ballerina che vorrebbe entrare nella compagnia di Totò. La coppia composta dalla biondina-tutto-pepe e dalla mora con pose da "femme fatale" funziona anche perché le due attrici rivelano presto le loro anime candide anche nella ricerca della fama ed il pubblico si commuove mentre il motivetto del titolo diventa un tormentone in tutte le piazze d'Italia. Un passo ancora e la sua popolarità varca i confini nazionali.

    Diretta da Mario Soldati in una scatenata parodia dell'hollywoodiano "Quo Vadis", la Pampanini veste la stola di Poppea duettando con Gino Cerci in "O.K. Nerone" che si afferma su tutti i maggiori esteri, e specie in Francia. Così diventa "Nini Pampan" e riceve le prime proposte di coproduzioni fra Parigi, l'America del Sud, perfino l'Egitto. Grazie all'abile guida del padre che ha lasciato il lavoro per farle da agente, l'attrice non abbandona però Cinecittà e anzi si afferma in un cinema più "serio" grazie ad autori come Luigi Zampa ("Processo alla città"), Luigi Comencini ("La tratta delle bianche"), Pietro Germi ("La Presidentessa"), tutti del 1952. Un anno dopo è il maestro del melodramma neorealista, Giuseppe De Santis a incoronarla come icona del miglior cinema popolare in "Un marito per Anna Zaccheo" e la rivorrà nel 1958 per "Una strada lunga un anno".

    In mezzo c'è spazio per grandi trionfi come "Un giorno in pretura" di Steno, "La bella di Roma" di Comencini, "Racconti romani" di Gianni Franciolini. Lavora moltissimo all'estero anche se molti dei suoi titoli del periodo di maggior fulgore risultano oggi dispersi o dimenticati. Con il nuovo decennio è invece fin troppo frettolosamente archiviata dal nostro cinema a favore di nuove bellezze e di un cinema più smaliziato e adatto ai tempi del boom. Sarà Dino Risi a tributarle un affettuoso omaggio nel "Gaucho" del 1964 in cui le affida però il ruolo di una diva sul viale del tramonto in un memorabile confronto con Vittorio Gassman, affiancato da Amedeo Nazzari e Nino Manfredi. L'attrice ha intanto trovato un nuovo pubblico alla tv, mezzo in cui crede fin dalla nascita e che la vede protagonista fino alla conduzione di "Mare contro mare" nel'65. Poco dopo però la Gran Dama si ritira di fatto, vedendosi come una nostrana Greta Garbo che Cinecittà non merita più. Per due volte è stata regista (due corti del 1958), ha dato alle stampa un'autobiografia piena di verve fin dal titolo "Scandalosamente perbene", ha sempre mantenuto uno stretto riserbo sulle sue vicende private celando perfino il nome del grande amore che non avrebbe potuto sposarla a pochi mesi dal fatidico "sì" perché stroncato da una grave malattia.



    Dotata di una allegra autoironia come si vede bene nel "cammeo" regalato ad Alberto Sordi ne "Il tassinaro" (1983) è sempre stata anche una spiritosa polemista come quando si scagliò contro la "presunta erede" Gina Lollobrigida, rea di essersi sposata con un uomo molto più giovane, o come quando attaccò il sindaco di Roma, Walter Veltroni per averla ignorata al tempo della Festa del Cinema. Occhi da tigre, bocca di fragola, curve "pericolose" e allegra sfrontatezza ne fecero un'icona: oggi diventa un ricordo per un'Italia che non esiste più da tempo.
    (Ansa)




    CINEMA PER L'EPIFANIA!!!!


    Non credo che vedrò mai
    una poesia bella come un albero.
    [..]
    Le poesie sono scritte dagli sciocchi come me,
    ma solo Dio può creare un albero.
    (Joyce Kilmer)


    LO SCRIGNO DELLE SETTE PERLE


    Titolo originale Melody Time
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione USA
    Anno 1948
    Durata 72 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 1.37:1
    Genere animazione, musicale
    Regia Clyde Geronimi, Wilfred Jackson, Hamilton Luske, Jack Kinney
    Soggetto Hardie Gramatky
    Sceneggiatura Winston Hibler, Erdman Penner, Harry Reeves, Homer Brightman, Ken Anderson, Ted Sears, Joe Rinaldi, Bill Cottrell, Art Scott, Jesse Marsh, Bob Moore, John Walbridge
    Produttore Walt Disney
    Casa di produzione Walt Disney Productions
    Distribuzione (Italia) RKO Radio Pictures
    Animatori Eric Larson, Ward Kimball, Milt Kahl, Ollie Johnston, John Lounsbery, Les Clark, Harvey Toombs, Marvin Woodward, Ed Aardal, Hal King, Cliff Nordberg, Don Lusk, John Sibley, Rudy Larriva, Ken O'Brien, Bob Cannon, Judge Whitaker, Hal Ambro
    Fotografia Winton C. Hoch
    Montaggio Donald Halliday, Thomas Scott
    Effetti speciali Jack Boyd, Ub Iwerk, Dan MacManus, Joshua Meador, George Rowley, Brad Case
    Musiche Eliot Daniel, Paul J. Smith
    Tema musicale "Melody Time"
    Scenografia Hugh Hennesy, Kendall O'Connor, Al Zinnen, Don Griffith, McLaren Stewart, Lance Nolley, Robert Cormack, Thor Putnam, Don DaGradi
    Sfondi Art Riley, Ralph Hulett, Merle Cox, Brice Mack, Ray Huffine, Dick Anthony



    Interpreti e personaggi

    Roy Rogers: Sé stesso
    Trigger: Sé stesso
    Freddy Martin: Sé stesso
    Ethel Smith: Sé stessa
    Bobby Driscoll: Sé stesso
    Luana Patten: Sé stessa
    Pat Brady: Sé stesso

    Doppiatori originali

    Dennis Day: Johnny Semedimela, Narratore di Johnny Semedimela
    The Andrews Sisters: Loro stesse
    Fred Waring and His Pennsylvanians: Loro stessi
    Frances Langford: Sé stessa
    Buddy Clark: Master of Ceremonies
    Bob Nolan: Sé stesso
    Sons of the Pioneers: Loro stessi
    The Dinning Sisters: Loro stesse
    Pinto Colvig: Aracuan
    Dallas McKennon: Angelo



    Premi

    Festival di Venezia 1948:
    Premio internazionale per il miglior film d'animazione



    Lo scrigno delle sette perle (Melody Time) è un film del 1948 diretto da Clyde Geronimi, Wilfred Jackson, Hamilton Luske e Jack Kinney. È un film d'animazione prodotto da Walt Disney e distribuito nei cinema americani dalla RKO Radio Pictures il 27 maggio 1948.

    Lo scrigno delle sette perle ha sette episodi.

    Once Upon a Wintertime
    Frances Langford canta la canzone del titolo, che parla di due giovani e romantici amanti nel mese di dicembre. Il ragazzo si mette in mostra sul ghiaccio per la sua fidanzata, e si sfiora la tragedia. Come molti altri segmenti di questi film collettivi, Once Upon a Wintertime è stato poi pubblicato nei cinema statunitensi come un cortometraggio individuale.
    Bumble Boogie
    La battaglia surreale di un calabrone solitario che cerca di respingere una frenesia visiva e musicale. La musica di Freddy Martin e la sua orchestra, con Jack Fina al pianoforte, ed è una variazione swing-jazz del Volo del calabrone di Rimsky-Korsakov.
    Johnny Semedimela
    La rivisitazione della storia di John Chapman, che trascorse gran parte della sua vita vagando per l'America centro-occidentale - Illinois e Indiana-, ai tempi dei pionieri, e piantando alberi di mele, guadagnando così il suo famoso soprannome. Questo segmento venne distribuito indipendentemente negli Stati Uniti il 25 dicembre 1955.
    Little Toot
    La storia omonima di Hardie Gramatky, in cui il protagonista del titolo, un piccolo rimorchiatore, vuole essere proprio come suo padre Big Toot, ma non riesce a stare fuori dai guai.
    Trees
    La recitazione del famoso poema di Joyce Kilmer eseguita da Fred Waring and the Pennsylvanians con l'impostazione lirica vista attraverso le stagioni.
    Tutta colpa della samba
    Paperino e José Carioca incontrano l'uccello Aracuan, che li introduce ai piaceri della samba. La musica di accompagnamento è la polka del 1914 Apanhei-te, Cavaquinho di Ernesto Nazareth, dotata di testi in inglese. Cantano le Dinning Sisters, mentre l'organista Ethel Smith suona l'organo.
    Pecos Bill
    Il segmento finale del film parla del famoso eroe del Texas, allevato dai coyote, il più grande e miglior cowboy che sia mai vissuto. Raffigura anche il suo cavallo Sputafuoco, e racconta di come Pecos venne riportato sulla terra da una donna di nome Sue.




    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …


    IL CASTELLO DI SEGOVIA


    L'Alcázar di Segovia è una fortezza risalente al periodo della dominazione araba, tra il XI e inizio XII secolo, ma molto probabil-
    mente di origine romana, ampliata nel 400 e quasi completamente ricostruita nel 1862, è posto su un'altura situata ai margini della Sierra de Guadarrama nella città spagnola di Segovia. Il castello è situato su una scogliera a forma di prua di nave, che si trova alla confluenza dei fiumi Eresma e Klamores, vicino alle montagne di Guadarrama.
    L'alcázar fu residenza reale, accademia militare e prigione di Stato.
    Il castello racchiude in sé quattro diversi stili: romanico, gotico, mudejar, rinascimentale; comprende un patio, un fossato, il ponte levatoio e al suo interno una cappella e varie sale nobili che contengono le effigi di tutti i re di Spagna. Fu una fortezza inespugnabile per secoli, per questo era la chiave per il dominio della Castiglia.
    Ospita al suo interno un museo con numerose opere d’arte, armi e armature. Il castello ha ispirato i disegni di diversi castelli della Disney

    ...storia...


    Non si conosce la data di edificazione dell’Alcazar di Segovia, né chi ne fu il fondatore. Probabilmente risale alle origini della stessa città di Segovia, prima dell’arrivo dei romani. Ma già in epoca visigota esisteva al posto dell’Alcàzar una rocca eretto dai Romani che fu trasformata dagli Arabi in una poderosa fortezza.
    La fortezza è menzionata per la prima volta in un documento del 1122. Venne fatta costruire da Alfonso VI dopo la "Reconquista cristiana" e sostituì un edificio preesistente, eretto dai Romani, Visigoti e Arabi. Nel Medioevo è stata una delle dimore preferite dai re castigliani, nonché una fortezza chiave per il dominio della Castiglia. Nel XIII secolo Alfonso X El Sabio la scelse come propria residenza preferita. Nel secolo successivo a causa di scontri tra casate nobiliari, vennero rinforzate le mura e ampliato il sistema difensivo. Le modifiche vennero utilizzate dai re della dinastia Trastamara per costruire un congiunto di saloni secondo lo stile degli alcazares andalusi con decorazioni gotico-mudejar.
    Tra il 1352 e il 1358 venne ricostruita da Enrico II. Durante il regno di Juan II, nel XIV secolo, vennero organizzate grande feste cortigiane. Il re fece inoltre costruire la Torre del Homenaje con pianta quadrata sovrastata da quattro torreoni. La bellezza del castello aumentò grazie a Enrico IV, noto come “El Impotente”,e quando nel 1474 Enrico IV di morì, lasciando una figlia, illegittima ma, la sorellastra diciassettenne di Enrico, Isabella la Catolica, si fece proclamare regina nell’Alcàzar di Segovia, chiamando il vescovo per dare legittimazione religiosa alla sua incoronazione.
    Altre opere vennero poi realizzate da Felipe II, il quale nel 1570 celebrò nell’alcazar le sue nozze con la sua quarta moglie, Ana di Austria.
    Fino al 1764, il castello venne utilizzato come prigione di stato. Poi divenne la sede del Real Colegio de Artilleria fondata nel 1762 da Carlos III. Il Colegio venne trasferito nel 1862 nel Convento di San Francisco di Segovia in seguito ad un incendio che distrusse diverse parti dell’alcazar.
    Fu in parte ricostruito vent’anni più tardi in forme abbastanza fedeli all’originale, ma con alcuni interventi di gusto eclettico, visibili soprattutto nelle coperture. L’architetto che curò la ricostruzione fu A. Bermelo. In seguito alla restaurazione, venne installato al suo interno nel 1898 l’Archivio Generale militare.
    Nel 1931 venne dichiarato monumento storico artistico e nel 1953 venne fondato il Patronato del Alcazar de Segovia, responsabile della conservazione del castello e del museo che può essere visitato al suo interno.




    RUBRICHE






    (Redazione)





    EPIFANIA A TAVOLA...I DOLCI!!!




    DOLCI DELLA BEFANA


    I BEFANINI



    “… La Befana, cara Zia… tutte le feste le porta via…
    “Così si lamentava lo scolaro giunto a questa data che un tempo segnava la fine delle vacanze di fine anno. E la zia consolava il nipote co’ Befanini. E’ una storia vecchia anche questa… ma anche i Befanini sono vecchi! per prima cosa vi debbo dire che sono un dolcino nato in quel di Viareggio e che per farli, ci vogliono gli stampi. Stelle, cuori, animali e poi le “befane” ed i “Befanotti”
    Scambiarsi i "befanini” era un rito. L’operazione era affidata ai più piccini. I bambini per la metà li consegnavano ma i più se li mangiavano… Spesso avveniva l’incrocio ed uscivi di casa con un paio di cartocci per riportarne…tre. I Befanini rimangono i biscotti dei nostri nonni. Una fabbricazione rustica di mani e cuore he, per cominciare l’anno nuovo, risultava proprio ideale!”
    (tratto dal libro “Dolcezze di toscana” di Giovanni Righi Parenti)

    La fugassa ‘d la Befana



    La “Fugassa d’la Befana” è un prodotto tipico della provincia di Cuneo e di altre zone del Piemonte come nell’ Alessandrino che è chiamata la “Fugassa col Carsent”. La “Fugassa d’la Befana” ha un aspetto rotondo, a forma di margherita, un colore dorato ed un sapore dolce. È un dolce povero tradizionale fatto in genere con pasta di pane dolce che si può presentare in diverse forme, ma la più comune è quella rotonda a spicchi più o meno marcati, come i petali di una margherita, decorato con lo zucchero.
    E’ un dolce molto antico che può essere paragonato con il panettone e la colomba pasquale, ma si pensa sia più antica. La particolarità che lo fa essere legato alla convivialità, è la presenza, nascosta in uno dei "petali", di una fava; tradizione vuole che chi trova la fava debba pagare da bere o la focaccia stessa. In altre occasioni le fave erano due: una bianca e l'altra nera; chi avesse trovato la fava bianca avrebbe pagato la focaccia, mentre toccava a chi avesse la fava nera avrebbe pagato il vino. La tradizione di inserire una fava nelle focacce della epifania si trova in Europa lungo una vasta fascia che va dal Piemonte fino alla Catalogna.Addirittura questa tradizione è arrivata fino in Messico già nel XVI secolo, e qui si usa mettere nella focaccia una o più figurine di ceramica rappresentanti un bambino e il ritrovamento della "sorpresa" è sempre augurio di buona sorte.


    La Pinza de la marantega


    Detta anche pinsa de la marantega, marantega significa Befana.
    Dire pinsa è come dir "pizza", cioè un cibo consistente e sostanzioso, i cui ingredienti variano secondo le zone e l'estro personale. Dovunque, la base è la farina gialla di granoturco ben aromatizzata e arricchita di condimenti: un tempo veniva unta con brodo di "museto" -maiale- e dolcificata con miele o melassa; si faceva una larga polenta soda, si avvolgeva in molti strati di foglie di cavolo e si poneva a cuocere sotto le braci del caminetto. Per i contadini era la torta immancabile della Marantega, cioè della befana, e la ponevano a cuocere sotto i falò che si appiccavano nei campi nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, quando con essi bruciava in effigie l'anno vecchio che se n'era andato e l'inverno che s'avviava ormai verso la primavera.


    La "Twelfth Night Cake"



    LaTwelfth Night Cake, “la dodicesima notte” è la fine del periodo natalizio e l’ultima occasione per poter festeggiare, l’Epifania. Nelle tradizioni ecclesiali occidentali la Dodicesima Notte conclude i dodici giorni di Natale, e gli inglesi preparano la torta della dodicesima notte, un dolce è a base di frutta secca e frutta candita.
    La tradizione voleva che all’interno del dolce fossero inseriti e nascosti un fagiolo, l’aglio, un rametto e uno straccio; chi avesse trovato il fagiolo sarebbe diventato secondo la credenza re o regina della festa, chi avesse trovato l’aglio sarebbe stato il cattivo della festa mentre il rametto era il simbolo della follia e, la ragazza che avesse trovato lo straccio, avrebbe perso la reputazione per un giorno.

    Nel medioevo all'epoca dei Tudor, in Inghilterra, la dodicesima notte segnava la fine di un festival invernale che aveva avuto inizio il All Hallows Eve - ora Halloween. Il Signore di malgoverno simboleggiava il mondo che girava a testa in giù. In questo giorno il re e tutti coloro che erano in alto sarebbe diventato i contadini e viceversa. All'inizio della Notte Festival dodicesima, veniva mangiata una torta che conteneva un fagiolo. La persona che trovava il fagiolo avrebbe governato la festa. Midnight segnava la fine del suo regno e il mondo sarebbe tornato alla normalità. Questa tradizione risaliva a una festa precristiana europee, e alla festa celtica di Samhain e alla romana festa dei Saturnali.

    (Gabry)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    LO SPLENDORE DI VENEZIA:
    CANALETTO, BELLOTTO, GUARDI
    E I VEDUTISTI DELL’OTTOCENTO



    Dal 23 gennaio al 12 giugno 2016


    Dopo il grande successo di pubblico e di critica della mostra IL CIBO NELL’ARTE, dal 23 gennaio al 12 giugno 2016 Palazzo Martinengo di Brescia ospiterà un nuovo appuntamento espositivo, promosso dall’Associazione Amici di Palazzo Martinengo, con il patrocinio della Provincia di Brescia, che celebrerà la città italiana che più di ogni altra è stata, ed è ancora oggi, un mito intramontabile nell’immaginario collettivo.
    La rassegna, curata da Davide Dotti, presenterà oltre cento capolavori, provenienti da collezioni pubbliche e private italiane ed estere, di Canaletto, Bellotto, Guardi e dei più importanti vedutisti del XVIII e XIX secolo, per dimostrare come questo filone iconografico, passato alla storia col nome di Vedutismo, non si sia esaurito con la fine della Repubblica di Venezia, ma proseguì anche durante l’intero corso dell’Ottocento.




    FESTE e SAGRE





    KANDOVAN, Iran



    Il villaggio di Kandovan sorge nella regione dell' Azerbijan, adiacente alla montagna Sahand, che per via dei fiori e soprattutto dei papaveri che ricoprono le sue pendici, è famosa come "la sposa delle montagne dell'Iran". Le case del villaggio sono a forma di cono e sono di roccia e di lava indurita;
    Visto dall'alto ricorda un fitto termitaio. Ma avvicinadosi si scopre che queste costruzioni di forma conica del villaggio di Kandovan, sono vere e proprie abitazioni. I karan, che nel dialetto locale significa "alveari", sono scavati all'interno di rocce di origine vulcanica, il Sahand è un vulcano spento. Originariamente utilizzati come riparo per difendersi dall'avanzare delle orde di Mongoli, ora sono abitazioni a più piani del tutto efficienti nel riparare dalle temperature esterne. Le ceneri vulcaniche compresse che formano le pareti sono infatti perfetti isolanti naturali. Il villaggio di Kandovan ha una moschea, delle terme pubbliche, una scuola ed un mulino. Anche la moschea è ricavata all'interno di un Karan. La caratteristica dei Karan è che al contrario delle altre case tipiche iraniane si sviluppano molto in altezza. Alcuni arrivano ad essere di tre o quattro piani; al pian terreno ci sono di solito le stalle ed ai piani superiori le stanze per la famiglia. Di solito al quarto piano di questi Karan vi è la dispensa.Il villaggio ha più di 700 anni ma continua a esercitare un fascino fiabesco.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)




    Published by DL Cade
    https://iso.500px.com/best-of-2014-top-10-fine-art-photos/



    Splendida creatura, con occhi lunghi e profondi,
    i tuoi brusii sono magici,
    si confondono con il fruscio delle foglie,
    ogni tuo respiro è emozione per il mio cuore,

    vorrei poter appoggiare la mia mano sul tuo manto,
    fare vibrare le mia dita sulla tua groppa,
    sfiorare le tue corna, che sono la tua corona da re,

    cerchiamo tanto la felicità.
    ma volte è solo questione di un incontro,
    un ritrovo tra i boschi colorati,
    di un autunno malinconico e silenzioso,
    attimi di sguardi, tra creature diverse,
    nella brezza del vento,
    tra le foglie che cadono silenziose, e il mormorio,
    di un chiaro ruscello, tra le rocce,
    per essere contenti, abbiamo bisogno di cose semplici,
    che toccano il cuore,
    e tu, piccolo cervo, sei il dolce pensiero [..]
    (Daniela Cesta)



    Edited by gheagabry - 7/1/2016, 01:20
  10. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 6° SETTIMANA 053 (Edizione Speciale Capodanno 2015)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Giovedì, 31 Dicembre 2015
    S. SILVESTRO PAPA

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    Settimana n. 53
    Giorni dall'inizio dell'anno: 365/0
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    A Roma il sole sorge alle 07:38 e tramonta alle 16:48 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 08:04 e tramonta alle 16:48 (ora solare)
    Luna: 11.06 (tram.) 23.09 (lev.)
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    Proverbio del giorno:
    Per san Silvestro tieni pieno il canestro.
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    Aforisma del giorno:
    L'ansietà è uno dei maggiori traditori che la vera virtù e soda devozione possa mai avere; finge di riscaldarsi al bene operare, ma non lo fa, se non per raffreddarsi, e non ci fa correre, per farci inciampare e per questo bisogna guardarsene in ogni occasione, particolarmente nell'orazione; e per meglio riuscirci, sarà bene ricordarsi che le grazie ed i gusti dell'orazione non sono acque della terra ma del cielo, e che perciò tutti i nostri sforzi non bastano a far cadere, benché sia necessario il disporsi con grandissima diligenza sì, ma sempre umile e tranquilla: bisogna tenere il cuore aperto verso il cielo, ed aspettare di là la celeste rugiada.
    (S. Pio da Pietrelcina)









    RIFLESSIONI



    ... “SIAMO TUTTI ONDE” …
    ... Il suono della piccola onda ritmava l’attesa; fermo sulla piccola barca nel mezzo del mare aperto ascoltava il silenzioso e ritmato scorrere del tempo. Aveva remato tutto il giorno per arrivare in quel luogo. “Quale luogo?” Era la domanda che per tutto il giorno si era domandato; “come capirò quando sono arrivato a destinazione?”. Un sogno lo aveva accompagnato la notte precedente; immagini confuse, un breve viaggio, una piccola barca e il mare aperto. Non era estate, era inverno pieno; anzi era la notte dell’ultimo giorno dell’anno. Nella sua vita aveva sempre seguito i segnali che gli giungevano; una vita vissuta tra il sogno e la realtà, tra la ricerca della felicità, delle risposte alle mille domande sulla sua esistenza e lo scorrere del tempo. Spesso si sentiva fuori luogo, in quel mondo fatto di logiche e razionalità portata all’eccesso. Cercava in ogni momento la risposta alla domanda che da quando aveva ricordi concreti lo assillava. “Quale è il senso del nostro vivere?”, e soprattutto, “quale è la strada per la felicità?”. Così quella notte sognò di una barca nel mare e di una attesa tranquilla lasciandosi cullare dalle onde del mare. Si distese sul fondo della piccola barca, e, poggiando involontariamente l’orecchio sul legno della barca si lasciò portar via dai pensieri e fu “rapito” da una insolita cosa. Inizialmente il suono delle piccole onde sulla chiglia era indefinibile, poi ascoltandolo con attenzione divenne sempre più chiaramente un brusio di voci e infine una nenia. “Siamo tutti onde” diceva quella melodia. Siamo tutti onde e lasciamo tutti una scia, una traccia nel nostro passaggio. Sorrise a questa melodia e senza pensarci molto disse “Anche io sono un’onda?” La melodia divenne ancora più dolce, delicata; “certo; ogni essere vivente è a suo modo un’onda”. “Tutti lasciano al loro passaggio, in un momento o in tutta la vita un segno che lascia la traccia del nostro esistere.” Che bel pensiero; sussurrò l’uomo disteso sulla piccola barca. Non capiva però come mai fosse stato attratto in quel luogo e soprattutto quelle due domande che si ripeteva ogni giorno non avevano avuto risposta. “Siamo tutti onde!” La nenia ripeteva delicatamente questa frase una, dieci, tante volte. L’uomo incuriosito ribattè; “ma quale è il senso del nostro esistere, e soprattutto quale è la chiave, la strada per raggiungere la felicità?”. “Aspettavo queste tue domande; sei qui proprio perché voglio rivelarti delle cose su queste tue domande. Il senso del nostro esistere, è nella frase che ti ripeto spesso. Noi siamo onde e il senso del nostro vivere deve essere proprio quello di lasciare un segno del nostro passaggio. Sai cosa ci rende felici, e soprattutto, sai cosa ci fa essere onde e non polvere?”. “Onde, polvere? Non capisco!” L’uomo non comprendeva appieno il senso di quelle parole. “Spiegatemi per favore; cosa differenzia l’onda dalla polvere?” “E’ semplice”, rispose la melodia; “la polvere passa e vola via e spesso il suo esistere non lascia traccia se non per un attimo, per un breve tempo. Il suo esistere è anonimo, triste, senza un senso vero. L’onda invece vive felice perché sa che il suo passaggio lascia un suono, una scia, un motivo per essere ricordata, ma soprattutto ha tale e tanta forza in se stessa che si rigenera all’infinito.” L’uomo abbozzò un sorriso e “Quindi?” chiese con rapita attenzione. “Il segreto, la chiave, la via per la felicità è quella di vivere con la consapevolezza che il nostro passaggio lascerà un segno e che soprattutto una volta lasciato un segno, dobbiamo essere pronti e felici di prepararci a lasciarne altri per sempre”. L’uomo si alzò in piedi sulla barca, scrutò l’orizzonte, fuochi d’artificio lo illuminavano; il nuovo anno era arrivato e lui distendendo le braccia al cielo tirò un respiro profondissimo e sussurrò: “siamo tutti onde se viviamo con la consapevolezza di lasciare un segno e soprattutto che siamo immortali perché il segno che lasciamo non sparirà mai nei cuori, nelle menti di chi ci vuol bene e delle persone che vogliono bene a chi ce ne vuole. Come un’onda che si propaga il nostro segno si irradierà ovunque e si rianimerà proprio come il moto delle onde nel mare.” Si sedette e iniziò a remare per tornare a terra, “Grazie per la lezione; ora ho capito ciò che sentivo di dover sapere”. “Grazie a te; quello che stanotte hai sentito si tramanderà come un onda … perche SIAMO TUTTI ONDE IN QUESTO MARE CHE SI CHIAMA VITA” .… Buon Capodanno amici miei…felici 2016 a tutti … (Claudio)






    DUE GOCCE D'OLIO
    Un mercante inviò suo figlio ad apprendere il segreto della felicità con il più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo camminò per quaranta giorni attraverso il deserto, fino a raggiungere un bel castello in cima a una montagna. Lì viveva il saggio che il ragazzo cercava.
    Ciò nonostante, invece di incontrare un sant’uomo, il nostro eroe entrò in una sala nella quale gli si parò dinnanzi un’attività frenetica: mercanti che entravano ed uscivano, persone che conversavano ad ogni angolo, una piccola orchestra che suonava melodie soavi ed una tavola molto ben apparecchiata con i piatti più deliziosi di quella regione del mondo.
    Il saggio conversava con tutti ed il ragazzo dovette aspettare due ore prima di essere ricevuto.
    Con molta pazienza, il saggio ascoltò attentamente il motivo della visita del giovane, però gli disse che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il Segreto della Felicità.
    Gli suggerì di fare una passeggiata per il palazzo, e di ritornare dopo due ore.
    -Ad ogni modo, ti chiederò un favore, aggiunse, consegnando al ragazzo un cucchiaino da tè nel quale lasciò cadere due gocce di olio-. Mentre stai camminando, porta con te questo cucchiaio senza rovesciare l’olio.
    Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo senza togliere lo sguardo dalle gocce d’olio. Due ore più tardi ritornò davanti al saggio.
    -Allora-, domandò il saggio, hai già visto gli arazzi persiani che sono nella mia sala da pranzo? Hai visto il giardino che al Maestro dei giardinieri sono serviti dieci anni per completarlo? Hai notato che belle le pergamene della mia biblioteca?
    Il ragazzo vergognandosi confessò che non aveva visto nulla di questo. La sua unica preoccupazione era stata di non versare le gocce d’olio che il Saggio gli aveva dato in consegna.
    “In questo caso torna a conoscere le meraviglie del mio mondo” disse il Saggio. Non puoi avere fiducia di qualcuno se non conosci la sua casa.
    Più tranquillo il giovane prese nuovamente il cucchiaino e tornò a passeggiare per il palazzo, questa volta concentrandosi su tutte le opere d’arte che pendevano dal tetto e dalle pareti. Vide i giardini, le montagne vicine, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con la quale ogni opera d’arte era stata collocata al suo posto.
    Alla fine nuovamente davanti al saggio gli raccontò nei dettagli tutto ciò che aveva visto.
    -Ma dove sono le due gocce di olio che ti ho affidato? - domandò il Saggio.
    Osservando il cucchiaio, il giovane si rese conto di averlo versato.
    -Allora questo è l’unico consiglio che posso darti, disse il più Saggio dei Saggi-. Il segreto della felicità sta nel sapere ammirare tutte le meraviglie del mondo, senza mai dimenticarsi delle gocce d’olio nel cucchiaino.
    (Tratto da “L’Alchimista”. P. Coelho)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    L'anno nuovo

    Indovinami, indovino,
    tu che leggi nel destino:
    l’anno nuovo come sarà?
    Bello, brutto o metà e metà?
    Trovo stampato nei miei libroni
    che avrà di certo quattro stagioni,
    dodici mesi, ciascuno al suo posto,
    un carnevale e un ferragosto,
    e il giorno dopo il lunedì
    sarà sempre un martedì.
    Di più per ora scritto non trovo
    nel destino dell’anno nuovo:
    per il resto anche quest’anno
    sarà come gli uomini lo faranno.
    (Gianni Rodari)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    L'elefantino Nico

    Una volta, in un piccolo villaggio africano, viveva un popolo con gente tranquilla e molto affiatata tra loro.
    Insieme a queste persone, viveva anche un piccolo elefante, di nome Nico.
    Era un elefantino molto simpatico, che giocava sempre con i bambini del villaggio e inoltre aiutava i villeggianti nel portar a loro il cibo, l'acqua dal fiume, e quando avevano bisogno gli faceva fare la doccia con la sua proboscide. Insomma, era apprezzato da tutti.
    Allo stesso tempo, in un paese europeo, c'era un circo molto importante, il più importante d'Europa.
    Però in questo circo, gli elefanti che ne facevano parte, erano tutti vecchi e malconci e c'era bisogno di reclutarne altri.
    Cosi, il direttore del circo, insieme al suo staff, andarono in Africa con l'aereo, per cercare di trovare degli elefanti nuovi.
    Girovagarono per molti paesi, ma non trovarono nessun elefante che gli andasse bene.
    Allora, per caso, capitarono vicino a quel piccolo villaggio, e il direttore appena mise piede a terra, vide che c'era questo elefantino che stava giocando e intrattenendo i bimbi del villaggio. Restò a guardarlo ancora un po', e successivamente vide che l'elefantino era andato a prendere l'acqua al fiume per riempire le varie brocche. Poi notò che era andato a procurare dei succulenti frutti al popolo e infine che alcuni volevano farsi la doccia con la sua proboscide.
    "Questo elefante fa proprio al caso mio" pensò il direttore.
    Allora, sicuro di se', andò a parlare dal capo villaggio e gli disse: "Ho notato che avete un elefantino niente male...vi porta da mangiare, vi fa fare la doccia, è un gran giocherellone.." "Eh si, è il nostro cucciolone." "Senta, io sono proprietario di un circo molto famoso in Europa, sono alla ricerca continua di elefanti perché non ne ho più... ho girovagato per l'Africa ma non ho trovato nessuno finchè sono capitato qua per caso. Il vostro elefantino farebbe al caso mio, ve lo tratterò bene non preoccupatevi"
    "Mi spiace signore, ma lui resta con noi assolutamente"
    "Ma io sfrutterei al massimo il suo potenziale e poi voi se avete bisogno di qualcosa, io ve lo posso procurare... chiedetemi quel che volete".
    Il Capo villaggio convocò gli altri abitanti, per sapere cosa ne pensavano, ma tutti risposero allo stesso modo: "l'elefantino non si tocca, nessuno ha valore quanto lui".
    Il direttore del circo, se ne andò arrabbiato e disse "non finirà qui!" e si incamminò verso l'aereo, ma non ripartì.
    Quando calò la notte e tutti andarono a dormire, il direttore si avvicinò all'elefantino, che stava beatamente dormendo vicino a un albero, e iniettandogli un sonnifero lo caricò sull'aereo e spiccò il volo.
    Alla mattina, il popolo africano, che era abituato alla sveglia di Nico, non udì niente, così il capo villaggio si alzò più tardi del solito e vide che Nico non era nella sua solita postazione. Preoccupato, cominciò a chiamarlo, e insieme agli altri del villaggio si misero a cercarlo. Ma senza risultato. Poi, più in là, scorse una scia di terra lasciata da delle ruote e capì che erano quelle dell'aereo: il direttore del circo se l'era portato via! Tutti caddero in disperazione.
    Nel frattempo, il direttore del circo, entusiasta per aver portato a termine la sua missione, annunciò a tutta la città che nel fine settimana ci sarebbe stato un grande spettacolo al circo, e che il nuovo elefante avrebbe fatto entusiasmare tutti. Quando arrivò il momento della serata, il direttore cercò di spronare Nico, ma la sua faccia triste faceva intuire che non era proprio entusiasta. Il tendone era colmo di gente, tutta impaziente di vedere all'opera il nuovo pachiderma.
    Il direttore lo annunciò con grande enfasi: "ed ecco a voi il super, magnifico e geniale elefante...Nicooooo!" Tutti applaudirono, ma Nico aveva un aspetto tutt'altro che allegro. Il direttore spiegò al pubblico i numeri che avrebbe fatto Nico: magie con le palline, salti nei cerchi e per finire il numero più incredibile: portare dei bicchieri pieni di bevanda a ogni singolo spettatore.
    Il direttore, dopo aver presentato il primo numero da fare, diede lo start, ma Nico dopo aver preso le palline, non fece niente e se ne restò immobile. Il direttore cominciava a sudare freddo e il numeroso pubblico stava cominciando a mugugnare. Allora il direttore passò a presentare il secondo numero, ma anche qua Nico non si schiodò dalla sua posizione.
    Il pubblico stava cominciando a perdere la pazienza. Allora il direttore, per cercare di salvare il suo show esclamò: "Per Nico questi son numeri banali, per questo non ve li ha mostrati, ma vedrete che adesso vi stupirà e non poco. Forza Nico, porta da bere al pubblico come sai fare tu!" Ma Nico anche questa volta non voleva saperne di collaborare.
    Il direttore allora perse la pazienza, si avvicinò all'elefante e lo insultò urlandogli, dicendo che se non avrebbe fatto il numero lo avrebbe picchiato. Nico, a queste parole, si avvicinò con calma al tavolo dove c'erano i bicchieri con le bevande e con un violento colpo di proboscide fece rovesciare tutto il tavolo addosso al direttore!
    Cercò di corrergli dietro, ma lui scappò fuori dal tendone a gambe levate. Il pubblico, scioccato e spaventato, entrò in pista e chiese ai membri dello staff come mai l'elefante si era comportato così.
    I collaboratori del direttore spiegarono tutto e il pubblico, inferocito per quella storia, minacciò e obbligò loro di riportare il piccolo al suo popolo. Così i collaboratori, senza il direttore (di cui non si ebbero più notizie) riportarono Nico nel suo villaggio, e appena il popolo vide quell'aereo con a bordo l'elefantino corsero ad abbracciarlo piangendo di felicità.
    Così il piccolo Nico era tornato a casa sua e tutti ne erano felici.

    (Stefano De Rossi)



    ATTUALITA’


    Dal Nord al Sud, a Capodanno concerti per tutti.

    Si riempiono le piazze, ma tanti appuntamenti anche indoor. Dal Nord al Sud concerti in piazza per tutti i gusti a Capodanno.

    MILANO - In piazza Duomo con il consueto concerto gratuito che quest'anno vedrà protagonista la musica di Caparezza. Spazio anche al dj set de I Distratti e al desert blues del chitarrista e cantautore nigeriano Bombino. Al Blue Note sarà in cartellone Angels in Harlem Gospel Choir, spazio anche alla scena elettronica internazionale al Fabrique Club dove andrà in scena una serata con il dj e produttore tedesco Fritz Kalkbrenner, star mondiale della techno. All'Alcatraz è previsto un viaggio nel tempo dai beat psichedelici degli anni 70 alla disco anni 80 fino ad approdare negli anni '90.

    ROMA - Il Concertone di Capodanno andrà in scena al Circo Massimo con Edoardo Bennato e i Negramaro. Tra gli eventi in città ci sono le sonorità techno house del Capodanno Amore Festival ospitato, fino al 2 gennaio, alla Fiera di Roma. In consolle dj star come Ricardo Villalobos, Paul Ritch e Dave Clarke. Musica elettronica in scena anche al Cosmo Festival 2016 NYE che si articolerà in tre diverse location: il Palazzo delle Arti Antiche, Spazio 900 e il Salone delle Fontane. In consolle alcuni dei migliori dj europei da Loco Dice a Tale Of Us, Chris Liebing, Ralf, Ben Clock, Gary Beck, Answer Code Request, Maceo Plex e Lory D. Serata Gospel all'Auditorium Parco della Musica con The South Carolina Mass Choir.

    MANTOVA - Concerto in piazza con i Negrita per la città che sarà capitale della Cultura nel 2016.

    TORINO - E' un Capodanno in piazza con la musica per banda, dalla banda d'Avola ai ritmi balcanici fino al rocksteady della Bandakadabra in attesa di Vinicio Capossela con la Banda della Posta e la partecipazione della Banda della Città di Calitri e dei Los Mariachi Mezcal. BOLOGNA - Anche quest'anno va in scena Dallalto, lo show ospitato sul balcone centrale di Palazzo del Podestà, con il dj set di Machweo, il progetto dell'artista Giorgio Spedicato e Carl Barât, frontman dei Dirty Pretty Things e compagno d'avventure di Pete Doherty con i Libertines. PARMA - Va in scena in piazza il dj set di Giorgio Moroder.

    RIMINI - In programma Il Capodanno più lungo del mondo, alla quinta edizione, con un cartellone ricco di eventi. Momento clou, il concerto gratuito in piazzale Fellini che quest'anno avrà per protagonista Luca Carboni.

    FIRENZE - Quattro concerti gratuiti in altrettante location. Piazza de' Pitti ospiterà i concerti di Irene Grandi e di Alessandro Mannarino. A Piazza San Lorenzo si esibirà Sarah Jane Morris. In piazza Signoria spazio ai valzer viennesi con l'Akademic Orchestra di Chernivtsi mentre piazza Santissima Annunziata ospiterà il concerto gospel con la corale The Cleveland Gospel Singer.

    ORVIETO - Tutto ruota attorno alla maratona organizzata da Umbria Jazz Winter: dalle 21 alle 2 ci saranno Allan Harris, Larry Franco Quartet, Kurt Elling con Rosario Giuliani, i Funk Off. NAPOLI - NapoliGrandeSpettacolo è l'evento di Capodanno che la città dedica a Pino Daniele. Protagonisti del concerto gratuito in piazza Plebiscito saranno Enzo Avitabile & Bottari, Max Gazzè e diversi ospiti, tra i quali Nello Daniele, che ricorderà il fratello Pino, Daby Tourè, Rino Zurzolo e Tony Esposito.

    BARI - Diretta tv per il concerto di Gigi D'Alessio con ospiti The Kolors, Dear Jack, Briga, Anna Tatangelo, Bianca Atzei, Jordi Coll, Gianluca Grignani, Dolcenera, Benji e Fede.

    PALERMO - Antonella Ruggiero e Mario Biondi sono i principali protagonisti del concerto in piazza.

    SARDEGNA - Per il Cap d'any di Alghero il palco allestito al Molo Dogana é per Elio e le Storie Tese, a Olbia sono attesi al Molo Brin i Subsonica. Castelsardo festeggia il Capodanno con Francesco De Gregori, Sassari con i Tiromancino. Cagliari punta ancora una volta sulla formula del Capodanno diffuso: concerti, installazioni, video mapping, luci architetturali. Notte di San Silvestro con la storica band dei Nomadi, invece, ad Arzachena. La Maddalena ha scelto il rapper italiano Marracash per la notte più lunga dell'anno.

    LE ALTRE - Jovanotti sabato e domenica è in cartellone al Palasport Tupello di Acireale (CT), martedì e mercoledì al PalaMaggiò di Castel Morrone (CE). Paola Turci sabato canta al teatro Comunale Curci di Barletta e mercoledì al teatro Garibaldi di Enna. Tullio De Piscopo in concerto lunedì al Cineteatro Armida di Sorrento (NA). Il Volo mercoledì è in concerto al Pala Maggetti di Roseto degli Abruzzi (TE).
    (Ansa)





    Cenone di Capodanno, si spenderà di più. Torna voglia di viaggi.

    Indagine di Swg e Confesercenti: spesa totale 2,5 miliardi di euro, in rialzo di 140 milioni rispetto al 2014. La spesa totale per il cenone di Capodanno raggiungerà quest'anno i 2,5 miliardi di euro, in rialzo di 140 milioni rispetto all'anno scorso. E' quanto emerge da un'indagine di Swg e Confesercenti secondo cui è tornata "la voglia di spendere per il cenone di San Silvestro" con la ripresa economica. Inoltre, "riprende quota, pur timidamente, la vacanza in viaggio tra Italia ed estero". Quelli che si muoveranno in Italia passano dal 5 all'8% mentre quelli che andranno all'estero dal 2 al 3%.

    Il sondaggio evidenzia che la tavola resta sempre il luogo preferito dagli italiani per festeggiare: la voglia di rispettare le tradizioni gastronomiche supera infatti anche le preoccupazioni seguite all'allarme lanciato dall'Oms che per l'occasione verrà ignorato dall'84%, mentre raddoppia quasi (dal 13% del 2014 al 25%) la quota di coloro che destineranno alle gioie del palato tra 126 e 250 euro, e sale dall'1 all'8% quella dei goderecci, pronti a destinare al cenone oltre i 250 euro, tra zamponi, cotechini, caviale, dolci e naturalmente spumanti e champagne. Mentre il 67% spenderà per imbandire l'ultima tavolata del 2015 tra 75 e 125 euro. Chi si metterà in viaggio sul territorio nazionale preferirà invece quest'anno i piccoli centri d'arte, a scapito delle grandi città, come Roma, Firenze, Venezia, penalizzate dalla preoccupazione per possibili azioni terroristiche. Tra le regioni più gettonate ci saranno soprattutto l'Umbria e la Toscana. Il timore per attentati terroristici spinge coloro che andranno all'estero verso mete "più tranquille" come Canarie, Caraibi e Tailandia piuttosto che Egitto e Mar Rosso, come da tradizione. ‬
    (Ansa)





    A Capodanno 190 milioni di brindisi italiani all'estero, è record.

    Coldiretti, esportazioni superano un miliardo di euro. Per le sole festività di fine anno saranno 190 milioni le bottiglie di spumante italiano stappate all'estero. E' la stima di Coldiretti, che parla di record storico per lo spumante 'Made in Italy': si registra un balzo del 13% nelle bottiglie esportate, sulla base dei dati Istat nei primi nove mesi del 2015 sul commercio con l'estero dove si beve la maggioranza dello spumante prodotto in Italia.

    Il risultato delle feste di fine anno - spiega Coldiretti - consente alle esportazioni di spumante italiano di superare per la prima volta nel 2015 il valore del miliardo di euro. Anche in Italia si registra dopo sette anni di riduzioni una svolta positiva con 52 milioni di tappi di spumante Made in Italy che salteranno nelle feste di fine anno, in aumento del 4% per cento. Fuori dai confini nazionali - sottolinea l'associazione - non sono mai state richieste cosi tante bollicine italiane come quest'anno.

    La domanda è cresciuta del 48% in Gran Bretagna e del 22% negli Stati Uniti che si classificano rispettivamente il primo ed il secondo mercato di sbocco delle bollicine italiane che pero' vanno forte anche in Germania (+5%), al terzo posto. E le richieste - precisa Coldiretti - sono aumentate del 9% anche da parte dei cugini francesi, sempre molto nazionalisti nelle scelte della tavola.

    Nella classifica delle bollicine italiane piu' consumate nel mondo ci sono nell'ordine il Prosecco, l'Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Quest'anno - sostiene l'associazione - all'estero si stapperanno piu' bottiglie di spumante italiano che di champagne francese. A pesare sul successo è il fatto che crescono anche le imitazioni in tutti i continenti a partire dall'Europa dove sono in vendita bottiglie di Kressecco e di Meer-Secco prodotte in Germania, richiamano palesemente il nostrano Prosecco che viene peraltro copiato dalla Russia al Sudamerica.
    (Ansa)




    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA A CAPODANNO …



    <i>S'io fossi il mago del Natale
    farei spuntare un albero di Natale
    in ogni casa, in ogni appartamento
    dalle piastrelle del pavimento!
    (Gianni Rodari)


    L'ORIGAMI TREE



    A New York, oltre al famosissimo Rockefeller Center Christmas Tree, esiste un albero di Natale particolare, l'Origami Tree che si trova al Museo di Storia Naturale.
    E' un albero decorato con più di 500 origami ed ogni anno ha un tema diverso sempre legato alla natura e al suo mondo. Questo splendido albero è uno dei pilastri del rapporto tra OrigamiUSA e il Museo di Storia Naturale. Le figure di origami piegati, sono inviati dagli utenti e appassionati di origami provenienti da tutto il mondo. E' una tradizione natalizia che si ripete tutti gli anni da più di trent'anni.
    Il tema di albero di quest'anno è "Mighty di Vita microscopica".
    I volontari di OrigamiUSA hanno iniziato a creare questi piccoli capolavori di carta a partire dalla scorsa estate: ogni ornamento richiede in media circa 10 ore.





    "Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva,
    si gusta, si sorseggia e… se ne parla."
    (Edoardo VII)


    La storia del Vin Brulé



    ll vin brulè classico è una bevanda secca, mediamente alcolica (11-14%), dal profumo e gusto delicatamente speziati. Il nome cambia a seconda il Paese, in inglese viene chiamato mulled wine, in francese vin chaud, in tedesco gluhwein, e nei Paesi Scandinavi glogg.
    La sua preparazione ha come ingrediente principale un vino rosso da tavola corposo. Tutti gli ingredienti (il vino rosso, la cannella, i chiodi di garofano, la scorza d'arancio e un pizzico di noce moscata) vengono messi in un pentolone, riscaldati a fuoco lento fino a che non iniziano a bollire e infine infiammati con un bastoncino di legno infuocato per far evaporare un po' l'alcol e per dare alla bevanda quel tipico sapore di affumicato, da cui deriva il nome "brulè", cioè bruciato. Viene spesso preparato anche con l'aggiunta di Porto, di Cognac o Brandy, o di Vodka nei Paesi Scandinavi; viene aromatizzato con molte varietà di spezie a seconda dei gusti, a volte l'arancia viene sostituita dal limone o dal mandarino, e si può aggiungere zenzero, miele e vaniglia per renderlo più dolce.

    Gli antichi romani onoravano a tal punto il dio Bacco da aggiungere al vino, nei freddi giorni invernali, miele, pepe, alloro e zafferano in dosi generose alla loro bevanda Conditium Paradoxum, la cui ricetta è contenuta nel "De re coquinaria", il ricettario del famoso buongustaio Apicio, patrizio romano contemporaneo di Tiberio, raffinato gastronomo e maestro di arti culinarie. Nel Medioevo si consumavano vini speziati freddi, come l'Ipocras (sinonimo di ippocrasso). Successivamente, nel silenzio dei conventi, i Frati lo elaborarono, arricchendolo d'erbe e di spezie. Ma il “Glühwein”, il “vero” vin brulé, a detta dei tedeschi, dovrebbe contenere soltanto bastoncini di cannella e vaniglia, fette d’arancia e chiodi di garofano.

    Ha numerose proprietà benefiche: è corroborante, riscaldante e disinfettante. Storicamente in Francia era chiamato "Il Vino Dei Poeti di Strada" in quanto, nelle lunghe serate invernali, trovavano il giusto conforto e ispirazione per le loro rappresentazioni teatrali nelle Vie Parigine di fine 800 e 900.

    Il costume di bere del vino cotto si diffuse soprattutto tra le popolazioni alpine e i paesi europei freddi. In Polonia viene del miele, mentre in Scandinavia insaporiscono il Glögg con una goccia di Korn (un superalcolico derivato dai cereali) o di Vodka. Questo punch alla svedese si riallaccia a sua volta all’antica tradizione del punch in India. Gli Inglesi della Compagnia delle Indie Orientali, nel XVII secolo importarono il mix hindù di Arrak (liquore di canna da zucchero), zucchero, limone, tè, spezie ed acqua.

    Apicio descrive così la preparazione del "Conditum paradoxum":

    «Si mettono sedici libbre di miele nel vaso di bronzo, dove precedentemente sono stati versati due sestari di vino di modo che il vino si riduca durante la cottura del miele. Si fa scaldare su un fuoco dolce di legna ben secca e durante la cottura si mescola con un bastoncino, se ricomincia a bollire si rompe la bollitura con una spruzzata di vino, ma il liquido cessa di bollire anche quando si toglie dal fuoco. Quando si è raffreddato lo si rimette sul fuoco, si procede così per due o tre volte. Alla fine lo si toglie dal fuoco e lo si schiuma il giorno successivo. Allora si aggiunge quattro once di pepe tritato, tre scrupoli di mastice, una dragma di foglie di nardo e una di zafferano, cinque noccioli tostati di datteri e i datteri ammollati nel vino, s'innaffia dapprima con vino di qualità e in quantità sufficiente affinché l'impasto risulti dolce. Compiuta questa operazione, si versi sul tutto diciotto sestari di vino dolce, si metterà poi nel composto ottenuto i carboni ardenti».

    Il Feuerzangenbowle


    Feuerzangenbowle è una tradizionale bevanda alcolica germanica, spesso preparata nel periodo natalizio e per l'arrivo del nuovo anno.Letteralmente significa "punch con pinze infuocate".

    Si dice che il Feuerzangenbowle derivi dal liquore di bacche di ginepro di una fabbrica di Danzica, dal nome alquanto musicale di Krambabuli. A causa del colore simile e sicuramente anche della ridotta capacità di ragionare, i due termini venivano usati come sinonimi negli ambienti studenteschi del XIX secolo. La tradizione studententesca si è mantenuta fino ad oggi ed ha raggiunto lo status di un culto grazie soprattutto al film Die Feuerzangenbowle di Heinz Rühmann (1944), tratto dall’omonimo romanzo di Hans Spoerl. Ancora oggi il film viene trasmesso nel periodo prenatalizio e gli studenti vanno nelle aule per festeggiare l’evento con gli oggetti che lo simbolizzano: candele, sveglie coronata da una bevuta dalle provette.

    Per la preparazione della bevanda serve un'attrezzatura del tutto simile a quella che serve per preparare la fonduta. La scodella è riempita con vino rosso speziato con cannella, chiodi di garofano e bucce d'arancia. Poi viene posta sulla sommità della scodella una Feuerzange (pinza da fuoco, dalla vaga forma di grattugia), su cui viene appoggiato il Zuckerhut (blocco di zucchero a forma di cono). Al blocco di zucchero, impregnato di rum ad altissima gradazione, si dà fuoco, in modo tale che lo zucchero, caramellandosi, vada a cadere dentro il vino rosso che contemporaneamente si scalda.

    .....
    www.gustosamente.com/

    (Gabry)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    "Cari bambini questa è una storia molto speciale.
    E’ una storia speciale perché ogni
    personaggio della storia ha la voce di uno strumento musicale ..."


    PIERINO E IL LUPO



    Compositore Sergej Prokof'ev
    Tipo di composizione fiaba musicale
    Numero d'opera op. 67
    Epoca di composizione Unione Sovietica 1936
    Organico
    voce recitante e orchestra



    Nel 1936 il Teatro Centrale dei Bambini di Mosca commissionò a Prokof'ev la stesura di una nuova opera musicale per bambini. Il compositore accettò, incuriosito dal particolare incarico e in soli quattro giorni completò il lavoro.
    Il debutto avvenne il 2 maggio 1936 con esito negativo. Prokof'ev non poteva prevedere l'enorme successo che avrebbe avuto, negli anni a seguire, la sua opera diventata un classico.

    Ogni personaggio della storia è rappresentato da uno strumenti musicale:
    Pierino è rappresentato dall'insieme d'archi dell'orchestra;
    l'uccellino dal flauto;
    l'anatra dall'oboe;
    il gatto dal clarinetto;
    il nonno dal fagotto;
    il lupo dai tre corni;
    i cacciatori dai legni e gli spari dei loro fucili dai timpani.

    TRAMA



    Pierino è un bambino vivace che conosce un uccellino, un'anatra ed un gatto quando ad un certo punto si aggira nei boschi un lupo feroce. Pierino decide di eliminare il lupo, ma il suo irritabile nonno gli impedisce di svolgere tale impresa perché la considera troppo pericolosa e, non venendo ascolto dal nipote, lo trascina nel giardino e chiude il cancello con un lucchetto per impedirgli di uscire. Da lì, Pierino vede l'anatra farsi una nuotatina e il gatto cercare di catturare il povero uccellino che si rifugia sui rami di un albero, ma in quel momento arriva il lupo che si aggira nei boschi, ed il gatto, impaurito, raggiunge l'uccellino sull'albero senza essere animato dalle precedenti intenzioni. L'anatra, presa dal panico, corre sulla riva del lago, ma viene mangiata dal lupo. Pierino assiste alla scena, mentre l'uccellino svolazza davanti al muso del lupo per distrarlo. Successivamente l'uccellino va ad avvertire dei cacciatori, dicendo loro che Pierino sta rischiando di venire mangiato dal lupo, ma il bambino nel frattempo prende e lega una robusta corda alla coda del lupo, e annoda l'altro capo ad un ramo dell'albero. Il lupo vomita l'anatra salvatasi dalla masticazione e in quel momento arrivano i cacciatori a suon di spari, ma Pierino fa notare loro che il lupo ormai è già stato sconfitto e tutti insieme rientrano in paese in un corteo trionfale.


    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO


  11. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 6° SETTIMANA 052 (21 Dicembre – 27 Dicembre 2015)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Giovedì, 24 Dicembre 2015
    S. DELFINO

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    Settimana n. 52
    Giorni dall'inizio dell'anno: 358/7
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    A Roma il sole sorge alle 07:36 e tramonta alle 16:43 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 08:02 e tramonta alle 16:43 (ora solare)
    Luna: 6.07 (tram.) 16.17 (lev.)
    Marte sorge alle 1.58 e tramonta alle 13.06. Distanza: km 263.000.000 . Parte illuminata: 91,8 %.
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    Proverbio del giorno:
    Nella coda sta il veleno.
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    Aforisma del giorno:
    La castità è il miraggio degli osceni.
    (Ennio Flaiano)









    RIFLESSIONI



    ... “CIAO, sono una matita”…
    ... La mia punta è fina, affilata. Sono pronta per essere usata e per fare in modo che il mio segno lasciasse sul candido spazio, segni che facessero diventare visibili cose che non lo sono. Mani esperte a volte mi hanno afferrato con grazia, con professionale competenza e bravura lasciando segni indelebili non solo sul candido foglio ma soprattutto nelle menti e nelle anime che hanno saputo leggere dentro ciò che il mio segno ha mostrato. Mani forti, a volte sgraziate hanno prodotto segni usando la mia punta affilata che erano talmente forti da graffiare il bianco foglio. Ho sempre sognato di poter decidere io cosa segnare col mio tratto, ho pregato affinchè arrivasse il giorno in cui avrei potuto decidere io cosa scrivere e non segnare o produrre cose che quelle mani decidevano. Sono una matita; lo avrete capito; sono una matita e vorrei una sola volta decidere ciò che disegnare, scrivere o lasciare come traccia mia personale su quel foglio. Ogni sera la matita lasciata nel porta penne della scrivania, faceva questo pensiero. Voleva avere un giorno, una opportunità di poter produrre un pensiero, un sentimento che fosse solo suo. Una luce scese quella notte sulla scrivania; il ragazzo che dormiva nella stanza si svegliò per un attimo per il gran bagliore, poi cadde di nuovo in un sonno profondo. La magia era avvenuta; la matita iniziò a rotolar via dal portapenne; incredula non realizzava cosa stesse accadendo. Rotolò fino ai piedi di un blocco di fogli bianchi; animata da una forza inspiegabile si drizzò puntando con la sua estremità sul foglio bianco e magicamente iniziò a muoversi da sola e sul foglio scrisse”Ciao matita, sono la magia del natale; ho ascoltato il tuo desiderio, oggi in questa sera magica voglio donarti la possibilità di coronare il tuo sogno; da ora, fino alle prime luci dell’alba potrai scrivere da sola ciò che vuoi senza nessuna mano che possa deicdere ciò che pensi e vuoi”. La matita ancora frastornata lesse con attenzione quello che aveva scritto. Felice comprese che aveva una opportunità irripetibile; poteva essere libera di scrivere ciò che desiderava. Le prime ore le passò lanciandosi sui fogli bianchi facendo volteggi, giri, cerchi e forme sensa senso. Magia pura, quelle forme erano l’immagine esatta della sua felicità. Pensava..”ora scriverò cose incredibili, lascerò una traccia di me che resterà nella storia”; passava il tempo, le ore, i fogli pieni di forme prodotte in totale libertà aumentavano ogni attimo, ma di scritte non se ne vedeva traccia. Si fermò pensando”ora è il momento, ora inizio a scrivere qualcosa”. Fece un punto enorme, ma non riusciva a dare forma ai pensieri, a scrivere qualcosa di straordinario così come aveva desiderato e sognato. Il tempo passava ma oltre quei ghirigori non riusciva a scrivere nulla. Quando la paura e la tensione giunsero al culmine, si poggiò lentamente su un fianco sul foglio; uscì una lacrima, e disse a voce alta”perché non riesco a scrivere nulla, eppure stasera ho coronato il sogno di una vita intera!”Quando l’euforia iniziava a lasciare il posto alla tristezza e delusione, improvvisamente si sollevò e senza alcun pensiero in testa iniziò a scrivere: “CIAO, sono una matita, questa sera ho coronato il sogno di tutta la mia vita. Pensavo, pretendevo di scrivere, di fare. Ho imparato però la lezione più bella; il dono avuto questa notte è stato bellissimo. Nella vita non si deve guardare alle forme, ma alle sostanze della cose che ci accadono. Stasera non è importante ciò che scrivo, è bello il solo fatto di poterlo fare, il fatto di poter essere liberi di poter coronare un sogno! CIAO, sono una matita e auguro a chiunque leggerà questo mio scritto di poter essere libero e poter coronare i sogni della propria vita”. Finito di scrivere, si adagiò sul foglio e rotolà lentamente verso il portapenne mentre dalla finestra nella stanza entrava il primo bagliore della mattina che arrivava. … Buon Natale amici miei…felici feste … (Claudio)






    BUON NATALE
    Nollaig Shona Dhuit! L'Irlanda ha degli usi particolari per molte cose e gli auguri di Natale non fanno eccezione.
    Feliz Natal / Boas Festas! Queste frasi vengono usate virtualmente in tutti i paesi in cui si parla il portoghese: dal Brasile in Sud America, fino a Timor Leste in Indonesia..
    Feliz Navidad! Buon Natale dal profondo del cuore in quasi tutti i paesi di lingua spagnola.
    Joyeux Noël! Per i francofoni.
    Frohliche Weihnachten! Farà sorridere i tedeschi e se ti trovi in Liechtenstein sarà comunque ben accetto.
    Buon Natale! È così che ci scambiamo gli auguri in Italia.
    Milad Mubarak!In Medio Oriente.
    Mo'adim Lesimkha! InIsraele.
    Gézuar Krishlindjet! In Albania.
    Sretan Bozic! Nell'Europa dell'Est.
    Merii Kurisumasu! Così dicono Buon Natale in Giappone.
    (Dal Web)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Inverno…

    Natale

    Non ho voglia di tuffarmi
    in un gomitolo di strade
    Ho tanta stanchezza
    sulle spalle
    Lasciatemi cosi
    come una cosa posata
    in un angolo
    e dimenticata
    Qui non si sente altro
    che il caldo buono
    Sto con le quattro
    capriole di fumo
    del focolare.
    (Giuseppe Ungaretti)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    IL SERPENTE CHE SALVO' GLI ANIMALI

    C'era una volta un serpentello di nome Biss, che non era ben visto dagli altri animali della savana, perchè secondo loro era brutto, viscido e lo consideravano inferiore perchè strisciava ai piedi di tutti.
    Biss sentiva che c'era molta diffidenza nei suoi confronti e per questo era parecchio triste, perchè non faceva nulla di male eppure era snobbato.
    Ma un giorno, nella savana, arrivarono alcuni cacciatori, che volevano sparare agli animali. I cacciatori non fecero distinzioni e cercavano di acchiappare qualsiasi animale che gli capitavano sotto tiro.
    Gli animali erano spaventati, cercavano di nascondersi, di scappare, alcuni attaccavano anche i cacciatori, ma questi erano più lesti e prima che venissero attaccati riuscivano sempre a sparare e qualche animale venne ucciso. La situazione si stava facendo preoccupante.
    Un giorno, il Leone, il Re della savana, decise di andare dal serpente Biss. Il rettile, si stupì nel vedere l'animale più rappresentativo che lo chiamava, e subito non capiva che cosa potesse voler da lui. Il leone quando incontrò Biss gli disse: “Innanzitutto volevo chiederti scusa a nome di tutti gli animali per come ti abbiamo trattato, però avremmo bisogno di un favore da te”.
    Biss rimase stupito e gli chiese che tipo di aiuto poteva mai dare a loro. Il leone spiegò la situazione che si era creata nella savana, con quei cacciatori che stavano facendo razzie. Biss disse “e io cosa posso fare per voi?”.
    Il leone gli rispose: “Ecco, vedi, i cacciatori riescono sempre a vedere dove siamo, e anche se li attacchiamo loro son velocissimi e riescono a spararci. Alcuni dei miei amici sono stati uccisi e altri come me sono vivi per miracolo. Tu che sei un animale strisciante, potresti coglierli di sorpresa perchè in mezzo all'erba alta non riescono a vederti e puoi attaccarli prima tu.”
    “E' un bel compito, impegnativo e difficile, ma per la salvezza di tutti noi posso provare a farlo”.
    Il leone lo ringraziò e decisero di appostarsi vicino a un grosso masso. Nel frattempo i cacciatori stavano avanzando lentamente in mezzo alla savana per cacciare. Il leone disse sottovoce a Biss: “avanza strisciando piano piano e avvicinati a loro, poi sai cosa fare”.
    Allora Biss, pian pianino, strisciando, si avvicinò ai piedi di uno degli uomini, e con un salto portentoso si elevò all'altezza della mano che stava tenendo il fucile e gli diede un morso fortissimo! Il cacciatore lanciò un urlò fortissimo che spaventò gli altri cacciatori che erano con lui, e vedendo quella scena scapparono via subito a gambe levate! Il serpente tentò di avvicinarsi a tutti gli altri cacciatori, ma ormai si erano defilati tutti.
    Da quel giorno nessun cacciatore mise più piede grazie all'intervento di Biss, e tutti gli animali della savana portarono grandissimo rispetto a quel serpente che non sarà il massimo della bellezza, ma aveva salvato loro la pelle.

