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    Euro 2016, Spagna-Turchia 3-0: Morata fa due gol, Nolito uno, ottavi conquistati.

    Gli iberici danno spettacolo e strappano il pass per il prossimo turno con una giornata di anticipo: lo juventino segna una doppietta, Iniesta incanta, l'esterno del Celta Vigo è un'arma in più rispetto al passato.





    L'Europa trema: il meraviglioso Regno di Spagna è tornato. Il 3-0 che i campioni in carica rifilano alla Turchia è una dimostrazione di forza pazzesca, perché arriva con le armi che hanno reso grandi le Furie Rosse nell'ultimo decennio portandole al doppio trionfo continentale e al Mondiale 2010 e con l'apporto di nuovi talenti che, aspettando una conferma contro avversari più forti, le rendono notevolmente più efficaci. Uno su tutti, naturalmente: lo juventino Alvaro Morata, primo giocatore a segnare una doppietta nel torneo. Del Bosque, come già hanno fatto prima di lui Francia e Italia, conquista gli ottavi con un turno di anticipo ottenendo due successi in due partite: all'ultima giornata, contro la Croazia, basterà il pari per difendere il primo posto. La Turchia, invece, è con un piede fuori: con una differenza di reti di -4 anche chiudere a quota 3 potrebbe non bastare per rientrare tra le migliori quattro terze.





    LO SHOW — Una partita cominciata con un cartellino giallo a Sergio Ramos, reo di aver perso ingenuamente palla a centrocampo, assume subito tutt'altri contorni, perché la Turchia si dimostra subito in affanno nell'irretire il tiqui-taka spagnolo. Terim prova a giocarsela a specchio, col 4-3-3, ma il continuo movimento degli uomini d'attacco spagnoli elude qualsiasi trappola: David Silva ha l'unico difetto di non calciare quasi mai in porta anche quando avrebbe lo spazio per farlo, Nolito a sinistra è imprendibile, si rende pericoloso due volte prima del vantaggio e forma con Jordi Alba e Iniesta un asse meraviglioso, tanto da dare un tacito suggerimento al Barcellona di accelerare la trattativa col Celta Vigo per (ri)portarlo in blaugrana. Di sicuro per questa Spagna è un'arma in più rispetto al passato. La Turchia, dopo aver tremato sul palo colpito da Hakan Balta che ha rischiato un goffo autogol, si arrende al 34': cross di Nolito (naturalmente) e colpo di testa di Morata clamorosamente libero a centro area. Tre minuti più tardi è già 2-0: l'assist involontario a Nolito lo serve Mehmet Topal, ma l'azione che precede il tocco esteticamente non esaltante (ma vincente) dell'esterno è un inno al calcio.





    DON ANDRÉS — La Spagna continua il suo show cominciando il secondo tempo con un altro gol arrivando così a farne tre in una sola partita, cosa che finora non era riuscita a nessuno: lo segna ancora Morata, anche se andava annullato per un fuorigioco di Jordi Alba. L'errore del guardalinee è un "premio" alla bellezza: nell'azione toccano la palla tutti i giocatori di movimento tranne Piqué e il filtrante di Iniesta per Jordi Alba è sublime. Tutto quello che viene dopo è pura accademia, sottolineata dagli irridenti olè dei tifosi spagnoli e quasi mai interrotta dai turchi, traditi anche dai loro uomini di maggior qualità, come Çalhanoglu, sostituito all'intervallo, e Arda Turan, ombra del giocatore di lotta e di governo che con Simeone incantava e fischiato persino dai propri tifosi. Solo Burak Yilmaz, che pure se n'è andato a giocare in Cina, sembra avere voglia di lottare. Ma non basta. Di sicuro non contro questa Spagna che dimostra che il flop mondiale è stato soltanto un incidente di percorso: come dimostra il dominio dei club (che dal 2014 trionfano ininterrottamente in Champions e in Europa League) i più forti sono ancora loro.

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Repubblica Ceca-Croazia 2-2: Necid, pari su rigore al 93'.

    Rimontona ceca da 0-2 a 2-2: sblocca l'interista Perisic, raddoppia Rakitic, poi la riapre Skoda prima della follia di Vida che regala il penalty decisivo. Gara sospesa per 6 minuti sul 2-1 per un petardo lanciato dai tifosi croati che ha colpito uno steward.





    La Croazia si complica maledettamente la vita. I suoi tifosi la complicano a chi vorrebbe vedere calcio e basta. Il calcio zuccherato dei croati subisce una secchiata di amarezza improvvisa e inattesa, perché quando tutto sembrava dire ottavi di finale ecco che la Repubblica Ceca accorcia con Skoda e si rimette in gioco con un rigore di Necid procurato da una smanacciata volante di Vida. Due a due finale, croati basiti e a 4 punti, mentre i loro tifosi, che prima avevano lanciato fumogeni in campo obbligando l'arbitro a sospendere la partita, colpiscono con una bomba carta uno steward e vengono guardati e ammoniti e respinti da cento poliziotti vestiti in assetto antisommossa. Il tutto mentre nell’altra curva i ragazzi della Repubblica Ceca saltano perché ancora vivi e dentro al Girone per un 2-2 finale che nessuno, vista gran parte della gara, avrebbe immaginato.





    3 TOTEM E 3 PALLONI — Il c.t. della croazia Cacic non cambia di una virgola l’impianto gentile della prima giornata: tutti dentro, sono gli stessi giocatori che piallarono la Turchia in una gara in cui fu evidente il tasso tecnico dei balcanici e il vizio di menare dei turchi. C’è anche Srna, il capitano che durante quella gara ha perso il padre: per lui, volo diretto in Croazia per i funerali e poi il ritorno, ricordando che "una delle ultime volontà di mio padre è stata quella di sapermi vincente con la mia nazionale". Srna, quando suonano gli inni, piange come un bambino: come dargli torto. Il c.t. ceco Vrba, dall’altra parte, non rinuncia certo a Rosicky, in mezzo al campo mette Plasil e un altro gioiello della sua covata ceca, Darida. Insomma, c’è tanta qualità, soprattutto da parte croata. E c’è il duello fra i due genietti, il madridista Modric e lo svincolato (dopo 10 anni di Arsenal) Rosicky: il tutto mentre l’altro totem, Cech (34 anni), guarda da là dietro. La Croazia tiene da subito il pallone, Cech fa due uscite malandate, manda in angolo una zuccata morbida di Mandzukic e in 15’ vengono cambiati tre palloni: tutta "colpa" dei croati, piedi-buoni che chiedono via via le sostituzioni della sfera.
    PERISIC LETALE — Il primo vero brivido lo si ha quando Cech va ancora a vuoto su cross dalla sinistra: la Repubblica Ceca porta avanti i palloni come fossero palle mediche, con difficoltà. Certamente Rosicky è in forma: si fa tutto l’arco d’attacco più o meno supportato dai suoi vicini, Krejci e Shalak. Al minuto 21 c’è aria di gol che sta per nascere: Mandzukic dalla sinistra mette in mezzo un pallone radente sul quale Perisic arriva lungo. Non c’è che dire: i giochi offensivi della Croazia fanno scattare l’allarme. Srna (attaccante aggiunto) sforna angoli su angoli, la Repubblica Ceca fa una fatica bestiale a uscire dal guscio. Poi, ecco il 36’: Badelj ruba palla in mezzo al campo, appoggio a Perisic che si fa venti metri, sterzo e controsterzo, diagonalone di sinistro e Cech va giù senza possibilità. Poi corre dalla panchina, a baciare il preparatore dei portieri che ha perso il padre pochi giorni fa. Vantaggio Croazia insomma: al dodicesimo tiro verso la porta nel primo tempo. Un tamburo a scacchi.





    FUMOGENI E STOP — E la Repubblica Ceca? Reazioni minime e con una rovesciata di Krejci che Subasic prende sorseggiando un aperitivo. A quel punto la Croazia sa che deve fare qualcosa di più. Chi ci pensa? Parzialmente un altro interista: è Brozovic che appoggia dritto e in profondità, la difesa dei cechi è aperta, Rakitic si vede uscire incontro Cech che resta di stucco. Pallonetto docile e morbido, due a zero Croazia che poco dopo – zuccata perfetta di Skoda a centro area – ha un sussulto di orgoglio con Skoda per il 2-1. Sembra tutto finito lì ma la curva occupata dai tifosi croati, guardati a vista da un centinaio di poliziotti francesi, lancia fumogeni e petardi. L’arbitro Clattenburg sospende la gara per sei minuti, campo pulito, si riprende e la Croazia sembra poter andare diretta agli ottavi. Macché: la forza d’animo dei cechi è enorme: cross da destra, Vida salta e la prende col braccio, rigore che batte Necid e 2-2 finale. Festa boema, interrotta però da Rosicky che recuperando un pallone si fa nuovamente male a un muscolo, probabilmente al flessore. La sensazione è che salterà la prossima gara, e intanto i croati sono passati dai salti di gioia al tuffo improvviso nell’immaturità. Coi loro tifosi sempre nel mirino.

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Italia-Svezia 1-0: Eder gol, siamo agli ottavi di finale.

    Un gol dell'interista a due minuti dalla fine ci regala la seconda vittoria nel gruppo E e il passaggio del turno. Traversa di Parolo, Ibrahimovic non morde.





    L’ha voluto. L’ha portato in Francia anche se nel 2016 ha segnato meno di chiunque. L’ha rimesso in efficienza fisica. E ora Antonio Conte se lo abbraccia, il suo Eder, sotto il cielo nuvoloso di Tolosa. Bis azzurro: 1-0 alla Svezia in extremis, qualificazione agli ottavi già in cassaforte, domani Belgio-Irlanda potrebbe darci il primo posto aritmetico nel gruppo E dell’Europeo. Diciamolo subito: la sconfitta è una punizione troppo severa per la Svezia, che nonostante un Ibrahimovic al minimo sindacale ha messo l’Italia più in difficoltà di quanto abbia fatto il Belgio. Ma con testa e cuore, la Nazionale ha fatto il colpaccio anche in una versione meno scintillante rispetto a Lione.





    IBRA ARRETRA — Per giorni si è parlato di “4-4-2 scolastico”, in riferimento allo schema tattico a cui il c.t. Hamren è fedele fin dalle qualificazioni. Nulla a che vedere con le alchimie del mago Conte, insomma. E invece gli svedesi ci intortano che è una bellezza per tutto il primo tempo, alla faccia del modulo “basic”. Fanno girare il pallone sulle corsie ed evitano la zona centrale come se lì l’erba fosse avvelenata, visto che Ekdal e Kallstrom sono in inferiorità numerica. Ci vanno solo per verticalizzare all’improvviso, a volte addirittura con lanci di Ibra, che parte ben più indietro di quanto faccia il partner Guidetti. Buffon non deve compiere una sola parata fino all’intervallo, Barzagli-Bonucci-Chiellini (da pronunciare tutto d’un fiato, ormai sono una specie di mitologico mostro a tre teste) spengono ogni principio d’incendio. Ma l’Italia non attacca. Non spinge, non prende in mano la gara.

    IMPRECISIONE — Pellè è insolitamente impreciso, l’intesa con Eder sembra un po’ meno perfetta, tanto che Zaza viene mandato a scaldarsi già al 26’. Florenzi, titolare al posto di Darmian, ha voglia di mettersi in luce, ma non vede molti palloni, perché gli azzurri cercano più che altro il lancio centrale a favorire l’inserimento degli interni. Col Belgio così era arrivato il gol di Giaccherini, ma quella partita Hamren se l’è studiata per bene. E stavolta la sorpresa non riesce..





    DENTRO ZAZA — Conte è un leone in gabbia nell’area tecnica, la consuma con le scarpe eleganti, vorrebbe avere quelle coi tacchetti per entrare in campo e dare l’esempio. Negli spogliatoi riesce a trasferire un po’ d’energia agli azzurri, che cominciano meglio la ripresa. Candreva e Florenzi sono più coinvolti, Isaksson deve sporcarsi di verde il completo… verde, almeno per bloccare a terra i cross. Ma succede sempre poco, c’è troppo timore di commettere l’errore che compromette l’Europeo. Scocca l’ora di gioco. L’ora di Zaza.
    FINALMENTE EDER — È la Svezia ad avere una buona chance a una ventina di minuti dalla fine, ma Guidetti non ci arriva e Ibra, in fuorigioco, spreca malamente da due passi. Poi i rimpianti si spostano sul fronte opposto: minuto 82, Giaccherini disegna un cross perfetto per l’omologo Parolo, che di testa manda il pallone a stamparsi contro la traversa. La tavola sembra apparecchiata per uno 0-0 magro magro, ma Eder di fame ne ha tanta. Tantissima. E allora, sfruttando una sponda di Zaza all’88’, trova finalmente spazio al limite dell’area, manda fuori giri Lindelof e fulmina Isaksson sul palo lungo. Gli azzurri corrono sotto la curva italiana, Eder è sommerso dai compagni, Conte esulta davanti alla panchina e almeno stavolta Zaza non gli può colpire di nuovo la faccia… Si va agli ottavi. Missione stra-compiuta, in anticipo. Psicologicamente è un bel vantaggio..

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Germania-Polonia 0-0: Milik grazia Neuer, ottavi vicini per Löw.

    I tedeschi deludono, rischiano due volte sulle occasioni fallite dall'attaccante dell'Ajax e si rendono pericolosi solo una volta con Özil: qualificazione a un passo per entrambe, il pari fa fuori aritmeticamente l'Ucraina.





    La qualità non manca, la personalità e l'esperienza neppure, ma il pari con la Polonia conferma il periodo di involuzione della Germania. Non sembra più quella del trionfo mondiale, quando Reus e Gündogan, i grandi assenti di oggi, non c'erano comunque, ma c'erano, quelli sì, Lahm e Klose, che ora si sono ritirati dalla nazionale e hanno lasciato un vuoto pesante, come si era già visto nelle qualificazioni. Il primo 0-0 dell'Europeo va persino bene ei tedeschi, graziati due volte da Milik: tutto sommato li lascia in testa al girone e a un passo dagli ottavi. Lewandowski e compagni possono rammaricarsi per le occasioni fallite, ma all'ultima giornata troveranno l'Ucraina già eliminata: difficilmente le faranno compagnia.





    NOIA ASSOLUTA — La Germania senza un vero centravanti è come una tv senza antenna: puoi pure provare ad accenderla, ma non trasmetterà mai un'emozione. Va bene il rinnovamento, ma la patria dei Gerd Müller, Rudi Völler, Oliver Bierhoff e, infine, dell'oriundo Klose, privata del terminale offensivo fa fatica a fare quello che ha sempre fatto nella storia. Segnare e vincere, magari anche senza divertire. Certo, Löw ha conquistato un Mondiale due anni fa andando oltre la tradizione, ma l'assenza del terminale offensivo lo penalizza e, del resto, non deve avere molta fiducia in Mario Gomez se lo inserisce solo a 20 minuti dalla fine. Il primo tempo, cominciato con ottime premesse e i continui cambi di posizione tra il falso 9 Götze, Müller, Özil e Draxler, è un progressivo inno alla noia, tanto che all'intervallo la casella dei tiri in porta registra lo zero assoluto. Colpa anche delle rare sovrapposizioni dei terzini Höwedes ed Hector e dei pochi inserimenti di Khedira e Kroos. La Polonia si guarda bene dall'osare e la scelta di tenere in panchina il gioiellino Kapustka, in tal senso, è indicativa, mentre stavolta è più Blaszczykowski a dare una mano a Piszczek in difesa che il contrario. Lewandowski è più in palla rispetto alla gara con l'Irlanda del Nord, ma da solo non fa danni, neppure quando prova ad approfittare di un erroraccio di Hummels, al rientro e preferito a Mustafi, autore del gol dell'1-0 contro l'Ucraina.





    RISCHI — Vista una Germania particolarmente senza verve, la Polonia capisce che può far male e così, dopo pochi secondi della ripresa, Milik ha una colossale palla gol sul cross di Grosicki ma a due passi da Neuer manca l'impatto col pallone di testa e spreca. Farà lo stesso, con i piedi, a metà secondo tempo: l'eroe di domenica, che aveva firmato col suo gol la prima storica vittoria polacca in un Europeo, stavolta tradisce. L'atteggiamento un po' più offensivo degli avversari (ma mai privo di equilibrio anche grazie alla forza di Krychowiak in mezzo al campo) consente alla Germania di trovare qualche spazio in più davanti, così Fabianski (in campo al posto dell'infortunato Szczesny) deve intervenire su una conclusione di Götze e un'altra decisamente più pericolosa di Özil, ma i tedeschi, pur finendo in crescendo, non danno mai l'impressione di poter far davvero male, con Glik che al centro dell'area polacca fa la parte del padrone. Anzi, oltre allo sciagurato Milik, Löw deve ringraziare ancora Boateng, già salvatore della patria con l'Ucraina con uno spettacolare salvataggio sulla linea: il difensore del Bayern, stavolta, fa un recupero prodigioso su Lewandowski. E alla fine l'unico dato positivo per la Germania è proprio questo: due gare, nessun gol subito (come la Polonia). La base di partenza c'è, ora serve il resto.

    (gazzetta.it)

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    Inghilterra, miracolo al 92’. Con Sturridge Galles k.o. 2-1.

    Il gol nel recupero decide il derby britannico e porta Hodgson praticamente agli ottavi. Le altre reti di Bale su punizione, poi il pareggio di Vardy in mischia.





    l calcio toglie e regala: l’Inghilterra, colpita al 92’ dal gol della Russia nella gara inaugurale del suo Europeo, trova allo stesso minuto il colpo del 2-1 per battere il Galles nel superderby britannico. Un successo in rimonta, dopo aver chiuso il primo tempo in svantaggio, con i Dragoni avanti grazie al gol su punizione di Bale e a un intervento maldestro di Hart. L’Inghilterra non era mai riuscita nell’impresa di ribaltare un risultato nelle fasi finali di un campionato continentale e questo la dice la lunga sulla portata dell’impresa. Ma in questa storia entra a gamba tesa anche Roy Hodgson: sbaglia la formazione iniziale confermando la coppia Kane-Sterling (deludente contro la Russia), trovando poi il coraggio di fare un doppio cambio nell’intervallo, inserendo al loro posto Sturridge e Vardy. Una mossa decisiva: sono i due attaccanti a firmare le reti che permettono all’Inghilterra di aggiudicarsi il match, salire a quota 4 in classifica e guardare con ottimismo al futuro.





