Paolo Conte (Asti, 6 gennaio 1937) è un cantautore, paroliere e polistrumentista italiano.
Pianista di formazione jazz, è considerato uno dei più importanti e innovativi cantautori italiani. Avvocato di professione, nella sua oltre cinquantennale carriera è stato autore di musiche per altri artisti, spesso collaborando con parolieri come Vito Pallavicini, per poi decidere, nel 1974, di abbandonare la carriera forense per dedicarsi esclusivamente a quella artistica. Stimato ed apprezzato dal pubblico francese e da varie platee internazionali, si è cimentato in altri campi espressivi, ricevendo nel 2007 una Laurea honoris causa in Pittura, conferitagli dall'Accademia di belle arti di Catanzaro.
Biografia
Gli anni cinquanta
I primi passi nel mondo della musica e l'amore per il jazz
Un giovane Paolo Conte al vibrafono, in una foto degli anni cinquanta.
Paolo Conte nasce ad Asti, nel 1937, da una famiglia di legali. Il padre Luigi è un notaio con la passione per la musica, mentre la madre Carlotta proviene da una famiglia di proprietari terrieri. Durante la guerra trascorre molto tempo nella fattoria del nonno e tramite i genitori (appassionati di musica colta e popolare) apprende i rudimenti del pianoforte.. Durante gli anni del fascismo, il padre acquista in maniera clandestina dischi di origine straniera, generando in Conte il primo embrionale amore per il jazz. A raccontarlo sarà lo stesso musicista in un'intervista degli anni ottanta: «Mussolini aveva proibito la diffusione della musica americana e del jazz. Però era difficile impedire tutto. Così i grandi classici potevano circolare a patto… di essere eseguiti da orchestre italiane e con titoli italiani: ecco perché 'Saint Louis Blues' diventò 'Tristezze di San Luigi!' I miei, che erano molto giovani e dunque curiosi, appassionati di musica e ghiotti di novità, in barba alla polizia riuscivano a procurarsi dischi o spartiti di musica americana; la decifravano e poi la suonavano in salotto. In questo modo, sono stato nutrito di jazz e di America fin dall'infanzia».
Diplomatosi al Liceo Classico Vittorio Alfieri di Asti e laureatosi in Legge all'Università degli Studi di Parma, inizia a lavorare come assistente presso lo studio paterno, decidendo, contemporaneamente, di estendere a livello semi-professionale gli studi musicali. Durante la metà degli anni cinquanta impara a suonare il trombone, poi il vibrafono, entrando in numerosi complessi cittadini: dalla Barrelhouse Jazz Band, ai Taxi for Five, fino alla The Lazy River Band Society; i cui nomi tradiscono una passione per lo swing d'oltreoceano. In particolar modo con la Barrelhouse Jazz Band fonda l'USMA: “Unione Studenti Medi Astigiani“, aprendo un circolo musicale presso l'Associazione Alpini della città. Il gruppo si esibisce tutti i sabato pomeriggio, dalle 16 alle 19 e 30, facendo conoscere ai propri coetanei autori musicali piuttosto sconosciuti come Rodgers & Hammerstein, George Gershwin, Cole Porter e Jerome Kern. Più avanti iniziano a suonare in vari locali, partecipando finanche ad alcuni festival cittadini, tesi a promuovere complessi emergenti. La fascinazione per il jazz si estrinseca anche e soprattutto come fruitore di musica, tanto da convincere il giovane Conte a partecipare alla quarta edizione del “Quiz Internazionale di Jazz”, a Oslo, classificandosi al terzo posto.
Gli anni sessanta
La collaborazione con Vito Pallavicini e il successo di Azzurro
All'inizio degli anni sessanta fonda un nuovo gruppo, il Paul Conte Quartet (dove presenzia alla batteria il fratello minore Giorgio Conte). Il complesso darà l'opportunità al musicista di affacciarsi sul mercato discografico, pubblicando per l'occasione un LP di musica jazz, dal titolo The Italian Way to Swing; l'album però non riscuote alcun successo. Sotto la scia di suggestioni assorbite dal cinema e dalla letteratura, inizia a scrivere le sue prime canzoni, spesso in collaborazione con il fratello Giorgio. Tra le varie sono da ricordare Ed ora te ne vai, cantata da Vanna Brosio e L'ultimo giorno, cantata da Carla Boni su testo di Giorgio Calabrese. Similmente a quanto accade per Francesco Guccini, Paolo Conte si avvicina al mondo della canzone principalmente come "autore", componendo musiche e arrangiamenti per altri artisti. Il primo brano di un certo successo s'intitola Chi era lui, inserita e cantata da Adriano Celentano nell'album La festa; il testo, di chiara ispirazione religiosa, viene scritto da Mogol e Miki Del Prete, ed è presente nel lato B del celebre 45 giri, Il ragazzo della via Gluck. La collaborazione con Celentano prosegue con La coppia più bella del mondo (con parole di Luciano Beretta e Miki Del Prete) e soprattutto con Azzurro, il cui testo è firmato da Vito Pallavicini, paroliere con cui il musicista inizierà una prolifica collaborazione che durerà, in pratica, per tutti gli anni sessanta.
Nel 2007, lo stesso Celentano ha svelato, in occasione della morte di Pallavicini, la genesi di Azzurro: «Un giorno mi ha telefonato Pallavicini - ricorda Celentano - e mi ha detto: ho avuto un'idea pazzesca, però dobbiamo vederci, perché te la devo spiegare di persona. Ho scritto il testo di una canzone su una musica di Paolo Conte che non puoi non incidere perché sarà l'inno degli italiani: si chiamerà Azzurro». La canzone, divenuta un classico della musica italiana, sarà ripresa dallo stesso Conte e incisa nel suo primo album live Concerti, uscito nel 1985. A riprova del successo esponenziale che il brano ha avuto nel tempo, sempre nel 2007, un sondaggio promosso dal sito della Società Dante Alighieri ha decretato Azzurro al primo posto tra le canzoni italiane più famose e cantate nel mondo, spodestando l'altrettanto celebre Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno. Successivamente collabora col maestro Michele Virano, con il quale compone le musiche di altre canzoni di successo, quali Insieme a te non ci sto più per Caterina Caselli e Tripoli 1969 per Patty Pravo. Contrariamente a quanto molte biografie riportano, la canzone Messico e nuvole, portata al successo da Enzo Jannacci, secondo quanto depositato nell'archivio Siae, non reca la firma del musicista, bensì quella del fratello Giorgio, di concerto con Michele Virano e per la parte testuale di Vito Pallavicini.
In merito alla canzone e alla relativa interpretazione dell'artista milanese, Paolo Conte afferma: «Ho avuto la fortuna di trovare un interprete come Enzo Jannacci che per me rimane, storicamente parlando, il più grande cantautore che l'Italia abbia mai espresso. Jannacci è il personaggio che conosciamo, con una dose di visibile follia geniale, manifestata al momento della registrazione della canzone, alla quale io ero presente, poiché l'ha cantata per tutto il tempo coricato per terra con il microfono in mano, urlando e sgambettando come solo lui sa fare, da saltimbanco intellettuale». Nel 1968 scrive con Pallavicini e musicisti quali Enrico Intra e Mansueto Deponti, il brano jazz No amore per la cantante Giusy Romeo, in seguito conosciuta come Giuni Russo. Sempre con Pallavicini, dà alla luce un brano inquieto e drammatico, dal titolo La speranza è una stanza, particolarmente adatto allo stile della cantante italo-francese Dalida. Infine, tra i vari successi come autore, è da ricordare il singolo Santo Antonio Santo Francisco, scritto per Piero Focaccia e Mungo Jerry, brano che concorre al Festival di Sanremo del 1971.