    (Stefano De Rossi)



    ATTUALITA’


    Prima foto dell'asteroide di Natale.

    Passerà a 11 milioni di chilometri dalla Terra. Prima foto dell'asteroide di Natale. Si chiama 2003 SD220 e il 24 dicembre passerà a 11 milioni di chilometri dalla Terra. L'hanno immortalato i tecnici del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa ed è una vecchia conoscenza della Terra: tre anni fa aveva salutato il nostro pianeta dalla distanza di 28 milioni di chilometri e nel 2018 si avvicinerà ancora di più, a 2,7 milioni di chilometri. Oltre all'asteroide ci sarà anche la luna piena a rendere astronomicamente unico questo Natale. Non accadeva dal 1977 di avere la luna piena nel cielo di Natale: un evento raro che accadrà di nuovo solo nel 2034. E' una lunga attesa, quindi, sottolinea la Nasa, non perdete l'occasione di guardare il cielo la notte di Natale.

    Il passaggio avverrà in tutta sicurezza, sottolinea Paul Chodas, direttore del Centro per lo studio degli oggetti vicini alla Terra (Neo) della Nasa. ''E' vero che sarà l'oggetto che più si avvicinerà alla Terra, oltre a Babbo Natale e alle sue renne” dice scherzando. Ma il passaggio, rassicura Chodas, “avverrà in tutta sicurezza a circa 28 volte la distanza tra la Terra e la Luna''.

    L'asteroide è stato fotografato con l'antenna del Deep Space Network di Goldstone, in California, tra il 17 dicembre e il 22 dicembre, quando era a circa 12 milioni di chilometri dalla Terra. ''Le immagini radar mostrano che l'asteroide ha una forma allungata e la sua lunghezza è di circa 1.100 metri'', spiega Lance Benner di Jpl. ''I dati acquisiti durante il passaggio - aggiunge - ci aiuteranno a programmare altre osservazioni radar durante il suo prossimo avvicinamento nel 2018''. Poi bisognerà aspettare il 2070, quando l'asteroide passerà a circa 2,7 milioni di chilometri dal nostro pianeta.

    Per chi guarderà il cielo questa notte, sottolinea John Keller, del Goddard Space Flight Center della Nasa, osservando la luna ''vale la pena ricordare che è molto più di un vicino di casa celeste''. La storia geologica della Luna e della Terra, aggiunge ''sono intimamente legate, al punto tale che la Terra sarebbe un pianeta completamente diverso senza la Luna''.
    (Ansa)





    Il naso rosso della renna Rudolph spiegato dalla scienza.

    Legato alle peculiarità della vista di questa specie‬. I bambini lo sanno: il naso rosso e luminoso di Rudolph, la "nona renna" di Babbo Natale, serve a rendere visibile alla sua slitta il sentiero offuscato da tempeste di neve durante la consegna dei regali la notte di Natale. Questa peculiarità di fantasia avrebbe però anche una spiegazione scientifica, legata alle caratteristiche della vista delle renne.

    La illustra sulla rivista "Frontiers for Young Minds" un professore di antropologia del Dartmouth College, stimolato dalle innumerevoli domande della figlia di 4 anni. Per Nathaniel Dominy sono le proprietà uniche della vista delle renne artiche che possono spiegare il vantaggio di avere un naso "luminoso", soprattutto se emette luce rossa.

    Le renne artiche a differenza della maggior parte dei mammiferi possono vedere la luce ultravioletta. Questi animali inoltre hanno un tessuto riflettente negli occhi il cui colore varia dal dorato durante i mesi estivi al blu intenso durante i mesi invernali. Tali caratteristiche aiutano le renne a individuare cibo e predatori nella neve, soprattutto in inverno quando la luce del sole nella regione artica è scarsa o violacea. C'è però un problema: viola e blu sono praticamente invisibili in caso di nebbia.

    E qui arriva la spiegazione del naso rosso: la luce rossa "viaggia" meglio di altre in caso di nebbia e quindi le renne trarrebbero vantaggio se davvero avessero un naso rosso luminoso come quello di Rudolph. Questo è il "pro", ma c'è anche un "contro". I nasi delle renne sono estremamente vascolarizzati, dunque disperdono il calore del corpo. Un naso luminoso potrebbe provocare una perdita eccessiva di calore facendo rischiare a Rudolph nientemeno che l'ipotermia durante la consegna dei regali di Babbo Natale. Meglio lasciargli un dolcetto di fronte al camino prima di andare a letto la vigilia di Natale. ‬
    (Ansa)





    Sì ai compiti di Natale sotto l'albero, tanto si copiano.

    Due 2 studenti su 3 sono d'accordo con i loro prof: vanno assegnati. Ma alla fine quelli che li fanno davvero sono solo circa il 30%. Chi l’ha detto che sono gli studenti a doversi rassegnare ai compiti per le vacanze? Le tendenze s’invertono, le mode cambiano e ormai sono i prof a doversi abituare all’idea che per le Feste possono pure assegnare ve4rsioni su versioni e intere pagine di equazioni, tanto i ragazzi non le faranno. Anzi meglio, loro i compiti li copieranno proprio. Perché se 9 teenager su 10 raccontano che i loro insegnanti per Natale gli hanno regalato un bel pacchetto di compiti per le vacanze, altri 2 su 5 affermano con tranquillità di essere intenzionati a fare un bel copia e incolla da quelli dei loro compagni. Anche se, piccola nota particolare, 2 su 3 sono assolutamente convinti della loro utilità. Dati Skuola.net su un campione di circa 2500 studenti di scuole medie e superiori.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Il ponte delle spie




    locandina


    Un film di Steven Spielberg. Con Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian Koch, Alan Alda.


    Un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della sua funzione sociale
    Marianna Cappi


    Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l'accusa di essere una spia sovietica. La democrazia impone che venga processato, nonostante il regime di guerra fredda ne faccia un nemico certo e terribile. Dovrà essere una processo breve, per ribadire i principi costituzionali americani, e la scelta dell'avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l'incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell'opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato.
    L'intro hitchcockiano cede man mano il passo ad uno svolgimento sempre più letterario, dove il racconto è già leggenda e ancora incertissimo presente, come esemplifica l'immagine tombale del muro di Berlino; e dove il Donovan di Tom Hanks sembra rispondere al paradigma dell'everyman, cappotto cappello ombrello, se non fosse che, nel cinema di Spielberg più che mai, l'apparenza in qualche modo inganna.
    Donovan è infatti qualcuno che incarna il mestiere che fa, lo onora come una "professione". Non si occupa di giustizia, è un giusto. Se a lui appare incredibile che il suo assistito non si preoccupi visibilmente del suo destino, all'altro appare inizialmente inverosimile che l'avvocato non voglia sapere la verità sulla sua colpevolezza o innocenza. "Servirebbe?" No. Per lui, che ha già fatto il proprio dovere in Normandia (salvando il soldato Ryan), ogni uomo è importante, ogni vita. Donovan non vede Abel innanzitutto come una spia, un russo, un nemico: sceglie di guardarlo come una persona. Man mano che lo conosce, gli darà un colore e una profondità, fors'anche quella dell'amicizia o dell'ammirazione, ma la scelta riguardo allo sguardo da adottare l'ha fatta in partenza. Come il regista.
    Lo dice bene la prima inquadratura, nella quale Abel sta dipingendo il suo autoritratto, con l'ausilio di uno specchio. L'immagine nello specchio e quella sulla tela sono immagini della stessa persona, ma non sono identiche. La prima riflette una superficiale obiettività, la seconda reca traccia del tempo e dei pensieri intercorsi nelle ore del fare, e soprattutto reca traccia del suo autore. Non conta quello che di te penseranno gli altri, dirà Donovan al soldato Powers, ma "quello che sai tu". Consegnando all'avvocato il dono del finale, Abel gli sta dunque dicendo: "ti conosco, so chi sei", ed è questo il riconoscimento che più può soddisfare uno come Donovan; di quello pubblico, teletrasmesso, può fare anche a meno, può dormirci su.
    In un'epoca come la nostra, di sospetti quotidiani, intercettazioni isteriche, identificazioni affrettate di un uomo col suo credo, il suo abito o la sua provenienza, Il ponte delle spie è un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della dignità della professione artistica e della sua funzione sociale.




    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    Io so' Romeo... Er mejo der Colosseo


    GLI ARISTOGATTI



    Titolo originale The Aristocats
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione USA
    Anno 1970
    Durata 78 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 1,37:1
    Genere animazione, avventura, commedia, musicale
    Regia Wolfgang Reitherman
    Soggetto Tom McGowan, Tom Rowe
    Sceneggiatura Larry Clemmons, Vance Gerry, Ken Anderson, Frank Thomas, Eric Cleworth, Julius Svendsen, Ralph Wright
    Produttore Wolfgang Reitherman, Winston Hibler
    Casa di produzione Walt Disney Productions
    Distribuzione (Italia) Cinema International Corporation
    Art director Ken Anderson
    Animatori Milt Kahl, Ollie Johnston, Frank Thomas, John Lounsbery, Hal King, Eric Larson, Eric Cleworth, Julius Svendsen, Fred Hellmich, Walt Stanchfield, Dave Michener
    Montaggio Tom Acosta
    Effetti speciali Dan MacManus, Dick N. Lucas
    Musiche George Bruns
    Tema musicale "The Aristocats" degli Sherman Brothers
    Sfondi Al Dempster, Bill Layne, Ralph Hulett
    Doppiatori originali
    Phil Harris: Romeo
    Eva Gabor: Duchessa
    Sterling Holloway: Groviera
    Scatman Crothers: Scat Cat
    Paul Winchell: Shun Gon
    Lord Tim Hudson: Hit Cat
    Vito Scotti: Peppo
    Thurl Ravenscroft: Billy Boss
    Dean Clark: Bizet
    Liz English: Minou
    Gary Dubin: Matisse
    Nancy Kulp: Frou-Frou
    Pat Buttram: Napoleone
    George Lindsey: Lafayette
    Monica Evans: Adelina Bla Bla
    Carole Shelley: Guendalina Bla Bla
    Charles Lane: George Hautecourt
    Hermione Baddeley: Adelaide Bonfamille
    Roddy Maude-Roxby: Edgar
    Bill Thompson: Zio Reginaldo


    TRAMA



    Madame Adelaide, una ricca attrice a riposo ormai sulla strada della vecchiaia, nomina eredi universali i suoi quattro gatti: Mamma Duchessa e i cuccioli Minou, Bizet e Matisse. Il maggiordomo Edgar, destinato a sua volta ad ereditare le intere sostanze alla morte dei gatti, e ansioso di mettere al piu' presto le mani sulle ricchezze della padrona, decide di sbarazzarsi degli incomodi concorrenti a quattro zampe. Condottili in una zona isolata di periferia, si accinge ad eliminarli, ma viene messo in fuga dall'intervento di due ferocissimi cani randagi. Rimasti soli, Mamma Duchessa e i suoi tre micetti si imbattono in Romeo, un gatto vagabondo dal cuore d'oro, il quale si impegna a ricondurli dalla loro padrona.

    ...personaggi...



    Duchessa (Duchess) - La gatta di Madame Adelaide e madre di tre cuccioli. Si innamora di Romeo ed è costretta a scegliere tra la sua vita a casa o una vita con Romeo.
    Romeo (Thomas O'Malley) - Un amichevole gatto randagio romano che trova Duchessa e i suoi gattini abbandonati in campagna e li aiuta, diventando una figura paterna per i gattini e innamorandosi di Duchessa. Nell'edizione originale il suo nome completo è Abraham de Lacy Giuseppe Casey Thomas O'Malley, ed è irlandese.
    Edgar - L'antagonista principale del film, maggiordomo di Madame Adelaide. Spera di sbarazzarsi dei gatti al fine di ereditare la fortuna di Adelaide. In qualche modo ha un senso di moralità, poiché sceglie di rapirli ed abbandonarli piuttosto che ucciderli.
    Matisse (Toulouse per Henri de Toulouse-Lautrec) - Il gattino più grande, aspira a incontrare un duro gatto randagio e adora Romeo come una figura paterna. A volte si comporta in modo molto rude, e spesso dà sui nervi a Minou e Bizet. La sua specialità è dipingere.
    Minou (Marie, per la regina Maria Antonietta di Francia) - La gattina di mezzo, non solo è molto prepotente, ma a volte crede anche che, essendo femmina, sia la migliore dei tre, pur essendo fisicamente più debole e soggetta ad incidenti. La sua specialità è il canto. Come Matisse, finisce con l'amare Romeo come un padre.
    Bizet (Berlioz) - Il gattino più giovane, è un po' timido e schivo. La sua specialità è suonare il pianoforte.
    Groviera (Roquefort) - Un topo e anche un amico dei gatti. Tenta di trovarli dopo che sono stati rapiti, ma senza successo.
    Scat Cat - Il migliore amico di Romeo e leader di una banda di gatti randagi jazzisti. Scat Cat suona la tromba.
    Shun Gon - Un gatto cinese nella banda di Scat Cat. Suona il pianoforte e una batteria fatta di pentole.
    Hit Cat - Un gatto inglese nella banda di Scat Cat. Suona la chitarra acustica.
    Peppo - Un gatto italiano nella banda di Scat Cat. Suona la fisarmonica.
    Billy Boss - Un gatto russo nella banda di Scat Cat. Suona il contrabbasso.
    Napoleone (Napoleon) - Un Bloodhound che vive in una fattoria e attacca Edgar quando lui varca i confini nella tenuta, inconsapevolmente salvando le vite di Duchessa e dei suoi gattini. Napoleone insiste, ogni volta che il suo compagno Lafayette dà un suggerimento, a dire che il capo è lui - poi procede ad adottare il suggerimento di Lafayette come suo.
    Lafayette - Un Basset Hound e compagno di Napoleone. A volte dimostra di essere più intelligente di Napoleone, nonostante Napoleone insista fermamente sul fatto che lui è il capo dei cani della fattoria.
    Madame Adelaide Bonfamille - Un'ex cantante lirica e padrona di Duchessa e i suoi gattini. Non ha parenti in vita e neanche conoscenti, per questo considera gli Aristogatti la sua famiglia.
    Georges Hautecourt - L'avvocato di Madame Bonfamille, un vecchio rimbambito ma vivace che nega la sua vecchiaia e addirittura si rifiuta di accettare l'offerta di Edgar di usare l'ascensore invece della lunga scalinata, con conseguente caos.
    Frou-Frou - La cavalla compagna di Groviera che svolge un ruolo nel sottomettere Edgar.
    Guendalina e Adelina Blabla (Abigail e Amelia Gobble) - Due oche gemelle che trovano i gatti e cercano di aiutarli a tornare a casa.
    Zio Reginaldo (Uncle Waldo) - L'ubriaco zio delle gemelle Guendalina e Adelina.

    ...recensione...



    Gli Aristogatti non è solo un racconto che si focalizza sulla differenza tra l’uomo e l’animale costruendo un villan crudele ma anche tanto buffo. È un omaggio al romanticismo italico, spesso grossolano ma incantevole che si riversa ne “er mejo del Colosseo”: Romeo, nome che farebbe anche pensare al personaggio shakespeariano. Poi c’è la magia francese e quella leggerezza ebbra che la Francia offre ai suoi visitatori. E ancora, c’è un omaggio all’arte e alla musica. Si pensi ai nomi dei tre micini: c’è Minou che potrebbe ricordare Marie-Noëlle Drouet, conosciuta come Minou Drouet che fu una poetessa, musicista e attrice. C’è Matisse, omonimo del grande pittore del XX secolo e poi Bizet come Georges Bizet, il compositore e musicista celebre per la Carmen. Ma, il punto nevralgico tutto è la musica, da quella classica e raffinata, tipica della Belle Epoque a quella più viscerale, più animosa e vibrante che è il jazz, improvvisazione musicale condita da diverse esperienze strumentali.
    A fare da contorno ai personaggi principali, quelli secondari sono unici e esilaranti: ci sono le oche Adelina e Guendalina Bla Bla e il loro beone zio Reginaldo, con il loro accento inglese, gli amici di Romeo, gli Scat Cat, frontman della band jazz composta da vagabondi provenienti da tutto il mondo, scanzonati e liberi. E ancora i due cani che danno del filo da torcere a Edgar, il segugio Napoleone, e il bassotto Lafayette. (Maria Giorgia Vitale, www.cinematographe.it/)


    [...]Il mio amore viscerale per "I Tre Caballeros" (uscito il 21 dicembre 1944 a Città del Messico e il 3 febbraio 1945 ufficialmente negli Stati Uniti) mette in ombra altre produzione meritevoli, questione di gusti, come al solito, e ho sempre pensato a "Gli Aristogatti" come alla versione gattara di quel capolavoro de "La Carica dei 101" (da non confondere con "La Caricarono in 101", please), film per molti versi straordinario, irripetibile, tuttavia mi pare un poco ingeneroso metterla in questi termini, poichè il film con i felini ha una sua identità e un valore che va oltre il mero ricalco di situazioni già accennate. Basterebbero la coppia Napoleone e LaFayette e il maggiordomo Edgar a garantire l'immortalità filmica al parto disneyano, con quell'inseguimento strepitoso piazzato subito dopo l'inizio della vicenda. Certo Madame Adelaide è roba da intossicazione alimentare, terribile, stucchevole, che ti viene voglia di dare fuoco al film, così come le due oche, impareggiabili rompicoglioni, ma nella totalità queste piccole cose si fanno perdonare, più o meno.
    Siamo ancora nel reame di Sua Maestà Wolfgang Reitherman, uno dei Nine Old Men, i grandi vecchi dell'animazione, e si vede, impossibile non ammirare la qualità dei disegni, la tecnica rivoluzionaria che ha dato ai film Disney quel gusto particolare e inimitabile che ancora oggi mi entusiasma più della computer grafica. Vabbè, de gustibus, comunque qui ci sta un bel però grande come una casa, perchè la scena con Scat Cat e i gli altri gatti che vanno via di jazz nella palazzina, precipitando di piano in piano è ancora materiale da mangiarsi, anzi pucciarsi nel latte diverse cosette propinateci dalla Pixar nell'ultimo lustro. Così come la battaglia finale con tutti gli animali che prendono a calci il povero Edgar, che, al contrario di Crudelia De Mon/De Vil, è personaggio sì "crudele", ma "comprensibile" e spassoso nella sua avidità.
    Romeo, Er Mejo del Colosseo, in lingua originale è un irlandese piacione con tanto di nome e cognome, Thomas O'Malley doppiato da Phil Harris, mentre dalle nostre parti il doppiaggio d'epoca è stato affidato al grande Renzo Montagnani, nostro eroe, anche se c'è chi suggerisce che in realtà sia il buon Riccardo Garrone a prestare la voce al gattone disegnato con il vecchio Clark Gable come modello. [...]
    (http://robydickfilms.blogspot.it/)

    (Gabry)





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    La musica del cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani


    eros_ramazzotti

    Eros Ramazzotti


    Nato il 28 ottobre 1963 a Cinecittà, Roma, “dove è più facile sognare che guardare in faccia la realtà”, Eros trascorre la sua infanzia facendo saltuariamente la comparsa nelle scene di massa di qualche film e sognando una luminosa carriera come cantante, incoraggiato da papà Rodolfo che fa il pittore edile ma ha anche inciso alcune canzoni. Terminate le scuole medie, Ramazzotti chiede di entrare in Conservatorio, ma all’esame d’ammissione non viene ritenuto idoneo… Si iscrive a ragioneria, ma l’esperienza scolastica è breve: ha in mente solo la musica e si ritira già al secondo anno.

    Nel 1981 partecipa al concorso Voci Nuove di Castrocaro: arriva in finale con “Rock 80”, un brano scritto da lui stesso che gli permette di ottenere il suo primo contratto discografico con la giovane etichetta DDD. Eros si trasferisce a Milano e abita proprio nella sede della casa discografica: anche il fratello Marco e mamma Raffaella prendono casa all’ombra della Madonnina. Nel 1982 pubblica il primo singolo intitolato “Ad un amico”, ma è ancora un talento acerbo, così viene affiancato da un musicista esperto: Renato Brioschi.

    Dopo solo un anno di lavoro, arriva improvviso il successo: Eros trionfa fra le “giovani proposte” del Festival di Sanremo del 1984 con “Terra promessa”, scritto assieme a Renato Brioschi e Alberto Salerno (co-autore del testo).

    “Terra promessa” viene pubblicato in tutta Europa, perché i suoi discografici lavorano fin dal primo disco considerando Ramazzotti un artista internazionale: tutti i suoi dischi verranno tradotti anche in spagnolo. Nulla viene lasciato al caso: perfino la “firma” Eros Ramazzotti è un logo sempre uguale in tutti i suoi album. Nel frattempo muta il team di lavoro: Piero Cassano (fuoriuscito dai Matia Bazar) per le musiche, Adelio Cogliati (ancora oggi il suo paroliere) per i testi e Celso Valli (anche lui ancora oggi al suo fianco) per gli arrangiamenti.

    Nel 1985 Eros torna al Festival di Sanremo e si piazza al sesto posto con “Una storia importante”, brano contenuto nell’album d’esordio “Cuori agitati”. Il singolo “Una storia importante” diventa un hit europeo, in particolare in Francia dove vende un milione di copie.

    1986: Ramazzotti pubblica il secondo album intitolato “Nuovi eroi” ma soprattutto conquista la vittoria al Festival di Sanremo (terza partecipazione consecutiva) con la canzone “Adesso tu”.

    Terzo album in tre anni: nel 1987 esce il cd “In certi momenti”, che contiene il duetto con Patsy Kensit nel brano “La luce buona delle stelle”. Eros è protagonista di una tournèe lunga nove mesi con un’audience sconfinata: oltre un milione di spettatori. Il cd “In certi momenti” ottiene risultati eccezionali: oltre 3 milioni di copie vendute nel mondo. Il numero dei suoi fans cresce ulteriormente con il successivo mini-album “Musica è” (1988), caratterizzato dalla title-track: una suite dai toni lirici magistralmente interpretata da Ramazzotti, che dimostra di aver raggiunto la piena maturità artistica.

    La consacrazione di Eros Ramazzotti come artista internazionale arriva nell’aprile del 1990 quando 200 giornalisti provenienti da tutto il mondo partecipano alla conferenza stampa di Venezia per la presentazione del suo quinto album: “In ogni senso”, pubblicato in 15 paesi. Il discografico americano Clive Davis, conquistato dal talento di Eros, gli consiglia di tenere un concerto al Radio City Music Hall di New York: Ramazzotti è il primo artista italiano a esibirsi su quel prestigioso palcoscenico, con un lusinghiero sold out.

    Segue un’altra lunga tournèe che ha il suo epilogo l’anno seguente con il doppio disco dal vivo “Eros In Concert” del 1991: l’album viene presentato il 4 dicembre a Barcellona con un concerto davanti a 20 mila persone, trasmesso in mondovisione e patrocinato dai governi italiano e spagnolo. L’intero incasso dello show viene devoluto in beneficenza, diviso in parti uguali fra l’Istituto dei Tumori di Milano e quello di Barcellona.

    Il biennio 1993/’94 è ricco di soddisfazioni professionali: l’album “Tutte storie” (1993) vende 6 milioni di copie e conquista la vetta delle hit parade di tutta Europa. Il videoclip del primo singolo “Cose della vita” è diretto dal regista di culto newyorkese Spike Lee, che prima non aveva mai girato un video per un artista bianco. Il tour europeo di “Tutte storie” è fra i più importanti della stagione: dopo gli show nel Vecchio Continente, Eros compie un giro di concerti in quindici paesi latino-americani.

    Al rientro in Italia, da un’idea di Ramazzotti nasce l’esperienza del “trio” con Pino Daniele e Jovanotti: è l’evento live italiano dell’anno. Nel mese di novembre si esibisce dal vivo agli Mtv Awards di Berlino cantando “Cose della vita”. L’anno d’oro di Eros Ramazzotti, il 1994, si chiude con la firma di un contratto mondiale per la BMG International.

    Nell’estate 1995 partecipa al raduno musicale europeo Summer Festival assieme a Rod Stewart, Elton John e Joe Cocker. L’anno seguente, esattamente il 13 maggio 1996, pubblica il cd “Dove c’è musica”, il primo completamente autoprodotto. Realizzato fra l’Italia e la California con la collaborazione di musicisti di fama internazionale, ottiene risultati entusiasmanti: oltre 7 milioni di copie vendute. Alla gratificazione professionale si aggiunge presto un’immensa gioia personale: pochi giorni dopo la fine del tour europeo nasce sua figlia Aurora Sophie (a Sorengo, in Svizzera; il 5 dicembre 1996), avuta da Michelle Hunziker. Eros dimostra subito di essere un padre affettuoso, premuroso e scrupoloso: nei mesi successivi si dedica esclusivamente alla sua bambina. Unica concessione alla musica, il pezzo “That’s All I Need To Know” scritto per Joe Cocker.

    Nell’ottobre 1997 esce il greatest hits “Eros”: un disco di raccordo fra la spontaneità delle sue prime canzoni e il pop-rock internazionale del cd “Dove c’è musica”. Il disco è arricchito da due composizioni inedite (“Quanto amore sei” e “Ancora un minuto di sole”) ed è impreziosito dai duetti con Andrea Bocelli nel brano “Musica è” e con Tina Turner in “Cose della vita-Can’t Stop Thinking Of You”.

    Nel febbraio 1998 parte una tournèe mondiale di grande successo che lo porta in Sudamerica, negli Stati Uniti e in Europa. In maggio partecipa al “Pavarotti and Friends” (la regia è di Spike Lee, il direttore del video di “Cose della vita”), cantando assieme a Luciano Pavarotti “Se bastasse una canzone” (dall’album “In ogni senso” del 1990). Sempre nel 1998 pubblica il disco dal vivo “Eros Live” che contiene anche due duetti registrati durante il tour mondiale: “Cose della vita-Can’t Stop Thinking Of You” con Tina Turner (guest star a sorpresa dell’affollatissimo concerto allo stadio San Siro di Milano) e “That’s All I Need To Know-Difenderò” con Joe Cocker (cantato nell’esibizione di Monaco di Baviera). Nel marzo del 1999, viene premiato ad Amburgo con l’Echo Award (l’Oscar della musica tedesco) come “miglior artista musicale internazionale”.

    Con la sua struttura Radiorama, Ramazzotti si cimenta anche come produttore discografico: all’inizio del 2000 realizza il cd “Come fa bene l’amore” di Gianni Morandi. Nell’ottobre del 2000 Eros pubblica “Stilelibero” (l’ottavo album di canzoni inedite) che conferma la sua caratura artistica mondiale: il cd vanta collaborazioni con produttori di assoluto prestigio come Celso Valli, Claudio Guidetti, Trevor Horn e Rick Nowels. Fra le canzoni c’è un emozionante duetto con Cher nel brano “Più che puoi”.

    Il 2001 è dedicato al tour internazionale di “Stilelibero”, che vede Ramazzotti esibirsi anche nei paesi dell’est: memorabili i tre concerti sold out al Kremlin Palace di Mosca dal 2 al 4 novembre. Nell’ultima data di questa tournée (il 30 novembre al Forum di Milano) sul palco salgono alcuni suoi amici per ricantare con lui tre duetti della sua carriera: Raf per “Anche tu”, Patsy Kensit per “La luce buona delle stelle” e Antonella Bucci per “Amarti è l’immenso per me”.

    Venerdì 30 maggio 2003 esce l’atteso nuovo album “9”, il suo nono disco di canzoni inedite: è la prima volta in oltre vent’anni di carriera che l’artista romano di nascita e milanese d’adozione usa un numero come titolo di un suo cd. E quel numero ritorna spesso nei record stabiliti da questo disco: il primo singolo “Un’emozione per sempre” (uscito venerdì 9 maggio) entra direttamente al numero 1 della classifica di vendita e staziona al primo posto dell’airplay radiofonico per 9 settimane consecutive. Inoltre, Ramazzotti è il primo musicista a tenere 9 concerti (tutti sold out già in prevendita) al Forum di Milano nel corso della stessa tournèe. Il cd “9” (prodotto a quattro mani con Claudio Guidetti e con l’abituale collaborazione di Celso Valli) mantiene il numero 1 della classifica di vendita degli album per 14 settimane consecutive e resiste per 95 settimane consecutive nella Top 100. Anche “9” ottiene lusinghieri risultati di vendita: 3 milioni 500 mila copie in tutto il mondo (1 milione 100 mila in Italia).

    Dopo il trionfo al Festivalbar, l’11 ottobre parte da Ancona il tour mondiale: 100 date con oltre 1 milione di spettatori. L’insolita scenografia dello show, una strada dissestata con alle spalle un gigantesco cartellone pubblicitario crollato (lo schermo per le immagini), è disegnata dai registi canadesi Serge Denancourt e Francis Laporte, che hanno collaborato agli spettacoli del Cirque du Soleil.

    Il 31 marzo 2004 la parte europea del tour mondiale (56 date con 550 mila spettatori) si chiude con un doppio live al Forum di Milano: la sera si tiene l’ultimo dei 9 trionfali concerti milanesi (4 nel dicembre 2003, 2 nel febbraio 2004 e 3 in marzo), che hanno registrato sempre il tutto esaurito già in prevendita. Nel pomeriggio dello stesso giorno, Ramazzotti è protagonista di un’iniziativa senza precedenti in Italia: un concerto gratuito per 12 mila bambini delle scuole elementari e medie di Milano. In occasione di questa esibizione riceve l’Ambrogino d’Oro dal sindaco Gabriele Albertini.

    La tournèe mondiale prosegue in Nord e Sud America e in Asia, poi riapproda in Italia per un tour estivo negli stadi. Il 28 ottobre esce il dvd “Eros Roma Live” diretto dall’inglese Hamish Hamilton, uno dei migliori registi di eventi musicali del mondo (fra le sue collaborazioni ci sono Madonna, U2 e Robbie Williams): il dvd contiene l’intero concerto del 7 luglio all’Olimpico di Roma (tutto esaurito) con la migliore qualità audio possibile (5.1 con sistema DTS), più una lunga lista di extra, fra cui il “dietro le quinte” dello show romano, una sintesi di tutto il tour mondiale e l’esibizione per i bambini delle scuole di Milano.

    Il 28 ottobre 2005 esce il nuovo album “Calma apparente”, il decimo disco di inediti, prodotto assieme a Claudio Guidetti, che include il magico duetto con Anastacia “I Belong To You”; l’album vende oltre 2 milioni e 500 mila copie, e il successo di “Calma Apparente” prosegue nel 2006 con il relativo tour europeo di oltre 70 concerti. Sempre nel 2006 Eros scrive l’adattamento in italiano di un paio di canzoni del cd “Guapa” del gruppo La Oreja De Van Gogh su invito della cantante Amaia, sua grande fan.

    L’album “e²” (Eros al quadrato) – datato 26 ottobre 2007, due giorni prima del suo 44esimo compleanno – è una raccolta di una parte delle canzoni più famose (da “Terra promessa” a “La nostra vita”, passando per “Adesso tu”, “L’Aurora” e “Più bella cosa”), ma può essere considerato anche l’undicesimo disco di inediti di Eros Ramazzotti. Oltre a 14 successi in versione originale rimasterizzata, compresi i duetti con Tina Turner, Cher e Anastacia, il doppio cd “e²” contiene 4 inediti (tra cui il duetto con Ricky Martin “Non siamo soli”) e 17 “nuove versioni”, cioè brani del suo repertorio che, pur appartenendo ai dischi precedenti, rivivono con una diversa anima sonora frutto della rilettura fatta da Eros assieme ad artisti e produttori di fama internazionale: Gian Piero Reverberi, Michele Canova, Dado Moroni, Jon Spencer, John Shanks, Wyclef Jean, Steve Vai, Carlos Santana, Pat Leonard, Rhythm Del Mundo, Take 6, The Chieftains e Amaia dei La Oreja De Van Gogh.

    Il greatest hits “e²” è l’album italiano più venduto del 2007 e si aggiudica 10 dischi di platino. Conquista la vetta della classifica in varie nazioni, fra cui Spagna, Germania, Francia, Austria e Svezia, dove si mantiene al numero uno per due mesi. Nella prima settimana di uscita nei negozi, il cd “e²” è il disco più venduto in Europa e il secondo più acquistato nel mondo. Il 14 dicembre 2007 Eros Ramazzotti si esibisce dal vivo a Sibiu, in Romania, nominata capitale europea della cultura. L’invito viene onorato con uno straordinario concerto in piazza di due ore (più del doppio della durata concordata con gli organizzatori) nonostante la temperatura di 13 gradi sottozero. È la secondo anno consecutivo che Ramazzotti partecipa alle celebrazioni della capitale europea della cultura, dopo la performance live del 2006 a Patrasso, in Grecia. Sempre nel 2007 Eros produce l’album dei Tazenda “Vida”, che contiene il duetto “Domo mia” nel quale canta alcune strofe in dialetto sardo, riportando un grande successo. Nello stesso anno è protagonista di un altro importante duetto: “A ti” con Ricardo Arjona incisa nel disco “Quien dijo ayer” dell’artista guatemalteco.

    Il sodalizio artistico con i Tazenda prosegue nel 2008: Ramazzotti produce il cd “Madre Terra” della band sarda. Il 4 aprile Eros riceve il prestigioso NIAF Award a Hollywood per aver promosso e valorizzato l’immagine della musica italiana nel mondo. Per comprendere la grande importanza di questo premio, basta scorrere l’albo d’oro degli artisti premiati prima di lui: Frank Sinatra, Liza Minnelli, Andrea Bocelli e Luciano Pavarotti. Il talento e la fama di Eros Ramazzotti superano qualsiasi confine: i pochi concerti di quest’anno lo portano per la prima volta dal vivo in Asia e in Australia. Il 17 ottobre 2008 si esibisce nel bellissimo teatro di Khanty-Mansiysk, una cittadina della Steppa siberiana a 4mila chilometri da Mosca e a 300 chilometri dal più vicino centro abitato. Il primo tour australiano è trionfale: live sold out a Sidney (25 ottobre), Melbourne (29 ottobre) e Perth (1 novembre), con le città letteralmente in tilt il giorno dell’esibizione e la richiesta di una tournèe futura con più date e arene più grandi per soddisfare l’enorme richiesta di biglietti. Il 2008 si chiude con un duetto illustre: Eros canta l’inedito “Solo un volo” assieme a Ornella Vanoni.

    Anticipato qualche settimana prima dal singolo “Parla con me”, il 23 Maggio 2009 esce il nuovo album di inediti di Eros, intitolato “Ali e Radici” (“Alas y Raices” la versione spagnola) che contiene 11 nuovi brani all’interno del cd, mentre la ‘bonus track’ “Linda e il mare” è disponibile inizialmente solo su iTunes. L’album si porta subito in vetta alle classifiche italiane ed europee e vi resterà diverse settimane, fino a quando la prematura scomparsa di Michael Jackson farà schizzare ai vertici delle charts tutti gli album del suo repertorio.

    Nel 2009 vedono la pubblicazione 2 nuovi album prodotti da Radiorama, la scuderia di artisti emergenti di Ramazzotti: Gianluca Massaroni e Andrea Febo.

    All’uscita discografica “Ali e Radici” segue nel 2009 e nel 2010 il tour mondiale che porterà l’artista in giro per il mondo con oltre 60 concerti: 4 a Roma, 5 a Milano, in Europa e Sud America, in Russia e – per la prima volta nella sua carriera – anche in Africa (a Cartagine, in Tunisia).

    Il 30 Novembre 2010 esce il dvd+cd live, tratto dai concerti di Milano, “21:00 – Eros Live World Tour 2009-2010”: sarà l’ultimo prodotto discografico ad essere pubblicato da Sony.

    I successi dell’anno precedente valgono a Ramazzotti il prestigioso riconoscimento tedesco “Die Goldene Kamera”: il cantante viene premiato in diretta tv internazionale il 5 Febbraio 2011.

    L’anno 2011 segna un punto di svolta epocale per il cantante romano che ha venduto nel mondo oltre 50 milioni di dischi: il 21 Luglio firma un nuovo contratto discografico con Universal Music Group che lo legherà alla major per diversi album; poche settimane dopo, il 2 Agosto 2011, nasce la secondogenita di Eros Ramazzotti: è Raffaela Maria, avuta con la compagna Marica Pellegrinelli.

    Nel settembre 2011 la cantante italiana Giorgia include nel suo album di inediti “Dietro le apparenze” il duetto, scritto e cantato con Eros Ramazzotti dal titolo “Inevitabile”. Eros nel 1995 aveva già collaborato con Giorgia, scrivendo per lei il brano “Come Saprei”, vincitore del Festival di Sanremo.

    Anticipato in Ottobre dal singolo “Un Angelo disteso al sole“, il 13 Novembre 2012 esce in tutto il mondo “NOI“, il primo album di inediti realizzato con Universal Music: l’album nasce sotto una buona stella, infatti raggiunge subito la prima posizione in classifica su iTunes in 17 Paesi del mondo.
    Il 1° Gennaio 2013 Rai 2 dedica in prima serata un lungo speciale ad Eros Ramazzotti che ripercorre l’intera sua carriera “tra pubblico e privato” e trasmette, per la prima volta, le immagini dell’evento live del 10 Novembre 2012 con il quale l’artista romano aveva presentato l’album “NOI” in anteprima, ai fans e alla stampa internazionale, a Roma nella “sua Cinecittà”.

    L'album "NOI" vende oltre 700.000 copie in tutto il mondo e, a partire dal Marzo 2013, inizia un tour mondiale che porterà Eros in giro per il mondo, dall'Europa e l'Italia alla Russia, dagli Stati Uniti al Messico e a tutto il Sud America, fino alla lontana Australia, per quasi 70 concerti in totale. Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, il 28 ottobre 2013, esce a sorpresa un nuovo singolo "Io Prima Di Te" che anticipa l'uscita di "Noi Due" edizione speciale dell'album noi, con nuovi contenuti audio e video.

    Nel giugno del 2014 Eros sposa Marica Pellegrinelli, sua compagna da cinque anni e madre della secondogenita di Eros, Raffaela Maria. Nell'autunno dello stesso anno, la precedente casa discografica (Sony) celebra la trentennale carriera del cantautore romano con la raccolta, che non contiene brani inediti, "Eros 30".

    Il 2015 inizia con un lieto evento per Eros e Marica: il 14 Marzo nasce Gabrio Tullio, primo maschietto di "casa Ramazzotti". Pochi mesi dopo, esattamente il 12 Maggio, esce il tredicesimo album di inediti "Perfetto", anticipato alcune settimane prima dal singolo "Alla fine del mondo" e presentato alla stampa italiana e internazionale l'8 Maggio alla "Diamond Tower" a Milano. A settembre inizia da Verona (con anteprima a Rimini) il Tour mondiale che porterà Eros nel 2015 e 2016 - ancora una volta - in giro per il mondo...


    fonte:ramazzotti.com




    Buon Natale (se vuoi)

    La notte vista da qui
    sembra bellissima
    stelle che accendono il blu
    quanta luce c’è
    echi di un alleluja
    che non si spengono mai
    oggi e’ un giorno speciale, è Natale ed è sempre così
    Dimmi perchè
    e’ Natale ma pace non c’è
    “buon Natale” ma il senso qual è?
    Un saluto formale non è
    come amare, quanti sogni fanno gli uomini
    che in un giorno vanno via
    “buon Natale” se vuoi, quello vero che e’ dentro di noi
    dentro di noi
    La neve che cade qui
    mi sembra candida
    ma nel silenzio che fa
    c’è una guerra
    in ogni terra a metà
    che nessuno mai salverà
    anche un giorno speciale fa male e tregua non ha
    Dimmi perchè
    è Natale ma pace non c’è
    “buon Natale” ma il senso qual è?
    Una frase formale non e’
    un pensiero che vale perchè
    c’è un Natale se vuoi
    ma può nascere solo da noi
    dentro di noi
    Stella cometa sarai
    stella purissima
    se dall'alto dei cieli un bel giorno la pace vedrai
    Dimmi perchè
    è Natale ma pace non c’è
    “buon Natale” ma il senso qual è?
    Due parole da dire perchè
    è normale
    crescerà un enorme albero
    quando finirà questa follia
    un Natale verrà e per sempre ci cambierà
    ci cambierà… Ci cambierà



    buon-natale


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Miglioramenti Schumacher? Ma manager smentisce.

    Il rotocalco tedesco Bunte aveva parlato di un "miracolo natalizio". Ancora una doccia fredda per i fan di Michael Schumacher. La manager del campione di Formula 1, Sabine Kehm, ha smentito tramite la "Bild" la notizia riferita dal rotocalco "Bunte" di un miglioramento delle condizioni dell'ex pilota. "Purtroppo siamo costretti a chiarire che l'affermazione secondo cui Michael possa di nuovo camminare non riflette la verità", ha detto Kehm.

    La rivista popolare "Bunte" aveva dedicato a Schumacher la copertina del numero da oggi in edicola, scrivendo di "miracolo natalizio" e affidandosi alla testimonianza di un confidente della famiglia: "Michael è molto magro ma è in grado di nuovo di camminare un poco con l'aiuto del suo terapeuta. Riesce a fare un paio di passi e può anche alzare il braccio". Speculazioni poco responsabili, le ha definite Kehm: "Molte persone che le prendono sul serio coltivano false speranze", ha concluso la manager.
    (Ansa)




    Tour: nel 2017 parte da Dusseldorf.
    A gennaio i dettagli delle prime tappe. Nel 2017 il Tour de France prenderà il via dalla Germania, precisamente da Duesseldorf. Per la celebre corsa a tappe sarà la quarta volta, hanno spiegato gli organizzatori. Londra era data per favorita, ma lo scorso settembre ha ritirato la sua candidatura. L'ultima partenza del Tour dalla Germania era stato nel 1987, quando prese il via da Berlino Ovest. I dettagli sulle prime tappe saranno svelati a gennaio.
    (Ansa)




    Sci: cade drone in pista, paura per Hirscher.
    Tra le ipotesi dell'incidente l'esaurimento della batteria. Peggio di così non poteva cominciare l'esperienza dell'uso del drone per rendere ancora più spettacolari le riprese tv, una iniziava della Fis in collaborazione con Infront Sports e Media che gestisce i diritti televisivi della coppa del mondo. A Madonna di Campiglio, infatti, nella seconda manche dello slalom notturno proprio il drone si è schiantato sulla pista frantumandosi a pochissima distanza dal campione austriaco Marcel Hirscher. Infront, in una nota diffusa dalla Fis , si è scusata con Hirscher - con non si è reso immediatamente conto di quanto successo ed ha continuato la sua corsa - e con la stessa federazione internazionale, assicurando che si stanno cercando le cause dell'incidente per evitare che si ripeta. Secondo Markus Waldner, il responsabile Fis delle gare maschili, il drone doveva volare solo lateralmente rispetto alla linea di discesa degli atleti. Una delle ipotesi è che sia scaricata la batteria che lo alimentava.
    (Ansa)

    (Gina)



    ALLA SCOPERTA DELLE TRADIZIONI




    Vigilia di Natale




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    La vigilia di Natale è il giorno che precede quella che è considerata una delle principali festività del cristianesimo. Cade generalmente il 24 dicembre, ma per le Chiese che continuano ad adottare il calendario giuliano, a causa dello sfasamento dello stesso rispetto al calendario gregoriano, la vigilia di Natale si celebra 13 giorni dopo, il 6 gennaio dell'anno successivo del calendario gregoriano.

    Nella tradizione del mondo occidentale assume una grande valenza simbolica poiché si celebra, nella notte, la nascita di Gesù, in una grotta di Betlemme, nella Giudea, regione della Palestina. Secondo i vangeli, seguendo la stella di Betlemme, i re magi venuti dall'Oriente trovarono un bambino che giaceva in una mangiatoia: ne riconobbero l'importanza e gli offrirono oro, incenso e mirra.

    Per il fedele, la veglia notturna della vigilia serve da transito verso il mistero della nascita del Dio che si fa uomo ed entra nella storia dell'umanità: si danno gli ultimi ritocchi al presepe, ci si prepara per la messa di mezzanotte, in una attesa che ha lo scopo di far presente e reale il miracolo della nascita di Gesù.

    Per l'anno liturgico della Chiesa cattolica, la vigilia di Natale è l'ultimo giorno dell'Avvento ed è anche l'ultimo dei nove giorni feriali della cosiddetta novena di Natale e il primo del tempo di Natale. C'è anche da ricordare la celebrazione della veglia nella quale i fedeli, dalla tarda serata e fino all'alba del giorno di Natale, si riuniscono in preghiera.

    All'originaria valenza è stata aggiunta quella propria della festa moderna, percepita anche dai non credenti, caratterizzata da una ricca cena (detta appunto "della vigilia") e dallo scambio di regali, destinati alle persone care, allo scoccare della mezzanotte. Tale usanza non è diffusa in tutto il mondo, dove spesso come nel Regno Unito, Nord America e Australia si fa la cena di Natale invece della vigilia.[1] L'Italia però fa da unica eccezione poiché la cosiddetta "cena della Vigilia" è molto variabile da zona a zona: infatti in alcune zone si preferisce festeggiare al pranzo del giorno di Natale, mentre la cena della relativa Vigilia è del tutto ignorata, in contrasto quindi con la tradizione Nord Europea e Scandinava.

    Inoltre, in alcune zone dell'Italia meridionale, nella mezzanotte tra il 24 e 25 dicembre è usanza svolgere, in casa, una processione aperta da una candela seguita dal più piccolo recante la statuina di Gesù bambino e il resto dei familiari che intonano il Tu scendi dalle stelle, l'Astro del ciel o il Venite fedeli; tale processione termina con l'arrivo presso il presepe, il bacio al "bambinello" e la riposizione dello stesso sulla culla della natività.


    fonte:.wikipedia.


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    PICASSO E LE SUE PASSIONI

    Dal 19 Dicembre 2015 al 20 Marzo 2016


    “Picasso e le sue passioni” è la mostra che si terrà a Pavia a Palazzo Vistarino dal 19 dicembre 2015 al 20 marzo 2016. L’esposizione, curata da Lola Duran, propone più di 200 opere tra disegni, ceramiche e oli, provenienti da importanti raccolte private di tutto il mondo e dal museo di Mija Malaga, e illustra, nei suoi contenuti più autentici, i temi e le passioni che hanno dato vita alla creatività di Pablo Picasso e ne hanno influenzato l’esperienza umana e artistica.
    Pavia, unica città del nord Italia ad accogliere l’esposizione, apre eccezionalmente al pubblico le sale di palazzo Vistarino. La settecentesca “villa delle delizie”, affacciata sul Ticino, oggi sede della Fondazione universitaria Alma Mater Ticinensis, farà da scrigno, con le sue sale affrescate, le dorature e gli specchi, alle opere di Pablo Picasso. La mostra è organizzata dalla Fondazione universitaria Alma Mater Ticinensis e dall’Associazione Culturale ViviPavia, in partnership con MUSA Group e in collaborazione con il Comune e l’Università di Pavia. Il catalogo della mostra, edito da Gli Ori, è stato curato da Paola Gribaudo.
    Il teatro e il circo, la tauro-
    machia, le donne e la politica: queste le passioni che danno titolo alla mostra. Temi centrali nell’immaginario artistico di Pablo Picasso e nel contesto del XX secolo. Tematiche illustrate attraverso una grande varietà di tecniche. “Picasso e le sue passioni” propone un percorso completo nell’opera dell’artista spagnolo, che aiuta a comprendere al meglio l’evoluzione del suo linguaggio artistico:dai primi anni parigini con leincisioni del cicloLa Suite des saltimbanques (1913) all’esperienza più matura delle opere grafiche (disegni e litografie) dedicate a La Célestine del 1971. Un nucleo tematico importante è costituito dalle ceramiche, una delle poche collezioni complete in possesso di un privato, conil ciclo Tauromachia (1959),cui Picasso si è dedicatodopo la fine della Seconda guerra mondiale.
    La sperimentazione di oggetti in ceramica (vasi, piatti, brocche, mattonelle dipinte) ha infatti accompagnato gli ultimi vent’anni di vita dell’artista, intrecciandosi indissolubilmente con le sculture, la grafica e soprattutto i lavori su tela. “Picasso e le sue passioni” offre quindi un’esposizione eterogenea per temi ed eclettica per ricerca stilistica, che culmina nei due dipinti a olio Tête de femme,1943 (olio su cartone intelato, 66x51) e Autoritratto del 1967 (gouache e inchiostro di china, 75x56,5) esposti nella “sala della marchesa” di Palazzo Vistarino.
    La donna è il soggetto più sentito nella pittura di Pablo Picasso, è la verità più nascosta, il cavallo di battaglia più sicuro nella guerra di conquista della realtà, è un simbolo limpido, è l’inesauribile tesoro e la nemica che non depone mai le armi. È la joie de vivre e nello stesso tempo è l’ossessione a cui dare forma, la sua inseparabile compagna e la sua regina. Alcuni biografi attribuiscono alla presenza di Dora Maar l’influsso esercitato nella vita di Picasso dal 1935 al 1943 e anche nel suo radicale cambiamento dello stile pittorico. Il temperamento forte, nevrotico e intellettualmente isterico della sua compagna porta l’artista all’esasperazione del suo espressionismo estetico, sia nella scomposizione dei piani prospettici sia nella profondità e acutezza interpretativa del carattere di lei.
    Tête de femme, 1943 – olio su cartone intelato, 66x51 – esposto a Pavia è l’ultimo – e forse il più completo – di una sequenza di quattro ritratti realizzati tutti nello stesso giorno il 3 giugno del 1943, quasi una sorta di addio a Dora Maar, immediatamente prima che l’artista incontrasse la sua prossima conquista e novella musa, la giovanissima Françoise Gilot.
    Nei numerosi autoritratti realizzati nel corso della sua lunga carriera Pablo Picasso in fondo ha sempre svelato l’autentica passione della sua vita: quella per se stesso.
    In Autoritratto, 1967 – gouache e inchiostro di china, cm 75x56,5 – l’artista rivela tutta l’identità e l’alterità del suo doppio. Qui Picasso è l’uomo, l’artista, l’alchimista, ma è anche il Minotauro, il toro, il demone: è l’ombra che affiora dall’inconscio per tradire l’identità nascosta. Nella sua costante decostruzione dell’Ego, Picasso si ritrae davanti allo specchio dell’anima nell’ossessione drammatica di rivelare la sua identità segreta prima di tutto a se stesso.
    Per l’eccezionalità della sede espositiva per la prima volta aperta al pubblico, per quantità di opere e tecniche proposte, “Picasso e le sue passioni” è una mostra unica per Pavia e per tutto il nord Italia. Un’occasione per conoscere al meglio l’opera del grande pittore che ha rivoluzionato l’arte del secolo passato e, ancora, dei nostri giorni.
    Tra le opere che si potranno ammirare in mostra ci sarà uno spazio dedicato a tre rappresentazioni innovative del grande dipinto di Picasso: Guernica. Il progetto voluto da The Mad Box, leader di mercato in Italia nella raccolta di digital e media retail con oltre 2000 metri quadrati di impianti digital out-of-home installati, ha dato la possibilità a tre artisti italiani di creare una loro trasposizione del capolavoro dell’artista spagnolo. Un’opportunità colta da Stefano Bressani, che nella sua opera Urlo alla vita rappresenta la Guernica come un inno alla vita, alla passione e al colore sovrapponendo all’opprimente grigiore livido della guerra, ritrovato nell’opera originale, un urlo di speranza. Parte, invece, da immagini decomposte e decostruite l’opera Per Guernica ora di Paolo Baratella, una trasposizione che “alza la voce” per dire no a chi ritiene che le distruzioni e i massacri siano l’unico mezzo per risolvere i contrasti tra i popoli. Infine, The Mad Box ha coinvolto per l’occasione l’artista milanese Paolo Ceribelli, il quale nella sua rappresentazione immagina la Guernica come una ripetizione ossessiva di un’icona; il suo perdere prima profondità poi forma e infine colore, sbiadendosi, non è che la rappresentazione della ciclicità con cui ripetiamo i nostri orrori, con cui li trasformiamo in routine “altro da noi”.Per avvicinare anche i più piccoli a Picasso sono state pensate delle attività didattiche che si susseguiranno per tutta la durata della mostra: visite guidate per bambini e ragazzi permetteranno di approfondire la conoscenza dell’artista e delle sue opere. Per i gruppi di scuola dell’infanzia e di scuola primaria è stato pensato il percorso “Il piccolo e grande Pablo”: seguendo il racconto della guida i bambini conosceranno la storia del pittore e delle opere esposte, imparando a comprendere le sue tecniche e la sua poetica. A questo percorso seguiranno i laboratori Le mani nell’arte, in cui si insegnerà ai più piccoli a decorare un oggetto in terracotta utilizzando soggetti e colori di Picasso, e I colori di Picasso, dove i bimbi saranno guidati nella realizzazione di un collage che riprodurrà una delle opere esposte.
    Per le scuole secondarie di primo grado è stato pensato il percorso “Picasso tra storia, vita e colori”, percorso in cui gli alunni potranno apprendere la vita e le opere del Maestro attraverso un “diario di viaggio”.
    Per le scuole secondarie di secondo grado, oltre alle visite guidate, è offerta la possibilità di organizzare percorsi specifici per licei artistici e scuole d’arte.
    (www.arte.it)




    FESTE e SAGRE





    PAN SPEZIATO DI NORIMBERGA



    Sono dei dolci morbidi, molto ricchi di spezie, spesso ricoperti da una glassa con zucchero a velo o da cioccolato fondente.
    Il pan speziato di Norimberga prodotto artigianalmente si può acquistare soltanto nelle panetterie e pasticcerie più piccole, in cui si utilizzano le antiche ricette di famiglia conservate con cura. In alcune parti della Germania viene ancor’oggi chiamato “Pfefferkuchen“ (biscotti al pan pepato), il cui nome rimanda al suo gusto originale ben pepato. Per il “vero” pan speziato, è necessario un “requisito di purezza”: i Lebkuchen di alta qualità sono i cosiddetti “Elisenlebkuchen”. Per poter rientrare a pieno titolo in questa categoria, i biscotti devono contenere complessivamente almeno il 25% di mandorle e/o nocciole e/o noci. Nel 1296, le suore di un monastero di Ulm, crearono delle focacce al miele alle erbe officinali, chiamandole Pfefferkuchen. La ricetta si tramandò di monastero in monastero avendo maggior successo in quelli delle grosse città commerciali dove era facile reperire le spezie provenienti dall’oriente come Monaco, Colonia e Norimberga. E proprio a Norimberga che nacque il nome Lebkuchen nel 1409, che deriva dal tedesco “Lebbe”, l'etimologia del nome è incerta, kuchen significa semplicemente dolce, mentre leb potrebbe derivare dal latino libum (focaccia), oppure dalle parole tedesche laib (pagnotta) , leb-honigh (il tipo di miele utilizzato), leben (vita). Nel Medioevo, Norimberga fu uno dei principali poli di scambio d'Europa, punto d’incrocio delle vie più importanti del commercio e delle spezie.
    I “mercanti di pepe” di Norimberga, come venivano chiamati i ricchi commercianti di spezie, importavano queste erbe aromatiche da ogni dove. La foresta reale di Norimberga, detta anche “Il giardino delle api del Sacro Romano Impero”, venne consacrata interamente all’apicoltura, consentendo così di fornire miele che, proprio per questo motivo, era l'unico prodotto dolce presente in grandi quantità. Gli abitanti di Norimberga disponevano, quindi, di tutte le materie prime necessarie. Già alla fine del Quattordicesimo secolo è nota la presenza di numerosi pasticceri esperti nella preparazione del pan speziato. Nonostante ciò, solo nel 1643, questo mestiere venne riconosciuto ufficialmente dal Consiglio municipale come corporazione artigianale. Norimberga divenne nota come "la capitale di pan di zenzero del mondo" nel 1600. La loro corporazione impiegò maestri panettieri e scultori, pittori, intagliatori e orafi che hanno contribuito a rendere il pan di zenzero delle magnifiche opere d'arte. Artisti aiutarono a decorare con la glassa, vernice oro o dorata e intagliatori crearono bellissimi stampi. Per la pratica di aromatizzare con le spezie i dolci fecero guadagnare ai fornai il soprannome di "sacchi di pepe". I Pan pepati decorati venivano spesso tenuti come decorazioni per la casa, sia a parete che appesi alle finestre. La qualità del panpepato di Norimberga era tale che poteva essere utilizzato per pagare le tasse della città ed era considerato un regalo degno di capi di stato. Norimberga ha avuto anche uno speciale Christkindlmarkt, un mercato caratterizzato dalla vendita dilebkuchen. Il mercato esiste tuttora e continua ad essere un evento popolare dove si possono acquistare tutti i tipi di panpepato, compresi quelli tradizionali.

    (Gabry)





    ASPETTANDO NATALE




    Perché Natale si festeggia il 25 dicembre?


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    Il termine Natale significa “il giorno della nascita” e indica per antonomasia, il giorno della nascita di Gesù Cristo. Anche se la Bibbia non rivela la data in cui nacque Gesù e sono inesistenti altre fonti che certifichino l’evento, la sua nascita viene festeggiata il 25 dicembre.

    Ma perché è stata scelta proprio questa data ed a partire da quando?
    La prima testimonianza sull’esistenza di una festa di Natale nel giorno del 25 dicembre, risale al 354 d.C., documentata da un antico almanacco.

    Ma perché fu scelto proprio il 25 dicembre?
    Pare che ci sia un nesso di continuità con quella che era già una festa pagana esistente proprio in quei giorni. Infatti, il 25 dicembre era già da tempo la festa del “Sole vittorioso” (Sol Invictus), una festa in cui si celebrava appunto la vittoria del Dio Sole sulle tenebre: secondo i Romani proprio in quel periodo, avveniva il solstizio d’inverno, momento a partire dal quale le ore di luce aumentavano a scapito del buio.
    I romani inoltre sempre in quel periodo celebravano i saturnali, la festa per onorare Saturno, dio dell'agricoltura. Una festa durante la quale il Sole rinato, era segno dell’approssimarsi della primavera portatrice di nuovi frutti, ed amici e parenti, felici per questo, si scambiavano ricchi doni.

    Attorno al 350 d.c., Papa Giulio I trasformò questa festa pagana in una festa cristiana, dichiarando il 25 dicembre anniversario della nascita di Cristo. Venne logica la continuità di significato tra l’antica festa e la nuova tradizione, mantenendo la stessa data per la celebrazione della nascita di Gesù, dal momento che Cristo rappresenta la vittoria della luce sulle tenebre, e quindi del bene sul male.

    Fu così che il 25 dicembre non fu più festeggiato come festa del “Sole vittorioso”, bensì come “Nascita di Cristo” (Natale), cioè di colui che porta la luce nel mondo. Al di là da queste considerazioni il Natale, da allora, continua ad essere una festa molto popolare per tutti, cristiani e non… un giorno di festa in cui mangiare, stare allegri e festeggiare!


    fonte:http://www.agendalugano.ch/


    (Lussy)






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    Salute e Benessere


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    Montegrimano Terme


    Montegrimano Terme, anticamente "Castrum Montis Grimani", è situato in Provincia di Pesaro e Urbino, nella Valle del Conca e vicinissimo alla Repubblica di San Marino. Posto a 600 metri sul livello del mare offre un'aria purissima, un clima dolce e temperato e la quiete serena allietate dalle carezze della brezza marina e dagli aromi della montagna. Il suo orizzonte sempre terso si estende sino al mare che lontano palpita nell'eterno azzurro, mentri i dintorni offrono incantevoli e pittoreschi panorami. Montegrimano, antico castello medioevale del Montefeltro, già roccaforte dei conti e dei duchi di Urbino, conserva ancora oggi la struttura nel nucleo del paese, disegnando una spirale attorno alla cima che si stringe attorno al Maschio del Castello, trasformato in Torre Civica. La torre quattrocentesca fatta costruire dai Montefeltro nel secolo XIV si trova quasi al centro della piazzetta, isolata dalle case, caratteristica che la distingue rispetto alle altre del Montefeltro e di quelle del resto dell'Italia.

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    Le sorgenti minerali di Montegrimano erano note già in età romana; infatti, in varie epoche vennero scoperte vasche di raccolta ed altre strutture edilizie di matrice romana presso la zona termale. Numerose sono le citazioni in opere importanti dei secoli precedenti che attestano le "benefiche proprietà delle acque": furono riportate dal chimico Andrea Bacci, archiatra della Corte Pontificia, nel suo "De Thermis del '500", dal medico scienziato Mengho Bianchelli nel suo "De Balneis" del '600, dall'umanista Giovanni Hercolani in uno dei suoi famosi epigrammi, fino al più recente trattato sulle acque minerali d'Italia. Nel XVI secolo Montegrimano era già famoso ed invidiato per sue fonti. Dal 1900 in poi, anno in cui venne inaugurata la prima "stagione idroterapica" di Montegrimano, furono condotte numerose analisi su queste acque, tutte comprovanti le loro speciali qualità salutistiche.


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    L'acqua alcalina ha azione diuretica e leggermente lassativa, viene utilizzata principalmente per cure idropiniche, inalatorie e irrigazioni, nella calcolosi renale ed epatica e nelle forme infiammatorie croniche del tubo digerente.



    L'acqua salsobromoiodica contiene una grande quantità di cloruro di sodio, oltre al litio, bromo, iodio, magnesio, ed altri elementi viene utilizzata negli stati infiammatori cronici e recidivi (reumatismi, traumi articolari, etc.)


    L'acqua sulfurea dove prevale lo zolfo oltre altri elementi come calcio e ferro viene utilizzata per cure inalatorie e irrigazioni, nella dermatosi, per la sordità rinogena, nelle affezioni respiratorie (riniti,sinusiti, faringiti, etc.)