    PRIMO TEMPO — Bello lo spettacolo delle due tifoserie prima del pronti via dell’arbitro tedesco Brych: gli inglesi sono superiori come numero, ma i gallesi riescono a non sfigurare grazie a una passione travolgente. La partita è invece brutta. Il Galles, con il modulo 5-3-2, cerca di limitare al massimo i rischi e non annusa mai l’aria dell’area avversaria. Gli inglesi, ingessati nel 4-3-3, commettono l’errore di accettare il ritmo lento e sono frenati dalla giornataccia del duo Sterling-Kane. Proprio il primo ha la grande occasione al 7’, sul cross di Lallana, ma spedisce il pallone in curva. Rooney gioca alla Pirlo: sventaglia palloni a getto continuo. Coleman inverte le posizione degli uomini del centrocampo per frenare il capitano inglese: gli spedisce tra le gambe Allen che, alla fine della giostra, sarà il migliore dei gallesi. Una capocciata di Cahill non spaventa Hennessey, recuperato a sorpresa. Poi un tocco di mano in area di Davies al 32’ profuma di rigore: Brych non interviene. Minuto 42: Rooney affonda Robson-Kanu e la punizione, da 35 metri, viene affidata a Bale. Il giocatore del Real Madrid piazza la botta e Hart, parecchio goffo nel tuffo, accompagna il pallone in rete. Bale corre ad esultare sotto il settore degli inglesi: la risposta è un lancio di bottiglie e una valanga di insulti. Hodgson è senza parole in panchina.





    SECONDO TEMPO — L’intervallo porta consiglio: dentro Vardy e Sturridge, fuori Sterling e Kane. Si capisce subito che l’Inghilterra ha una marcia in più. Al 56’, l’attaccante del Leicester tocca il primo pallone e non perdona: servito da un colpo di testa all’indietro involontario di Rose, firma l’1-1. Il Galles prova a congelare il pareggio: il pareggio sarebbe perfetto per i Dragoni. I problemi fisici di Ledley, rientrato a tempo record dopo una frattura alla gamba, non rappresentano una bella notizia. Ramsey comincia a perdere colpi. Bale si vede poco. Il Galles si regge su Allen – il centrocampista del Liverpool raddoppia su tutti - e sulla difesa. L’Inghilterra però non molla: Walker e Rose macinano chilometri sulle corsie laterali, Sturridge e Vardy si muovono senza un attimo di sosta. Hodgson inserisce anche Rashford e il ragazzo centra un record: è il più giovane inglese in campo in una fase finale di un Europeo. Al 92’, l’Inghilterra si lancia nell’ultimo assalto. Sturridge fa partire l’azione, Vardy tocca il pallone per Alli e sulla carambola in area, si avventa come un falco ancora Sturridge: il tiro non è irresistibile, ma Hennessey non ci arriva. Inghilterra in festa, Galles a pezzi: non vince il derby dal 2 maggio 1984 e la qualificazione alla fase successiva torna in discussione.

    (gazzetta.it)




    Euro 2016, Irlanda del Nord in festa: vince 2-0, Ucraina già eliminata.

    Apre McAuley di testa, chiude McGinn, Yarmolenko e Konoplyanka si svegliano tardi: partita sospesa per 2' per una fitta grandinata. Il pari tra Germania e Polonia fa fuori aritmeticamente la nazionale di Fomenko.





    Avevano perso entrambe alla prima giornata, oggi non potevano sbagliare: finisce con la prima, storica vittoria all'Europeo dell'Irlanda del Nord, che chiuderà il girone C sfidando la Germania, gara in apparenza proibitiva, ma che verrà affrontata con i tre punti presi oggi, battendo 2-0 l'Ucraina. Gol di McAuley a inizio ripresa e raddoppio nell'extra-time di McGinn: grande festa per la squadra di Michael O’Neill, che ora sogna l’impresa. Per l'Ucraina la notizia peggiore arriva tre ore dopo: il pari tra Germania e Polonia la elimina aritmeticamente, perché pur vincendo all'ultima giornata chiuderebbe comunque al quarto posto, senza neppure la possibilità di ripescaggio.





    SORPRESA VERDE — Le due formazioni dimostrano fin dalle prime battute di interpretare il calcio in modo assai diverso: possesso palla e passaggi laterali per gli est-europei, recupero e rapide verticalizzazioni per gli abitanti del piano di sopra dell’isola di smeraldo. Con ben cinque giocatori in campo che militano nella Championship (la serie B inglese), parte meglio l’Irlanda del Nord. La prima occasione del match capita a Conor Washington, chiamato a sostituire tra i titolari Kyle Lafferty: il tiro al 13’ dell’ex-postino (solo quattro anni fa giocava in “Non-League” con il St. Ives Town e sbarcava il lunario consegnando lettere e pacchi per la Royal Mail Service) è debole e finisce tra le braccia di Pyatov. Lo squillo dei verdi non sveglia gli ucraini, così gli uomini di O’Neill prendono coraggio: al 34’ Cathcart colpisce di testa bene e forte un pallone che arriva a centro area da calcio d’angolo ma non centra il bersaglio.
    RIPRESA: PRONTI, VIA, GOL — La seconda frazione di gioco si apre con il meritato vantaggio degli uomini di O’Neill. Su una punizione dalla trequarti McAuley vola in cielo e si tuffa, prima sul pallone spedendolo alle spalle di Pyatov, poi tra le braccia della sua tifoseria impazzita per il primo gol dell’Irlanda del Nord ad un Europeo. Per il difensore del West Bromwich Albion è l’ottavo sigillo con la maglia della Nazionale, certamente il più importante. Lo schiaffo scuote Stephanenko e soci che però, sbilanciandosi, vanno più vicini a subire il raddoppio che a raggiungere il pareggio.





    “METEO” TIME OUT — Al 57’ sullo stadio iniziano a cadere chicchi di ghiaccio grandi come albicocche e l’arbitro manda tutti a ripararsi nel tunnel degli spogliatoi. Lo stop dura solo un paio di minuti, tempo che la grandine ceda nuovamente il posto alla pioggia: di nuovo in campo, la partita non cambia.
    OCCASIONE SPRECATA, ADDIO PARI — Al 71’ Kovalenko ha la chance di rimettere in equilibrio il match ma la sua conclusione dai venti metri finisce fuori, alla sinistra di McGovern, comunque ben proteso in tuffo. Al 96' il raddoppio di McGinn, che sfrutta un respinta corta del portiere, chiude la partita. Finisce tra gli applausi rivolti alla Green & White Army dai suoi incredibili tifosi. Martedì l'Irlanda del Nord affronterà la Germania con la possibilità di scrivere una pagina di storia.

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Francia-Albania 2-0: Griezmann e Payet regalano gli ottavi.

    Dopo un brutto primo tempo e un assedio nella ripresa con l'ingresso di Pogba e Griezmann, i padroni di casa superano la nazionale di De Biasi e staccano il pass per la seconda fase.





    Stavolta, più della Marsigliese hanno potuto i fischi e i cambi. Perché per scuotere questa Francia che non esalta all’Europeo di casa sua c’è voluta una pioggia di proteste dei tifosi Bleus a Marsiglia quando Giroud e compagni si avviavano negli spogliatori per l’intervallo, dopo un primo tempo inguardabile. E sono serviti gli aggiustamenti in corsa di Deschamps, che ha archiviato quella brutta bozza di 4-2-3-1 con Martial-Coman e senza Pogba-Griezmann rispolverando un 4-3-3 più equilibrato: così, soffrendo e sbloccando il cubo di Rubik solo nel finale (come con la Romania), la Francia batte 2-0 l’Albania e stacca il biglietto per gli ottavi di finale. A risolverla ci hanno pensato Griezmann, panchinaro di lusso, con un colpo di testa al 90', e Payet al 96'.





    GABBIA DE BIASI — Se la Francia sfigura per 45 minuti è anche merito dell’Albania di Gianni De Biasi, non ancora fuori ma comunque vicina all'eliminazione dal primo Europeo della sua storia dopo due sconfitte su due che non rendono affatto giustizia per quanto mostrato sul campo: finora si è visto decisamente di peggio, e fino a un minuto dalla fine le aquile avevano il pari in tasca. Non è questione di credo tattico, quanto piuttosto filosofico: “Se hai una tecnica superiore all’avversario puoi tenere la palla, altrimenti è inutile fare lo spaccone con l’aggressione alta”, raccontava un mesetto il c.t. dell’Albania alla Gazzetta. E la gabbia allestita dal tecnico italiano manda in tilt la banda Deschamps per un tempo intero: Didier ci mette del suo, lasciando in panca Pogba e Griezmann e puntando su Martial e Coman. Che però sono giocatori di movimento, e se nessuno li innesca – questa Francia non ha un regista in mezzo e il gioco ne risente – fanno una fatica tremenda a procurarsi lo spazio giusto per le incursioni. Dopo un tentativo di Giroud di testa nei primissimi minuti, i francesi si perdono in un mare di fumo e finiscono pure per cedere l’iniziativa agli avversari: le incursioni di Hysaj sulla destra e gli schemi a sorpresa sui corner fanno tremare Lloris (che rischio su una deviazione in mischia di Kantè al 39’…).





    SVEGLIA FRANCIA — Il palo che ferma l’Albania in apertura di ripresa (Sagna anticipa Memushaj e rischia l’autogol) dà l’ultimo scossone prima del risveglio Bleus. Che spingono con più ordine – Pogba alza il tasso di qualità in mediana, dove Matuidi e Kantè faticavano a sfornare idee, Griezmann accende la trequarti insieme a Payet, tra i migliori in campo – e soprattutto più coraggio. Dalle parti di Berisha piovono all’improvviso cross e colpi di testa come quello di Giroud che si stampa sul palo, e tiri dalla distanza o dal limite, come un paio di botte di Pogba che non inquadrano la porta. L'Albania degli "italiani" in campo (Ajeti, Memushaj e Lila, oltre ai già citati Berisha e Hysaj) cala inevitabilmente e il muro scricchiola fino a cedere al 90', quando Griezmann infila di testa sul cross di Rami - primo tiro francese nello specchio della porta in tutta la gara! E Payet, al secondo gol in questo Europeo che conferma di poter fare a meno dei bomber, chiude i conti in pieno recupero: altra rete da applausi dopo quella alla Romania. Se li sognerà stanotte, quegli ultimi giri di orologio, mister De Biasi. Ma non tutto è definitivamente perduto: domenica c'è la Romania e serve batterla. Poi chissà: nell'Europeo dell'equilibrio passano anche le migliori terze...

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Romania-Svizzera 1-1: Mehmedi risponde a Stancu.

    I rossocrociati vanno in svantaggio nel primo tempo, ma riescono a pareggiare all'inizio della ripresa. Ora sono primi nel gruppo A e hanno buonissime chance di andare agli ottavi.





    Che fosse un cattivo cliente la Romania, si era già intuito nell’esordio contro la Francia, in una partita votata al difensivismo per sabotare il divismo tecnico della squadra di Deschamps, comunque irrigidita dal peso di nazione organizzatrice e favorita per acclamazione popolare. Solo la stoccata di Payet allo scadere aveva rovinato i piani di c.t. Iordanescu (2-1) che però ha imparato la lezione e rielaborato la formula per tentare di risalire. Contro la Svizzera serviva qualche lume in più in fase offensiva. E così è stato, almeno nelle intenzioni. Alla fine quindi ne è venuto fuori un pari equilibrato (1-1) che permette agli elvetici di ipotecare gli ottavi e ai romeni di giocarsela nell'ultimo set contro l'Albania di De Biasi. Sperando magari in un favore proprio della Francia, stasera.





    INDIZI — Nel primo tempo, dopo un avvio consumato a prendere le misure di una Svizzera che va a fiammate, la Romania inizia a venir fuori. Anche perché la squadra di Petkovic non trova coerenza in costruzione. Già dopo un quarto d’ora, Seferovic reclama più lucidità nel dare palloni, buttati in avanti di fretta, anche da una difesa incerta su ogni tocco. Indizi che la squadra di Iordanescu interpreta nel modo giusto, uscendo dal guscio protettivo che a volte si tramuta in un ripiegamento a cinque, aggiungendo peso a sinistra, dove la Svizzera insiste di più. Ma Lichtsteiner sale senza quella rabbia che di solito mette nelle fughe in bianconero. Proprio il terzino destro al 18’ provoca il fallo da rigore che l’arbitro concede fiscalmente per la trattenuta su Chipciu. Dagli undici metri trasforma, spiazzando Sommer, Stancu. In apparenza la Svizzera appare comunque più sciolta, ma la Romania si concede una libertà di costruzione che non aveva contro i Bleus, facendo valere anche un tasso tecnico non trascurabile soprattutto nelle fasce dove Chipciu e Torje muovono con autorevolezza. E con Sapunaru che al 28' trova il palo, districandosi in area sull'evoluzione di una punizione da sinistra.





    EFFETTI — Dopo il pari sfumato per l'errore di testa di Dzemaili da posizione ideale al 39' p.t., la Svizzera si presenta più determinata nella ripresa. E passa quando la Romania dava l'idea di prender gusto al gioco offensivo. La rete la sigla Mehmedi con un diagonale al volo di sinistro sugli sviluppi di un calcio d'angolo. Tatarusanu, comunque impeccabile, non ci può fare nulla. L'ex nerazzurro Shaqiri si risveglia di colpo, ma le sue folate non producono effetti. E neppure l'ingresso acclamato del giovane Embolo, per il vago Seferovic, offre alla Svizzera il raddoppio. Per merito di una retroguardia ordinata, gestita con serenità dal partenopeo Chiriches. L'1-1 finale lascia quindi aperte le possibilità di qualificazione ad entrambi, anche in funzione del risultato delle altre due rivali del gruppo A.

    (gazzetta.it)

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    Europei 2016, Russia-Slovacchia 1-2. Super Hamsik: assist e gran gol.

    Primo tempo tutto slovacco: al 32' assist da 40 metri di Hamsik per Weiss che sblocca, al 45' fantastico il raddoppio del napoletano. Nella ripresa Glushakov riapre a dieci dalla fine.





    Altro che Uefa, altro che sanzioni. La Russia rischia seriamente di andare a casa non certo a causa degli incidenti provocati da criminali travestiti da tifosi. No, la Russia è con un piede e mezzo fuori dalla Francia per colpa di un fuoriclasse come Hamsik: ispira il primo gol e poi inventa il raddoppio. La Slovacchia gode, respira e cancella il k.o. dell’esordio contro il Galles e oggi si mette davanti alla tv per assistere al derby britannico tra Bale e l’Inghilterra, sperando che la nazionale di Hodgson non batta i cugini, perché in questo caso i bianchi di Kozak sarebbero padroni del proprio destino in ottica qualificazione. La Russia può invece solo sperare e semmai fare mea culpa: per gli errori in fase di conclusione e per una formazione molle e svagata nel primo tempo. Meglio nella ripresa, quando bisognava rischiare e quando soprattutto il c.t. Slutski ha messo dentro centrocampisti in grado d’inserirsi tra le linee (come Glushakov, autore del gol).





    RUSSI QUASI FUORI — I tanto temuti incidenti tra hooligan sono rimasti solo temuti: Lilla si è goduta una giornata pacifica. Brutti pensieri solo per i due c.t. alle prese con una partita spareggio. Kozak cambia tre uomini rispetto alla gara persa con il Galles: fuori Svento in difesa, Hrosovsky a centrocampo e Duris in attacco; al loro posto Hubocan, Pecovsky e Duda. La Russia è la stessa del pari con l’Inghilterra e parte meglio anche grazie alle iniziative del gigante Dzyuba (Zenit) alto 196 centimetri: il suo colpo di testa è fermato quasi sulla linea da Kozacik. Poi al 28’ è Smolov a sfiorare il palo con un tiro dai 20 metri. La Slovacchia attende e al primo affondo serio fa male all’orso russo. Minuto 32: Hamsik taglia la difesa con un lancio perfetto, Weiss (ex Pescara) dentro l’area rientra sul destro e insacca. Al 45’ la perla del match: Hamsik da posizione defilata inventa un destro a giro di rara bellezza che va a colpire il palo lontano per poi entrare: 2-0 e tutti negli spogliatoi.





    ULTIMI BRIVIDI — Nella ripresa la Russia cambia uomini e prova a reagire. Costringe la Slovacchia sulle sue, ma trova il gol della speranza troppo tardi (a 10 dal novantesimo) con una girata di testa di Glushakov. L’assalto finale produce qualche brivido ad Hamsik e compagni, ma il muro regge. La festa è dei bianchi, l’orso rosso si è giocato la pelliccia. E forse l’Europeo.

    (gazzetta.it)

  9. .






    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 7° SETTIMANA 024 (13 Giugno – 19 Giugno 2016)






    BUONGIORNO GIORNO … BUON LUNEDI’ ISOLA FELICE …


    Lunedì, 13 Giugno 2016
    S. ANTONIO DA P.

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    Settimana n. 24
    Giorni dall'inizio dell'anno: 165/201
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    A Roma il sole sorge alle 04:35 e tramonta alle 19:46 (ora solare)
    A Milano il sole sorge alle 04:33 e tramonta alle 20:13 (ora solare)
    Luna: 0.47 (tram.) 13.08 (lev.)
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    Proverbio del giorno:
    Se marzo non marzeggia, giugno non festeggia.
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    Aforisma del giorno:
    Il carattere è tutto l'uomo: nulla di buono può aspettarsi dagli individui,
    dalle famiglie, dalle nazioni, dalle società, che non siano fornite di carattere
    (R. Ardigò).