Gli anni settanta
La svolta cantautorale
« Beviti 'sto cielo azzurro e alto che sembra di smalto e corre con noi »
(Da La Topolino amaranto, 1975)
Una foto di Paolo Conte negli anni settanta.
È solo nel 1974, quando ormai è sul punto di abbandonare la musica per dedicarsi alla professione di avvocato, che si convince (anche grazie alla pressione del suo primo produttore Italo Greco), a presentare lui stesso le proprie canzoni. Di conseguenza, pubblica per la RCA italiana il suo primo 33 giri dal titolo Paolo Conte. Si ha così la definitiva svolta cantautorale dell'artista, che da qui in avanti, firmerà in prima persona anche i testi delle proprie canzoni e dove è già presente "in nuce" tutto il suo stile riflessivo, spesso caricato di tagliente ironia. Per la critica il disco è un'opera ancora incerta e non precisamente messa a fuoco, quasi un'antologia revisionista delle varie canzoni scritte in passato. L'album, al momento dell'uscita, non ha il riscontro sperato; tuttavia alcune tracce diverranno, negli anni, tra le più note del musicista, tra le quali si ricordano: La ragazza fisarmonica, Una giornata al mare, La fisarmonica di Stradella e soprattutto Onda su onda, donata lo stesso anno all'amico e collega Bruno Lauzi. Con la canzone Sono qui con te sempre più solo, ha inizio la saga musicale dedicata all' "Uomo del Mocambo", storia del proprietario di un "bar immaginario", dove l'autore è solito tratteggiare situazioni dal gusto decadente, spesso impersonate da curatori fallimentari (in questo, aiutato da un forbito spirito autobiografico). L'architettura del locale (con i suoi tinelli "maròn", insegne, luci, etc.) rimarrà pressoché identica in tutte le canzoni della saga. Il personaggio dell'uomo del Mocambo, ritornerà nelle canzoni La ricostruzione del Mocambo, Gli impermeabili e da ultima, La nostalgia del Mocambo.
La ricostruzione del Mocambo è uno dei pezzi presenti nel successivo Paolo Conte, opera che sancisce il distacco dalla produzione di canzoni altrui, per approdare a una collezione di brani tra i più significativi della sua carriera: basti ricordare Genova per noi (definita dall'autore una delle sue canzoni più importanti), La Topolino amaranto, Pittori della domenica e Luna di marmellata. Il successo stenta ad arrivare e l'artista, nonostante tutto, inizia ad esibirsi in pubblico, vincendo il suo carattere schivo e riservato. Dalle file del Corriere della Sera, lo stesso Conte avrà a dire: «Avevo già i baffi. Era di mezza stagione, ero vestito di velluto marron. Mi ricordo che avevo un piano verticale, e durante le prove avevo appoggiato una bottiglia di acqua minerale che poi ho dimenticato. Quando poi di sera sono entrato in scena, nel buio, gli ho dato un colpo e ho subito battezzato le prime file. C’era già tanta gente, ad ascoltarmi, un quattrocento, cinquecento persone; poi per cinque, sei anni ho suonato ai Festival dell’Unità: l’intellighenzia allora era tutta lì, erano belle le feste con le donne che facevan da mangiare, si compravano i libri negli stand. Ho tenuto concerti anche a qualche grosso Festival dell’Unità, a Roma, Genova e Milano; leggendarie le kermesse emiliane, con quel buon profumo di costine di maiale».
Tra la fine del 1976 e l'inizio del 1977 torna ad esibirsi in concerto con alcuni amici conosciuti alla RCA, tra i quali Piero Ciampi, Nada e Renzo Zenobi, ma le serate riscuotono consensi modesti. Grazie a questo incontro, Nada, incide nello stesso anno tre canzoni di Conte: Avanti bionda, Arte e La fisarmonica di Stradella. Nel 1977 partecipa alla trasmissione televisiva di Lucio Dalla, Il futuro dell'automobile e altre storie, dove si esibisce al piano cantando Onda su onda e La Topolino amaranto; nello stesso periodo collabora agli arrangiamenti dell'album Danze, scritto dall'amico Renzo Zenobi. Da ultimo scrive per Gipo Farassino una delle sue canzoni più interessanti, Monticone, divertito ritratto del tipico personaggio piemontese.
Il Club Tenco e il successo di Un gelato al limon
«Paolo Conte è nato a Sanremo nel 1976 con il Club Tenco. Quando Amilcare Rambaldi (fondatore del Club) lo invitò alla rassegna, era praticamente ancora sconosciuto. Ricordo che pensò di doversi esibire in un piccolo club. Quando si trovò davanti all'Ariston ebbe quasi uno shock perché non si aspettava un teatro così grande». Con queste parole il fotografo Roberto Coggiola ha ricordato, nel 2007, i primi passi del cantautore, in occasione di una mostra fotografica tenuta al Teatro Ariston, dal titolo Paolo Conte a Sanremo dal 1980 al 2005. Infatti, sul palco di Sanremo, Conte, avrà modo di far conoscere le sue prime canzoni, in particolare all'interno delle varie edizioni del Club Tenco, fino a diventarne (assieme ai colleghi Francesco Guccini e Roberto Vecchioni) un protagonista di punta. Tra i vari premi, si menziona, da ultimo, la Targa Tenco quale miglior canzone italiana al brano Elegia, contenuto nell'omonimo disco, uscito nel 2004.
A tre anni di distanza dalla pubblicazione dell'ultimo album, nel 1979 esce Un gelato al limon, dove il musicista riscuote successo. Così, dopo anni di gavetta, il pubblico si accorge del suo stile " inedito e personale", che attraverso l'uso del pianoforte costruisce musiche e atmosfere del tutto inusuali, dirette a controllare "una voce dal timbro rauco e dimesso. Le storie cantate vivono sovente sullo sfondo di mondi esotici ed hanno il compito di celare, nella realtà, sonnacchiosi sobborghi di provincia". In risposta a gran parte della critica, che intravede nel lessico contiano riferimenti alla provincia, il cantautore dichiara: «Non ne sono convinto e mi sono stupito che i critici considerino questi aspetti un privilegio della provincia: casomai rappresentano la peculiarità di tutta la cultura italiana che ha una forte connotazione provinciale. Nelle piccole città si osservano le cose con più attenzione, i personaggi sono meno massificati, è più facile centrarli. Sono forse un po' più protagonisti».