    L'utilizzo cosmetico di acque minerali viene definito Crenocosmesi, dal greco crenum (fonte). Oltre a possedere naturali e antiche virtù terapeutiche, le acque termali di Montegrimano esplicano specifiche azioni cosmetiche. La specificità di ogni sua acqua dipende dalla natura dei sali e dei gas presenti, dal tipo di sostanze colloidali sospese e dalla carica bioattivatrice organica che possono contenere. L'azione cutanea delle acque termali di Montegrimano si manifesta sia con l'apporto di oligoelementi, sia attraverso un complesso di fattori dermoattivi a funzionalità biochimica, fisiochimica e fisioterapica in sinergia tra loro. La ricerca ha portato a considerarle come delle vere e proprie "lozioni cosmetologiche".
    da: aqthermal.com


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    La storia del Christams Pudding


    Il Christmas pudding o plum pudding o plum duff rappresenta il principale dessert natalizio inglese ed è popolare anche in Irlanda.
    Viene solitamente chiamato anche plum pudding, che letteralmente significherebbe "pudding di prugne", anche se le prugne non figurano tra i suoi ingredienti. Probabilmente è dovuto al fatto che nel XVII secolo venivano chiamati plum anche l'uva passa e altri tipi di frutta. Si dice pudding per indicare il termine "pasticcio"

    Nato in Inghilterra come semplice piatto di frumento cotto nel latte, il pudding subì numerosi cambiamenti e nel Medioevo, nel XIV secolo, si hanno le sue vere origini, quando si usava preparare un "porridge" bollendo carni di manzo e montone con uva passa, ribes, vino e spezie. Più sovente si serviva nella versione di zuppa, una pietanza della vigilia per prepararsi alle Festività natalizie.
    Attorno al 1595 iniziò a trasformarsi nel “plum pudding”, dato che alla ricetta originaria vi erano nuovi ingredienti addensanti quali uova, pangrattato, frutta secca ed aromatizzanti come la birra chiara e i liquori. Elisabetta I volle aggiungere le prugne secche all'impasto. Lo storico e delizioso budino inglese aveva una forma perfettamente sferica.
    Nel 1664 i Puritani lo bandirono dalle mense, definendolo un’usanza lasciva i cui ricchi ingredienti non si confacevano alla gente timorata di Dio. Venne decretato illegale con un’apposita legge. Sebbene con la restaurazione della monarchia e l’ascesa al trono di Carlo II, nel 1660, nessuna delle leggi promulgate da Cromwell restò effettivamente in vigore, il mito dell’illegalità del Christmas Pudding è ancora vivo in Inghilterra, e molti sono convinti che l’editto del condottiero non sia mai stato abrogato: pertanto, preparare e mangiare il Christmas Pudding con tutto il suo carico di leggende sarebbe qualcosa di proibito.

    Una racconto medievale sull'origine del porridge Natale. Un re si perse nella foresta alla vigilia di Natale. Aveva piccoli quantitativi di cibo, e fu costretto a cercare cibo e riparo a casa di un povero taglialegna. L'uomo non aveva molto cibo così decisero di mescolare insieme il cibo del re e quello del boscaiolo. Il servo mise insieme un tritato sugna, farina, uova, mele, prugne secche, birra, zucchero, e brandy in un panno, bollì il tutto e la miscela diventò un delizioso budino per tutti di condividere.


    Durante l’epoca Vittoriana, nel XIX secolo le prugne secche furono sostituite da uva sultanina e frutta candita.
    All’inizio dell’Avvento, il Christmas pudding incomincia ad essere preparato anche se verrà consumato solo il 25 dicembre, il pudding tradizione vuole che venga preparato nella venticinquesima domenica dopo la Trinità, usando tredici ingredienti, che rappresentano Cristo ed i suoi discepoli, ed ogni componente della famiglia dovrebbe mescolarlo con un mestolo di legno, rimestando da est a ovest in onore dei Re Magi. È usanza, infine, inserire nel composto del dolce delle monetine, avvolte nella carta d’alluminio, che porteranno fortuna a chi le troverà il giorno di Natale. C’è anche chi preferisce inserire un anello, premonitore di matrimonio entro un anno, oppure ditali e bottoni, al contrario per le donne nubili.

    "Ma, anche chi dopo aver mangiato la sua razione scopre di non essere stato baciato dalla fortuna, dovrebbe essere felice di aver comunque assaggiato un po’ di Christmas Pudding: il rischio, per chi non lo fa, è quello di perdere un amico nel corso dei dodici mesi seguenti. O almeno così dice un’antica superstizione, forse vecchia quanto lo stesso dolce."


    L’attuale Christmas pudding risale all’epoca vittoriana: in una larga terrina si mescolano 450 grammi di mollica di pane bianco, un cucchiaino di zenzero e spezie miste, 2 cucchiaini di sale, 225 grammi di strutto, 250 grammi di zucchero di canna, 110 grammi di frutta candita a pezzetti, 450 grammi di uva sultanina e 85 grammi di carote grattugiate. A parte si mescolano 3 cucchiai di brandy, due di latte e 110 grammi di zucchero, per poi aggiungerli agli altri ingredienti. Il composto si versa in un recipiente di ceramica ben imburrato e si copre con carta oleata; si avvolge il tutto (compreso il recipiente) in un panno e si cuoce a bagnomaria per 5 ore se il pudding è piccolo o 9 per uno più grande. A cottura ultimata, si lascia raffreddare a lungo. Si serve tradizionalmente il 25 dicembre, decorato con un rametto di agrifoglio e fatto flambé: l’alto tasso alcolico del dolce fa sì che prenda fuoco quasi immediatamente e gli conferisca il tipico colore nerastro, accentuando ancora di più il colore scuro dovuto alla presenza della melassa, del brandy o della birra.
    E' accompagnato da una salsa a base di burro, zucchero, noce moscata e cannella, con rhum o brandy.

    Un altro ingrediente fondamentale è il grasso di origine animale, lo strutto. La ricetta moderna prevede si utilizzi grasso di rognone – ammessi grassi di origine vegetale per alcune varianti più leggere – ma in passato si sono utilizzate anche altri tipi di grassi animali: questo perché, intorno al Quattrocento, il primo pudding nasce per conservare meglio ciò che restava della macellazione degli animali, sfruttando la pectina della frutta come conservante.

    "In half a minute Mrs. Cratchit entered- flushed, but smiling proudly- with the pudding like a speckled cannon-ball so hard and firm blazing in half of a half-a-quartern of ignited brandy, and bedight with Christmas holly stuck into the top."

    "La signora Cratchit porta in tavola un budino come una palla di cannone a chiazze, così dura e ferma, ardente di brandy acceso e decorata con un rametto di agrifoglio sulla cima."
    (A Christmas Carol ~ Charles Dickens, 1843)


    Ma come faceva la signora Cratchit a preparare il figgy o plum pudding a forma di palla di cannone? Ma lo cuoceva in un canovaccio! Preparare il Christmas pudding era una festa per tutti i bambini della casa! A cominciare dall’impasto in cui ogni componente della famiglia dava un giro di mestolo per esprimere un desiderio.

    "Hallo! A great deal of steam! The pudding was out of the copper. A smell like a washing-day! That was the cloth. A smell like an eating-house and a pastrycook’s next door to each other, with a laundress’s next door to that! That was the pudding!"
    (A Christmas Carol ~ Charles Dickens, 1843)


    Il budino avvolto in un panno era immerso in un grande calderone di rame, lo stesso che veniva utilizzato per lavare i vestiti e riscaldare grandi quantità di acqua. Per questo Dickens parla di odore di pasticceria e di lavanderia mischiati!

    "Per rendere più digeribile il christmas pudding occorre cuocerlo a lungo, usando la mollica di pane più che la farina (ovvero metà e metà); il budino si lascia sempre nel suo involto per conservarlo in un luogo asciutto. In genere si prepara cinque settimane prima di Natale. Al momento di servire si cuoce ancora per un'altra ora!"


    "The secret of making plum pudding light and digestible lies in properly preparing the suet, mincing the currants, and boiling a sufficient time. Puddings made with breadcrumbs are lighter than those made wholly of flour; and a mixture of the two makes the best pudding. Plum puddings may be made some time before Christmas, and, having been boiled, the cloth must be opened out, but not taken off the pudding, and dried. Wrapped in paper, and stored in a dry place, puddings will keep good for several months, and only require to be boiled for an hour at the time of serving."
    (Household Words, A weekly journal, vol 2, 1882. Charles Dickens)


    Cibo ghiotto per i Carolers, ma non per tutti i palati, così gli effetti indigesti del Christmas pudding sono ironizzati in una canzone ottocentesca "Miss Fogarty's Christmas cake"
    (http://ontanomagico.altervista.org/)

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    "Essi hanno una specie di prugna che chiamano lechias,
    che sono di un sapore incredibilmente gradevole,
    e mai danneggiano nessuno,
    sebbene essi ne mangino un gran numero."
    (Juan González de Mendoza)


    IL LITCHI


    Il litchi o ciliegia della Cina o Uva del deserto, in latino Litchi chinensis, è una pianta della famiglia Sapindaceae, unica specie del genere Litchi.
    È una pianta tropicale e subtropicale originaria della Cina meridionale e del Sud-Est Asiatico.I litchi, oltre che in Cina, sono coltivati anche in Thailandia, Vietnam, Giappone, Bangladesh, Madagascar, nell'India settentrionale, Israele, Sudafrica, Stati Uniti e sud Europa.
    E'un sempreverde che spesso è alto meno di 10 metri, sebbene talvolta superi i 15, è molto longeva e, ad oggi, in Cina ne esiste un esemplare di circa 1.200 anni.
    Ha una corteccia è grigio-nera, i rami marrone-rosso. Hanno grandi foglie pinnate, costituite da foglioline che ricordano quelle del ficus, lanceolate, lucide, di colore verde scuro.
    In primavera produce, riuniti in grappoli, piccoli fiori biancastri. Ad essi seguono i frutti che giungono a maturazione nel tardo periodo autunnale. Hanno una buccia rigida, molto ruvida e sottile, sotto la quale è presente una polpa biancastra, lucida e succosa; all’interno sotto alla polpa bianca, si trova un grosso nocciolo simile a quello delle nespole. Il sapore ed anche il profumo, ricordano sia l´uva moscata sia la rosa.

    I litchis, vengono generalmente consumati freschi e contengono sali minerali (rame, potassio e fosforo) e vitamina C. E' un frutto poco calorico (solo 55Kcal/100g) privo di grassi saturi e colesterolo ma ricco di fibra alimentare.

    ..storia..


    Documenti non ufficiali indicano il litchi come una pianta coltivata almeno dal 2000 a.C ma, il primo documento scritto che ne attesta la coltivazione risale al 1059. La coltivazione è cominciata in un'area meridionale della Cina, in Malesia, e Vietnam. Alberi selvatici crescono ancora nella cina meridionale, nella provincia di Guangdong e sull'isola Hainan.
    Si narra che l’imperatore Kao Tsu, vissuto nel 200 a.C., accettava i litchis come pagamento dei tributi locali dovuti dai contadini. Nel primo secolo dopo Cristo, litchi freschi erano così richiesti dalla corte imperiale che fu istituito uno speciale servizio di corriere con cavalli veloci affinché portasse frutti freschi dal Guangdong. Secondo Ts'ai Hsiang, nel suo Li chi pu (Trattato sui Litchi), ci fu una grande domanda anche durante la dinastia Song (960-1279). Era uno dei frutti preferiti della favorita dell'imperatore Li Longji (Xuanzong), Yang Yuhuan (Yang Guifei). C'è un poema di Su Dongpo s intitolato 荔枝叹 (lìzhī tàn) “Lamento sui Lychee”
    Fu così che attirò l'attenzione degli esploratori europei. Juan González de Mendoza nel suo "La storia del grande e potente reame di Cina" (1585), basato sui racconti dei frati spagnoli che avevano visitato la Cina negli anni 70 del 1500, citò moltissimo questo frutto.
    Fu descritto scientificamente da Pierre Sonnerat (1748–1814) al ritorno dal suo viaggio in Cina e nel sud-est asiatico. Fu allora che fu introdotto a Riunione nel 1764 da Joseph-François Charpentier de Cossigny de Palma. Fu in seguito portato anche in Madagascar che ne è diventato un importante produttore.

    La leggenda narra che un guerriero cinese, dopo aver sconfitto un drago mostruoso, decise di strappargli gli occhi e lanciarli a terra. Sarebbero stati proprio gli occhi del drago a dare vita a una pianta, come se fossero dei semi, dando vita ai lychees.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    DICEMBRE

    DICEMBRE

    Dalla profondità dei cieli tetri
    scende la bella neve sonnolenta,
    tutte le case ammanta come spettri;
    di su, di giù, di qua, di là, s'avventa,
    scende, risale, impetuosa, lenta,
    alle finestre tamburella i vetri...
    Turbina densa in fiocchi di bambagia,
    imbianca i tetti ed i selciati lordi,
    piomba dai rami curvi, in blocchi sordi...
    Nel caminetto crepita la bragia...


    (Guido Gozzano)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)




    dal web

    L’inverno è magico. È quel respiro che si fa fumo.
    È il ghiaccio che trovi la mattina..
    È la pioggia e la neve
    che rallentano per un po’ il mondo...
    E' quiete e…silenzio.
    (dal web)


  12. .






    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 6° SETTIMANA 051 (14 Dicembre – 20 Dicembre 2015)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Mercoledì, 16 Dicembre 2015
    S. ALBINA

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    Settimana n. 51
    Giorni dall'inizio dell'anno: 350/15
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    A Roma il sole sorge alle 07:32 e tramonta alle 16:40 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:58 e tramonta alle 16:39 (ora solare)
    Luna: 10.58 (lev.) 22.10 (tram.)
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    Proverbio del giorno:
    Tutti son bravi quando il nemico fugge.
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    Aforisma del giorno:
    Le prove a cui il Signore vi sottopone e vi sottoporrà sono tutti contrassegni della divina dilezione e gemme per l'anima.
    Passerà, mie care, l'inverno e verrà l'interminabile primavera tanto più ricca di bellezze, quanto furono più dure le tempeste.
    (S. Pio da Pietrelcina)









    RIFLESSIONI



    ... BABBO NATALE ESISTE …
    ... Suoni di campanelle, il bosco innevato risuona del cadere di cumuli di neve dai rami. Ha nevicato tutta la notte; il camino crepita e scalda a fatica la stanza della casetta persa nell’abbraccio del bosco. La porta si apre e un pennacchio di fumo esce dalla bocca al primo respiro. Freddo intenso, neve immacolata nessun passaggio nessuna impronta a scalfirne il manto. Un rituale il suo; ogni mattina scende da quel suo lettone; gran coperta a riquadri colorati, calda come l’abbraccio e leggera come una piuma. Pantofole e pigiamone pesante, rosso perché quello è il suo colore; passa davanti allo specchio e si carezza la lunga barba bianca, inforca gli occhiali e si siede un attimo sulla sedia a dondolo davanti alla grande finestra che si affacciava sul bosco innevato. Il camino alla sua destra illuminava riscaldando la stanza e l’intera casa; aria di festa in quel “nido”; aria di generosa felicità. Sulla scrivania nell’altro angolo della stanza la scrivania; un lume la illumina tutta la notte e su di essa magicamente appaiono in continuazione lettere, tante infinite lettere. Di tanto in tanto si volta e sorride guardando la scrivania riempire il piano e quella campanella suona ad ogni arrivo di una nuova busta, una nuova letterina. In quel rituale di ogni mattina, la breve passeggiata nel bosco; polmoni pieni di aria fresca, di candido vivere e di bello e radioso pensare. Rientra a casa, infila di nuovo le pantofole, e si siede alla scrivania. Fino a sera, fino a notte fonda. Curvo su quelle letterine le legge, si emoziona, a volte scende una lacrima dai suoi occhi, altre una sonora risata. La campanella suona di nuovo, altre lettere arrivano e altra gioia riempie il suo cuore. Di tanto in tanto un bagliore illumina il bosco; tutte le lettere sono tradotte in oggetto, tutti i desideri sono esauditi. Bagliri continui, la campanella che suona sempre; la sua vita non ha pause non conosce soste. Bussano alla porta, vengono a prenderlo, si avvicina il momento per cui ha lavorato tutto l’anno; arriva il suo momento. Indossa gli stivaloni neri, indossa il cappello rosso e, mano passata ad accarezzare la sua barba lunga bianca, è pronto! Sale sul suo mezzo preferito e vola verso la sua casa, quella dove i desideri sono pronti per essere realizzati e consegnati. Suoni di campanelle, ancora risuonano nell’aria un bagliore lontano, la sua casa, il suo regno lo aspetta! Babbo Natale è pronto anche quest’anno a portare i regali; Babbo Natale esiste; non dite mai ad un bambino che Babbo Natale non esiste, se lo fate in quel preciso istante avrete tolto al piccolo il più grande dono in suo possesso … immaginare e sognare!… Buon Dicembre amici miei … (Claudio)






    Babbo Natale esiste davvero. Questa bellissima lettera spiega perché
    Nel 1897, una bambina di 8 anni, Virginia O’Hanlon, scrisse al direttore del Sun di New York. “Caro direttore, ho otto anni. Alcuni dei miei piccoli amici dicono che Babbo Natale non esiste. Mio papà mi ha detto: ‘Se lo vedi scritto sul Sun (un giornale importante), sarà vero’. La prego di dirmi la verità: esiste Babbo Natale?”








    Virginia,
    i tuoi piccoli amici hanno torto. Sono stati contagiati dallo scetticismo di quest’epoca scettica. Credono solo a quello che vedono. Pensano che una cosa non esista se non la possono abbracciare con la loro piccola mente… Tutte le menti, Virginia, quelle degli adulti come quelle dei bambini, sono piccole. In questo nostro grande universo, l’uomo con il suo intelletto è come un insetto, una formica, se paragonato con il mondo infinito che lo circonda e con quell’intelligenza capace di afferrare verità e conoscenza nella loro totalità.

    Sì, Virginia, Babbo Natale esiste. Esiste con la stessa certezza con cui esistono l’amore, la generosità e la devozione, e lo sai che abbondano e danno alla tua vita tanta bellezza e tanta gioia.

    Ahime! Come sarebbe desolato il mondo se non ci fosse Babbo Natale. Sarebbe triste quanto un mondo senza Virginie. Non ci sarebbe la fede dei bambini, non ci sarebbe poesia, romanticismo a rendere tollerabile questa esistenza. Non avremmo piaceri, eccetto che per i sensi e per la vista. La luce eterna con cui l’infanzia riempie il mondo sarebbe estinta.

    Non credere a Babbo Natale! Sarebbe come non credere alle fate! Potresti chiedere al tuo papà di pagare degli uomini che guardino in tutti i camini alla vigilia di Natale, per scovare Babbo Natale, ma se anche non lo vedessero venire giù, che cosa proverebbe questo? Anche se nessuno lo vede, questo non significa che Babbo Natale non esista. Le cose più vere del mondo sono quelle che né i bambini né gli adulti vedono. Hai mai visto le fate danzare sul prato? Ovviamente no, ma non ci sono prove che non esistano.

    Nessuno può concepire o immaginare tutte le meraviglie non viste o non visibili del mondo. Potresti fare a pezzi il sonaglio di un bambino per cercare di scoprire che cosa produce quei suoni, ma c’è un velo che copre il mondo invisibile che nemmeno l’uomo più forte del mondo, e nemmeno la forza di tutti gli uomini che hanno vissuto possono strappare. Solo la fede, l’immaginazione, la poesia, l’amore, la passione possono scostare quel velo dalla nostra vista e rivelarci la bellezza sovrannaturale e la gloria che stanno dall’altra parte. E’ reale tutto questo? Oh, Virginia, in tutto il mondo non c’è niente di più reale e duraturo.

    Niente Babbo Natale! Grazie a Dio esiste e vivrà per sempre. Tra mille anni, Virginia, anzi tra dieci volte diecimila anni, Babbo Natale continuerà a rallegrare il cuore dell’infanzia.
    (caffeinamagazine)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Autunno…

    Aspettando l'inverno

    Un venticello e una pioggerellina
    mischiata a nevischio
    mi richiama all'inverno stamattina.
    Cadono le ultime foglie per terra
    Brontolano secche trasportate
    da un'arietta lieve leggera
    Sono di un albero, le ultime foglie,
    rimasto con rami spogli
    Che attendono nuova stagione
    Per nuovi germogli
    . Da dietro i vetri, guardiamo con lei
    tutta intorno la campagna
    aspettando il nostro inverno
    che non sia greve
    con un lungo e tenero abbraccio
    Mentre fuori cade lieve la neve.
    (Salvo Ragonesi)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Una fiaba nera

    Presso il bosco delle querce rosse, in una baita di tronchi di quercia, viveva la famiglia Oaks composta dalla mamma, scultrice di statue, dal babbo, ovviamente falegname, e dal loro figlio di undici anni Gimmy.
    Pur non avendo agi e ricchezze erano felici.
    Quando non andava a scuola, per le vacanze di Natale o Pasqua, Gimmy accompagnava suo padre in giro per la foresta a raccogliere tronchi e rami secchi da poter lavorare con lo scalpellino o da bruciare nel grande camino della sala da pranzo.
    Con i tronchi e i rami migliori si creavano sedie, tavoli, comò, scrivanie e mensole per la cucina, mentre la mamma creava piccole statuine con i pezzi più piccoli, ma non meno preziosi. Era, infatti, dagli scarti, diceva sua madre, che nascevano le opere migliori.
    A Gimmy piaceva pensare, come gli aveva sempre raccontato sua mamma, che le piccole immagini aspettassero solo di essere liberate dal legno in eccesso e quando Gimmy trovava un pezzo di legno che gli ispirava un personaggio da intagliare, correva subito da sua madre e la pregava di liberarlo dalla gabbia che lo nascondeva alla luce.
    Ad alcune piccole statuine aveva anche fatto indossare pezzi di stoffa per farne degli abiti e, come un piccolo esercito, li aveva disposti sulla mensola sopra il suo letto perché lo sorvegliassero durante il sonno. Troneggiava un grazioso cacciatore con il fucile in spalla, un cucciolo di orso in attesa del ritorno della madre, un cercatore di funghi col cestello in mano, un ranger in pattuglia, un guardaboschi, uno spaventapasseri che non faceva paura affatto e, infine, un bambino appena abbozzato in un ceppo di legno ancora da liberare.
    Questo era l'unico senza pezzetti di stoffa. Era ancora informe, ma forse Gimmy era quello che amava di più. Si riconosceva ogni volta che lo guardava. Quando era triste per una sgridata o per un brutto voto a scuola o per una litigata dei genitori, Gimmy prendeva in mano il “mezzo bambino”, così lo aveva chiamato, e lo guardava a lungo come se fissandolo avesse potuto liberarsi della tristezza.
    Anche quell'anno era giunta l'estate, ma a differenza degli anni passati, Gimmy non sarebbe andato in gita con i compagni di scuola per la mancanza di soldi. L'annata passata era stata talmente fredda e nevosa che la legna che era servita ai suoi genitori per produrre statue e mobili non era stata sufficiente a pagare le spese di sopravvivenza. Il congelamento e la morte prematura di molti alberi aveva consegnato legna marcia e fradicia d'acqua. Quel minimo che avevano guadagnato era servito al solo cibo e a poco altro.
    Anche se Gimmy era ancora troppo piccolo per capire i meccanismi dell'economia, aveva compreso le difficoltà affrontate dai suoi genitori per superare quei momenti. Spesse volte, quell'anno, si era rifugiato in camera sua a giocare con le sue statuine per superare la tristezza di sentire i suoi genitori discutere di cose che non capiva. Ora che gli avevano spiegato le ragioni delle liti, confermandogli che gli volevano bene ugualmente, era infatti questo che Gimmy temeva, era tornato sorridente.
    Con più tempo libero, senza compiti o lezioni noiose, aiutava più frequentemente il babbo con la legna e sua mamma con le piccole statue da scolpire. Quando per qualche giorno suo padre dovette restare a letto, Gimmy fu incaricato di cercare nel bosco, attorno casa, alcuni rami per il camino e delle ghiande per i maiali acquistati con gran fatica durante l'inverno appena passato.
    Gimmy sapeva che era una grande responsabilità e che la fiducia riposta nelle sue capacità era molto importante per la sua famiglia. Con gioia ed entusiasmo si era incamminato nel lussureggiante querceto con un fagotto di tela con dentro un po' di formaggio e un pezzo di pane e un cesto di vimini sulle spalle.
    Subito aveva perso di vista casa sua, ma ormai sapeva orientarsi da solo.
    Nei suoi passi era accompagnato dai canti degli uccellini, anche se uno in particolare sovrastava tutti gli altri: quello del cardinale. Non sostando mai troppo a lungo su uno stesso ramo o albero sembrava seguire passo a passo Gimmy.
    Ormai lo conosceva bene anche se lo aveva visto poche volte. Era, infatti, rosso come il fuoco, con una bella cresta e piume lunghe sulla coda. Infine aveva quattro diversi tipi di gorgheggi che lo contraddistinguevano da tutti gli altri uccelli.
    Con quel concerto di ugole, Gimmy avanzava sicuro tra alberi giganti e cespugli fitti di rovi e bacche.
    Era già un po' che camminava così decise di fare una sosta sedendosi su un ceppo di un vecchio albero abbattuto da un fulmine, proprio accanto ad un piccolo fiumiciattolo, a mezz'ora di cammino da casa.
    Posò il fagotto per terra, sfilò il pane e il formaggio e, dando un morso prima ad uno poi all'altro, fece colazione. Finito lo spuntino tornò a camminare, riuscendo a trovare quello che gli era stato chiesto. Una gran quantità di ghiande e molti rami secchi.
    Il sole stava scendendo lentamente a ponente, come insegnatogli da suo padre e come indicavano le ombre lunghe sul terreno muschiato.
    Prima di rincasare si riposò ancora e si sedette accanto ad un altro tronco tagliato a circa un metro e mezzo da terra, quasi quanto lui. Slacciò lo “zaino” e appoggiò la schiena al tronco.
    Appena seduto sentì una voce chiedergli di non affaticarlo.
    Gimmy balzò in piedi spaventato, ma...
    “Ti prego, non volevo farti paura, ma se ti appoggi a me soffro”.
    Gimmy girò attorno al tronco e dall'altra parte vide il viso di un bambino molto simile a lui, che lo guardava dal legno. Gimmy rimase qualche istante senza parole poi chiese scusa.
    “Ma tu parli? Come è possibile?”.
    “Io cerco di parlare con tutti da molto tempo, da quando sono stato trasformato per punizione, ma nessuno mi vede o mi sente. Tutti credono che questo albero sia stato tagliato, ma invece sono solo io che ne ho preso la forma. Tu sei il primo, devi avere un animo puro e innocente”.
    Gimmy lo guardava con meraviglia, ma anche tenerezza, dopo che era venuto a conoscenza del suo sfortunato destino.
    “Ma chi ti ha fatto questo? È stato molto crudele...” disse ingenuamente Gimmy mentre gli si era accovacciato davanti per vederlo meglio.
    “È stata una vecchia strega che viveva qua molti decenni fa. Secondo lei le feci uno sgarbo e così mi maledisse in questa forma lignea”.
    “Da quanto tempo sei così?”.
    “Non ricordo più ormai, ho visto tante di quelle primavere, estati lussureggianti, inverni rigidi e nevosi che ho perso il conto. In che anno siamo?” chiese il “mezzo bambino” di legno. Gimmy glielo disse e il suo viso si rattristò ancor di più.
    “E non hai nessuno con cui giocare o parlare?” chiese ancora ingenuamente Gimmy.
    “Nessuno mi vede, solo gli animali che vivono nella foresta, ma non mi considerano uno di loro. Non ho amici io” e da quelli che potevano sembrare occhi sgorgò una resina simile alle lacrime che si solidificò quasi subito lungo le gote.
    Gimmy divenne pensieroso e poi con un largo sorriso sulle labbra gli disse.
    “Allora, se vuoi, posso essere io tuo amico. Verrò tutti i giorni qui e ti terrò compagnia, parleremo e rideremo e ti racconterò il mondo di oggi. Non ti lascerò più al tuo destino tutto solo”. A quelle parole anche il ragazzino del tronco sorrise, prima solo un po', poi con tutta la bocca che si allargò, sembrò a Gimmy, fino a quelle che erano apparentemente orecchie.
    “Dici sul serio? Non mi lascerai mai?”.
    “Mai” anche se per Gimmy la parola Mai non aveva il significato che intendeva il ragazzo appena conosciuto. Ma il povero Gimmy aveva tutta l'ingenuità del fanciullo ancora inesperto del mondo e delle sue insidie. La sua generosità era sincera.
    “È deciso allora, da domani verrò sempre e parleremo fino alla noia e giocheremo”.
    “Ci conto. Una cosa però, non devi dire a nessuno che mi hai visto. Nessuno ti crederebbe e forse ti impedirebbero di tornare ancora” disse l'altro seriamente, ma incapace di trattenere l'euforia della novità.
    “Non preoccuparti, sarò muto come un pesce pescato. A presto” esclamò Gimmy mentre riprendeva il viaggio per casa.
    Quella sera la sua felicità sprizzava da tutti i pori, ma inventò una bugia per non tradire il nuovo “amico”.
    Andando a letto guardò le sue statuine e riconobbe nel “mezzo bambino” intagliato da sua madre quello nel bosco. La somiglianza era incredibile, ma credette solo ad una bellissima coincidenza.
    Andò a letto radioso di felicità che gli impedì per un po' di addormentarsi. Non vedeva l'ora che arrivasse la mattina per poter incontrare nuovamente il ragazzo.
    Con la scusa di andare a cogliere altre ghiande e qualche frutto di bosco per la torta che la mamma stava preparando, Gimmy corse nuovamente dal bambino conosciuto neanche un giorno prima e lo salutò con entusiasmo.
    Le ore volarono e a mezzogiorno, con il sole a picco sulla foresta, Gimmy dovette far ritorno a casa portando la frutta colta dai cespugli lungo il cammino. Gli promise di tornare il giorno dopo. Lungo la via del ritorno la sua felicità era alle stelle.
    Aveva tutta l'estate per conoscerlo e diventare il suo migliore ed unico amico.
    Per quasi una settimana riuscì a frequentare il ragazzino dell'albero senza dire niente ai suoi, ma poi dovette motivare le sue gite giornaliere e la sua grande gioia.
    “Mamma, ho promesso che non l'avrei tradito”.
    “Chi non avresti tradito?”.
    “Nessuno, non posso dirlo”.
    “Non mi dire bugie, chi è che incontri nelle tue passeggiate? È un uomo, una donna, una bambina, più bambini... dimmi” la voce della madre sembrava allarmata e Gimmy se ne era accorto.
    Anche il babbo premeva perché parlasse.
    “Non vi arrabbiate se ve lo dico?, ma dovete promettere di non dirlo a nessuno...”.
    “Certo, ora parla”.
    “Promettete, dovete dirlo”.
    “Sì, promettiamo. Allora?” erano evidentemente preoccupati che qualcuno potesse, con cattive intenzioni, raggirare la fiducia del loro Gimmy.
    “È un bambino, ma è speciale e sfortunato”, e a quelle parole i genitori si tranquillizzarono.
    “Perché, cosa ha fatto?” chiesero.
    “A causa di una strega cattiva” e a queste parole i genitori sorrisero compiaciuti “è stato trasformato in un ceppo d'albero. Papà, hai presente quel grande tronco vicino al fiume? È quello, ma nessuno che non sia puro di cuore lo può vedere. Dice che io sia il solo che lo vede e lo sente parlare. Siamo diventati grandi amici”.
    I genitori erano visibilmente sollevati e il sorriso era tornato sulle loro labbra.
    “Ma certo, povero bimbo. Quanti anni ha?” credendo di chiedere una cosa ovvia.
    “Più di cento” disse ingenuamente Gimmy.
    Ci fu una risata di complicità e Gimmy si rattristò.
    “Me l'aveva detto che non mi avreste creduto, ecco...” e corse via.
    Quando sua madre lo raggiunse lo prese tra le braccia e lo coccolò un po'.
    “Non volevamo ridere, ma hai sempre mostrato gran fantasia. Tuttavia puoi andare a trovarlo quando vuoi. Eravamo preoccupati perché in questa foresta sono scomparsi molti bambini e non sono stati più trovati. Volevamo essere sicuri che non fosse qualche malintenzionato, capisci?”.
    “Sì, anche se so che non mi credete, ma quando andrò con babbo per legna glielo mostrerò”.
    “Certo, così lo conoscerà anche lui, ne sarà felice...”.
    La mattina seguente tornò dal “mezzo bambino” ma questo, vedendolo triste, gli chiese il motivo di quella faccia.
    “No, è che i miei genitori non credono che tu esista. Ho spiegato loro la tua storia, ma hanno riso”.
    “Ti avevo detto di non dire niente di me, sono deluso”.
    “Perdonami, ma non riuscivo più a trattenere la gioia di avere un nuovo amico e, vedendomi allegro, mi hanno chiesto la ragione e gliel'ho detto”.
    “Va bene, so che sei mio amico, sei scusato”.
    “Ho detto anche che ti farò vedere a mio padre, un giorno...”.
    “Non mi vedrà”.
    “Ma è una brava persona, ha il cuore puro”.
    “Nessun adulto è puro fino in fondo. Dopo quello che ti ho raccontato su quella strega che mi ha trasformato così, non hai imparato nulla?”.
    “Mio padre è diverso, te lo dimostrerò”.
    “Non contarci, sono tutti uguali...”
    Qualche giorno dopo Gimmy ebbe l'occasione per smentire le parole del bambino di legno e di uscire con suo padre. Durante il percorso gli descrisse il magico amico, dicendogli anche che avrebbe potuto vedere le lacrime che al primo incontro avuto con lui gli erano sgorgate dagli occhi, poi solidificate. Nei pressi del fiumiciattolo Gimmy identificò l'amico e gli corse davanti per presentargli il babbo, ma vide soltanto alcuni nodi e vene tipiche del legno secco. Quando arrivò anche suo padre evitò di deludere il figlio già visibilmente triste.
    Cercò di consolarlo. Gimmy gli fece notare soprattutto le lacrime solide da sotto quelli che sembravano occhi, ma che per il babbo erano solo nodi e incavi del tronco casualmente simili a orbite oculari.
    Gimmy cercò di chiamare l'amico ma non ci fu risposta.
    “Non ho sognato” disse piagnucolando al babbo che di risposta lo abbracciò a sé.
    “Dice che chi non è puro di cuore non lo può vedere né sentire, in particolare gli adulti non lo sono”.
    “Non preoccuparti, sarà per un'altra volta. Magari è timido o sta dormendo”.
    “Non mi credi” disse Gimmy allontanandosi rapidamente dalla sua stretta.
    “Non fare così. Non c'è niente di male ad avere fantasia. Però le lacrime che dicevi ci sono, possono essere una prova...” ma era evidente che cercava di assecondarlo per non infierire sulla delusione evidente.
    In silenzio e con il capo chino Gimmy tornò a casa, triste come non mai.
    Mancò all'appuntamento con il suo amico per qualche settimana, ma non sopportò di non vederlo.
    Quando ci tornò era tutto normale.
    “Perché non mi hai risposto l'ultima volta?”.
    “Non potevo rivelarmi, tuo padre non era e non è puro di cuore”.
    “Ma perché a me no?”.
    “Mi spiace, non volevo rischiare. Ho avuto paura di aver ferito la nostra amicizia quando non ti ho visto più, mi sei mancato”.
    Gimmy ci pensò un attimo, ma poi mentì dicendo che aveva dovuto aiutare babbo con il lavoro.
    “Non preoccuparti. Non eri tu il problema. Ora che l'autunno si avvicina, però, farò fatica a venire spesso da te. Inizia la scuola e le giornate si fanno più corte e i lupi cercano cibo”.
    “Lo so, spesso passano di qui e si spaventano vedendomi, non capiscono cosa sia. Mi basta che vieni almeno una volta a settimana. Mi piace parlare con te”. E così decisero.
    Verso metà settembre il “mezzo bambino” chiese un favore a Gimmy.
    “Puoi venire all'equinozio, fra sette giorni, all'alba? Ho scoperto un modo, forse, per tornare alla mia forma originale. La strega mi maledisse, ma aggiunse che se avessi trovato un amico sincero e leale avrei potuto tornare come prima. Ovviamente lei non ci contava affatto, infatti dicendolo, rideva sghignazzando”.
    “Certo che siamo amici, se posso guarirti lo faccio volentieri”.
    “Non basta però la tua parola, dovrai fare un rito con me”.
    “Tutto quello che vuoi”.
    “Riuscirai ad evitare i tuoi genitori?, loro non devono sapere nulla, sennò non funzionerà”.
    “Dirò che andrò a scuola prima”.
    “Ti ringrazio, allora, amico”.
    “Amico del cuore” aggiunse Gimmy entusiasta.
    Si diedero appuntamento, come stabilito, dopo sette giorni, alle cinque del mattino.
    La felicità di Gimmy tornò ad essere evidente come la luce del sole, ma i suoi genitori l'attribuirono all'amicizia molto stretta con quel “bambino” immaginario, secondo loro, e così non chiesero e non sospettarono nulla.
    Il giorno previsto, anche se le strade erano coperte di qualche decina di centimetri di neve, Gimmy riuscì ad uscire di casa mezz'ora prima delle cinque senza farsi vedere né sentire e si diresse dall'amico per essere lì entro l'alba.
    Giunto sul posto salutò quello che da lì a poco sarebbe diventato un bambino in carne ed ossa come lui. Gli scese qualche lacrima e il “mezzo bambino” lo ringraziò della puntualità e della fiducia.
    Quando i primi raggi lambirono il ceppo della quercia il rito iniziò, ma Gimmy non sapeva cosa gli sarebbe costato. Il suo cuore puro e ingenuo lo rendeva vulnerabile alla magia che stava per avvenire.
    I genitori, quel pomeriggio, quando non lo videro arrivare come al solito, si preoccuparono sperando che fosse ancora a scuola. Giunto l'imbrunire si disperarono e corsero nel paese vicino chiedendo se l'avessero visto, anche ai suoi amici di classe, ma nessuno aveva sue notizie fin dal giorno precedente. Non era, infatti, andato a scuola quel giorno.
    Le eventuali orme che potevano segnalare il suo percorso erano state coperte dalla nevicata pomeridiana, così decisero di perlustrare il bosco, anche con l'aiuto dei compaesani, sperando di trovarlo là.
    I genitori si diressero per una via più lunga verso il fiume, cercando anche nel luogo del mezzo tronco che Gimmy considerava un bambino come lui. Il ceppo svettava dal mezzo metro di neve come un faro sulla costa, ma di Gimmy non c'era traccia. Sua mamma vide però il suo zaino e corse a prenderlo. Il babbo guardò il tronco e con disperazione cadde sulla neve balbettando qualcosa alla moglie.
    Nel tronco erano incisi i lineamenti perfetti di Gimmy con gli occhi e la bocca aperti quasi per chiedere aiuto. Sua madre lo chiamò per nome, accarezzò la sua forma e rimase a fissarlo.
    Seduti nella neve, i genitori si abbracciarono e si disperarono di non aver voluto credere ai racconti del figlio.
    Quando si alzarono, con fatica, notarono delle orme molto piccole, come quelle di un bambino, che si dirigevano a larghe falcate verso il corso d'acqua lì vicino. Incredibilmente si erano mantenute impresse nella neve fresca, come fossero state lasciate da poco.
    Forse la storia del “bambino di legno” non era solo frutto della fantasia.
    Di Gimmy non si ebbero più notizie e così anche lui andò ad aggiungersi agli altri bambini scomparsi nel bosco delle querce.
    L'intero paese credette che fosse affogato nel fiume e portato via dalla corrente impetuosa di quei giorni, le orme sembravano confermare quell'ipotesi, ma i suoi genitori sapevano che non era così.
    Non avevano prove per sostenere che fosse imprigionato in quel maledetto tronco, ma quello che avevano visto confermava quell'idea folle. Per il resto della loro vita posero fiori presso il ceppo con le sue sembianze; gli portarono anche le statuine che collezionava sopra la mensola del letto e in particolare quella di un piccolo bambino informe che emergeva a fatica dal legno non ancora lavorato, proprio quello preferito da Gimmy.

    (Ramsis Deif Bentivoglio)



    ATTUALITA’


    Auguri Francesco, il Papa compie 79 anni.

    Messaggi di auguri da tutto il mondo per il pontefice 'venuto dalla fine del mondo'. Messaggi da tutto il mondo per Papa Francesco che compie oggi 79 anni.

    - Migliaia gli auguri di compleannoche stanno giungendo via Twitter sul profilo @Pontifex_it!

    - "Con te la Chiesa è come una barca che naviga a vele spiegate verso i più bisognosi": i frati del Sacro Convento di Assisi augurano con queste parole buon compleanno a Papa Francesco. "Ti siamo vicini - scrive la comunità sul proprio sito - con l'affetto e la preghiera. San Francesco ti accompagni sempre. I tuoi gesti sono carichi di misericordia e percorrono il sentiero tracciato dal Signore e da San Francesco. Sei tra gli ultimi con semplicità e carità, portando la parola del Vangelo nei luoghi più remoti. Preghiamo per te - concludono i frati di Assisi - sulla tomba del Santo e ti auguriamo pace e bene".

    - In occasione del 79 compleanno di Papa Francesco, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, gli ha fatto pervenire un messaggio nel quale gli esprime fervidi auguri per il Suo compleanno e per le prossime festività natalizie, "cui unisco con grande piacere quelli di tutti gli italiani la cui stima nei Suoi confronti è sincera e profonda a nome del popolo italiano e mio personale". Mattarella prosegue: "Anche attraverso i suoi viaggi apostolici, in aree del mondo spesso dimenticate Ella si è fatta portatrice di un messaggio di pace universale che ha trovato ampia accoglienza in Italia e nel mondo intero, toccando il cuore di credenti e non credenti. I Suoi viaggi in Italia e la recente apertura della Porta Santa hanno, inoltre, fornito un'occasione preziosa per riaffermare la forza e le caratteristiche uniche dei rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato italiano, che si sviluppano con particolare sintonia verso le fasce più deboli della società e verso quanti, mai come quest'anno, hanno cercato in Italia e in Europa un rifugio dalla guerra, dalle violenze e dalle persecuzioni. La ricorrenza del Santo Natale ci invita a riflettere con sempre maggiore attenzione su questi temi e sulle tante tragedie che ancora tormentano l'umanità, ma anche sul messaggio di speranza e di pace che questa felice ricorrenza porta con sé.

    - In queste ore giungono da tutto il mondo gli auguri a Papa Francesco per il suo 79/mo compleanno. "Voglio fare i miei complimenti, i miei auguri cordiali, amichevoli a Papa Francesco, al nostro Santo Padre, che tutti noi amiamo tanto, e dirgli anche che tutti noi preghiamo sempre per lui e rivolgiamo di cuore a Dio queste preghiere, che lui ci chiede tanto", dice a Radio Vaticana il cardinale brasiliano Claudio Hummes, legato a Jorge Mario Bergoglio da una lunga amicizia. "Che Dio gli dia sempre gioia, felicità, serenità in questo ministero così importante e, alle volte, anche tanto difficile", prosegue. Che abbia tutta questa tenerezza in questo compleanno, una tenerezza speciale, di cui lui stesso ci parla sempre, quella che Dio manifesta a tutti noi, la sua tenerezza. In questo compleanno Dio riservi a lui una tenerezza molto speciale", aggiunge il porporato. "Gli auguriamo un lungo Pontificato, prolungato - conclude Hummes -. La Chiesa ha bisogno di questo Pontificato, la Chiesa ha bisogno di questo progetto che lui manifesta e che ha messo in marcia. Allora, che lui abbia un Pontificato prolungato e che Dio lo incoraggi sempre in questo lavoro".

    - Le famiglie che hanno ricoverato i propri figli all'ospedale pediatrico "Bambino Gesù" e che sono ospitate dal Progetto Bambini dell'Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) hanno voluto affidare a un video messaggio gli auguri a Papa Francesco in occasione del suo 79/mo compleanno. A Francesco hanno augurato con grande affetto un sereno compleanno. Al Pontefice hanno, però, chiesto un grande regalo: di pregare per i loro figli che stanno vivendo l'esperienza della malattia. "Siamo rimasti veramente contenti - spiega Emanuele Trancalini, presidente di dell'Unitalsi Roma e responsabile nazionale del Progetto Bambini - della richiesta delle nostre famiglie di volere inviare gli auguri al Papa con un video messaggio. Un segno di grande affetto e devozione al quale ci associamo con grande gioia insieme a tutti volontari della nostra associazione che nella nostra città offrono il proprio contributo ogni giorno per essere messaggeri di misericordia".

    La sera del 13 marzo 2013, al quinto scrutinio, è eletto papa assumendo il nome di Francesco in onore di san Francesco d'Assisi.

    È il primo gesuita a diventare papa ed il primo pontefice proveniente dal continente americano
    (Ansa)





    WhatsApp bloccato in Brasile per 48 ore, Zuckerberg duro: "Che tristezza".

    WhatsApp bloccato per 48 ore in tutto il Brasile e Zuckderberg attacca. La decisione è di un tribunale di Sao Bernardo do Campo, nell'entroterra di San Paolo, con effetto a partire dalla mezzanotte di oggi (le tre di stamane in Italia). Il motivo, per la magitratura, è il mancato rispetto di un ordine di un giudice.
    Le compagnie locali di telefonia fissa e mobile hanno cominciato a interrompere il servizio dalle 23:30 (orario di Brasilia) di ieri. Alcune società, come la Oi, hanno deciso di fare ricorso contro il provvedimento giudiziario. Secondo il tribunale di San Paolo, i responsabili di WhatsApp - nota applicazione di messaggistica mobile che è di proprietà di Facebook - il 23 luglio scorso non avrebbero rispettato l'ordine di un giudice emesso nell'ambito di un processo penale caratterizzato dal segreto istruttorio. L'azienda avrebbe ignorato anche una seconda notificazione pervenuta ad agosto e il pubblico ministero ha così deciso la sospensione temporanea del servizio in tutto il Paese, lasciando milioni di utenti senza accesso. In Brasile, WhatsApp è una delle 'app' per cellulare più usate in assoluto.

    "Questo è un giorno triste per il Brasile. Fino ad oggi il paese è stato alleato nella creazione di una rete internet aperta": così Mark Zuckerberg ha commentato la chiusura nel paese per 48 di WhatsApp, di proprietà di Facebook. "Sono sbalordito che i nostri sforzi per proteggere i dati della gente si traducano in una decisione così estrema di un giudice, che punisce ogni persona che in Brasile usa WhatsApp, speriamo che i giudici ci ripensino", ha aggiunto. ma non si è limitato a questo: il ceo di facebook, neopapà, ha invitato gli utenti ad appellarsi al governo e a mobiltarsi con gli hashtag #‎ConnectBrazil‬ ‪#‎ConnectTheWorld‬.
    (Ansa)





    Pensierini, 10 regali low cost originali per Natale.

    2,8 milioni di italiani pronti a riciclo. Fare regali graditi è un'impresa ma danno la felicità. Giusto un pensierino... quante volte per i regali di Natale abbiamo sentito questa frase o noi stessi l'abbiamo pronunciata dando il pacchettino in ufficio, a scuola o tra amici. Un numero non confessabile di volte abbiamo provato delusione aprendolo e altrettanta ne abbiamo data. Fare regali graditi è difficile, spesso difficilissimo, bisogna impegnarsi a pensare alla persona che lo riceverà ma questo non sempre basta perchè il regalo è anche legato alle attese di chi lo riceve. E non sempre, anzi quasi mai, è questione di budget: la spesa per il dono non è direttamente proporzionale alla felicità (anche se aiuta!), conta molto di più ricevere/regalare anche una piccola cosa ma desiderata. Forse per questo che il fenomeno del riciclo regali - fino a qualche anno fa impronunciabile - è ormai tendenza affermata con tanto di etichetta da seguire. Ma tutto questo re-gifting per dirla all'anglosassone che fa meno impressione non avrebbe ragione d'essere se anche per i doni ci prendessimo, come per tante altre cose, un tempo senza fretta e più attenzione agli altri. Secondo la ricerca Tns commissionata da eBay emerge come quasi un italiano su due (il 48%) ha ricevuto almeno un regalo non esattamente desiderato e sarebbero oltre 2,8 milioni gli italiani che stanno già pensando a come rivendere online i doni indesiderati. Un’attitudine che vede più inclini gli uomini con un +33% rispetto alle donne. Sempre secondo la ricerca, Liguri e i Piemontesi (rispettivamente il 100% e il 57% in più rispetto alla media nazionale) hanno fatto loro questa nuova tendenza e sono già pronti per fare nuovi affari. Atteggiamento contrario invece, per Siciliani, Pugliesi e Toscani che hanno maggiori riserve e preferiscono tenersi comunque il dono anche se non piace. “La tendenza della vendita dei regali post natalizi è entrata nelle abitudini degli Italiani ed è un sinonimo di opportunità per tutti, sia per gli acquirenti che per i venditori“, ha detto Iryna Pavlova di eBay in Italia commentando la ricerca. ''Sia che si tratti dell’immancabile doppione o di un prodotto che, seppur best-seller di stagione, non è stato apprezzato, tutti gli oggetti possono avere una seconda vita e gli acquirenti possono trovare migliaia di nuovi articoli proposti con sconti interessanti rispetto al valore originario. Per ogni regalo c’è una persona che avrebbe voluto riceverlo e il nostro marketplace permette alle persone di incontrarsi”.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick







    Un film di Ron Howard. Con Chris Hemsworth, Benjamin Walker, Cillian Murphy, Tom Holland, Ben Whishaw.



    Grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron Howard indaga l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano.

    Giancarlo Zappoli


    Nell'inverno del 1820 la baleniera del New England "Essex", comandata dal capitano Polard spesso in contrasto con il primo ufficiale Chase, viene attaccata da una balena dalle dimensioni enormi. Pochi marinai si salvano e tra di loro Thomas Nickerson, che all'epoca era poco più di un bambino. Costui trent'anni dopo e con un'iniziale riluttanza accetta di raccontare l'esperienza vissuta allo scrittore Herman Melville. Sta per nascere uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi: "Moby Dick".
    Ron Howard, come la stragrande maggioranza dei lettori del romanzo, non sapeva che alla base del lavoro di Melville ci fosse una storia realmente accaduta che lo scrittore Nathaniel Philbrick ha indagato nel libro "Il cuore dell'Oceano - Il naufragio della baleniera Essex", vincitore del National Book Award per la Saggistica. La possibilità di confrontarsi con una produzione tra le più complesse da lui mai affrontate si è coniugata con un tema che è centrale nella sua filmografia: la ricerca di se stessi attraverso le difficoltà da superare e lo scontro con qualcuno che rappresenta un ostacolo.
    Da Cinderella Man a Rush, passando per Frost/Nixon, Howard si è spesso sintonizzato su questa lunghezza d'onda ma Heart of the Sea gli ha offerto un'ulteriore possibilità. Il suo ruolo di narratore per il grande pubblico, senza però mai dimenticare la necessità del rispetto nei suoi confronti, trova nel personaggio di Melville il proprio doppio ideale. Herman come Ron si fa raccontare (a pagamento) una storia vera per poi intervenire sul suo intreccio con la propria creatività. Howard lo ha fatto molte volte nel corso della sua carriera (pensiamo ad esempio ad Apollo 13) quasi volesse alternare la fiction di pura invenzione con degli ancoraggi alla realtà.
    C'è il respiro della classicità cinematografica nel modo in cui riprende l'avventura che vede protagonisti degli esseri umani e un cetaceo che, come lui stesso afferma, non ha nulla de Lo squalo perché preferisce accostarlo a King Kong leggendo in esso il simbolo di una Natura primordiale risvegliata dall'essere umano. Non si dimentica però anche di sottolineare come la balena bianca, divenuta grazie a Melville un soggetto a cui attribuire innumerevoli interpretazioni simboliche, fosse, al pari dei suoi simili, oggetto di un preciso sfruttamento economico perché l'olio di balena è stato l'antesignano del petrolio.
    Se nel '700 si stimava la presenza negli oceani di cetacei attorno al milione di unità alla fine del secolo successivo esse erano ridotte a circa un terzo. Howard però non è interessato a realizzare un film 'ecologista' quanto piuttosto ad indagare, grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano e che l'immensa coda della balena sembra voler scuotere per metterne a nudo i moti e solcarne gli abissi.



    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    "Sono stanco e ho fame.
    Ho la coda gelata e il naso gelato,
    le orecchie gelate e i piedi gelati."


    LA CARICA DEI 101

    Titolo originale One Hundred and One Dalmatians
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione USA
    Anno 1961
    Durata 79 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 1,37:1
    Genere animazione, avventura, commedia
    Regia Wolfgang Reitherman, Hamilton Luske, Clyde Geronimi
    Soggetto Dodie Smith
    Sceneggiatura Bill Peet
    Produttore Walt Disney
    Casa di produzione Walt Disney Productions
    Distribuzione (Italia) Rank Film
    Art director Ken Anderson
    Animatori Milt Kahl, Marc Davis, Ollie Johnston,
    Frank Thomas, John Lounsbery, Eric Larson
    Montaggio Donald Halliday, Roy M. Brewer Jr.
    Effetti speciali Ub Iwerks, Eustace Lycett, Jack Boyd,
    Ed Parks, Dan MacManus, Jack Buckley
    Musiche George Bruns
    Scenografia Basil Davidovich, McLaren Stewart, Vance Gerry,
    Joe Hale, Dale Barnhart, Ray Aragon, Sammie Lanham,
    Victor Haboush, Dick Ung, Homer Jonas, Al Zinnen
    Sfondi Al Dempster, Ralph Hulett, Anthony Rizzo, Bill Layne



    Doppiatori originali

    Rod Taylor: Pongo
    J. Pat O'Malley: Colonnello, Gaspare
    Betty Lou Gerson: Crudelia De Mon, Signorina Birdwell
    Martha Wentworth: Nilla, Regina, Lucy
    Ben Wright: Rudy (dialoghi)
    Cate Bauer: Peggy
    David Frankham: Sergente Tibs, Scottie
    Frederick Worlock: Orazio, Ispettore Craven
    Lisa Davis: Anita
    Tom Conway: Presentatore del quiz, Pastore
    Tudor Owen: Tony
    George Pelling: Danese
    Ramsay Hill: Annunciatore TV, Labrador
    Queenie Leonard: Principessa
    Marjorie Bennett: Duchessa
    Mickey Maga: Pizzi
    Barbara Beaird: Rolly
    Mimi Gibson: Lucky
    Sandra Abbott: Penny
    Thurl Ravenscroft: Capitano
    Bill Lee: Rudy (canto)
    Paul Wexler: Meccanico
    Barbara Luddy: Rover
    Dal McKennon: Cani
    Jeanne Bruns: Cantante

    La Carica dei 101” è il titolo del 17° classico animato Disney. Film uscito nel 1961 e tratto dal romanzo “I cento e uno dalmata” di Dodie Smith. l film alla sua uscita fu un enorme successo, guadagnando 14 milioni solo il primo anno di distribuzione e ancora oggi è considerato uno dei classici più famosi degli anni '60, ma anche della filmografia Disney in generale.

    In realtà la sua realizzazione fu molto travagliata in quanto opera successiva a "La bella addormentata nel bosco" che fu un insuccesso al botteghino, guadagnando molto meno di quanto era costato e portando Walt a dover risparmiare notevolmente nella realizzazione di questo nuovo film. Lo staff si ridusse ad un quinto e venne deciso di affidarsi a una nuova tecnologia, chiamata xerografia, che permetteva un inchiostratura automatica dei disegni dei personaggi in movimento (quelli che vengono sovrapposti ai fondali fissi) risparmiando in tempistiche e manodopera, abbattendo quindi i costi oltre a permettere la realizzazione di 101 cani a macchie, operazione lunghissima manualmente. Nonostante tutto questo, riuscì comunque bellissimo, senza risentire del tempo trascorso.
    Fu il primo film ambientato all'incirca nello stesso periodo di uscita dello stesso, quindi non nel passato o in epoche e periodo fantastici e indefiniti. I personaggi umani sono graficamente tra i più inventivi e spiritosi del cinema disneyano, dalla memorabile, rapace, eccessiva Crudelia ai due gaglioffi Gaspare e Orazio e a Rudy, eccentrico compositore. La lunga sequenza della fuga dei cuccioli sulla neve che ha il ritmo e i passaggi obbligati di un film bellico di evasione è il pezzo forte del film, ma vanno ricordati anche il tam tam canino e i momenti di satira televisiva.


    TRAMA



    Rudy Radcliff, giovane compositore di canzoni ancora alle prime armi, possiede un cane dalmata, Pongo, indubbiamente dotato di maggiore spirito d'iniziativa del suo padrone. Infatti, convinto che essere celibe non sia un vantaggio né per se e né per il suo proprietario, Pongo fa in modo che questi conosca Anita, una graziosa ragazza che possiede una cagnetta dalmata, Peggy, e l'incontro si risolve ben presto in un duplice matrimonio. La giovane sposa ha un'amica insopportabile ed invadente, Crudelia, che ha in mente un infame progetto: confezionarsi una pelliccia di cane dalmata. Quando Peggy dà alla luce una cucciolata, Crudelia chiede i piccoli a Rudy ed Anita ma se li vede rifiutare così, decisa ad averli lo stesso, li fa rapire da due loschi figuri. Quando le ricerche della polizia si dimostrano vane, Pongo ricorre all'aiuto dei suoi simili e grazie ad un efficace e velocissimo servizio di trasmissione delle notizie, la sua richiesta giunge ad un ben assortito trio di animali (un cane, un gatto ed un cavallo) che esplicano funzioni di polizia in un remoto angolo della campagna inglese.


    ".. il Sergente Tibbs (un gatto) e il Capitano (un cavallo):
    - "sembra un numero, 3 x 5 = 13"
    - "fa 15 signore"
    - "sì, 15 naturalmente"
    - "15 ciccioli macchiati rapiti"
    - "è meglio controllare, colonnello"
    - "due guaiti, un punto e una linea"
    - "allora cuccioli, signore!"


    ...personaggi...


    Pongo & Peggy
    I due amabili protagonisti del film rappre-
    sentano gli amici ideali. Pongo è un cane estre-
    mamente civilizzato e saggio, che ama prendersi cura del suo "cucciolo" Roger Radcliff. Tuttavia nulla potrà mai fermarlo quando incontra gli occhi dolci di Peggy, una cagnolina aristocratica e raffinata, che si rivela la sua partner ideale.
    Roger & Anita Radcliff
    Lo scapolo compiaciuto e la dolce ragazza della porta accanto avranno presto l'occasione di rompere il ghiaccio grazie ad una coppia di cani con le macchie! Anita è la donna ideale di Roger, un musicista sbadato e fantasioso. Insieme formano una perfetta coppia di umani!
    Nilla è la governante che si occupa della casa e si prende cura sia dei cani che dei loro padroni.
    Crudelia De Mon (Cruella De Vil), amica di Anita e mandante del rapimento dei cuccioli di cane dalmata. Amante delle pellicce, vuole farsene una con pelli maculate di cucciolo dalmata. Indimenticabile la sua aria da diva del passato, le sue pelliccie e la sigaretta fumata col bocchino, onnipresenti, col caratteristico alone di fumo verdastro che la circonda. Fantastico il suo modo di fare perfido, pazzo e spaventoso ma allo stesso tempo goffo; il suo disegno con zigomi appuntiti e corporatura scheletrica; i capelli metà bianchi e metà neri.
    Gaspare (Jasper) e Orazio (Horace) Badun, due fratelli criminali assoldati da Crudelia. Gaspare, il meno tonto del duo, è il capo mentre Orazio, grasso e lento, è il sottoposto. Ciò nonostante, in molti frangenti è il secondo ad avere delle intuizioni corrette, subito ridicolizzate da Gaspare come sciocchezze.
    I cuccioli
    Macchie, macchie, macchie e ancora macchie! 101 cuccioli bianchi pieni di bellissime macchie nere. Il tenero e pigro Rolly, il coraggioso Macchia, la dolce Penny, il teledipendente Lucky …i loro nomi caratterizzano il carattere di ognuno di questi cuccioli straordinari. E le loro diverse personalità arricchiscono l'avventura di questi piccoli cani che dovranno affrontare mille difficoltà per ritrovare la strada di casa!
    Colonnello (Colonel), un vecchio cane di campagna con un apparente passato di militare, affetto dagli acciacchi dell'età. Comanda il gruppo di animali (lui, il Sergente e il Capitano) che aiuta Pongo e Peggy nella loro missione.
    Sergente Tibs (Sergeant Tibs), un gatto facente parte del gruppo del Colonnello.
    Capitano (Captain), un cavallo anch'esso parte del gruppo del Colonnello.
    Danny, chiamato anche "Grande Danese", un cane che aiuta Pongo e Peggy a localizzare i cuccioli rapiti.

    ...recensioni...



    Novantanove dalmata in pericolo e una formidabile alleanza zoologica per salvarli, in uno dei più deliziosi classici Disney: divisa fra una Londra dal fascino ancora vittoriano e le luci soffuse della brughiera, La carica dei 101 è una divertente e freschissima avventura di solidarietà animale, in cui i quadrupedi sopperiscono con la collaborazione e l’iniziativa alla scarsa reattività dei padroni, inermi come il resto degli umani (tanto che i ruoli paiono ribaltati, e il cane Pongo giudica lo stile di vita del suo “bipede”, Rudy, con maggior consapevolezza di quanto non faccia Rudy stesso). Tutto questo in una storia priva di orpelli patetico-retorici, merito dell’ottimo lavoro dell’animatore/disegnatore/sceneggiatore Bill Peet che, a partire da un romanzo per bambini scritto da Dodie Smith, ha arricchito il film con simpatiche caratterizzazioni – ogni personaggio è riconoscibile per le sue peculiarità, nella grande tradizione della personality animation – con una solida struttura narrativa e con sequenze di pungente ironia (memorabile la fuga dei dalmata mentre la televisione trasmette What’s my crime?). Ma ad essersi impressa nell’immaginario collettivo è soprattutto lei, l’irresistibile e perfida Crudelia De Mon (Cruella De Vil, in originale), affermatasi ormai in quanto emblema dei “cattivi” Disney: pelliccia e bocchino, arie da gran diva decaduta, sembra nascere direttamente da un noir della Hollywood classica; una vera e propria Barbara Stanwyck a cartoon. E non a caso, La carica dei 101 è il primo film Disney collocabile in una dimensione concreta, contemporanea, in cui sono in gioco relazioni e sentimenti non idealizzati (o comunque meno astratti rispetto al passato).(Lorenzo Pedrazzi, www.spaziofilm.it/)

    Ne La carica dei 101 la prospettiva è ribaltata: sono i cani i veri padroni degli umani, e non il contrario. A partire dalla memorabile sequenza iniziale di Pongo alla finestra intento a osservare i passanti con al guinzaglio i propri amici a quattro zampe, ci si diverte con simpatia, ma allo stesso tempo la storia sviluppa con naturalezza elementi di suspense e mistero. Anita e Rudy flirtano come ancora non si era visto in un cartone Disney, le canzoni sono poche e contemporanee, tra cui spicca l’indimenticabile Crudelia De Mon, sviluppata su note blues.
    Ma il successo del film animato, che raccolse grandi consensi da pubblico e critica, è dovuto soprattutto alla sua iconica cattiva: l’eccentrica miliardaria e amante delle pellicce Crudelia De Mon. Spietata, eppure incredibilmente divertente, la sua è una figura immancabilmente presente nelle liste dei migliori cattivi cinematografici. Col viso dai tratti scheletrici, i capelli bicolor bianchi e neri, il lungo bocchino da cui escono spirali di fumo ‘avvelenato’, è la cattiva da film d’animazione perfetta: un concentrato di perfidia ma anche scatenatrice di risate, preannuncio di quella che sarà la “nuova” strada da allora intrapresa dai film d’animazione Disney, con buona pace di zio Walt. (GIORGIA LO IACONO, http://seesound.it/)


    CRUDELIA DE MON

    Crudelia De Mon
    Ha molto danaro
    ma non ha l'amor
    Al sol vederla
    muori d'apprension
    Crudelia, Crudelia
    De Mon
    Crudelia De Mon
    Farebbe paura persino a un leon
    E' più letale lei d'uno scorpion
    Crudelia, Crudelia
    De Mon
    Crudelia fa l'effetto di un demonio
    e dopo il primo istante di terror
    Ti senti in suo poter
    e tremi al sol veder
    gli occhi di felino predator
    Non può essere uman
    crudele vampir
    dovrebbe per sempre
    dal mondo sparir
    Che gioia allora che soddisfazion
    Crudelia
    Crudelia
    De Mon


    (Gabry)





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    foto:c1.staticflickr.com



    La Musica del Cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    foto:draw.acharts.net


    Adriano Celentano


    Adriano Celentano (Milano, 6 gennaio 1938) è un cantautore, ballerino, conduttore televisivo, attore, regista, sceneggiatore, produttore discografico, montatore e showman italiano.