    RIFLESSIONI



    ... Il portiere silenzioso…
    ... Ho sentito parlare di Enrico, un bimbo grassottello che non parlava, ma capiva tutto quello che gli altri gli dicevano. L’unica cosa che sapeva dire era “mamma”. Aveva un fratello più grande Leo che, però, non amava giocare con lui.
    Ma la mamma gli diceva che quando andava a giocare a calcio con gli amici doveva portarsi dietro anche Enrico, altrimenti non sarebbe uscito. Così, pur di non rinunciare a giocare con gli amici, Leo si portava dietro Enrico. I compagni di squadra gli chiedevano perché si portasse dietro quell’imbranato di Enrico ma lui alzava le spalle. Quando arrivavano al campetto, Leo faceva sedere Enrico su di una panchina e gli diceva di non muoversi. Enrico si sedeva e rimaneva a guardare estasiato. Gli piaceva il calcio.

    Un giorno, l’allenatore della squadra, disse a Leo che se non si fosse allenato bene a tirare il pallone lo avrebbe messo fuori squadra. Così Leo tornò a casa disperato perché non sapeva con chi allenarsi. Incominciò a tirare il pallone vicino al muro facendolo rimbalzare e tornare indietro. Ad un tratto vide Enrico acchiappare le mosche con le mani. Ed era bravo, le prendeva tutte. Così pensò di provare a mettere Enrico in porta per allenarsi. Enrico si dimostrò discretamente bravo. Da allora Leo incominciò ad allenarsi sempre con Enrico il quale era contentissimo. Con il tempo Leo diventò un discreto tiratore, mentre Enrico diventò un portiere formidabile, ma Leo preferì non dire niente a nessuno: cosa avrebbero detto gli altri se avessero saputo che Enrico parava tutti i suoi tiri? Un giorno Enrico era da solo in cortile, seduto con la palla in mano ed era triste. Leo aveva la febbre e non potevano giocare. Un compagno di squadra, Ricciolo, così chiamato perché aveva una chioma riccia riccia, venne a fargli visita. Quando se ne andò, vide Enrico triste e solo. Gli si avvicinò e gli fece un sorriso. Enrico gli lanciò la palla e l’amico per cortesia gliela ritirò. Enrico la parò e poi si recò nella porta e ritirò il pallone al compagno di squadra del fratello. Questi tirò piano ed Enrico parò. Poi tirò un po’ più forte ed Enrico parò ancora. Sempre più forte, ma Enrico parava sempre. Fece tantissimi tiri, ma non riuscì a segnare nemmeno una volta. “Che brutta figura!” si disse, e scappò a gambe levate.

    Qualche tempo dopo stavano affrontando una squadra molto forte, ma per fortuna stavano vincendo 3 azero. Purtroppo ad un certo punto il portiere si fece male ed il secondo portiere era influenzato. Così decisero di mettere in porta uno dei giocatori, ma in breve subirono tre goal. La partita si metteva male. Ad un tratto il Ricciolo si fece anima e coraggio e durante la pausa tra il primo e secondo tempo fece una proposta. Raccontò che secondo lui, se non volevano perdere la partita, dovevano mettere in porta Enrico. Tutti risero. Il fratello si arrabbiò dicendo che non era giusto da parte sua prendere in giro il fratello. Nessuno diede più retta a Ricciolo e ripresero le loro cosse. Fu allora che Ricciolo prese un pallone e lo lanciò forte ad Enrico che lo parò. Poi di nuovo con un tiro difficile ed Enrico parò. Passò il pallone ad un altro compagno e questi tirò. Ma niente, ogni volta Enrico parava. Tutti restarono ammutoliti, proprio tutti, perfino l’allenatore. Scesero in campo con Enrico in porta. Enrico non sbagliò una parata, e ad un certo punto Ricciolo fece un goal e vinsero la partita. Tutti presero Enrico in braccio e lo portarono in trionfo per tutto il campo. Da allora Enrico giocò sempre come primo portiere e si divertì sempre tanto. In breve tempo divenne famoso con il nome di: il portiere silenzioso. E siccome Enrico aveva il desiderio di giocare in una grande squadra, Leo si impegnò per aiutarlo a coronare quel sogno: e così accadde. (educabimbi.it).
    … Inizano i Campionati Europei di Calcio. Come sempre accade nella nostra civiltà, il calcio diventa il comune denominatore che fa da catallizzatore delle attenzioni, speranze e sogni di tutti. D’un tratto le angosce del vivere sembrano attenuarsi e tutto hai idea di essere più accettabilie più bello. Dalle finestre, i balconi iniziano a sventolare le bandiere della nostra nazione, e quando gioca l’Italia tutto viene assorbito nel silenzio e nella attenzione di tutti. Strade svuotate come i giorni di ferragosto della mia infanzia, un silenzio assoluto; dalle fienstre aperto suona il commento dei giornalisti e siamo tutti in attesa, a volte inconsapevole dell’urlo liberatorio qundo la nostra nazionale segna un gol. Ecco..tra poco inzia la partita … scende il silenzio e il fischio dell’arbitro da il via alla silenziosa serata davanti la tv …Buon Giugno amici miei …
    (Claudio)






    Goal

    Il portiere caduto alla difesa
    ultima vana, contro terra cela
    la faccia, a non vedere l’amara luce.
    Il compagno in ginocchio che l’induce,
    con parole e con la mano, a sollevarsi,
    scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

    La folla - unita ebbrezza- par trabocchi
    nel campo: intorno al vincitore stanno,
    al suo collo si gettano i fratelli.
    Pochi momenti come questi belli,
    a quanti l’odio consuma e l’amore,
    è dato, sotto il cielo, di vedere.

    Presso la rete inviolata il portiere
    - l’altro- è rimasto. Ma non la sua anima,
    con la persona vi è rimasta sola.

    La sua gioia si fa una capriola,
    si fa baci che manda di lontano.
    Della festa - egli dice - anch’io son parte.
    (Umberto Saba)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    POESIE A TEMA

    Poesie e racconti sulla Primavera …

    L'albero e il nido

    Nel cuore, nel cuore del bosco
    là dove è più verde e più fosco,
    frondeggia un castagno solenne
    enorme, centenne.
    Nel cuore dei grandi fqgliami
    dal tronco si parton due rami;
    sui rami è posato, minuscolo,
    un nido di musco,
    Nel cuore del nido pispiglia
    raccolta una nuova famiglia:
    la mamma con ogni premura
    la scalda e la cura.
    O vola, levando il suo grido,
    e il cibo riporta nel nido,
    accolta dai trilli e bisbigli
    degli avidi figli.
    E l'albero sembra raccolto
    su quel pigolare in ascolto,
    con un amoroso tremore:
    quel nido è il suo cuore.
    (Puck)




    FAVOLE PER LA NINNA NANNA …

    Il bambino e la stellina

    C’era una volta un piccolo bambino, che nelle notti d’estate in braccio alla sua mamma, col nasino all’insù, guardava il cielo e le stelle che brillavano. Ad un tratto ne vide due che cominciarono a rincorrersi, giocare nel cielo e poi sparire.
    Il bambino stupito e meravigliato sgranò gli occhioni ed esclamò: “ Mamma, ma anche le stelle giocano tra di loro?” E tutte le sere, quando scendeva la notte, non vedeva l’ora di andare a guardarle.
    Un giorno però disse: “ Mamma, ma perché si rincorrono nel cielo e non scendono a giocare con me? Come possiamo prenderne una?”
    E allungava la manina cercando di fermarle… ma loro birichine, quando stavano per essere prese, scappavano via.
    Una stellina, piccola, udì le sue parole e volle scendere a giocare con lui…Ma ahimè, il viaggio era lungo e quando arrivò ormai era giorno.
    “ Devo fare più in fretta” disse la stellina, “ altrimenti, quando arrivo non mi vede!”
    Ma prova e riprova arrivava troppo tardi La stellina si disperava, ormai lei voleva bene al bambino, voleva giocare con lui, … ma era piccola e non poteva correre di più.
    Un Angelo che passava di lì, la vide piangere e le disse: “ Aggrappati alle mie ali e io ti porterò”.
    Ma arrivati sulla terra la stellina si accorse che non riusciva più a correre e giocare.
    L‘Angelo allora prese dalle sue ali due piccole piume e le regalò alla stellina. “ Tieni, le disse, con queste potrai volare”.
    Così lei volò dal bambino e giocarono insieme.
    Allora, aiutate dagli Angeli, tante altre stelline vollero scendere sulla terra per far felici altri bambini, e nelle notti d’estate, quando si vedono tante piccole luci volare, accendersi e spegnersi nella notte sono le stelle che sono scese dal cielo per giocare.

    (Monferrina)



    ATTUALITA’


    Scoperte le prime impronte dell'Homo erectus.

    In Eritrea, risalgono a 800.000 anni fa. Scoperte le prime impronte dell'Homo erectus. Sono sono state lasciate 800.000 anni fa sulla sabbia di un lago circondato da praterie, dove oggi c'è il deserto dell'Eritrea. A individuarle è stata l'ultima campagna di scavo coordinata dall'università Sapienza di Roma e dal Museo Nazionale dell'Eritrea, nel sito di ad Aalad-Amo, nella parte orientale del Paese. Le impronte potranno dire molto di una specie chiave nella storia dell'evoluzione umana, ha osservato il coordinatore degli scavi, Alfredo Coppa.

    “Se confermata dallo studio fotogrammetrico in corso - ha detto il ricercatore - e da ulteriori ritrovamenti nella prossima campagna di scavo, la sequenza di impronte emerse in Dancalia sarà in grado di raccontarci molte cose dell’Homo Erectus”.
    Le impronte scoperte in Eritrea sono molto simili a quelle dell'uomo moderno e potrebbero dare importanti indicazioni su anatomia del piede e locomozione di questi nostri antenati: mostrano dettagli delle dita dei piedi e della pianta caratteristici dei piedi umani e che li rendono efficienti nella camminata e nella corsa.

    Le orme dell'Homo erectus sono orientate in direzione Nord-Sud, allineate con altre lasciate da antilopi estinte e sono conservate in un sedimento di sabbia indurita,

    probabilmente esposta a inondazioni di acqua. Questo fa pensare che in quest'area oggi desertica vi fosse un lago circondato da praterie. E' la prima volta che si scoprono impronte che risalgono al Pleistocene medio, un periodo di transizione molto importante nell'evoluzione umana, nel quale si sono sviluppate, proprio a partire dall'Homo erectus, specie umane con cervelli più grandi e corpi più moderni.
    (Ansa)





    Osteria Francescana di Massimo Bottura migliore ristorante del mondo.

    Secondo la classifica The World's 50 Best Restaurants. E' l'Osteria Francescana di Massimo Bottura a Modena il ristorante migliore del mondo, secondo The World's 50 Best Restaurants, considerato l'Oscar dei cuochi. L'annuncio ieri sera al Cipriani Wall Street di New York. Osteria Francescana ha spodestato El Cellar de Can Roca di Girona. Bottura e' salito sul palco commosso. "Mi vien quasi da piangere", ha detto, e ha chiamato la moglie Lara a raggiungerlo. "Riuscire in questi giorni significa usare l'ingrediente della cultura perché la cultura è conoscenza e la conoscenza apre le coscienze e crea responsabilità". Lo chef di Osteria Francescana, che a Expo aveva collaborato con la Caritas per un Refettorio dei poveri, ha dato appuntamento a Rio de Janeiro per la prossima "soup kitchen" nelle favelas della metropoli dei prossimi Giochi Olimpici. Eleven Madison Square Park a New York e' il terzo classificato nella hit parade 2016 che ha spinto uno dei numeri uno storici, Noma di Copenhagen, al quinto posto. "Mi raccomando, tu e Taka che siete lì, qualsiasi cosa succeda, tenete alto il morale perché per noi la cosa importante è la squadra, bisogna sempre lavorare allo stesso modo, che sei primo‎o che sei decimo". Sono le parole dette da Massimo Bottura ieri pomeriggio a Davide Di Fabio, uno dei suoi due sous chef assieme a Takahito Kondo, prima di andare alla premiazione a New York dove il suo ristorante, la Osteria Francescana, è stato incoronato il migliore del mondo. "È una grandissima soddisfazione. Non e' che 'ripaga'... essere primi, o secondi o terzi siamo li'. Logicamente fa piacere. Però è stata una soddisfazione per tutti i sacrifici e l'impegno, per i sorrisi delle persone con cui lavoriamo insieme da anni", ha aggiunto Di Fabio. In cucina, in via Stella, sui volti c'è una stanchezza allegra, di chi ha passato la notte in piedi per l'adrenalina e la gioia. Ma si continua a lavorare a pieno ritmo, per servire i 12 tavoli - come al solito al completo - della sala.
    Osteria Francescana, telefoni e e-mail impazziti
    Da questa mattina il telefono e la posta elettronica della Osteria Francescana, incoronato come migliore ristorante del mondo, sono letteralmente impazziti. A raccontarlo, con un sorriso, è Enrico Vignoli, assistente di Massimo Bottura. "Chiamano soprattutto dall'estero per le prenotazioni, e dall'Italia per lo più giornalisti ma anche persone normali che vogliono fare i complimenti". Al lavoro, come al solito, lo staff che sostiene chi lavora in cucina e in sala, una equipe di ragazzi e ragazze che non solo cura le prenotazioni, ma anche segue anche progetti come 'Food for soul', la onlus che lavora per ridurre gli sprechi di cibo per usarli anche per migliorare le condizioni delle persone svantaggiate. Una filosofia che ha portato nel tempo Bottura a collaborare con il refettorio Ambrosiano di Milano, o la mensa dell'Antoniano di Bologna.

    Martina, l'auspicio è che sia un caso che tanti imitino
    Nel fare le congratulazioni a Massimo Bottura, che con la sua Osteria Francescana è stato incoronato da "The World's 50 Best Restaurants" il migliore ristorante del mondo, il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina ha auspicato che questo "sia un caso che tanti vogliano imitare, a qualsiasi latitudine, per sprigionare tutta la forza che l'agroalimentare e l'enogastronomia italiana ha". Parlando a Milano margine della presentazione di "LastMinuteSottoCasa", nuova start-up impegnata nella lotta allo spreco alimentare, Martina ha detto d'essere "molto contento" del riconoscimento ricevuto "perché abbiamo lavorato molto con Massimo Bottura". E ha aggiunto d'essere "contento che ci abbia ricordato proprio nei minuti successivi alla premiazione". Questa "è la storia straordinaria di una esperienza che tiene insieme un grandissimo saper fare italiano, territorio, capacità di visione e di essere nel mondo. Un po' la bandiera dell'esperienza enogastronomica italiana che si può affermare sempre di più, grandi congratulazioni a lui". ‬
    (Ansa)





    Alberto Sordi, in 200 film il ritratto dell'Italia.

    Era nato a Roma il 15 giugno 1920, dovè è morto il 24 febbraio 2003. Quasi duecento film in mezzo secolo di attivita': Alberto Sordi e' stato forse l'attore in cui l'italiano medio si e' rispecchiato piu' spesso e cui ha concesso maggiore confidenza soprattutto quando entravano in gioco i sentimenti, le debolezze, le vigliaccherie. Era nato a Roma il 15 giugno 1920, dove è morto il 24 febbraio 2003. Gia' prima della guerra la voce da basso di Sordi risuonava nelle orecchie degli italiani che andavano a vedere il film con Oliver Hardy doppiati da lui. Il suo talento comico comincio' a farsi strada prima con la rivista poi via radio con la trasmissione 'Vi parla Alberto Sordi', in cui nacquero personaggio come Mario Pio.

    In decine di gag, ripetute da lui stesso nelle piu' varie occasioni ma anche imitate da tutti, dai colleghi alla gente comune, nelle quali si era come cristallizzata quella maschera del romano e dell'italiano medio che e' stata la caratteristica piu' tipica di Alberto Sordi. Ecco alcune delle principali sequenze che sono rimaste nell'immaginario collettivo degli italiani:

    LO SPAGHETTO: La scena in cui Nando Moriconi, filo-americano ma romanissimo, in ''Un americano a Roma'' prova a mangiare cibo americano o presunto tale (mostarda, yoghurt, marmellata), e poi si getta famelico sugli spaghetti, e' forse la piu' celebre di tutte. ''Spaghetto, m'hai provocato e io me te magno..'. Ma tutto il film e' una collezione di gag citatissime: da quella dell'americano del Kansas City alla frase 'a me m'ha bloccato la malattia..'', al celebre idioma anglo-maccheronico coniato da Sordi e dagli sceneggiatori (di cui si ricorda soprattutto l'espressione 'santibailor') fino all' epiteto riservato a Carlo Delle Piane, 'cicalo'' (''e statte zitto, statte zitto a' cicalo'').

    LAVORATORI....: Nei ''Vitelloni'' di Federico Fellini (1953), sceneggiato dal regista con Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, Sordi, al termine di una notte brava, si prende gioco con irriverente cinismo di un gruppo di operai mattinieri passando in macchina e urlando: ''Lavoratori....'' seguito dal gesto dell'ombrello e da una pernacchia.

    CHE GENTE, ADA MIA: in ''Le coppie'' (1970), film a episodi, Sordi e' l'operaio metalmeccanico Giacinto che va a festeggiare l'anniversario di nozze in Costa Smeralda con la moglie Erminia. Del tutto fuori luogo, per abitudini, abbigliamento, stato sociale, guardato dall'alto in basso dagli snob che all'inizio degli anni '70 ancora frequentavano la costa nord della Sardegna, Sordi-Giacinto ad un certo punto sbotta: ''Che gente, Ada mia''. IO SO' IO...: Del 'Marchese del Grillo' (1981), quando il turpiloquio comincio' ad entrare anche nel cinema di Sordi, e' la battuta: 'Io so' io e voi nun sete un c....'.

    E CHE VOI CHE SIA...: In ''Io so che tu ai che io so'' (1982), il bancario Sordi scopre la tossicodipendenza della figlia e i tradimenti della moglie. Alla figlia, per apprire moderno, dice: ''E che voi che sia 'n po' de droga, 'n po' e cocaina''.

    IO SFASCIO TUTTO: in 'Un eroe dei nostri tempi' (1955), Sordi e' accusato di un attentato. In un interrogatorio si difende perche' segna tutto quello che fa su un taccuino, ma gli dicono che puo' essere incriminato lo stesso: ''Ma allora io butto la bomba e sfascio tutto, sfascio...''.

    NON CI FACCIAMO RICONOSCERE: Espressione entrata nel lessico comune e usata da Sordi in 'Crimen' (1960), mentre e' a Montecarlo con altri italiani sospettati di un omicidio che non hanno commesso.