Il favore presso il pubblico dell'album Un gelato al limon è dovuto alla presenza di canzoni quali Bartali, (dedicata al noto ciclista) e all'omonima title-track (dedicata alla moglie Egle), interpretata, nello stesso anno, anche da Lucio Dalla e Francesco De Gregori che la includono nella scaletta del loro fortunato tour Banana Republic. In merito a ciò, Paolo Conte ricorda un incontro con De Gregori, avvenuto a Roma poco tempo dopo la conclusione del tour: «Mia moglie ed io stavamo andando in un ristorante, e dal fondo di una strada vedo apparire Francesco De Gregori: una figura alta che si stagliava in lontananza e si profondeva in scuse da lontano, e mi si avvicinava dicendo: "Mi perdonerai? Mi perdonerai?" "Ma per Diana, certo che ti perdono! Anzi mi hai fatto un gran regalo". Voleva farsi perdonare lo stile con il quale aveva interpretato la canzone, che lui stesso giudicava più profonda di quanto dicesse il tipo di esecuzione da loro scelto è uno dei bei ricordi che fanno parte del catalogo degli "amati clienti", come chiamo gli esecutori delle mie canzoni, memorie del mio passato da avvocato». L'opera apre le porte al jive, un linguaggio gergale tipico dello slang afro-americano, composto da suoni che si ripetono a più intervalli, sostenendo e ricamando il canto. L'uso del jive diverrà un marchio di fabbrica dell'artista, rendendo ancor più riconoscibili le varie esibizioni dal vivo (basti pensare al famoso za-za-ra-zzaz di Bartali o più avanti al du-du-du-du di Via con me). Altri brani da evidenziare sono l'ariosa Dal loggione, la giocosa Rebus, Angiolino e la vivace Sudamerica (reinterpretata al Club Tenco insieme a Ivano Fossati, Roberto Benigni e Francesco De Gregori). Da non dimenticare la pittoresca Blue tangos, inclusa nella colonna sonora del film Nouvelle vague, diretto da Jean-Luc Godard nel 1990.
Gli anni ottanta
Da Paris milonga ad Appunti di viaggio
Un'esibizione di Paolo Conte negli anni ottanta.
Il 25 marzo 1981 il Club Tenco organizza una sorta di ventiquattro ore non-stop in onore di Paolo Conte dal curioso titolo di "Contiana". Si tratta del primo importante riconoscimento nei confronti dell'artista e l'occasione coincide con la presentazione del nuovo album, dal titolo Paris milonga. Sul palco dell'Ariston sale Roberto Benigni che a sua volta omaggia il musicista, cantando un brano dall'ironico titolo Mi piace la moglie di Paolo Conte. L'evento descritto rappresenta la genesi di uno degli album più conosciuti del repertorio contiano, e questo, anche grazie alla canzone Via con me, destinata, nel tempo, a riscuotere un ampio successo sia di pubblico che di critica. Anni dopo, il musicista, fornirà una personale lettura del brano ai microfoni della trasmissione radiofonica Alle otto di sera: «Vorrei che le canzoni non si consumassero mai. Per un compositore sono il profumo di un mazzo di fiori, e a forza di sentirle questo profumo a volte rischia di andarsene Alcune di esse hanno avuto, però, più fortuna presso il pubblico. Una di queste, oltre ad Azzurro, è di certo Via con me. La cosa mi fa piacere perché, è sicuramente tra le mie preferite . Canzone tanto amata, tanto lavorata, e per fortuna tanto consumata, al punto che non soltanto molte ditte l'hanno usata come colonna sonora per le loro pubblicità, ma tantissimi registi di cinema, italiani, inglesi, americani o tedeschi, l'hanno usata tranquillamente. Non so quale sia la ragione. In un film americano che si svolgeva a Parigi, ho avuto addirittura la sensazione che gli americani volessero dare un'idea di Parigi tramite quella canzone. Mi sono sentito francese senza saperlo».
Il singolo assicura ben presto il successo dell'album (il primo del musicista fuori dai confini nazionali) e parte del merito va condiviso con le proprie band di supporto, sempre a metà strada tra l'ensemble jazz e le big band di origini statunitensi. Nel disco compaiono, tra l'altro, musicisti come Jimmy Villotti e Bruno Astesana. Altri brani da sottolineare, sono senz'altro: Alle prese con una verde milonga, che dà in parte il titolo all'LP (dove viene citato il musicista argentino Atahualpa Yupanqui, «ultimo interprete - secondo Conte - della danza pampera chiamata milonga»), Boogie (interpretata anni dopo da Ivano Fossati), Blue Haways e il dittico transalpino Madeleine e Parigi. Sempre nel 1981 collabora con Gabriella Ferri per l'album Gabriella, per cui scriverà alcune canzoni come Sola contro un record, Vamp e Non ridere (reincisa da Conte nell'album Elegia, con un testo parzialmente differente).
Non passa neppure un anno da Paris milonga e l'artista piemontese dà alle stampe un altro disco dal titolo Appunti di viaggio. Grazie a questa nuova manciata di canzoni (dal sapore esotico e tropicale), l'autore tratteggia realtà geografiche sempre più lontane, il più delle volte semplicemente sognate come Chinatown, Shangai, Timbuctu e Zanzibar. Quest'ultima è richiamata nella canzone Hemingway, che, in quegli anni, faceva da apripista a tutti i suoi concerti. In merito alla genesi di Hemingway, così ricorda il musicista: «La canzone l'avevo ambientata a Venezia, volevo una canzone notturna, una musica notturna, un'ambientazione notturna molto particolare, e mi è venuta l'idea di Venezia di notte, e da Venezia è venuto fuori l'Harry's bar, da lì un barman che parla francese, perché, secondo un vecchio cliché, il barman per eccellenza non può che parlare francese, ed evoca il fantasma di Ernest Hemingway» Molti i brani da menzionare: si va dalle ritmate Fuga all'inglese, Lo zio e Dancing, a brani più intimisti come Nord, La frase e Gioco d'azzardo. Da non dimenticare, il Foxtrot da camera di Diavolo rosso, canzone tra le più eseguite dall'artista, dedicata alla propria terra d'origine, nonché al celebre ciclista Giovanni Gerbi. Un autore internazionale
« Nel tempo fatto di attimi e settimane enigmistiche » (Paolo Conte, Sotto le stelle del jazz)
Due anni dopo l'uscita di Appunti di viaggio, l'artista si presenta sul mercato discografico con un nuovo LP, che per la terza volta si intitola semplicemente Paolo Conte. L'album è l'occasione per inaugurare la collaborazione con Renzo Fantini, che per oltre vent'anni diverrà suo manager e produttore. Il disco è un perfetto assemblaggio delle precedenti istanze creative, facendo giungere l'autore alla definitiva maturità artistica. Tanti i brani da ricordare, molti dei quali, divenuti, ben presto, classici del musicista. Basti pensare a canzoni come Gli impermeabili (terzo episodio della tetralogia del Mocambo), l'evocativa Sparring partner, la notturna per piano e sax Come mi vuoi?, la suadente L'avance e Come-di, swing alla Cab Calloway, con numerosi doppi sensi linguistici e vocali. Il tema unificante dell'album è quello dell' "uomo scimmia" (soprannome dei ballerini jazz ideato dalle comunità afroamericane), qui inteso come elogio alla musica statunitense o più precisamente alla musica nera. Tale tematica viene dipanata, secondo dotte citazioni, per tutta la durata del disco e trova la sua maggior concentrazione nel brano Sotto le stelle del jazz ("un uomo scimmia cammina o forse balla chissà...") che rappresenta uno dei pezzi più conosciuti e acclamati del cantautore.
Accolto benevolmente dalla critica, il disco lancia Conte sullo scenario internazionale. Ne segue un'intensa attività live, che lo vedrà impegnato parallelamente sia in Italia che in Francia, quella stessa Francia che già in passato aveva sentito quale luogo d'ispirazione e vicinanza culturale. Da qui nascerà un anno dopo il doppio live Concerti, primo album dal vivo pubblicato dal musicista, dove le registrazioni dei vari brani vengono riprese dai concerti tenuti al Teatro alle Vigne di Lodi, il 28 maggio 1985, al Teatro Morlacchi di Perugia, il 20 di giugno e al Théâtre de la Ville di Parigi, il 15 e 16 marzo 1985. Il disco è presente nella lista dei 100 album italiani più belli di ogni tempo, classificandosi in settantesima posizione, e si avvale di numerosi musicisti di valore, molti di loro, abituali collaboratori di Francesco Guccini, quali Antonio Marangolo, Ares Tavolazzi, ed Ellade Bandini.