    È soprannominato il molleggiato per via del suo modo di ballare. In tutta la sua carriera Celentano ha venduto oltre 150 milioni di dischi. Adriano Celentano è l'artista italiano con le più alte vendite di dischi stimati.

    Molto spesso anche autore delle musiche e canzoni (a volte coautore di musica e testi, anche se, secondo la moglie Claudia Mori, li lasciò firmare ad altri), grazie alla sua carriera e ai suoi grandi successi, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, è considerato uno dei pilastri della musica leggera italiana. Il suo carattere ha fatto sì che attorno a Celentano si costruisse un personaggio divenuto un emblema e un'icona per molti italiani del secondo dopoguerra.

    Gli viene riconosciuto il merito di avere capito che qualcosa nel mondo della musica (e del costume) stava cambiando, e quindi di avere introdotto in Italia, influenzato dalle nuove stelle del rock and roll proveniente dagli Stati Uniti, un nuovo tipo di musica, sfrenata e di grande appeal soprattutto per i giovani di allora.

    Ha recitato in circa 40 film, e pubblicato altrettanti album discografici riscuotendo enorme successo sia nel campo musicale sia nel mondo del cinema che lo ha visto trionfare dalla fine degli anni sessanta fino agli inizi dei novanta con Jackpot che ad oggi rimane il suo ultimo film.

    Celentano nasce nel quartiere milanese di Greco, nella casa dove abitano i genitori, in via Gluck 14[8], il 6 gennaio del 1938, figlio di Leontino Celentano e Giuditta Giuva, entrambi originari di Foggia ed emigrati in Lombardia per motivi di lavoro. Presa la licenza di quinta elementare, lascia la scuola e inizia a lavorare cimentandosi in diversi mestieri, tra cui, per ultimo e il più amato, quello di orologiaio in un negozio di via Correnti. Tuttora Celentano si diletta di orologi nel tempo libero.
    Nello stesso periodo inizia ad interessarsi di musica, in particolare del rock and roll, che, come molti altri giovani italiani, inizia a conoscere nel 1955 con l'arrivo in Italia del film Blackboard Jungle, in italiano Il seme della violenza: nella colonna sonora c'è una canzone, intitolata Rock Around the Clock, cantata da un cantante sconosciuto in Italia, Bill Haley, accompagnato dal suo complesso, i Comets, e Celentano (come altri giovani) rimane folgorato, decidendo di voler anche lui diventare un cantante di rock'n'roll.

    Forma di lì a poco un gruppo, i Rock Boys, costituito da quattro suoi amici: i tre fratelli Ratti alla batteria, al basso e alla chitarra (Franco, chitarrista, Marco, il bassista, diventerà in seguito un celebre contrabbassista jazz, oltre che musicista con Ivan Della Mea, mentre Giancarlo, il batterista, entrerà in seguito nel gruppo di Bruno De Filippi ed accompagnerà poi negli anni settanta Giorgio Gaber nei primi spettacoli del teatro canzone) e Ico Cerutti (torinese trasferito da poco a Milano con la famiglia) alla seconda chitarra, ed è con questa formazione che, dopo aver preparato alcuni brani di rock and roll americani (a cui Celentano, non sapendo l'inglese, cambia le parole), i Rock Boys debuttano nel 1956 all'Ancora, locale di Milano, per poi passare in breve tempo al club Santa Tecla, molto più noto, ma continuando anche ad esibirsi in altri teatri di Milano.

    In uno di questi, il teatro Smeraldo, alla fine del 1956, Celentano ed i Rock Boys conoscono un complesso di rock'n'roll che arriva da Roma: sono un gruppo di fratelli guidati dal più giovane, il quindicenne Antonio Ciacci, e uno di essi, il chitarrista Enrico, si mette in evidenza come il più dotato di tecnica musicale (anni dopo, Celentano ritroverà Antonio, diventato nel frattempo Little Tony). Intanto si è aggiunto ai Rock Boys il pianista Enzo Jannacci proveniente dai Rocky Mountains (il gruppo che accompagna Tony Dallara), e che è stato presentato a Celentano da Pino Sacchetti, saxofonista amico di Jannacci che entra anch'esso nel gruppo.

    In questi primi spettacoli Celentano mischia alle canzoni intermezzi di cabaret (con l'imitazione di Jerry Lewis) e di ballo: lascia ai musicisti lo spazio per suonare, mentre lui balla in maniera dinoccolata e snodata. Celentano conosce anche un ballerino, Alberto Longoni, che si esibisce con il nome d'arte di Torquato il Molleggiato (anni dopo diventerà famoso come Jack La Cayenne), e spesso lo porta con il gruppo durante le esibizioni: un giorno, annunciato in cartellone, Longoni non si presenta a una serata perché bloccato dalla Polizia, e Celentano balla al suo posto, diventando lui Il Molleggiato......

    ... Nel mese di ottobre 2015 viene rivelata la notizia che il molleggiato sta incidendo un nuovo disco di brani totalmente inediti con Mina la cui uscita è prevista per la primavera del 2016. A distanza di 18 anni dal grande successo di Mina Celentano i due storici cantanti della musica italiana tornano insieme in una collaborazione che da qualche tempo era stata solo ipotizzata, ma mai smentita....



    fonte: wikipedia.org




    Un bimbo sul leone

    Solo me ne sto alla finestra
    oggi è un giorno in bianco e nero, pioverà!
    Cerco malinconico nel tempo
    qualche sogno che ho fatto già... anni fa!
    Il gelo ha disegnato sopra i vetri fiori blu
    e c'è una nuvoletta che discende di lassù.
    Si apre in due metà qui di fronte a me!
    Quanti bei colori in quella nuvola
    e quanta gente allegra...
    sopra un leone c'è
    un bimbo che invita anche me
    a cavalcare tutti gli animali
    che san parlare come noi
    e ridendo han ragione di pensare
    che le bestie siamo noi!
    Là nei prati azzurri galoppando
    sui cavalli bianchi e neri, giocherò.
    Sulle grandi ali colorate
    di bellissime farfalle, volerò.
    Seguendo le formiche
    in fila indiana marcerò,
    poi ruberò il violino alla cicala e suonerò
    e chi mi ascolterà canterà con me!
    Quanti bei colori in quella nuvola
    e quanta gente allegra...
    sopra un leone c'è
    un bimbo che invita anche me
    a cavalcare tutti gli animali
    che san parlare come noi
    e ridendo han ragione di pensare
    che le bestie siamo noi!


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Roma: faccia a faccia squadra-tecnico, Garcia prova a resistere.

    All'indomani della clamorosa eliminazione dalla Coppa Italia ad opera dello Spezia. Un'ora con i giocatori a rapporto. Lo aveva annunciato ieri Rudi Garcia, dopo l'eliminazione dalla Coppa Italia, e ha tenuto fede ai propositi: il tecnico della Roma ha avuto un faccia a faccia con la squadra a Trigoria (non erano presenti i dirigenti) e l'allenamento è iniziato con oltre un'ora di ritardo. Garcia aveva già detto di non voler mollare.

    Clamorosa sorpresa a Roma: i giallorossi sono stati eliminati agli ottavi della Coppa Italia dallo Spezia dopo i calci di rigori (4-2).

    Le aquile dello Spezia volano in paradiso e spediscono all'inferno la Roma di Rudi Garcia, sconfitta ai rigori all'Olimpico e clamorosamente eliminata negli ottavi di Coppa Italia. "Questo è un fallimento, siamo nella tempesta" ammette il tecnico francese, la cui panchina scotta terribilmente, ma lui non molla: "Non ci sono alibi, non si può uscire contro una squadra di Serie B, ma io non mollo mai e spingerò la squadra fino alla morte se serve". Ai giallorossi più che altro servirebbe una bacchetta magica con cui riavvolgere il nastro del tempo e cancellare il periodo successivo all'ultima sosta di campionato. "Così non va, bisogna ritrovare entusiasmo e fiducia, adesso è fondamentale col Genoa. Giocando bene o male non importa, domenica ci serve una vittoria", che manca dallo scorso 8 novembre nel derby. "Siamo tutti delusi e arrabbiati, io per primo, per lo spettacolo che abbiamo offerto questa sera - aggiunge Garcia -. Non mi sento tradito da nessuno, amo i miei giocatori e so che possono fare molto meglio. Dobbiamo rimanere in piedi nella tempesta. Non dobbiamo mollare e ritrovare lo spirito dei lupi che avevamo fino al derby. Questa striscia senza vittorie deve finire, ora basta, dobbiamo rimettere le cose a posto". E in primis ritrovare la via della rete. "Sono tre gare che non prendiamo gol, ma abbiamo perso equilibrio visto che non segniamo più, e per vincere le partite serve segnare..." sottolinea il tecnico, secondo cui molti giocatori hanno perso fiducia: "Nemmeno provano a saltare l'uomo, non si prendono rischi. Questa partita gli deve servire da lezione: se si gioca con i dubbi non si va da nessuna parte". Garcia quindi da un lato rimprovera la sua squadra ("i giocatori devono capire che la Roma è una società importante, e se non lo hanno capito forse dovrò spiegarglielo bene io"), e dall'altro però la difende dalla pioggia di critiche: "Dobbiamo guardarci allo specchio ma io faccio da scudo ai miei giocatori, vanno lasciati tranquilli perché senza fiducia come abbiamo visto questa sera non si va da nessuna parte. Andare in ritiro? Prima ne dovrò parlare con i calciatori". Tra cui Morgan De Sanctis, che non è riuscito ad impedire allo Spezia di conquistare dal dischetto il pass per i quarti. "Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, abbiamo faticato come ultimamente ci capita. Siamo meno brillanti da dopo la sosta, non riusciamo a creare un gioco offensivo dinamico per mettere in difficoltà l'avversario - l'analisi del portiere -. Bisogna metterci qualcosa in più, nella fiducia, nella freschezza, nella voglia di prendersi delle responsabilità, non limitarsi al compitino. Garcia? Credo fortemente nel suo lavoro, ho piena fiducia in lui, ce l'ho io e ce l'hanno gli altri calciatori, bisogna seguirlo. Per me non ci sono alternative, dobbiamo sforzarci tutti a uscire da questa situazione con Garcia".

    Pallotta, chiedo scusa a tifosi per gara - "A nome mio e della società chiedo scusa ai tifosi per la partita di oggi. Le mie congratulazioni allo Spezia". Così il presidente della Roma, James Pallotta, attraverso l'account Twitter ufficiale del club giallorosso.
    (Ansa)




    Roma 2024, il logo è un Colosseo tricolore.
    Accompagnerà il sogno della candidatura di Roma alle Olimpiadi. Un Colosseo tricolore che sfuma in una pista di atletica. E' questo il logo - con al centro il simbolo della Capitale - che accompagnerà il sogno della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, presentato in una cerimonia al Palazzetto dello sport.

    "Il logo per i Giochi del 2024 è bianco, rosso e verde perché questa non è un candidatura di Roma ma dell'Italia" ha dichiarato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. "Come mondo dello sport abbiamo bisogno di coinvolgere tutto il Paese - ha aggiunto il numero uno del Comitato olimpico -. Dobbiamo unire tutti perché è fondamentale il gioco di squadra. Uniti non solo si può, ma si deve vincere. Viva lo sport, viva l'Italia, viva Roma 2024".

    "La città di Roma - ha detto il presidente del Comitato promotore di Roma 2024, Luca di Montezemolo - vuole realizzare le più belle Olimpiadi degli anni 2000, abbiamo tutto per farlo: cultura, bellezza, tecnologia, gioventù. Dobbiamo sfruttare questa grande opportunità agli occhi del mondo". Così in occasione della presentazione del logo ufficiale della candidatura. Oggi mandiamo un messaggio forte al Cio a Losanna e ai nostri competitor Parigi, Los Angeles e Budapest: noi vogliamo i Giochi e lavoreremo giorno e notte tutti insieme per ottenerli. Abbiamo bisogno di dare tre segnali fortissimi - ha spiegato Montezemolo nel suo discorso al Palazzetto dello Sport -. Il primo è che la città di Roma vuole realizzare le più belle Olimpiadi degli anni 2000. "Roma poi deve dimostrare di essere unita in tutte le sue componenti perché sa bene che questa è una straordinaria opportunità per la città e per tutta l'Italia - le parole del numero uno del Comitato promotore -. Infine, il nostro obiettivo è realizzare una grande festa dello sport, vogliamo portare a Roma i più grandi campioni da tutto il mondo. Vogliamo mettere al centro dei Giochi gli atleti. I tre poli dove saranno materialmente organizzati i Giochi se verranno assegnati a Roma saranno quelli del Foro Italico, di Tor Vergata e della Fiera di Roma. "Vogliamo lasciare a questa città cose importanti per migliorare la qualità della vita dei cittadini romani. Nel 2024 le Olimpiadi, poi nel 2025 il Giubileo storico: per due anni Roma e l'Italia saranno al centro del mondo" ha concluso Montezemolo.
    (Ansa)




    F1: Ferrari, nessuna 1/a guida designata.
    Arrivabene, sosteniamo i piloti allo stesso modo. "Ogni pilota ha la sua storia, noi lavoriamo tenendo conto del nostro spirito di squadra. sosteniamo Vettel e Raikkonen allo stesso modo". Il team principal Ferrari, Maurizio Arrivabene, assicura che a Maranello anche per il 2016 non ci sarà una prima guida designata: "I nostri piloti devono fare la differenza quando si trovano nel loro abitacolo. Raikkonen? La migliore è stata la seconda parte.
    Stiamo vedendo un Kimi diverso, è diventato papà e questi cambiamenti si riflettono in pista".
    (Ansa)

    (Gina)



    ALLA SCOPERTA DELLE TRADIZIONI




    IL NATALE IN CALABRIA







    La Calabria è una terra ricca di tradizioni e di grande cultura. Trascorrere il Natale nella bella terra di Calabria, significa immergersi in luoghi magici che ogni anno ripercorrono la storia del Natale attraverso canti e manifestazioni caratteristiche. Ecco alcune note informative sul Natale in Calabria e su come trascorrerlo al meglio.

    Natale in Calabria: Tradizione
    Natale in Calabria, significa in primo luogo, sicuramente, Natale in famiglia. Tradizionalmente questa festa riesce a raccogliere tutta la famiglia intorno alla tavola imbandita con le portate della cucina calabrese. Dopo la celebrazione della festa dell’Immacolata, l’8 dicembre, si inizia a preparare con molto calore il santo Natale. Per tutto il periodo natalizio, si riscoprono e si ripropongono le tradizioni antiche, tramandate dagli antenati. Pur se con minor interesse da parte dei giovani, sono ancora molte le famiglie in Calabria che riescono a distinguersi dalla tendenza nazionale, cioè quella di trasformare in un solo fenomeno commerciale, questa occasione di unità, di accoglienza e di benvolere reciproco, specialmente fra tutti i membri della propria famiglia e anche della propria comunità. E’ dalla famiglia e, nella famiglia che si ripropongono puntualmente tutti quei gesti e quelle attività che portano un alone di festa caratterizzato da elementi caratteristici. Infatti in molte case oltre alla preparazione del tradizionale albero, ci si mette in movimento sin dai primi di dicembre per preparare ancora una volta per il prossimo Natale il presepe e raccontare simbolicamente la storia della Santa Natività e dei valori da essa derivanti. Anche per il semplice allestimento dei presepi si mostra una passione saldamente ancorata ai principi portati avanti di generazione in generazione. In Calabria pochi acquistano gadget o pastorelli. Si va alla ricerca di materie prime (muschio, cortecce, sassi, calce, farina, ecc) per la realizzazione coreografica e la costruzione di paesaggi, montagne innevate, piccole case, sentieri, ruscelli, molto spesso ci si cimenta in una scenografia automatizzata da semplici meccanismi in movimento che contribuiscono ad abbellire ed a rendere più realistico il presepe.

    Natale in Calabria: Canti e prodotti tipici
    Il natale in Calabria è allietato dai suoi canti tradizionali Il suono delle nenie natalizie crea l'atmosfera adatta a tale periodo: suonatori (zampognari venuti da fuori regione o suonatori del posto) percorrono le strade dei paesi, al mattino presto o alla sera, per tutti i giorni della novena, suonando la ninna e le melodie dei canti popolari natalizi. Sono le classiche “pastorali” o “strhine” (strenne) che animano i borghi calabresi. Oltre alle musiche anche i prodotti tipici sono elemento fondante del Natale calabrese. Una tavola imbandita a festa quella della vigilia di Natale che propone per tradizione le “13 portate” dai primi fino ai dolci.

    Alcune tradizioni musicali natalizie
    Le Strhine

    La " strina " è tradizione tipica del territorio calabrese, anche se la sua diffusione è limitata ai soli paesi interni. Notevole è, in questi ultimi anni, la riscoperta di questa splendida usanza da parte di compagnie popolari che la ripropongono nel corso di serate che vengono tenute nel periodo natalizio, rappresentando ad un pubblico nuovo ed immemore il canto augurale portandolo, non più ad una singola famiglia destinataria, bensi offrendolo ad un vasto uditorio.

    Viene solitamente accompagnata dal suono dei "sazeri" conosciuti anche come "murtali" o meglio ancora conosciuti come "ammaccasali". Si tratta semplicemente dell'antico attrezzo in bronzo usato per "ammaccare" il sale. Spesso al suono di uno o più di questi strumenti si accompagna una chitarra, un mandolino, un tamburello ed una fisarmonica. Tutto dipende dal numero dei "cantori". La "strina" viene solitamente effettuata nel periodo che va dalla serata della celebrazione della festa della Immacolata Concezione (8 dicembre) alla serata dell'Epifania (6 febbraio). Esiste anche un altro periodo dell'anno durante il quale la "strina" viene portata (portata a qualcuno) ed è il periodo di Carnevale. Poichè detto periodo cade sempre nell'alto inverno questa particolare "strina" è detta "strina di i supprissate".
    La "strina" rappresenta un tipico "canto dei questuanti". Di casa in casa i suonatori andavano a portare la "buona novella" della nascita di Cristo, ottenendo in pagamento ed in ringraziamento uova, formaggio, olio, vino e salumi. Canto d'augurio per la solennità del Natale e per il nuovo anno, veniva cantato all'uscio delle famiglie facoltose, almeno inizialmente poi, con le migliorate condizioni economiche delle popolazioni rurali dellaCalabria, questa tradizione è andata via via scomparendo quasi del tutto per tornare, come prima accennato, ai giorni nostri a cura di compagnie popolari che si dedicano alla riscoperta ed al mantenimento delle antiche tradizioni. Ai giorni nostri viene portata da gruppi di ragazzi ed amici in casa dei parenti stretti e degli amici intimi per augurare di trascorrere felicemente le festività e tanta fortuna per il nuovo anno.

    Il canto inizia augurando all'intera famiglia tante gioie e benedizioni per passare poi agli auguri singoli ad ogni componente del nucleo familiare che viene chiamato per nome e al quale nome si lega un particolare augurio in rima. Si passa poi alla richiesta dei doni "fammi la strina" che, come detto, un tempo consisteva in beni di consumo e che oggi si risolve nell'invito ad entrare nella casa alla quale si è augurata la fortuna per una buona bevuta in compagnia. Si può facilmente immaginare lo stato di ebbrezza dei "cantaturi" alla fine del giro. Un tempo, come detto, il giro era molto lungo ed articolato e destinato alla raccolta di cibarie, adesso, solitamente si visita una sola famiglia o al massimo una famiglia alla sera. La "strina" ha il senso della solidarietà e dell'ospitalità tipico della gente di Calabria.
    La porta si apre sempre... ma se non si apre ?
    In questa rara ipotesi i "cantaturi" si vendicano con stornelli sdegnati e pieni di profezie di disgrazie (sia pure di non grave portata) del tipo "Mienzu sta casa ci penna nu lazzu, quanno ti lavi ti vu spezzà nu vrazzu"

    Sia pure con molte varianti locali, seppur minime, il ritmo sul quale viene cantata la "strina" è identico in tutti i paesi e le versioni.

    Alcuni consigli per la cena di Natale
    Cena della vigilia di Natale

    Le ricette più classiche e tipiche del Natale in Calabria. Alla vigilia non possono mancare le fritture a cominciare dal cavolfiore e dalle zeppole, segue lo stoccafisso in umido oppure le salsicce con contorno di cime di rape ed il “lampasciuni”. La cena di Natale prevede secondo tradizione che si mangino almeno 13 pietanze basate su alimenti poveri ed essenziali. Si comincia con la pasta al forno, polpettine di carne, salamino calabrese al peperoncino. Seguono poi fritture di pesce, crostacei e gli avanzi del cenone perché, come si dice in queste zone, sono “benvenuti in casa”.


    Natale in Calabria: Presepi Classici e Presepi Viventi
    Non molto diversa è la realizzazione del presepe vivente, una manifestazione che nei giorni che precedono il Natale si effettua in diversi comuni, e che prosegue fino all’Epifania con l’arrivo dei Re Magi, con lo sfondo della coreografia che è caratterizzato da scorci di antichi borghi ottocenteschi appartenenti ai paesi in cui si tiene l’evento. La scena teatrale preparata per l’occasione propone dei normali cittadini come improvvisi attori che esprimono il loro contributo alla raffigurazione della vita quotidiana nel periodo della Natività, impersonando pastori ed altri personaggi. Oltre al Prespe Vivente quasi tutte le comunità calabresi, con collaborazioni fra associazioni varie e parrocchie, creano la classica natività ripercorrendo la storia con ambientazioni che ricreano la gioia del Natale.
    Alcuni consigli:
    Presepe di Panettieri (Cosenza)
    Presepe di Caria ( Vibo Valentia)
    Museo del Presepio di Reggio Calabria


    fonte:https://www.facebook.com


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    “L'arte deve creare sensazioni sconosciute in passato; spogliare l'arte dal comune e dall'accettato... sopprimere completamente l'uomo quale guida o come mezzo per esprimere dei simboli, delle sensazioni, dei pensieri, liberare la pittura una volta per tutte dall'antropomorfismo... vedere ogni cosa, anche l'uomo, nella sua qualità di cosa”.


    De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie

    dal 14 Novembre 2015 al 28 Febbraio 2016



    La pensava così Giorgio De Chirico inventore della Metafisica, una delle correnti dell’arte moderna che maggiormente ha saputo aprire la pittura ad orizzonti introspettivi, influenzando profondamente il percorso dell'arte.
    La pittura di De Chirico è una nuova visione, nella quale lo spettatore ritrova il suo isolamento e intende il silenzio del mondo René Magritte.
    A partire dall’autunno del 2015 la Fondazione Ferrara Arte e la Staatsgalerie di Stoccarda, in collaborazione con l’Archivio dell’Arte Metafisica, presenteranno un’importante mostra che intende far rivivere, in occasione del centenario dell’arrivo di Giorgio de Chirico a Ferrara, la nascita e lo sviluppo della pittura metafisica e le ricadute che le opere realizzate dall’artista tra il 1915 e il 1918 nella città estense ebbero sull’arte italiana contemporanea e sulle avanguardie europee come il dadaismo, il surrealismo e la Nuova Oggettività.
    Quando l’Italia entrò nella prima guerra mondiale, De Chirico e suo fratello Alberto Savinio lasciarono Parigi, si arruolarono nell’esercito italiano e, alla fine del giugno del 1915, furono mandati a Ferrara per prestare servizio militare.


    “Nel momento in cui arriva a Ferrara De Chirico aveva già alle sue spalle un centinaio di opere tra le più innovative e importanti del secolo, realizzate a Milano, a Firenze e a Parigi, ma dato che era iniziata la prima guerra mondiale, fu costretto a lasciare la capitale francese e per tre anni e mezzo soggiornò nella città emiliana prestando servizio militare”, spiega Paolo Baldacci curatore della mostra insieme a Gerd Roos. “L’influenza della città segnò un grande cambiamento nel suo lavoro, tanto da essere ispirato dalla bellezza e dai miti rinascimentali. Dipinse circa una cinquantina di quadri e suo fratello iniziò la sua attività di scrittore e saggista, abbandonando per sempre la musica”. In molti di questi dipinti, il Castello Estense o le grandi piazze deserte e senza tempo svolgono un ruolo di grande impatto, come ad esempio nella tela “I progetti della fanciulla" del 1915, o nel “Il grande metafisico" del 1917 e ancora in “Le Muse inquietanti” del 1918. Curioso poi come nella pittura ferrarese emergono gli oggetti più strani o più comuni che l'artista individuava nelle sue esplorazioni: guanti, biscotti, pani, squadre, manichini, che diventato quadri nei quadri."

    Il soggiorno ferrarese determinò cambiamenti profondi rispetto al periodo precedente, tanto nel modo di dipingere che nei temi che ne ispirarono i capolavori. Travolto da un’ondata di romantica commozione di fronte alla bellezza di Ferrara e al ritmo sospeso della vita cittadina, De Chirico diede vita a un mondo irreale popolato di meraviglie: piazze fuori dal tempo immerse in tramonti fantastici e stanze segrete dalle prospettive vertiginose fanno da sfondo agli oggetti misteriosi scoperti nelle peregrinazioni tra i vicoli del ghetto, o diventano il palcoscenico su cui recitano manichini da sartoria e personaggi muti e senza volto. Sulle tele, che si accendono di un cromatismo intenso, compaiono scorci di palazzi, fabbriche, carte geografiche militari, strumenti da disegno e misurazione, ma anche dolci e forme di pane tipici della tradizione locale. Nella poetica metafisica tutti questi elementi, isolati dal loro contesto e accostati tra loro senza precise gerarchie, rivelano nuovi significati e segrete liaisons che suscitano nello spettatore un corto circuito percettivo.
    Fu presso l’ospedale psichiatrico Villa del Seminario che l’artista conobbe Carlo Carrà e iniziò a chiamare la propria pittura “metafisica”, e furono i quadri qui concepiti dai due pittori, vere e proprie icone della modernità, a esercitare una profonda influenza sugli artisti italiani ma anche d’oltralpe. Tra il 1918 e il 1919, Giorgio Morandi dipinse un ristretto numero di nature morte, dove compaiono elementi tipici dell’iconografia metafisica come le teste di manichino e gli oggetti del quotidiano. Filippo de Pisis, invece, fra i primi a Ferrara a stringere un sodalizio con De Chirico, pur non avendo mai aderito alla metafisica, inserì nelle sue opere precisi riferimenti ai quadri ferraresi dell’amico, riscontrabili soprattutto nelle tele che realizzò a Parigi negli anni Venti.
    Nel dopoguerra si assistette in tutta Europa a una diffusione capillare dei temi dechirichiani: artisti del calibro di Man Ray, Raoul Hausmann e George Grosz, fino a René Magritte, Max Ernst e Salvador Dalí dipinsero alcune straordinarie opere influenzate proprio delle iconografie che De Chirico realizzò a Ferrara.
    Il percorso espositivo, che comprenderà circa ottanta opere provenienti dai principali musei e collezioni di tutto il mondo, avrà il suo fulcro in un nucleo di tele realizzate da De Chirico nella stretta forbice temporale degli anni ferraresi. La rassegna, scandita in sezioni cronologico tematiche, sarà arricchita da una selezione di dipinti, acquerelli, disegni, collage e fotografie di tutti quegli artisti che si ispirarono al maestro italiano, nei quali sarà possibile leggere sorprendenti riprese e citazioni. Il confronto tra i capolavori di quei giganti dell’arte moderna e le opere realizzate da De Chirico nella città estense renderà conto dell’impatto che la stagione metafisica ferrarese ebbe sullo sviluppo delle avanguardie europee, riaffermando così la centralità di un episodio cruciale della storia dell’arte italiana del Novecento.


    Era presente all’inaugurazione della mostra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, assieme al ministro per i beni culturali Dario Franceschini: "Mi pare che la sola presenza del capo dello stato - ha sottolineato il ministro - dimostri l'importanza di avere una mostra davvero straordinaria che riporta a Ferrara i capolavori della metafisica dipinti qui cento anni fa, realizzati dentro le mura estensi. Anni importanti per la pittura di tutto il mondo in cui si incontrarono, da giovani militari, De Chirico, Savinio e Carrà". Incontrando i cronisti, il ministro ha poi ricordato l'importanza di ragionare come sistema-paese per qualificare le eccellenze artistico-culturali. "Se ci crede tutto il paese - ha detto - il primo a crederci naturalmente è il presidente della repubblica".
    Organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalla Staatsgalerie di Stoccarda in collaborazione con l'Archivio dell'Arte Metafisica, la mostra indaga questa importante stagione dell'arte italiana e documenta la profonda influenza che le opere di De Chirico ebbero in particolare su Carlo Carrà e Giorgio Morandi, oltre a incidere in modo determinante sulle avanguardie europee del dadaismo, del surrealismo e della Nuova oggettività.
    www.arte.it, www.repubblica.it



    FESTE e SAGRE





    UN LIBRO...UN AUTORE


    "Improvvisamente quasi inciampo in una bambina
    che cammina lesta, avvolta in un cappottino rosso..."


    La bambina e il sognatore

    di Dacia Maraini



    Ci sono sogni capaci di metterci a nudo. Sono schegge impazzite, che ci svelano una realtà a cui è impossibile sottrarsi. Lo capisce appena apre gli occhi, il maestro Nani Sapienza: la bambina che lo ha visitato nel sonno non gli è apparsa per caso. Camminava nella nebbia con un’andatura da papera, come la sua Martina. Poi si è girata a mostrargli il viso ed è svanita, un cappottino rosso inghiottito da un vortice di uccelli bianchi. Ma non era, ne è certo, sua figlia, portata via anni prima da una malattia crudele e oggi ferita ancora viva sulla sua pelle di padre. E quando quella mattina la radio annuncia la scomparsa della piccola Lucia, uscita di casa con un cappotto rosso e mai più rientrata, Nani si convince di aver visto in sogno proprio lei. Le coincidenze non esistono, e in un attimo si fanno prova, indizio. È così che Nani contagia l’intera cittadina di S., immobile provincia italiana, con la sua ossessione per Lucia. E per primi i suoi alunni, una quarta elementare mai sazia dei racconti meravigliosi del maestro: è con la seduzione delle storie, motore del suo insegnamento, che accende la fantasia dei ragazzi e li porta a ragionare come e meglio dei grandi. Perché Nani sa essere insieme maestro e padre, e la ricerca di Lucia diventa presto una ricerca di sé, che lo costringerà a ridisegnare i confini di un passato incapace di lasciarsi dimenticare.

    ..recensione..



    La bambina e il sognatore non è il romanzo che uno si potrebbe aspettare dalla trama: un maestro indaga sul rapimento di una bambina di 8 anni che gli appare in sogno. Non è un giallo o un racconto visionario. Forse non è nemmeno un romanzo. Di certo si scosta molto da Isolina, Bagheria, e dal bellissimo La lunga vita di Marianna Ucria. Forse il denominatore comune è l’interesse di Dacia per le donne e l’attenzione alla violenza sulle donne che negli ultimi anni è diventata impegno contro la violenza ai bambini, basti pensare ai racconti di Buio.
    Credo che una donna intelligente e gentile come lei si rassegni con difficoltà alla realtà della violenza. Questo romanzo così poco romanzesco vuole essere un’opera socratica in cui Dacia tramite il maestro Nani Sapienza, un uomo con il grande desiderio di essere padre, dialoga con gli alunni e dunque con il lettore sul rapimento della bambina, sulla violenza subita dai bambini, sulla violenza in generale, sul fanatismo religioso che sfocia nella violenza, e su quella cosa terribile a cui si pensa così poco che è la prostituzione minorile che alimenta il turismo sessuale di tanti padri di famiglia rispettabili in luoghi in luoghi come la Cambogia dove vendono bambine di pochi anni. Mentre il maestro Nani dialoga con gli alunni, quindi con noi, c’è anche un secondo dialogo che il maestro conduce dentro di sè tra la parte del suo animo sognatrice e fiduciosa nella bontà del mondo e quella più dotata di buon senso che lo indurrebbe a un tipo di riflessione più cinica e amara cui lui non vuole cedere. Il romanzo in certi punti è strano. Il maestro non fa che dialogare e far domande anche indiscrete alla madre della bambina rapita per esempio o ai suoi vicini. Certi discorsi sembrano inopportuni. Eppure nonostante Dacia ci abbia abituato a romanzi superiori come qualità letteraria c’è in questo libro una tensione alla ragione, alla non violenza, una fiducia nel dialogo e nella bontà dell’uomo che è toccante e rende questa favola interessante e portatrice di un messaggio positivo e profondo: il male può essere tenuto a bada e anche quando c’è [..]
    (Mario Inisi, www.qlibri.it/)


    Cammino rapido in mezzo a una strada quasi cancellata dalla nebbia. Un vento secco e cattivo mi fa socchiudere le palpebre, mi toglie il respiro. Mi chiedo dove sono e dove sto andando. Dal muretto di mattoni sbreccati, carico di rampicanti, che scorgo alla mia sinistra, mi sembra di riconoscere la strada che porta alla scuola in cui insegno. Non vedo a due metri di distanza. Avanzo a fatica, forzando quella parete di vento e nebbia. Improvvisamente quasi inciampo in una bambina che cammina lesta, avvolta in un cappottino rosso da cui esce un collo bianco e lungo. Faccio per dire: mi scusi, e scavalcarla, ma qualcosa in quella bambina mi blocca in mezzo alla strada, stupito. Il cappottino rosso, i capelli castani raccolti in una cosa dietro la nuca, con qualche ricciolo biondo che sguscia disordinato, la camminata ciondolante, un poco sghemba. Ma è mia figlia, mi dico e grido: ‹‹Martina!››


    DACIA MARAINI


    Dacia Maraini (Fiesole, 13 novembre 1936) è una scrittrice, poetessa, saggista, drammaturga e sceneggiatrice italiana che fa parte della "generazione degli anni trenta", insieme ad alcuni dei più conosciuti autori della letteratura italiana. La famiglia Maraini si trasferisce in Giappone nel ‘38 poichè il padre porta avanti uno studio sugli Hainu, una popolazione in via di estinzione stanziata nell’Hokkaido.
    Nel ‘43 il governo giapponese, in base al patto d'alleanza cha ha stipulato con Italia e Germania, chiede ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò. Poichè i due rifiutano, vengono internati insieme alle tre figlie in un campo di concentramento a Tokyo.Rientrati in Italia, i Maraini si trasferiscono in Sicilia, presso i nonni materni, nella villa Valguarnera di Bagheria.....A ventuno anni fonda, assieme con altri giovani, la rivista letteraria «Tempo di letteratura», e comincia a collaborare, con dei racconti, a riviste quali «Paragone», «Nuovi Argomenti», «Il Mondo».
    Nel 1962 pubblica il suo primo romanzo, La vacanza, cui seguono L’età del malessere (1963, ottiene il Premio Internazionale degli Editori “Formentor”) e A memoria (1967). Grazie all’interessamento di Nanni Balestrini, nel ’66 escono con il titolo Crudeltà all’aria aperta anche le sue poesie, che vengono recensite con molto favore da Guido Piovene. Intanto si sposa con Lucio Pozzi, pittore milanese da cui si divide dopo quattro anni di vita comune e un figlio perso poco prima di nascere.
    In quegl' anni Dacia Maraini comincia a occuparsi anche di teatro. Fonda, assieme ad altri scrittori, il Teatro del Porcospino, in cui si rappresentano solo novità italiane, da Gadda a Parise, da Siciliano a Tornabuoni. Proprio in questo periodo incontra Alberto Moravia, che nel 1962 lascia per lei la moglie e scrittrice Elsa Morante: i due vivranno insieme a lungo, fino ai primi anni Ottanta. Nel 1973 fonda il "Teatro della Maddalena", gestito da sole donne e dove cinque anni dopo si mette in scena "Dialogo di una prostituta con un suo cliente". Il teatro, infatti, è sempre stato per Dacia Maraini anche un luogo per informare il pubblico riguardo a specifici problemi sociali e politici.

    (Gabry)





    La stella di Natale: quale significato?




    Perché si regala come augurio di buon Natale?


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    I primi europei a scoprirla furono gli spagnoli che, giunti nella odierna Città del Messico nel 1520, la notarono fra una moltitudine di fiori e frutti, trasportati in canoa dagli abitanti del luogo.
    La Stella di Natale era, infatti, coltivata già da Indios e Aztechi per cui era un fiore simbolo di purezza. Secondo una leggenda messicana, alcune gocce di sangue di una dea, morta per amore, si riversarono sulle brattee della Poinsettia (è il nome botanico della pianta) regalandole il magnifico colore rosso intenso, che tanto apprezziamo.
    Ma c’è anche un’altra leggenda messicana, più famosa che avvolge la pianta: si dice infatti che molti secoli fa, durante la notte di Natale, una bambina, di nome Lola, era in chiesa ed ammirava i doni che le persone più ricche portavano all’altare. La povera bimba soffriva per non poter fare altrettanto, desiderava mostrare a Gesù il proprio amore, ma non aveva i mezzi per farlo. Una voce però le suggerì di uscire e di raccogliere un fascio di sterpi e erbe che, depositate sull’altare, si trasformarono in meravigliose stelline rosse, che sembravano splendere alla luce delle candele. Tutti i presenti pensarono a un miracolo e, da allora la Poinsettia divenne il simbolo del donare, dell’amore verso il prossimo e la fiducia illimitata.


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    Così, l’amore che si nasconde dietro questa leggenda, cominciò a diffondersi largamente in America Latina e, durante una processione natalizia, la vide un diplomatico statunitense che la introdusse negli Stati Uniti e in tutto il mondo occidentale: in Francia prende il nome di Etoile d’amour (Stella d’Amore) e viene commercializzata per la Festa della Mamma, mentre in Centro-America prende il nome di Hoja encendida (Foglia infuocata) e simboleggia la passione, nei paesi di lingua inglese è conosciuta come Christmas Flower o Christmas Star (Fiore o Stella di Natale).
    La popolarità in Italia è arrivata soltanto due secoli fa, quando venne usata per adornare la Basilica di San Pietro, ma ora secondo i dati ufficiali, ogni anno, se ne vendono circa 20.000.000 di esemplari!
    Siamo abituati a vedere la pianta nel suo piccolo vasetto ma, in Messico, la stella di Natale vive all’aria aperta tutto l’anno, infatti si possono ammirare veri e propri alberi ai lati delle strade. Inoltre è utilizzata per ricavare una sostanza colorante dalle sue brattee rosse, per tingere la lana, mentre dal suo lattice gli Indios traggono un potente medicinale per combattere gli stati febbrili.


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    fonte:http://www.favolefantasia.com/


    (Lussy)





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    foto:aquariuscom.it


    Salute e Benessere


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    foto:terme.qviaggi.it



    Le terme di Lurisia


    Scoperte in epoca relativamente recente, agli inizi del ‘900, le acque termali di Lurisia hanno iniziato ad essere veramente conosciute solo dopo il 1940, l’anno in cui è stato inaugurato lo stabilimento termale. Da allora, però, la località ha conosciuto uno sviluppo incessante, grazie sia alle terme che al potenziamento degli impianti per gli sport invernali, che ne avevano già fatto un luogo di notevole richiamo turistico.


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    foto:tripadvisor.it

    Un po’ di storia

    La scoperta delle acque termali di Lurisia viene fatta risalire ai primi del ‘900, in tempi quindi relativamente recenti, ad opera di un minatore addetto alla estrazione delle “lose”, le pietre sottili che venivano utilizzate nell’edilizia locale e dalle quali prende il nome Lurisia. Si narra, infatti che il minatore (poi immortalato nel disegno che caratterizza l’etichetta delle acque minerali locali), abbia colpito accidentalmente una vena sorgiva mentre si trovava nella grotta del Nuvolari e che il cunicolo si fosse allagato. Quando l’acqua, successivamente, fu fatta confluire all’esterno, si formò un piccolo lago nel quale i minatori iniziarono a lavare le ferite e le piaghe procurate nei lavori in miniera, traendone quasi istantaneo giovamento. In realtà la popolazione locale aveva già da tempo intuito la presenza di un’acqua dal potere cicatrizzante, tanto che i minatori avevano preso l’abitudine di curare le ferite con un minerale di colore verde che si trovava tra gli strati di rocce della zona e si dice che i carrettieri attraversassero il corso del torrente Luisia per accelerare la guarigione delle ferite che i cavalli si procuravano agli zoccoli. Prima ancora che il minatore portasse alla luce la sorgente, quindi, in paese e nella zona circostante circolava già il detto popolare: “di Lurisia l’acqua ogni piaga lava”.
    Nel 1913 un famoso studioso di mineralogia, il Prof. Lincio, ottenne di poter effettuare degli scavi nella zona, scoprendo che nelle cave di pietra della zona esistevano estesi giacimenti di un minerale radioattivo chiamato “autunite”. La scoperta incoraggiò il Governo italiano a chiedere la consulenza di Marie Curie, la scienziata francese che aveva già vinto due Premi Nobel, per la fisica (con il marito Pierre Curie) e per la chimica, quest’ultimo grazie ai suoi studi sul radio. La scienziata venne quindi in Italia nel 1918 e, al termine di un viaggio che l’aveva portata a visitare e studiare vari giacimenti italiani, arrivò a Lurisia dove raccolse vari campioni di autunite che portò ad analizzare all’Istituto di Parigi. Lo sfruttamento dell’autunite non fu possibile a causa della insufficienza delle risorse, ma contemporaneamente si cominciò a prendere il considerazione l’idea di sfruttare le acque termali che sgorgavano dalla miniera a scopo terapeutico. Le ricerche in tal senso furono affidate al radiologo Pietro Cagnolini di Genova da parte di due imprenditori, David Garbarino e Tito Sciaccaluga che avevano ottenuto la concessione per l’impiego medico delle sorgenti e che si fecero promotori e finanziatori dello Stabilimento Termale, inaugurato nel 1940, e gestito dalle famiglie dei due imprenditori fino al 1978.

    Le acque

    A Lurisia esistono attualmente quattro fonti: le acque della “Garbarino” (dal nome dell’imprenditore edile che per primo ne promosse la valorizzazione) e della “Santa Barbara Grotte” sono classificate come termali mentre le acque “Santa Barbara” e “Sorgente Acquam” appartengono alla categoria delle sorgenti naturali. L’acqua della Fonte Santa Barbara, in particolare, nasce sul monte Pigna a 1.460 metri sul livello del mare e viene incanalata fino a valle per essere imbottigliata e commercializzata come “Acqua Lurisia”. Si tratta di un’acqua con un residuo fisso molto limitato (35,4 mg/I), un basso contenuto di sodio (3 mg/I), con un pH di 6,9.
    Per le cure, le Terme di Lurisia utilizzano però le acque della Fonte Termale Garbarino e Santa Barbara Grotte: le prime sono considerate farmaci naturali e devono essere utilizzate sotto controllo medico, mentre la seconde sono minimamente mineralizzate, molto leggere e con ottime proprietà diuretiche e depurative. Entrambe le acque vengono usate prevalentemente come bibite, ma sono anche la base per la fangobalneoterapia o lutoterapia, utile per la cura delle malattie reumatiche ma anche per quelle dermatologiche, la balneoterapia con proprietà antinfiammatorie, antispastiche, sedative ed antalgiche ma utile anche per le malattie dermatologiche ove ci siano controindicazioni per la fangoterapia.

    Le acque di Lurisia vengono inoltre impiegate per le cure inalatorie (per le malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie) e per le cure ginecologiche.

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    foto:wonderfulexpo2015.it


    Lo stabilimento termale


    L’Istituto Idrotermale di Lurisia nasce ed inizia a svilupparsi a partire dal 1940, suscitando da subito l’interesse di una vasta utenza internazionale, richiamata anche dalla bellezza del luogo, già rinomata stazione invernale.
    La grotta sudatoria, provvista di vasca idromassaggio, è chiamata “Antro delle Acque” e l’accesso è consentito alle donne e agli uomini simultaneamente. Ma l’Istituto, classificato al Primo Livello Super dal Ministero della Salute, è dotato anche di un vero e proprio Centro Benessere, attrezzato e gestito con l’ausilio di personale medico qualificato, ove sono praticati molti tipi di massaggi e trattamenti, la cura del corpo con il fango termale, la preparazione all’abbronzatura con il sale marino e molto altro. Qui vengono utilizzati per i trattamenti, tra gli altri, prodotti naturali come il succo di mirtillo puro, la farina e la polpa di castagne, l’aceto di mele, il sale marino, il cioccolato fondente e i prodotti cosmetici esclusivi Aquae di Lurisia.
    Nell’Istituto vengono praticate cure convenzionate di fangoterapia, bagni dermatologici, inalazioni (è disponibile anche un reparto speciale dedicato ai bambini), irrigazioni ginecologiche, e idropinoterapia per le quali l’acqua sedativa, antalgica, antinfiammatoria, è particolarmente indicata.
    Il Centro Benessere è aperto tutti i giorni, i Reparti di Fangoterapia e Balneoterapia e il Reparto Inalatorio sono chiusi la domenica. Per quanto riguarda il soggiorno, grazie anche alla fama turistica di Lurisia, attorno all’Istituto Idrotermale vi è un’ampia disponibilità di strutture ricettive.

    Turismo nei dintorni



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    foto.piemonte.cia.it

    Parco naturale dell'alta valle Pesio e Tanaro


    Lurisia Terme (720 mt. di altitudine) è da molti anni una ambita meta per gli appassionati di sport invernali, che si possono praticare per almeno cinque mesi all’anno. La zona annovera tra l’altro uno degli impianti sciistici più importanti d’Italia, quelli dei Monte Pigna (1805 mt.) con ben 40 chilometri di piste e una pista di pattinaggio sul ghiaccio tra le più grandi del Piemonte.
    Per gli amanti della natura, imperdibile una ricognizione del Parco Naturale dell’Alta Valle Pesio e Tanaro, nel cuore delle Alpi Liguri, caratterizzato da boschi di abeti, faggi e larici.


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    foto:riodelloy.it

    Qui è d’obbligo una visita alla Certosa di Pesio, fondata nel 1173 e in passato uno dei centri religiosi e culturali più attivi del Nord Italia.

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    foto:placesonline.com

    Altre attrazioni culturali nelle vicinanze di Lurisia sono il Santuario di Vicoforte, che vanta la cupola ellittica più grande del mondo e la Chiesa di San Fiorenzo di Bastia, a venti chilometri dalla cittadina termale, con ben 326 mq di affreschi realizzati da artisti e scuole del XV secolo. Tornando all’ambito delle risorse naturali, vale una visita alla Grotta dei Dossi, riaperta al termine di un lungo lavoro di adattamento e di illuminazione, e percorribile in circa un’ora attraverso corridoi e sale caratterizzate dai diversi colori delle stalattiti e stalagmiti. Da non perdere anche le Grotte di Bossea, che presenta processi di formazione e modellamento ancora vitali e infiltrazioni copiose che creano suggestivi giochi d’acqua.


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    foto:viviparchi.eu

    Grotta dei Dossi


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    foto:italiaparchi.it



    Grotte di Bossea



    DA:benessere.com


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    St. Patrick Cathedral, Dublino



    La cattedrale di San Patrizio è la più grande dell'Irlanda ed è uno dei simboli della città di Dublino, le sue origini risalgono a circa il V secolo, era una costruzione in legno e tale rimase fino al 1191, quando l’arcivescovo John Comyn la fece erigere in pietra. Spicca nel cielo della città con la sua torre, costruita nel 1370, che si eleva fino a 69 metri di altezza ed ospita alcune delle più grandi campane d'Irlanda. Il suo nome in gaelico irlandese è Árd Eaglais Naomh Pádraig.

    Un grande incendio, distrusse l’edificio e successivamente fu ricostruito in stile inglese. La chiesa è dedicata a San Patrizio, perché pare che il Santo battezzasse i pagani convertiti.
    Costruita in severo stile gotico inglese la cattedrale conserva il fascino degli edifici nordici e racconta la lunga storia della città, dei signori e delle lotte che hanno caratterizzato Dublino e l’Irlanda intera.
    Nell’antichità la cattedrale si trovare all’esterno della città, ma con l’espandersi del territorio urbano oggi è sita all’interno del perimetro di Dublino. L'interno della Cattedrale presenta numerosi elementi storico-artistici di grande interesse. Il battistero che conserva un pavimento con mattonelle originali del XII sec. e una fonte battesimale medioevale in pietra. Tanti i busti, i monumenti sepolcrali, le placche e le targhe, posti per commemorare benefattori della chiesa, arcivescovi e personaggi famosi della storia irlandese come Robert Boyle, illustre scienziato, il duca di Schomberg, O' Carolan, il più grande compositore di musica popolare irlandese, il politico John Curran Philpot, lo scrittore e satirico Jonathan Swift e il primo presidente della Repubblica d'Irlanda Douglas Hyde.
    Le statue del marchese di Buckingham, primo grande maestro dell'Ordine di San Patrizio, quella di Benjamin Guinness posta all'ingresso ed il busto di Swift nella navata, con relativo epitaffio da lui stesso dettato. All'inizio della navata centrale, una croce su una lastra di pietra segna la posizione in cui si trovava il pozzo di san Patrizio. Si racconta che alla fine del XV secolo si rifugiò nella cattedrale di San Patrizio, il conte di Ormond per sfuggire dal Conte di Kildare, suo nemico. Anxhe se quest’ultimo gli promise la tregua, non volle uscire dalla chiesa, fino a che il Conte di Kildare, bucò il portone inserendo il suo braccio in segno di fiducia. Dalla stretta di mano di questi nemici, avvenuta separata dal portone della chiesa di San Patrizio, nasce il detto “metterci un braccio”, e cioè di rischiare qualcosa per raggiungere uno scopo positivo.
    La cattedrale contiene diversi cimeli della storia d’Irlanda, inclusa la pietra della fonte battesimale utilizzata da San Patrizio nel V secolo e la sedia dove sedette Guglielmo d’Orange nel 1690 dopo la battaglia del Boyne.
    Fino al 1871 avveniva la cerimonia dell'investitura dei cavalieri dell'Ordine di San Patrizio, le cui bandiere sono appese proprio sopra gli stalli contrassegnati dai loro blasoni.

    ..storia, miti e leggende..


    La cattedrale fu edificata, nel V sec. in uno dei siti cristiani più antichi di Dublino una piccola chiesa di legno per ricordare il passaggio di San Patrizio. La leggenda vuole che il Santo si fosse fermato a Dublino, nel 450 d.c., per battezzare i cristiani convertiti, operazione tanto importante quanto meticolosa. Questo battesimo veniva eseguito all’interno di un pozzo senza fondo, collegato alle porte del purgatorio, San Patrizio usava le piantine di trifoglio per spiegare ai fedeli il concetto di Trinità. In seguito, il trifoglio divenne il simbolo dell’Irlanda.
    Nel XII sec. ebbe inizio la costruzione dell'edificio religioso in stile gotico primitivo inglese, elevato a cattedrale nel 1224, funzione che oggi esercita in tutto il Paese, nel quadro della Churh of Ireland, la Chiesa anglicana nella Repubblica d'Irlanda. Nel 1191, sotto John Comyn, il primo arcivescovo anglo-normanno di Dublino, Saint Patrick’s divenne cattedrale e tra il 1200 e il 1270 fu eretto l’attuale edificio, il più grande del paese. Dal 1320, qui si installò la prima università del paese; vi resterà per circa due secoli. Nel 1432 fu fondata la scuola corale, e ad oggi è l’unica Chiesa dove si può sentire il coro due volte al giorno durante le messe. St. Patrick's Cathedral è legata anche alla vicenda dello scrittore Jonathan Swift, autore de "I Viaggi di Gulliver", che dal 1713 al 1745 vi svolse l'incarico di diacono e che fu qui sepolto insieme all'amata Esther, meglio nota con il nome di Stella.
    Poco è rimasto però della chiesa originaria; l'aspetto che oggi la caratterizza è il risultato di una serie di restauri, modifiche, aggiunte che gli incendi, i danneggiamenti e gli abbandoni subiti nel corso del tempo hanno reso necessario per evitarne il disfacimento. Nel 1649, durante la guerra civile, venne utilizzata come stalla dalla cavalleria di Cromwell. L’ultima opera di restauro fu finanziata da Benjamin Guinness nel 1864


    San Patrizio


    La storia di San Patrizio inizia in Scozia nel IV secolo. Figlio di Calphurnius e Conchessa, appartenenti ad una famiglia nobile romana, l’uomo poi diventato Santo, durante una scorreria irlandese nelle città romane della Britannia, fu rapito a 16 anni e portato in Irlanda come schiavo e successivamente venduto al re del North Dal Riada, nell’odierna Irlanda del Nord. Qui il futuro patrono d’Irlanda apprese la lingua gaelica e la religione celtica. L’uomo lavorò come pastore per circa 6 anni, fino a quando scappò e ritornò in Inghilterra. In Gallia, a Saint Germain d’Auxerre, fu consacrato vescovo e gli fu affidata da papa Celestino I, l’evangelizzazione delle isole britanniche e in particolar modo dell’Irlanda.
    Nel 431-432, il missionario irlandese iniziò il suo apostolato in terre irlandesi. All’epoca, in un periodo quasi interamente pagano, a lui si deve la fioritura del cristianesimo nell’Isola, seppur in forma sincretica con il paganesimo celtico. Il Santo morì nel 493.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    "Sono cinquant'anni che faccio l'an. La marmellata di fagioli va fatta col cuore, figliolo". Ore e ore di preparazione, tenere in ammollo i fagioli azuki, sciacquarli, falli sobbollire a fuoco lento e poi unirli allo zucchero, mescolarli con grazia facendo ben attenzione a non far bruciare la marmellata, ascoltarli i fagioli. "Dobbiamo farli abituare allo zucchero è come una giovane coppia al loro primo appuntamento"."
    (dal film "Le ricette della signora Toku")

    I FAGLIOLO AZUKI


    Il fagiolo azuki (小豆), in latino Vigna angularis, è una pianta della famiglia delle Fabacee. E'un piccolo arbusto, alto da 30 a 90 cm. La Vigna angularis è originaria dell'Asia orientale e non esiste più allo stato selvatico. La domesticazione è avvenuta in epoche preistoriche in Cina o nella regione himalaiana. Veniva coltivata in Cina e in Corea già intorno al 1000 a.C. Si tratta del legume più consumato in Oriente dopo la soia.

    I frutti sono baccelli lunghi fino a 10 cm, che contengono semi simili ai fagioli, ma più piccoli. Il colore più comune è il rosso scuro, ma esistono anche varietà a semi gialli o bruni. È tipica la presenza di una linea bianca vicino all'occhio del fagiolo. Il loro sapore è dolce, simile a quello delle castagne e delle patate dolci.
    Il nome “azuki” deriva dal termine giapponese originario アズキ, significa “buona salute”, ma esiste anche un sostantivo naturalizzato dal cinese detto “shōzu”, ovvero “piccolo fagiolo”, in quanto per “grande fagiolo” si intende la soia. In Cina, i fagioli azuki sono chiamati “xiǎodòu” (小豆) o “chìdòu” (赤豆 - o fagiolo rosso). In Gujarat (India) sono noti col nome di “chori”.

    Nella cucina orientale, i fagioli azuki sono consumati principalmente come dolce. Vengono bolliti in acqua e zucchero per produrre una"pasta di fagioli rossi", alla quale talvolta si aggiungono ingredienti alternativi come le castagne. Alcune ricette cinesi molto famose sono il tangyuan, il zongzi, il mooncakes, il baozi e il gelato ghiacciato.
    L’Anko, ovvero la pasta dolce di fagioli azuki rossi, è uno degli ingredienti fondamentali della pasticceria tradizionale giapponese, insieme al the verde. Viene spesso utilizzata come ripieno nelle ricette dolci come anpan, Dorayaki, imagawayaki, Manju, Monaka, Anmitsu, taiyaki e Daifuku. Esiste anche una minestra brodosa a base di fagioli dolci detta "zuppa di azuki" ed una bevanda a base di semi germogliati.

    Il dorayaki (どら焼き) è un tipico dolce giapponese composto da due pancake, con un impasto simile al pan di spagna, la kasutera, e riempito al centro con l'anko. In origine il dorayaki aveva un solo strato; la forma attuale a due strati fu inventata nel 1914 da Ueno Usagiya.
    In giapponese dora significa "gong", e probabilmente la forma simile a quella dello strumento musicale ha dato origine al nome del dolce. La leggenda narra che un samurai di nome Benkei dimenticò il suo gong a casa di un contadino presso il quale si nascondeva, e che questi lo usò per preparare il primo dorayakidd, da cui, appunto, deriva il nome.

    ..miti e leggende..


    Azukiarai (小豆洗い, colui che lava i fagioli azuki?), or Azukitogi (小豆とぎ, colui che macina i fagioli azuki?), è uno spirito giapponese che lava i fagioli azuki in prossimità di un fiume o di un altro corso d'acqua. Le persone possono sentire il rumore che fa mentre li lava e la sua voce mentre canta "azuki togō ka, hito totte kuō ka? shoki shoki". ("Will I grind my azuki beans, or will I get a person to eat? shoki shoki."). Chiunque si avvicini al rumore e al fiume, cade in acqua. Questo spirito è spesso descritto come un uomo di bassa statura dall'aspetto grottesco, con una grande testa calva, denti storti, baffi sottili, grandi occhi gialli e sporgenti, indossa vestiti a brandelli ed è chino su un secchio mentre lava i fagioli azuki.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    DICEMBRE

    DICEMBRE

    Dalla profondità dei cieli tetri
    scende la bella neve sonnolenta,
    tutte le case ammanta come spettri;
    di su, di giù, di qua, di là, s'avventa,
    scende, risale, impetuosa, lenta,
    alle finestre tamburella i vetri...
    Turbina densa in fiocchi di bambagia,
    imbianca i tetti ed i selciati lordi,
    piomba dai rami curvi, in blocchi sordi...
    Nel caminetto crepita la bragia...


    (Guido Gozzano)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)




    dal web

    Tutto era gelato, anche il rumore.
    (Jules Verne)

  13. .






    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 6° SETTIMANA 050 (07 Dicembre – 13
    Dicembre 2015)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 7 Dicembre 2015
    S. AMBROGIO VESCOVO

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 50
    Giorni dall'inizio dell'anno: 341/24
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    A Roma il sole sorge alle 07:24 e tramonta alle 16:39 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:50 e tramonta alle 16:38 (ora solare)
    Luna: 3.14 (lev.) 14.32 (tram.)
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Trulli, trulli, chi li ha fatti li trastulli.
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    Aforisma del giorno:
    La folla è madre di tiranni.
    (Diogene il Cinico)









    RIFLESSIONI



    ... IMMAGINA …
    ... Spalle curve ed un manto bianco come le intensioni, candido come i pensieri, dal tessuto forte come la determinazione a raggiungere il propri desideri e sogni. Porta grande, robusta e indistruttibile, pesante come il fardello sulle spalle che ha preso a portare dal primo giorno. Un passo incerto a salire l’ultimo gradino prima di arrivare davanti a quell’enorme uscio dalle dorate coperture. Mani ferme spingono quella porta, cuore che batte all’impazzata mentre legge quelle pagine che recitano riti e preghiere. Uno scossone, ancora un altro, poi un altro ancora, le mani sono ancora più forti, spingono le ante della porta ad aprirsi. 8 Dicembre 2015; una porta si apre, oltre centomila persone su una piazza emozionate piangono e pregano. La porta si apre su un mondo che vede bombe cadere per una guerra sulla religione che sembra avere sullo sfondo enormi interessi economici. La porta si apre su bombe intelligenti, si apre su bambini che muoiono in mare seguendo genitori che fuggono dalle proprie terre dalle proprie case dalle proprie vite. La porta si apre su continui omicidi di donne, femminicidio lo chiamano, io lo definisco barbarie, ultimo stadio della decadenza umana. La porta si apre su un mondo che lotta per uscire dalla crisi economica e morale; su di un mondo che cerca di riprendere la rotta per andare su mari più tranquilli, verso una vita sempre più vivibile. La porta si apre alla vigilia delle feste di Natale, dove tutti si sforzano di essere più buoni o almeno tutti sperano di porterlo diventare. La porta oggi si apre su un mondo come ho descritto per simboli, per immagini; il mio auguro è che quando a novembre del prossimo anno quella stessa porta chiuderà i propri battenti su un mondo che inizia a cambiare, che tutti saremo felici di vivere e contribuire a migliorare la realtà. Nella settimana in cui si è aperta quella porta, mi riferisco a quella Santa che simboleggia l’inizio del giubileo, dell’anno santo, c’è stato l’anniversario della morte di Lennon … prendendo spunto dalla parola di una canzone famosissima da lui scritta e cantata, dico “Immagina”, immaginiamo che in questo anno ciò che oggi ci addolora e spesso fa inorridire cambierà, che riusciremo ognuno nel nostro piccolo, a farlo cambiare. Immaginiamo un altro mondo, un altro uomo, un'altra vita … Immaginiamo e preghiamo affinchè esso accada … Buon Dicembre amici miei … (Claudio)






    Giubileo: Papa, la Chiesa ne ha bisogno
    Udienza generale. Soltanto una Chiesa misericordiosa risplende. "La Chiesa ha bisogno di questo momento straordinario, non dico che è cosa buona, dico che ne ha bisogno", "in questi tempi" le serve questo "momento privilegiato" dedicato alla misericordia. Lo ha detto il Papa a proposito dell'Anno santo, aggiungendo che "la pur necessaria opera di rinnovamento delle strutture della Chiesa è un mezzo che deve condurci a fare esperienza vivificante di Dio" è "soltanto una Chiesa misericordiosa risplende".

    Renzi, grande occasione per giustizia sociale - "La riflessione sulla misericordia e la giustizia - per come il Papa l'ha proposta - mi ha fatto pensare. Per un credente il rapporto tra misericordia e giustizia è tema di grande suggestione e consolazione. Per un politico, invece, è sicuramente meno facile. Sono però convinto che questo Giubileo della Misericordia, delle periferie sia una grande occasione anche per i laici. E del resto il Giubileo è per definizione un'occasione per promuovere la giustizia sociale: non sprechiamola. Non buttiamola via". Così Matteo Renzi nella sua e-news.