    LO SCHIAFFO: Non fa ridere ma non puo' non essere citata: e' la scena finale dell'interpretazione forse piu' intensa di Sordi, nella quale Sordi-Silvio Magnozzi, per una volta un personaggio con la schiena dritta, da' un sonoro schiaffo al suo principale, Claudio Gora, e lo fa cadere in una piscina. La scena dello schiaffo e' contenuta in ''Una vita difficile''.

    ER PAPPONE: In ''Arrivano i dollari'' (1956), Sordi, uno dei cinque fratelli che dovrebbe ricevere un'eredita', schiavizza il suo fedele servitore (Turi Pandolfini) incatenandolo e trattandolo come uno cane: ''Va' a magna' er pappone', 'Magna 'e cocce dee' noci'. BONI: E' una delle piu' celebri espressioni romanesche di Sordi passata nel linguaggio comune di tutti i romani: 'Boni...state boni'. E' nella 'Grande guerra' (1959) di Monicelli.

    E SE ERAVAMO IN TRE...: In 'Riusciranno i nostri eroi...?' (1968) di Ettore Scola, Sordi e Bernard Blier picchiano un trafficante d'armi in Africa. Lui si lamenta: 'Non vale, siete in due'. Sordi replica: 'E se eravamo in tre te menavamo in tre'.

    CE L'HAI 'NA MADRE?: Dello stesso film e' la battuta piu' pesante: 'Ce l'hai 'na madre? ah si'? A gran fijo de na m....''.
    (Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA!!!!




    Warcraft - L'inizio




    locandina


    Un film di Duncan Jones. Con Travis Fimmel, Paula Patton, Ben Foster, Dominic Cooper, Toby Kebbell.



    Primo capitolo di una saga fantasy potentemente allegorica. Non c'è spazio per le sfumature ma il cast è indovinato e il ritmo sostenuto.
    Marianna Cappi


    Il regno di Azeroth vive in pace da anni, sotto il governo benevolo dell'umano Re Llane e di sua moglie - sorella del più fido guerriero del re, Lothar - e sotto la protezione del concilio del Kirin Tor e di Medivh, Guardiano del regno e suo mago più potente. Ora, però, Azeroth è pericolosamente minacciato dall'invasione, attraverso un oscuro portale, degli orchi di Draenor, brutali creature nate per combattere e comandate dal crudele sciamano Gul'dan. Tra loro, solo Durotan, amato e rispettato leader del Clan dei Lupi Bianchi, è disposto a mettersi contro il tiranno per porre fine al suo delirio di distruzione. Ad ogni costo. Anche se per farlo dovrà cercare l'alleanza degli uomini.
    I numeri degli umani che, dal momento del lancio, hanno comprato il software e aperto un account per entrare nel "World of Warcraft", nelle sue prime e successive uscite, è strabiliante: una moltitudine difficile da visualizzare, esattamente come l'orda di orchi del film, e un fenomeno con radici multiple, legato a sua volta ad un universo di pensiero di diviso in due e zeppo di pregiudizi. Chi sono gli utenti di Warcraft, un'orda di sociopatici frustrati o un'alleanza di creativi, interpreti sani delle opportunità della globalizzazione digitale? Il film giunge come risposta universale: nel buio della sala si potranno sedere gli uni e gli altri, spettatori di ogni età, giocatori virtuali e fini biblisti (il figlio di Durotan viene messo dalla madre in una cesta e affidato alla corrente proprio come Mosè, in attesa di rivestire un ruolo fondamentale nel prossimo capitolo della saga), riuniti e pacificati nel nome del fantasy e della sua natura potentemente allegorica.
    Gli orchi che si affollano all'entrata del portale magico per l'altro mondo, dopo che il loro è stato raso al suolo dalla politica di un dittatore assetato di sangue e potere, sono infatti personaggi dell'oggi e di sempre, che le magie grafiche della ILM e gli occhialini 3D permettono di vedere in più dimensioni: da lontano come branco indistinto, preda di tradizioni tribali e rumorose, e da vicino, come esseri più che mai antropomorfi, la cui etica è spesso più solida di quella degli uomini stessi.
    Duncan Jones, specialista di storie a cavallo tra due mondi, si cimenta col kolossal con discreto successo, guardando decisamente più verso L'Ultimo dominatore dell'aria che alle creature di Peter Jackson e indovinando perfettamente il cast, a partire da Travis Fimmel nei panni di Lothar.
    Una guerra senza buoni o cattivi, dove la violenza stessa è presupposto e condanna, ultima ratio e unica alternativa. Jones asseconda l'urgenza narrativa con grande senso del ritmo e fa del suo meglio per spianare un sentiero emotivo riconoscibile nel campo troppo vasto, monocromatico e caotico che è di sfondo agli Orchi. Non è che l'inizio della saga, dunque le priorità narrative sono molte e lo spazio per le sfumature risicato. Il limite maggiore del film sta infatti nella natura classica e prevedibile degli snodi di trama e si ha la sensazione di star assistendo a ciò che deve accadere prima che cominci il bello. Per fortuna, non tutto è rimandato: attorno ai personaggi del dolente Lothar, della mezzosangue Garona e di Khadgar, l'apprendista guardiano, prende rilievo un film nel film in grado di appassionarci quanto basta fino allo scadere del tempo.


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    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …



    IL CASTELLO DI VINCENNES



    Il castello di Vincennes o château de Vincennes è il più importante castello fortificato francese tuttora esistente; per l’altezza del suo mastio, oltre 50 metri, è la più alta fortezza di pianura d’Europa. Il castello fu la residenza reale dal XII al XVIII secolo; ha conservato la cinta muraria, le torri medievali, la Sainte-Chapelle e il torrione trecentesco. Fu eretto dal XIV al XVII secolo nel comune di Vincennes, poco ad est di Parigi, oggi sobborgo della metropoli. Dopo un'importante campagna di restauro, la Sainte-Chapelle di Vincennes ha riaperto le porte al pubblico.

    ...storia...



    Da semplice padiglione di caccia, costruito da Luigi VII verso il 1150 nella foresta di Vincennes, divenne nel XIII secolo un vero e proprio maniero ad opera di Filippo Augusto e di Luigi IX. Fu da qui che Luigi partì per la crociata da cui non tornò più. A metà del Medioevo, Filippo III (nel 1274) e poi Filippo IV (nel 1284) si sposarono qui; e tre sovrani del XIV secolo vi trovarono la morte: Luigi X (1316), Filippo V (1322) e Carlo IV (1328).
    Le reliquie crociate della corona di spine di Cristo furono conservate nel castello prima di essere trasferite alla Sainte-Chapelle di Parigi.
    Verso il 1337, Filippo VI decise di fortificare il sito costruendo un mastio nella parte occidentale alto 52. La cinta muraria di oltre un chilometro, fiancheggiata da tre porte e sei torri alte 42 metri, fu edificata dai Valois due generazioni più tardi, attorno al 1410. Il fossato era alimentato dal rû de Montreuil, un ruscello che scendeva da Montreuil-sous-Bois per poi dirigersi verso Parigi e gettarsi nel lago di Saint-Mandé.
    Carlo V, re di Francia, lo trasformò, nel 1365 per farne una dimora confortevole e funzionale alle esigenze della famiglia reale, quindi commissionò la costruzione dell'attuale torrione per custodirvi le proprie collezioni di oggetti d'arte e manoscritti. La costruzione della Saint Chapelle, opera di Pierre de Montereau, fu iniziata nel 1379 secondo il modello di quella del Palais de la Citè a Parigi, e fu la concretizzazione del sogno di Carlo V di affiancare alla fortezza un edificio religioso d'eccezione. All’interno un frammento della corona di spine, rimasto a Vincennes.

    Dall'inizio del XV secolo e fino al XIX secolo, il maschio divenne una prigione, simbolo di una giustizia fatta sotto il vincolo del segreto e dove furono detenuti Fouquet, il Marchese di Sade, Mirabeau. Enrico IV fu uno degli ospiti involontari del castello, nel quale fu imprigionato durante le guerre di religione.
    Nel XVII secolo l’architetto Louis Le Vau costruì per Luigi XIV le ali “del Re” e “della Regina”, e il castello diventò la terza residenza reale. I lavori di ricostruzione non proseguirono oltre, dato che la Reggia di Versailles assorbiva tutti gli sforzi.
    Nel 1796 il castello fu convertito in arsenale di Parigi. Nel 1804 il duca d’Enghien fu fucilato nel fossato del castello. Nominato governatore del castello nel 1812 da Napoleone, il generale Pierre Daumesnil lo difese con accanimento in occasione dell’occupazione di Parigi da parte delle truppe russe e prussiane nel 1814: i prussiani, che volevano impadronirsi dell’arsenale, si scontrarono con l’intransigenza del generale, che con meno di duecento uomini resistette all’assedio, malgrado le pressioni e i tentativi di corruzione, per oltre cinque mesi. Finì per capitolare su ordine di Luigi XVIII e uscì dalla fortezza inalberando il tricolore francese.
    Nel XVIII secolo il castello servì come sede per la nascente Ecole militaire, per alcune armerie e per la Manifattura di porcellane di Vincennes, precorritrice della Manufacture nationale de Sèvres.
    Il parco fu rimaneg-
    giato nel XIX secolo secondo i canoni del giardino all’inglese. Napoleone III affidò a Viollet-le-Duc il compito di restaurare la cappella e il mastio, e donò il castello e la foresta di Vincennes alla città di Parigi.
    Il 15 ottobre 1917 Mata Hari fu fucilata per spionaggio nel fossato della fortezza.
    Il 6 maggio 1931 vi si tenne la Exsposition Coloniale et Internationale de Paris: una vasta esposizione che mostrava l’importanza delle colonie per le nazioni occupate, a scopo di sensibilizzazione.
    Il castello servì come quartier generale per lo Stato Maggiore del generale Maurice Gamelin, incaricato della difesa della Francia contro l’invasione tedesca del 1940. Il 20 agosto 1944 trenta ostaggi furono passati per le armi dalle truppe naziste.
    Nel 1948 trovò sede nel castello, il servizio storico dell’esercito, della marina e dell’aeronautica.
    Nel 1964 Charles de Gaulle, allora presidente della repubblica, voleva lasciare il palazzo dell’Eliseo, che giudicava troppo centrale a Parigi, senza prospettiva sulla capitale e non abbastanza prestigioso per ospitare il capo dello Stato. Scelse il castello di Vincennes come nuovo palazzo presidenziale, ma l’operazione passò in secondo piano di fronte ad altre priorità.
    Il castello di Vincennes, sotto la giurisdizione del ministero della Cultura e del ministero della Difesa, è “monument historique”, dopo il 1988 subì un ampio programma di restauro.

    (Gabry)





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    La musica del cuore


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    I grandi Cantautori Italiani


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    foto:oggi.it



    Alex Baroni


    Alessandro Guido Maria Baroni, detto Alex (Milano, 22 dicembre 1966 – Roma, 13 aprile 2002), è stato un cantautore italiano di musica leggera.

    Inizia la carriera nei primi anni novanta, cantando nei locali milanesi, mentre svolge un'attività parallela come insegnante, dopo essersi laureato in chimica. Diventa presto un apprezzato corista di artisti famosi, tra cui Eros Ramazzotti, Ivana Spagna e Rossana Casale. Dopo un'esperienza iniziale nel duo dei Metrica, nel 1994, pubblica il suo primo album in studio, assieme ad Andrea Zuppini, intitolato Fuorimetrica, per l'etichetta DDD, prodotto da Eros Ramazzotti, con cui duetta nel brano Non dimenticare Disneyland. Quest'album, a lungo introvabile, è stato ristampato nel 2007, con l'aggiunta di un brano inedito, intitolato La lettera, che è anche uno dei quattro nuovi brani poi inseriti nella doppia raccolta Alex Baroni Collection, anch'essa pubblicata nel 2007.

    Nel 1991 è tra i cori dell'album Un'altra strada del cantautore genovese Massimiliano Cattapani.

    Entra nell'Orchestra della Rai e nel 1996, è al Festival della Canzone Italiana di Sanremo in qualità di corista. Nel 1997 comincia la lunga e proficua collaborazione con i produttori di tutti i suoi dischi, Marco Rinalduzzi e Massimo Calabrese che insieme a lui scriveranno quasi tutte le canzoni del suo repertorio. Debutta al Festival di Sanremo 1997 come cantante, nella "Categoria Giovani", e ottiene un grande successo di critica e di pubblico, con il brano Cambiare: Baroni vince il premio come miglior voce del Festival, premiato dalla giuria di qualità, presieduta da Luciano Pavarotti, e il brano vince il "Premio Volare", intitolato a Domenico Modugno (la canzone viene premiata come migliore canzone del Festival).

    Nel frattempo, esce il primo album inciso per l'etichetta discografica Dischi Ricordi, a cui il cantante dà il suo nome d'arte, Alex Baroni, contenente, oltre a Cambiare, altri brani di successo, tra i quali Male che fa male (con un coro costituito da una cinquantina di persone, tra cui la giovane cantante emergente Lara Martelli), Scrivi qualcosa per me (accompagnato dal relativo videoclip che ritrae Baroni in un ambiente simile agli MTV Unplugged più ricercati), Ce la farò (con cui aveva già partecipato alle eliminatorie di "Sanremo Giovani"), la ballata La voce della Luna, e la cover di un brano dei Beatles, intitolato In My Life, posto in chiusura al disco. L'album raggiunge la posizione numero 38 in classifica, e si piazza al numero 138 nella Top 200 di fine 1997.

    Sempre nel 1997, collabora alla versione italiana della colonna sonora realizzata per il film d'animazione della Walt Disney, Hercules, in cui dà la voce all'Ercole adolescente, cantando Posso farcela, una suite suddivisa in tre parti, la seconda delle quali è uno strumentale, eseguito dalla sola orchestra e intitolata O possente Zeus, mentre la terza è una reprise della prima). Nello stesso anno inoltre, è presente al "Premio Città di Recanati" ("Musicultura"), dove canta con un'altra giovane cantante emergente, Zenima, in un duetto che non fa altro che inserirsi nell'infinita serie di duetti che l'artista (subito ribattezzato lo "Stevie Wonder della musica italiana", per via della notevole estensione e per la voce simil-nera) eseguirà durante tutto l'anno.

    Nel 1998, partecipa nuovamente al Festival di Sanremo, questa volta nella "Categoria Big" (grazie alle vendite dell'album omonimo), con il brano Sei tu o lei (Quello che voglio). Il sottotitolo del pezzo, Quello che voglio, viene utilizzato poco dopo per il nuovo album. Oltre alla nuova canzone sanremese, il lavoro contiene altre due tracce molto note, accompagnate dai relativi videoclip, Onde e Dimmi che ci sei. L'album raggiunge la posizione 42 in classifica, e si piazza alla posizione 200 della classifica generale di fine anno, nel 1998, vendendo meno del precedente.

    Il successo porta il giovane artista anche a Sanremo Top, nel maggio 1998, da dove Baroni parte per il nuovo tour dal vivo che, per tutta l'estate, lo ha visto cantare nei maggiori centri della penisola, con un gruppo di musicisti di prestigio. Ad agosto, nel corso della tournée, l'artista ha partecipato, vincendo, al Sopot Festival, la rassegna musicale comunitaria ospitata dalla Polonia. Nel settembre dello stesso anno, sulla scia dei recenti successi esteri, esce, in vari paesi europei (tra cui Paesi Bassi, Germania, Svizzera e Polonia), il disco internazionale di Alex Baroni, intitolato Onde, dal titolo del brano che, nel frattempo, è diventato il suo più grande successo fuori dai confini italiani. La raccolta, oltre alla title-track, contiene i pezzi migliori estratti dai suoi due lavori discografici più recenti, Alex Baroni del 1997, e Quello che voglio del 1998.

    Il 1999 comincia sotto i migliori auspici: nel mese di febbraio, Baroni viene premiato in Campidoglio con l'"Oscar dei Giovani 1998". Il tour di supporto all'album Quello che voglio viene prolungato di alcune date, e si conclude con una serata speciale al Memphis Belle di Roma. Inoltre, Alex partecipa all'album postumo di Ivan Graziani, Per sempre Ivan, nel quale canta, in duetto con Umberto Tozzi, la canzone È stato un viaggio (Vita), il cui testo è di Renato Zero e la musica dello stesso Ivan Graziani. Nei primi giorni del mese di settembre, esce il nuovo singolo Pavimento liquido, il quale, insieme al relativo videoclip (girato nel deserto africano, durante l'estate di quell'anno), anticipa la pubblicazione del terzo album dell'artista, intitolato Ultimamente. Il disco è stato pubblicato il 24 settembre e ha visto la collaborazione letteraria di Renato Zero al brano E il cielo mi prese con sé, che si rivelerà, qualche anno più tardi, tristemente profetico.

    La promozione del nuovo atteso lavoro viene affidata, per lo più, ai video delle canzoni Pavimento liquido e Fuori di qua, vista la decisione di non estrarre alcun singolo e la mancata partecipazione al Festival di Sanremo, dove il brano da lui proposto, la title-track dell'album appena pubblicato, Ultimamente, non passa le selezioni (il brano non viene, però, incluso nel lavoro del 1999, a cui dà il titolo; riemergerà, invece, nel disco postumo C'è di più, del 2004, di cui sarà il singolo trainante).

    Il disco riceve una massiccia copertura radiofonica, ma non riesce a eguagliare le vendite dei due album precedenti. Baroni non si perde comunque d'animo e s'imbarca in un lunghissimo tour che, a differenza dei precedenti, durerà due anni, invece di uno solo. Il cantante non rinuncia comunque a nessuno degli spettacoli del tour, compresi i concerti gratuiti per i fan o di beneficenza per vari enti già programmati in partenza, rispettando anche gli impegni presi con i colleghi. Durante la tournée di Massimo Di Cataldo, incentrata sul repertorio dei Beatles, i due artisti duettano in molti classici dello storico gruppo britannico, mentre Baroni sceglie di cantare Solo per te, tratta dal suo ultimo album, che gli permette di esibire la sua notevole estensione vocale.