In merito ai suoi primi spettacoli in terra francese Conte avrà a dire: «Parigi per me è stata molto importante, il primo rapporto con il pubblico straniero l'ho avuto lì. Il privilegio è quello di essere chiamato dai francesi, e non di cercare di forzare la loro sensibilità per esibirsi nei teatri. I francesi sono venuti a cercarmi, mi hanno offerto i primi tre spettacoli al teatro de la Ville, spettacoli che non dimenticherò mai, perché quando sono entrato in scena pensavo che non ci sarebbero state più di cinquanta persone. Invece per tre giorni ci fu il tutto esaurito». E ancora: «Il successo parigino e francese in generale mi ha aperto improvvisamente le porte di tutta Europa. Significa che un successo parigino rimane ancora una credenziale importante, che Parigi è una realtà culturale riconosciuta: da lì ho potuto andare in Germania, in Olanda, dove ho avuto i successi più grandi, compresa l'Inghilterra, che come ben si sa è un luogo molto difficile da conquistare, poi l'America e così via...».
Per il cantautore ha inizio una serie di lunghe tournée all’estero, che lo porteranno ad esibirsi due anni più tardi in Canada, allo Spectrum di Montreal, in Francia (tre settimane all’Olympia di Parigi), in Olanda e in Germania. Nuove tourneé proseguono in Belgio, Austria, Grecia e Spagna. Da non dimenticare i due spettacoli al Blue Note di New York, antico e storico tempio della musica jazz. Dello stesso periodo si registrano le sue partecipazioni ai più importanti festival internazionali di jazz, quali Montreux, Montreal, Juan Les Pins e Nancy. La riprova di questa fremente attività artistica è l'uscita di un secondo album dal vivo, dal titolo Paolo Conte Live, del 1988, ricavato in gran parte dall'esibizione tenuta in Canada, a Montreal, il 30 aprile 1988. Il CD contiene tre canzoni, fino ad allora, mai interpretate dal musicista: le già citate Vamp e Messico e nuvole e Don't break my heart, già incisa nel 1985 da Mia Martini, con il titolo Spaccami il cuore.
Tra i due live citati esce per il mercato italiano e per quello estero, Aguaplano: un doppio album contenente ventun canzoni, alcune in lingua francese come Le tam-tam du paradis, già scritta in passato per uno spettacolo teatrale di Hugo Pratt. Oltre all'omonima title-track, si ricordano canzoni come Nessuno mi ama, Paso doble, Amada mia e Non sense. Il disco continua con la magnetica Blu notte, la romantica Hesitation e l'ariosa Max, altro brano tra i migliori della sua produzione, volutamente costruito secondo un crescendo agogico con motivo bipartito, ispirato al Bolero di Maurice Ravel. In merito alla fortuna del singolo Conte ha affermato: «Qualche mia canzone ha avuto un riscontro maggiore in una nazione piuttosto che in un'altra. Max, ad esempio, è stata un grandissimo successo da hit parade in Olanda, dove molte mamme hanno chiamato i propri figli con questo nome, per rimanere poi deluse quando mi hanno chiesto cosa volesse dire "Max" e io ho dato loro una spiegazione molto diversa da quella che avrebbero voluto sentire».
Gli anni novanta
Le parole scritte a macchina e la passione per il Novecento
Paolo Conte nel 1992.
Con il dittico Parole d'amore scritte a macchina, del 1990 e 900, del 1992, il cantautore inaugura un periodo di nuova fertilità artistica. Il primo album viene definito dalla critica come uno dei più anomali della sua carriera, che segna un'ulteriore svolta verso un più puro sperimentalismo musicale, dove soluzioni anacronistiche e costruzioni insolite si accavallano continuamente. Un disco assai particolare, fin dalla copertina, dove il fumettista Hugo Pratt ritrae il volto del musicista in schizzo nero su un vivace sfondo arancione. Il disco alterna canzoni dal piglio classico come Colleghi trascurati, Lupi spelacchiati e la stessa title-track, ad altre assolutamente più ricercate e sperimentali, come il pseudoblues di Dragon, l'accattivante Mister Jive (nostalgico omaggio a Harry Gibson e al Cotton Club), Ho ballato di tutto e Canoa di mezzanotte. Degne di nota la verdiana Il maestro e la ritmata Happy feet, brani armonicamente cesellati da un controcanto di cori e voci tutto al femminile.
La seconda parte del dittico, ovvero 900, pur mantenendo costante la vena nostalgica, procede in direzione opposta. Il focus dell'opera è quello della fusione massimalista e orchestrale di stili e generi tra i più diversi, ma sempre ricondotti nell'umore artistico dei primi anni del Novecento. In un'intervista al giornalista Paolo Di Stefano l'autore precisa : «L'attualità non mi interessa. Il Novecento non è quello che ho sotto gli occhi, è quello che risuona dentro di me. Nel mio piccolo, ho sempre cercato di inseguire lo spirito di questo secolo. Il Novecento è qualcosa di impalpabile, ha tutto un suo gusto ambiguo, che gli dà un fascino speciale. È un secolo molto difficile, perché pieno di equivoci… Non avrei voluto vivere in un secolo diverso da questo, anche se è un secolo che idealmente non sarebbe il mio: ogni volta che suono il pianoforte andando per fantasmi, mi vien da dire che forse starei meglio nell'Ottocento, secolo sicuramente più pianistico e più libertario. Il Novecento è stato un secolo terribile, con due guerre mondiali: un secolo equivoco, ma interessante, in cui abitare è stato forse un privilegio, anche se oggi non riusciamo ancora a capirlo».
Il nuovo disco trova nella sua canzone di lancio, appunto Novecento, il riassunto musicale di ciò che Conte ha spiegato ai microfoni del Corriere della Sera. Il brano diviene rapidamente uno dei più richiesti dal pubblico contiano. La critica viceversa si divide. Non è favorevole Mario Luzzatto Fegiz: «Il brano è la conferma del tunnel in cui l'avvocato di Asti è entrato: una strana canzone, che racconta sensazioni a cavallo fra due secoli, in un paesaggio descritto con versi come 'lassù sul palcoscenico pleistocenico sull'altipiano preistorico'. Ahimè, vengono in mente i deliri antiverbali del paroliere di Battisti, Pasquale Panella, o recenti exploit di Claudio Baglioni (le "insolite insolute insalate") Ora tutto è diventato labirinto psicologico, ermetismo, ma soprattutto manierismo estetico ("Galvanizzato il vento spalancava tutti i garages e liberava grossi motori entusiasmati")». Plaude, invece, dalle file del quotidiano La Repubblica, il critico Gino Castaldo, che fa notare come lo stile di Conte nell'intero album sia «Caricaturale, indiretto, deformante, obliquo, com'è nelle sue corde; eppure già nella canzone d'apertura, Novecento, (vezzosamente scritta in lettere, al contrario del titolo dell'album), si coglie una visione fugace, quasi spiata di sguincio, di questo scorcio di fine millennio, che si apre con "dicono che quei cieli siano adatti ai cavalli e che le strade siano polvere di palcoscenico..." e poi passa in rivista tra calembour, allitterazioni e fotografie antiche, la nostra cultura divisa tra "spolverini di percalle" e "grossi entusiasmanti motori", sul ritmo di un avvolgente valzer che tutto travolge e tutto raccoglie in un vortice di sentimenti epocali».