    Niente resse oggi alla Porta Santa alla basilica di san Pietro. L'afflusso dei pellegrini è contenuto. Dopo l'udienza generale di questa mattina, è stato possibile accedere di nuovo alla Porta aperta ieri da Papa Francesco. Secondo quanto riferito dai pellegrini che hanno varcato la Porta, solo all'inizio c'è stata un po' di fila ma la situazione, già intorno all'ora di pranzo, era tranquilla. Per accedere alla porta si seguono le regole per entrare in basilica e quindi restano i rigidi controlli della sicurezza e la necessità di passare sotto i metal detector. Quanto invece al 'pass', da richiedere on line o al Centro accoglienza pellegrini per accedere alla visita, oggi non sarebbe stato chiesto a tutti. In altri termini molti fedeli si sono messi in fila anche senza che fossero prenotati. Completamente vuota poi l'apposita corsia su via della Conciliazione delimitata da transenne. Quello che doveva essere il corso seguito dai fedeli, che teoricamente dovrebbero fare un pellegrinaggio almeno da Castel Sant'Angelo prima di arrivare alla Porta Santa, oggi, secondo giorno di Giubileo, non è stato utilizzato.
    (Ansa)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Autunno…

    Quadretto autunnale

    Il Sole scialbo nel mattino appare
    di tra le nubi sfilacciate, e lento
    sale dai campi brulli l'alitare;
    sfioccano i pàmpini ingialliti al vento..
    In mezzo alla maggese va il bifolco,
    col pùngolo e col grido i bovi incita:
    stride l'aratro e s'apre lunqo il solco,
    fùmido e fresco alla novella vita.
    E passa il treno, ed il suo fischio acuto
    vola lontan lontano come un saluto...
    (Costantino Savonarola)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    La tredicesima costellazione

    Sulle sponde del lago d'Argento sorgeva un castello sfarzoso, ricco e imponente, ma la sua fama non poteva superare la nobiltà d'animo e di cuore che il suo re, Ofiuco, aveva impresso in quella regione e nel regno.
    Egli era, infatti, giusto, generoso e misericordioso con i suoi sudditi, leale con i suoi amici, ma tenace e risoluto con i nemici della corona. Tutti ne lodavano le doti, i poeti cantavano le sue gesta in battaglia riempiendo interi manoscritti con miniature d'oro; gli scultori imprimevano i suoi lineamenti nel marmo bianco che come cera si lasciava modellare, cesellare e rifinire. Sembrava che la pietra, a prima vista inerme, potesse racchiudere in sé, ancora allo stato grezzo, le fattezze di Ofiuco e il risultato finale era stupefacente. Quadri, affreschi, arazzi, stucchi erano i soli lussi di cui amava attorniarsi. La ricchezza eccessiva e lo sfarzo lo lasciavano indifferente. L'unico privilegio era l'amore incondizionato e totale di sua moglie Cassandra. Ofiuco, non avendo figli, era dedito completamente a lei e il cuore della regina donato completamente al re. Ma questo, un giorno, finì. La regina, che amava passeggiare lungo il lago rimirando le sue acque specchiate, argentate come il cielo di primavera prima di una tempesta, si sporse troppo per vedere un'ombra appena sotto il livello dell'acqua. Nuotava sinuosa come una sirena, ma non era così aggraziata come la ninfa dell'oceano.
    Questo incuriosì a tal punto Cassandra che quando si chinò per avvicinare il viso al pelo dell'acqua, perse incredibilmente l'equilibrio e, senza che potesse emettere alcun suono o lamento d'aiuto o urlo, scomparve sotto le acque color argento che l'avvolsero come le sete che amava indossare per Ofiuco, l’amato marito. Quando il re non la vide tornare prima della calata delle tenebre, ordinò alle guardie di cercarla presso il lago, poiché sapeva che amava camminare là. Per tutta la notte la ricerca andò avanti, ma invano. Ofiuco pianse tanto e senza tregua per tre giorni e tre notti e tutto il reame pianse con lui. Le piante rifiutarono il nutrimento dal sole, gli animali placarono la loro aggressività, i fringuelli tacquero il loro canto di ringraziamento alla vita, tutti ebbero compassione del dolore del loro re. Dopo una settimana di lutto, i funerali vennero officiati, ma il cuore di Ofiuco straripava con immutato dolore. Il re non si sapeva dar pace e decise di sostare perennemente presso le rive del lago che l'aveva visto crescere sin da piccolo, poi da principe, e infine da re. Ora lo poteva vedere anche da vedovo. Passato un mese, durante una notte di luna piena, triste anch'essa per il dolore, mentre un poco di sonno si era impadronito del re, qualcosa scosse la superficie dell'acqua e questo lo destò.
    “Chi va là?” disse Ofiuco.
    Nessuno gli rispose.
    Si addormentò di nuovo e ancora una volta fu destato dal rumore dell'acqua.
    “Chi va là?” disse più deciso. “È il re che vi parla, rispondete”.
    Nulla, silenzio.
    Il re allora si nascose dietro dei rami e osservò attentamente qualcosa sorgere dalle acque. Era una dea, pensò Ofiuco. Solo i raggi della luna la vestivano e i suoi capelli la coronavano come una regina. Il re poté notare una straordinaria somiglianza con Cassandra. Non ebbe timori di mostrarsi a lei, che di risposta non si spaventò. Il suo cuore batteva come alla prematura morte di Cassandra.
    “Chi sei, visione celestiale?” La donna non parlò. Ofiuco le sfiorò le braccia e i capelli e le gote e le labbra. La baciò. Venne colto da improvvisa passione e le strinse le mani in segno d’affetto, ma la ragazza le ritrasse.
    “Ti amo, ti voglio rivedere”, le disse bramoso d’amore e di desiderio. “Tra una settimana e per tre settimane se sarai qui, quando la luna splende alta nel cielo, mi vedrai”.
    “Mi troverai come è certo che la luna sosti in cielo tutte le notti, anche con le nuvole ad oscurarla”, le disse in risposta.
    Ofiuco fu colto così da un insostenibile sonno e si accasciò a terra dove rimase fino al mattino seguente. La ragazza dalla pelle di perla e dai capelli argentati scomparve così com'era venuta. Chi vide il re nei giorni seguenti ebbe l’impressione che il dolore per la morte della sua regina fosse scomparso come la patina di grigio sull’argento da troppo tempo non lucidato. Era solare, il sorriso era tornato a incorniciargli il volto e gli occhi avevano ritrovato la lucentezza di un tempo.
    Nelle settimane seguenti Ofiuco non mancò mai agli appuntamenti con la sua amata donna del lago. Quando la luna era alta nel cielo e rischiarava tutta la valle e il regno, l'amato attendeva sulla riva del lago e dopo essersi addormentato la vedeva comparire al proprio fianco con la pelle di perla e i capelli d’argento. Alla quarta settimana, il giorno precedente al loro incontro, Ofiuco annunciò a tutti i suoi sudditi che avrebbe presentato una nuova regina a breve e che la felicità, come la conoscevano prima, sarebbe tornata.
    Indisse dieci giorni di festa reale e tutto il popolo poté usufruire della gioia del re. Ofiuco, la sera, prima di dirigersi al lago, guardò il cielo, ma la luna non gli sorrise. Non c’era. Pensò di essersi sbagliato, forse la troppa gioia l’aveva distolto dalla promessa fatta. Quella notte dormì profondamente e il risveglio fu altrettanto riposante.
    La mattina seguente vide i preparativi avanzare con velocità e il suo animo si rallegrò. Arrivò sino al lago e ne toccò le acque chiare e calme, il suo spirito entrò in simbiosi con la Natura. La sera, Ofiuco si recò al lago in attesa di incontrarla, come promesso. Questa volta la luna era incastonata nel cielo stellato.
    Ma quando arrivò capì subito che c’era qualcosa di diverso e qualcuno steso a terra esanime. Era un’enorme serpente morto con la coda che galleggiava in acqua, mentre il corpo deforme era adagiato sull’erba bagnata. Tra le fauci stringeva capelli d’argento.
    Quando si inginocchiò notò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato. La coda, o quella che credeva tale, iniziò a trasformarsi in piedi, poi in ginocchia e gambe. Anche il busto cambiò forma e infine il volto divenne quello della ragazza di cui si era innamorato. La pelle, prima squamosa, divenne candida come la perla e liscia, mentre i capelli ne adornarono il viso. Ofiuco la strinse a sé e pianse. Il dolore era insopportabile.
    Per il troppo amore, morì di crepacuore senza però lasciar cadere il corpo della ragazza.
    La dea del lago, sentendo prima il pianto di Ofiuco, e ora il grande dolore che si spandeva sulle sue rive, prelevò i due corpi e chiese una grazia a Madre Natura affinché il loro ricordo durasse nei secoli e nei cuori di tutti gli amanti che in futuro avrebbero guardato il cielo.
    Lei acconsentì e trasformò i due amanti in costellazioni, nella fascia che viaggia tra lo Scorpione e il Sagittario, per ricordare che l’amore può far soffrire come il pungiglione dello scorpione, ma raggiungere alte mire e vette come la freccia scoccata dall’arciere. Da quella notte tutti gli amanti poterono vedere Ofiuco sorreggere un grande serpente morente, simbolo dell’amore fuggevole ma eterno e redentore.
    La nuova costellazione, la tredicesima, fu chiamata “del Serpentario”.

    (Ramsis Deif Bentivoglio)



    ATTUALITA’


    Wwf, le specie a rischio nel calendario 2016.

    Viaggio nella natura, dal leopardo delle nevi all'orso bianco. Dal leopardo delle nevi alla tigre del Bengala, dall'elefante africano all'orso polare: è una carrellata delle specie a rischio - quelle che in futuro potrebbero scomparire dalla faccia della Terra - il calendario 2016 del Wwf. Attraverso scatti d'autore realizzati in ogni angolo del mondo, l'associazione ambientalista punta a veicolare un messaggio preciso: "salviamo le specie tutto l'anno".

    Il viaggio nella natura selvaggia e in pericolo parte col mese di gennaio dalle montagne dell'Asia, dove vive il leopardo delle nevi. L'animale, che abita la catena dell'Himalaya, è gravemente minacciato di estinzione a causa del bracconaggio e del disturbo prodotto dall'uomo. La sua popolazione si è ulteriormente ridotta del 20% negli ultimi 16 anni, spiega il Wwf, e oggi è tra le specie specie che rischiano di più per gli effetti del cambiamento climatico, che potrebbero ridurre di oltre un terzo il suo habitat.

    Se il leopardo è l'animale di copertina, all'interno del calendario sfilano tigri, orsi, elefanti e rinoceronti, pappagalli e tartarughe marine. Tutte specie minacciate da bracconaggio, inquinamento e perdita di habitat.

    Regalare il calendario, in vendita online sul sito pandagift.wwf.it, "è un modo per sostenere i 2.000 progetti di conservazione della natura e delle specie gestiti ogni anno in Italia e nel mondo", sottolinea il Wwf.
    (Ansa)





    Forse iPhone mini e Apple Watch a marzo.

    Ancora 'rumors' su iPhone 7, tra fantasie rete anche tastiera. Un nuovo iPhone, più piccolo, e la seconda generazione dell'Apple Watch: sarebbero queste le novità più imminenti che la compagnia di Cupertino avrebbe in cantiere con une evento in preparazione per il prossimo marzo.

    L'indiscrezione arriva dal blog 9to5mac, mentre proseguono, anche le indiscrezioni sull'iPhone7 che alcuni concept immagino addirittura con una tastiera fisica.

    Per la nuova generazione dell'Apple Watch la società da tempo sarebbe al lavoro su aggiornamenti di fotocamera, connettività wireless, monitoraggio del sonno e sensori più avanzati per salute e fitness. Il dispositivo indossabile potrebbe arrivare sul mercato nel mese di aprile 2016, ad un anno dal lancio del primo modello.

    L'evento primaverile, riporta 9to5mac, alzerà anche il sipario su un nuovo iPhone, il 6c, un'evoluzione del 'melafonino' con la scocca in plastica, il 5c, che aveva un costo inferiore rispetto ai top di gamma pur non essendo davvero "low cost" e che dopo un anno uscì fuori di produzione con vendite non brillanti.

    Per l'iPhone 7, l'ammiraglia della Mela, la data di presentazione dovrebbe essere settembre 2016 ma da diverse settimane circolano indiscrezioni: il dispositivo potrebbe rinunciare al connettore jack per gli auricolari, sostituito dalla presa Lightning, per diventare ancora più sottile. Potrebbe arrivare il display in zaffiro sintetico più resistente del vetro, sparire il tasto Home e spuntare una tastiera fisica.
    (Ansa)





    Harrison Ford, con Star Wars torno in famiglia.

    Avvolto nel mistero arriva 7/o capitolo saga firmato J.J. Abrams. "I miei figli non pensano che io sia uno 'cool', e non sono nemmeno impressionati dal fatto che torni nei panni di Ian Solo in Star Wars. Se ne fregano e credo siano più impressionati dal fatto che ancora qualcuno mi faccia lavorare".
    Passa il tempo ma Harrison Ford non è cambiato, tanto che dopo trent'anni ha ancora il suo freddo senso dell'humour ed è ancora credibile nei panni del pirata spaziale più conosciuto nella storia del cinema. Già, è arrivato infatti il momento di "Star Wars, Il risveglio delle forza', in sala dal 16 dicembre in Italia (e dal 18 negli Usa): nel pieno della stagione dei film a caccia di Oscar c'è spazio anche per il settimo episodio della saga creata da George Lucas e passata nelle mani della Disney e di J.J. Abrams, già regista di Star Trek e ideatore della serie televisiva Lost.
    Un film della cui trama in pratica non si sa nulla, se non che non ci saranno gli odiati Ewoks (personaggi apparsi nella seconda trilogia ma poco apprezzati dal pubblico) e che non è stato mostrato nemmeno ai giornalisti. Nessun giornalista, nessun critico, nessun giudice di nessun concorso, e in generale nessuno che non fosse nell'ambito della produzione ha avuto modo di vedere più del trailer, nonostante che il film sia stato presentato alla stampa, anche questo in gran segreto, ieri pomeriggio a Los Angeles e che si prepari a uscire in tutto il mondo.
    Una cosa in pratica mai accaduta a Hollywood, dove la promozione è fondamentale come la regia o il casting. "Abbiamo scelto di privilegiare il pubblico e di rispettarlo. Io - ha detto J.J. Abrams - quando vedo un trailer che in venti secondi mi racconta tutto il film non ne sono affatto contento e quindi abbiamo deciso di preservare la sorpresa per i fan e di non fare trapelare niente di niente. Sarà una cosa nuova per tutti e la gente entrerà al cinema senza sapere in anticipo cosa accadrà e mi pare una cosa buona per chi ama il cinema". Una scelta poco apprezzata dagli addetti ai lavori e da molti fan che volevano una piccola anteprima, ma che a quanto pare ha avuto il merito di alzare, se possibile, l'attenzione nei confronti di un film che sarebbe costato quasi un miliardo di dollari e che vede tornare nell'universo di Guerre Stellari i personaggi cardine della prima trilogia, da Luke Skywalker, (Mark Hamill), La principessa Leila (Carrie Fisher) e, naturalmente, Ian Solo, 'in arte' Harrison Ford.
    "Quando mi hanno chiesto di tornare e di fare parte di questo film non ho esitato: mi è parsa un'ottima idea: la trama mi ha subito colpito e parlando con J.J, ho capito che il film era nelle mani giuste e che condividevamo la stessa visione. Poi sono un attore e amo ancora recitare. In più l'idea di tornare di nuovo a giocare con questi giocattoli dopo così tanti anni mi affascinava. E' stato molto appagante ed è sempre eccitante lavorare a un progetto per cui il pubblico ha sviluppato un appetito così vorace". Dall'esordio al cinema del primo episodio di Star Wars, nel 1977, i tempi sono cambiati, la tecnica anche, gli effetti speciali pure, ma cosa è cambiato veramente per Harrison Ford? "Non saprei definire una differenza tra le ieri e oggi. Ce ne sono davvero tante, ma poi alla fine si tratta sempre di andare su un set e recitare le proprie battute. Tutto quello che c'è intorno cambia, ma alla fine la recitazione è interazione fra gli attori, e il resto non conta molto. Cosa posso dire invece è che mi sono molto emozionato e che è stato come tornare a casa, tornare in famiglia. Mi ha fatto sentire molto bene. Ho provato anche il peso della responsabilità, sono cosciente del valore che il pubblico ha dato negli anni ai primi film e a quei personaggi, che sono diventati compagni di vita. Ora altre generazioni potranno avvicinarcisi e credo ci sia un valore in tutto questo. E' un piccolo mistero cosa sia accaduto con Star Wars, ma è stato molto gratificante farne parte".

    Harrison Ford deve la sua fama in particolare a due personaggi, Ian Solo, appunto, e Indiana Jones. Gli hanno regalato fama, denaro, successo, ma Ford è uno degli attori che non hanno mai vinto un Oscar: "Non sono l'unico e ho fatto le mie scelte. Sono scelte che rifarei esattamente nello stesso modo, anche oggi. Il mio lavoro da attore è dare il massimo per contribuire al successo di un film e qualche volta ci sono riuscito. A chi nella carriera poi capita di avere due ruoli così iconici? Sono appagato e soddisfatto così, questi film mi hanno permesso di vivere la mia vita liberamente e di affrontarla con serenità". E ora si ricomincia.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Chiamatemi Francesco - Il Papa della gente




    locandina


    Un film di Daniele Luchetti. Con Rodrigo De la Serna, Sergio Hernández, Muriel Santa Ana, José Ángel Egido, Alex Brendemühl.


    La storia di Bergoglio diventa in Chiamatemi Francesco metafora di un mondo diviso fra chi distoglie lo sguardo e chi sceglie di vedere, e in questo è supremamente cinematografica.
    Paola Casella


    Jorge Bergoglio è uno studente come tanti nella Buenos Aires degli anni Sessanta, con amici e fidanzatina, quando decide di entrare a far parte dell'Ordine dei Gesuiti. Vorrebbe diventare missionario in Giappone ma non gliene viene data l'opportunità, perché da subito deve apprendere la virtù dell'obbedienza: sarà proprio questa a porlo di fronte alle scelte più importanti della sua vita, perché dovrà distinguere fra i doveri verso la propria coscienza e la sottomissione al regime dittatoriale di Videla e allo strapotere dei proprietari terrieri in una terra polarizzata fra grandi ricchezze e grandissime povertà.
    Daniele Luchetti e il suo produttore, Pietro Valsecchi, si sono buttati nell'impresa di raccontare la storia di Bergoglio prima che diventasse Papa con lui ben vivo e presente in Vaticano, senza consultarlo e senza chiedere la collaborazione dell'istituzione ecclesiastica. Questo ha dato loro la (relativa) libertà di raccogliere testimonianze da una quantità di persone più o meno attendibili, di affrontare direttamente il capitolo più spinoso e controverso della vita dell'allora Responsabile provinciale gesuita, ovvero il suo rapporto con la dittatura argentina negli anni fra il 1976 e il 1981, e di prendere le sue parti dando credibilità alla versione della Storia che lo vede a fianco dei desaparecidos e dei preti militanti. Il che non significa che la sceneggiatura sorvoli sul fatto che Bergoglio ha tolto ad alcuni di questi ultimi la protezione dell'Ordine dei Gesuiti di fatto consegnandoli al regime, ma significa che concede al suo comportamento il beneficio di quella doppia lettura che riguarda gran parte della quotidianità sudamericana, ovvero la coesistenza di una condotta ufficiale e una ufficiosa, data dalla necessità di muoversi apparentemente all'interno delle regole per poi trasgredirle di nascosto seguendo la propria etica. Ed è attraverso un altro sdoppiamento che il film di Luchetti affronta il rapporto fra la "Chiesa classica", che il film non esita a descrivere come pavida e conservatrice quando non apertamente reazionaria e connivente con i poteri forti (fino alla delazione), e la Chiesa che guarda con simpatia alla "teologia della liberazione". Non mancano i riferimenti al misticismo, caro alla tradizione gesuitica e che in Sudamerica (come in una certa Europa "esoterista") ha da sempre i suoi convinti seguaci.
    L'efficacia del racconto sta principalmente nell'aderenza della sua estetica a quella popolare latina, in rispettosa aderenza della forma al suo contenuto e all'etnia del suo protagonista. Luchetti si concede l'apparente elementarità "sudamericana" del racconto dipingendo un murales di larga accessibilità, e parte da un inizio fortemente didascalico (ad alto rischio biopic televisivo, nel solco di quelle "vite dei santi e dei prelati" dominato da Lux Vide) che diventa a poco a poco cinema, complice anche il potente inserto che ricostruisce l'inferno dei desaparecidos attingendo a piene mani da Garage Olimpo più ancora che da La notte delle matite spezzate. Solo alla fine, nella scena della messa di Bergoglio fra i nullatenenti alla viglia della sua ascesa alla poltrona papale, Luchetti si concede uno stile fortemente autoriale, facendo lievitare la sua cinematografia in parallelo all'elevazione spirituale di un uomo che ha imparato il coraggio passando attraverso lunghe e dolorose mediazioni: un uomo che oggi si espone dal balcone più visibile del mondo dopo che per una vita ha invitato gli altri a "non esporsi".
    La storia di Bergoglio diventa in Chiamatemi Francesco metafora di un mondo diviso fra chi distoglie lo sguardo e chi sceglie di vedere, e in questo è supremamente cinematografica. L'Argentina dei dittatori, così come quella dei latifondisti che tolgono le terre ai contadini, è un mondo anche visivamente diviso in un sopra e un sotto, laddove il sotto diventa prigione o rifugio, visibile o invisibile, a seconda di chi effettua l'opera di occultamento, e dei motivi alti o bassi per cui sceglie di farlo. E la compulsione del giovane Bergoglio a "fare quel che si può fare" diventa nella maturità quella capacità (quantomeno dichiarata) di spingersi alle estreme conseguenze del pensiero cristiano, negando ogni complicità con chi opera in direzione contraria.
    Grande importanza nella formazione morale di Bergoglio e nella sua acquisizione di coraggio e consapevolezza è data in Chiamatemi Francesco alle donne. Senza calcare troppo la mano, Luchetti e il suo cosceneggiatore argentino Martin Salinas intessono la trama di figure femminili forti e anticonformiste, gettando i semi di quel pensiero papale tanto favorevole all'energia muliebre da far sperare nel futuro accesso delle donne al sacerdozio. La qualità portante del Bergoglio di Luchetti è infatti la propensione alla cura, più spesso identificata col materno perché comporta un obbligo inderogabile di protezione altrui.
    Grande freccia all'arco di Luchetti è infine Rodrigo de la Serna, umanissimo attore argentino che porta con sé (cinematograficamente parlando) il ricordo di almeno due sue interpretazioni memorabili e supremamente attinenti: quella di Alberto Granado ne I diari della motocicletta, portatore insieme al Che del pensiero socialista in Sudamerica, e quella del desaparecido evaso in Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977. La sua interpretazione nei panni del giovane Jorge scansa l'agiografia e fa leva sulla dignità personale dell'attore per portare mano nella mano gli spettatori senza mai stancarli, pur restando praticamente sempre al centro della scena. Sergio Hernandez, l'attore cileno che ricordiamo in Gloria e in No - I giorni dell'arcobaleno, non è da meno nei panni del Bergoglio più anziano, la cui risata finale è presa d'atto definitiva e gioiosa della suprema ironia della vita.



    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    I pesci non sono fatti per vivere rinchiusi.
    L'acquario ti cambia dentro.
    (Branchia)

    ALLA RICERCA DI NEMO


    Titolo originale Finding Nemo
    Lingua originale inglese
    Paese di produzione Stati Uniti d'America
    Anno 2003
    Durata 100 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Rapporto 1,78:1
    Genere animazione, avventura, commedia
    Regia Andrew Stanton, Lee Unkrich
    Soggetto Andrew Stanton
    Sceneggiatura Andrew Stanton, Bob Peterson, David Reynolds
    Casa di produzione Pixar Animation Studios
    Distribuzione (Italia) Walt Disney Pictures
    Musiche Thomas Newman



    Doppiatori originali

    Albert Brooks: Marlin
    Ellen DeGeneres: Dory
    Alexander Gould: Nemo
    Willem Dafoe: Branchia
    Brad Garrett: Bombo
    Allison Janney: Diva
    Austin Pendleton: GluGlù
    Stephen Root: BloBlò
    Vicki Lewis: Deb e Flo
    Joe Ranft: Jacques
    Geoffrey Rush: Amilcare
    Andrew Stanton: Scorza
    Elizabeth Perkins: Coral
    Nicholas Bird: Guizzo
    Bob Peterson: maestro Ray
    Barry Humphries: Bruto
    Eric Bana: Randa
    Bruce Spence: Fiocco
    Bill Hunter: dentista
    LuLu Ebeling: Darla
    Jordan Ranft: Pulce
    Erica Beck: Perla
    Erik Per Sullivan: Varenne
    John Ratzenberger: Branco di pesci

    Premi
    2003 - African-American Film Critics Association
    Migliori dieci film
    2003 - Awards Circuit Community Awards
    Miglior film d'animazione
    2004 - Premio Oscar
    Miglior film d'animazione a Andrew Stanton
    2004 - Saturn Award
    Miglior film d'animazione
    Miglior attrice non protagonista a Ellen DeGeneres



    TRAMA


    Il piccolo Nemo, pesce pagliaccio curioso e intraprendente, viene catturato da un sub mentre il padre Marlin assiste impotente alla scena. Comincia cosÌ un viaggio tra mille pericoli per riuscire a ritrovare Nemo finito in un acquario di un dentista di Sidney. Quando i tentativi di ricerca del padre e di fuga del figlio sembrano risultare vani finalmente succede che...


    Marlin: Dory... se non era per te io non sarei mai arrivato fin qui... perciò grazie...
    Dory: Ehi aspetta un minuto! Ma dai aspetta! Dove vai?
    Marlin: È finita Dory, siamo arrivati tardi... Nemo non c'è più...
    e io me ne torno a casa...
    Dory: No! No no puoi... Fermati! Non te ne andare ti prego! Nessuno finora è rimasto così a lungo con me... e se tu te ne vai...
    Se tu te ne vai... Con te io mi ricordo le cose è vero! Sta' a sentire: P. Sherman, quarantadue... eh... quaranta... due... Ah! Me lo ricordo, lo giuro! È qui, lo so perché... perché quando ti vedo, lo sento... e quando... quando ti vedo... mi sento a casa. Ti prego... non voglio perdere tutto questo... non voglio dimenticare...
    Marlin: Mi dispiace, Dory... ma io sì...


    Personaggi



    Dell'oceano

    Marlin: È un pesce pagliaccio ed è padre di Nemo. Dopo avere perso la moglie e gli altri figli a causa dell'attacco di un barracuda è diventato iperprotettivo verso Nemo, talmente protettivo che non gli permette neanche di divertirsi, almeno finché suo figlio viene catturato da due subacquei e a lui tocca affrontare l'oceano per cercarlo. Alla fine si rende conto dei suoi sbagli nei confronti di Nemo e si scusa con lui, smettendo di essere un padre così ansioso.
    Coral: È una pesciolina pagliaccio, madre di Nemo e dolce moglie di Marlin. Verrà divorata insieme a quasi tutte le sue uova da un barracuda.
    Nemo: È un piccolo pesce pagliaccio, l'unico figlio rimasto di Marlin e Coral, curioso e pieno di vita. Durante un incidente Nemo viene catturato, suo padre lo cerca per tutto l'oceano e alla fine riesce a ricongiungersi con lui.
    Dory: È una pesciolina chirurgo simpatica, gentile e amante dei giochi. Si ritroverà coinvolta nell'avventura di Marlin e nel corso del film farà progressi con l'amnesia di cui soffre, motivo per cui non ricorda assolutamente niente di ciò che è successo anche poco prima. Alla fine del film viene riportata a casa da Bruto, Randa e Fiocco.
    Bruto: È un grande squalo bianco, leader di un trio di squali che vogliono diventare buoni e non mangiare più pesci, motivo per cui inizialmente appare gentile e amichevole. Tuttavia, dopo avere sentito odore di sangue, si dimenticherà tutto e cercherà di mangiare Marlin e Dory, ma alla fine del film tornerà ad essere uno squalo buono.
    Randa e Fiocco: Sono uno squalo martello e uno squalo Mako che, insieme a Bruto, sono degli squali che vogliono diventare vegetariani.
    Ray: È un Myliobatis aquila o chiamata aquila di mare e maestro di scuola di Nemo. È molto apprezzato dai suoi alunni e li porta spesso a fare delle gite per esplorare il mondo marino.
    Perla, Varenne e Pulce: sono rispettivamente un polpo dumbo, un cavalluccio marino e un pesce farfalla del tipo Forcipiger flavissimus, compagni di scuola e amici di Nemo.
    Bob, Ted e Phil: Sono i padri di Varenne, Perla e Pulce.
    Scorza: È una tartaruga che ha 150 anni ed è ancora un ragazzino. Trasporterà Marlin sul suo guscio e stringerà subito amicizia con lui.
    Guizzo: È il figlio di Scorza. Ama giocare a nascondino con i suoi amici e Dory. Alla fine del film si trasferisce nella barriera corallina, dove abita Nemo.
    Balenottera azzurra: È la balena che Marlin e Dory incontreranno dopo essere usciti dalla C.O.A. Sembrerà che li voglia mangiare in quanto li aspirerà nella sua bocca, ma invece li trasporterà a Sydney e li espellerà dallo sfiatatoio.
    Barracuda: È il pericoloso pesce che divorerà Coral e quasi tutte le sue uova.
    Melanoceto: Un feroce predatore abissale che tenterà di mangiare Marlin e Dory, ma alla fine sarà legato a una roccia con la maschera.
    Granchi: Appariranno verso la fine del film e li si vedrà intenti a mangiare bolle (e per poco anche Nemo) e a cacciare chiunque si avvicini alla loro zona.
    Pesci argentati: Sono simpatici pesci che si divertono con le imitazioni assumendo varie forme. Saranno loro a indirizzare Marlin e Dory verso la C.O.A.

    Dell'acquario

    Branchia: È un anziano idolo moresco, leader dei pesci dell'acquario e l'unico tra essi, oltre a Nemo, a venire dall'oceano e non da un negozio di pesci tropicali. Nel corso del film si affezionerà molto al nuovo arrivato, perché, come lui, ha una pinna atrofica (però Branchia se l'è rovinata cadendo sugli strumenti del dentista mentre cercava di saltare fuori dall'acquario).
    Bloblò: È un pesce chirurgo giallo fissato con le bolle.
    Diva: È una stella marina che sta sempre attaccata al vetro e tiene continuamente d'occhio il dentista.
    Bombo: È un pesce istrice ed è il più grosso pesce dell'acquario. Quando è spaventato o arrabbiato si gonfia come un pallone, e i suoi amici devono sgonfiarlo per evitare incidenti.
    Jacques: È un gambero pulitore che parla con un accento francese.
    Gluglù: È un gramma loreto con la fobia dei germi.
    Deb: È una pesciolina damigella un po' matta, in quanto è convinta che il suo riflesso sul vetro dell'acquario sia sua sorella gemella Flo.

    Altri

    Philip Sherman: È un dentista, proprietario dell'acquario in cui Nemo finisce. Nonostante sia l'inconsapevole "carceriere" dei suoi pesci ed uno degli antagonisti del film, come essere umano non è cattivo: cattura Nemo perché pensava che si fosse smarrito sulla barriera corallina e sarebbe morto, caccia via Amilcare per proteggere i pesci (in realtà il pellicano voleva prendere Nemo per ridarlo al padre), tira Nemo fuori dall'acquario per regalarlo a Darla, mentre Nemo sta dirigendosi verso la finestra per tuffarsi nell'oceano lo mette dentro una ciotola (pensando che stesse rotolando accidentalmente) e quando vede Branchia fuori dall'acquario lo rimette dentro (peccato che queste azioni, per quanto buone dal punto di vista umano, siano svantaggiose per i pesci e i loro piani).
    Darla Sherman: È l'antagonista principale del film, la nipotina del dentista, ragazzina nota perché quando riceve in regalo un pesce riesce sempre ad annientarlo in tempi molto rapidi.
    Amilcare: È un pellicano bruno molto amico dei pesci dell'acquario e grande appassionato di odontoiatria. Troverà Marlin e tenterà (inutilmente) di portarlo da Nemo.
    Geraldo: È un pellicano bruno, amico di Amilcare. Appare nel film quando tenta di ingoiare (rischiando di soffocare) Marlin e Dory appena arrivati a Sydney (e gli altri pellicani pensano che sia ubriaco).
    Gabbiani: vivono vicino ad Amilcare e Geraldo, e sono fissati a cercare di mangiare gli animali del mare: ogni volta che ne vedono uno iniziano tutti a urlare in coro "mio! mio! mio!", anche se poi nessuno di loro riesce mai a prendere niente.

    ..recensioni..
    Il film comincia con uno strappo: la pesciolina Coral viene fatta fuori da un tremendo barracuda. Dall'unico uova superstite nascerà Nemo, figlio senza madre; il traumatico addio gioca di anticipo rispetto alla disneyana madre di "Bambi" e il piccolo crescerà con un solo genitore, il generoso ma a tratti imbranato Marlin.
    Le acque del mare quasi costringono a perdersi - come soltanto certe distese desertiche in terra possono fare - e sono l'habitat naturale dove cercare. La ricerca del figlio perduto è ovviamente una lunga maratona di apprendimento: di cosa vuol dire essere padre, certo, ma forse Marlin pur inconsapevolmente, va di pari passo alla scoperta del proprio Io. Apprendendo man mano il senso di un rapporto filiale vissuto fino ad allora sulle circostanze di una tragica fatalità, il padre riesce forse a travalicare la linea che separa la giovane età con la maturità.
    Il percorso che intraprende il pesce pagliaccio - naturali e divertenti gli equivoci fondati sulle barzellette - avviene mediante tappe che imbastiscono una densa e incessante avventura multiforme/colore.
    A fare da (anti?)Virgilio di questo viaggio è la pesciolina Dory, straordinario personaggio che soffre di gravi perdite di memoria a breve termine: fragile e invadente, affettuosa e curiosa, questa pesciolina chirurgo rilancia ad ogni perdita di memoria l'essenza del viaggio e della ricerca, mettendo in discussione azioni e decisioni, non perdendo però mai di vista l'obiettivo di questo errare tra acque e terra (l'indirizzo da cercare incessantemente ribadito).
    Ogni tappa del film rappresenta un piccolo grande gioiello di creatività, tanto visiva quanto strutturale, con repentine diversificazioni dialettiche (dal citazionismo svelto all'introspezione sentimentale), ritmiche (dalla semi-immobilità dell'acquario in cui si ritrova Nemo alle indiavolate scorribande marine) e visive. Pur ormeggiando per tutta la durata verso una sarabanda fantastica, il fotorealismo delle profondità marine raggiunge vette inesplorate e sorprendenti.
    Sin dalla sua uscita "Alla ricerca di Nemo" ha ossessionato case di produzione animate sparse in più zone del mondo, incapaci però di inanellare un divertimento all'altezza ma anche, nonostante lo spettro tecnologico ingrandito di anno in anno, di imbastire un universo tanto sfaccettato quanto verosimile (valga per tutti la variazione del moto dei pesci da specie a specie).
    Rispetto a quelle del precedente capolavoro "Monsters & Co." è indubbio che le morali dell'opera - comunque inattaccabili - possiedono intuizioni meno folgoranti e che, dunque, l'occhio della Pixar sia più che in altre occasioni rivolto al pubblico dei più piccoli, ma il piacere del racconto non lascia attimi di tregua. A prevalere è il sodalizio e la solidarietà del mondo marino (perfino i pesci più aggressivi si redimono!) che, come è facile immaginare, riesce a sopraffare la malvagita - o meglio: l'ignoranza - di una umanità invisibile che poco si vede, facendo da cornice in un terra superficiale che, una volta tanto, merita di restare in disparte dietro la lavagna. Ripartendo da una generosa scuola subacquea, degli amici, da un padre, un figlio.
    (Diego Capuano,http://www.ondacinema.it/)

    (Gabry)





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    La Musica del Cuore



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    I Grandi Cantautori Italiani



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    Giorgio Gaber


    Cos'è, cosa dice, scrive e fa un intellettuale, in una stagione confusa come la nostra? È uno che mentre gli altri sembrano fare i conti con le cose più spicciole guarda un po' più in là e un po' più dentro. Le parole di tutti non gli bastano, per lui vogliono dire un'altra cosa. Perciò le deve riscoprire, ripulendole da ovvietà ed equivoci. Perché l'intellettuale vero le parole le usa tutte, le più semplici come le più difficili, e non ne teme nessuna.

    E poi l’intellettuale, quello vero, lo distingui perché ama il pensiero ma ancora di più ama la realtà. Ed è lì che diventa scomodo. Le parole, i pensieri, le ideologie, le misura con la realtà. E dunque di volta in volta diventa spiacevole per qualcuno. Quando un intellettuale non spiace più a nessuno non è che serva a molto.

    Giorgio Gaber, come intuì qualche tempo fa lo scrittore e critico Luca Doninelli, è un intellettuale, forse l'ultimo della sua generazione. Quando oggi scrive: “La mia generazione ha perso” non è per finta ma nemmeno per autolesionismo. Grida che qualcosa è finito, qualcosa che era un sogno grande, e di tanti. Lui, che era nato come cantante di successo, entertainer di classe, lui che andava in tournèe con Mina e aveva un posto da titolare in tivù come a Sanremo, ci aveva creduto. E aveva mollato tutto per il teatro, l'impegno, il sociale. Parole consumate, oggi. Ma per chi negli anni 60 aveva cantato, e fatto cantare, successi come Non arrossire, La ballata del Cerutti, Porta Romana, Mai mai mai Valentina, E allora dai, Torpedo blu, Il Riccardo, Barbera e Champagne, La balilla, era stata una vera svolta.

    Ma c’è di più. Gaber è stato ed è anche oggi, oggi che il suo interlocutore si è ormai frammentato in mille direzioni, un intellettuale collettivo. Altra parola consumata, che ci rimanda l’eco di antiche ideologie. Ma se la applichiamo a Gaber la definizione vuole semplicemente dire che insieme a Sandro Luporini in questi anni ha sentito e cantato per molti, suscitando emozioni e disappunti, esami di coscienza e commozioni, persino "inni" chissà se davvero compresi (“libertà è partecipazione”).

    Poi Giorgio Gaber ama il rigore della forma, nella scrittura e in palcoscenico. Usa i mezzi di comunicazione per quello che sono e che valgono. Infatti la sua lingua è netta, semplice, diretta. Non ha complessi d'inferiorità verso la cultura alta, narcisistica, autoreferenziale degli intellettuali all'italiana. In teatro ha promosso un'audace convivenza di forme, dal monologo alla canzone, dalla pièce di prosa fino ai bis con la chitarra. E volta per volta, a seconda della necessità, la sua parola si è fatta sberleffo, richiamo, dileggio, emozione, disincanto, amarezza. Si è sentito per anni insieme a un'intera generazione e poi di colpo solo, sempre più solo. Credeva di aver conquistato una certa opinione pubblica ma poi l'ha sentita sempre più distaccata, impermalosita, alla fine persino polemica. In compenso, in oltre quarant’anni di carriera, ha continuato a scoprire nuovi interlocutori e sempre nuovo pubblico, divenendo intramontabile campione d’incassi a teatro e, a sorpresa, di nuovo gran venditore di dischi alla svolta del secolo. Ma come si costruisce, nel tempo, un intellettuale vero?

    L’inizio di Giorgio Gaber è figlio del jazz e del rock & roll. Siamo nella seconda metà degli anni 50 e la leggenda narra del Santa Tecla, locale un po’ equivoco a due passi dal Duomo di Milano. E’ lì che uno studente della Bocconi, diploma di ragioniere, milanese ma di radici triestine, si trasforma in chitarrista e poi perfino in cantante. D’altronde il “conservatorio”, per una intera generazione di artisti nati intorno alla guerra, è una cantina due metri sotto il marciapiede (ricordate un certo Cavern Club, in quel di Liverpool?) e Gaber non sfugge alla regola. Con lui ci sono Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Giampiero Reverberi. Si fa del jazz (c’è anche Paolo Tomelleri), del country & western (il primo gruppo si chiama Rocky Mountains) e si scoprono Bill Haley, Elvis Presley, i Platters. Passano dal Santa Tecla Adriano Celentano (che vorrà Gaber come accompagnatore alla chitarra) e soprattutto Sergio Rapetti in arte Mogol. Sarà lui ad offrire all’incredulo studente il primo contratto discografico. In realtà Gaber sta vivendo una lunga parentesi, un gioco consapevolmente goliardico. Non crede affatto che il suo futuro professionale verrà da queste notti senza fine. Eppure fra la chitarra, il microfono e la vita da orchestrale, si sta formando una parte rilevante dell’artista Gaber. Che a questa prima stagione dovrà molto della sua energia e della sua fisicità sul palcoscenico. Oltre a un’immediatezza di riscontro col pubblico, sera dopo sera, che la generazione successiva dei cantautori non conoscerà se non a carriera avanzata. Apice dell’avventura, probabilmente, l’isterica serata del Primo Festival Nazionale del Rock And Roll, 18 maggio 1957 al Palazzo del Ghiaccio di Milano. E’ la data di nascita ufficiale del teenager italiano, urlante e scatenato come il suo omologo in ogni parte del mondo. Giorgio Gaberscik, in arte Gaber, non ha ancora diciannove anni.

    IL MESTIERE DI CANTANTE

    In quella serata di fuoco Celentano e Gaber si sfidano a colpi di Ciao ti dirò, ufficialmente firmata da Calabrese-Reverberi ma scritta da Gaber, Tenco e Reverberi. Il modello è copiato dagli Usa, ma il sound e la scrittura sono all’altezza. Gaber la inciderà nel ’58 come uno dei primi microsolchi della storica Casa Ricordi, che proprio in quell’anno aprirà (con l’ultimo rampollo della dinastia, Carlo Emanuele detto Nanni) la sua scuderia discografica. Se il primo numero in catalogo è la storica Medea di Maria Callas, nella sezione leggera sarà Gaber a fare da apripista per Gino Paoli, Umberto Bindi, Ornella Vanoni, Luigi Tenco, Enzo Jannacci, Sergio Endrigo. Ma a parte qualche scherzosa parentesi in coppia con Jannacci (Una fetta di limone) è già chiaro che il Gaber vincente è quello della doppia chiave confidenziale e ironico-realistica. Geneviève, Non arrossire, Le strade di notte, Le nostre serate, Così felice da una parte, La ballata del Cerutti, Benzina e cerini, Trani a gogò, Porta Romana, Il Riccardo dall’altra, rappresentano le due anime di un artista che cresce canzone dopo canzone, nel consenso del pubblico e nell’interesse di altri mass media, televisione in testa. Firmate in proprio o in felice collaborazione con lo scrittore milanese Umberto Simonetta, quelle canzoni sono il ritratto di una stagione spensierata e insieme venata di malinconia: i conti non tornano tutti, in quei primi, formidabili anni 60. Gaber, intanto, è divenuto uno splendido cantante, uno dei migliori della scena italiana (altra distinzione mai abbastanza sottolineata, negli anni che verranno, rispetto alla generazione dei cantautori). Frequenta regolarmente Sanremo, Canzonissima, persino il Festival di Napoli. Vende copiosamente 45 e 33 giri, e dalla Ricordi passa prima alla Rifi e poi alla Vedette. Ma intanto ha già messo un tassello del futuro: è della stagione ‘60/’61 il primo récital con la sua compagna di allora, Maria Monti: Il Giorgio e la Maria, regia di Giancarlo Cobelli, al Teatro Gerolamo di Milano, salvato dalla demolizione grazie al Piccolo Teatro di Grassi e Strehler (la coppia Gaber-Monti parteciperà anche a Sanremo 1961 con Benzina e cerini). Ma Gaber deve ancora percorrere tutta la parabola del magico decennio, presentarsi a Sanremo ’66 in coppia con Pat Boone con Mai mai mai Valentina, esplodere nell’hit parade del ’67 con la sanremese E allora dai, scrivere le spiritose Goganga, Snoopy contro il barone rosso, Torpedo blu, Sai com’è no com’è, Il Riccardo, Barbera e champagne. Intanto è diventato anche un mattatore televisivo: Canzoni di mezza sera, Canzoniere minimo, Milano cantata, Le nostre serate, Giochiamo agli anni Trenta. E’ quindi naturale che a “celebrare” il suo matrimonio con Ombretta Colli, nell’aprile del 1965, sia una copertina di Sorrisi e Canzoni.

    Ma Gaber cerca un’altra strada. Canzoni come Suona chitarra, Come è bella la città, La Chiesa si rinnova, Maria Giovanna (che solo in teatro troveranno la loro giusta collocazione) esplorano nuovi terreni. Però c’è ancora un pubblico da trovare e il luogo giusto dove incontrarlo. Preziose in questo senso sono due esperienze: il disco L’asse di equilibrio, del 1968, e le tournée teatrali del ’69 e ’70 con Mina. Se i concerti in teatro gli fanno scoprire un punto di arrivo senza ritorno, sul fronte discografico la faccenda è più complicata. I percorsi codificati da decenni (Canzonissima-Sanremo-Disco per l’estate) stanno perdendo di attrattiva, mentre una nuova generazione di cantanti arruffata e naif, ancora una volta sul modello anglosassone, sta per invadere il mercato. Gaber non sta né di qua né di là, troppo rigoroso e troppo musicista per disfarsi del suo mestiere e troppo cosciente dei mutamenti in atto per tornare indietro. In fondo Sexus et politica, canzoni di A.Virgilio Savona scritte su testi di autori latini di 2000 anni fa, del 1970, è l’ultima scommessa di Gaber ancora all’interno della logica discografica, seppure alternativa. Di lì in avanti scrittura, registrazione ed interpretazione delle sue canzoni saranno a servizio di una nuova identità artistica.



    fonte:giorgiogaber.it




    Secondo Me La Donna

    Secondo me la donna, e l’uomo, sono destinati a diventare, uguali. In questa nostra epoca, la civiltà si è data un gran da fare, per attenuare certe differenze che erano causa di profonda ingiustizia. C’è stato un graduale avvicinamento, nel modo, di comportarsi, di sentire, di pensare. Insomma, di vivere. Fino alla tanto sospirata parità. Però, secondo me all'inizio di tutto, c'è sempre una donna.
    Secondo me, la donna è donna da subito. Un uomo è uomo a volte prima, a volte dopo. A volte mai.
    Secondo me una donna è coinvolta sessualmente, in tutte le vicende della vita. A volte persino nell'amore.
    Secondo me, una donna innamorata imbellisce. Un uomo... rincoglionisce.
    Secondo me in un salotto, quando non c'è neanche una donna, è come recitare in un teatro vuoto. Se invece non c'é neanche un uomo, tra le donne si crea una complice atmosfera di pace. Appena arriva un uomo è la guerra.
    Secondo me un uomo che dice di una donna, quella lì la dà via, meriterebbe che a lui le donne non gliela dessero proprio mai.
    Secondo me una donna che dice ad un uomo con cui sta facendo l'amore, come con te con nessuno, andrebbe comunque arrestata per falsa testimonianza.
    Secondo me per una donna che non ha fortuna in amore, non si può usare il termine sfigata.
    Secondo me gli uomini, si sono sempre occupati del potere sulle cose, le donne, del potere sulle persone. Ma questa è seria non c’entra niente.
    Secondo me le donne, quando ci scelgono, non amano proprio noi, forse una proiezione un sogno, un’immagine che hanno dentro. Ma quando ci lasciano, siamo proprio noi quelli che non amano più
    Secondo me, una donna che si offre a un uomo sessualmente ed è respinta, rimane sconcertata. Non ci può credere. Il suo primo pensiero è che lui sia omosessuale, ma in genere questa versione non regge. E allora pensa: “E già, lui si difende... ha paura di essere troppo coinvolto emotivamente ... oppure si sente bloccato dall'eccessiva eccitazione”. Il fatto che lei possa non piacere è un'ipotesi che non può assolutamente prendere in considerazione.
    Donna: l'angelo ingannatore. L'ha detto Baudelaire.
    Donna: il più bel fiore del giardino. L'ha detto Goethe.
    Donna: femina maliarda. L'ha detto Shakespeare.
    Donna: sei tutta la mia vita. L'ha detto un mio amico ginecologo.
    Sì, secondo me la donna e l’uomo, sono destinati a rimanere assolutamente differenti. E contrariamente a molti io credo che sia necessario mantenerle se non addirittura esaltarle queste differenze. Perché proprio da questo scontro incontro, tra un uomo e una donna, che si muove l’universo intero.
    All'universo non gliene importa niente dei popoli e delle nazioni, l’universo sa soltanto che senza due corpi differenti, e due pensieri differenti, non c’è futuro.


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Champions League: Roma Bate 0-0. Giallorossi agli ottavi tra i fischi. Garcia: "Raggiunto primo obiettivo stagionale".

    La squadra delude ancora e per il passaggio del turno ringrazia il Barcellona e L. Enrique. Tecnico francese: "I fischi dell'Olimpico? Dobbiamo essere noi a trascinare i tifosi". Szczesny: "Con il nostro allenatore usciremo dalle difficoltà". La Roma si è qualificata agli ottavi di finale di Champions League pareggiando 0-0 in casa con il Bate Borisov. Un risultato salvato anche dalle parate di Szczezny ma soprattutto una prestazione che non è piaciuta ai pochi tifosi presenti, che hanno fischiato la squadra di Garcia. Nell'altra partita del girone, Bayer Leverkusen e Barcellona hanno pareggiato 1-1, un risultato che consente ai tedeschi di partecipare all'Europa League, mentre il Bate è eliminato.

    IL PUNTO - Sonore raffiche di fischi salutano la qualificazione agli ottavi di Champions della Roma. Sembra un paradosso, invece è la cruda (e meritata) realtà, perchè i giallorossi conquistano quello che era l'obiettivo minimo visto il livello del girone al termine di una partita imbarazzante che ha ridato fiato ai contestatori della squadra e di Garcia. E in cui si è rivelato decisivo il portiere Szczesny, autore nella ripresa di due interventi che hanno salvato il risultato: su Gordeichuk al 23' st e dieci minuti dopo su Mladenovic, in questo caso con l'aiuto della fortuna visto che poi la successiva conclusione di Stasevich è stata respinta da Rudiger in modo fortuito. Alla fine per questa qualificazione la Roma deve ringraziare il suo ex allenatore Luis Enrique, che alla guida del Barcellona ha giocato una partita vera anche sul campo del Bayer Leverkusen, nonostante la qualificazione e il primo posto nel gruppo E fossero acquisiti da tempo. Ci si consola così, e pensando che il passaggio al turno successivo in Europa significa guadagni in termini di denaro e quindi, almeno sperano i tifosi, la possibilità di investire sul mercato di gennaio.

    GARCIA: "RAGGIUNTO IL PRIMO OBIETTIVO STAGIONALE" -"Abbiamo creato tanto, volevamo vincere e non ci siamo riusciti. Szczesny ha fatto una parata strepitosa ma alla fine siamo qualificati, vuol dire che siamo stati migliori della terza e del quarta. Da quando non abbiamo la Curva Sud l'ambiente non è lo stesso, ma dobbiamo essere noi a trascinare i tifosi a tifarci". Così il tecnico della Roma, Rudi Garcia, ai microfoni di Mediaset Premium, che ha fatto "i complimenti ai ragazzi perché in questo momento qualificarsi non era semplice". "Quando non molli e dai tutto nessuno ti può dire niente - ha affermato l'allenatore giallorosso parlando dei fischi alla fine - La cosa brutta è che la curva sud fa sciopero, loro sono il cuore del nostro tifo. Potevamo far meglio ma una squadra che fa 24 tiri in porta non è una squadra che gioca male". "Questa sera la panchina era molto corta soprattutto per l'attacco - ha spiegato il francese - Dopo Salah non avevo altre punte. E' un momento complicato, anche perché ci mancano quattro punti tra Bologna e Torino e con quelli parleremmo in un altro modo di questa Roma. In questi momenti serve qualificarsi anche così. Il primo obiettivo stagionale è stato raggiunto, a febbraio saremo in un altro momento. Adesso ci sono tre partite prima della sosta, vogliamo finire bene il mese di dicembre".

    SZCZESNY, CON GARCIA USCIREMO DALLE DIFFICOLTÀ - "La gente ha il diritto di aspettarsi uno spettacolo migliore ma quando torneranno a casa, a mente fredda, saranno felici per la qualificazione. Qual è la soluzione ai problemi di questa squadra? Sono sicuro che con l'aiuto del nostro grande allenatore usciremo fuori da queste difficoltà". Queste le parole del portiere della Roma, Wojciech Szczesny, a Premium Sport, che ha proseguito: "Prima segnavamo di più subendo più gol, ora forse è il contrario, ma troveremo una soluzione e ritroveremo l'equilibrio". Commentando una delle sue parate decisive, il polacco ha detto: "A volte le cose non vanno bene, in altre sei decisivo. Prendere quei sei gol a Barcellona non è stato bello ma la cosa più importante oggi era qualificarsi".

    NAINGGOLAN, I FISCHI NON CI IMPORTANO - "I fischi dei tifosi alla fine? Aspettano una vittoria quanto noi: oggi abbiamo creato tanto e concluso poco, abbiamo cercato di vincere e alla fine ci è andata bene che ci è bastato il pareggio". Cosi' il centrocampista della Roma Radja Nainggolan, ai microfoni di Mediaset Premium. "Queste partite però dobbiamo vincerle, guardiamo positivo, siamo qualificati - ha proseguito -. I fischi non ci importano, alla fine anche i tifosi sono contenti della qualificazione. Non avevamo paura, siamo fiduciosi, stiamo lavorando bene per la prossima partita che sarà molto difficile".
    (Ansa)




    < Nuoto: Federica Pellegrini sempre regina, Italia è festa d'oro.
    Azzurra 5/o titolo europeo 200 sl, vince anche la 4X50 sl mista. Ancora lei, sempre regina della gara che ama di più. Federica Pellegrini non delude le aspettative e agli europei in vasca corta di Netanya va a prendersi il quinto oro continentale nei 200 stile in dieci anni: un titolo che fa sorridere l'olimpionica azzurra sempre più proiettata ai Giochi di Rio del prossimo anno, e che fa grande l'Italia del nuoto. Che appena finisce di applaudire la sua campionessa di punta deve festeggiare un altro successo, quello della staffetta 4x50 stile libero mista. Una doppietta d'oro che fa chiudere la quarta giornata di gare in Israele con il sorriso. Pellegrini strappa l'applauso stravincendo la finale dei 200 con il tempo di 1'51"89, davanti alla russa Popova (1'52"46) e all'olandese Heemskerk (1'52"81), che le è stata avanti fino ai 175 metri.

    Ma il rush dei 25 metri finale ha incoronato ancora la campionessa di Spinea. "Sono molto sorpresa sinceramente, sia del tempo che di essere riuscita a vincere un altro titolo europeo nella gara che io amo di più - le parole dell'azzurra, già oro nel 2005 ex aequo con la svedese Lillhage, nel 2008, nel 2009 e nel 2013 -. Per me questa è una grandissima soddisfazione e gratificazione personale". Una chiusura d'anno che fa ben sperare in vista delle Olimpiadi in Brasile, grande obiettivo della prossima stagione. L'azzurra punta a un'altra medaglia di peso: finora ne ha collezionate 40 tra Giochi Olimpici, mondiali e europei. La prima fu l'argento ad Atene, quando aveva appena 16 anni. A completare la giornata di festa l'oro della staffetta che si impone in 1'29"26, tempo che si avvicina 4 centesimi al record italiano assoluto. In acqua sono scesi Federico Bocchia, Marco Orsi, Silvia Di Pietro ed Erika Ferraioli, bravi a battere russi, olandesi e svedesi. "Contento per l'oro che abbiamo vinto - commenta Orsi - ma non sono soddisfatto delle mie virate. Ancora non riesco a farle bene. Domani devo prenderle per forza. Spero di riportare la medaglia d'oro dei 100 stile libero in Italia dopo un po' di anni". "Ho cercato di dare il massimo - conclude Ferraioli - senza fare troppi calcoli. Siamo stati bravi tutti. Non era facile. In questi Europei il gruppo fa la forza e lo dimostriamo anche nelle staffette". E proprio lo sprinter emiliano si è qualificato per la finale dei 100 sl con il miglior tempo (46''42): fuori invece il capitano della nazionale, Filippo Magnini, solo 14/o con 48''00.
    (Ansa)




    Hirscher e Vonn dominano prima del ritorno in Europa.
    Per l'Italia, Schnarf quarta a Lake ed Eisath 6/o a Beaver Creek. In coppa del mondo si rischia la noia con la domenica che ha portato risultati fotocopia di quelli di sabato. A Beaver Creek, in gigante, ha infatti vinto ancora l'austriaco Marcel Hirscher mentre a Lake Louise in superG si e' imposta di nuovo la statunitense Lindsey Vonn. L'Italia ha come miglior risultato ancora un quarto posto nella gara donne con l'altoatesina Johanna Schnarf mentre tra gli uomini c'e' il sesto di Florian Eisath, altoatesino pure lui. Per Hirscher - 26 anni e vincitore in serie delle ultime quattro coppe del mondo - e' il 33/o successo in carriera. Ha vinto senza problemi - autoeliminatosi per errore l'unico vero rivale, l'americano Ted Ligety - in 2.32.58. Alle sue spalle il francese Victor Muffat-Jeandet in 2.33.56 ed il norvegese Henrik Kristoffersen in 2.33.89. Ancora piu' strepitoso il successo di Lindsey Vonn: 70 esima vittoria in carriera e nuovo record assoluto, 18/ a Lake Louise e per la terza volta ha fatto il magico triplete con tre vittorie in tre gare nella localita' canadese ormai chiamata Lake Lindsey. Si e' imposta alla grande in 1.19.79 davanti alle giovani austriache Tamara Tippler in 1.21.11 e Cornelia Huetter (terzo podio in tre gare canadesi ) in 1.21.14. La giornata azzurra e' stata a sorpresa nel segno di Johanna Schnarf con il suo quarto posto in 1.21.28, miglior risultato in carriera in questa disciplina. Poi ci sono , 9/a Nadia Fanchini in 1.21.67 e Francesca Marsaglia 11/a in 1.21.94. Piu' indietro le altre. Tra gli uomini il veterano e padre di famiglia Florian Eisath, uno che aveva dovuto lottare per restare in squadra, si conferma n.1 degli azzurri con un buon 6/o posto in 2.34.11. Ma la sorpresa piu' bella e' quella del bolzanino Riccardo Tonetti: 26 anni, prossima laurea in economia, l'azzurro con l'alto pettorale 48 ha chiuso con un bell'ottavo posto in 2.34.20. La coppa del mondo torna ora in Europa. Gli uomini nel prossimo fine settimana saranno in Francia, in Val d'Isere: sabato gigante e domenica speciale. Stesse gare negli stessi giorni anche per le ragazze ma in Svezia, ad Aare.
    (Ansa)

    (Gina)



    STRUMENTI MUSICALI




    Le Ciaramelle




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    Ci sono strumenti musicali ormai in disuso che se riscoperti e suonati hanno la capacità di donare un suono arcaico in grado di evocare particolari atmosfere cariche di mistero.
    È il caso delle Ciaramelle Amatriciane, strumento della famiglia degli aerofoni a sacco nato nella conca di Amatrice e tipico della ristretta zona compresa tra i limitrofi comuni di Accumoli, Cittareale, Posta, Borbona e Montereale.

    le CiaramelleI suonatori in grado di utilizzare le Ciaramelle si contano ormai sulle mani ma per fortuna ultimamente si infoltisce il gruppo di giovani che hanno riscoperto questo strumento e capito l'importanza di conservare un patrimonio tradizionale così importante.

    Le Ciaramelle Amatriciane sono costituite da un otre ricavato dalla pelle di una pecora, trattata con sale marino o siero di latte, che serve come deposito di aria. La pelle di pecora è rivoltata per cui il pelo si trova all'interno. La parte posteriore dell'animale è chiusa da una legatura così come anche la zampa anteriore sinistra. Alla zampa anteriore destra è invece applicato un insufflatore in legno di sambuco intagliato che serve per immettere aria nell'otre. Al collo dell'animale è applicato un ceppo in legno da cui partono tre canne. Due di esse, per la mano destra e per la sinistra, sono modulabili e munite di fori per le dita, la terza è zittita e funge solo da sostegno per la presa.
    le Ciaramelle Le tre canne in genere sono legate tra di esse con nastri colorati. All'interno delle canne suonanti si trovano le ance doppie, dette pipìzzole, costituite da lamelle di canna stagionata recisa rigorosamente con luna calante di gennaio. La forma allungata delle pipìzzole conferisce alle Ciaramelle il tipico suono molto nasale.

    L'assenza di bordoni rispetto alle altre zampogne fa delle Ciaramelle uno strumento unico in Italia.

    Durante l'esecuzione l'otre, tenuto davanti al corpo stretto tra le gambe e le braccia, viene gonfiato e l'aria convogliata alle canne attraverso la pressione delle braccia.

    Il nome "Ciaramelle" deriva forse proprio dal fatto che lo strumento nasce dall'unione di due Ciaramelle.





    fonte:http://www.altavalledelvelino.com/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    "FRANCESCO HAYEZ"

    >dal 7 novembre 2015 al 21 febbraio 2016



    In collaborazione con l’Accademia di Belle Arti e la Pinacoteca di Brera, di Milano, e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la mostra, curata da Fernando Mazzocca e con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli, raccoglie circa 120 opere dell’artista.

    Il percorso espositivo segue una successione cronologica, che rievoca insieme la vita e il percorso creativo del grande pittore: dagli anni della formazione tra Venezia e Roma, ancora nell’ambito del Neoclassicismo, sino all’affermazione, a Milano, come protagonista del movimento Romantico e del Risorgimento accanto a Verdi e Manzoni, con i quali ha contribuito all’unità culturale dell’Italia.

    La sequenza di opere, tra cui capolavori più noti accanto ad altri presentati al pubblico per la prima volta – inedito l’accostamento delle tre versioni del Bacio, rivela la grandezza di Hayez nel padroneggiare generi diversi come la pittura storica e il ritratto, la mitologia, la pittura sacra e un ambito allora di gran moda come l’orientalismo, sino a giungere alle composizioni dove trionfa il nudo femminile, declinato in una potente sensualità che lo rende unico nel panorama del Romanticismo italiano e europeo.(www.gallerieditalia.com/)

    La mostra di Francesco Hayez si presenta come la più grande retrospettiva dedicata al pittore veneziano dopo la rassegna tenutasi a Brera nel 1983. Formatosi nell'Accademia della sua città natale, Hayez perfeziona i propri studi a Roma, sotto la guida di Antonio Canova. Risalgono a questi anni i dipinti di soggetto mitologico, come il Laocoonte, che rispondono ai dettami dell'arte neoclassica, da cui Hayez si allontanerà negli anni Venti a favore di episodi tratti dalla storia medievale, come quello narrato nel Pietro Rossi.

    Si afferma così il Romanticismo storico, che individua nell'arte un veicolo per la trasmissione dei sentimenti patriottici e valori civili. Nella produzione di Hayez i nuovi ideali dell'arte romantica trovano le più varie manifestazioni, dall'interesse per i temi letterari, che dà vita alla serie dedicata a Giulietta e Romeo, all'approfondimento del tema delle Crociate, dalla seduzione per l'Oriente, all'origine delle sue Odalische, alla seduzione del ritratto, che lo vede immortalare letterati, collezionisti e protagonisti del Risorgimento italiano.

    L'intera evoluzione dell'arte di Francesco Hayez è documen-
    tata nelle oltre 100 opere in mostra, proveniente dai più importanti musei di Milano e d'Italia, dalla Pinacoteca di Brera alla Galleria d'Arte Moderna di Torino, dalle Gallerie dell'Accademia di Venezia alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, e da prestigiose collezioni private. Articolato in dieci sezioni, il percorso si svolge secondo un ordine cronologico che lascia spazio ad approfondimenti tematici, dove opere pregevoli ma meno note si affiancano a celebri capolavori come Il bacio del 1859.