    Inoltre mette alla prova la sua abilità di paroliere, collaborando alla stesura di È la verità, poi inserita nell'album Girasole di Giorgia, sempre nel 1999. Per la cantante romana, Baroni scriverà anche il testo di Prima di domani, una delle tracce dell'album successivo di Giorgia, Senza ali (2001), mentre Giorgia restituirà il favore al compagno, collaborando con lui alla composizione del testo di Fuori dalla mia finestra, uno dei brani di Ultimamente. Queste ultime due canzoni dimostrano, tra l'altro, la bravura di entrambi nell'assumere un punto di vista letterario neutrale, visto che Baroni scrive per la compagna dal punto di vista femminile, e la Todrani, a sua volta, compone la sua traccia dal punto di vista maschile.

    Quanto all'ultimo disco di Baroni, mentre Pavimento liquido riceve anche un'inaspettata accoglienza positiva nelle discoteche estive, i brani di Ultimamente più richiesti in radio diventano in breve tempo anche Fuori di qua (nella quale partecipa Giorgia nei cori) e Viaggio. Al video di quest'ultimo, si affianca ben presto anche il videoclip promozionale di Fuori di qua, in cui Baroni compare legato, mani e piedi, a una sedia. L'album comprende anche un'altra cover dei Beatles, Mother Nature's Son, che chiude elegantemente la terza fatica discografica dell'artista milanese, ormai star a tutto campo, sia in Italia che in Europa.

    In questo periodo Alex dà inizio a proficue, nonché spesso costosissime, collaborazioni con artisti della scena internazionale, come l'ex Kajagoogoo Limahl, il cantante e paroliere dei Duran Duran nonché marito della modella iraniana Yasmine Parvenah, Simon Le Bon, l'ex Wham! George Michael, l'ex leader dei Culture Club, Boy George. Come ultimo progetto, si propone di riunire gli Spandau Ballet, progetto che a causa della morte repentina, non riesce a ultimare.

    Il 19 marzo 2002, Alex Baroni è vittima di un incidente stradale a Roma. Mentre sta percorrendo in moto la circonvallazione Clodia, si scontra presso piazzale Clodio con un'auto. Le sue condizioni appaiono subito gravissime. Viene ricoverato all'ospedale Santo Spirito di Roma dove muore il 13 aprile, dopo tre settimane di coma, all'età di trentacinque anni.

    Il conducente dell'auto è stato rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio colposo. Il processo si è concluso con l'assoluzione in quanto si è accertato che era lecitamente impegnato in una manovra verso sinistra quando fu urtato dalla moto di Alex Baroni che sopraggiungeva a forte velocità. Già prima della sentenza, i familiari di Baroni erano stati risarciti dall'assicurazione Unipol con la somma di 320 mila euro e avevano ritirato la costituzione di parte civile.

    In autunno esce postuma la sua prima raccolta, intitolata Semplicemente (nota anche come Semplicemente Alex Baroni, dalla lettura continua del titolo del disco e del nome dell'autore, sulla copertina della raccolta, che lo ritrae, come le altre foto nel libretto, durante la session fotografica realizzata nel deserto africano), che contiene, oltre ai suoi più grandi successi (scelti dagli stessi fans, tramite un sondaggio condotto sul sito web ufficiale), tra cui Onde, Cambiare e Sei tu o lei (Quello che voglio), anche tre brani inediti, che avrebbero dovuto far parte dell'album al quale stava lavorando nella "primavera della sua vita" (così scrive il fratello Guido nelle note di copertina, annunciando la nascita del «Comitato Alex Baroni», con lo scopo di raccogliere fondi e organizzare eventi artistici di beneficenza, nel ricordo di Baroni).

    Dei tre nuovi pezzi, La distanza di un amore, Speriamo e Binario 4 (che danno un'idea del nuovo sound che Baroni stava sviluppando, lontano dai suoi abituali produttori, I Piloti), il primo viene utilizzato per promuovere l'intero album, che diventerà, in breve tempo, l'album più venduto del cantante, raggiungendo la posizione numero 2 in classifica e piazzandosi alla 17 nella classifica italiana generale di fine annata 2002 (il migliore risultato ottenuto da Baroni in assoluto).

    La cantante Giorgia, con cui è stato legato sentimentalmente, gli ha dedicato le canzoni Per sempre, Gocce di memoria, Marzo; quest'ultima è stata inserita nella sua raccolta del 2002, a lui interamente dedicata, Greatest Hits - Le cose non vanno mai come credi, il cui titolo allude chiaramente al tragico evento che le ha portato via l'ex-compagno e, al momento dell'incidente, ancora grandissimo amico. La canzone Marzo è accompagnata da un videoclip, dominato da colori scuri e tinte tenui, in cui la magrezza spettrale dell'artista e la sua triste bellezza non fanno che aggiungere ulteriori elementi, perfettamente in linea con il tema del brano. Il brano Per sempre è invece incluso nel CD Ladra di vento. L'assenza di Alex Baroni nella vita della cantante Giorgia è una tematica che si ripresenta anche in altri brani della cantautrice romana quali L'eternità e Parlo con te.

    Il 15 ottobre del 2004, esce C'è di più, un intero album di inediti (il quinto, considerando anche il primissimo Fuorimetrica) scritti e interpretati tra il 1998 e il 2002. L'album si chiude con un medley di due classici, Yesterday dei Beatles e Imagine di John Lennon, legate insieme, in un concerto dal vivo, tenuto da Baroni, anni prima, sulla gradinata della Cattedrale di San Bernardino de L'Aquila, in occasione dei festeggiamenti della "Perdonanza Celestiniana", con la partecipazione dell'Orchestra Sinfonica Abruzzese. Trascinato dal singolo Ultimamente e da alcuni altri brani di punta, tra cui il citato medley, il pezzo di apertura, Libero, e la title-track, l'album C'è di più raggiunge la posizione numero 17, piazzandosi alla 186, nella classifica italiana annuale del 2004.

    Il 16 novembre 2006 esce un CD tributo, coerentemente intitolato Alex-Tributo ad Alex Baroni, un omaggio di molti dei suoi amici musicisti e coristi, con fini totalmente no profit e di beneficenza. I proventi della vendita di questo disco vengono devoluti al «Comitato Alex Baroni». Tra i partecipanti vi sono stati Mario Biondi, Manuela 'Manu' Cortesi, Silvio Pozzoli, Giorgio Secco, Paolo Costa, Amedeo Bianchi, Pier Foschi, Nicola Peruc e altri.

    Sempre nel corso del 2006, viene ripubblicata la raccolta Semplicemente del 2002, in una nuova versione Dual Disc: il Lato CD Audio ripropone, rimasterizzati, i tre inediti postumi del 2002 e gli 11 brani che, da un sondaggio, erano risultati i preferiti dai fans, tratti dai tre album di studio del 1997, 1998 e 1999, mentre il Lato DVD comprende i cinque videoclip girati per promuovere i brani Scrivi qualcosa per me (dall'album omonimo Alex Baroni del 1997), Onde e Dimmi che ci sei (da Quello che voglio del 1998), Pavimento liquido e Fuori di qua (da Ultimamente del 1999), oltre a una gradevole galleria fotografica. L'audio di Onde è leggermente diverso dalla versione dell'album (nell'introduzione sono aggiunti dei vocalizzi di Baroni, che erano presenti solo nel videomix e in alcune esecuzioni dal vivo, finora inedite).

    A fine maggio del 2007, esce invece una nuova, doppia raccolta di successi intitolata Alex Baroni Collection, contenente anche tre inediti (La vita è un dado, Vorrei e la cover, rielaborata, in italiano, con il titolo di Sei la sola che vorrei, di Another Star, un pezzo del suo artista preferito, Stevie Wonder), nonché un quarto "nuovo" brano, La lettera, in realtà già edito, ma poco conosciuto, tratto dalla ristampa dell'album Fuorimetrica dei Metrica, il duo in cui Alex aveva esordito come cantante, agli inizi della sua carriera. L'album, il primissimo realizzato da Baroni in coppia con Zuppini venne ristampato, con l'aggiunta del nuovo brano, La lettera, nel 2007.


    Dal 1997 al 2002 è stato legato sentimentalmente alla cantante Giorgia.


    fonte: wikipedia.org




    Pavimento liquido


    A quattordici anni dalla scomparsa di Alex Baroni, la cantante Giorgia twitta un verso della canzone “Pavimento liquido”, scritta proprio dal cantautore romano: “Fra le stelle che non muoiono sarò”. Un gesto che la cantante ripete ogni anno, per ricordare la memoria dell’ex fidanzato, tragicamente scomparso quattordici anni fa a causa dei traumi riportati per un brutto incidente in moto.

    E dire che non ci penso quasi più
    il mio pianeta ormai, é piccolo laggiù.
    Quanta libertà oltre queste nuvole
    nuovi mondi ma, io sto cercando te
    Sto cercando te da tanto tempo ormai
    nel vuoto dentro me, una cometa sei.
    E io vivo fra le nuvole,
    vivo senza regole
    infinito viaggio verso te.
    Pavimento liquido un amore solido
    nello spazio aperto io vorrei, vorrei
    La velocità è al limite rallentare solo un po'
    Ti riprenderò, -non è facile-,
    fra le stelle che non muoiono sarò
    non ritornerò, non posso farlo più.
    Sto cercando te, da tanto tempo ormai
    nel vuoto dentro me una cometa sei
    E io vivo fra le nuvole,
    vivo senza regole
    infinito viaggio verso te.
    Pavimento liquido un amore solido
    nello spazio aperto io vorrei, vorrei oh vorrei
    Tempo ci sarà finchè mi manchi tu
    lo spazio finirà, se non ti cerco più
    Vivo fra le nuvole,
    vivo senza regole
    infinito viaggio verso te - senza limite-
    Pavimento liquido un amore solido
    nello spazio aperto io vorrei -non è facile-.
    Vivo fra le nuvole,
    vivo senza regole
    infinito viaggio verso te. senza limite-
    Pavimento liquido un amore solido
    nello spazio aperto io vorrei, non è facile


    (Ivana)





    RUBRICHE






    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA


    Basket: 74-70 a Reggio Emilia, Milano campione d'Italia.

    In gara 6 della finale scudetto, chiudendo la serie sul 4-2. Milano è campione d'Italia di basket 2015/2016. L'Ea7 ha battuto 74-70 a Reggio Emilia la Grissin Bon in gara 6 della finale scudetto, chiudendo la serie sul 4-2.

    Milano campione per la 27/a volta, Reggio si inchina

    EA7 Milano campione d'Italia. Questo l'esito di gara 6 giocata al PalaBigi di Reggio. Al termine di una partita tesissima e intensissima l'Olimpia conquista il suo ventisettesimo scudetto, con pieno merito. Ma un plauso anche agli avversari, che ci hanno provato fino alla fine ma ai quali, nei momenti decisivi, è mancata un po' di lucidità. Artefice del successo lombardo il trio Gentile-Sanders-Simon. In casa reggiana ci ha provato un encomiabile Kaukenas, sorretto, a tratti, da Della Valle e Polonara, ma non è bastato. Avvio in linea con i precedenti match giocati al PalaBigi, ovvero in grande equilibrio. Al 3' il tabellone recita infatti: 9-9. Il trend non muta fino alla conclusione del parziale, chiuso dagli ospiti in lieve vantaggio, con Aradori da un lato e Simon dall'altro in evidenza. Il secondo quarto segue il leit-motiv dei precedenti dieci minuti, Gentile si prende in spalla l'Armani, Reggio risponde col collettivo. A metà frazione padroni di casa sopra di 1 (28-27). Due minuti più tardi arriva il primo break del match (10-0), con la truppa di Menetti a spingersi sino al +11 (38-27) sull'asse Della Valle (8 punti quasi consecutivi) Kaukenas. Chiusa la prima metà della contesa in vantaggio di 9 lunghezze la truppa di Menetti subisce in tre minuti, al ritorno in campo dall'intervallo lungo, un 7-0 da parte dell'EA7 propiziato da due incredibili errori di Veremeenko da sotto canestro. Ad interrompere il digiuno reggiano è Kaukenas, con il match che resta in equilibrio fino quasi alla terza sirena. Con gli uomini di Repesa a far valere la fisicità e Polonara e compagni a rispondere con intensità e talento. A spezzarlo, negli ultimi secondi, una "bomba" di Needham. I dieci minuti finali non sono certo uno spot per il basket, col gioco molto spezzettato, il nervosismo a mille e i canestri molto rari. Nella "bagarre" è l'intramontabile Kaukenas a salire in cattedra con 9 punti di fila, sulla sponda opposta rispondono Simon e Kalnietis e a 3' dalla conclusione il tabellone dice 61-62 pro Armani. Quando poi Sanders, poco dopo, sigla il tiro da 3 del +5 il titolo tricolore sembra prendere la via della Madunina. Reggio però non vuole arrendersi e a 50 secondi torna a -2 grazie a Della Valle. A 19 secondi dalla fine la Grissin Bon ha in mano il possesso del possibile overtime, ma la conclusione di Aradori è affrettata, e Gentile infila, successivamente, i liberi che mettono in sicurezza la contesa e lo scudetto per i suoi.
    (Ansa)




    Giro Svizzera: tappa e maglia per Sagan.
    Campione del mondo vince volata a tre nella terza frazione. Peter Sagan concede il bis. Il campione del mondo ha vinto sotto la pioggia anche la terza tappa del Giro di Svizzera, da Grosswangen a Rheinfelden, di 192,6 km, bissando il successo del giorno precedente e indossando la maglia di leader della classifica generale. Lo slovacco è scattato dal gruppo a 13 km dall'arrivo per andare a riprendere Silvan Dillier e Michael Albasini che erano scattati un paio di km prima. Nello sprint il campione del mondo è stato implacabile, precedendo i due compagni di fuga.
    (Ansa)




    Formula 1 prima volta in Azerbaigian, Vettel 'pista è super'.
    Cittadino più veloce. Tedesco Ferrari,non vedo ora correre a Baku. In un'autentica lotta contro il tempo la Formula 1 si sposta dal Canada all'Azerbaigian, per il ritorno in calendario del Gran Premio d'Europa, assente da Valencia 2012. Prima novità dopo il debutto della Russia nel 2014, il circuito realizzato nella zona della città vecchia della capitale Baku è secondo per lunghezza (6,007 km) solo a quello di Spa-Francorchamps (7,004 km). L'analisi finora solo virtuale del tracciato lo annuncia come il circuito cittadino più veloce mai visto e tra le sue caratteristiche annovera un rettilineo lungo 2,2 km e una sequenza di curve (8, 9 e 10) in cui la sede stradale è larga poco più di 7 metri. "Non conosco l'Azerbaigian e non vedo l'ora di andarci, ne ho sentito parlare molto bene - afferma Sebastian Vettel alla vigilia della prova - Sembra che il tracciato sia entusiasmante, in buona parte attraversa la città e in alcuni punti è molto stretto. In generale amo i circuiti cittadini, di solito sono molto difficili, con fondo irregolare e stretti; spero che anche Baku risponda a queste caratteristiche". "Finora lo abbiamo visto solo al simulatore - aggiunge l'ingegnere di pista del pilota tedesco della Ferrari, Riccardo Adami come riporta il sito media della casa di Maranello - Abbiamo fatto una sessione dedicata per impararne le caratteristiche. Si tratta di una pista molto difficile, con tante curve e un lungo rettilineo. La curva 8 è molto impegnativa, la pista si restringe, molto più di come accade sul tracciato di Montecarlo". A proposito delle condizioni meteo, Adami rileva che "dovrebbe fare caldo e ci si aspetta parecchio vento, fattore da tenere in considerazione per gli assetti: Dovremo fare scelte di compromesso per il degrado delle gomme e per avere aderenza nella parte mista, fatta di rettilinei, frenate importanti e curve lente".
    (Ansa)

    (Gina)





    GOSSIPPANDO!!!




    PAOLA CARUSO SI È FIDANZATA, LA BONAS CONFERMA I GOSSIP




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    Arriva la conferma da Paola Caruso, l'ex naufraga dell'Isola dei Famosi si è fidanzata, ecco le ultime novità sulla Bonas di Avanti un Altro!.

    Uno dei personaggi che più hanno fatto discutere di se' in virtù della sua partecipazione all'ultima edizione del reality Isola dei Famosi è Paola Caruso. La Bonas di 'Avanti un altro!' infatti è stata spesso al centro delle polemiche e delle critiche degli altri concorrenti. Tra l'altro le critiche e le frecciatine continuano ancora oggi, nonostante siano passate parecchie settimane dalla conclusione del programma condotto in prima serata su Canale 5 da Alessia Marcuzzi. Nonostante tutte le polemiche il noto volto televisivo è sempre più concentrata sui prossimi impegni lavorativi e artistici. Nel frattempo la showgirl ha rivelato di essere nuovamente innamorata. Al momento però la ex naufraga dell'Isola dei Famosi non ha voluto rivelare l'identità del fortunato.

    La showgirl potrebbe diventare conduttrice di Colorado
    Nel corso di un'intervista radiofonica Paola Caruso ha rivelato di essersi innamorata. Del suo sentimento, la Bonas di Avanti un Altro!, si è resa conto proprio mentre si trovava sull'Isola dei Famosi. Dunque l'esperienza in Honduras è servita non solo per ottenere maggiori opportunità lavorative, ma anche per chiarire meglio i suoi sentimenti. Inoltre secondo le ultime indiscrezioni che provengono direttamente da Mediaset, si vocifera che la showgirl potrebbe presto diventare conduttrice della prossima edizione di Colorado, il noto programma che va in onda ormai da molti anni su Italia 1.

    Addio ad Avanti un Altro?
    Questa opportunità lavorativa deriverebbe dalla bella figura fatta in Honduras all'Isola dei Famosi, dove Paola Caruso è stata una delle maggiori protagoniste. Inoltre durante la sua esperienza nel reality show di Canale 5, il noto volto televisivo ha pure messo in evidenza una certa ironia, che ha molto colpito i dirigenti di Mediaset, che dunque la vedrebbero bene alla conduzione di un programma comico come 'Colorado'. Questo potrebbe portare dunque alla fine della sua esperienza ad 'Avanti un Altro!'. Vedremo dunque nelle prossime settimane come si evolveranno le cose.


    fonte:http://it.blastingnews.com/


    (Lussy)





    … TRA CURIOSITA’ E CULTURA …



    FEMMINILE E FEMMININO.
    DONNE A CASA ANDERSEN

    dal 27 Maggio al 02 Ottobre 2016



    Il 27 maggio 2016, il Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli ha presentato al Museo Hendrik C. Andersen la mostra Femminile e femminino. Donne a casa Andersen.
    Attraverso le opere dei fratelli Hendrik e Andreas Andersen la mostra propone un viaggio nell’universo femminile a cavallo fra Ottocento e Novecento.