A proposito del suo rapporto con la critica musicale l'artista ha affermato: «Mi fa piacere quando i critici e gli studiosi di quello che ho scritto mi fanno dei complimenti "intellettuali", facendo ricerche sulle mie tecniche di scrittura, su certe trovate poetiche o di altro tipo. Però il tipo di applauso che io desidero è un applauso di stampo circense. Lavoro con lo spirito dell'acrobata, che in equilibrio cammina sul filo teso e riesce ad arrivare dall'altra parte. Se arrivo dall'altra parte e vengo accolto da un bell'applauso, sono consolato e sorretto dopo questa fatica in una maniera molto antica. A me piace vedere il piede che si muove e che batte il ritmo; è il più bel tipo di riconoscimento che mi può venire dal pubblico». Tornando al disco, altri brani da menzionare sono: la suadente Pesce veloce del baltico, Gong-oh (tributo alla Art Tatum dedicato a Chick Webb e Sidney Bechet), e l'intima Una di queste notti. L'album continua con le decadenti Il treno va, Per quel che vale e Chiamami adesso, tutte volutamente "retrò", caricate di colori e atmosfere tipiche dei Café chantant. Tra i due album pubblicati, avviene il primo importante riconoscimento per l'avvocato di Asti, con il conferimento del Premio Librex Montale, nella sezione "Poetry for Music", creato per l'occasione, da una giuria presieduta da Carlo Bo. Dopo di lui riceveranno il premio Francesco Guccini, Lucio Dalla, Franco Battiato, Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati e da ultimo Roberto Vecchioni.
Nell'autunno del 1995, Paolo Conte torna in sala di incisione per registrare un nuovo LP dal titolo "teatrale" Una faccia in prestito. Accolto freddamente dalla critica, il decimo album del cantautore ripercorre la strada già tracciata dal doppio LP Aguaplano. Come in quel caso il musicista dà alla luce quante più idee possibili, sfornando diciassette canzoni, dove l'italiano, nel dare forma e sostanza ai testi, non è più l'unico idioma possibile. La "geografia linguistica" dell'autore si estrinseca in testi che passano dall'inglese di Don't Throw It In The W.C, al dialetto piemontese di Sijmadicandhapajiee, (letteralmente "siamo cani da pagliaio"), dal napoletano di Vita da sosia, al pastiche ispano-americano di Danson metropoli. La ragione di questo mutamento è da ritrovarsi in un'intervista rilasciata dal musicista al Corriere della Sera: «Come tanti compositori che scrivono prima le musiche e poi le parole, in genere scrivo con un finto inglese, che è elastico, ti fa sognare molto di più, i pezzi rimangono più astratti, poi quando devi fare i conti con l’italiano cambia tutto». Anni dopo, in un'altra intervista, chiarirà definitivamente il concetto: «È molto faticoso per me, l'ho già detto, piegare la lingua italiana alle esigenze ritmiche e metriche della musica. Sappiamo tutti che quella italiana è una lingua bellissima, ma estremamente difficile da adattare musicalmente per la mancanza di tronche e di elasticità delle sillabe. Tante volte la mia vocazione di musicista mi porta a storpiare la lingua italiana, o a mescolarla con altre lingue per ottenere un risultato buono dal punto di vista ritmico. Mi ha divertito affrontare altre lingue per la loro capacità filmica, cinematografica, teatrale di raccontare al di là dei significati letterali».
Una delle canzoni di punta del disco Elisir, sarà poi riproposta dal cantautore nell'album Danson metropoli - Canzoni di Paolo Conte, personalissimo omaggio degli Avion Travel al musicista astigiano, dove nel brano compare la voce di Gianna Nannini. Altri brani da segnalare sono: Epoca, l'elegante Un fachiro al cinema, Cosa sai di me? e l'ipnotica e sensuale L'incantatrice. Degni di merito anche i brani Architetture lontane e la ritmata Quadrille, dove il musicista alterna le strofe con il contrabbassista francese Jino Touche. Una menzione a parte merita la title track, di cui Conte ricorda la suggestiva ispirazione: «Una canzone che risale ad un ricordo vero e che si ricollega alla mia grande passione per il jazz. Mi riferisco all'incontro col grande jazzista Earl "Fatha" Hines, un superlativo pianista, detto appunto "il padre", padre del pianismo moderno. Mi è apparso come io volevo che fosse: una bellezza nera, dai denti bianchissimi, vestito da boxeur, con un accappatoio bianco, e in mano una pipa e un bicchiere di whisky. Sono riuscito a ottenere un autografo su un vecchio pacchetto di sigarette Turmack, poi, di nascosto, io e il mio amico Mingo, siamo rimasti dietro le quinte ad assistere alla sua esibizione».
Una costante del musicista astigiano restano le esibizioni dal vivo che puntualmente ripartono ad ogni nuovo LP. In questa logica nascono i due live Tournée, del 1993 e Tournée 2, del 1998. Il primo presenta registrazioni effettuate in Europa all'Hamburg Congress Centrum, al Paris/Théâtre des Champs Elysées, al Valencia/Teatro Principal e al Monte Carlo Sporting Club. Nell'album sono presenti tre inediti, anch'essi non in lingua italiana come il music-hall di Bye, Music (interpretato dalle cantanti Julie Branner, Rama Brew, Ginger Brew e Maria Short), la ballata in francese di Reveries e lo strumentale di Ouverture alla russa . Il secondo capitolo di Tournée, realizzato, come detto, nel 1998, contiene ben cinque inediti: Swing, Irresistible, Nottegiorno, Legendary (interpretata dalla cantante Ginger Brew) e Roba di Amilcare, commosso brano in ricordo di Amilcare Rambaldi, tra i primi scopritori dell'artista, nonché, ideatore del Club Tenco. Nel medesimo lasso di tempo, esce, per il mercato americano, l'album raccolta The Best of Paolo Conte, già pubblicato due anni prima per il mercato europeo. Votato "disco dell'anno" dall'autorevole rivista Rolling Stone, porrà le basi per la realizzazione di un tour di successo in terra americana, che porterà il cantautore ad esibirsi nelle principali città degli Stati Uniti, quali New York, Boston, Los Angeles e San Francisco.
Gli anni duemila
Razmataz: un progetto lungo trent'anni
Uno dei numerosi disegni che compongono l'opera multimediale di Razmataz.
Il vecchio millennio si chiude con la pubblicazione dell'album Razmataz, uscito nel 2000 (anche in DVD), direttamente tratto dal musical-vaudeville RazMaTaz, ideato e curato dallo stesso artista. La commedia vede la luce nel 1989 in un libro omonimo, dove compaiono i disegni, gli spartiti, e i testi con varie annotazioni dell'autore. Il progetto, rappresenta una sorta di atipica forma di spettacolo, pensato e studiato dal musicista, fin dagli anni settanta. Caso unico nel panorama della canzone d'autore, Razmataz, oltre che un disco è uno sceneggiato radiofonico che sfocia in un progetto di operetta multimediale, dove, alla colonna sonora, si aggiungono tavole dipinte dal musicista (oltre 1.800 schizzi a carboncino, tempere e disegni) che raccontano, come veri storyboard, una trama fumosa e imprecisa. Non a caso l'etimologia stessa del nome Razmataz deriva dall'inglese colloquiale, che sta a significare: «confusione chiassosa e pittoresca». Ne nasce un'opera insolita e piuttosto significativa, anche se destinata a non raggiungere il successo desiderato; e questo in virtù della scelta stessa di non concretizzarsi in un musical, compiendo un'operazione opposta a quella del coevo Notre-Dame de Paris. Realizzato in varie versioni (italiana, inglese, francese e spagnola), questo nuovo lavoro è l'occasione per mettere a nudo l'abilità pittorica del musicista, che si traduce in linee e colori di chiara ispirazione avanguardista, prediligendo, in particolar modo, il primo periodo di Carlo Carrà.