    La galleria di autoritratti del pittore ci permette di essere accompagnati dallo stesso Hayez, che per il suo stretto legame con Milano, dove a lungo fu professore all'Accademia di Brera, meritò l'onore di essere sepolto nel Cimitero Monumentale.
    (www.milanoguida.com)




    FESTE e SAGRE





    Il liquore BECHEROVKA


    In pochi conoscono una delle specialità tradizionali e più originali della città termale di Karlovy Vary, località a nord di Praga: la Becherovka, un liquore digestivo dal gusto dolce-amaro chiamato anche “la tredicesima sorgente”, che viene prodotto da più di 200 anni.
    La Becherovka è uno tra i liquori artigianali più misteriosi. Il segreto di produzione è noto solo a pochissime persone e nessuno al mondo, né falsificatori, né produttori di mestiere, è mai riuscito a riprodurre la vera Becherovka di Karlovy Vary, al cui originalissimo gusto concorrono non soltanto le venti “erbe medicinali segrete“, ma anche l’acqua minerale di Karlovy Vary, il legno di rovere delle vecchie botti ovali e l’atmosfera e la temperatura delle cantine.

    L’unica cosa che si conosce della ricetta della Becherovka è che per produrla si unisce una combina-
    zione inalterabile di 20 tipi di erbe e di odori. La miscela di queste erbe viene poi messa in sacchi che vengono immersi nell’alcol per 1 settimana. L'estratto è mescolato con acqua del luogo e con zucchero naturale e immesso in botti di quercia dove matura per circa 2 mesi. Dopodiché il prodotto viene imbottigliato nelle tipiche bottiglie piatte di colore verde.

    "La Karlovarská becherovka è una delle specialità tradizionali di Karlovy Vary. Si tratta di un liquore digestivo dal gusto dolce-amaro (38% di alcol, 10% di zucchero), nato intorno al 1805, quando a Karlovy Vary lo creò a scopo terapeutico per un certo conte, con il suo medico personale, il dottor Frobrig, di origine inglese. I due alloggiarono nei pressi del Mercato, nella casa "Alle tre allodole ", appartenente al farmacista Josef Becher, nipote di David, il celeberrimo farmacista di Karlovy Vary. Proprio nella sua farmacia delle Tre allodole nacque l’amicizia tra il medico e il farmacista, amicizia che produsse l’innovativa ricetta del dott. Frobrig, da lui stesso definita come "l’elisir di lunga vita", a base di venti erbe medicinali locali. Il dottor Frobig donò la ricetta all’amico, in ricordo della loro amicizia. Dopo due anni di prove e di miglioramenti, Josef Becher cominciò nel 1807 a produrre il liquore, non col nome di "elisir di lunga vita", ma prima come “Amaro inglese”, poi come ”Amaro digestivo” " ed infine come "Original Karlsbader Becherbitter" - liquore digestivo. Nel 1841 la ditta passò a suo figlio Jan, il quale fece brevettare la tipica bottiglia verde piatta e trasformò l’originaria produzione artigianale a livello industriale. La fama della Becherovka cominciò a diffondersi in tutto il mondo. (www.igiovanidellanticoborgo.com)

    (Gabry)





    PAROLE IN MUSICA




    Parole In Musica



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    A Natale puoi

    A Natale puoi
    fare quello che non puoi fare mai:
    riprendere a giocare,
    riprendere a sognare,
    riprendere quel tempo
    che rincorrevi tanto.

    È Natale e a Natale si può fare di più,
    è Natale e a Natale si può amare di più,
    è Natale e a Natale si può fare di più
    per noi:
    a Natale puoi.

    A Natale puoi
    dire ciò che non riesci a dire mai:
    che bello è stare insieme,
    che sembra di volare,
    che voglia di gridare
    quanto ti voglio bene.

    È Natale e a Natale si può fare di più,
    è Natale e a Natale si può amare di più,
    è Natale e a Natale si può fare di più
    per noi:
    a Natale puoi.
    È Natale e a Natale si può amare di più,
    è Natale e a Natale si può fare di più
    per noi:
    a Natale puoi.

    Luce blu,
    c’è qualcosa dentro l’anima che brilla di più:
    è la voglia che hai d’amore,
    che non c’è solo a Natale,
    che ogni giorno crescerà,
    se lo vuoi.

    A Natale puoi.

    È Natale e a Natale si può fare di più,
    è Natale e a Natale si può amare di più,
    è Natale e a Natale si può fare di più,
    è Natale e da Natale puoi fidarti di più.

    A Natale puoi






    (Lussy)





    salute-benessere
    foto:aquariuscom.it


    Salute e Benessere


    Terme-dinverno
    foto:vacanze10.it


    Terme marine di Grado


    Acqua di mare riscaldata e sabbia: una ricetta naturale, semplicissima, sulla quale da oltre un secolo fonda la sua popolarità la Stazione Termale di Grado, frequentata nell’800 dalla aristocrazia astro-ungarica e poi, dagli anni ’60 da alcuni dei più grandi sportivi italiani ed internazionali. Aperto dapprima nei soli mesi estivi, lo stabilimento dell’isola di Grado – località dalle particolari condizioni climatico-ambientali – funziona oggi tutto l’anno, grazie alle rinnovate e moderne aree wellness e fitness.


    Un po’ di storia
    La tradizione oggi ampiamente consolidata, del Turismo Balneare ha inizio nella metà dell’Ottocento e trova da subito nella località di Grado una delle mete più ambite, sopratutto dopo che furono accertate le virtù curative e terapeutiche di aria, sabbia ed acqua di mare proprie dell’isola lagunare. In realtà, i bagni di sole e le sabbiature erano pratiche già conosciute dai Romani così come dai Greci, con ampi riscontri negli scritti di Erodoto e Seneca, ma il primo stabilimento marino viene accreditato proprio a Grado, nel 1873, a seguito della pubblicazione dei risultati delle ricerche condotte dal pediatra fiorentino Giuseppe Barellai. I primi a beneficiare delle proprietà terapeutiche di sole e sabbia a Grado furono i membri dell’aristocrazia astro-ungarica; nel 1892, quindi, dopo che le strutture erano già avviate, l’Imperial Regio Governo Astro-Ungarico, che dominava l’isola all’epoca, riconobbe ufficialmente Grado come stazione di cura, iscrivendola nell’albo ufficiale delle stazioni di cura dell’impero asburgico. Nel frattempo, nella località era stata fondata anche una colonia per bambini linfatici che trovavano sollievo nella talassoterapia. Negli anni ’60 il vero e proprio ‘boom’ della località, che diventa una meta privilegiata di noti sportivi italiani ed internazionali, alcuni dei quali venivano a curare le lesioni dell’apparato osteocartilagineo ma anche altre patologie di natura post-traumatica o anche semplicemente per ritemprarsi: tra i frequentatori più celebri di Grado si annoverano i calciatori Gigi Riva, Omar Sivori, Capello, Oriali e Baggio. Quattro interventi importanti di ristrutturazione dello stabilimento – nel 1957, nel 1962, nel 1974 e nel 2000, hanno fatto sì che Grado mantenesse nel tempo il suo primato nel settore dei centri psammatoterapici italiani.



    Le acque
    Le Terme Marine di Grado non si fondano sull’utilizzo di acque termali di sorgente bensì su acqua marina riscaldata artificialmente combinata con la sabbia scaldata naturalmente dal sole. L’acqua di mare viene estratta tramite impianti tecnologicamente avanzati a grande distanza dagli stabilimenti balneari, ad elevate profondità e con una serie di accorgimenti atti a mantenerne le proprietà chimico-fisiche, a preservarne quindi la natura incontaminata; una volta estratta, l’acqua viene addizionata di ozono (peraltro già presente) e viene quindi riscaldata per rendere più efficace l’applicazione. La sabbia che verrà utilizzata per le sabbiature nella psammatoterapia, invece, viene estratta nelle profondità dell’Alto Adriatico. Dai trattamenti effettuati combinando bagni e sabbiature, si possono curare le malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, malattie cardiovascolari, malattie ginecologiche, malattie reumatiche e malattie dermatologiche. Per le patologie artro-reumatiche sono particolarmente indicati i bagni ozonizzati in acqua di mare riscaldata a 36-37° mentre le inalazioni dirette, le nebulizzazioni in ambiente e gli aerosol (sempre con l’utilizzo di acqua di mare riscaldata) sono indicati per malattie caratterizzate da sinusopatie vasomotorie, faringolaringiti croniche, sinusiti croniche, sindromi rino-sinusitiche-bronchiali croniche. Infine le irrigazioni ginecologiche – anch’esse con acqua di mare ozonizzata e riscaldata – sono indicate per le patologie di sclerosi dolorosa del connettivo pelvico di natura cicatriziale e/o involutiva e per vaginiti aspecifiche o distrofiche.


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    foto:termemarinegrado.it


    Lo stabilimento termale

    Le Terme Marine di Grado si trovano immerse nel verde in posizione rientrante rispetto al mare. L’Istituto Talassoterapico ha iniziato la sua attività nei primi anni del ‘900 e la psammatoterapia o sabbiatura è il più antico processo di cure che vi viene praticato: naturalmente, fondandosi sull’utilizzo del calore del sole, la pratica può essere effettuata unicamente dalla metà di giugno alla fine di agosto, cioè durante il periodo più caldo dell’anno. Tra le strutture del genere, l’Istituto di Grado presenta il vantaggio dell’utilizzo di una sabbia di elevata qualità terapeutica e di una collocazione ottimale: gli stabilimenti si trovano infatti su un arenile che è l’unico dell’Adriatico ad essere completamente rivolto verso Sud. Il nuovo Parco Termale Acquatico – aperto da metà maggio a metà settembre – si trova direttamente sulla spiaggia principale, circondato dal verde ed è dotato di una grande piscina con acqua di mare, idromassaggi e getti a cascata, trampolini, scivolo ad acqua e giochi per bambini.
    L’apertura di una nuova area wellness e fitness hanno consentito allo stabilimento di mantenere l’apertura tutto l’anno: in inverno, quindi, è possibile usufruire di una grande piscina coperta con acqua di mare, di idromassaggi oltre che della sauna e del bagno a vapore. Lo stabilimento è inoltre dotato di una attrezzata palestra, ove gli esercizi vengono svolti sotto la guida di esperti trainer, e di un centro estetico ove si possono seguire dei programmi personalizzati per prevenire l’invecchiamento cutaneo, gli inestetismi della pelle e l’adiposità oltre che a preparare la pelle all’abbronzatura con il massaggio peeling per eliminare le cellule più superficiali della pelle.


    Turismo nei dintorni

    L’isola di Grado si trova nella regione del Friuli Venezia Giulia tra Trieste e Venezia, entrambe raggiungibili facilmente così come altri interessanti itinerari culturali.


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    foto:triesteallnews.it

    Grado

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    foto:wikimedia.org

    Aquileia

    Ad Aquileia, ad esempio, c’è da ammirare uno straordinario patrimonio archeologico mentre Villa Manin di Passariano è molto frequentata dagli amanti delle mostre di carattere storico-artistico che si svolgono con regolarità nelle sue belle sale veneziane. Da non perdere, ancora, Palmanova con le sue mura fortificate, i tanti castelli e dimore storiche della Regione, la costiera triestina, il castello di Miramare, Gorizia, il Collio e Udine.
    Gli amanti del turismo naturalistico apprezzeranno le qualità di un ecosistema, quello della Laguna di Grado che nei suoi 12mila ettari e i suoi 25 chilometri di cordoni litoranei, rappresenta un habitat ideale per moltissime specie di uccelli acquatici; per godere al massimo della bellezza della laguna è possibile affittare una canoa o una “batela”, la tipica imbarcazione lagunare in legno dal fondo piatto.
    Nella stessa Grado, gli amanti del turismo balneare possono beneficiare di ampie spiagge con sabbia fine e dal colore dorato – “Isola d’Oro” è l’appellativo di cui gode la località. La visita della cittadina è anch’essa piacevole, soprattutto la parte antica, caratterizzata com’è da calli e campielli e ha tra le sue attrazioni principali, dal punto di vista storico-artistico, le basiliche di S. Eufemia e di S. Maria delle Grazie e i resti di una chiesa paleocristiana di fondazione tardo-romana.


    da: benessere.com



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    foto:flickr.com
    Villa Manin di Passariano


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    foto:fotografieitalia.it

    Palmanova



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    foto:wikimedia.org

    Basilica di S. Eufemia


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    STORIE DI RELITTI...

    IL SAN JOSE'



    Il San José fu un galeone spagnolo costruito nel 1696, uno dei più grandi del suo tempo, e appartenente alla flotta di Filippo V di Spagna.

    Il 10 giugno 1708, venne affondato, nel Mar dei Caraibi, durante la guerra di successione spagnola, a circa 30 chilometri dalle coste di Cartagena de Indias, in Colombia.
    Il galeone fu attaccato per quasi 10 ore da parte di 4 navi da guerra britanniche capitanate dal corsaro Charles Wager, che colpì non solo il San Josè, ma anche le 14 imbarcazioni mercantili e altri 2 galeoni, il San Joaquin e il Santa Cruz che facevano parte della flotta.
    La nave trasportava quello che poi sarebbe diventato il tesoro sommerso più grande della storia. Si dice che a bordo trasportasse, tra le altre altre ricchezze, 11 milioni di monete d’oro per un totale di 200 tonnellate tra oro, argento e metalli preziosi.

    "CARACAS. Erano le sette e mezza di sera dell’8 giugno 1708. Il cielo era nero, il mare mosso e una pioggia leggera scivolava sui settanta cannoni a forma di delfino del galeone San José che, al comando dell’ammiraglio José Fernandez de Santillan, si avvicinava al porto di Cartagena de Indias con uno dei più grandi tesori che, dalle colonie americane, avrebbe dovuto arricchire, raggiungendo prima L’Avana e poi Cadice, nella lontana penisola iberica, la corte di re Felipe V. Nelle stive del San José c’erano almeno 11 milioni di monete d’oro, c’era argento, c’erano spezie, gioielli e pietre preziose, per un valore che oggi gli archeologi calcolano oltre i cinque miliardi di dollari. Tra equipaggio e passeggeri c’erano circa 600 persone e, nessuno, osservando quel pomeriggio i lampi nel cielo, immaginava il disastro che da lì a poco li avrebbe colpiti. Davanti alla Penisola di Barù li attendeva sornione il commodoro Charles Wager che, con il vascello Expedition e altre navi della flotta inglese, dava la caccia all’oro sottratto dagli spagnoli al Perù. La battaglia navale fu violentissima. Si narra che il galeone spagnolo esplose inabissandosi ad una profondità fra i 200 e i 300 metri, e lasciando dietro di sé la leggenda di uno dei più straordinari tesori sommersi lungo la barriera corallina della Colombia.(García Márquez, L’amore ai tempi del colera)

    Il galeone fu costruito nel 1696 dal basco Pedro de Arostegui. La sua esecuzione fu effettuata nei cantieri navali di MAPIL a Usúrbil, su commissione del Consolato e del Commercio di Siviglia, ed era destinato a far parte della Marina del continente. Il galeone aveva tre ponti, pesava 1.066 tonnellate, era equipaggiato con 44 cannoni di ferro. Nell'ultimo inventario svolto a Cadice, prima di partire per l'America, nell'artiglieria e armi da montare si rileva: 46 cannoni di bronzo, calibro 16; 8 di bronzo Sacres, calibro 7; 2 di bronzo Pedreros; 50 fucili di cui 15 fucili da caccia, 20 carabine, 80 pistole, 25 Templores, 25 vette, 25 e 26 Chuzos Alfanges (spade). Il suo equipaggio superava 500 uomini. Il 10 marzo 1706, lasciò il porto di Cadice, era capitanato da José Fernández Santillán, Conde de Casa Alegre e Capitano Generale dell'Esercito di Terra Firma. Il 27 apr 1706, dopo una viaggio di 48 giorni senza incidenti, arrivò a Conte Cartagena Bay Marina di Casa Alegre. Tra i passeggeri illustri, saliti a bordo, il marchese de Castelldosrius scelto dal re Filippo V come nuovo viceré del Perù, la sua famiglia, il suo entourage e l'Arcivescovo di Santa Fe. Nell'estate del 1706, a Cartagena, il San José fu la grande attrazione, per una piccola fiera di commercianti di Popayan, Santa Fe e Quito. Il 5 gennaio, 1708, dopo quasi due anni di attesa a Cartagena, alzò le ancore lasciando la Armada del Conde de Casa Alegre da Cartagena a Panama. Dal diario del capitano
    "Siamo arrivati a Portobelo il 10 febbraio 1708. Caricati 798,188 pesos. Raggiunto Puerto Perico, Panama, il 20 gennaio, 1708....Si precisa che il totale caricato è di 1,115,252 pesos e 6 reales". Salpò il 28 maggio con un esercito di 15 navi. "Il ritorno a Cartagena è iniziato lentamente ma senza intoppi. Il 7 giugno, a vista le isole di San Bernardo a circa 15 miglia del porto di Cartagena. Fermata nave fino all'alba del giorno 8, in mattinata raggiunto il porto." Verso le 14.00 del pomeriggio fu raggiunta da quattro galeoni inglesi del Commodoro Charles che stava aspettando da molto tempo l'arrivo della Marina da Portobelo. Verso le tre del pomeriggio, il vento si alzò e fu difficile spostare il San José, il vento contrario aiutò gli inglesi nell'avvicinamento. Senza alzare lo stendardo reale, sparò un colpo, come segno di inizio battaglia...."C'era fuoco tra i ponti e sono esplose diverse bombe a mano. Ma, alcuni testimoni spagnoli dissero, al momento, che la vera causa del crollo improvviso non fu la grande esplosione nella stanza delle polveri, come sostenuto da molti autori, ma il cattivo stato della sua struttura. La seconda scarica è stato abbastanza per fare un buco enorme nel suo scafo che ha causato il crollo improvviso di tutto."


    ... il ritrovamento ...


    Il Sacro Graal dei cacciatori di tesori potrebbe valere 1,5 miliardi di euro a seconda dei ritrova-
    menti e dello stato di conserva-
    zione.Il ritrovamento è avvenuto il 27 novembre scorso
    "Questo è il tesoro più prezioso che sia mai stato ritrovato nella storia dell'umanità" afferma entusiasta il presidente Santos. Il direttore dell'Icanh, Ernesto Montenegro, ha spiegato che il galeone è stato identificato grazie ai suoi cannoni di bronzo a forma di delfino, che era stati fusi su misura per l'imbarcazione, mostrando alla stampa varie foto subacquee che "non lasciano alcun dubbio sull'identità della nave".

    Il mistero del San José e del suo immenso tesoro non ha alimentato soltanto favole e romanzi in Colombia: è stato anche al centro di numerosi tentativi di localizzazione e dispute legali. Nel 1982, una società di ricerche americana, la Sea Search, annunciò che aveva trovato il famoso galeone. E all’inizio anche la Colombia riconobbe i diritti della società Usa nella scoperta, ma poi iniziarono i litigi sull’eventuale spartizione del tesoro recuperato. La società non rivelò mai l’area dove si trovava il relitto e non venne mai organizzata una missione per tentare di riportare in superficie l’oro e l’argento custodito nel relitto. Dopo anni di battaglie legali, nel 2011 la Corte Suprema Usa stabilì che l’unico proprietario del galeone era lo Stato colombiano, mettendo fine alle speranze della Sea Search. In seguito, nel 2013, il Parlamento colombiano approvò una legge, si chiama «Per la protezione del patrimonio sommerso», nella quale stabilisce diritti totali di proprietà per tutto ciò che si trova all’interno delle sue acque territoriali. Ma non si possono escludere altri contenziosi giudiziari anche se fino ad ora da Madrid il governo spagnolo non ha ufficialmente rivendicata eventuali diritti su un tesoro da 5 miliardi di dollari. Soltanto El País, molto romanticamente, nell’articolo che riporta la notizia ha chiarito: «Pochi scherzi, quel tesoro è di Fermina Daza, Florentino glielo aveva promesso».
    (Omero Ciai, corriere.it)

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    “Clare percorre con lo sguardo il profilo della città incorniciato dalla finestra della sua camera d’albergo. … tiene una bottiglietta d’acqua in mano … sorseggia l’acqua, morde la melarosa che ha lavato dopo averla presa dal cestino della frutta e si gode il rumore secco che fanno i suoi denti penetrando nella polpa croccante e bianca come una perla. Il suo palato pizzica. Da anni non ne mangiava una. … Il nome thailandese del frutto riemerge dagli abissi della sua memoria: chompoo.” (Cortina di pioggia, Tew Bunnag, Editore Metropoli d’Asia)


    LA MELAROSA



    La Melarosa è il frutto dell’albero di Syzygium jambos. Ha diversi nomi comuni, ciò riflette il gran numero di regioni in cui si cresce come albero giardino o frutta o come un invasore: ಪನ್ನೇರಳೆ , Malabar Plum , champakka , Chom pu o Chom-Phu . Termini come "prugna rose", "acqua di mele", "mela Malay", "jambrosade", e "Pomarrosa", o l'equivalente inglese, "rose apple". La pianta è originaria del sudest asiatico ed è molto diffusa in India, in particolare nello stato di Kerala può raggiungere i 15 metri d’altezza, con una tendenza a bassa ramificazione. Le sue foglie e rametti sono glabri e la corteccia, marrone scuro, è abbastanza liscia. Ha foglie simili a quelle dell’eucalipto, coriacee e a volte pendenti, e sviluppa caratteristici fiori bianchi o verdastri
    Le foglie giovani sono un rosso lucido quando cresce, ma diventano di colore verde scuro a maturità.I fiori sono piccoli grappoli terminali, bianco o bianco-verdastro.
    Il frutto commestibile somiglia ad una piccola pera o a un guava, ha colore che oscilla tra il giallo ed il rosso. La fragranza, il sapore e la consistenza sono differenti, e invece di contenere decine di piccoli semi duri, immersi in un tessuto gelatinosa, come i guava, frutto contiene di solito una o due grandi, semi non armati. Scuotendo il frutto, se i semi sembrano un sonaglio, indica che è maturo. La pelle è sottile e pruinosa. Il frutto maturo ha un forte, piacevole bouquet floreale.

    Ci sono molte varietà di melarosa. In Thailandia la più comune varietà coltivata ha un frutto verde pallido. Le varietà malesi hanno generalmente pelli rosse. In molte regioni la frutta è una tonalità di giallo pallido, spesso con un leggero rossore. La pelle è sottile e cerosa, e il nucleo cavo contiene una piccola quantità di lanugine. La polpa è croccante ed acquosa, e il sapore è caratteristico ed ha descrizioni fantasiose come: "come un incrocio tra nashi e peperone, con un delicato profumo di rosa e un po con il retrogusto amaro.

    Ricco di vitamina C, il frutto può essere mangiato crudo o utilizzato in varie ricette regionali. Nei paesi del sud-est asiatico è spesso servito con zucchero speziato. Si realizzano marmellate o gelatine con succo di limone aggiunto, o più frequentemente è conservato in combinazione con altri frutti di sapore più pronunciato. Si usa fare uno sciroppo che serve come salsa o per aromatizzare bevande fredde.
    In Giamaica, i frutti a fette vengono canditi con una stufatura con sciroppo di zucchero e cannella.

    L'albero è variamente ricco di tannini che sono di un certo interesse antimicrobica. Alcune parti della pianta sono utilizzate nella medicina tradizionale regionale.
    Il legno è denso e di conseguenza viene usato come fonte di carbone, oltre ad utilizzarlo per fare mobili, travi per costruzioni, telai per strumenti musicali.
    I fiori sono una ricca fonte di nettare per le api e il miele è di un bel colore ambrato. Molto proviene dalla valle del fiume San Cristobal a Cuba.
    Con semi rimossi, si può ottenere una "acqua di rose" uguale al migliore ottenuto da petali di rosa. I rami flessibili sono stati impiegati a Puerto Rico per fare i cerchi per le grandi botti, e si usano per confezionare cesti.
    La corteccia è utilizzata per la concia e produce un colorante marrone. Si produce un olio giallo essenziale, distillato dalle foglie, utilizzato nell'industria dei profumi.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    DICEMBRE

    DICEMBRE

    Dalla profondità dei cieli tetri
    scende la bella neve sonnolenta,
    tutte le case ammanta come spettri;
    di su, di giù, di qua, di là, s'avventa,
    scende, risale, impetuosa, lenta,
    alle finestre tamburella i vetri...
    Turbina densa in fiocchi di bambagia,
    imbianca i tetti ed i selciati lordi,
    piomba dai rami curvi, in blocchi sordi...
    Nel caminetto crepita la bragia...


    (Guido Gozzano)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)




    scatto di Carl Filip Nystedt

    Mi chiedo se la neve ama gli alberi e campi, che li bacia così dolcemente. E li copre come con una morbida trapunta bianca; e forse dice “Andate a dormire, cari, finché non arriva l’estate di nuovo.”
    (Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie)

  14. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 6° SETTIMANA 049 (30 Novembre – 06 Dicembre 2015)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Martedì, 1 Dicembre 2015
    S. ANSANO

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    Settimana n. 49
    Giorni dall'inizio dell'anno: 335/30
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    A Roma il sole sorge alle 07:18 e tramonta alle 16:40 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:44 e tramonta alle 16:40 (ora solare)
    Luna: 11.32 (tram.) 22.29 (lev.)
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    Proverbio del giorno:
    Per Sant'Ansano, uno sotto e uno in mano.
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    Aforisma del giorno:
    Le anime generose ricevono più offesa dall'essere adulate che ingiurate; sì perché si dolgono
    dell'offesa che fa l'adulatore al vero e agli uomini degni di lode e alla propria dignità.
    (N. Tommaseo)









    RIFLESSIONI



    ... BIVIO …
    ... Sentiero ghiacciato, cristalli che riflettono miriadi di colori ed altrettanti bagliori colorano tutto intorno la strada che si arrampica perdendosi nei boschi. Lingua bianca che sa tutta in mare di verde; così gli anziani chiamavano quel sentiero. In inverno la lingua diventava ampia come il mare, ed il mare verde diveniva sempre più parte di quello bianco. Giochi di colori, mescolanze di tonalità; giochi di parole, mescolanze di pensieri e di sensazioni. I passi su quel mare bianco erano sempre più forti, lasciavano orme che neppure l’inverno avrebbe cancellato. Bellissima sensazione, polmoni pieni di aria pura come i pensieri di un bambino; scalare salendo quella lingua di neve ghiacciata era lo scopo di quel periodo. Ogni anno il primo giorno di Dicembre si incamminava su quel sentiero ghiacciato. Aveva un solo pensiero che si agitava nel suo cuore; un dolore sottile, un macigno sulla sua anima. Iniziava quel mese, che portava con se una serie di feste, e di ricorrenze, un mese nel quale per convenzione comune ci si sente forzatamente felici e buoni. Quell’uomo invece sentiva con l’arrivo di quel periodo aumentare il senso di solitudine, un forte e stordente senso di mancanza. “Quando le feste si avvicinano soffrirai ancor di piu e un dubbio ti assillerà. Dicembre è il mese delle feste o il mese della nostalgia e della mancanza?”. Un dilemma forte; per questo in quel primo giorno del mese si arrampicava in assoluto silenzio in quelle lande fatte di solitario assoluto silenzio lontano dalla contagiosa felicità delle feste e degli uomini alla ricerca del divertimento e del festeggiamento a prescindere. Nodo alla gola pensando a chi non c’è più; stridente contrasto, struggente dolore. Occhi persi, sguardi smarriti e carezze sparite. Luci e palline colorate, abbracci e sorrisi. Famiglie riunite e felicità contagiosa. Quale sentiero scegliere, quale via prendere; quella del dolore immane pervadente e permanente, oppure lasciarsi trasportare e contagiare dalla feste e dai festeggiamenti che quel mese porta con se? Pensieri e passi, orme nella neve, fantasmi nella mente. Bagliori nel ghiaccio illuminato dal sole, ricordi colorati nella mente. Un bivio difficile da affrontare; scelta da difficile da fare. Giunto in cima alla montagna, laddove la lingua di ghiaccio sfiora l’ultimo albero del mare verde e si perde nell’azzurro del cielo, quel dubbio diviene sollievo, ricerca di libertà e leggerezza. L’uomo si siede sul ciglio della salita sulla cresta del monte. Guarda il cielo, lentamente le spalle si lasciano cadere all’indietro portando lo sguardo verso il cielo. Ora è disteso, lui il cielo, il cuore che batte forte e la coltre di ghiaccio sotto di lui. Un movimento del piede, piccoli movimenti, quasi impercettibili; occhi chiusi, menbra lasciate andare, rilassate. Inizia a scivolare dapprima lentamente poi sempre più veloce. Una risata sonora risuona nella valle; sta scivolando a forte velocità; felice comprende che solo il lasciarsi andare farà superare quel bivio; realizza durante la scivolata che la felicità consiste nel far coesistere ricordi e festa, nostalgia e felicità. Scivolando l’uomo realizza la verità più bella, quella essenziale. Essere felici consiste nel saper lasciarsi andare; saper vivere senza rigidità senza costringere sentimenti o ricordi in stanze fatte di silenzio e razionalità. Scivolanda egli ride, sorride, ride sonoramente; lontano anni luce da quell’uomo che arrancava salendo verso la vetta. Feste, felicità e ricordi possono coestistere e quando questo accade si raggiunge il perfetto equilibrio. Finisce la distesa; innevato si alza, osserva gli sguardi di chi ha assisitito a quella folle discesa; un sorriso sonoro interrompe il silenzio di quell posto. Ora corre verso casa mentre in lontananza si intrevede il comnignolo fumante della sua abitazione. Vuole abbracciare tutti, sorridere con loro e dire loro: “Sono tornato, scendendo dalla montagna dei miei pensieri. Sono libero, mi sono liberato. Oggi affronto questo mese con la stessa mentalità della discesa dalla montagna; consapevole della difficoltà ma determinato ad arrivare fino in fondo.” Oggi sono libero di sentirmi felice o addolorato; oggi sono certo che in un modo o nell’altro chi non c’è più starà festeggiando al mio fianco ogni giorno, ogni attimo dell’anno. … Buon Dicembre amici miei … (Claudio)






    LA STRADA NON PRESA
    Divergevano due strade in un bosco
    Ingiallito, e spiacente di non poterle fare
    Entrambe essendo uno solo, a lungo mi fermai
    Una di esse finché potevo scrutando
    Là dove in mezzo agli arbusti svoltava.

    Poi presi l'altra, che era buona ugualmente
    E aveva forse i titoli migliori
    Perché era erbosa e poco segnata sembrava;
    Benché, in fondo, il passar della gente
    Le avesse invero segnate più o meno lo stesso,

    Perché nessuna in quella mattina mostrava
    Sui fili d'erba l'impronta nera d'un passo.
    Oh, quell'altra lasciavo a un altro giorno!
    Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
    Dubitavo se mai sarei tornato.

    Questa storia racconterò con un sospiro
    Chissà dove fra molto molto tempo:
    Divergevano due strade in un bosco e io...
    Io presi la meno battuta,
    E di qui tutta la differenza è venuta.
    (ROBERT FROST)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Autunno…

    Il colle

    Nell'aria mattutina
    pura, fragrante di silvestri odori,
    risplendono i colori
    nei vigneti che ammantan la collina:
    l grappoli opulenti
    ostentan chicchi d'ambra e di rubino:
    che promessa di vino
    pei calici di rocca rilucenti!
    O autunno!... Le foglie
    da un bizzarro pittor tutte dipinte,
    rosseggian pria che, vinte,
    vadan , sparse... umiliate spoglie!
    Il gelido rovaio
    scompiglierà il placido declivo;
    sol rimarrà l'ulivo
    in cima al colle, a salutar gennaio.
    (N. Petrone Modista)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    La principessa Ileana

    C’era una volta una principessa di nome Ileana che viveva in un castello fatato in compagnia di tante fatine.
    Un giorno la principessa decise che voleva andare in giro per il mondo.
    Le fatine a malincuore la lasciarono andare ma le regalarono una bacchetta magica
    con cui la principessa poteva fare 3 incantesimi, così Ileana partì.
    Dopo un lungo girovagare trovò un castello e, stanca, decise di entrare per riposarsi un po’.
    Sulla porta del castello c’era una scritta che diceva ‘Se nel castello vuoi entrare una prova
    devi superare: la maniglia devi girare senza toccare’. Ileana senza timore
    prese la bacchetta e con la magia aprì la porta superando la prima prova.
    Si trovò così in un bosco incantato e su un albero vide un biglietto su cui c’era
    ‘ se il tesoro del castello vuoi trovare questi rovi devi superare’.
    Ileana senza timore prese la bacchetta e superò senza difficoltà i rovi.
    Si trovò così di fronte ad un lago ed una rana che stava lì ad aspettarla
    le disse ‘ adesso se l’amore vuoi trovare,
    oltre il lago devi andare’. Ileana si guardò attorno ma non vide
    nessuna barca, così prese la bacchetta
    e usando l’ultimo incantesimo andò aldilà del lago,
    dove trovò un principe addormentato.
    Si avvicinò, lo baciò, il principe si svegliò e da allora vissero felici e contenti.

    (Ileana Pupillo)



    ATTUALITA’


    Clima, si preparano le misure del futuro.

    Per avere dati affidabili econfrontabili. Inquinanti di aria e acqua, radiazioni, temperatura: presto lo stato di salute della Terra potrà essere misurato in modo più affidabile e soprattutto confrontabile. E' l'obiettivo al quale stanno lavorando gli esperti europei di Scienza delle misure, riuniti a Torino, nel convegno internazionale sulle "Misure inconfutabili per monitorare clima e ambiente" organizzato dall'Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (Inrim).

    Mentre a Parigi è in corso la conferenza sul Clima, gli esperti delle misure rilevano che l'obiettivo dell'innalzamento della temperatura di 2 gradi ''potrà essere mantenuto solo misurando l'evoluzione della temperatura globale con strumenti all'avanguardia e con rigorosi approcci di tipo metrologico''. Per questo fisici, chimici, ingegneri e biologi che lavorano negli Istituti di metrologia europei si stanno confrontando con esperti che lavorano in organizzazioni internazionali, come l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo).

    ''L'obiettivo comune è dare la possibilità di poter confrontare a livello globale misure per l'ambiente fatte in posti diversi della Terra e in luoghi diversi, in modo che siano affidabili per fare previsioni'', osserva Oriano Bottauscio, responsabile della divisione di Metrologia per la qualità della vita dell'Inrim. "Il problema - aggiunge - è poter confrontare le misure fatte da laboratori indipendenti e che operano a livello internazionale''.

    E' appena cominciata una nuova rivoluzione: se finora la metrologia si è occupata delle misure per il mondo dell'industria e del commercio, adesso sta scendendo in campo al servizio dell'ambiente. Lo sta facendo nell'ambito di progetti europei, come Empir, che nell'arco dei prossimi sette anni potrebbe dare un contributo importante.
    (Ansa)





    La 'fabbrica' dei robot capaci di imparare.

    Nata in Europa, da Politecnico Zurigo e Società Max Planck. Non solo intelligenti, ma capaci di imparare: così saranno i robot del futuro che intendono realizzare due giganti della ricerca europea: il Politecnico di Zurigo (Eth) e la Società tedesca Max Planck. Insieme, e con un investimento congiunto di 5 milioni, hanno aperto il Max Planck ETH Center for Learning Systems, il primo centro specializzato nell'apprendimento delle macchine.

    L'obiettivo è comprendere i principi teorici dell'apprendimento per applicarli alle macchine, in modo da arrivare ad avere auto capaci di parcheggiarsi da sole o robot in grado di muoversi in terreni difficili perchè sanno imparare dalle esperienze e adattarsi a situazioni e ambienti completamente nuovi. Per formare le future generazioni di ricercatori nell'ambito della robotica i due istituti hanno quindi deciso di intensificare la collaborazione e condividere le infrastrutture creando un centro specializzato.

    ''Non siamo interessati solo ai problemi applicativi, ma a capire come le persone percepiscono, imparano e poi reagiscono in modo appropriato alle situazioni'', commenta Thomas Hofmann, del Politecnico di Zurigo. Con le conoscenze così sviluppate, la speranza è di far progredire i metodi di apprendimento delle macchine. In questo modo ''potremo creare dei sistemi artificiali che imparano in modo simile agli esseri viventi'', aggiunge Bernhard Schölkopf, direttore del Max Planck Institute per i sistemi artificiali di Tubinga.

    Le ricadute delle ricerche sui meccanismi dell'apprendimento si faranno sentire, secondo gli esperti, anche sui programmi tradizionali. Ad esempio, mettendoli in grado di analizzare maggiori quantità di dati, stabilendo tra essi relazioni di tipo causale e non più semplici statistiche.
    (Ansa)





    Pazzi per latte e cereali. A Londra c'è il Cereal Killer Cafè.

    Un mondo di fiocchi a Brick Lane, 120 scatole e atmosfera vintage. Pazzi per latte e cereali. Innanzitutto Alan il giovane direttore e poi gli altri addetti con aria da nerd del settore breakfast, espertissimi del mondo dei fiocchi d'avena.E' il Cereal Killer Cafè, un cereals bar a Brick Lane, al confine con il trendy quartiere di Shoereditch. Ha aperto circa 10 mesi fa, primo a Londra e forse in Europa, ma già molto conosciuto dai londinesi e dai tanti che magari con il tam tam dei social ci vanno apposta. Il successo è stato tale che si è arrivati dopo l'estate ad una seconda apertura, a Camden Town e inevitabilmente è arrivato anche il libro, una specie di bibbia sui cereali. L'atmosfera a Brick Lane, è un po' vintage anni '80, tavoli di legno, molto colorato, atmosfera rilassante, da ritorno all'infanzia, e una scelta incredibile da tutto il mondo di cereali da colazione. Tutto è in tema.

    E' come entrare in un piccolo museo, 120 diverse scatole tappezzano le pareti: si trova di tutto, mix improbabili in voga in qualche posto del mondo, spesso ad alta densità di glucosio, ma c'è scelta anche per vegan e per il gluten free. Fiocchi, riso, minitoast alla francese mescolati con cocco, cioccolato, fragola, miele per raccontare le cose più classiche ma ci sono anche quelli speziati dolci all'indiana o i caramellosi americani.

    La gran parte provengono dall'America e dal Regno Unito, ma ci sono anche dall'Australia, Spagna, Israele , Sud Africa e nuova Zelanda. Si parte dalle 3 sterline a bowl, ciotola, e si sale. Dopo aver scelto nel mare di cereali si abbina il latte e oltre al classico fresco ci sono circa 30 differenti varietà dalla menta al cocco, dalla cannella al cioccolato bianco, al caramello. Non è finita: ci sono oltre 20 differenti toppings e per gli indecisi si sceglie anche dal menu con composizioni tutte sotto i 5 pounds, tipo trife up your life (rice krispies/jelly/cream/strawberry/100’s + 1000’s/custard milk) o peanut butter jelly time (peanut butter cap'n crunch/reeses chips/strawberry milkties of milk). and 20 different toppings. If you fancy a cup of ‘rosie-lee’ or a coffee to wash it down with, we sell that too, along with other drinks that spark off the memories of growing up. La visita non è alla fine propriamente dietetica, energetica senz'altro, ecco perchè il cereal killer cafè è aperto non solo in orario di breakfast: una tazza di latte e cereali può saziare anche a pranzo o a cena.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Dio esiste e vive a Bruxelles




    locandina


    Un film di Jaco Van Dormael. Con Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau.


    Un'opera che muove al riso e al pianto e ha gli strumenti emozionali per diventare oggetto di inesauribile passione.
    Marzia Gandolfi


    Dio esiste e vive a Bruxelles con una moglie timorosa e una figlia ribelle. Il figlio, più celebre di lui, è fuggito molti anni prima per conoscere gli uomini più da vicino, morire per loro e lasciare testimonianza e testamento ai suoi dodici apostoli. Egoista e bisbetico, Dio governa il mondo da un personal computer facendo letteralmente il bello e il cattivo tempo sugli uomini. Ostacolato da Ea, decisa a seguire le orme del fratello e a fuggire il 'suo regno', la bambina si 'confronta' con JC (Jesus Christ) ed evade dall'oblò della lavatrice. Espulsa dentro una lavanderia self-service infila la via del mondo, recluta sei apostoli e si prepara a combattere l'ira di Dio, a cui ha manomesso il computer e di cui ha denunciato il sadismo, spedendo agli uomini via sms la data del loro decesso.
    Sei anni dopo Mr. Nobody, che gettava un dubbio sul punto di vista assunto dal film (è quello di un bambino che anticipa un vecchio o quello di un vecchio che (in)segue il bambino che è stato?), Jaco Van Dormael ci mostra il punto di vista onnipotente di chi governa il mondo e il destino degli uomini. Rispolverando la voce off (e infantile) di Toto le héros, il regista belga realizza una commedia surreale e inconcludente in cui riconosciamo comunque il suo sguardo singolare e visionario. Perché Le Tout Nouveau Testament, dentro un prologo esilarante, dichiara l'impianto e getta le premesse di un discorso che poi dimentica di svolgere, limitandosi a esiliare Dio in Uzbekistan e a supplirlo con una dea svampita che decora il cielo con cornici digitali. Ordinato secondo i libri che compongono la Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico etc) e apprestato a rispondere a una domanda esistenziale (che cosa fareste se conosceste in anticipo la data della vostra dipartita?), Le Tout Nouveau Testament finisce per perdersi in un bicchiere d'acqua e in un impegno evidentemente troppo ambizioso. Il dispositivo, appena collaudato nell'incipit, non riesce a correggere le fragilità congenite e a sostenere l'intenzione 'rivoluzionaria' di partenza, ripiegando su una serie di ritratti e personaggi dismessi che lasciano tutto e intraprendono un viaggio in un mondo sconosciuto, dove ritroveranno naturalmente quello che hanno perso. Tutti tranne dio, interpretato da Benoït Poelvoorde con nervosa immedesimazione, che finirà per condannarsi, disegnando un percorso in forma di deriva. Il problema col cinema di Van Dormael è che tutto quello che lo rende spettacolare e sorprendente, l'umorismo, l'oniricità, il lirismo, le sospensioni, le metafore, le incursioni nel fantastico, i folgoranti intermezzi, finisce quasi sempre per annullarne la profondità e la sostanza anche quando a reggere i destini del mondo (e del film) ci sono attori efficaci e imprevedibili come Benoît Poelvoorde e Yolande Moreau. Diffusa di una saggezza popolare e naïf e stordita da effetti digitali, la nuova commedia di Van Dormael è un incrocio singolare tra Il favoloso mondo di Amélie e Una settimana da Dio, a cui si aggiunge una colonna sonora composta da 'brani facili' e più adatti ad accompagnare intervalli pubblicitari. Furbo e didascalico, Le Tout Nouveau Testament galleggia su un immaginario di riporto che oscilla tra la legge di Dio e quella di Murphy, tra sentenza e motto, tra autocitazione e citazione ammiccante, su tutte quella 'bestiale' che innamora Catherine Deneuve di un gorilla, omaggio evidente a Max amore mio di Nagisa Oshima. Nondimeno, come tutti i film di Van Dormael, Le Tout Nouveau Testament muove al riso e al pianto e ha gli strumenti emozionali per diventare oggetto di inesauribile passione, fosse solo per quel dio 'umano troppo umano' che osserva il mondo in cattività e dentro un'orizzontalità assunta come asse espressivo della messa in scena. Una splendida operazione di 'abbassamento' che purtroppo non riesce a innalzarsi oltre l'universo artificiale che Van Dormael dispiega davanti ai nostri occhi. Amen.



    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    "In affari e come in guerra, ragazzo:
    non si fanno prigionieri,
    non si da una seconda occasione."

    MISTER HULA HOOP



    Titolo originale The Hudsucker Proxy
    Paese di produzione USA
    Anno 1994
    Durata 111 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Genere commedia
    Regia Joel Coen
    Soggetto Joel Coen, Ethan Coen
    Sceneggiatura Joel Coen, Ethan Coen, Sam Raimi
    Fotografia Roger Deakins
    Montaggio Thom Noble, Robert Isnardon
    Effetti speciali Roderic Duff,
    Musiche Carter Burwell
    Scenografia Dennis Gassner

    Interpreti e personaggi

    Tim Robbins: Norville Barnes
    Jennifer Jason Leigh: Amy Archer
    Paul Newman: Sidney J. Mussburger
    Charles Durning: Waring Hudsucker
    John Mahoney: Caporedattore Manhattan Argus
    Bruce Campbell: Smitty
    John Goodman: Karl Mundt



    TRAMA



    A New York, nel 1958, l'incauto giovane laureato Norville Barnes, di Muncie, viene assunto come fattorino nella grande ditta di giocattoli Hudsucker contemporaneamente al suicidio del proprietario, Waring Hudsucker. Nominato presidente dal subdolo Sidney Mussburger, al quale doveva consegnare una "lettera blu", Norville dovrebbe provocare con la sua dabbenaggine il crollo delle azioni che, ricomprate in blocco da un gruppo ristretto capeggiato dallo stesso Mussburger, darebbe a questi la proprietà della fiorente industria. Una giornalista intraprendente, Amy Archer, riesce a farsi assumere da Marville e ben presto si accorge che non è lo scemo che sembra, soprattutto quando fa brevettare e vendere un cerchio di plastica, l'hula hoop, che lo proietta nell'empireo finanziario e produttivo. Il successo eccita Barnes: Amy, che inizialmente ricambia l'affetto del giovane, lo abbandona disgustata dal suo egoismo. Il giovane ascensorista Buzz sottopone a Norville una sua invenzione, la cannuccia pieghevole, ma lui lo licenzia. Per vendetta, Buzz, d'accordo col giornale di Amy, sostiene di esser stato lui l'inventore dell'hula hoop, e Mussburger preannuncia a Barnes il licenziamento per indegnità.

    ..recensione..



    Prendete un novellino, uno che passava di lì, senza arte né parte, lo scemo del villaggio, come volete. Che gli fareste fare a uno così, se foste a capo di una multina-
    zionale? Di sicuro non prende-
    reste in considerazione di assumerlo (capirai...) per nessuna ragione al mondo, massimo massimo uno che smista il carico della posta in magazzino. Ma solo se è un raccomandato dall'imperatore. Cioè da uno che nella scala gerarchica lavorativa occupa il posto del direttore megagalattico, un Servelloni Mazzanti Vien dal Mare, per capirci.
    Beh, Norville è il nostro uomo. Risponde in pieno alle caratteristiche di cui sopra, con un'aggravante: è veramente tonto. "Non fa un chilo". Tim Robbins, alto e goffamente imbranato, interpreta a meraviglia il protagonista di Mr. Hula Hoop ("The Hudsucker Proxy"), opera ingiustamente sottovalutata della cinematografia dei fratelli Coen - Joel regista, Ethan alla sceneggiatura - con Paul Newman nel ruolo del comandante in capo. In questa commedia divertente, dove il paradosso e il grottesco sono la normalità e dove è possibile fermare il tempo e imbalsamare luoghi e persone, capita che uno come Norville Barnes venga preso come fattorino e il giorno dopo si trovi a dirigere tutta l'azienda. E che azienda: le industrie Hudsucker.

    Il colosso nella produzione di giocattoli e gingilli per l'intratte-
    nimento di una città imprecisata negli Stati Uniti. Un posto dove se non incrementi il fatturato di milioni di dollari da un anno all'altro sei sbattuto fuori a calci nel culo e arrivederci all'inferno. Ora, perché è successa una cosa del genere? Soltanto per un motivo: il giorno prima dell'arrivo di Norville il presidente anziano, un vecchio mummificato, si schianta gettandosi dal centesimo piano del palazzo e i sottoposti, squali da competizione, hanno bisogno di un pollo da piazzare sulla poltrona più importante in modo da condurre l'azienda in rovina e ricapitalizzare. Chi meglio del tonto? Sarà Newman a fargli fare apprendistato. Ma Norville ha in serbo una sorpresa (pur non essendone consapevole): da un cerchione di plastica scartato si inventa l'hula hoop, destinato a grande successo tra le masse gaudenti degli anni '60. E' la consacrazione del pivello. Un uomo capitato per caso in una situazione più grande di lui. Il film è splendido nella descrizione della scalata ai piani alti di un'industria. Uffici e grattacieli dipinti con la tecnica del fumetto, per ingigantire il senso di angoscia e sopraffazione, la repentina caduta del vecchio: da sbellicarsi la rincorsa verso il vuoto e lo sfracellarsi a terra, così "inevitabile" dopo un fallimento altrettanto rumoroso.
    Newman è la maschera del potere, con lo sberleffo dei Coen. Scrivanie, orologi, il GRANDE OROLOGIO CONTAMINUTI implacabile, ogni cosa è portata agli estremi. Tutto per rendere l'idea dell'ordine gerarchico, un ordine granitico, impossibile da aggirare. Ma ci sono i Coen a scardinare tutto. Jennifer Jason Leigh qui è una ragazza intraprendente che si innamora di Norville e con un istinto da crocerossina lo aiuta a far valere le sue idee. Ha un problema grosso: una logorrea incontenibile, unita a un gesticolare continuo, da ballo di San Vito. Ma nei personaggi tirati all'eccesso tipici dei geniacci Coen ha un senso anche lei.
    (Wendysonoacasa, www.debaser.it)


    Mister Hula Hoop (titolo originale: The Hudsucker Proxy) è uno degli esempi più riusciti dell’ope-
    razione Avant-Pop di recupero e rielabo-
    razione di materiali propri della cultura popolare. In questo caso Joel e Ethan Coen riprendono l’immaginario della screwball comedy (così come rifaranno dieci anni dopo con Prima ti sposo, poi ti rovino) proponendone stilemi, visioni (ed esagerazioni) per ammiccare allo spettatore con piglio postmodernista, sorprenderlo e spiazzarlo con inserti onirici (l’Habanera ballata in sogno dal protagonista) e una deliziosa commistione con il cinema di Frank Capra attraverso l’esplicito (e spassoso) riferimento all’angelo Clarence de La vita è meravigliosa.
    Siamo nel 1958 (/’59): la vita è una serie di piani (di grattacielo of course) da scalare (o da guardare mentre si precipita di sotto dopo che ci si è gettati dalla finestra) e Norville Barnes - giovane provincialotto interpretato da un eccellente Tim Robbins (prima che si desse ehm… alla musica) – arriva a New York City dall’Indiana per cercare lavoro dopo il college. Saranno la sua goffaggine e una minimale invenzione a portarlo al 44˚ piano del grattacielo delle Hudsucker Industries (non contando il mezzanino!), ma il successo, si sa, dà alla testa (e la screwball comedy con la sua comparazione dei piani sociali ce lo insegna) per cui non ci si stupiremo quando Norville abbandonerà ingenuità e amore (per Amy la giornalista sotto copertura che stava per rovinargli la carriera) per godersi con arroganza ogni benefit della sua nuova condizione (con tanto di Anna Nicole Smith nei panni di Zsa Zsa Gabor al braccio…).
    Ė l’espressionismo visivo di una scenografia e una regia al limite della perfezione formale (e citazionistica), la recitazione slapstick di Robbins e Paul Newman e quella esagerata, ritmica (decisamente al cardiopalma), in buona sintesi magistrale di Jennifer Jason Leigh nei panni della giornalista Amy Archer a fare della pellicola un vero cult per cinefili.
    La decostruzione della voce narrante poi sorprende e entusiasma: viene affidata a un narratore onnisciente e a mirabolanti soluzioni visive, poi – con piglio sperimentale - a due a comparse nel frammento della tavola calda in cui due autisti di bus raccontano il primo incontro fra Norville e Amy per tornare - solo nel finale - a svelare l’identità “superiore” del narratore onnisciente.
    (Salvatore Piombino, http://onlyrecensionitoplaywith.blogspot.it/)

    (Gabry)






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    La musica del cuore


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    I Grandi Cantautori Italiani


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    Enzo Jannacci



    Enzo Jannacci nasce a Milano il 3 giugno 1935.
    A dispetto della sua immagine pubblica bizzosa e stravagante, Jannacci è stato un uomo di grande rigore e sensibilità umana. Laureatosi in medicina all'Università degli studi di Milano, si è specializzato in chirurgia generale, esercitando la professione di medico chirurgo anche quando, baciato dal successo, avrebbe potuto lasciare tutto.

    Anche sul piano musicale la sua preparazione non era indifferente. Parallelamente alla maturità scientifica ed agli studi universitari ha frequentato il conservatorio, diplomandosi in pianoforte, diplomato in armonia, composizione e direzione d'orchestra.

    Ha studiato inoltre con il maestro Centernieri, insegnante dei più noti "orchestratori" italiani.

    Tra le sue prime esperienze ci sono quelle al Santa Tecla, il tempio del rock'n'roll milanese dove suona insieme a Tony Dallara, Adriano Celentano e il suo grande amico Giorgio Gaber.

    Ma la natura artistica di questo gran milanese lo portava verso l'esplorazione di un mondo che solo lui è riuscito a tratteggiare con ironia e vena poetica ineguagliate: quello dei diseredati o della vecchia Milano, il mondo dello spirito di solidarietà tipico del Nord e delle vecchi osterie abitate da personaggi sanguigni e veraci.

    E' nel celeberrimo Derby di Milano, un palcoscenico in cui si faceva più cabaret che musica, che per la prima volta mette in evidenza le sue doti di intrattenitore. Se ne accorge anche Dario Fo, che porta il giovane Enzo Jannacci in teatro. Un'esperienza molto importante, che lo porta indubbiamente verso una caratterizzazione maggiore anche delle sue canzoni (molte delle quali hanno molto di "teatrale").

    Insomma, Jannacci non dimentica certo la musica, il suo grande amore, e con una produzione discografica di circa venti album, una miriade di 45 giri (primo disco "L'ombrello di mio fratello", 1959), attesta quantitativamente, oltre che qualitativamente la sua significativa presenza nel panorama della canzone d'autore italiana.

    Nasce così "22 canzoni", un recital storico, che apre la strada anche ai successi discografici (Vengo anch'io, no tu no - Giovanni telegrafista - ecc.), ma lancia soprattutto dei brani storici per la cultura canzonettistica italiana: si pensi solo a "L'Armando" e a "Veronica" per citare i più noti.

    Ancora sul piano musicale vanno rilevate le esperienze di Jannacci come compositore di colonne sonore. Citiamo per il cinema "Romanzo popolare" di Monicelli, "Saxofone" di e con Renato Pozzetto, "Pasqualino settebellezze", che nel 1987 gli valse una nomination all'Oscar come miglior colonna sonora e "Piccoli equivoci" di Ricky Tognazzi.

    Per il teatro numerosi lavori anche al di fuori di quelli da lui interpretati come "La tappezzeria", scritta a quattro mani con Beppe Viola, come pure "L'incomputer" edito dalla Bompiani con l'avallo di Umberto Eco.

    Come autore per altri e arrangiatore, citiamo per tutte, le raccolte "Milva la rossa" e "Mina quasi Jannacci".

    Nel 1989 partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo con "Se me lo dicevi prima", il contributo di un importante cantautore italiano alla lotta contro la droga. Sempre nel 1989 incide, nel corso di una fortunata tournèe un album doppio "dal vivo" che contiene gran parte dei suoi successi e s'intitola "Trent'anni senza andare fuori tempo".

    Nel 1991 torna al Festival di Sanremo con la canzone "La fotografia" in coppia con la grandissima Ute Lemper e riceve il Premio della Critica Musicale, contemporaneamente realizza un nuovo LP con gli arrangiamenti di Celso Valli, intitolato "Guarda la fotografia".

    Nel 1994 si ripresenta al Festival di Sanremo in coppia con Paolo Rossi con il brano "I soliti accordi", che è anche il titolo del rispettivo LP, sempre di grandi contenuti, arrangiato da Giorgio Cocilovo e il figlio Paolo Jannacci.

    Nel 1996 fa coppia in tv con Piero Chiambretti nella nuova edizione de "Il Laureato". Dopo questa esperienza, Enzo Jannacci continua a lavorare nei maggiori teatri italiani con il suo enorme repertorio ed insieme al figlio Paolo realizza, nel 1998, la raccolta completamente restaurata e restilizzata "Quando un musicista ride" edito dalla Sony Music Italia. Il lavoro è decisamente imponente e comprende, oltre a tre brani inediti (uno di essi "Già la luna è in mezzo al mare" è realizzato insieme al vecchio sodale, l'ormai Nobel per la Letteratura Dario Fo) un percorso temporale che ben mette in evidenza lo spessore della carriera quarantennale di questo geniaccio.

    Nei periodi successivi Jannacci torna al jazz, un suo vecchio amore che lo aveva iniziato nei primi anni della sua adolescenza musicale e intellettuale; passione che lo ha portato a proporre in pubblico brani originali e standard con l'ausilio dei migliori musicisti italiani del settore.

    Nel 2001, dopo circa tre anni di lavoro continuativo e dopo sette anni di assenza, propone al grande pubblico il suo ultimo lavoro di studio; un cd di 17 brani, quasi tutti inediti, di enorme impatto emotivo e sociale. Dedicato a suo padre, "Come gli aeroplani" è destinato a diventare una pietra miliare della discografia italiana insieme a "Vengo anch'io, no tu no", "Quelli che...", e "Ci vuole orecchio".

    Da tempo malato di cancro Enzo Jannacci muore a Milano il 29 marzo 2013 all'età 77.



    fonte:biografieonline.it




    L'ombrello di suo fratello

    La canzone di Enzo Jannacci "L'ombrello di mio fratello", pubblicata per la prima volta nel 1961 in 45 giri in formato singolo e riproposta nel 1968 nell'album "Le canzoni di Enzo Jannacci"


    Non so se è la prima volta che si sente questa storia,
    la storia di uno che cercava un ombrello,
    l’ombrello di suo fratello.
    Non era tornato nemmeno a mangiare
    per cercare l’ombrello di suo fratello,
    roba di lusso, un vero gioiello,
    roba di suo fratello.
    “Eh, già, ma com'era quell'ombrello?”
    “Intanto, era di mio fratello.”
    Suo fratello, un tipo sfacciato, maleducato, raccomandato.
    Non era tornato nemmeno a mangiare
    per cercare l’ombrello di suo fratello,
    roba di lusso, un vero gioiello,
    roba di suo fratello.
    “Allora, dunque, trovato l’ombrello?”
    No, non l’aveva trovato.
    Ma poteva continuare, continuare a cercare.
    “Guarda quest’altro”, dice il fratello,
    “un altro ombrello, guarda che bello.”
    Chissà di chi era quell'ombrello,
    non certo di suo fratello.
    “Ma come, io non torno nemmeno a mangiare
    per cercare l’ombrello di mio fratello
    e quello lì, perchè è sfacciato, raccomandato,
    ruba gli ombrelli!”.
    “Però anche questo, che roba, che bello,
    che bell'ombrello, un vero gioiello.
    Chissà di chi era quell'ombrello.
    Ormai, roba di mio fratello.”
    Roba di suo fratello.


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Tennis: 3-1 al Belgio, Gran Bretagna vince la Coppa Davis.

    Il punto decisivo da Murray, che batte in 3 set Goffin. La Gran Bretagna ha vinto la Coppa Davis 2015 battendo per 3-1 il Belgio nella finale svoltasi a Gand (Ghent). Il punto decisivo è stato conquistato da Andy Murray, che ha battuto per 6-3 7-5 6-3, in 2h54', David Goffin. E' la decima volta che i britannici si aggiudicano l’ insalatiera d'argento, ma la prima dal 1936. Nei singolari della prima giornata Goffin, numero 1 belga, aveva superato per 3-6 1-6 6-2 6-1 6-0 Kyle Edmund. Murray, numero 1 britannico, si era poi imposto per 6-3 6-2 7-5 su Ruben Bemelmans. Ieri, nel doppio, Murray e suo fratello maggiore Jamie hanno portato in vantaggio gli ospiti battendo per 6-4 4-6 6-3 6-2 la coppia belga, formata da Goffin e Steve Darcis. La finale si è disputata sulla terra rossa indoor del Flanders Expo di Gand, tra eccezionali misure di sicurezza per i rischi di terrorismo due settimane dopo gli attacchi di Parigi.
    (Ansa)




    < Sci: Peter Fill ancora sul podio, 3/o in SuperG.
    A Lake Louise bis di Svindal e Shiffrin, male le azzurre. Meglio di cosi' la stagione non poteva cominciare per il veterano azzurro della velocita' Peter Fill: secondo venerdi' in discesa e terzo nel supergigante di sabato a Lake Louise . Per l'altoatesino di Castelrotto - classe 1982 - e' il 13/o podio in carriera oltre ad un argento e ad bronzo mondiali, frutto di un carattere fortissimo che due anni fa gli aveva permesso di superare di un bruttissimo infortunio con grave strappo all'inguine. Ed ancor piu' frutto di un grandissimo amore per lo sci. La gara, tiratissima, e' stata vinta dal solito norvegese Aksel Svindal , che ha cosi' bissato il successo di venerdi' in discesa, in 1.29.30 davanti all'austriaco Matthias Mayer in 1.29.65 mentre Fill ha chiuso in 1.29.75. ''Due volte sul podio: ancora non ci credo anche perche' in superG non mi sento in forma come in discesa. Ma il secondo posto in discesa mi ha dato la carica ed in superG. ho fatto una bella gara soprattutto sulla parte finale del tracciato. Ora - ha detto felice l'azzurro - ci provo anche nel prossimo week end a Beaver Creek''. Ad Aspen un bis se l'e' concesso alla grande anche la statunitense Mikaela Shiffrin vincendo pure il secondo slalom speciale, 17/o successo in carriera a soli 20 anni Shiffrin - che venerdi' aveva dominato dando il distacco recordi di 3 tre e 7 centesimi alla seconda - ha vinto in 1.40.18 e dunque sempre con un grande vantaggio sulle rivali: la svedese Frida Hansdotter 2/a a 2.65 in 1.42.83 e la ceca Sarka Sarchova 3/a in 1.43.08. L'italia e' invece stata piu' che mai deludente: in speciale le cose continuano a non andare. C'e' infatti una sola azzurra in classifica ed e' Manuela Moelgg: e' finita 23/a, dopo la banda. Tutte fuori le altre. Per l'Italia la gara che ha dato soddisfazioni in questa domenica di sci e' stata ovviamente cosi' il supergigante uomini dopo oltre al podio di Fill c'e' anche un bel 6/o posto di Dominik Paris in 1.29.83 , il che vuol dire che il massiccio altoatesino e' arrivato a a soli 8 centesimi dal podio. In classifica c'e' poi Mattia Casse 15/o in 1.30.77 mentre Matteo Marsaglia in 1.31.04 e Christof Innerhofer in 1.31.07 hanno chiuso piu' indietro. Fuori per salto di porta, invece, Werner Heel. La coppa del mondo uomini si sposta ora a sud, negli Usa, a Beaver Creek, in Colorado, la localita' dei Mondiali dello scorso febbraio per un fine settimana denso di gare: venerdi' discesa, sabato supergigante e domenica gigante. Le ragazze invece vanno a nord e danno il cambio ai maschi a Lake Louise: venerdi' e sabato due discese con supergigante domenica.
    (Ansa)




    L'ultima Haka per Jonah Lomu, star degli All Blacks.
    Ad Auckland migliaia ai suoi funerali, cerimonia maori per il leggendario giocatore morto a 40 anni. Migliaia di persone sugli spalti con le maglie nere degli All Black e il numero 11 sulle spalle, e un'ultima Haka: cosi' la Nuova Zelanda ha salutato il suo campione piu' amato, Jonah Lomu, leggenda del rugby scomparsa a soli 40 anni.

    All'Eden Park di Auckland, dopo una cerimonia funebre in forma privata svoltasi giovedi' scorso, l'omaggio pubblico alla salma del gigante della palla ovale.