    Il percorso espositivo intende mettere in luce aspetti duraturi o mutevoli della multiforme e complessa costellazione del femminile. Fu Johann Wolfgang von Goethe a coniare la definizione di eterno femminino affermando “tutto ciò che passa non è che un simbolo, l'imperfetto qui si completa, l'ineffabile è qui realtà, l'eterno femminino ci attira in alto accanto a sé” (Faust). In tal modo lo scrittore tedesco enfatizza la “potenza” della donna che attira al cielo e conduce l'uomo fuori della dimensione del tempo. L'eterno femminino non va confuso con la “femminilità” che è piuttosto la somma dei tratti tipici che distinguono le donne nell'atteggiamento e nel gusto.
    La mostra ha il pregio di presentare la cospicua collezione di ritratti, generalmente non visibili, che insieme agli arredi, alle fotografie d’epoca, ai libri e alle sculture testimoniano lo sforzo di Hendrik di trasformare la sua abitazione in un luogo vivo e pulsante di relazioni e di scambio.

    La casa, da sempre simbolo del femminile, s’identifica qui con il corpo della donna che non è altro che “una proiezione e un'espansione della sua anima” (Praz, 1939) che assurge così a simbolo, raccontando le storie dei personaggi che l’hanno vissuta e frequentata. Attraverso un intreccio fatto di oggetti e memorie l'esposizione ricostruisce un’epoca e un modo di “abitare”. La casa di Hendrik Andersen è stata infatti concepita dall'artista come un crocevia di esistenze ed esperienze di cui la mostra intende mettere in risalto la sapiente ed equilibrata sintesi.
    (www.arte.it)

    (di Daniela Giammusso) (ANSA) - ROMA, 2 GIU - I grandi nudi statuari, in marmo bianco, della Fontana di conoscenza infinita. Ma anche l'attimo intimo dell'amica Ethel Cochrane che si ravviva i capelli allo specchio. O la leggera serenità della celebre collezionista Isabella Stewart Gardner, distesa in giardino tra i glicini a Green Hill. La donna e la sua essenza sono tornate protagoniste in Casa Andersen, ultima dimora romana dello scultore, pittore e urbanista americano di origini norvegesi, oggi diventata Museo Hendrik Christian Andersen e che fino al 2 ottobre ospita la mostra a cura di Maria Giuseppina Di Monte, 'Femminile e femminino. Donne a casa Andersen'. Un viaggio attraverso le opere di Hendrik (1872-1940) e alcune del fratello Andreas, che oltre a raccontare la filosofia dell'artista ripopolano idealmente la sua casa e i suoi salotti delle tante figure femminili che animarono la sua vita.
    Nella capitale Hendrik Andersen visse infatti per oltre quarant' anni, lavorando all'utopia della Città perfetta con il progetto per un Centro Mondiale di Comuni-
    cazione. Lui stesso progettò arredi e decori di quella che in onore della madre ribattezzò Villa Helene, in Via Pasquale Stanislao Mancini, a due passi dal Tevere. Trasformato per molti anni in albergo dalla sorellastra Lucia, per volontà dello stesso Hendrik, alla morte della donna il villino passò poi allo Stato, fino a diventare Museo nel '96, oggi nel Polo Museale Romano.
    "La mostra - racconta la direttrice Maria Giuseppina Di Monte - è un'occasione per riscoprire la sua casa e lo spirito che la animava. Andersen non solo poneva uomini e donne sullo stesso piano. Ma considerava la donna il tramite per l'elevazione dell'uomo. Riprendendo il pensiero di Goethe, però, era convinto anche che il femminino appartenesse ad entrambi, senza distinzione". In un ideale itinerario tra il grande l'atelier e lo studio del piano terra, dove il maestro lavorava ed esponeva le opere finite, e poi il piano superiore, nelle stanze private e nel salotto a grandi vetrate, dove stucchi e decori si specchiano nei soffitti affrescati di allegorie, tutte al femmine, sono oggi esposte 70 opere, tra disegni, tele, bozzetti, nudi, ma anche oggetti personali, fotografie d'epoca, scritti, libri, ritrovati nei depositi del museo e generalmente non visibili. In cinque sezioni raccontano Hendrik (e suo fratello Andreas) tra donne 'prototipo' come la Sirenetta, Eva, la Maddalena e Psiche, e donne 'reali', come l'amatissima madre Helene, la cognata Olivia Cushing (colta, sensibile e soprattutto ricchissima mecenate per i suoi lavori) e la sorella adottiva Lucia Lice, giunta dalla Ciociaria come cameriera e poi diventata modella e sua ultima erede. "La casa stessa - aggiunge la Di Monte - era per lui simbolo del femminile e metafora dell'accoglienza". Ecco allora anche il popolo delle donne che Hendrik, "molto vicino ai rosacrociani, all'animismo e agli steineriani", stimava: dalla pittrice Mabel Norman alla scrittrice e giornalista femminista Julia Ward Howe, oltre alle più belle attrici e cantanti della città. E non manca il carteggio con lo scrittore Henry James, al quale era legato da una stretta e, pare, affettuosa, amicizia. Fino alla donna nella città perfetta e in quella complessa monumentale Fontana della Vita, scandita da sculture in marmo alte 2-3 metri, alla quale lavorò incessantemente sin dal 1904 come fulcro del Centro Mondiale che si sarebbe nutrito degli sforzi dell'intera umanità nel campo dell'arte, della scienza e della religione, del commercio, dell'industria e della legge. E nella quale Andersen immaginava la completa partecipazione delle donne.

    (Gabry)





    BALLERINI FAMOSI!!!




    Alonso Alicia


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    Alicia Alonso, pseudonimo di Alicia Ernestina de la Caridad del Cobre Martínez Hoyo (L'Avana, 21 dicembre 1921), è una ballerina e coreografa cubana.


    Biografia
    Alicia Alonso si affaccia al mondo della danza nel 1931 a L'Avana, presso la scuola di balletto della Sociedad Pro-Arte Musical, con Nikolai Yavorsky, e danza a Cuba con il nome di Alicia Martinez.

    A 15 anni si sposa con il partner, il ballerino Fernando Alonso, e adotta il nome di Alicia Alonso.

    220px-Alicia_Alonso_1955Continua gli studi a New York con Anatole Vilzak e Ludmilla Shollar alla Scuola dell'American Ballet e più tardi a Londra con Vera Volkova. La sua carriera professionale inizia però negli Stati Uniti nel 1938. Danza in molte commedie musicali come Great Lady nel 1938 e Stars In Your Eyes nel 1939 (coreografia di George Balanchine).

    A 19 anni diventa parzialmente cieca. I suoi compagni devono trovarsi esattamente là dove lei pensa che si trovino; si aiuta inoltre con le luci per orientarsi sulla scena.

    Nel 1939 entra nella compagnia fondata da George Balanchine, l'American Ballet Caravan, precursore dell'attuale New York City Ballet. Nella prestigiosa e nuovissima compagnia passerà i migliori anni della sua carriera di ballerina interpretando i grandi ruoli del balletto classico. Nominata étoile, avrà l'occasione di lavorare con i più grandi coreografi del tempo: Michel Fokine, George Balanchine, Léonide Massine, Bronislava Nijinska, Antony Tudor, Jerome Robbins e Agnes de Mille.

    Le sue versioni dei grandi balletti classici sono note a livello internazionale: all'Opéra national de Paris (Giselle, Grand pas de quatre, La Belle au bois dormant), all'Opera di Vienna e al Teatro di San Carlo di Napoli (Giselle), all'Opera di Praga (La fille mal gardée) e alla Scala di Milano (La Belle au bois dormant).


    Alicia Alonso e il balletto nazionale di Cuba (Grand Palais, Paris) 2007
    Desiderosa di dare un contributo allo sviluppo del balletto a Cuba, il suo paese d'origine, fonda nel 1948 a L'Avana il Ballet Alicia Alonso. Questa compagnia prenderà in seguito il suo nome attuale di Ballet Nacional de Cuba, compagnia che ancora oggi ella continua a dirigere.

    Nel 2002 è nominata ambasciatore di buona volontà dall'UNESCO per il contributo allo sviluppo e alla salvaguardia della danza classica.



    Riconoscimenti
    1958: Dance Magazine Annual Award
    1964: Cavaliere del Lavoro della Repubblica Democratica del Vietnam
    1966: Grand Prix de la Ville de Paris
    1966: Premio Anna Pavlova dell'Università della Danza,
    1985: Medaglia d'oro del Gran Teatro de L'Avana
    1999: Medaglia Pablo Picasso dell'UNESCO



    (Lussy)





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    foto:svetla.dreamadv.eu



    Salute e Benessere




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    foto:sloveniabenessere.it

    Terme Laško


    Laško unisce l’attraente panorama del fiume e le bellezze sorprendenti delle acque termali. L’energia stimolante e il biocampo di alta qualita dell’acqua che aiuta a ripristinare l’equilibrio energetico nel corpo, sono scientificamente provati. La benefica composizione ionica e le forme regolari dei cristalli d’acqua da 150 anni aiutano a ripristinare la salute e favoriscono il benessere.

    Fonti dalle tradizioni secolari ma con panorami sorprendentemente nuovi
    Le forze ristoratrici e salubri dell’acqua termale di Laško erano note gia ai legionari romani, nel medioevo qui ritornavano i missionari, qui le lavandaie attingevano l’acqua calda per il loro bucato. A meta del XIX sec., fu costruito il mondano centro di villeggiatura dell’imperatore austriaco Francesco Giuseppe I. Laško conserva la bellezza del passato, e con il nuovo centro termale sotto la poderosa cupola vetrata crea sorprendenti immagini del presente.


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    foto:1.bp.blogspot.com


    Centro di cura rinomato, nuovo paradiso di benessere

    Il centro del turismo sanitario propone programmi preventivi e curativi. Il Wellness Park Laško, in una posizione straordinaria direttamente sopra il fiume, e il vero paradiso per giochi, riposo e relax nel piu moderno centro balneare con centro saune. Gia al primo sguardo vi entusiasmera la sua architettura con una cupola vetrata apribile, piscine con massaggi e soprattutto la piscina massaggi scoperta, a forma di cristallo d’acqua di Laško, direttamente sopra la confluenza dei fiumi Rečica e Savinja.


    Punto d'eccellenza

    La scelta giusta per chi punta sull’acqua nelle sue forme piu belle
    - forza cristallina dell’acqua
    - cupola di vetro decisamente unica
    - simbiosi con la natura
    L’acqua di Laško ha uno straordinario biocampo e crea cristalli d’acqua sorprendentemente regolari. La cupola vetrata apribile sopra le piscine e la prima del genere in una vasta area! La piscina con massaggi all’aperto si affaccia sulla confluenza dei fiumi.


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    foto:sloveniabenessere.it


    Trattamenti sanitari


    Fattori curativi
    Fonti di acqua termale con una temperatura da 31 a 34° C

    Indicazioni
    Stati postraumatici e postoperatori del sistema locomotore con perdite della funzionalita, reumatismi degenerativi articolari ed extraarticolari, specie della colonna vertebrale, patologie muscolari e neurologiche, stati dopo ictus cerebrale, disturbi della circolazione, malattie ginecologiche, malattie cardiovascolari e della pelle.

    Terapie
    Balneoterapia, cinesiterapia, elettroterapia, termoterapia, magnetoterapia, terapia nel campo magnetico con laser, terapia occupazionale.

    Programmi
    - programmi terapeutici: programma per la prevenzione del mal di schiena, programma per le persone che soffrono di sclerosi multipla, programma per i pazienti emiplegici, programma per i malati di fibromialgia e per le persone con malattie reumatiche
    - programmi preventivi: programma per manager, programmi preventivi per donne e per uomini, programma antistress, programma contro l’osteoporosi
    - riabilitazione per i paraplegici, per i pazienti con sclerosi multipla e per le persone con malattie cardiovascolari



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    Benessere


    Centro della salute e della bellezza e Wellness Spa Center
    - beauty center (trattamenti naturali e speciali del viso e del corpo)
    - bagni romantici (di Diana e di Apollo, Birra & Fiori, Giulietta & Romeo, Ballo di Rusalka ...)
    - centro pedicure (pedicure reali …)
    - salone massaggi (massaggi classici, ayurvedici, aromatici, riflessoterapie, anticellulite e shiatsu, massaggi con pietre calde, massaggio »fonte della giovinezza«,massaggio con mazzetti di erbe calde)


    Indicazioni

    malattie reumatiche, malattie neurologiche, lesioni del sistema locomotore, malattie ginecologiche


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    foto:sloveniabenessere.it


    Tempo libero e svago :

    Zdravilišče Laško
    - Centro termale: piscina termale coperta e scoperta, piscina per i piu piccini, piscina per bambini scoperta, piscina Kneipp con ciottoli di fiume, piscina per massaggi;
    - Sauna center: sauna delle 1001 notte, Caldarium, sauna all’aperto, sauna finlandese con cristalli di sale, sanarium con aquaviva, sauna finlandese con cromoterapia
    - Fitness center


    Wellness park Laško

    - Centro termale: piscina con onde, wirlpool sopra le piscine, percorso Kneipp, zona divertimento per i bambini, piscina ricreativa con massaggi, fiume veloce, toboga, piscine natatorie e per bambini, piscina termale coperta e all’aperto, scivolo ad acqua, piscina con massaggi a forma di cristallo
    - Sauna center: saune con l’aria speciale di Laško e viste panoramiche, sauna infrarossa, Laconium,
    Sanarium, saune classiche finlandesi e bagni turchi, piscine termali coperte e scoperte, bar
    - Ricreazione: yoga, meditazione, cromoterapia, risveglio muscolare in palestra, ginnastica pomeridiana nella piscina termale, camminata nordica, aquagym, giochi nell’acqua per bambini, giochi sportivi e di famiglia ...




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    foto:tripadvisor.com


    Segnavia per escursionisti :
    Nella parte vecchia della città di Laško ci sono tantissimi monumenti culurali da vedere, nelle vicinanze c'è il castello di Laško con ristorante, vinoteca e sala matrimoni, la nota birreria Laško, la chiesa di Mariagradec con gli affreschi del XVI. secolo, percorsi per fare passeggiate ed altre metà turistiche da visitare.

    fonte:sloveniabenessere.it


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    foto:slovenia.info
    castello Tabor - Lasko



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    foto:slovenia.info
    chiesa di Mariagradec-lasko


    (Ivana)





    ... PARLIAMO DI ...



    ERMAFRODITO


    Ermafrodito, in greco antico Ἑρμαφρόδιτος, è un personaggio della mitologia greca, figlio di Ermes e di Afrodite. Dalla loro unione nacque un bambino dalla straordinaria bellezza e, proprio per la raggiunta perfezione dei tratti maschili e femminili, fu chiamato Ermafrodito, con la fusione dei nomi di entrambi i genitori.
    Secondo il poeta latino Publio Ovidio Nasone era un ragazzo molto bello che venne trasformato in un essere androgino dall'unione fisica soprannaturale avvenuta con la ninfa Salmace.
    Ermafrodito è unico nel mito greco, nonostante anche il veggente Tiresia aveva vissuto parte della propria esistenza sia come uomo che come donna, ma mai sperimentando i due generi sessuali allo stesso tempo.

    Figlio della Dea dell'amore e del signore delle erme è stato a lungo un simbolo classico di androginia ed effeminatezza, ritratto nell'arte greco-romana come una figura femminile dotata di genitali maschili.
    Teofrasto asserisce che possa sussistere un legame tra Ermafrodito e l'istituzione del matrimonio; data l’ incarnando sia le qualità maschili che quelle più prettamente femminili, simboleggiava l'unione di uomini e donne nella sua qualità di evento sacro.
    I genitori divini sono entrambi figure erotiche e rappresentanti della fertilità, che possiedono sfumature distintamente sessuali. Talvolta "Hermaphroditus" viene denominato ed equiparato ad Afrodito, la versione maschile di Afrodite. Il dio itifallico Priapo in alcune versioni del mito è considerato anch'esso figlio di Ermes, quindi fratello di Ermafrodito; mentre lo stesso dio giovanile del desiderio erotico e della passione amorosa, Eros, lo si considera figlio di Afrodite.
    Il bimbo nacque sul monte Ida, ma Afrodite, colta da tardivo senso di colpa per l’adulterio, si separò presto dal piccolo e lo affidò alle cure delle ninfe Naiadi. Intorno all’età di 15 anni, il giovane decise di lasciare il luogo di nascita e di intraprendere un viaggio attraverso tutta la Grecia. Oltre alla bellezza, aveva ereditato dai genitori la scaltrezza e l’intraprendenza, condite da una robusta curiosità per le cose della vita. Il corpo, attraente e delicato come quello di una donna, non mancava del vigore e della forza maschili. Viaggiò verso le città della Licia fino a giungere in Caria, sulle rive di un grande lago ; per via di una giornata estremamente calda, sentì la necessità di bagnarsi presso una fonte.
    Secondo la versione che Publio Ovidio Nasone racconta nelle sue Metamorfosi, qui, in un boschetto nei pressi di Alicarnasso, lo vide la giovane ninfa Salmace, figlia di Poseidone dio del mare, la quale si innamorò immediatamente di lui, cercò di sedurlo, ma fu respinta.
    Salmace stette di nascosto ad ammirare Ermafrodito, fino a quando egli non si spogliò ed entrò nelle acque vuote; allora questa, appena vide il giovinetto cominciare a bagnarsi nel lago, saltò fuori da dietro un albero e si gettò su di lui. La ninfa, allora, fece quest’ ultimo disperato tentativo: lo abbracciò fortissimo e lo trascinò con sé verso il basso. Il ragazzo provava a divincolarsi dall’abbraccio mortale, ma Salmace era determinata a non lasciarlo andare. Mentre erano così avvinghiati, lei pregò suo padre e tutti gli Dei affinché le concedessero la grazia di restare unita a lui per sempre. Nel frattempo, lui pregò i propri genitori affinché chiunque si bagnasse in quelle acque nel futuro subisse la sua stessa sorte.
    Il suo desiderio venne accolto e i due divennero un essere solo, i loro corpi furono mescolati in una creatura di entrambi i sessi, metà maschio e metà femmina. Ermafrodito ottenne in seguito dagli dei che chiunque si fosse immerso in quella stessa fonte avrebbe subito perduto la virilità.