Il pretesto narrativo è la storia di una ballerina africana (di nome Razmataz), della sua rincorsa al successo e della sua rapida e misteriosa scomparsa, metafora dell'incontro della vecchia Europa con la giovane musica nera. La commedia, è un elogio alla musica afroamericana, dove a contorno si stagliano una serie di figure che riportano Parigi allo spirito libertario di inizio secolo. Nelle diciotto canzoni presenti, nascono personaggi come il girovago bluesman di Yellow Dog, i ladroni danzanti della Java javanaise, gli artisti di strada di Ça depend e quello della cantante espressionista Zarah, nel brano The Black Queen. Così facendo, l'autore amalgama musica jazz, cultura africana, e classicismo operistico, fondendoli in una romantica e colorata "poetica dei bassifondi".
Una delle canzoni simbolo, It's a Green Dream (proposta nel disco in due versioni), è così commentata dall'autore: «It's a Green Dream è una delle canzoni chiave, ed è la canzone cara ai neri americani che sono arrivati a Parigi, perché in un testo brevissimo, ripetuto in modo un po' tribale, si immagina un ritorno ad antiche ascendenze della loro razza, e si evoca la terra del Mozambico, come un paradiso perduto. Non dimentichiamoci che sono neri americani i cui avi provengono da una deportazione, e quindi hanno una patria lontana quasi dimenticata, rimasta nel loro sangue, nei loro ritmi, nel loro modo di camminare, di vivere, di pensare, di immaginare, di sognare. Ecco, questo è il "sogno verde", il sogno del Mozambico, terra perduta che si vorrebbe ritrovare».
Nel segno dell'elegia
«Signore e signori dell'Università, su questa mia faccia, sempre che sia sufficientemente espressiva, potete leggere tutta la soddisfazione per l'onore che mi fate, ma anche l'imbarazzo di uno che non è assolutamente in grado di tenere per voi una lectio doctoralis». Con queste parole Paolo Conte accoglie, il 4 aprile del 2003, la Laurea honoris causa in Lettere Moderne conferitagli dall'Università degli Studi di Macerata. Nell'occasione tiene una lezione sui "tempi dell'ispirazione", passando in rassegna gran parte della poesia e della pittura del novecento, svelando, tra l'altro, la sua preferenza per il pittore Massimo Campigli. Un mese prima, durante un incontro con gli studenti dell'Ateneo Patavino, a chi gli chiedeva anticipazioni dei suoi progetti futuri, l'artista affermava che presto avrebbe trovato l'ispirazione per scrivere nuove canzoni..
Infatti, nel novembre 2004, dopo aver pubblicato una nuova antologia per il mercato estero (Reveries), il musicista riappare sulle scene, con un disco di inediti dal titolo Elegia. Primo album del cantautore per la casa di produzione Atlantic, Elegia è una parola leggibile sia con i registri di "sentimentale" e "morale", sia con quelli di "mesto" e "lamentoso". Il leitmotiv dell'opera è quello della nostalgia, una nostalgia non priva di momenti ironici, che guarda a mondi musicali ormai lontani e perduti, e con cui la musica dell'artista torna a misurarsi. Tutto ciò si evince nel brano La nostalgia del Mocambo, che offre all'ascoltatore un incipit strumentale tipico della bossa nova, facendosi via via sempre più veloce e incalzante. Altre canzoni da segnalare sono la delicata Non ridere (regalata in passato a Gabriella Ferri), la poetica title-track, il tango di Sonno elefante e l'ironica Sandwich man, scanzonato ritratto degli albori del cinematografo. Chiude il disco l'honky tonk pianistico del brano La vecchia giacca nuova, appassionata analisi del cabaret e del teatro sociale anni venti.
Un anno dopo, nel 2005, esce un nuovo disco dal vivo, dal titolo Live Arena di Verona. Il doppio album, a differenza dei precedenti, non è un puzzle di varie performance europee, bensì una fedele trasposizione del concerto tenuto all'Arena di Verona (davanti a dodici mila spettatori), la sera del 26 luglio 2005. Unico inedito è il brano Cuanta Pasiòn, che vede la partecipazione del chitarrista dei Gypsy Kings Mario Reyes, e della cantante iberica Carmen Amor. Inoltre, sempre, nel 2005, dopo trentasette anni, torna a scrivere per Adriano Celentano, regalando all'artista milanese una nuova canzone dal titolo L'indiano. In merito a questa nuova collaborazione, in un'intervista a La Repubblica, Paolo Conte dichiara: «Ho scritto questa canzone facendogli una specie di ritratto. Per far capire il suo modo di parlare, il suo modo di esprimersi, che è proprio come quello di un indiano». Ad una successiva intervista, aggiunge: «Ho scritto questo testo facendo tesoro delle parole che Celentano mi aveva detto tanti anni fa, descrivendomi il paradiso come un cavallo bianco che non suda mai, "perché sai", diceva, "se tu vai a cavallo qui in mezzo alle gambe senti il sudore del cavallo". Mi sembrava una parlata da indiano, e ho scritto una musica un po' pellerossa che non mi dispiaceva affatto, lui è stato un po' timido nel cantarlo, un po' cupo, sembra quasi che col mio provino l'abbia influenzato. Io invece sono sempre stato molto stimolato dalla sua voce».
Nel febbraio del 2007, il Comune di Asti decide di accettare la proposta di commissionare all'avvocato piemontese, la preparazione dei due tradizionali sendalli raffiguranti san Secondo, dipinti dal cantautore per le celebrazioni del 40º Palio di Asti. Ambe due le occasioni diventano materia di cronaca per porre l'artista al di fuori del mondo della canzone, spostandone l'attenzione verso, la già citata, passione per la pittura. A tal proposito il musicista ricorda: «Nella mia vita il vizio della pittura è molto più vecchio rispetto a quello della musica. Risale a quando ero bambino, poi magari sono stato anni senza toccare pennelli o matite. Da piccolino disegnavo trattori. Crescendo ho disegnato donne nude e musicisti di jazz».
Non a caso, nel maggio del 2007, riceverà dall'Accademia di belle arti di Catanzaro la laurea honoris causa in pittura. All'artista astigiano viene così conferita una seconda onorificenza per «la conclamata competenza nel campo della pittura», secondo quanto comunicato il giorno della cerimonia. Numerose, d'altronde, sono state, negli ultimi anni, le mostre esposte dal cantautore, sia in Italia che all'estero, spesso insieme ad altri artisti, come nel caso della mostra a Castel Sant'Angelo, che nel 2006 ha raccolto quadri realizzati da Dario Fo, Paolo Conte, Franco Battiato, Gino Paoli e Tony Esposito.