    "E' stato un gigante del nostro sport, che lascia un vuoto gigantesco", ha detto il presidente del rugby mondiale, Bernard Lapasset, arrivato apposta dalla Francia per la cerimonia, alla quale ha preso parte con un videotributo da Parigi - dove e' impegnato nella conferenza mondiale per il clima - anche il premier neozelandese John Key.

    Ad aprire la commemorazione, un'Haka di benvenuto ('powhiri') eseguita da una rappresentativa Maori. A portare dentro lo stadio la bara di Lomu alcuni ex giocatori della nazionale di rugby, seguiti dalla moglie e dai due figli, di 6 e 5 anni. Vestiti di nero, con indosso i tradizionali simboli maori di cordoglio e rispetto.
    (Ansa)

    (Gina)



    SAI PERCHE'???




    Perché per salutare ci si leva il cappello?




    Da dove arriva questa usanza diffusa in Occidente?


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    Levarsi il cappello, o a volte anche solo accennare a farlo toccando la tesa, è un gesto convenzionale non verbale molto diffuso in Occidente, soprattutto fra gli uomini. In passato il copricapo poteva segnalare l’appartenenza a un elevato rango sociale e il toglierlo rappresentava un atto di umiltà. L’esempio più chiaro è l’uso, limitato agli uomini, di entrare in chiesa a capo scoperto.

    RISPETTO. Questo gesto tradizionale ha dato vita ad alcuni modi di dire, e non solo in Italia, che indicano l’intenzione di compiere questo atto per rendere omaggio, esprimere rispetto o ammirazione nei confronti di qualcuno. Ad esempio, se noi usiamo dire “(faccio) tanto di cappello!” i francesi utilizzano la nota espressione "chapeau!" (termine che significa appunto “cappello”) con lo stesso significato.

    Nelle società occidentali, levarsi il cappello è un segno convenzionale non verbale di saluto o ringraziamento. Esso viene solitamente effettuato solo dai maschi. Il copricapo, infatti, aveva tradizionalmente per gli uomini la funzione di segnalare un certo rango sociale[1], e il privarsene rappresentava un gesto di umiltà (così, ad esempio, è d'uso entrare in chiesa a capo scoperto).


    Il gesto
    Il gesto può andare dal semplice accenno fatto portando la mano alla tesa del cappello al togliersi il cappello in modo più o meno ostentato, giungendo, nei casi più estremi, ad accompagnare l'atto con un inchino (è soprattutto in questi casi particolarmente ostentati, oggigiorno in disuso se non con valenze ironiche, che in italiano si usa il verbo scappellarsi).

    Se portato al petto, con un inchino appena accennato, è un gesto di rispetto nei confronti di un conoscente appena deceduto.

    Espressioni verbali
    Il gesto ha dato vita ad alcune espressioni verbali, che descrivono l'intenzione di compiere questo atto, in segno di rispetto, solitamente per esprimere ammirazione. Tale è la locuzione italiana "(faccio) tanto di cappello!". A volte è in uso anche il corrispettivo francese "chapeau!" (cappello). Dato il minor legame con la gestualità, l'espressione verbale non è limitata ai soli uomini.

    L'espressione corrispondente in inglese, hat tip, è in uso anche nel gergo della blogosfera (cui è pervenuta, come molte altre, dall'ambito anglofono). Viene spesso abbreviata in "HT" o "h/t", o anche scritto "hat-tip".

    Viene indirizzata dall'autore del blog (o di un post) a qualcuno cui vuole riconoscere il merito di aver portato un importante contributo ad un'attività specifica, di aver segnalato qualcosa di nuovo o interessante, o di aver fatto un intervento significativo.


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    GAUGUIN. Racconti dal paradiso


    dal 28 ottobre 2015 al 21 febbraio 2016



    Il Museo delle Culture di Milano ospita la mostra "Gauguin. Racconti dal paradiso"
    La Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen ospita una delle collezioni più complete al mondo di opere di Paul Gauguin, e questa mostra include non meno di 35 lavori provenienti dal museo danese – insieme a opere significative di Cézanne, Pissarro e Van Gogh. È la prima volta che una sezione così ampia della raccolta dei lavori di Gauguin viene esposta al di fuori del museo. Tra i capolavori c’è Vahine no te Tiare (Donna con fiore), uno dei primi dipinti che l’artista inviò in Francia da Tahiti nel 1891, come opera ambasciatrice di una nuova arte radicale “made in Polinesia”.

    La mostra, che presenta circa 70 opere, può contare su alcuni prestiti eccezionali, per la prima volta in Italia: Autoritratto con Cristo Giallo del Musèe d’Orsay di Parigi che testimonia la fascinazione di Paul Gauguin per l’arte “primitiva” e si mostra come manifesto della sofferenza e della lotta dell’artista per l’affermazione della propria visione artistica e Mahana no atua (Giorno di Dio) dell’Art Institute of Chicago che fu dipinto a Parigi nell’intervallo tra i soggiorni di Gauguin a Tahiti, dimostra che l’influenza di immagini e ricordi di un mondo primordiale e più autentico così come la commistione di fonti iconografiche diverse fosse elemento imprescindibile della sua produzione.

    A questi si aggiungono le 10 zincografie della Volpini Suite, una delle manife-
    stazioni più evidenti della portata artistica di Gauguin e che può essere considerata un manifesto delle sue idee artistiche fondamentali. E’ proprio attraverso il confronto tra alcuni capolavori dell’artista e le sue fonti d’ispirazione che la mostra si prefigge di dimostrare il suo approccio peculiare e originale al “primitivismo”.

    La mostra è prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Ny Carlsberg Glyptotek, promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura, e curata da Line Clausen Pedersen e Flemming Friborg, rispettivamente curatrice del Dipartimento di Arte Francese e Direttore della Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen e realizzata anche grazie al sostegno di M&G Investments.




    FESTE e SAGRE





    CREATURE MITOLOGICHE


    L'agnello vegetale della Tartaria



    Tra le creature leggendarie, e soprattutto tra gli ibridi del mondo vegetale con quello animale, la Mandragora è sicuramente la specie più conosciuta, ma la più bizzarra è affascinante resta il Barometz, o Agnello vegetale della Tartaria. L'Agnello Vegetale della Tartaria (“Agnus scythicus” o “Planta Tartarica Barometz”) è una creatura leggendaria originaria dell’Asia Centrale. Questa pianta mitologica si riteneva riprodusse come frutti, delle pecore. E' noto con molti altri nomi, fra i quali Agnello della Scizia, Barometz, Borometz o Borametz. Tali prodigiosi frutti-ovini erano collegati alla pianta tramite un cordone ombelicale che permetteva loro di brucare l’erba intorno,entro un certo raggio dalle proprie radici. Quando tutto il nutrimento della pecora si esauriva, sia la pianta sia la pecora si seccavano, morendo. Nonostante il mito sia nato come modo per spiegare l’esistenza del cotone secondo il pensiero medioevale, la leggenda si basa su un pianta realmente esistente, la Cibotium barometz, o Polypodium borametz una felce del genere Cibotium, lanuginosa e con radici a fittone, solitamente in numero di quattro o cinque.
    Nell’antichità era d’uso produrre delle “prove” dell’esistenza della miracolosa pianta, rimuovendo le foglie dalla parte terminale del rizoma dall'apparenza lanuginosa della felce: capovolgendo il tutto, il rizoma filamentoso poteva facilmente rassomigliare ad un agnello con tanto di lana, con le gambe formate dalle basi recise dei piccioli. Il Tradescant Museum of Garden History conserva un esemplare di "Barometz" sotto vetro.

    Nel suo libro, The Vegetable Lamb of Tartary (1887), il naturalista Henry Lee descrive il leggendario agnello come ritenuto essere dai cronisti medievali contemporaneamente un animale vero e proprio ed una pianta; tuttavia asserisce che alcuni scrittori credevano che il Barometz fosse in tutto e per tutto il frutto di una pianta, nato da semi simili a quelli del melone, e che qualora l’agnello si fosse separato dallo stelo che lo ancorava al suolo, sarebbe morto. Si credeva che l’agnello vegetale possedesse sangue, ossa e carne simili a quelle di un normale ovino, ma che fosse connesso alla terra da un fusto simile ad un cordone ombelicale che sorreggeva l’agnello in alto. Con il tempo poi il gambo si sarebbe flesso in avanti sotto il peso del suo stesso frutto, permettendo all’agnello di consumare l’erba intorno. Una volta che tutta l’erba disponibile nel raggio d’azione dell’agnello fosse finita, l’agnello moriva e poteva quindi essere consumato. Secondo la leggenda il suo sangue era dolce come miele e la sua lana era usata dai nativi della Tartaria per fabbricare copricapo ed altri generi di abbigliamento. Gli unici altri animali carnivori che attaccavano l’agnello vegetale, oltre agli umani, erano i lupi.
    Odorico da Pordenone, francescano italiano nato nel 1265, riporta di come, sentendo della prima volta parlare del Barometz, gli fosse venuto in mente di un altro genere di simili piante prodigiose che vivevano sulle coste del Mare di Irlanda. Questi alberi producevano frutti simili a Cucurbitacee, che cadendo in acqua germogliavano in uccelli chiamati Barnacle. Nella sua relazione su un viaggio compiuto in Oriente tra il 1316 e il 1328, relazione scritta nel 1330, troviamo il seguente racconto : "Un dì fra gli altri viddi una bestia grande come un agnello, che era tutta bianca più che neve, la cui lana ressembrava un bombace, la quale si pelava. E domandando dai circostanti che cosa fusse, fummi detto che era stata donata dal signore ad un barone per una carne che fusse la migliore e più utile al corpo umano che ogni altra; soggiungendomi che vi è un monte che ha nome Capsiis in cui nascono certi poponi grandi, e quando si fan maturi si aprono e n' esce fuori questa bestia. Fummi anche soggionto che nel reame di Scozia e d' Inghilterra sono arbori che producono pomi violati e tondi alla guisa di una zucca, dai quali, quando sono maturi esce fuori un uccello".
    Demetrio di Daniele, uomo fra li barbari di fede singolare, ci raccontò : "essendo stato mandato suo padre per ambasciatore dal principe di Moscovita al re Zauvolhense, mentre era in quella legazione aveva veduta una certa semenza in quelle isole, poco maggiore e più rotonda del seme del melone, ma non dissimile però da quella. La qual semenza ascosa in terra, nacque poi dei quella una certa cosa simile ad un agnello di altezza di cinque palmi, e questo in loro lingua chiamano “boranetz” cioè agnello, perché ha il capo, gli occhi, l’ orecchie e tutte le altre cose alla similitudine d’ uno agnello nuovamente nato. Oltra di questo ha una pelle sottilissima, la quale molti in questo paese usano in capo in luogo di berretta; e molti dicono di averne vedute. Diceva ancora quella pianta, se pianta è lecito essere chiamata, aver in sé sangue ma senza carne, ma in luogo della carne una certa materia simile alla carne di gambari; ha l’ unghie non cornee come li agnelli, ma con certi peli vestite alla similitudine di un corno; ha la radice sin all’ umbilico e dura sin tanto che, mangiate le erbe torno a torno, la radice per carestia del pascolo si secca. Dicono aver in sé una dolcezza meravigliosa e che perciò è molto desiderata da’ lupi e d’ altri animali rapaci. Io quantunque giudico tutto questo, e del seme e della pianta, essere cosa favolosa e incerta, nondimeno, perché me l’ hanno riferita gli uomini degni di fede, l’ ho voluta riferire agli atri”.
    La diffusione della leggenda presso il popolo inglese nel XIV secolo è attribuita Sir John Mandeville, che la raccontò nelle sue opere durante il regno di Edoardo III. Mandeville ritornò dalla Tartaria descrivendo un bizzarro frutto simile ad una strana zucca originario di quelle terre. Una volta maturo, il frutto si apriva, rivelando al suo interno quello che sembrava in tutto e per tutto un agnello, ma senza ancora lana; a quel punto il frutto e l’agnello venivano mangiati. Anche Odorico di Pordenone, avendo viaggiato a lungo confermò di aver sentito di zucche in Persia che quando mature si aprivano per rivelare al proprio interno creature simili agli agnelli.
    Nella metà del XVI secolo, Sigismund von Herberstein, che nel 1517 e nel 1526 fu Ambasciatore presso l’Imperatore Massimiliano I e Carlo V, presentò un resoconto molto più dettagliato sul Barometz nel suo Rerum Moscoviticarum commentarii, uno fra i più antichi trattati sulla Russia. Asserì di aver appreso la storia da molte fonti, tutte troppo affidabili per dubitare dell’esistenza dell’agnello vegetale, e diede una collocazione esatta della creatura, vicino il Mar Caspio, fra il fiume Jaick e il Volga. La creatura, che nasceva da semi somiglianti a meloni, poteva raggiungere un’altezza pari a 80 cm, ed era simile ad un agnello per molti aspetti, eccetto alcuni: nelle sue vene scorreva una linfa simile al sangue, ma la sua carne era dissimile da quella di un agnello, essendo invece più simile a quella di un crostaceo. Diversamente da un regolare agnello, i suoi zoccoli erano fatti di spessa peluria; era un cibo prediletto dai lupi e da molti altri animali.
    Il medico e studioso tedesco Engelbert Kaempfer, accompagnò una delegazione in Persia nel 1683 con l’intenzione di trovare l’agnello. Dopo aver parlato con degli indigeni e non aver trovato nessuna prova fisica dell’esistenza dell’agnello vegetale, concluse che si trattava di una leggenda. Tuttavia, osservò l’usanza dei locali di rimuovere un agnello ancora non nato dall’utero della madre, per raccoglierne la sofficissima lana e ritenne si potesse trattare di una possibile origine della leggenda. Kaempfer ipotizzò ulteriormente che i campioni di lana fetale conservati nei musei potessero essere erroneamente attribuiti ad una sostanza vegetale.
    La storia si diffuse, ripetuta da numerosi scrittori e scienziati dell’ epoca. Il primo a riprenderla è Guglielmo Postel (Liber de causis, 1552); in maniera poco convinta Gerolamo Cardano (De rerum variegate, 1554, libro 6, cap. 22) tenta di obbiettare che il fatto è impossibile perché, se l’ agnello possiede sangue, deve avere un cuore ed il terreno non è in grado di fornire stimolo sufficiente al movimento e al calore di questo organo; mitiga però questa sua professione di incredulità con l’ affermare che “forse in un luogo la cui aria sia abbastanza densa e grassa non sarà impossibile trovare qualche pianta che abbia sensibilità e sia simile a una carne imperfetta, come quella delle ostriche e dei pesci”.
    Il dotto Giulio Cesare Scaligero nell’ exotericarum exercitationum liber ( exerc. 181 ) alla già colorita leggenda dell’ agnello vegetale aggiunge il suggestivo particolare che, tagliando uno degli “arti” della bestiola, fuoriusciva un liquido simile al sangue. Il poeta Guillaume Salluste du Bartas (La semaine, 1578) così descrive la pianta, scoperta da Adamo nel Paradiso terrestre il primo giorno della seconda settimana di vita dell’ Universo : “Sembrano montoni appena nati, e lo sarebbero davvero se nel nobile petto della terra, non immergessero una radice vivente che si allaccia al loro ombelico e muore il giorno in cui cessano di brucare il fieno che cresceva intorno. O effetto mirabile della mano divina! La pianta di carne e sangue, l’ animale con la radice!”. Ne parla il napoletano Giovan Battista della Porta (Phytognomonicon, 1591) che oltre a ricordare l’ estrema morbidezza della pelle, usata per fare copricapi, ritenne che, poiché la pianta ha tutte le caratteristiche fisiche di un agnello in carne e ossa, possa essere usata a fini terapeutici e medicinali negli stessi casi in cui si prescriverebbe l’ animale vero. Claude Duret nel 1605 riassume tutto quello che è stato scritto fino ad allora sull’ argomento, parteggiando chiaramente per la realtà della pianta. Altri due viaggiatori Olearius ( Voyages de Moscovie, 1636 ) scrive : “Ci hanno assicurato che presso Samara tra il Volga e il Don esistono una specie di meloni o meglio di cocomeri fatti come un agnello, di cui questo frutto rappresenta tutte le membra, che è legata al terreno dal gambo che gli serve da ombelico. Crescendo si sposta per quanto il suo gambo glielo permette e fa seccare l’ erba dovunque si gira. I moscoviti definiscono questo fatto “pascolare” o “brucare”; e aggiungono che quando è maturo il gambo si secca ed il frutto si ricopre di una pelle pelosa, che si può preparare ed usare come una pelliccia. Chiamano questo frutto “Boranez, cioè agnello”. Più cauto il secondo viaggiatore, J. Janssen Struyss (Les voyages de Jean Struyss en Moscovite, 1669): “Verso il regno di Cazan cresce un grosso cocomero peloso che sembra rodere tutte le erbe che ha intorno al suo gambo. Si dice che i lupi lo divorino avidamente e che somiglia ad un agnello; i moscoviti lo chiamano Bonnaret”.
    Alla cautela di Struyss fa riscontro per la prima volta in questo stesso periodo la prima “prova autentica” dell’ esistenza della pianta: si tratta di una serie di curiosi oggetti di origine indubbiamente vegetale, con la forma inequivocabilmente di un agnellino in miniatura; inoltre si afferma che le pellicce che oggi definiamo di “persiano” sono niente altro che la ricercata pelle, opportunatamente conciata, dell’ agnello vegetale. E’ Hans Sloane, botanico della Royal Society of London, a svelare la prima parte del mistero: il presunto Borametz, di cui aveva ottenuto un esemplare da un tale Mr. Buckley, era indubbiamente nient’ altro che una parte artefatta di una felce arborescente, che il Linneo, in memoria proprio della leggenda, chiamò Cibotium Borametz. Si tratta di una felce a grande sviluppo, raggiunge anche i quattro metri e mezzo di altezza, con un grosso rizoma coperto di una peluria setolosa da cui si dipartono robusti steli. Basta tagliare opportunatamente questi steli per simulare delle gambe o far rassomigliare il tutto ad un agnellino. Nello stesso periodo il dottor Kaempfer, chirurgo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali aveva potuto osservare che l’ attribuzione della pelliccia di “persiano” al Borametz era solo un espediente per nascondere la più sconvolgente provenienza della stessa da feti di agnellino strappati dal ventre delle loro madri prima di nascere, per garantire alla pelliccia una morbidezza inusitata. Una ulteriore conferma di questi fatti si trova in un trattato scritto dal botanico Breyn nel 1725. L’ imbroglio dei falsi agnelli vegetali era stato quindi svelato praticamente non appena questi erano stati introdotti in Europa.

    Molti autori scrissero poesie integrando nei loro versi la leggenda del Barometz. La leggenda dell’Agnello Vegetale colpì molto l’immaginazione di autori settecenteschi come Erasmus Darwin, che scrisse una composizione sul borametz nella sua opera Il Giardino Botanico (1781) e Demetrius De La Croix, che ne scrisse nella sua opera intitolata Connubia Florum, Latino Carmine Demonstrata (1791). Precedentemente, Guillaume de Salluste Du Bartas scrisse dell’agnello della tartaria nel suo lavoro La Semaine (1587). Nel suo componimento Adamo passeggia per il Giardino dell'Eden ed è stupefatto dalla singolarità della creatura. Denis Diderot scrisse un articolo sull'Agnus scythicus nella prima edizione della sua Encyclopédie e la creatura è descritta anche da Thomas Browne nel terzo libro dell'opera Pseudodoxia Epidemica. L’Agnello Vegetale della Tartaria appare inoltre come Borometz nel famoso Manuale di zoologia fantastica di Jorge Luis Borges.

    Una creatura sostanzialmente identica, combinante caratteristiche sia animali che vegetali, è menzionata nella tradizione popolare ebraica non prima del 436 a.C. Questa creatura, chiamata Yeduah, era del tutto simile ad un agnello nella forma e spuntava dalla terra connessa ad uno stelo. Coloro che andavano a caccia dello Yeduah potevano effettuare il “raccolto” dell’animale solamente recidendo lo stelo con frecce o dardi. Una volta che l’animale era stato disgiunto dal suolo, moriva rapidamente e le sue ossa potevano essere usate nella divinazione e in alcune cerimonie profetiche.
    Nel suo lavoro intitolato The Shui-yang or Watersheep and The Agnus Scythicus or Vegetable Lamb (1892), il naturalista e sinologo Gustav Schlegel indica la leggenda cinese della pecora d’acqua come ispirazione originale della leggenda dell’Agnello Vegetale della Tartaria. In maniera molto simile all’agnello, la pecora d’acqua era ritenuta essere sia una pianta che un animale, e le leggende che la riguardavano ponevano la sua terra d’origine in Persia. Era connessa alla terra da uno stelo e, se lo stemma era reciso, si seccava e moriva. L’animale era protetto dai suoi predatori da una recinzione artificiale e da uomini armati che gridavano e battevano su tamburi. Si diceva che la sua lana fosse usata per vestiti pregiati e copricapo. Allo stesso modo in cui l’Agnello Vegetale della Tartaria era una spiegazione per il cotone, la pecora d’acqua era probabilmente una spiegazione al bisso.

    (Gabry)





    MUSICAL!!!




    Robin Hood


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    ROBIN HOOD – Il musical – è andato in scena al Teatro Brancaccio. Produzione completamente italiana, vede come protagonista l’ormai star indiscussa del nostro musical, Manuel Frattini. Accanto a lui, nel romantico ruolo di Lady Marianna c’è Valeria Monetti, perfetta in qualunque ruolo da lei interpretato. Di Beppe Dati per la regia di Christian Ginepro.

    La storia, che tutti conoscono per merito della Disney, ripercorre i passi di Robin Hood che sfida il nuovo Re della contea di Sherwood. In una corsa rocambolesca tra il castello e l’immenso bosco, Robin Hood diventa il furfante “che ruba ai ricchi per dare ai poveri”, ma con l’immagine fissa di Lady Marianna nel suo cuore. Lei, promessa in sposa al braccio destro del Re, non vuole assolutamente sacrificare la sua vita con un uomo che odia, e per questo fugge per dar man forte a Robin Hood, pronto, con il popolo, a sfidare l’intera corte.

    Il primo atto scorre lentamente per la necessità di mostrare su tutti i livelli le storie che si incrociano. È come una grande introduzione che ci fa conoscere il grande amore tra Robin e Lady Marianna. Il secondo atto, movimentato e pieno di suspense, è quello che invece risolve tutti gli intrecci. Una grande gara di tiro con l’arco rende il pubblico partecipe di ciò che accade strappando applausi e sorrisi.

    Dimenticato Bennato di PETER PAN e accantonato il Cocciante di ROMEO E GIULIETTA, le musiche di ROBIN HOOD, non sono nulla di memorabile ma sono giuste per la messa in scena. Cornamuse, canti medievali e moderne ballate si fondono tutte insieme per una colonna sonora importante, in cui le parole vincono sulla melodia. Emozionanti sono i duetti tra Robin e Lady Marianna e sicuramente coinvolgenti sono i pezzi musicati della festa al bosco che apre il secondo atto.

    Le scene si rifanno alla vecchia Broadway, con l’aggiunta di un tocco di modernità. I fondali mobili sono tutti stampati e montati su pannelli che creano ora il castello, ora il bosco, ora una chiesa di qualche paese. E l’impianto luci è ben studiato per rendere il più reale possibile il bosco. Raggi di sole sembrano filtrare dai rami delle grosse sequoie e la nebbiolina avvolge tutto il palcoscenico.

    Le interpretazioni dei personaggi sono tutte interessanti. Manuel Frattini è perfetto per Robin Hood, così come lo era per Peter Pan e Valeria Monetti recita Lady Marianna con una voce potente ed una semplice, ma perfetta, interpretazione. Ma la rivelazione è la Tata, interpretata da Mimma Lovoi, che concede un tocco di Napoli al suo personaggio, simpatico quanto la Tata/Papera della Disney.

    ROBIN HOOD è davvero piacevole e divertente, e dimostra che anche l’Italia è in grado di creare un bel musical, ispirato a quelli di West End, ma con un forte temperamento italiano. Resta solo da capire il motivo per cui l’orchestra in scena sia ancora un taboo innominabile per le produzioni italiane.





    (Lussy)





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    foto:aquariuscom.it


    Salute e benessere



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    foto:casavacanzainsicilia.com


    Terme di Vulcano



    A Nord-Est della Sicilia c'è un angolo di paradiso dove il mistero della natura si riflette per sette volte nelle acque di un mare purissimo: sette isole emergono dal mare come immense schegge di terra lavica rappresa.

    Una delle isole Eolie, Vulcano, l'antica Hierà (sacra), Thermessa o Terasia; è un'isola molto interessante per i suoi svariati fenomeni vulcanici e post-vulcanici.
    La caratteristica peculiare di Vulcano è costituita da un altipiano, il più vasto delle Eolie, formato da lave, banchi di tufi, depositi quaternari e solcato da profondi valloni. Sulle alte pendici dell'isola il panorama si presenta pittoresco e selvaggio. Nell'isola di Vulcano si distinguono tre unità morfologiche: la prima, a Sud, è costituita da numerosi strato vulcani - Monte Aria (500 m), Monte Saraceno (481 m) e Monte Luccia (188 m) - e dalla grande depressione, a forma di ferro di cavallo slabbrato verso Nord-Ovest, di Vulcano Piano (330 m); la seconda al centro, costituita dalla Caldera di Vulcano la cui parte centrale costituisce il cratere di Vulcano Fossa. La terza unità è costituita da Vulcanello (123 m) con i suoi tre crateri allineati in direzione NE-SW. Questo piccolo apparato ha emesso numerose colate di lava che costituiscono la piattaforma di Vulcanello e Punta del Roveto. Vulcanello è congiunto a Vulcano da un sottile istmo, un metro circa al di sopra del livello del mare - sommerso dalle acque in condizioni metereologiche particolarmente avverse.

    Le baie che si affacciano al paese di Vulcano sono il Porto di Levante e il Porto di Ponente.
    Alle spalle di quest'ultima, circondata da collinette sulfuree da cui fuoriescono soffioni, si trova una delle maggiori attrazioni di Vulcano: una pozza d'acqua calda dove vengono fatti fanghi naturali.

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    foto:vulcanovacanze.it

    Le Terme di Vulcano si trovano a cielo aperto, in una pozza circondata da collinette sulfuree da cui fuoriescono soffioni caldi usati sia per insufflazioni sia per le applicazioni al corpo. I fanghi invece sono composti da una miscela di argilla con alto contenuto di zolfo micronizzato, la temperatura tra i 40° e gli 80° gradi per il continuo afflusso di gas caldi dalle sorgenti sotterranee in comunicazione, pare, col centro attivo del vulcano, ne assicurano la sterilità.
    Emergendo dall'odoroso, singolare laghetto, ci si sciacqua nel vicino mare, nel quale sono presenti gorgoglianti calde bolle sorgive.Le acque, sulfureo-salso-bromo-iodiche sono ipertermali, molto acide e radioattive, efficaci nella terapia di affezioni reumatiche, artritiche, nervose, cutanee e del ricambio.

    Escursioni


    Le coste offrono escursioni in barca con visioni inaspettate di grotte, faraglioni, complesse scogliere, spiagge di finissima sabbia vulcanica.
    Spostandosi verso la zona ponente, caratterizzata dalla finissima sabbia nera, si susseguono sino a Capo Secco una serie di cale, promontori e scenari molto spettacolari. Non bisogna perdere, in questo emozionante litorale, la Grotta del Cavallo, a cui si può accedere con il tender.Interessanti da vedere sono anche le Grotte dell'Allume, le antiche cave estrattive in parte crollate.

    Grotta del Cavallo

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    foto:flickr.com

    La "Grotta del Cavallo" è conosciuta anche come "Grotta dell'Eremita", presenta diversi ingressi, alcuni dei quali attualmente interrati; di questi tre sono accessibili, un ingresso alto e due bassi, gli ingressi alti si aprono a quota 528-530 slm, a poca distanza l'uno dall'altro, mentre l'ingresso alto si apre a quota 539 slm.
    Gallerie, saloni, pozzi, laghetti, formazioni di stalattiti, stalagmiti, cannule e colonne costituiscono il paesaggio di questa mirabile opera della natura.
    Nella "Grotta del Cavallo", alcune gallerie collegate da pozzi, presentano non il fondo di nuda roccia, ma un fondo detritico e in altri casi veri e propri strati di guano di pipistrelli che vi abitano numerosi. Tali presenze assai antiche hanno permesso il formarsi di un minerale assai raro in grotta il "carbonato apatite", formatosi in ragione della ricchezza di fosforo del guano, qui non in forma di croste, quanto piuttosto concrezionato in vere e proprie stalattiti.
    L'effetto combinato delle acque sulfuree e i vapori da esse sprigionati in combinazione con il normale carsismo hanno dato luogo a "volte" con conformazioni a cupola particolarissimi e non riscontrate in altri luoghi della Sicilia.



    da:benessere.com

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    foto:terme.qviaggi.it/

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    foto:1.bp.blogspot.com

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    foto:bali-lombok-gili.de



    Negli ultimi anni, su alcune isole ed in particolare a Vulcano, la più idonea e prosperosa, al convogliamento dell’energia del sottosuolo, sta cercando di sfruttare queste risorse benevole che sgorgano dalla terra, per metterle a disposizione dell’uomo con tutti i suoi benefici e le sue cure.

    I fanghi centenari di Vulcano, le zone sulfuree in mare aperto e adiacenti alla zona dei fanghi, dislocate vicino al porto d’arrivo, dove ogni giorno sgorga dal sottosuolo fango rinfrancante e dove, migliaia di persone s’immergono tutto l’anno, per ottenere i benefici per la pelle, per le malattie ossee e quelli respiratori, sono i primi da sempre, ad essere sfruttati in maniera costante.

    Le attività ed acque termali dell’isola di Vulcano meritano una descrizione a sé, essendo un fenomeno unico nel suo genere.

    Sulle concreta esistenza di doti curative dei fanghi e delle acqua calde di Vulcano, testimoniano ormai osservazioni ed esperienze condotte nel corso di almeno 40 anni.

    Nella zona dei fanghi, si distinguono tre zone:

    La “Pozza” dei fanghi
    Il “ mare caldo” o “acque calde”
    Le fumarole

    La "Pozza" così comunemente a volte chiamata è alimentata ininterrottamente, da innumerevoli bolle dalle quali fuoriescono vapori sulfurei, acqua salmastra e fango argilloso ad altissimo contenuto di zolfo.
    Queste sono le tre principali componenti fondamentali del bagno e chiariscono, nella loro composizione, come sia praticamente impossibile lo sviluppo di eventuali forme patogene.

    Seguendo le ultime indicazioni sulle cure termali, che vogliono che tutte le stazioni abbiano una loro specializzazione, per evitare errori fatti in passato quando ad alcune venivano attribuite qualità miracolose per molte affezioni, la sorgente termale di Vulcano può essere senza dubbio utile a tre grandi gruppi di patologie:

    AFFEZIONI ARTICOLARI
    AFFEZIONI DERMATOLOGICHE
    AFFEZIONI DELLE VIE AEREE

    Le malattie dell'apparato locomotore rappresentano senz'altro il gruppo di patologie nel quale il fango terapia trova le applicazioni più vantaggiose, tra cui:

    OSTEOARTROSI
    REUMATISMI FIBROMIOSITICI
    SINDROMI CANALICOLARI
    DISTORSIONI
    LUSSAZIONI ARTICOLARI
    STIRAMENTI MUSCOLARI
    FRATTURE
    GOTTA.

    In assenza di controlli medico- specialistici, o presenti in uno stabilimento termale, sarebbe consigliabile per i trattamenti, che per i tempi iniziali d’esposizione giornaliera, fossero appena di qualche minuto ed il successivo ampliamento di detti tempi fosse graduato in termini di massima cautela è utile anche il consiglio del medico locale anche se generico.

    Vicinissimo alla “Piscina naturale dei Fanghi” c’è il mare caldo ed in continuo fermento, la zona chiamata appunto “Acque calde”, un tratto di mare dove, ci si può rilassare e terminare la “cura” e risciacquarsi con un efficace idromassaggio naturale. Qui, infatti, decine di fumarole sottomarine emettono vapore a forte pressione, sulle quali ci si può piacevolmente adagiare ottenendo benefico effetto del citato idromassaggio complementare.

    Poco distanti anche le Fumarole dove è possibile fare inalazioni, per ora, in maniera artigianale ed indipendente.
    Queste Terme all’aperto, sono state sin dai tempi sfruttate e controllate senza particolare impegno e soprattutto senza paura che questa fonte di benessere si possa esaurire.
    Quanto esposto sin qui si riferisce, chiaramente, a sistemi di cura molto empirici ed attuati in maniera rudimentale e/o personale: certamente ad uguali condizioni di attività termominerali spontanee corrisponderebbe un maggior beneficio ove più opportunamente fossero utilizzate le acque termali dell’isola di Vulcano con l’impianto d’adeguate strutture.
    Si impone quindi, la realizzazione di impianti termali moderni per altro già in atto da parte di vari operatori privati, sia all’interno di strutture ricettive, sia a beneficio pubblico di tutti gli avventori.
    Al fine di consentire una più oculata attuazione delle terapie praticabili e di eventuali altre aggiuntive, nell’intento di sfruttare appieno le qualità curative di cui la natura ha dotato le acque termali di questa isola.
    I trattamenti sia per quanto riguarda il tipo che la frequenza sono lasciati alla discrezionalità di ciascuno, potendo il personale attualmente in servizio presso la pozza, fornire solo delle informazioni di carattere indicativo, senza alcun controllo valido sullo stato di salute dei pazienti prima e dopo la cura.
    L’evoluzione e la richiesta, di avere delle zone termali controllate anche da medici o specialisti, ha fatto si, che da qualche anno, sono state aperte delle Terme private e con ingresso a pagamento, con acqua che fluisce e viene pompata a circa 30 gradi in piscine coperte e scoperte, fontane e docce per il benessere di tutto il corpo.
    da: vulcanoterme.com

    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    IL MONDO DEI FUNGHI...


    Auricolaria auricola-judae



    L'Auricularia auricula-judae, noto comunemente come "cuore profumato" oppure come "orecchio di Giuda", è un fungo della famiglia delle Auricularaceae. È la specie più nota del genere Auricularia. Viene coltivato su tronchi d'albero ed è oggetto di commercio soprattutto in Cina.
    E' un fungo commestibile che si insedia su vecchi tronchi di sambuco o di altre latifoglie, verso il tardo autunno mantenendosi, quando il clima è umido, per parecchi mesi nel luogo dove è cresciuto. Dapprima compare una piccola coppetta, che presto assume la forma di orecchietta, con all'interno dei rilievi costoluti. Il colore bruno, da porpora a rosso, diventa con l'invecchiamento o quando il fungo si secca, sempre più scuro. Una peluria fine e fitta rende la faccia esterna vellutata, dalla consistenza cartilaginea elastica.


    Entoloma hochstetteri



    L'Entoloma hochstetteri è un fungo basidio-
    micete della famiglia delle Entolo-
    mataceae. Vive in a Nuova Zelanda e in India. Il piccolo fungo ha un caratte-
    ristico colore azzurro, mentre le lamelle hanno una sottile tinta rossastra dovuta alle spore. La colorazione azzurra del fungo è dovuta a pigmenti di azulene che si trova in natura come componente di pigmenti nel fungo ma in molti invertebrati marini.
    L'Entoloma hochstetteri ha un corpo molto delicato e può essere trovato tra il muschio o tra le foglie morte. Il cappello può superare i 4 cm di diametro ed ha forma conica. Il colore del cappello è indaco-blu con una leggera sfumatura verde. La sporata è rosa. Sebbene il fungo non sia commestibile non è noto se siaè velenoso o no - nessuno sembra aver mai cercato di mangiarlo. E 'stato descritto da un europeo nel 1866.
    Il corpo fruttifero del fungo si trova di solito tra felci muschio, o foglie cadute. Con una forma conica lo fa apparire come qualcosa appartenente a una fiaba e la cornice verde dei boschi della Nuova Zelanda aggiunge l'aspettativa che un folletto possa iniziare a saltarci intorno a qualsiasi momento.

    Hericium erinaceus



    Il nome scientifico di questo fungo medicinale comme-
    stibile diffuso in Europa, Asia e America Setten-
    trionale è Hericium erinaceus. Lo strano aspetto ultraterreno del fungo ha ispirato molti dei suoi estimatori a conferirgli nomi insoliti: Criniera di Leone, Fungo della Scimmia, Testa di Scimmia, Testa d’Orso, Testa di Maiale, Barba Bianca, Barba di Vecchio, Barba del Porcospino, Ponpon Blanc. In Cina si chiama Shishigashira, che significa “testa di leone”, e Houtou, che vuole dire “scimmietta”. In alcuni saggi l’Hericium erinaceus viene erroneamente chiamato Hericium erinaceum. In Giappone è noto principalmente con il nome di Yamabushitake. Gli Yamabushitake, letteralmente “coloro che dormono sui monti”, sono i monaci eremiti della setta Shugendo del buddhismo ascetico. Si presume che l’Hericium erinaceus somigli al suzugake, la giacca ritualmente indossata da quei monaci. In giapponese take significa “fungo”.
    E' un fungo raro considerato una prelibatezza anche se un po’ coriaceo. Si sviluppa preferibilmente su alberi di quercia ancora vivi, oppure su faggio, noce, platani e altre latifoglie. Prospera sul tronco ad una altezza di circa 3-4 metri. Predilige un ambiente prettamente mediterraneo, è un fungo parassita e ha una forma da tondeggiante ad ovale, un corpo circondato da morbidi aculei lunghi 2-3 cm. Il corpo fruttifero si presenta come l’unione di masse compatte di filamenti simili a ghiaccioli cadenti verso il basso. Può raggiungere un diametro di 30 cm di dimensioni ed un peso di circa 2 kg. La carne è bianca, crema o leggermente rossastra, con una consistenza gommosa.
    Molto usato in medicina naturale per le sue storiche proprietà cicatrizzanti sia in Cina e che in Giappone. I Nativi del Nord America lo usavano come cicatrizzante e faceva parte della loro “borsa medica”.

    Gli studi scientifici su Hericium erinaceus sono piuttosto recenti, sebbene anche in questo caso, come per altri funghi terapeutici quali reishi, shiitake, maitake, si tratti di un rimedio naturale pienamente integrato nelle medicine tradizionali di Cina e Giappone.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    L'ELYSIA CHLOROTICA



    L'Elysia chlorotica è una specie di mollusco del sottordine dei sacoglossi, nota come la lumaca di mare a energia solare, infatti incorpora nelle proprie cellule i cloroplasti delle alghe di cui si nutre e ne sfrutta la fotosintesi per ottenere nutrimento. Vive lungo la costa orientale del Nord America, dal Texas, attraverso la Florida e a nord fino alla Nuova Scozia, Canada.

    L'Elysia chlorotica si nutre delle alghe Vaucheria litorea; ne fora la membrana cellulare con la propria radula e tiene fermamente il filamento dell'alga con la bocca e, come attraverso una cannuccia, ne succhia il contenuto. Invece di digerirne completamente le cellule, o di farne passare il contenuto intatto attraverso le proprie interiora, ne trattiene solo i cloroplasti, conservandoli nelle proprie cellulle lungo il suo esteso sistema digerente.
    Le lumace giovani sono di colore bruno con macchie di pigmentazione rossa, diventano verdi solo dopo essersi nutrite di alghe. Inizialmente per mantenere i cloroplasti le lumache devono nutrirsi in continuazione, ma col tempo questi si incorporano stabilmente nelle cellule intestinali e la colorazione verde non necessita di ulteriore nutrimento. I progenitori hanno quindi passato questo patrimonio genetico alle nuove generazioni, in modo che basta a un nuovo nato un unico pasto di alghe per rubare i cloroplasti
    Alcuni di questi molluschi sono in grado di usare la fotosintesi per dieci anni dopo essersi nutriti alcune volte. Sono in grado di sopravvivere senza cibo, finché una luce assicura loro il giusto apporto energetico. Così, in mare, possono sopportare lunghe “carestie” di alghe semplicemente cibandosi dei raggi del sole.


    I cloroplasti vengono inglobati dentro speciali cellule diffuse nel tratto digestivo, soprattutto all’estremita’ delle convoluzioni intestinali, e li continuano a sopravvivere e funzionare. I cloroplasti sono gli organelli deputati a svolgere la fotosintesi, che e’ quel processo che cattura l’anidride carbonica dell’aria e la converte nello zucchero semplice glucosio, con rilascio di ossigeno come materiale di scarto. Usando anidride carbonica radioattiva (marcata con l’isotopo 14C) si e’ potuto osservare che i cloroplasti ingeriti rimangono efficienti nella lumaca come se fossero nella loro cellula algale originale. La lumaca converte poi il glucosio in galattosio (lo zucchero semplice del latte) e lo usa per tutte le sue necessita’ convertendolo in proteine e altro: tutto quello che deve fare e’ vivere in acque poco profonde ed esporsi il piu’ possibile alla luce solare per attivare la fotosintesi nei cloroplasti. Per avere una maggior superficie da esporre, e quindi fare piu’ fotosintesi, moltissime delle Elysia hanno evoluto pseudopodi ramificati che formano dei riccetti da cicisbeo sui fianchi e a volte sul dorso di questi animali, la forma del corpo si e’ allargata e appiattita e la superficie dorsale e’ semitrasparente per consentire la penetrazione dei raggi solari. Un prezzo onesto, in cambio di mangiare gratis. Naturalmente, nulla e’ davvero gratis e la lumaca necessita ogni tanto di assumere i contenuti cellulari delle alghe come fonte di oligoelementi e altri cloroplasti.
    Altri animali, come i polipi dei coralli, sfruttano un principio del genere ma nessuno e’ mai arrivato ad un simile livello di perfezione. I polipi dei coralli, ad esempio, vivono in simbiosi con le zooxantelle che sono alghe brune unicellulari che forniscono zuccheri al polipo in cambio di una comoda vita sedentaria, protette dentro il polipo. Si tratta pero’ della simbiosi tra due organismi, e non dell’assunzione di un organello specializzato. Quello che fa Elysia invece viene chiamato “cleptoplastia” (letteralmente, furto di plastidi) ed e’ un fenomeno ben diverso, perche’ non prevede la convivenza con un altro organismo eucariote, ma lo sfruttamento assoluto degli zuccheri prodotti dai cloroplasti. Il processo di incorporazione di un organismo in un altro pero’ non e’ banale. Comporta rimodellamenti pesantissimi, perdita o acquisizione di membrane cellulari, fusione di citoplasmi e pathway biochimici e, soprattutto, lo spostamento di geni da un genoma all’altro....Questo crea un problema alle Elysia, poiche’ non sono in grado di fornire ai cloroplasti tutto quello di cui hanno bisogno e dopo qualche mese li devono rimpiazzare con cloroplasti freschi estratti dall’alga. La stessa specie di lumaca si nutre di piu’ specie di alghe nel corso della sua vita ed e’ in grado di incorporare i cloroplasti di tutte le specie di cui si nutre. I cloroplasti pero’ non offrono solo nutrimento alle Elysia, fanno loro anche un altro grande favore: le rendono mimetiche. Una lumaca senza guscio che vive in acque basse e poco profonde, infatti, e’ esposta senza pieta’ all’occhio di tutti i predatori di passaggio. La sua unica speranza quindi e’ quella di mimetizzarsi con l’ambiente e passare inosservata. I cloroplasti ingeriti rendono le lumache dello stesso, identico verde delle alghe su cui vivono e il corpo della lumaca ha assunto anche per ragioni di mimetismo la forma di una foglia, il che la rende incredibilmente capace di mescolarsi con lo sfondo.
    (tratto da www.lorologiaiomiope.com/)

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    DICEMBRE

    DICEMBRE

    Dalla profondità dei cieli tetri
    scende la bella neve sonnolenta,
    tutte le case ammanta come spettri;
    di su, di giù, di qua, di là, s'avventa,
    scende, risale, impetuosa, lenta,
    alle finestre tamburella i vetri...
    Turbina densa in fiocchi di bambagia,
    imbianca i tetti ed i selciati lordi,
    piomba dai rami curvi, in blocchi sordi...
    Nel caminetto crepita la bragia...


    (Guido Gozzano)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





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    scatto dal web



    L'amore è fatto di cose stupide, di quelle cose che non hanno senso, magari, che fanno sorridere o scuotere la testa ma che in quei momenti diventano bellissime. L'amore è quei messaggi che non vogliono dire niente ma che dicono tutto, che non ci fai caso quando arrivano ogni giorno ma che diventano un'ossessione quando cominciano a mancare.
    (Federico Moccia)

  15. .





    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 6° SETTIMANA 048 (23 Novembre – 29 Novembre 2015)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 23 Novembre 2015
    S. CLEMENTE PAPA

    -------------------------------------------------
    Settimana n. 48
    Giorni dall'inizio dell'anno: 327/38
    -------------------------------------------------
    A Roma il sole sorge alle 07:10 e tramonta alle 16:43 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 07:34 e tramonta alle 16:45 (ora solare)
    Luna: 3.49 (tram.) 15.21 (lev.)
    Perigeo lunare alle ore 21 - distanza: km. 362.822.
    --------------------------------------------------
    Proverbio del giorno:
    Per San Clemente il verno mette un dente.
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    Aforisma del giorno:
    Chi si adatta bene alla povertà è ricco.
    (Seneca)









    RIFLESSIONI



    ... OCCHI …
    ... Un urlo dagli spalti; la palestra è piena di tifosi. Occhi attenti guardano ogni minimo dettaglio dei movimenti e gesti tecnici dei suoi ragazzi. “Dai…Forza, schiaccia…meglio quel bagher!”.. altri occhi guardano quel ragazzo che urla. Occhi velati di chi ha pianto e soffre; occhi fieri di chi ha un tesoro che vuole difendere e proteggere dal mondo cattivo. Finisce il primo set; il ragazzo fa passare una mano tra i capelli di quel signore seduto al suo fianco. La mano trema in quel gesto, l’emozione è forte e le lacrime incombono. “Dai ragazzi, vincete per me e papà”; la goccia che fa traboccare il vaso. Un pianto dirotto, senza fine, silenzioso come il dolore che lo pervade, discreto come la dignità che contraddistingue la sua esistenza. Andrea, suo figlio, è affetto da sindrome di down; lui è allenatore di pallavolo e quel dono della vita rappresentato da suo figlio non è stato accettato da due arbitri sulla panchina della squadra allenata dal papà. “Le regole sono regole” hanno detto gli impavidi e ligi personaggi. Non c’è peggior male dei realisti più del reale e dei ricercatori del vero più del vero! “Papà oggi abbiamo perso la partita.” Andrea rivolto al papà; lui lo guarda fisso negli occhi, ancora annebbiati dalle lacrime; “figlio mio al tuo fianco io, noi tutti, vinciamo e vinceremo sempre!”. Si abbracciano, i tifosi intonano un coro spontaneo “Andrea, Andrea, Andrea”… Ci sono cose che provo dolore a leggere e fatico a tradurre in racconto. Siamo in guerra, questo si legge su tutti i giornali e in tutti i media in questo periodo. In realtà la vera guerra, quella della discriminazione, che fa più vittime ogni giorno della guerra delle bombe e delle armi da fuoco, la combattiamo ogni giorno e, se ci pensate bene, è alla base di quella che in questi giorni sta mettendo a lutto e in allarme tutto il mondo … Buon Ottobre amici miei … (Claudio)






    Volley, ragazzo down cacciato dalla panchina. La protesta del padre-allenatore
    Durante una partita di pallavolo Matteo, 20 anni e affetto da sindrome di down, è stato fatto allontanare dal campo. Il ragazzo sedeva accanto al padre che allena la squadra di Orbetello. Pronta la replica sui social rivolta agli arbitri: “Non avete sensibilità”. In nome dei famigerati “Regolamenti”, spesso, si commettono, per controsenso, anche molti errori. E’ il caso, ad esempio, di quanto accaduto alla squadra di pallavolo di Orbetello impegnata a Firenze: Matteo, 20 anni e affetto da sindrome di Down, è stato allontanato dalla panchina dove sedeva accanto al padre allenatore. La notizia è stata lanciata da Il Giunco.net e ripresa dal Blog Gazzetta.
    IL FATTO — Il ragazzo, appassionato e innamorato dello sport, da quattro anni siede regolarmente sulla panchina insieme al padre, Andrea Bartolini, coach della squadra di volley dell’Orbetello. Matteo è amatissimo dai giocatori e da tutto l’ambiente, tanto che è anche stato tesserato dalla federazione come dirigente. Ma sabato scorso, durante una partita in trasferta a Firenze, per la prima volta, Matteo è stato cacciato dalla panchina. “I regolamenti sono regolamenti”, hanno detto i due arbitri che lo hanno allontanato facendolo accomodare accanto al medico della squadra dietro alla panchina. Il ragazzo, ovviamente, c’è rimasto malissimo. Il padre e gli altri dirigenti hanno protestato contro la insensata decisione, ma non c’è stato niente da fare. Anzi, il mister è stato addirittura squalificato per una giornata.
    REPLICA COMMOVENTE — Andrea, il padre del ragazzo, ha subito fatto sapere: “Alla fine della partita da noi persa meritatamente per 3 a 0 mi sono permesso di dire agli arbitri che sicuramente alcune loro decisioni in momenti importanti non sono state a noi favorevoli, ma che quello che hanno fatto nei confronti di Matteo meritava di essere raccontato a qualche giornale. Risultato di tutto questo? Mi trovo squalificato per una giornata (cosa sicuramente poco importante)”. Quello che è sicuramente più importante, infatti, è il gesto. Ma Andrea non si è arreso e attraverso il proprio profilo Facebook ha voluto raccontare l’accaduto e mandare un commovente messaggio. Nel post si legge: “Chi mi conosce sa che non amo scrivere e alle parole preferisco la palestra e la piscina, ma quello che mi è successo sabato sera è una cosa talmente vergognosa che merita di essere condivisa. Alleno squadre di pallavolo da trent’anni e da almeno quattro condivido la panchina con una persona speciale, mio figlio Matteo, il quale si ritiene il vero allenatore della squadra. Per farlo andare in panchina abbiamo chiesto alla Federazione una deroga, ci è stato detto di tesserarlo come dirigente (cosa che abbiamo regolarmente fatto) e con questo tesseramento gli arbitri sicuramente non avrebbero fatto nessuna obiezione. Sabato, invece, due personaggi hanno deciso che in panchina non poteva starci – continua Andrea - ed è stato fatto accomodare dietro la stessa insieme al medico e al personale addetto al pronto soccorso. Non vi potete immaginare lo stupore di Matteo che comunque da buon atleta ha accettato questa decisione a dir poco vergognosa”. Il post si conclude con una frase diretta ai direttori di gara: “Sicuramente diventerete dei bravissimi arbitri, ma la vostra sensibilità nei confronti di chi ha qualche problema è pari a zero e questa cosa non si compra e non s’impara o ce l’hai o non ce l’hai. Grazie lo stesso anche per Matteo”. A questo punto, con il padre squalificato per un turno, tutti ci auguriamo che Matteo possa tornare in panchina a dirigere la “sua” squadra. In fondo, come ricorda Andrea, il vero allenatore è lui.
    (gazzetta.it)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sull’Autunno…

    La castagna

    C’è un frutto rotondetto,
    di farina ci ha un sacchetto:
    se la mangi non si lagna,
    questo frutto è la castagna.
    La castagna è proprio biona
    è lucente, un pò burlona
    Già dal riccio schizza via
    se ti coglie mamma mia!..
    La castagna, in acqua cotta,
    prende il nome di ballotta
    Arrostita e profumata
    prende il nome di bruciata.
    Se la macino è farina:
    dolce, fina, leggerina:
    se la impasto che ne faccio?
    Un fragrante castagnaccio.
    (Dal web)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    L'orsacchiotto Pigrotto

    C’era una volta un orsacchiotto molto assonnato, di nome Pigrotto.
    Come al solito una sera, non appena il sole tramontò, si appoggiò sul suo lettino e si addormentò profondamente.
    Quella notte però accadde qualcosa di magico: il suo lettino cominciò a volare nel cielo blu… ma lui non si accorse di nulla!!! Solo il vento, con la sua dolce brezza, d’improvviso lo svegliò. Pigrotto si spaventò ma non ebbe paura, anzi si guardava attorno meravigliato.
    Ad un tratto vide una forte luce e decise di avvicinarsi. Era la Luna.
    Decise di atterrarci sopra… ma aveva ancora sonno, così si riaddormentò e cominciò a volare nei sogni dei bambini, giocando con loro e portando tanta felicità.
    Dopo molti anni i bambini diventarono grandi e non lo sognavano più, così Pigrotto decise di ritornare sulla Terra da sua madre.
    Da quel giorno Pigrotto ritornò l’orsacchiotto assonnato di sempre.

    (Ileana Pupillo)



    ATTUALITA’


    L'addio a Valeria Solesin, papa':'Esempio di giovani che non si arrendono'.

    Venezia ha dato l'ultimo saluto alla giovane ricercatrice uccisa negli attentati di Parigi. Il presidente della comunita' islamica di Venezia: 'Non uccisa per nostro Dio'. "Valeria è come se fosse una nostra figlia. Siamo presenti oggi per dire che non è stata uccisa in nome del nostro Dio ne in nome della nostra religione, ne in nostro nome". Lo ha detto il presidente della comunità islamica di Venezia, Mohamed Amin Al Ahdab, mentre si sta recando in Piazza San Marco dove si celebreranno tra poco i funerali di Stato di Valeria Solesin. "Siamo presenti in piazza in questo funerale - ha aggiunto - per stare vicini, per solidarietà, per condividere con la città amori e dolori. Questo è un fatto che ci addolora veramente tantissimo".

    Padre, esempio giovani che non si arrendono - ''Qualcuno ci ha detto in questi giorni che la nostra famiglia ha rappresentato un esempio di compostezza e dignità quasi che noi potessimo significare un esempio per molti. Se questo e' appena lontanamente vero, dico che questo era dovuto e dedicato a tutte le Valerie e Andrea che lavorano, studiano, soffrono e non si arrendono''. Lo ha detto il papà di Valeria Solesin, Alberto, parlando durante i funerali della figlia.

    Striscione in piazza, 'angelo nel cielo' - Sui pennoni davanti alla Basilica di San Marco, in piazza a Venezia dove a breve si terranno i funerali di Valeria Solesin, sono esposte a mezz'asta il tricolore italiano e la bandiera europea. Mentre sulle transenne della piazza è stato esposto un grande striscione bianco con la scritta 'Ciao Valeria, figlia nostra angelo nel cielo'. I lati a sinistra e a destra della Basilica rimangono per ora allagati dalla marea e questo sta rallentando l'afflusso delle persone che parteciperanno alle esequie.Piazza presidiata da forze ordine - Piazza San Marco - dove si attende l'inizio dei funerali di Valeria Solesin - è presidiata da un folto cordone di forze dell'ordine. La situazione sul fronte della sicurezza appare del tutto tranquilla. Uomini di polizia e carabinieri spuntano anche dai tetti dei palazzi dell'area Marciana, per controllare la zona dove si terrà la cerimonia funebre. L'accesso all'area di San Marco è regolato da stretti varchi nei quali gli uomini della sicurezza controllano l'afflusso delle persone utilizzando anche i metal detector.
    Funerali Valeria: Hollande vicino famiglia e Italia - ''Condivido il dolore della famiglia, famigliari e di tutta l'Italia. Valeria era venuta da noi in Francia per amore della vita e della cultura e ha trovato la morte sotto il fuoco dei terroristi''. E' il messaggio del Presidente Francoise Hollande letto durante i funerali di valeria Solesin.
    Patriarca, vostra cultura ci fa inorridire - "La vostra cultura ci fa inorridire ma non ci intimidisce. Ci sgomenta perché indegna dell'uomo, ma ci fortifica nell'opporci ad essa con ogni nostra forza sul piano culturale, spirituale, umano". Lo ha detto il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ai funerali di Valeria Solesin. "In nome di Dio - ha detto - cambiate il vostro modo d'essere. Iniziate dal cuore. Abbiate questo coraggio". "Ciascuno di noi è qui con la sua storia, le sue idealità, il suo credo religioso o di vita ma tutti insieme vogliamo dare a Valeria, cittadina di Venezia e del mondo, l'ultimo saluto", ha detto poi il Patriarca Moraglia. "Increduli per quanto l'irrazionalità dell'odio ha compiuto a Parigi - ha aggiunto Moraglia - oggi ci troviamo riuniti in questa Piazza e sullo sfondo c'è la Basilica, entrambe intitolate all'evangelista Marco. Piazza e Basilica sono simboli universali di Venezia, città-ponte tra culture differenti e differenti popoli". "Carissima Valeria, il pensiero, dopo che alla tua umanità generosa, intelligente e volitiva - ha proseguito - va alla tua famiglia, in particolare a mamma Luciana, a papà Alberto, a Dario e Andrea. Ci siete diventati cari e ci spiace non potervi aiutare come vorremmo. La vostra dignità ci sorprende e fa riflettere". "Carissima Valeria, l'ultimo pensiero è per te. Ci lasci come tuoi valori il tuo impegno nello studio e nel volontariato, il tuo desiderio di spenderti per una società più giusta - ha concluso Moraglia -. E in questo momento di commiato, ti offro insieme alla Chiesa che è in Venezia, con tutte le confessioni cristiane presenti in questa città unica e universale, l'umile gesto della nostra preghiera e la benedizione del Signore come è stata richiesta".

    Rabbino, i giusti non muoiono mai - "Le parole che hai sentito, Valeria, ti accompagneranno nella tua vita eterna. Noi pensiamo che i giusti non moriranno mai". Lo ha detto Scialom Bahbout,rabbino capo di Venezia nel suo intervento al funerale civile di Valeria Solesin la veneziana uccisa dai terroristi a Parigi. "Potrai essere un grande esempio per noi - ha aggiunto -, il mondo è stato creato per persone come te che vogliono condividere il bene ricevuto". "Tu avresti potuto essere - ha aggiunto - un dei leader che possono cambiare il mondo".

    Ucoii, Mattarella ci ha detto"insieme si batte paura" - Bisogna andare avanti insieme, uniti perche' ''insieme si può vincere la paura ed il terrorismo''. E' la frase che il Presidente sergio Mattarella, ha riferito il presidente dell'Ucoii, Izzeddin Elzir, ha rivolto ai rappresentanti delle comunità islamiche salutati in Piazza San Marco al termine dei funerali di Valeria Solesin.

    Padre, nostra compostezza atto dovuto - "Se è lontanamente vero quello che è stato detto in questi giorni che la nostra compostezza è stata un esempio per il Paese, ciò era un atto dovuto". Lo ha detto il padre di Alberto Solesin prendendo la parola in piazza San Marco nel corso della cerimonia laica in ricordo della figlia. Alberto Solesin ha poi voluto ringraziare l'ambasciatore italiano a Parigi e l'unità di crisi della Farnesina per l'aiuto prestato alla famiglia e "la vicinanza umana".

    Amici seguono funerale con rosa bianca - Qualcuno attende, all'ingresso della zona delimitata dalle transenne, con una rosa bianca in mano, qualcuno si confonde in mezzo alla folla di gente comune, alcuni dei quali giunti a Venezia da lontano, come ad esempio da Napoli: gli amici di Valeria Solesin accorsi in Piazza San Marco per i funerali della ricercatrice veneziana uccisa a Parigi, sono però d'accordo che quella odierna non è la giornata adatta per rilasciare dichiarazioni. E' il silenzio, nella piazza blindata, dove l'acqua alta defluisce lentamente, il fattore comune, tra la folla accorsa per le esequie civili di Valeria.
    (Ansa)





    La Terra ha 'capelli' di materia oscura.

    Sono lunghi fino a un milione di chilometri. La Terra ha lunghissimi 'capelli' fatti di materia oscura. La materia invisibile che occupa quasi il 27% dell'universo investirebbe costantemente il nostro pianeta, così come tutti gli altri corpi celesti, attraversandone il nucleo e producendo lunghissimi filamenti. Lo indica la simulazione pubblicata sull'Astrophysical Journal e condotta nel Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa dal gruppo di Gary Prézeau.

    Secondo la simulazione ogni volta che attraversano il nucleo della Terra, le particelle che costituiscono la materia oscura, la cui natura è ancora del tutto sconosciuta, si addenserebbero in 'radici' che progressivamente si assottigliano in filamenti lunghi fino a un milione di chilometri.

    I capelli fatti di questa materia misteriosa avrebbero anche dei nodi che si formerebbero quando la materia oscura attraversa gli strati della Terra che hanno densità diverse, dal nucleo interno a quello esterno, fino al mantello e alla crosta. La differenza nella densità di questi strati si rifletterebbe nella struttura dei filamenti.

    Se si potessero osservare i nodi di materia oscura, le loro caratteristiche potrebbero raccontare come è fatta la struttura interna di altri pianeti. Purtroppo però questo è ancora impossibile perchè la materia oscura non è mai stata osservata direttamente. Secondo i fisici è fatta di particelle fredde e oscure, che non emettono luce e neanche interagiscono con essa.
    L'unica spia della sua presenza è nella gravità che esercita sulla materia ordinaria, cioè quella che vediamo e di cui siamo fatti anche noi essere umani e che costituirebbe appena il 5% del cosmo; il restante 68% sarebbe costituito da energia oscura, che si pensa sia il motore dell'accelerazione dell'espansione dell'universo. Secondo i calcoli e le simulazioni fatti negli ultimi dieci anni, nella Via Lattea ci sarebbero flussi di materia oscura che si muovono alla stessa velocità della nostra galassia. ''Un flusso può essere molto più grande del Sistema Solare, e ci sono molti flussi che passano nelle nostre vicinanze'' ha detto Prézeau. Ed è quando una di queste 'correnti' attraversa un pianeta come la Terra che, secondo la simulazione, le particelle si concentrano in filamenti sottilissimi e molto densi, simili a capelli.
    (Ansa)





    Bruxelles, la polizia ringrazia i gattini su Twitter.

    Croccantini per aver oscurato informazioni sensibili sul social. Una foto di croccantini in una ciotola della polizia federale e la scritta "Per tutti i gatti che ci hanno aiutato ieri...servitevi!": è il tweet di ringraziamento dell'account ufficiale della polizia federale belga a tutti gli utenti che ieri notte, postando foto di gatti durante le operazioni delle forze speciali, hanno 'disturbato' il flusso di informazioni che rischiava di essere di aiuto ai terroristi in fuga.

    In due tweet la polizia belga, in azione a Bruxelles per una vasta operazione antiterrorismo, aveva chiesto a tutti di restare calmi e di seguire rigorosamente le istruzioni delle forze dell'ordine". Successivamente la polizia aveva chiesto ai media di non comunicare informazioni sui luoghi dove si stavano svolgendo le operazioni.

    Per tutta risposta, centinaia di foto di gatti sono state postate dai belgi su Twitter, compreso l'account del principale quotidiano Le Soir, per intasare il flusso di notizie sui movimenti della polizia durante la maxiretata scatta in serata in Belgio.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte II




    locandina


    Un film di Francis Lawrence. Con Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Julianne Moore, Wes Chatham, Elden Henson.