    Ermafrodito, quindi, rappresenta la perfezione assoluta, la somma delle peculiarità maschili e femminili, sublimate in un essere completo e bellissimo. Non esisteva un vero e proprio culto dedicato a questo personaggio, mutuato sicuramente da antiche tradizioni orientali. Se ne ricordano le fattezze, piuttosto, in opere letterarie e scultoree. Il culto, al massimo, lo vide protagonista in sette misteriche ed iniziatiche, ma non certo presso la maggior parte del popolo.
    La deificazione e le origini del culto di esseri ermafroditi derivano dalle religioni orientali, ove la natura ermafrodita esprime l'idea di un essere primitivo che in origine univa in sé entrambi i sessi. Le più antiche tracce del culto, si ritrovano nell'isola di Cipro. Qui, secondo Macrobio (Saturnalia III, 8) si trovava una statua barbuta con le fattezza di un'Afrodite maschile, chiamata da Aristofane col nome di Afrodito. Filocoro nel suo Atthis ha ulteriormente identificato questa divinità che associa alla Luna, descrivendo il fatto che durante i riti sacrificali ad esso dedicati uomini e donne si scambiavano i vestiti, attuando in tal maniera una forma di travestitismo. Il successivo Ermafrodito sarebbe una diretta prosecuzione di questo Afrodito di Cipro e significherebbe semplicemente "Afrodite in forma di Erma"; in questa sua nuova forma viene menzionato per la prima volta da Teofrasto (Caratteri, 16).
    Anche Platone aveva teorizzato un’origine androgina del genere umano e ne aveva divulgato il significato attraverso uno dei suoi miti più famosi.

    (Gabry)





    STRISCIA FUMETTO






    ... LA NATURA SULL'ISOLA ...



    “Non c'è stato alcun intervento umano per creare il gatto. Il gene è una mutazione naturale che è apparso nella popolazione del gatto domestico. Stiamo semplicemente utilizzando la genetica dei processi naturali”
    (Johnny Gobble)

    I GATTI LYKOI


    I Lykoi Cats, gatti lykoi, gatti lupo, gatto licantropo o lupo gatto sembrano essere nati da una mutazione naturale dello shorthair domestico: la caratteri-
    stica essenziale, ma non l’unica, è l’assenza di un sottopelo, provocata dalla mancanza dei bulbi piliferi necessari a crearli, abbinata ad un manto grigio scuro brizzolato e a particolari colorazioni del musetto. Il nome Lykoi viene dal greco e significa gatto lupo.
    I Lykoi non hanno nessuno strato di peli sotto il mantello e dopo aver effettuato la muta potrebbero iniziare a perdere pelo man mano fino a restare completamente “calvi”, poiché i follicoli piliferi mancano di una componente necessaria per creare il pelo. Hanno un manto spelacchiato, a chiazze, la mancanza di pelo intorno agli occhi fa risultare loro grandi e dorati.
    Piace cacciare e si mostrano estremamente cauti con gli estranei, sono fedeli, dolci e molto cordiali con i loro proprietari. Il loro carattere li farebbe assomigliare più a dei cani e che a dei felini.

    "Alla fine abbiamo scoperto che i gatti sono sani e la perdita di pelo non è dovuta ad alcuna malattia o disturbo noto. E 'stato stabilito che si trattava effettivamente di una vera e propria mutazione naturale, e il nostro programma di allevamento è iniziato"


    ..storia..


    Tutto è cominciato quando i Gobble, sua moglie Brittney e Patti Thomas hanno trovato i primi due gattini che presenta-
    vano il difetto. Gobble, affascinato dalle razze rare, ha deciso di fare loro un test del DNA per scoprire se avessero parentele con altre razze o se affetti da particolari malattie, prima di continuare a farli riprodurre. I risultati del test svolti all’Università del Tennessee hanno dimostrato che oltre ad essere gatti in salute, i Lykoi non sono imparentati né con lo Sphynx né con il Devon Rex, sono il risultato di una mutazione genetica naturale. Dati i risultati, hanno creato una nuova razza.

    …Leggende sul gatto mannaro...


    Il Gatto mannaro fa parte della cultura pop degli anni settanta per analogia con "lupo mannaro" e indica una immaginaria creatura felina teriomorfa. Secondo la leggenda, le specie mutanti, possono essere i, tigri, leoni, leopardi, linci o felidi di qualunque altro tipo, compresi alcuni puramente mitici o leggendari. Ai gatti mannari sono talvolta attribuiti poteri o caratteristiche particolari, come la capacità di curarsi in fretta e con facilità oppure un'indole solitaria o comunque meno gregaria e più indipendente rispetto ai licantropi . Nel Medioevo, in Scozia, erano ritenuti dei predatori, che si radunavano numerosi in vecchi castelli in certi periodi dell'anno. Sono esseri misteriosi che parlano solo a pochi uomini privilegiati e attraverso una sorta di telepatia; sono saggi ed elargitori di preziosi consigli. Quando vogliono, o ne hanno la necessità, possono trasformarsi in bambini dotati di artigli, o anche in qualsiasi altra creatura. Possano anche cambiare i propri connotati a comando

    ..nella letteratura..


    I gatti mannari compaiono nei romanzi fantasy del Ciclo dell'Eredità di Christopher Paolini, hanno poteri come Solembum che cambia colore dei propri occhi edEragon glielo fa notare “l'ultima volta aveva degli occhi diversi”. Nella loro forma "normale", sono simili al caracal. Il principale gatto mannaro della saga di Paolini è Solembum, il gatto dell'erborista Angela, ma Eragon trova anche una gatta mannara a Ellesmera, Maud, che si scopre conoscere Solembum.
    Nel quarto capitolo dell'ultimo libro, Inheritance, si scopre che esiste un re dei gatti mannari, che è più che altro una figura da seguire in tempo di guerra: Grimrr Zampamonca, compagno della gatta candida Cacciaombre, che si allea con i Varden in cambio di cibo e armature per i suoi sudditi, ma soprattutto per un posto d'onore sempre accanto al trono degli uomini a Uru Baen. In questo libro i Gatti Mannari comandano anche i gatti normali che loro chiamano Monoforma e li utilizzano come spie per i Varden loro alleati.
    Oltre che nei romanzi di Paolini, la figura del gatto mannaro comparve, già in precedenza, nella serie La strada della paura di R. L. Stine, in una storia del 1996 dal titolo La notte del gatto mannaro (Night of the Werecat), scritta in realtà dalla ghostwriter Katherine Lance. I Gatti Mannari compaiono anche nel manga Hellsing.

    (Gabry)





    POESIE DI STAGIONE


    GIUGNO

    Giugno
    E' il mese dei prati erbosi e delle rose;
    il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
    Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
    sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
    fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
    fiammanti e la sera mille e mille lucciole
    scintillano fra le spighe.
    Il campo di grano ondeggia al passare
    del vento: sembra un mare d'oro.
    Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
    pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.


    (M. Comassi)




  10. .


    Euro 2016, Austria-Ungheria 0-2: in rete Szalai e Stieber.

    Nella sfida che apre il gruppo F arriva la prima sorpresa: Alaba ci prova ma lo fermano il palo e le parate di Kiraly, Dragovic (espulso ingiustamente) lascia i suoi in 10 e gli ungheresi si prendono i 3 punti.





    I conti con la storia sono stati chiusi da tempo, ma Austria-Ungheria aveva comunque un sapore antico, come il look del portiere ungherese Kiraly. È invece giovane e freschissimo l'uomo che risolve la partita e regala a sorpresa il successo agli ex sudditi dell'Impero Asburgico: si chiama Laszlo Kleinheisler: classe 1994, ha sangue tedesco e gioca nel Werder. Ha esordito in nazionale lo scorso novembre e il ct lo ha messo subito fra i titolari. Lui ha ripagato la fiducia con un assist per il centravanti Szalai, che al 17' del secondo tempo, senza aver fatto un granché prima, ha sbloccato una partita che l'Austria sembrava poter vincere da un momento all'altro grazie alla maggior classe e alla maggiore esperienza sul piano internazionale dei suoi giocatori. Invece ecco che, dopo la Romania, cade anche un'altra imbattuta nelle qualificazioni. E l'Ungheria vola.





    ALABA AL PALO — La partita è cominciata con un palo colpito da Alaba dopo pochi minuti: i centrocampisti austriaci sempre in movimento sembravano poter mettere in difficoltà gli avversari, che invece piano piano hanno preso campo. Nonostante il continuo movimento di Alaba e i chilometri percorsi da un Arnautovic stranamente ispirato, l'Ungheria ha messo i piedi dentro la partita, fino a colpire poco dopo l'ora di gioco. L'Austria ha provato a reagire, e lì è arrivato il colpo di grazia: non dall'Ungheria, ma dall'arbitro francese Turpin, pessimo, che senza una vera ragione espelle Dragovic, reo secondo lui di avere abbattuto un difensore nell'area ungherese. In realtà l'intervento era sul pallone, ma tant'è: Dragovic si becca il secondo giallo e c'è mancato poco che si facesse espellere anche Arnautovic diventato sempre più nervoso.
    A 40 anni, Gabor Kiraly è il più vecchio di sempre a giocare un Europeo: il portiere dell'Ungheria ha festeggiato con un 2-0 all'Austria. GettyIl record, fino a oggi, apparteneva a Lothar Matthäus, sceso in campo con la sua Germania a 39 anni: l'ex interista si complimenta su TwitterReutersAfpEpaReutersAfpAfpAfpReutersReutersA 40 anni, Gabor Kiraly è il più vecchio di sempre a giocare un Europeo: il portiere dell'Ungheria ha festeggiato con un 2-0 all'Austria.
    Colpita duramente, l'Austria si è buttata in avanti alla disperata. Risultato: il gol in contropiede di Stieber, entrato in campo da sette minuti, che con un pallonetto ha superato Almer. Ungheresi in festa, austriaci a casa. Per ora non del tutto, ma il rischio è forte, visto che la prossima partita sarà Austria-Portogallo.

    (gazzetta.it)

  11. .


    Portogallo-Islanda 1-1, Bjarnason replica a Nani: solo pari per Ronaldo.

    CR7 e compagni fermati dalla nazionale della piccola isola del Nord Europa: l'ex centrocampista del Pescara beffa i lusitani che nella ripresa sbattono contro un muro.
    La lezione dell'Italia ha dato uno scossone all'Europeo: quando hai meno talento dell'avversario, devi sopperire con l'organizzazione e la grinta. Così può capitare che Cristiano Ronaldo, il giocatore più ricco al mondo che guadagna 20 milioni di euro all'anno, si faccia fermare da una squadra che in tutto, di milioni, ne vale 30. Portogallo-Islanda finisce 1-1 e dopo il successo dell'Ungheria sull'Austria il gruppo F si rivela quello delle sorprese: dopo eruzioni devastanti e bancarotte, la piccola isola del Nord Europa trova un bel motivo per mostrarsi al mondo e scrivere, in qualche modo, la storia..





    AVVIO SPRINT — La marea blu in curva mette paura: l'Islanda conta poco più di 320 mila abitanti e un buon 5% è salito su un aereo per la Francia per assistere alla prima storica partita della loro nazionale a un Europeo. Così, spinta dall'entusiasmo della loro gente che canta ininterrottamente, la squadra di Lagerbäck comincia la partita pressando alto e senza mai buttare via la palla: la prima occasione, costruita dalla stella Sigurdsson, murato due volte da Rui Patricio, suona come un avvertimento. C'era una volta una selezione di dentisti, impiegati e operai, ora ci sono solo professionisti che giocano tutti all'estero, tanto che l' "italiano" Hallfredsson va in panchina e ci resta per tutta la partita. Però il Portogallo ha troppa qualità per restare a guardare e sufficiente orgoglio per venir fuori: Cristiano Ronaldo si fa vedere con un bel cross per Nani (su cui si esalta Haldorsson) e un colpo di testa fuori, ma soprattutto per un liscio clamoroso sul meraviglioso lancio di Pepe in versione Bonucci.
    PREGI E GOL — In nazionale CR7 non può partire da sinistra come ama fare al Real e deve giocare davanti in coppia con Nani, ma non sembra la posizione il problema, al massimo la condizione. Per sua fortuna questa nazionale sembra attrezzata per far bene anche se lui stecca: Danilo Pereira (a lungo di proprietà del Parma che lo prese nel 2010, ma in A giocò appena 5 partite senza lasciare traccia) fa il mastino davanti alla difesa; la qualità arriva da Joao Mario, Moutinho e André Gomes che si muovono a tutto campo andando continuamente alla ricerca del pallone e dello spazio. Il gol arriva così: Gomes, mezzala seguita dalla Juve, scambia il pallone con Vierinha e regala a Nani un assist perfetto per segnare la rete numero 600 della storia degli Europei..





    SORPRESA — Il Portogallo ha il torto di sedersi subito dopo il vantaggio, l'Islanda il merito di non scomporsi. Così, dopo l'intervallo, la concentrazione fa la differenza: sul cross di Berg Gudmundsson dalla destra, Vierinha si fa trovare fuori posizione e lascia tutto solo Birkir Bjarnason che al volo insacca. È il 50' e il tempo per tornare avanti ci sarebbe tutto: solo che il Portogallo torna agli antichi difetti e la squadra capace di creare 5 occasioni in un quarto d'ora nella parte centrale del primo tempo si appassisce. Eder, l'unico centravanti di ruolo, resta in panchina fino al 85': prima entra il gioiellino 18enne Sanches, acquistato dal Bayern, ma non riesce a incidere, poi anche Quaresma, che si fa vedere di più, mentre gli altri talenti via via avvertono la stanchezza e Ronaldo si innervosisce perché davanti a sé trova un muro e quando ha la palla buona, di testa o di piede, non trova la porta. Da Müller a Ibra, passando per Griezmann, Kane e Lewandowski, per ora non è l'Europeo delle stelle. Neppure di quella più attesa.

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Belgio-Italia 0-2: Giaccherini e Pellè, gol, Conte in testa al girone.

    L'avventura azzurra comincia con un successo sui Diavoli Rossi: sblocca il centrocampista del Bologna al 32' su meraviglioso assist di Bonucci, Pellè raddoppia nel recupero.
    Dovremmo ricordare Manaus, Balotelli, l'Inghilterra battuta all'esordio nel Mondiale 2014 e la rapida disillusione brasiliana. Dovremmo, perché un grande esordio non significa vincere un torneo. Dovremmo. Ma chi ne ha voglia, adesso? Che Italia, signori. Che partenza a Euro 2016: sconfitto per 2-0 il favorito Belgio a Lione, con una prova tutta cuore e cervello, tutta in stile Antonio Conte. Il pareggio tra Irlanda e Svezia ci proietta al comando del girone: è lunga, è lunghissima, ma intanto è così.





    TATTICAMENTE PERFETTI — Il primo tempo? Partiamo dalla fine: Clattenburg fischia l'intervallo e Buffon, prima di raggiungere gli spogliatoi, agita il pugno sotto la curva azzurra, che ricambia alzando i decibel. Gigi fa così perché ha appena incassato 46 minuti di conferme, esulta in quel modo perché l'Italia ha eseguito alla grande le istruzioni telecomandate da Conte in queste settimane. Si carica, il capitano, perché gli azzurri sono in vantaggio allo Stade des Lumieres, ed è un 1-0 che ci sta tutto. Equilibrio doveva essere il nostro credo: detto, fatto. L'Italia si muove come una testuggine, coprendo il campo con intelligenza e concedendo ai belgi appena un paio di tiri di Nainggolan nei primi venti minuti. Wilmots ha schierato i suoi in un 4-2-3-1 che diventa 4-3-3 a seconda della posizione di Fellaini, i cui avanzamenti decentrano Lukaku (molto nervoso) sulla destra. Ma la Nazionale di Conte, vestita di un 3-5-2 che non dovrebbe sorprendere nessuno, stupisce invece per la facilità con cui tiene in campo e crea gioco.

    CHE BONUCCI — La parte migliore è che nessuno degli azzurri, escluso Bonucci, gioca un primo tempo straordinario. Ma tutti fanno ciò che devono, si aiutano, si cercano. Così, dopo aver messo la testa fuori dal guscio a ridosso della mezz'ora (diagonale di Pellè), al 32' arriva la giocata che fa scattare il "popopo" d'ordinanza, delirante d'entusiasmo, delle migliaia di italiani sugli spalti. Il lancio è di Bonucci, implacabile negli anticipi, sempre ben posizionato e ispirato in regia. Il controllo è di Giaccherini, che sorprende Alderweireld e Ciman (l'anello debole difensivo) e col destro fa secco Courtois. I belgi sbandano, il loro portierone deve impegnarsi su Candreva e sperare che il colpo di testa di Pellè, poco dopo, si spenga a lato. Conte si arrabbia, c'era margine per il raddoppio, invece i numeri 2 del ranking Fifa restano in gara. E chiudono meglio la prima frazione, con un destro di Witsel e un'incursione di De Bruyne disinnescata appena in tempo.





    BRIVIDO DARMIAN — La dimostrazione di quanto sia delicato il meccanismo tattico di Conte? Basta guardare cosa succede quando salta un ingranaggio, come all'8' della ripresa: Darmian perde un pallone banale, il Belgio libera la corsa di De Bruyne, che invita Lukaku nelle praterie. Buffon esce alla disperata, l'attaccante dell'Everton lo grazia e le parole di Gigi verso l'esterno del Manchester United sono inadatte alla fascia protetta in tv. Anche se in mezzo c'è un altro bel colpo di testa di Pellè deviato da Courtois, Conte chiarisce che non si scherza: fuori Darmian, dentro De Sciglio. E Hazard? Il capitano belga prova ad accendersi, ogni tanto, con qualche percussione delle sue. Va anche al tiro, sospinge un Belgio che va a strappi, come lui. Wilmots aumenta la potenza di fuoco, dentro Mertens per Nainggolan. Minuto dopo minuto, la pressione belga si fa più costante, anche se l'apporto di De Bruyne, altra stella di questa selezione, scarseggia.