L'artista, ben lungi dall'abbandonare la musica leggera, nel settembre del 2008, torna sulla scena musicale con la pubblicazione di un nuovo album dal titolo Psiche. Il disco viene presentato in anteprima alla Salle Pleyel di Parigi, assieme all'orchestra sinfonica dell’Ile de France (diretta da Bruno Fontaine), a cui seguirà una speculare tournée europea. L'album propone novità sonore del tutto estranee al mondo del musicista, pur mantenendo saldo il gioco linguistico di atmosfere e colori propri della cultura esotica. Così Curzio Maltese dalle pagina del quotidiano La Repubblica: «Nel nuovo album di Paolo Conte si ritrovano i miti di sempre, dalla bici al circo, dai misteri femminili alle suggestioni esotiche. Ma ci sono anche sapori e colori inediti, una ricerca musicale che accantona per un po’ jazz e swing e sposa per la prima volta l’elettronica e i suoni di gomma e di plastica dei sintetizzatori, con tutta la loro strana poesia».
Riguardo all'esotismo della scrittura contiana, da sempre al centro dell'attenzione della critica, Paolo Conte afferma: «Tante volte, quando mi intervistano, mi parlano di un esotismo che ricorre sovente nelle mie canzoni, ed è stato fatto un accostamento, illustre tra l'altro, con Emilio Salgari. Per un po' ho accettato questa definizione, forse l'ho perfino suggerita io stesso, perché era il caso mio: mi inventavo il Messico, mi inventavo Timbuctù, Babalù, e tutti gli esotismi possibili senza mai essere stato in giro, senza averli mai conosciuti da vicino il mio esotismo è un malessere che i francesi chiamano ailleurs, il senso dell'altrove, tipico degli scrittori novecentisti, ed è una forma di pudore e fa sì che certe storie della nostra vita reale vengano trasferite in un teatro più lontano, più immaginifico, più fantasmagorico, per attutire il senso della realtà e trasformare la povertà che può esserci nel contenuto di una storia raccontata in qualche cosa che può essere più vicino alla favola, alla fiaba». L'album, presenta numerose canzoni di stampo melodico come L'amore che, Intimità e Psiche, ad altre più elaborate come la brasileira Danza della vanità, Big Bill, Silver fox e il soul - gospel del brano Il quadrato e il cerchio. Nello stesso anno compare anche l'album Paolo Conte Plays Jazz, uscito per la Sony, che raccoglie una collezione di brani standard d'impronta swing, contenente, tra l'altro, l'intero LP The Italian Way to Swing, del lontano 1962.
Gli anni Dieci
A riprova di una ritrovata continuità artistica, a soli due anni di distanza dall'ultima fatica, il 12 ottobre 2010 esce per l'etichetta Platinum il quattordicesimo album in studio del cantautore, denominato Nelson. Il titolo, deriva dalla caratteristica copertina dove è presente un ritratto del cane di famiglia, deceduto nel 2008 e dipinto, dallo stesso musicista. A tal proposito l'autore afferma: «Non l'ho mai citato in nessuna canzone e allora ho voluto intitolargli un disco». Ancora una volta il nuovo LP si nutre di brani cantati in numerose lingue, si va dal francese di C'est beau, al napoletano di Suonno e' tutt'o suonno, dall'inglese di Bodyguard of myself, alla spagnoleggiante Los amantes del Mambo. Canzoni da ricordare e che si inseriscono visibilmente nel classico repertorio del musicista sono: Tra le tue braccia, Galosce selvagge, Clown e il divertissement di Sotto la luna bruna. Il singolo di lancio, L'orchestrina, come spiega una nota sul disco, è dedicato a Dino Crocco: «Dino Crocco - spiega Paolo Conte - era un carissimo amico, oltre ad essere il capo di un’orchestrina che suonava nelle belle sale da ballo italiane negli anni Sessanta. Ho dedicato a lui questa canzone che si chiama L’orchestrina perché mi riporta a quegli anni, quando io seguivo queste orchestre e osservavo cosa succedeva nell'orchestra e intorno all'orchestra».
Il disco è un invito a distaccarsi dalla barbarie del quotidiano, a conferma della rinomata idiosincrasia dell'artista per l’attualità. Il relativo concetto viene esposto dall'autore in un'intervista al Corriere della Sera: «Il mio pubblico non è schiavo delle mode e io lo lascio libero sia dal punto di vista stilistico che da quello concettuale», e alla successiva domanda del giornalista Andrea Laffranchi su un suo personale giudizio sulla realtà di oggi, il musicista risponde: «Ne penso tutto il male possibile, ma è meglio non parlarne per non sollecitare brutte abitudini. Ci sono battaglie perse in partenza contro certi modi di fare e criticare non basta, ci vorrebbe un impegno più forte, forse bisognerebbe fare delle multe per slealtà, cattiveria, volgarità, cattivo gusto, in generale e all'italiana». L'album è dedicato a Renzo Fantini, produttore e collaboratore di lunga data dell'artista, recentemente scomparso nel marzo del 2010.
Nel 2011, pubblica una nuova raccolta dal titolo Gong-oh (contenente il brano inedito La musica è pagana). A seguito del ritiro dalle scene di Ivano Fossati (a cui seguirà un anno più tardi quello di Francesco Guccini), alla domanda sulla possibilità di dimettersi come "cantautore", il musicista risponde: «Ci sono artisti che desiderano morire in scena, altri che se la sentono di praticare la difficile arte di fare i pensionati. Ma poi, di notte, col favore delle tenebre, la musica potrebbe bussare alla porta...». Nello stesso anno, la città di Parigi conferisce al musicista, la Grande medaille de Vermeil, massima onorificenza della capitale francese, confermando ancora una volta, nei confronti dell'artista piemontese, una stima e un affetto oramai trentennali.
Paolo Conte e la Francia
Durante la cerimonia ufficiale per la consegna della Grande médaille de Vermeil, all’Hotel de Ville, Christophe Girard, vicesindaco responsabile della Cultura, ha ripercorso la carriera dello chansonnier astigiano ricordando il suo legame con la Francia e Parigi: «Quando si pensa a Paolo Conte, si pensa alla sua "allure", alla sua inconfondibile silhouette. Una sagoma che a mio parere non è nera ma di fuoco. Me lo lasci dire francamente, lei è il nostro Cavaliere preferito… Prima ancora che un avvocato, lei è un artista e un uomo libero. A nome del comune di Parigi, che ha uno stretto legame con Roma e adesso con Asti, volevamo renderle omaggio, attribuendole una sorta di cittadinanza onoraria della città».
Nei paragrafi precedenti, si è già parlato della sintonia culturale che lega Paolo Conte al pubblico francese, sintonia che l'artista ha cercato di sintetizzare, commentando uno dei suoi brani più famosi: «Come di, è una canzone che ha avuto un grande riscontro in Francia. Non tanto perché dal gioco di parole veniva fuori una parola francese, forse perché hanno capito qualcosa che altri non hanno capito. Ho potuto verificarlo durante una trasmissione televisiva dedicata a fatti di guerra molto crudi, nel corso della quale mi è stato chiesto di cantare questa canzone. Ho domandato perché, e mi fu risposto: "Perché è la canzone degli addii". Avevano compreso realmente la sua vera essenza».