    Si conclude la saga più importante dei nostri anni, capace di ribaltare il rapporto tra sessi e rappresentare le contraddizioni moderne: il miglior romanzo di formazione per le ragazze contemporanee.
    Gabriele Niola


    La resistenza si sta facendo sotto. I distretti ribelli sono ormai tutti riuniti sotto un'unica bandiera, quella dei ribelli, e sta per iniziare la marcia verso Panem, prenderla equivale a destituire il regime. Katniss è l'arma numero uno della resistenza, non per le sue doti di stratega o per la sua abilità sul campo, ma per la sua immagine. Prima sfruttata come volto simbolo dell'intrattenimento e della distrazione di massa, ora è invece diventata il corpo della ribellione, l'unica a cui la massa dia ascolto, l'unica a cui tutti credano anche se la sua immagine è stata continuamente manipolata. Per questo motivo decide di abbandonare i ribelli (che non sono meglio del regime) e di cercare di trovare la sua vendetta e uccidere il presidente Snow da sola. Ora tutti la vogliono morta però: la vuole morta Peeta, che ha subito il lavaggio del cervello; la vuole morta il presidente Snow; la vuole morta la resistenza, perché diventerebbe un martire e unirebbe ancora di più le truppe.
    Dopo quattro film si chiude la saga di Hunger Games e la chiusa è, una volta tanto, una conclusione impeccabile e rispettosa delle domande e dei problemi che tutta la saga ha sollevato rispetto alla realtà che vivono i suoi spettatori (in linea di massima compresi tra i 13 e i 30 anni). La storia di Katniss Everdeen rispecchia il miglior romanzo di formazione possibile per le ragazze contemporanee, un romanzo che le mette in guardia e le prepara al vero terreno di negoziazione dell'età contemporanea, quello dell'immagine.
    Che tutta la saga sia un ribaltamento dell'action movie di fantascienza classico è evidente fin dall'inizio, dalla maniera in cui la protagonista non combatte sul terreno degli uomini ma anzi sposta il conflitto su dinamiche, idee e strumenti propri dell'universo delle ragazze. Il suo miglior aiutante è uno stilista; sono i suoi abiti a determinarne il successo; è la treccia che porta sempre il dettaglio che prima di tutti si diffonde tra il pubblico e la fa individuare come un nemico del potere. Infine qui sono i vestiti a salvarla anche fisicamente. Katniss combatte prima di tutto con la propria immagine e poi con le frecce, perché, dice Hunger Games, il corpo della donna è l'arma più potente e pericolosa, l'oggetto desiderato da tutti, a cui tutti vogliono dare un significato proprio. Katniss lotta per salvare il suo amore (Peeta, di fatto sempre in pericolo, sempre bisognoso di essere protetto o salvato da qualcosa) e per essere autonoma; che quest'autonomia passi per un percorso di liberazione dai "partiti", dalle "fazioni" e da qualsiasi aggregato ideologico è solo un segno dei tempi. In Il canto della rivolta - Parte II la resistenza non si rivela migliore del regime e non c'è alcun valore per il quale si batta la protagonista, se non per difendere il diritto di non essere usata.
    Diretto con molta più concretezza rispetto ai precedenti due capitoli, quest'ultimo film rifiuta qualsiasi idea di eroe predestinato o di gloria: non ci sarà nessun finale epico per Katniss, anche questo in controtendenza con qualsiasi narrazione adolescenziale. Nella grande chiusa la protagonista si dimostrerà più nichilista che mai.
    È qui decisamente evidente come dietro questa saga ci sia molto più di quel che siamo abituati ad aspettarci dal cinema hollywoodiano di immenso incasso, dalle grandi saghe e dai film di intrattenimento. Nonostante le più consuete trovate finalizzate ad un'azione molto semplice e basilare (un filo di simil-morti viventi, un po' di scene grandiose ed esplosioni clamorose non si negano a nessuno con quei budget), in Il canto della rivolta - Parte II finalmente tornano a battere una testardaggine ed un'ostinazione arrogante nel portare avanti le proprie idee che non vedevamo dal primo film. La forza con cui si batte contro tutte le persone che vogliono impadronirsi della potenza dell'immagine del suo corpo è esemplare di un universo in cui l'immagine fissata (foto come video) diventa centrale nella costruzione dell'identità individuale. E in Hunger Games qualsiasi ripresa mente: non c'è video di repertorio o immagine filmata che i protagonisti guardano che non dica il contrario di quel che è accaduto realmente.
    A contribuire a rendere questa saga un perfetto manuale di umanità di questi anni ovviamente è Jennifer Lawrence, molto più determinante di attori decisamente più navigati (Julianne Moore, Woody Harrelson o Philip Seymour-Hoffman). Il suo è un personaggio spinoso perché costantemente antipatico, brusco, scontroso e depresso, non ha gioia nè vuole piacere (ma piace, piace a tutti nel film e fuori dal film), eppure la Lawrence ha un'intima onestà sentimentale che colpisce. Quest'attrice in grado di mettere in mostra capacità impressionanti anche su testi molto semplici come quelli di Hunger Games rende complessa qualsiasi cosa. Si guardi solo la prima scena, in cui le viene controllata la gola dopo che la persona a cui più tiene ha tentato di strangolarla: senza parlare, con un'espressione sola e unicamente ritraendosi riesce a trasmettere una concreta impressione di paura indotta da un trauma in maniera personale, come se fosse la prima a farlo nella storia del cinema. Questo genere di complessità, spalmata per tutti i 4 film, fa sì che la saga possa compiere il salto definitivo e riesca a rendere umane e concrete tutte le sue idee.




    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    « Ci sono due motivi perché la guardo in questa maniera..
    uno perché tra qualche minuto lei sarà ufficialmente
    l'unico superstite di quel treno,
    l'altro è perché lei non si è fatto neanche un graffio. »
    (Il dottore rivolgendosi a David Dunn)

    Unbreakable - Il predestinato


    Titolo originale Unbreakable
    Paese di produzione Stati Uniti
    Anno 2000
    Durata 106 min
    Colore colore
    Audio sonoro
    Genere thriller
    Regia M. Night Shyamalan
    Soggetto M. Night Shyamalan
    Sceneggiatura M. Night Shyamalan
    Produttore M. Night Shyamalan
    Distribuzione (Italia) Buena Vista International Italia
    Fotografia Eduardo Serra
    Montaggio Dylan Tichenor
    Musiche James Newton Howard
    Scenografia Gretchen Rau

    Interpreti e personaggi

    Bruce Willis: David Dunn
    Samuel L. Jackson: Elijah Price
    Robin Wright Penn: Audrey Dunn
    Spencer Treat Clark: Joseph Dunn
    Michael Kelly: Dottor Dubin
    Eamonn Walker: Dottor Mathison

    TRAMA


    David è un giovane indistruttibile, passato indenne attraverso diversi incidenti di macchina e di treno. Elijah, invece, è nato con gravi malformazioni agli arti superiori ed inferiori che lo costringono a vivere la propria esistenza su una sedia a rotelle. Patito di fumetti, Elijah crede che il mondo viva in una sorta di equilibrio universale e che David sia un supereroe.

    ...recensione...



    Elementi caratte-
    rizzanti la poetica di "Unbrea-
    kable" sono gli sguardi dei bambini. Il primo in assoluto durante i titoli di testa: sul treno da New York a Filadelfia abbiamo una bambina che guarda il protago-
    nista della storia, David Dunn, in una soggettiva che corrisponde linearmente a quella del regista e dello spettatore. Il secondo sguardo lo producono i due bambini, durante una delle ultime sequenze del film, salvati da Dunn - che ha ormai preso coscienza di essere dotato di poteri eccezionali - da un assassino di famiglie. Qui lo sguardo dei bambini è duplice: prima nei confronti dell'uomo che li ha salvati e poi dopo averlo a loro volta aiutato a uscire dalla piscina piena d'acqua, dove Dunn era stato gettato dal cattivo antagonista. E' uno sguardo frontale quello dei due bambini, la cinepresa è alla loro altezza, con il dettaglio delle gambe di Dunn, ripreso di spalle, in una visione metonimica della grandezza del supereroe che si erge a difesa dei deboli. Il terzo sguardo è quello del figlio di Dunn che (stra)vede per il suo papà, in una moltiplicazione del senso di emulazione dei figli nei confronti dei padri, come modello di perfezione da raggiungere a ogni costo.
    Shyamalan vuole mostrare allo spettatore, con una precisa messa in quadro del protagonista, il punto di vista dei bambini fatto di meraviglia, curiosità, emozione, speranza, attesa. E, in un'ottica freudiana, assistiamo a una sovrapposizione dello sguardo dell'artista che, per essere tale e creare stupore, deve conservare il fanciullo dentro di sé. E' un patto scopico quello che l'autore chiede allo spettatore: perché ti racconti della nascita di un supereroe, alla scoperta dei poteri e del suo destino, devi possedere lo sguardo innocente di un bambino.
    "Unbreakable", nel suo farsi discorso filmico, narra in modo lineare - con una sceneggiatura esplicita ed ellittica - l'idea che i fumetti siano una sorta di grande narrazione popolare di miti moderni e, come tutti i miti, hanno alla base delle verità, delle intuizioni sulla realtà. Quindi, ci deve essere per forza qualcuno che ha delle doti eccezionali sia nel bene sia nel male. È così che la pensa Elijah Price (un disturbante Samuel L. Jackson): nato con un difetto genetico che rende le sue ossa fragili - e fin da bambino viene chiamato dai coetanei l'Uomo di Vetro - Elijah pensa che, all'opposto di una parabola immaginaria in cui lui sia presente in un punto, possa esistere una persona indistruttibile. Lo trova nell'unico sopravvissuto di un disastroso incidente ferroviario, un uomo mite, sposato, con un figlio, che lavora nella sicurezza di uno stadio di football.
    La mitopoiesi messa in atto da Shyamalan è rapida e fatta di scene metoni-
    miche che rafforzano lo sviluppo dramma-
    turgico, con un prologo (la nascita dell'Uomo di Vetro), una prima parte (l'identificazione di Dunn da parte di Elijah come possibile persona dotata di superpoteri) una seconda parte (presa di coscienza da parte di Dunn) e un epilogo (un finale a chiave che dona una prospettiva e una rilettura istantanea di tutto il film, caratteristica di gran parte delle opere del regista indoamericano, come "Il sesto senso" o "The Village").
    Ma se i fumetti sono la rappresentazione di una mitologia moderna, Shyamalan mette in scena l'atto della creazione del mito e lo trasfigura. In realtà, il cosiddetto supereroe non è altro che un padre di famiglia che attraversa una crisi con la moglie, sostanzialmente triste per la vita che conduce, un appartenente alla working class americana che non si sente realizzato, come milioni di persone comuni con lavori comuni. I superpoteri sono una metafora della forza che dimora dentro ognuno di noi nell'affrontare i pericoli e le fatiche quotidiane e Dunn rappresenta l'icona dell'uomo comune, dove l'indistruttibilità è trascendente rispetto alla forza di spirito e di sopravvivenza di qualsiasi persona.
    Inoltre, Dunn ha il dono di percepire il male nelle persone con cui entra in contatto: nella bellissima sequenza girata nell'atrio della stazione ferroviaria, il padre di famiglia letteralmente vede con il semplice tocco della mano - in flashback esplicativi - i peccati più o meno gravi compiuti dalle persone. Il protagonista di "Unbreakable" guarda il male come in una sequenza di un film proiettato nella sua testa, in un'identificazione con lo Spettatore che guarda le immagini filmiche all'interno delle sala cinematografica: un gioco di rimandi visivi dove il Mito del Fumetto entra ed esce dal Mito del Cinema. (Antonio Pettierre, www.ondacinema.it)


    "Quanti giorni della tua vita sei stato malato?". E' da questa domanda che parte il tormentato percorso interiore di David, guardia giurata ed unico superstite illeso di una strage ferroviaria dove sono morte centinaia di persone. Ad insinuare in lui il dubbio è Elijah, mercante d' arte "fumettaria" affetto da osteogenesi imperfetta, malattia genetica che lo condanna ad avere una struttura ossea molto più fragile del normale. I due sono tanto agli antipodi - uno indistruttibile e l' altro soprannominato uomo di vetro - quanto legati indissolubilmente come un eroe con la sua nemesi. Entrambi sono alla ricerca di un posto nel mondo, tentano di trovare una ragione alla propria esistenza e, nonostante il loro graduale ma intenso confronto si ammanti di mistero e soprannaturale, il loro disperare è terreno, inequivocabilmente umano. Lo spunto è folgorante, non c' è che dire, il cinema di Shyamalan è da sempre caratterizzato da idee degne di questo nome, sia nelle storie che nella loro messa in scena e "Unbreakable" non è certo un' eccezione. Girato con splendide intuizioni di regia, come la sequenza sul treno con la camera che s' insinua fra i sedili o quella dell' impresa eroica con l' inquadratura fissa sulla tenda mossa dal vento, questo "predestinato" è un film intenso, dal lento ma inesorabile incedere che sfiora argomenti come malattia, emarginazione e follia ma che si concentra soprattutto sui concetti di bene e male e sulla loro naturale contaminazione e connivenza. Per valorizzare ciò, il regista adotta un' impostazione fumettistica, sia nei contenuti che negli effetti visivi, giocando molto con colori intensi (il verde associato all' eroe ed il viola al cattivo) ma anche con luci ed ombre ed avvalendosi di una fotografia più che funzionale allo scopo. Convincente poi la scelta degli interpreti che contrappone un giustamente incredulo Bruce Willis ad un follemente angosciato Samuel L. Jackson. Facile che questa pellicola possa comunque essere addittata come una semplice favoletta fine a sè stessa ma la componente realistica non è mai stata il pezzo forte di Shyamalan ed i suoi sottotesti sono molto più efficaci di tanti altri film di denuncia o presunti tali.
    (Stuntman Miglio, www.filmtv.it/)

    (Gabry)





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    La musica del cuore


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    foto:gliamantideilibri.it


    I Grandi Cantautori Italiani


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    Bruno Lauzi



    Bruno Lauzi, nato all'Asmara l'8-8-1937 ma cresciuto a Genova, è ritenuto con Umberto Bindi, Gino Paoli e Luigi Tenco uno dei fondatori della cosiddetta "scuola genovese" da cui nacque la canzone moderna italiana ed il cantautorato.

    Ha conosciuto e condiviso insieme al suo amico e compagno di banco Luigi Tenco al Ginnasio "Andrea Doria" la passione per i films musicali e per il jazz: con Luigi - siamo all'incirca nel 1953 - faceva parte della stessa "band", la "Jelly Roll Morton Boys Jazz Band ". Nello stesso periodo i due iniziano a scrivere canzoni sotto la guida di Gianfranco Reverberi e di Giorgio Calabrese. Dopo il '56, trasferitosi a Varese, conosce e collabora con Piero Chiara (di cui corregge le bozze dei primi libri) alla nascita del quindicinale politico liberale "L'Altolombardo"; scopre la canzone francese di Brassens, Brel, Aznavour ed inizia il suo percorso (mentre ancora studia Legge alla Statale di Milano) componendo il brano che darà l'impronta a tutta la sua produzione artistica futura: "Il poeta".
    Si diploma in inglese alla Scuola Interpreti di Milano che raggiunge quotidianamente viaggiando sul treno che da Varese porta a Milano assieme a studenti ed operai (non prenderà mai la patente...!). Sono gli anni del boom economico e contemporaneamente del fenomeno dell'emigrazione; da questi treni Bruno vede scendere famiglie di emigranti arrivate al Nord col miraggio del lavoro: nasce così "La donna del Sud" mentre vince nel frattempo due concorsi nazionali di traduzione, ma abbandona coraggiosamente a due esami dalla laurea la Facoltà di Legge, decidendo di dare alla sua vita una ormai irrinunciabile svolta artistica. In quel periodo compone "Ritornerai"e con questo brano cominciano ad arrivare i primi riconoscimenti.
    A Milano inizia a frequentare e conoscere l'ambiente artistico di quegli anni, dai Gufi ad Enzo Jannacci e a lavorare al mitico "Derby" di Milano, il locale del cabaret degli anni sessanta assieme a Cochi e Renato, Felice Andreasi e Lino Toffolo: il suo successo come autore, cantante ed interprete comincia a diventare sempre più importante; inizia così la sua vera attività artistica che comincia ad impegnarlo in concerti e tournee internazionali fra le quali anche una insieme con Mina.
    Alla fine degli anni Sessanta Bruno Lauzi conosce e diventa amico di Lucio Battisti che gli propone di entrare nella sua casa discografica, la "Numero Uno": inizia una proficua collaborazione col duoBattisti-Mogol che Bruno suggellerà portando al successo, come interprete, brani storici quali "E penso a te", "L'aquila" e "Amore caro, amore bello", con il quale raggiunge il primo posto in hit parade: vince vari premi della critica discografica con canzoni cantate da lui o scritte per altri quali "Lo straniero" per George Moustaki, "Quanto t'amo" per Johnny Halliday, "L'appuntamento" per Ornella Vanoni, "Piccolo uomo" per Mia Martini incontrando artisti internazionali come Vinicius De Moraes , Toquinho, Petula Clark, Dionne Warwick,Tony Bennet, Peter Ustinov, Gabriel Garcia Marquez,Serge Reggiani, scrive canzoni per bambini tra le quali"La tartaruga", e"Johnny Bassotto" ed inizia a collaborare praticamente con tutti gli artisti nazionali, tenendo, tra gli altri, a battesimo "sconosciuti" come Edoardo Bennato, Roberto Vecchioni, i Gatti di Vicolo Miracoli.

    Collabora con i fratelli La Bionda (per un periodo suoi chitarristi nei concerti dal vivo) ed è il primo tra i colleghi ad ospitare in televisione Baglioni e, forse, l'unico con Mina ad avere Battisti in un suo "speciale"televisivo. Sempre in quel periodo nasce una sincera simpatia personale con il suo avvocato di allora, un certo Paolo Conte, che gli fa ascoltare su un vecchio "mangiacassette"un brano ("Onda su onda") di cui subito Bruno s'innamora portandolo al successo. Sarà poi la volta di brani come"Genova per noi"e"Bartali" tanto che lo stesso Conte ebbe a definirlo "grande ambasciatore della mia musica"... Incide "Angeli" con Lucio Dalla, "Naviganti" con Ivano Fossati, "Maria dei parafulmini" con Ron ed il figlio Maurizio fino ad ospitare Paolo Conte al vibrafono nel proprio disco "Back to jazz". Vince il premio della critica nel 1989 al Festival di Sanremo con il brano "Almeno tu nell'universo" scritto con Maurizio Fabrizio magistralmente interpretato da Mia Martini.

    Decide di diventare discografico ed editore di se stesso: fonda una propria casa editrice che chiama significativamente ”Pincopallo” e, sempre con Maurizio Fabrizio, dà alla luce nel 1992 uno degli album più significativi della sua carriera “Il dorso della balena”.
    Pubblica due volumi di poesie: "I mari interni" edito da Crocetti Editore nel 1994 e "Riapprodi" edito da Rangoni Editore nel 1996, riuniti più tardi in un unico volume dal titolo "Versi facili", Edizioni Marittime dello stesso Lauzi.
    Diceva Bruno di sé: “alla tenera età di 63 anni amo definirmi un cantante, compositore, autore di testi, cabarettista e poeta e gran cercatore di funghi…”
    Nel tempo libero trova il tempo di occuparsi inoltre, di politica, giornalismo ed enogastronomia, tanto da arrivare assieme alla moglie Giovanna e su suggerimento del grande Giacomo Bologna a produrre un Barbera denominato “La Celesta” che Veronelli ebbe a definire "grande vino" ottenuto con le uve raccolte dai vigneti della propria cascina, nell’amata Rocchetta Tanaro.
    All’inizio degli anni 2000 Bruno Lauzi si ammala, fortunatamente in forma non grave, del morbo di Parkinson, e come confidava lui stesso "comincio a temere che il tempo a mia disposizione possa cominciare a scarseggiare" La sua vita artistica subisce così un’improvvisa accelerazione e si moltiplicano attività ed iniziative in più direzioni: riprende a pubblicare per la propria etichetta, la Pincopallo, una nuova serie di album che ne testimoniando così la vitalità dirompente del suo estro creativo: ”Una vita in musica”, ”Omaggio alla città di Genova”, “Omaggio al Piemonte”,
    “Tra cielo e mare: la Liguria dei poeti”, “Back to Jazz”, e per altre case discografiche escono “Il manuale del piccolo esploratore”e “Nostaljazz”. Nel frattempo pubblica il secondo volume di poesie “Esercizi di sguardo”edito da Edizioni Marittime, libro che si impone all’attenzione della critica e di poeti quali Nico Orengo, Giuseppe Conte ed Elena Bono, ma soprattutto commuove il grosso pubblico. Una delle liriche ivi contenute, dedicata allo sfarfallìo della mano colpita dal morbo “ La Mano”, diventa un gadget per la raccolta di fondi a favore della ricerca scientifica sul morbo di Parkinsone pubblica il volume ”Poesie contromano”, un omaggio alla sua calligrafia scomparsa…
    Gira il cortometraggio “Ora dicono fosse un poeta” coaudiuvato dall'amico Felice Andreasi, e che ottiene vari riconoscimenti dalla critica, vincendo, tra l'altro, alcuni premi della tra i quali citiamo quello del Festival di Bellaria.
    Scrive un musical con Gianfranco Reverberi “Una volta nella vita” che diventerà testo scolastico per le scuole di musical. Rinfrancato dal giudizio positivo di esperti del settore (Garinei stesso si complimenta con Bruno), scrive una nuova commedia musical con Pippo Caruso “Donna Flor”, rinnovando fra i due le sintonie e la stima di sempre.
    Diventa testimonial dell’AIP (Associazione Italiana Parkinson) contribuendo con diverse iniziative alla raccolta fondi per la ricerca.
    Una nuova terribile malattia mina la salute e la vita di Bruno che nel 2005 che trova l’energia per far scrivere chi curava e tuttora cura questa breve biografia: “Come massimo segno di fortuna e dopo non poche vicissitudini, attraverso i buoni uffici dell’amico Franco Battiato, vede la luce a venti anni dalla prima stesura, il “non-romanzo” “Il caso del pompelmo levigato” che viene pubblicato da Bompiani Editore” e che Bruno amava definire “ piccolo trattato umoristico sul libero arbitrio ed altre arbitrarietà…”
    Nell’ultimo anno di vita Bruno Lauzi detta e fa pubblicare il suo libro autobiografico “Tanto domani mi sveglio” pubblicato da Gammarò Editore, realizza per RAI Trade l’album “Cioccolatino” e per l’Associazione Italiana Parkinson l’album “Ogni bambino è un miracolo in più”.
    Il Club Tenco di Sanremo con cui Bruno Lauzi, dopo un tormentato periodo, aveva nel 2001 ripreso un'intensa e affettuosa collaborazione, decide di dedicargli il massimo riconoscimento del Club, il Premio Tenco, in questo caso eccezionalmente dedicato a un cantautore italiano.
    Lauzi ne resta sorpreso e onorato ed è ormai consapevole della suo destino.
    Nello stile asciutto che gli è caro commenta: "Ho cominciato con Tenco, finisco con Tenco" suggellando così con disincantata lucidità il suo iter di uomo e di artista.

    Saranno la moglie Giovanna ed il figlio Maurizio a ritirare per lui il premio sul palcoscenico di Sanremo l' 11 Novembre 2006: nell’Ottobre del 2006, infatti, Bruno Lauzi si spegne lasciando un’eredità umana ed artistica di rara nobiltà.
    A noi, amici e collaboratori, non resta che raccogliere il testimone da lui lasciato e seguire il preciso progetto artistico e culturale da lui tracciato al quale stiamo lavorando.



    pubblicato da www.ildorsodellabalena.org




    Il poeta

    “Alla sera al caffè con gli amici
    si parlava di donne e motori
    si diceva ‘son gioie e dolori’
    lui piangeva e parlava di te.
    Se si andava in provincia a ballare
    si cercava di aver le più belle
    lui, lui restava a contare le stelle
    sospirava e parlava di te.
    Alle carte era un vero campione
    lo chiamavano ‘il ras del quartiere’
    ma una sera giocando a scopone
    perse un punto parlando di te.
    Ed infine una notte si uccise
    per la gran confusione mentale
    fu un peccato perché era speciale
    proprio come parlava di te.
    (parlato)
    Ora dicono, fosse un poeta
    e che sapesse parlare d’amore.
    (cantato)
    Cosa importa se in fondo uno muore
    e non può più parlare di te”.


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    'La Fifa chiede la squalifica a vita per Platini'.

    Conferma del legale del n.1 Uefa, lo indica la Commissione etica. Squalifica a vita: e' questa, fanno sapere i legali di Michel Platini, la sanzione chiesta dalla Commissione etica della Fifa per il presidente dell'Uefa, attualmente sospeso. L'avvocato Thibaut d'Ales ha detto che per Platini è stata sollecitata dalla camera istruttoria della Commissione la sanzione più severa.

    Il capo della commissione, Hans Joackim Eckert, aveva confermato ieri che Platini sara' sottoposto a giudizio entro la fine di dicembre. Stessa sorte per il presidente della Fifa Sepp Blatter, coinvolto con Platini nel caso del pagamento di due milioni di dollari effettuato nel 2011 dalla Fifa all'ex stella del calcio francese per delle consulenze fornite alla federazione internazionale una decina di anni prima. Entrambi sono stati sospesi in via cautelare per novanta giorni, provvedimento che per ora ha impedito a Platini di candidarsi alla successione di Blatter nelle elezioni del 26 febbraio prossimo ma il rischio, come ha confermato l'avvocato D'Ales, è quello di dover lasciare per sempre il mondo del calcio. Platini ha sempre rigettato le accuse di illecito, sostenendo di aver avuto un accordo verbale con Blatter per il pagamento delle sue spettanze.
    (Ansa)




    < Coppa Davis: finale Belgio-Gran Bretagna si svolgerà come previsto.
    Si giocherà nel weekend a Gand. Sicurezza rafforzata per rischio attacchi ma nessun cambiamento. La finale di Coppa Davis Belgio-Gran Bretagna, in programma da venerdì a domenica prossimi a Gand (Ghent), si svolgerà come previsto, pur tra misure di sicurezza rafforzate a causa dei rischi di terrorismo nel Paese. Lo ha assicurato la Federazione tennis internazionale (Itf). "L'Itf e la Reale Federazione belga di tennis (Rbtf), in consultazione con i funzionari competenti e con i nostri consiglieri per la valutazione dei rischi e la sicurezza, monitorano da vicino la situazione in Belgio e in particolare a Ghent. A tutt'oggi, non vi sono cambiamenti alla tabella di marcia annunciata in precedenza per la finale di Coppa Davis", afferma un comunicato. "Stiamo intraprendendo tutti i passi necessari per garantire la sicurezza delle squadre, degli spettatori, dei media e di tutti gli addetti", aggiunge l'Itf. E' arrivata intanto a Ghent la Nazionale britannica, che ieri aveva rinviato di un giorno la partenza. Tra le misure di sicurezza addizionali adottate, l'Itf cita il divieto di introdurre nel Flanders Expo, l'impianto in cui si svolgerà la sfida, borse e zaini, come pure cibi e bevande (generi di conforto saranno disponibili all'interno). La finale ha già fatto registrare il tutto esaurito: pertanto sul posto "non ci saranno biglietti in vendita e sarà proibito l'accesso a chiunque sia sprovvisto di tagliando". Il comunicato spiega che saranno strettamente controllati tutti gli accessi all'area e occorrerà più tempo del solito per entrare nell'impianto. I cancelli apriranno due ore prima dell'inizio del programma quotidiano. L'Itf invita infine gli spettatori provenienti dall'estero a informarsi presso i tour operator e le compagnie aeree e ferroviarie riguardo a eventuali cambiamenti negli orari e nelle procedure.
    (Ansa)




    Tennis: Djokovic pigliatutto, chiude con Finals 2015 eccezionale.
    Per il serbo 11 titoli e 5/o Masters: stagione migliore mia vita. "Non avrei potuto chiedere un finale di stagione migliore. E' stata una stagione lunga, la migliore della mia vita". E' raggiante, Novak Djokovic, dopo la vittoria contro Roger Federer che gli ha regalato il quarto titolo di fila - nessuno prima di lui era riuscito a conquistarlo -, il quinto in totale (con quello del 2008), alle Atp Finals, il Masters tra i migliori otto tennisti dell'anno. A 28 anni e mezzo esatti (è nato a Belgrado il 22 maggio 1987), Nole pigliatutto ha suggellato, con il successo nella 02 Arena di Londra, una stagione davvero eccezionale e pareggiato (22-22) il conto delle sfide con lo svizzero, vendicando la sconfitta di appena cinque giorni prima nella fase a gironi e avvicinandosi al suo record di titoli (6) nel torneo di fine anno.

    Nel suo splendido 2015, il fuoriclasse serbo ha disputato 16 tornei, raggiungendo negli ultimi 15 la finale e vincendone 11, che portano a 59 il totale dei titoli in carriera. L'unica finale mancata è stata a Doha in gennaio, quando il croato Ivo Karlovic lo ha fermato nei quarti ("è la mia nemesi, ho un record negativo con lui: dovrò parlargli prima di Doha l'anno prossimo...", ha scherzato). Ha vinto tre dei quattro Slam - Australian Open, Wimbledon, Us Open - e il Grande Slam gli è stato precluso dallo svizzero Wawrinka, che lo ha battuto in finale al Roland Garros. Ha vinto sei tornei Masters 1000 - un record - compresi gli Internazionali Bnl a Roma. Chiude l'anno con un bilancio vittorie/sconfitte straordinario: 82-6 (tre dei ko sono stati contro Federer: per il resto, oltre a Karlovic e Wawrinka, lo ha sconfitto solo lo scozzese Murray, in finale a Montreal). E, per la quarta volta negli ultimi cinque anni (2011, 2012, 2014, 2015) chiude la stagione come numero 1.


    Dopo il trionfo, il vincitore del Masters ha ringraziato la sua Jelena, che il 22 ottobre 2014 (il 22 dev'essere un numero fortunato per Nole) gli ha dato il primo figlio, Stefan: "Grazie alla mia meravigliosa moglie per ispirarmi ogni giorno, hai fatto di questo il migliore anno della mia vita", ha twittato. Obiettivi per il 2016? "Ogni anno il Roland Garros (unico Slam che manca al suo Palmares, ndr) è sempre una delle maggiori sfide per me, ma non è l'unica. Ci sono le Olimpiadi", ha sottolineato, assicurando: "Cercherò di fare bene come negli ultimi due anni, di dare il mio meglio negli eventi più importanti". "Ma per ora l'unica cosa a cui penso è riposarmi. Ho bisogno di un po' di tempo per ricaricare le batterie. Poi penserò alla mia prossima stagione", ha concluso.
    (Ansa)

    (Gina)



    SAI PERCHE'???




    Perché si dice… ”Rendere pan per focaccia”




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    La frase è riferita a chi ricambia con eguale o maggiore asprezza una offesa, un torto o un danno ricevuti.

    L’origine del motto è sconosciuta, ma già nell’antica Roma erano in uso similari sentenze come «Par pro pari referre», «Par pari hostimentum dare» o «Nulli nocendum: siquis vero laeserit, multandum simili iure». Il detto deriva probabilmente da una usanza dei viandanti medievali che portavano con sè un pane fatto con cereali poveri, anzichè con il frumento, poco lievitato, quindi duro ma facilmente trasportabile in quanto ammuffiva difficilmente e poteva essere inzuppato nelle varie zuppe preparate lungo il viaggio. Questi pani venivano cotti direttamente sulla brace e perciò chiamati focaccia (da focacius cotto sul fuoco) ed erano un prodotto molto meno pregiato del pane vero e proprio fatto con farina di frumento, quindi “rendere pan per focaccia” significa proprio ricambiare un torto.


    Si trova traccia di questo modo di dire già nell’antica Roma e nell’ottava novella del Decamerone dove la moglie di Zeppa dice alla moglie di Spinelloccio “Madonna, voi m’avete renduto pan per focaccia”.


    fonte:leonardo.it


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    LE STANZE DELLA FANTASIA.
    ANTONIO RUBINO E IL MONDO DELL’INFANZIA


    Dal 21 Novembre 2015 al 10 Gennaio 2016




    La mostra Le stanze della fantasia. Antonio Rubino e il mondo dell’infanzia è espressamente dedicata ai visitatori under 14. È "a misura di bambino" nel senso che intende fare capire all’odierno pubblico infantile cosa significò essere bambini nei due decenni centrali della prima metà del Novecento, per quelle generazioni che nacquero all’indomani della fine del primo conflitto mondiale e che entrarono nell’età adulta allo scoppio del secondo e vissero in prima persona i tragici eventi ad esso correlati.
    Le opere in mostra rappresentano quindi una selezione di ciò che accompagnò l’infanzia e la crescita dei bambini tra le due guerre mondiali, privilegiando quei materiali artistici intesi a stimolare la fantasia e la creatività, i sogni e le paure del pubblico infantile, con in più alcuni riferimenti alla propaganda del regime, ben consapevole di quanto l’educazione fosse importante nel forgiare il perfetto cittadino fascista.
    Un’ampia varietà di materiali artistici accompagnano le stanze di Antonio Rubino e "Pinocchio".
    Dal punto di vista grafico, le riviste e i libri portano le firme dei principali illustratori per l’infanzia dell’epoca.
    Se Rubino si impone ancora con alcune delle sue creazioni più celebri - l’indimenticabile Viperetta (1920), Re
    Bifè (1922), Bestie per bene e Caro e Cora (entrambi 1928 ca) - si segnalano almeno Bruno Angoletta, presente con "Giro Giro Tondo", il mensile e poi quindicinale fondato nel 1921 da Antonio Beltramelli per Mondadori e Duilio Cambellotti con I racconti di Sorella Orsetta (1920) di Térésah (pseudonimo di Corinna Teresa Gray Ubertis), il quale aveva una lunga esperienza nell’illustrazione per l’infanzia, avendo a lungo lavorato per le scuole dell’Agro Romano nel tentativo di strappare i figli dei contadini all’ignoranza e allo sfruttamento.
    E poi ancora giochi, pupazzi, tessuti e un’originale altalena per due di produzione cecoslovacca in tubolare di acciaio cromato e legno dipinto, in cui uno dei giochi più antichi e comuni viene reinterpretato e modernizzato alla luce dello stile funzionalista che allora si stava imponendo.
    La mostra, curata da Matteo Fochessati e Gianni Franzone, si avvale anche di alcuni prestiti provenienti dalla Galleria L’Image-Manifesti originali del XX secolo di Alassio e dall’Archivio Storico della Pubblicità di Genova.
    Si ringraziano Alessandro Bellenda, Francesco Calaminici e Anna Zunino per l’amichevole collaborazione.
    (www.arte.it)




    FESTE e SAGRE





    PERCHE' SI DICE...


    AD OVO


    Ab ovo è una frase latina che letteral-
    mente significa "dall'uovo", e quindi "da molto lontano", "dalle più remote origini".
    La frase risale ad Orazio, che nella sua Ars poetica avvisava di non mettersi a parlare della guerra di Troia cominciando appunto ab ovo, ossia di non prendere il discorso troppo alla lontana, ma di entrare subito in argomento. L'uovo in questione è quello generato da Leda dopo essere stata resa incinta da Giove sotto forma di cigno, dal quale nacquero da un lato i figli di Tindaro Castore e Polluce, e dall'altro Elena e Clitennestra.
    La frase nacque facendo riferimento anche ai pranzi degli antichi romani, che appunto iniziavano con le uova e terminavano con la frutta. L’espressione si ritrova anche nelle satire di Orazio, che parlando del sardo Tigellio incline a gorgheggiare,senza che vi fosse modo di farlo tacere, recita:
    "ab ovo usque ad mala"
    (dall’uovo fino alle mele, cioè dall’antipasto alla frutta)

    VOLI PINDARICI



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    Il volo pindarico è un modo di dire ricorrente nel linguaggio quotidiano.
    Trae spunto dalla letteratura greca ed in particolare da Pindaro il grande cantore greco nativo di Cinocefale, presso Tebe, nel 518 a.C., da una nobile ed agiata famiglia originaria della Beozia. Autore di importanti carmi epici, viaggiò a lungo e visse e scrisse per sovrani e famiglie importanti. Cantò, come negli Epinici i modelli di un ideale umano in cui si coniugavano bellezza e bontà, prestanza fisica e sviluppo intellettuale.
    I voli pindarici non sono che arditi passaggi, da un’idea che si va sviluppando ad un’altra completamente estranea al filo logico fino allora seguito.
    E’ difficile da spiegare, ma se ne può avere un’idea rileggendo i Sepolcri di Foscolo: là dove il poeta celebra le tombe dei grandi in Santa Croce a Firenze, e subito dopo, da un verso all’altro, “vola” altrove evocando la battaglia fra Greci e Persiani a Maratona.
    Può assumere un duplice senso negativo cioè divagare e "saltare da un argomento ad un altro senza logica. Viene attribuita a persone che tendono a proiettarsi in un mondo irreale, creativo, dunque a sé stante. Di base è un distacco dalla realtà contemporanea e il conseguente ingresso in un mondo ad essa parallelo, spesso dai contorni allucinogeni e fiabeschi dove regna una “sana” alterazione. È una sorta di “droga autofinanziata” dal nostro cervello, un viaggio nel subconscio. La missione del “volo” è quella di annientare gli influssi catastrofici e nefasti del mondo circostante. Un distacco dai propri doveri per approdare in un mondo fatto di ricordi, emozioni, sogni e aspirazioni.

    BACUCCO


    Le origini di “bacucco” sono due.
    Bacucco è una parola spregiativa con cui si intende una persona vecchia, che ha perso il lume della ragione e della sensatezza, di senilità balorda.
    La prima lo fa derivare da Hăbaqqūq (Abacuc), ottavo dei profeti minori della Bibbia vissuto prima del 606 a.C., che scrisse un libro (libro di Abacuc) in cui sono affrontati vari temi, trattando della giustizia divina e della fedeltà dell’alleanza che conduce alla salvezza ed alla teofania. I profeti sono figure tipicamente religiose, ispirate da Dio che parlano in suo nome, annunciandone la volontà e talvolta predicendo il futuro. In realtà nella Bibbia poco si dice su Abacuc - e in particolare non risulta che sia vissuto quanto i patriarchi millenari, né che con l'età fosse particolarmente "rincitrullito"; ma nell'iconografia, attraverso i secoli, Abacuc fu spesso raffigurato come un vecchione dalla lunga barba bianca, severo e pensoso come si addice ai profeti.
    Abacuc nella tradizione popolare è lo zuccone che è stato immortalato in una mirabile statua di Donatello, in marmo bianco conservata nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.

    Per altri invece “bacucco” deriva dal latino tardo “bacucei”, che significa “riparo” di frasche o altro, ma sempre in senso di riparo provvisorio. I francesi chiamano bache una tenda grossolana atta a riparare dalla pioggia; gli arabi definiscono bakok un panno da avvolgersi in testa, e anche nell’italiano antico “bacucco” definiva un panno messo in testa in modo da nascondere anche il volto.

    (Gabry)





    MUSICAL!!!




    West Side Story - 1961


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    West Side Story è un film del 1961 diretto da Jerome Robbins e Robert Wise, tratto dall'omonimo musical.
    Dopo 4 anni di successi e di repliche ininterrotte a Broadway, Robbins e Wise, superando non poche difficoltà, portarono sul grande schermo questo musical che contava già allora numerosissimi fans.
    Apparve chiaro sin dall'inizio, quindi, che il progetto risultava un grosso rischio, in quanto è da sempre improbo il tentativo di rappresentare un'opera teatrale in film. Il dubbio che avevano i due registi era quello di non essere in grado di riproporre con la stessa intensità e freschezza visiva l'atmosfera magica dei balletti e delle canzoni del musical.
    Nonostante questo, il film risulta a tutt'oggi uno dei più bei musical e, allo stesso tempo, uno dei capolavori di tutti i tempi nella storia del cinema, premiato con ben 10 Oscar e osannato da milioni di persone in tutto il mondo.
    È stato il primo film ad aver vinto un doppio Oscar al miglior regista. Inoltre, con i suoi 10 Premi Oscar, West Side Story è diventato il film musicale che ha avuto il maggior numero di Oscar, battendo Gigi (1958), che ne aveva ricevuti nove. Il film è restato in cartellone a Parigi per 249 settimane.



    Trama


    La storia, più volte rappresentata, è quella dell'amore contrastato di due ragazzi appartenenti a due mondi diversi: lei, Maria (Natalie Wood), sorella del capo-banda dei portoricani Sharks (Squali), e lui, Tony (Richard Beymer), ex-componente, pentito, della banda rivale dei newyorkesi anglosassoni Jets: una sorta di Romeo e Giulietta (di William Shakespeare) dei tempi nostri.
    Lo sfondo è quello dell'Upper West Side, un quartiere di Manhattan ricostruito dal vero per le strade stesse di New York, ma in due strade in via di rifacimento.
    Maria e Tony si incontrano durante un ballo, si innamorano, iniziano ad incontrarsi in segreto e progettano di fuggire insieme e di sposarsi.

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    Tuttavia le due bande rivali decidono di risolvere una volta per tutte le loro controversie e si danno un appuntamento notturno per suonarsele di santa ragione fino a che una delle due dovrà lasciare il campo all'altra. Per l'occasione Riff convince l'amico, con cui vive, Tony, ad unirsi eccezionalmente e per l'ultima volta, ai Jets. Durante lo scontro Riff (Russ Tamblyn), il capo dei Jets, viene ucciso da una coltellata e Tony, per vendicarlo, ammazza Bernardo (George Chakiris), capo degli Sharks e fratello di Maria.
    Quando Maria viene informata della morte del fratello da un componente della sua banda, Chino (Jose De Vega), chiede come sta Tony, tradendo così il suo amore per lui.
    Intanto i Jets progettano di vendicare Riff, ed iniziano a cercare Tony, che si è rifugiato in una drogheria.
    Anita (Rita Moreno), un'amica di Maria, per vendicarsi del tentativo di stupro ai suoi danni da parte dei Jets nella drogheria, afferma che Maria è morta, uccisa da Chino per gelosia verso Tony.
    Tony, allora, va a cercare Chino. Incontra Maria, ma mentre i due corrono l'uno verso l'altra, Chino appare e spara a Tony, che muore tra le braccia di Maria.

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    Maria allora afferra la pistola di Chino, accusa tutti quanti della morte di Bernardo, di Riff e di Tony, dicendo loro che sono stati uccisi dall'odio, prima che dalle armi.
    Arrivano la polizia e i componenti delle due bande, che insieme sollevano il corpo di Tony, decretando così la fine della loro rivalità.



    (Lussy)





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    foto:aquariuscom.it



    Salute e benessere


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    Terme di S. Vittore


    Un magnifico scenario naturale costituito dai monti rivestiti di pini e dagli alberi sempreverdi delle alture dell’Appennino Marchigiano fanno da sfondo ad un piccolo ma funzionale stabilimento termale, quello di S. Vittore di Genga, che utilizza acque sulfuree di ottima qualità terapeutica, probabilmente conosciute ed utilizzate già dalle popolazioni preistoriche che erano insidiate nella zona.

    Un po’ di storia

    Se è pressoché certo che i romani conoscessero le risorse termali di S. Vittore e utilizzassero le sue acque sulfuree a scopo terapeutico, alcuni rinvenimenti archeologici nelle Grotte dei dintorni fanno pensare che persino le popolazioni preistoriche che erano insediate nella zona ne fossero a conoscenza. Tuttavia un vero e proprio sfruttamento delle terme risale a tempi assai più recenti ovvero al 1922, l’anno in cui nacque un primo, piccolo stabilimento termale che trovò subito una numerosa utenza sia presso gli abitanti della Regione che del Centro Italia. La struttura attuale dello stabilimento termale risale invece al 1965, coincidendo con un totale riassetto ed ampliamento degli impianti. Un ulteriore rinnovamento della struttura data 2001, anno nel quale sono stati sistemati gli ambienti, sono state acquistate e impiantate nuove apparecchiature per il reparto inalatorio e della sordità rinogena, è stato creato il reparto pediatrico, sono state aggiunte nuove prestazioni terapeutiche, è stato computerizzato il processo di erogazione delle cure inalatorie e introdotto il sistema automatico di sanificazione degli apparecchi inalatori.


    Le acque

    L’acqua termale detta “San Vittore” è un’acqua di tipo minerale sulfurea-sodica lievemente radioattiva che sgorga dalla sorgente ad una temperatura di 13°C, dunque classificata come acqua fredda. L’alto contenuto di zolfo, ravvisabile attraverso il caratteristico odore di “uova marce”, la rende particolarmente adatta per la cura di patologie come le affezioni delle vie respiratore (affezioni otoiatriche, dell’apparato respiratorio e della sordità rinogena) e i reumatismi, ovvero la maggior parte delle affezioni reumo-artropratiche. Una relazione del Direttore dell’Istituto di Idrologia dell’Università di Pavia, Dott. Giannantonio Bocconi, a seguito di analisi delle acque, ha evidenziato che queste ultime sono in grado di stimolare il sistema nervoso parasimpatico, di provocare una vasodilatazione capillare locale e generale, di stimolare il sistema nervoso, di favorire la stimolazione cellulare nei processi riparatori ed immunitari e di proteggere il fegato dall'aggressione del tetracloruro di carbonio.

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    foto:benessere.com

    Lo stabilimento termale

    Lo stabilimento termale di S. Vittore di Genga utilizza l’acqua che sgorga dalla sorgente distante a circa 400 metri e che viene convogliata direttamente allo stabilimento, conservando quindi le sue proprietà legate allo stato originale di pressione e alla presenza di gas. All’interno dello stabilimento vi vengono praticate cure inalatorie, per la sordità rinogena, per la balneoterapia, la fangoterapia, la balneo-fangoterapia, la massoterapia e i trattamenti di estetica termale oltre a trattamenti riabilitativi per condizioni post-operatorie. Attrezzato per esami audiometrici ed impedenziometrici, con medici specialisti presenti in tutti i vari centri di cura, lo stabilimento è dotato anche di un reparto pediatrico completo.
    Annesso allo stabilimento termale, vi è l’albergo-ristorante “Terme S. Vittore”, le cui camere sono direttamente collegate ai reparti di cure mediante un ascensore.

    Turismo nei dintorni

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    foto:it.omnidreams.net/

    Un soggiorno alle Terme di S. Vittore non può essere disgiunto da una visita alle note Grotte di Frasassi che distano pochissimi chilometri dalla località. Si tratta di un sito speleologico di grande importanza scientifica la cui cavità più grande, la Grotta Grande del Vento è venuta alla luce piuttosto recentemente, nel 1971. Il percorso turistico, che comprende anche la visita alla Grotta del Fiume scoperta nel 1948, è di circa 2,5 chilometri ed offre uno spettacolo di straordinaria suggestione grazie alla quantità e maestosità delle stalattiti, delle stalagmiti, dei laghetti e delle concrezioni in formazione; da non perdere la pittoresca cappella di S. Maria infra Saxa, all’interno di una delle grotte.


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    foto:fotografieitalia.it


    La stessa località di S. Vittore delle Chiuse annovera uno dei più bei monumenti della ragione, la celebre Abbazia di S. Vittore, la cui costruzione è collocabile tra il X e l’XI secolo e la cui struttura romanica con intrecci bizantini si può oggi ammirare in tutta la sua maestosità grazie ad un restauro effettuato nei primi decenni del ‘900. Tra le altre attrazioni turistiche dei dintorni ci sono Sassoferrato, che presenta alcune aree archeologiche romane e pre-romane, Fabriano con il famoso Museo della Carta e della Filigrana ma anche con la Pinacoteca Civile e il Museo degli Arazzi, Matelica, Arcevia la cui struttura urbanistica medievale è in gran parte conservata, l’antico centro medievale Serra San Quirico e, per gli amanti del mare, Senigallia, nota per la sua “spiaggia di velluto”.


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    foto:fabrianoturismo.it/





    da:benessere.com

    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    « La geometria ha due grandi tesori: uno è il teorema di Pitagora;
    l'altro è la divisione di un segmento
    secondo il rapporto medio ed estremo.
    Possiamo paragonare il primo a una certa quantità d'oro,
    e definire il secondo una pietra preziosa. »
    (Keplero)

    LA SEZIONE AUREA


    La sezione aurea è un numero irrazionale, cioè un numero che ha infinite cifre dopo la virgola che non presentano alcuna struttura ordinata (periodica). Il numero 0.333333…, pur avendo infinite cifre dopo la virgola, non è un numero irrazionale perché presenta una struttura periodica: conoscendo un numero finito di cifre si possono prevedere le successive e dunque ricostruire e conoscere tutto il numero. Per i numeri irrazionali ciò non è possibile: per conoscere esattamente un numero come \Phi occorre calcolare una per una ognuna delle cifre che seguono la virgola ed essendo queste infinite il tempo necessario a fare ciò è un tempo infinito. Il valore numerico di \Phi, approssimato alla nona cifra dopo la virgola, è 1.618033989.
    Sia le sue proprietà artistiche e matematiche, che la frequente apparizione in svariati contesti naturali e culturali, apparentemente non collegati tra loro, hanno suscitato per secoli nella mente dell'uomo la conferma dell'esistenza di un rapporto tra macrocosmo e microcosmo, tra Dio e l'uomo, l'universo e la natura: un rapporto tra il tutto e la parte che si ripeteva all'infinito tra la stessa parte più grande e la più piccola, e così di seguito attraverso ulteriori suddivisioni. Diversi filosofi ed artisti sono arrivati a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e, in alcuni casi, a ricrearlo nell'ambiente antropico quale "canone di bellezza".

    ...nella storia...


    A Babilonia, alcune tavolette, riportanti calcoli computazionali, testimoniano che i Babilonesi avevano conoscenza sia della matematica che della geometria tali da poter ottenere buone approssimazioni dell'area del pentagono e perfino di pi greco. Anche se mancano prove sufficienti, gli studiosi, fra cui Michael Scheneider e Helen Hedian, affermano la sua presenza su steli e bassorilievi come una stele babilonese, una raffigurazione di una divinità alata del IX secolo a.C., la "leonessa morente" di Ninive (600 a.C.).

    Per gli antichi Egizi, il rapporto aureo lo si ritrova nell'Osireion, nella Tomba di Petosiri e nella piramide di Cheope.
    L' Osireion è monumento funerario del re Seti I (XIX dinastia), riportato alla luce nel 1901 da Flinders Petrie. Robert Lawlor asserisce che l'architettura della stanza più interna sarebbe basata su una mistica geometria pentagonale contenente il rapporto aureo, ravvisabile in una serie di intrecci geometrici.
    La tomba di Petosiri, sommo sacerdote di Thot, è stata rinvenuta da Gustave Lefebvre nei primi anni venti, e risale al III secolo a.C., quando era già si aveva la conoscenza della sezione aurea da parte dei Greci. In questo caso il rapporto aureo sarebbe riscontrato in un bassorilievo raffigurante l'imbalsamazione del sacerdote.

    La prima chiara definizione di \Phi compare nell’opera fondamentale Gli Elementi di Euclide. Euclide visse intorno al 300 a.c. e con lo scritto è stato il fondatore della geometria. Nel periodo greco, la definizione del rapporto aureo venne fissata attorno al VI secolo a.C., ad opera della scuola pitagorica, nell'Italia meridionale. Fu scoperto da Ippaso di Metaponto. Il rapporto aureo vennee ricondotto allo studio del pentagono regolare. L'aura magica che i pitagorici associarono al numero 5, e a tutto ciò che vi fosse legato, risultava legata anche a considerazioni di tipo astrologico, in particolare al pianeta Venere, archetipo dell'amore e della vita, che nel suo percorso tra la Terra e il Sole disegna in effetti una stella a cinque punte.

    Dal declino del periodo ellenistico passarono circa mille anni prima che la sezione aurea tornasse nuovamente a stimolare le menti dei matematici, che in essa rilevarono anche proprietà di natura algebrica, oltre che geometrica.
    Nel 1202 Leonardo Fibonacci pubblicò il suo Liber abaci, il libro col quale si diffonderanno in Europa le cifre indo-arabe, semplificando le modalità di calcolo nelle operazioni quotidiane. Il rinnovato interesse per il numero aureo in epoca rinascimentale può essere dovuto ad un altro libro, il De divina proportione di Luca Pacioli , pubblicato a Venezia nel 1509 e corredato di disegni di solidi platonici di Leonardo da Vinci, nel quale si divulgò, a una vasta platea di intellettuali, l'esistenza del numero e di alcune delle sue numerose proprietà, fino ad allora appannaggio soltanto di una più ristretta cerchia di specialisti. Nel libro, la si definiva una proporzione divina, dove l'aggettivo «divina» era dovuto ad un accostamento tra la proprietà di irrazionalità del numero e l'inconoscibilità del divino per mezzo della ragione umana:
    « Commo Idio propriamente non se po diffinire ne per parolle a noi intendere, così questa nostra proportione non se po mai per numero intendibile asegnare, né per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamata irrationale. »
    La relazione tra il numero aureo e la serie di Fibonacci, rimasta ignota anche a Luca Pacioli, fu scoperta nel 1611 da Keplero, come rilevano i seguenti passi di una sua lettera:
    « ... questa proporzione [...] che gli odierni [...] chiamano divina [...] è congegnata in modo tale che i due termini minori di una serie nascente presi insieme formino il terzo, e gli ultimi due addizionati, il termine [a loro] successivo, e così via indefinitamente, dato che la stessa proporzione si conserva inalterata [...] più si va avanti a partire dal numero 1, più l'esempio diventa perfetto. Siano 1 e 1 i termini più piccoli [...] sommandoli, il risultato è 2; aggiungiamo a questo il precedente 1, e otteniamo 3; aggiungiamogli 2, e otteniamo 5; aggiungiamogli 3, e abbiamo 8; 5 e 8 danno 13; 8 e 13 danno 21. Come 5 sta a 8, così, approssimativamente, 8 sta a 13, e come 8 sta a 13 così, approssimativamente, 13 sta a 21. »
    Keplero praticamente scoprì che il rapporto fra due numeri consecutivi della successione di Fibonacci approssimava via via, sempre più precisamente, il numero aureo. Ma Keplero, quale astronomo, non era tanto interessato a dimostrare la fondatezza della sua scoperta, anzi piuttosto a ricercarla nell'architettura dell'universo, che lui invece osservava, nelle sue proprietà "divine"; non a caso concettualizzò un modello eliocentrico in cui le orbite dei pianeti erano inscritte e circoscritte in solidi platonici e di conseguenza legate alla divina proporzione. La dimostrazione fu fornita un secolo più tardi dal matematico Robert Simson e ulteriormente sancita dalla scoperta della formula generatrice della serie di Fibonacci, la formula di Binet.

    La prima testimonianza scritta rintracciabile sembra risalire solo al 1835 nel libro Die Reine Elementar-Mathematik, in cui il matematico tedesco Martin Ohm scrive «è chiamata "sezione aurea"», specificando così di non esserne l'ideatore ma di usare un'espressione già discretamente diffusa. La nuova denominazione si diffuse largamente nei primi anni dell'Ottocento, trovando sempre maggiori riferimenti nelle opere scritte, prima in tedesco e poi in lingua inglese.
    La sezione aurea si diffonde nell'Ottocento anche nel campo dell'arte, comparendo nelle opere di molti artisti in cui contrariamente al passato, se ne può affermare la presenza per ammissione dello stesso artista; la proporzione aurea, in particolare il rettangolo aureo, viene considerata un canone estetico "naturale", per la sua ricorrenza in natura e che i le sue proporzioni conferissero uno straordinario senso di armonia in tutto ciò che la possedeva.
    L'ossessione per la sezione aurea produsse anche serie di ricerche di contenuti originali, come quelle volte a rintracciarne connessione nei mercati azionari, con quella che divenne nota come la teoria delle onde di Ralph Nelson Elliott, o a ritrovare utilizzi pratici surreali come il Modulor.
    Sul versante prettamente matematico, nel XX secolo l'avvento del computer e il potenziamento delle capacità di calcolo hanno permesso di ottenere stime sempre più precise del numero irrazionale che rappresenta il rapporto aureo, altrimenti incalcolabile con i soli strumenti della mente umana; il primo tentativo venne effettuato nel 1966 da M. Berg con un IBM 1401, calcolandolo fino alla 4599ª cifra, e successivamente, sempre nello stesso anno, fino alla decimilionesima.

    La sezione aurea (\Phi) è forse il numero più affascinante della storia della matematica. Come \pi (altro numero la cui onnipresenza in matematica e in fisica ha sempre generato grande fascino) \Phi è stato introdotto in geometria ma poi, inspiegabilmente, ha fatto capolino più volte in contesti molto diversi tra loro, ma sempre ugualmente fondamentali. La sua ricorrenza in ambito matematico non è la sola cosa a rendere la sezione aurea un numero tanto significativo e profondo. Molto più sorprendente è la sua ubiquità in natura: la sezione aurea compare in un’enorme varietà di piante, animali, fenomeni biologici, statistici e fisici. E come se ciò non fosse sufficiente, legate alla sezione aurea esiste anche una serie di forme geometriche che l’occhio umano percepisce come particolarmente belle e che sono state per questo usate da pittori, sculturi e architetti di ogni epoca. Possiamo dire che per certi versi la sezione aurea assurge a simbolo del collegamento inconfutabile, stupefacente eppure inspiegabile tra matematica e realtà.
    La botanica offre alcuni casi di particolare fascino. Quasi tutti i fiori mostrano infatti 3 o 5 o 8 o 13 o 21 o 34 o 55 o 89 petali: ad esempio i gigli ne hanno 3, i ranuncoli 5, la calendula 13, l’astro 21, le margherite di solito ne hanno 34 o 55 o 89; tutti numeri di Fibonacci. Un altro bellissimo esempio si ha guardando il disco interno di un girasole. Le piccole inflorescenze che vi si trovano, che si trasformano poi in semi, sono disposte in un particolare pattern che può essere ottenuto avvolgendo due spirali di senso opposto, orario e antiorario. La ragione per cui l’angolo aureo è che questa disposizione permette una migliore occupazione della superficie disponibile.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    Il cirripede Pollicipes pollicipes



    I Cirripedi, una sottoclasse dei crostacei altamente modificata, comprende per lo più specie marine. Il loro nome scientifico significa “dai piedi arricciati”. Questi crostacei sviluppano una corazza formata da sei placche calcaree dure che lasciano sporgere soltanto gli arti “pennuti”, detti cirri, che svolgono la funzione di alimentazione filtrando piccoli organismi planctonici i quali vengono poi convogliati all’interno della bocca. Sono organismi ubiquitari noti in Italia col nome di “dente di cane” (Balanus), ma anche come lepadi (Lepas).
    I Cirripedi sono generalmente ermafroditi, ogni individuo può essere all’evenienza maschio o femmina. Durante la riproduzione quelli che si comportano da maschi allungano a dismisura il loro organo copulatore, fino a farlo entrare all’interno della corazza del vicino che si sta invece comportando da femmina: ecco perché tendono a formare gruppi numerosi di individui. Gli spermi vanno a fecondare le uova conservate in uno speciale ovisacco. Dalla fecondazione fuoriesce una larva tipica dei crostacei denominata Nauplius Cypri e, dopo un paio di settimane e qualche metamorfosi, passano lo stadio larvale della loro vita come una specie di gamberetto (il nauplio), nello zooplankton, si fissa e vive ancorata da adulta alle rocce, alle imbarcazioni o su animali.
    Tra le numerose specie di lepadiformi, la Pollicipes pollicipes, conosciuta come “percebes” nella penisola iberica e “goose barnacle” nel resto mondo, è di interesse gastronomico. Si riproduce principalmente sulla costa atlantica europea che va dalla Francia all’Africa del nord e vive attaccata alle rocce battute dalle onde. Proprio per questo motivo, la raccolta degli animali è particolarmente rischiosa e per i “perceberos” (pescatori) può essere fatale.
    Questa specie è particolarmente apprezzata in Spagna e Portogallo, in particolar modo in Galizia. Sotto il profilo commerciale, per essere maturo un crostaceo deve essere lungo almeno 5 cm e avere 1 cm di diametro. Se ne distinguono due varietà, quelli ancorati “al sole” (de sol), più tozzi e cicciotti, e quelli meno pregiati cresciuti sotto il livello del bagnasciuga (de sombra), più smilzi e acquosi. Si possono gustare crudi o scottati, sbollentandoli in acqua salata per 5 minuti, e mangiati a temperatura ambiente. Il gusto è una sintesi dei sapori legati al mare: pesci, molluschi e crostacei, ma anche dell’odore dell’acqua di mare.
    Purtroppo la grande richiesta del mercato incentiva una pesca intensiva del crostaceo e ciò, insieme alla lenta crescita dell’animale e alla mancanza di ambienti marini protetti, sta mettendo a serio rischio di estinzione le popolazioni autoctone di Pollicipes pollicipes.

    ...storie, miti e leggende...



    In inglese, i percebes si chiamano barnacles. Hanno un posto nella genesi della teoria dell’evoluzione, se ne è occupato Darwin tra il 1851 e il 1854.
    Il Pollicipes polymerus ha un peduncolo carnoso simile a un collo d’oca. La rassomiglianza indusse gli antichi a pensare che l’oca – o meglio un’oca migratoria marina che non si risproduceva nei paesi temperati, ma soltanto nell’Artico – nascesse dai barnacles. Quest’oca fu chiamata barnacle goose (Branta leucopsis) e, in quanto di origine marina, si poteva mangiare nei giorni e nei periodi di magro.

    Una storia ce la racconta Geraldus Cambrensis clericus nella Topographia hibernica, in una diocesi del Galles meridionale, intorno al 1188 e la storia si intitola:
    "Le oche bernacle che nascono dall’abete e la loro natura"
    ‘..qui ci sono anche moti uccelli chiamati bernacle, che la natura, contro natura, fa nascere in un modo che stupisce. Assomigliano alle oche di palude ma sono più piccole. Inizialmente spuntano, come la resina, dai tronchi d’abete trascinati dalle acque. Poi restano appese per il becco ad un’alga attaccata al legno, rinchiuse in una conchiglia che permette loro di svilupparsi liberamente; così col passare del tempo, rivestite a un manto compatto di piume, o cadono nell’acqua o prendono il volo verso la libertà dell’aria. Seguendo un modo di generazione assai misterioso e sorprendente, trovano nutrimento e sviluppo grazie alla linfa del legno e all’acqua. Sovente ho visto con i miei occhi più di un migliaio di piccoli corpi di questi uccelli appesi a un tronco sulla riva, chiusi nella loro conchiglia e già formati. Questi uccelli non generano uova durante l’accoppiamento, come avviene normalmente né per procreare covano. In nessun angolo della terra li si vede dedicarsi al corteggiamento o costruire nidi. E’ questa la ragione per cui in certe parti d’Irlanda i vescovi e i religiosi, senza preoccupazione, sono soliti mangiarne in tempi di digiuno, come se non fossero carne, non essendo nati dalla carne.'

    Ma Gerardo vede in realtà una colonia di lepas anatifera conchiglie che si attaccano ai tronchi in decomposizione mediante un peduncolo. Ma la storia andò avanti per secoli. Pico della Mirandola nei Commentari riporta di averla ascoltata dal suo maestro di ebraico Flavio Mitridate.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    NOVEMBRE

    NOVEMBRE

    Gemmea l'aria, il sole così chiaro
    che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
    e del prunalbo l'odorino amaro
    senti nel cuore...

    Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
    di nere trame segnano il sereno,
    e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
    sembra il terreno.

    Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
    odi lontano, da giardini ed orti,
    di foglie un cader fragile. E' l'estate
    fredda, dei morti..


    (GIOVANNI PASCOLI)








    ... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...


    ... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...

    (La redazione)





    scatto dal web


    "Tutti a dire: prima di correre impara a camminare.
    Io non voglio camminare,
    io voglio correre fino a non avere più fiato..."
    (Monica Cannatella)

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