    CHIUDE PELLÈ — Dentro anche Origi e Ferreira Carrasco, mentre Eder lascia spazio a Immobile. L'Italia comincia i venti minuti finali un po' in apnea, rimedia quattro ammonizioni in pochi minuti e non è più lucida come a inizio gara. Resistere diventa l'unico imperativo, è il momento del cuore, è scoccata l'ora dei guerrieri. Quelli che ieri il c.t. aveva evocato. Immobile prova il blitz, si è inserito con lo spirito giusto, Courtois vola e gli dice no. Poi è sofferenza, tremenda sofferenza, col pallone che balla in area azzurra più volte. Ma non entra. Non nella porta azzurra, almeno. Entra in quella del Belgio, con una girata volante di Pellè che finalizza l'ultima ripartenza. Due a zero. Due. A zero. Lione esplode, si tinge di verde, bianco e rosso. Buffon si aggrappa alla traversa, perde l'equilibrio per la gioia, quasi si fa male nell'estasi della vittoria. Siamo primi nel girone. È lunga, lunghissima, ma siamo primi nel girone.

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016, Spagna-Repubblica Ceca 1-0: decide Piqué all'87'.

    La Roja crea, spreca, sbatte a lungo sul muro ceco, rischia e rimedia il successo grazie a un colpo di testa del difensore del Barcellona, servito da Iniesta, il migliore in campo.





    La Spagna crea, spreca, sbatte a lungo sul muro della modesta ma applicata Repubblica Ceca, riesce anche a rischiare e rimedia la vittoria solo a 3 minuti dalla fine grazie a un colpo di testa di Piqué servito dal migliore in campo, il signore dei passaggi, Andres Iniesta. E, nel recupero, c'è voluta una gran parata di De Gea su Lafata per offrire ai doppi campioni uscenti una vittoria in questo faticoso esordio.

    ADIOS IKER — Come previsto, Del Bosque ha chiuso la "transizione dolce" annunciata due anni fa e ha scelto di affidare la porta a De Gea, mandando in pensione Iker Casillas, dopo 16 anni e 167 partite di brillante servizio alla nazione. Per il resto formazioni confermate: Rosicky dietro a Necid da una parte, Morata davanti a Silva, Fabregas, Iniesta e Nolito dall’altra.





    CECH SALVATORE — Scontato anche l'andamento della partita: Spagna con la palla, Repubblica Ceca con le sue due linee ravvicinate (5 in mezzo e 4 dietro) e votate unicamente alla mutua protezione. E se qualcosa scappa, che ci pensi Cech, che sa ancora parare molto bene. Il portiere dell'Arsenal nel primo tempo ha fermato 2 volte Morata (che si è mosso bene), una Jordi Alba e un'altra Silva. Ispirata da un grande Iniesta, la Roja ha creato parecchio considerando l’atteggiamento cholistico degli avversari. Nei primi 45' la Spagna ha fatto 351 passaggi, contro la miseria dei 140 avversari, che, ovviamente, hanno dovuto correre 3 chilometri in più degli avversari per andar dietro a loro e al pallone. I cechi hanno mostrato il più assoluto disinteresse per la fase offensiva e il loro primo tiro, di Necid, è arrivato al 45', con una parata in due tempi di De Gea. La ripresa è uscita dallo schema. Iniziata col rischio di autogol di Hubnik, che per fermare un passaggio di Morata ha colpito il palo di Cech e proseguita con un salvataggio dello stesso Hubnik su Ramos, ha, poi, offerto un paio di fiammate dei cechi, che dopo aver difeso per un'ora, come da copione, hanno iniziato a mettere il naso fuori: Hubnik ha impegnato De Gea, allungandosi su una punizione di Krejci, e, poi, Fabregas, con un intervento complicatissimo a due metri dalla sua linea di porta, ha negato il gol a Kaderabeck.

    DECIDE PIQUÉ — Del Bosque ha provato con Aduriz e Thiago togliendo Morata e Fabregas, ma l'insistenza della Spagna ha iniziato a diventare un'agonia fatta di passaggi e frustrazione. Krejci ha anticipato Thiago e solo all'87' la testa di Piqué, servita meravigliosamente da Iniesta, ha battuto Cech. Troppo tardi per la reazione della Repubblica Ceca, che ci ha comunque provato con Lafata: bel tiro e miglior parata di De Gea. I campioni iniziano vincendo, ma non allontanano i dubbi che li accompagnano.

    (gazzetta.it)

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    Euro 2016: Girone E, Irlanda Svezia 1-1.

    Un clamoroso autogol di testa i Clark regala il pareggio a Ibra.





    La forza fisica e l'organizzazione contro il genio di Zlatan Ibrahimovic. Irlanda-Svezia apre domani il Girone E degli Europei ed è una partita che riguarda molto da vicino l'Italia, inserita nello stesso gruppo e prossime avversarie degli azzurri (venerdì 17 gli scandinavi, mercoledì 22 i britannici). Le squadre di Martin O'Neill ed Erik Hamren sono arrivate all'Europeo con un biglietto last minute, eliminando ai playoff le più quotate Bosnia e Danimarca, ma non per questo sono avversarie da prendere sottogamba.

    Match senza un favorito, tra due nazionali che sulla carta sembrano equivalersi, anche se gli svedesi possono contare sul simbolo e capitano, sull'unico giocatore che potrà fare la differenza: Zlatan Ibrahimovic. Tra l'altro, l'Irlanda arriva all'esordio senza aver brillato e con il pesante ko contro la Bielorussia, mentre gli scandinavi possono vantare il 3-0 rifilato al Galles, altra squadra presente in Francia. Per cercare di arginare le folate offensive di Ibra, O'Neill si affiderà probabilmente ad un accorto 4-4-1-1, con Hoolalan a supporto di Long e la coppia Brady-McGeady pronti ad aiutare Clark a sinistra e Coleman a destra.

    Più classico il 4-4-2 di Hamren che per il centrocampo punta sulla qualità di Kallstroem e Hiljemark, con Durmaz e Forsberg sugli esterni a supporto di Berg (anche se Guidetti ha qualche chance) e dell'uomo-simbolo della squadra. Ibrahimovic, 35 anni a ottobre, è probabilmente all'ultimo appuntamento importante con la nazionale e non vuole fallire. Ma non per questo ci arrivo poco carico, come ha dimostrato anche in conferenza stampa. "Sono più di una leggenda e ovunque vado domino - le sue parole non certo all'insegna della modestia - Sono una leggenda che può ancora dare tanto, ma sono molto molto molto tranquillo perché la mia stagione è stata positiva, sono qui per divertirmi. Qui in Francia sono stato 4 anni, conosco bene il Paese e il Paese conosce me - ha ricordato il fuoriclasse che ha appena terminato il suo contratto col Psg, continuando però a tenere segreta la sua prossima destinazione - qui mi conoscono bene. Sono sicuro che faremo bene, quindi non sono preoccupato: per me gli obiettivi individuali vengono dopo la squadra, l'individuo è solo parte del collettivo, tutto ciò che posso fare io è secondario, solo un di più".





    Il ct dell'Irlanda Martin O'Neill prima che della partita parla della violenza che sta caratterizzando, fuori dai campi, l'avvio di questi Europei. "Ho visto le immagini di Marsiglia - ha detto - e mi hanno molto impressionato. Cominciare Euro 2016 in questo modo è stata una cosa triste, e non avrei pensato di vedere ancora certe scene di violenza legata in qualche modo al calcio. Qui ci vuole una risposta dura da parte delle autorità". Ma sul campo che Irlanda sarà? "Vorremmo essere la sorpresa di questo torneo, io mi limito a dire che è importante partire bene". Ma i verdi hanno contro anche le statistiche: contro la Svezia non hanno mai vinto in una partita ufficiale. "Certi numeri sono fatti per essere cambiati", ha scherzato O'Neill.

    (ansa)

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    Euro 2016, Polonia-Irlanda del Nord 1-0, Milik segna un gol storico.

    Prima vittoria nel torneo continentale per i polacchi: decide l'attaccante dell'Ajax seguito anche dall'Inter, delude Lewandowski, Szczesny non corre pericoli.





    TRAPPOLA — La storia, a dire il vero, in qualche modo la scrive anche l'Irlanda del Nord, che riesce a entrare nel guinness dei primati non effettuando neppure un tiro in tutto il primo tempo. Agli Europei non accadeva nel 2000, quando l'Italia di Zoff cominciò sin dall'inizio la stoica resistenza contro l'Olanda in semifinale: la partita di Lafferty e compagni, invece, non ha granché di eroico. Magari non è una dichiarazione di resa, perché l'atteggiamento combattivo è subito evidente, ma di intenti sì: la Polonia dà il via all'assedio nei primi minuti, si concede qualche pausa nel ritmo, ma non abbandona mai la metà campo avversaria. A funzionare è soprattutto l'asse di destra formato da Piszczek e il "fiorentino" Blaszczykowski che in 5 anni di Dortmund hanno affinato l'intesa, mentre Lewandowski viene sistematicamente imbrigliato dai tre centrali avversari. Il 22enne Milik, attaccante dell'Ajax seguito anche dall'Inter, è molto più mobile della stella del Bayern, ma dopo un liscio clamoroso in area spreca una buona opportunità. L'occasione migliore, però, capita a Kapustka, l'esterno 19enne preferito a Zielinski: il peperino del Cracovia, tra i più attivi, ha la sfortuna di imbattersi in McGovern, che gli nega il gol con una prodezza.





    LA ZAMPATA — Il divario tecnico è lampante, ma con Maczynski e Krychowiak davanti alla difesa, la Polonia non può aspettarsi nessun lampo di genio che sblocchi il risultato e lo stesso Lewandowski è un uomo d'area che non è in grado di inventarsi un gol da solo. Così l'unico modo per rendersi pericolosa è allargare continuamente la difesa dell'Irlanda del Nord sfruttando le fasce: non è un caso che la rete che sblocca il risultato, allora, arriva grazie a una volata di Blaszczykowski sulla destra e al suo perfetto assist per Milik, bravo a farsi perdonare gli errori del primo tempo. È solo il 51', ma la Polonia dà subito l'impressione di volersi accontentare anche perché di fronte ha un avversario che anche cambiando modulo fa una fatica pazzesca a rendersi pericoloso: una improbabile rovesciata di Lafferty da fuori area e un'uscita di Szczesny su Washington sono gli unici brividi (si fa per dire) per i tifosi polacchi fino all'87', quando Davis manca l'impatto col pallone da ottima posizione. Dall'altro lato Grosicki, il solito Milik e Krichowiak sfiorano il raddoppio, mentre Lewandowski continua a sonnecchiare chiudendo il match senza aver mai tirato. Stavolta il suo aiuto non è servito, più avanti sarà indispensabile..

    (gazzetta.it)




    Europei 2016, Turchia-Croazia 0-1. Decide una magia di Modric.

    Un capolavoro del regista del Real Madrid al 42' regala i primi 3 punti ai croati. Nella ripresa Srna e Perisic colpiscono la traversa, anche Brozovic vicino al raddoppio. Incidenti prima dell'inizio della partita tra francesi e turchi.





    Vince la tecnica deliziosa della Croazia davanti ai morsi ripetuti e anche un po’ stucchevoli di una Turchia che gioca un calcio stopposo e falloso. La decide Luka Modric, folletto campione di Champions che con un tiro al volo al tramonto del primo tempo mette a sedere Babacan dando il primo segnale anti-Spagna. Oltre a ciò, due traverse (di Srna e Perisic) danno alla Croazia il timbro ufficiale di veri rivali degli iberici nel Girone D.
    RISSA E ROSSO — Siamo davanti all’altra partita a rischio di questo inizio di Euro 2016: turchi e croati non si vedono affatto bene per motivi calcistici e religiosi, già alle 11 di mattina si era registrato un afflusso notevole di supporter al Parc des Princes ma un primo incidente è andato in scena proprio fuori dallo stadio e a pochissimi minuti dalla gara quando alcuni sostenitori parigini (nemici dei turchi per una rissa datata 2001 durante Psg-Galatasaray) hanno attaccato alcuni tifosi turchi. La gara è tecnica contro muro, la Croazia contro la Turchia: la prima cerca di giocare, la
    seconda mette il due di bastoni. Colpi proibiti, col primo protagonista che rischia grosso: al minuto 3, Osan entra da codice rosso su Modric e l’arbitro Eriksson (pienamente insufficiente) fa solo una ramanzina. Era l’occasione buona per mostrare il polso, soprattutto perché poi la gara diventa – da parte turca – sempre più fallosa.





    LEGNATE, GOMITATA E GENIO — Primo tempo con sventagliate croate (occasioni di Rakitic e Badelj), ma il vero brivido lo procurano proprio i turchi: cross di Gonul da destra, Vida e Corluka (che finirà col turbante e rivoli di sangue sul viso) dormono, arriva Ozan, colpo di testa facile ma che finisce in bocca a Subasic sulla linea di porta. Gli interisti Perisic (col 4 rasato sulla tempia sinistra) e Brozovic se ne stanno nelle stesse posizioni ricoperte con Mancini nel 4-2-3-1, Strinic prende il posto di Vrsaljko, Badelj è al fianco di Cervellone Modric. Dalla Turchia, tanto temperamento a spezzare il gioco altrui: Terim a sorpresa lascia giù Burak Ylmaz e mette Tosun, Calanoghlu è ispirato ma forse anche emozionato e quindi va e no. Arda Turan non ingrana, forse perché non gioca da tanto. Poi, quando il primo tempo sembra andarsene fra legnate, gomitate e cose così, ecco il colpo del Genio: palla vagante al limite dell’area e Modric al volo la mette alla destra di Babacan. Il colpo di genio assoluto. Festeggiato a sorpresa anche da un invasore di campo che si unisce al gruppo dei giocatori e bacia Modric, in barba alla security.

    TRAVERSA PERISIC — Nella ripresa Terim infila Volkan Sen, che in patria considerano un patrimonio tecnico alla Messi. Fuori Ozyakup, il tutto mentre Modric continua a ragionare e giocare e la Turchia a menare. Ne fa le spese Srna che, dopo aver colpito la traversa su punizione e sbagliato un gol grossolanamente, riceve un pestone sull’out destro. I tifosi turchi sono in maggioranza, Brozovic (con addosso il futuro interista Erkin) tenta il gol a giro, quello Epic, mentre Terim infila anche Burak Yilmaz al posto di uno spaesato Arda Turan. La Croazia si avvicina al 2-0 con cross di Perisic e conclusione in ritardo di Brozovic, ma il vero brivido è al 27’: cross di Mandzukic dalla destra e zuccata di Perisic che sbatte contro la traversa. Vida, sul finire, libera su Balta in piena area e finisce con l'ovazione per Modric, migliore in campo. Ripetiamo: la Croazia gioca a calcio, si avvicina alla meta spessissimo e per chi non l’avesse ancora intuito, beh, fa un bel po’ paura.

    (gazzetta.it)




    Euro 2016, Germania-Ucraina 2-0: risolvono Mustafi e Schweinsteiger.

    Gruppo C: i tedeschi vincono 2-0 coi gol dell'ex doriano Mustafi nel primo tempo e Schweinsteiger nel recupero. La squadra di Low convince, ma ci vuole un ottimo Neuer per non prendere gol.





    No, non è per la cabala. Quella che accreditava la Germania di 6 vittorie e 5 pareggi negli esordi agli Europei giocati. I tedeschi, che piegano una buona Ucraina 2-0 nella seconda partita del gruppo C, vanno accreditati tra le favorite assolute, nonostante le crepe difensive e un esordio più sofferto del previsto. C'è troppa qualità in campo, distillata fin da inizio manovra. Il telaio, in fibra di attitudine tedesca, è ingentilito da spruzzatine di guardiolismo e da un tasso di piedi buoni da aliquota al 70% del reddito.
    La risolve Mustafi, sostituto dell'acciaccato Hummels, uno per cui nessun tifoso della Samp si strappò le vesti quando se ne andò a Valencia due estati fa. Poi Schweinsteiger, appena entrato, mette il timbro nel recupero. L'Ucraina perde, ma non avrà bisogno del Prozac per risollevarsi: è stata in partita fino alla fine. Non ci fosse stato Neuer poteva anche finire diversamente. E la Polonia, vera rivale per il secondo posto del gruppo, non è apparsa più forte.





    BELLA PARTITA — La Germania parte forte, con Draxler ed Hector, a sprazzi una spina nel fianco sulla sinistra, a sciupare buoni palloni. Neuer si scalda su Konoplyanka (meglio lui dell'altra stellina Yarmolenko) , poi dopo il gol, una gran testata sulla pennellata di Kroos, la partita si mantiene molto aperta. Due squadre più brave ad attaccare che a difendere: gli ucraini sono troppo passivi nel portare la pressione, la Germania è vulnerabile sugli esterni e negli automatismi Mustafi-Jerome Boateng, che evita l'autogol perché ha doti fisiche e di coordinazione fuori dal comune.
    QUANTI KHEDIRA CI SONO? — I tedeschi hanno troppo poco da Ozil, molto da Kroos e moltissimo da Khedira, che quando è sano è tra i primi 7/8 centrocampisti d'Europa. La Juve lo ha preso gratis: ecco perché il gradimento di Marotta nell'ambiente Juve si sta impennando come una Hit delle Paola&Chiara dei bei tempi . Goetze è il terminale offensivo perfetto per una squadra che alza pochissimo la palla, ma che non sempre è impeccabile dietro e soffre le transizioni difensive. Se l'Ucraina avesse qualcosa di meglio di Zozulya come terminale offensivo, per Neuer sarebbe stata ancora più dura. Ma purtroppo per Fomenko, Sheva ha smesso qualche anno fa. Il girone viaggia già in discesa, ma Low sa già dove lavorare in vista delle sfide chiave di Euro 2016. Perché sul fatto che la Germania le giocherà, dubbi ce ne sono pochini.

    (gazzetta.it)

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