Una vicinanza reale, quella tra il musicista astigiano e il pubblico francese, vicinanza, che lo stesso cantautore esemplifica in un'altra intervista, definendo Parigi: "la città artistica per eccellenza", e questo, anche per l'innata vocazione della capitale ad accogliere in sé artisti di qualsivoglia nazionalità: «Parigi per gli artisti è la città ospitale per eccellenza. Non c'è artista che non vi abbia fatto pellegrinaggio. Là si raccoglievano un po' tutte le idee, là c'era la capacità di sentirsi figli di una identica divinità artistica. Parigi ha fatto vivere tanti artisti, ha permesso loro di campare, offrendo un tipo di ospitalità che è a misura d'uomo, dove i sentimenti sono sempre tenuti in vita come una fiamma, voluti. Ho avuto modo di ascoltare dei provini di cantanti parigini (soprattutto donne); che non avevano niente di importante da un punto di vista poetico. Tuttavia, quei tre minuti di esibizione li vivevano come qualcosa di assoluto. C'è un forte sentimentalismo, inteso nella sua capacità di far fiorire le storie, le divinità nascoste del pomeriggio, della notte e del mattino, che è tutto francese. E questa, è una grande forza di Parigi».
Paolo Conte e il cinema
Oltre ad essersi avvicinato alla scrittura, pubblicando, nel 2009, un libro a quattro mani con la scrittrice Manuela Furnari, dal titolo Prima la musica, un'altra forma espressiva, sicuramente prossima al cantautore, è da ricercarsi nell'arte cinematografica. Il musicista, infatti, è da sempre legato ad una cinema di stampo classico, soprattutto americano, francese e italiano, che spesso ha contribuito a dare forma e immagine al lessico delle sue stesse canzoni. A titolo di esempio, infatti, il famoso giornale americano The Wall Street Journal, in un'intervista effettuata all'artista, nel 1998, ha dichiarato, che ascoltare le canzoni del musicista astigiano «è come avere un film di Federico Fellini nelle orecchie». Tra l'altro, il cantautore, parlando del brano di lancio del suo ultimo album, L'orchestrina , che ritrae la scena di un dancing d’epoca con l’odalisca che si spoglia, rivela: «Mi illudo che il testo non sarebbe dispiaciuto al mondo di Federico Fellini».
In merito alla genesi di un altro brano, dal titolo Un fachiro al cinema, Conte ha rivelato un'esplicita passione verso il primo periodo di Stanley Kubrick, affermando: «Da ragazzo, mi sono visto proiettare un film di cui non sapevo assolutamente niente, ed ero l'unico spettatore in sala. Benché questo film non avesse una trama, sono uscito dalla proiezione convinto di aver visto una cosa meravigliosa, tale era la bellezza delle immagini e della fotografia, e per tanti anni ho continuato a ricordarlo. Si chiamava Il bacio dell'assassino. Trentacinque anni dopo, leggo sul Radiocorriere che lo danno in televisione, e ho avuto un soprassalto. Vado a leggere il nome del regista: Stanley Kubrick. So che lui alla fine della carriera lo ha rinnegato assieme ad altri suoi film, ma per me resta un'opera di una classe notevole».
Nel corso degli anni, la sua passione per la settima arte si è anche materializzata nella composizione di svariate colonne sonore, in seguito compendiate in un disco, uscito nel 1990 per la Mercury, dal titolo Paolo Conte al cinema. L'album presenta brani del cantautore che sono apparsi sia in pellicole cinematografiche che in spettacoli teatrali, tra i quali si ricordano: Le tam tam du paradis, scritta dall'artista per lo spettacolo teatrale Corto Maltese, del 1982 (qui cantato da Athina Cenci), Via con me, cantato da Roberto Benigni per il film Tu mi turbi, di cui Conte ha curato tutte le musiche, Le chic e le charme, dal film Aurelia e lo strumentale Provvisory house, dallo spettacolo teatrale Varietà in varie età. Ancora da menzionare sono le versioni strumentali di Hesitation, dal film Professione farabutto e Locomotor, dal film Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada, del 1983, diretto da Lina Wertmuller. Inoltre, nel film French Kiss, diretto nel 1995 da Lawrence Kasdan, mentre la protagonista Meg Ryan passeggia per le strade di Parigi, è possibile sentire l'intera canzone Vieni via con me, cantata in italiano da Paolo Conte.
Paolo Conte e il fumetto
La personalità musicale di Paolo Conte ha spesso incontrato il mondo dell'illustrazione o più precisamente del fumetto, stimolando numerosi professionisti del genere a dedicare al cantautore più di uno schizzo su carta. In particolar modo, è doveroso ricordare, la ricostruzione illustrativa effettuata dall'amico e fumettista Hugo Pratt. Infatti, nel 1982 il padre di Corto Maltese ha raccolto, in un volume curato da Vincenzo Mollica, dal titolo Le canzoni di Paolo Conte, venti disegni che descrivono, nel perfetto stile dell'autore romagnolo, alcuni tra i brani più significativi dell'artista. L'omaggio figurativo di Pratt al musicista astigiano non resta un caso isolato, nel corso del tempo, molti altri fumettisti di fama hanno omaggiato con gli strumenti della china e il carboncino l'universo musicale di Conte: basti pensare ad Altan che ha raffigurato, anch'egli nel suo personalissimo stile, situazioni e atmosfere del "bar Mocambo", a Milo Manara, che ha riprodotto mondi esotici, da sempre cari al musicista, finanche a Guido Crepax e Sergio Staino che si sono ispirati rispettivamente a due canzoni del musicista: Un gelato al limon e Rebus.
Tale tendenza, a riprodurre in immagini le varie canzoni del cantautore, ha ripreso spinta in questi ultimi anni. Infatti nel 2009 è uscito, a cura del fumettista Gino Vercelli, per la collana Strippers, Musica e nuvole. Paolo Conte, le canzoni interpretate a fumetti. Questa nuova raccolta e sotto la regia stessa di Vercelli, ha dato la possibilità, ad ognuno dei giovani autori prescelti, di ritrarre, come veri storyboard, molte delle canzoni del cantautore, usando stili e tecniche tra le più disparate, come si evince, a titolo d'esempio, guardando le raffigurazioni di Sparring partner, illustrata secondo tecniche proprie dei Manga giapponesi o quella del brano La topolino amaranto, ispirata al fumetto americano anni 50. Non solo fumettisti italiani ma anche "matite straniere" hanno guardato al musicista piemontese, come il disegnatore americano Bill Griffith, che, a sua volta, ha omaggiato l'artista, ritraendone un divertito primo piano.
Discografia
Album
1974 - Paolo Conte (RCA, TPL 1-1092) 1975 - Paolo Conte (RCA, TPL 1-1183) 1979 - Un gelato al limon (RCA, PL 31452) 1981 - Paris milonga (RCA, PL 31581) 1982 - Appunti di viaggio (RCA, PL 31634) 1984 - Paolo Conte (CGD, 20444) 1987 - Aguaplano (CGD, 21220) 1990 - Parole d'amore scritte a macchina (CGD, 9031 72778-1) 1992 - 900 (CGD, 4509-91033-1) 1995 - Una faccia in prestito (CGD East West, 0630 12576-2) 2000 - Razmataz (Warner Fonit, 85738 57092 8) 2004 - Elegia (Warner Music Italia, 5050467575929) 2008 - Psiche (Universal, 1781900) 2010 - Nelson (Platinum/Universal Music Group, 3259130003499)
Live
1985 - Concerti (CGD, 22213) 1988 - Paolo Conte Live (CGD, 20887) 1993 - Tournée (CGD, 4509-94252-2) 1998 - Tournée 2 (EastWest, 3984 25315-2-1) 2005 - Live Arena di Verona (Warner Music Atlantic Group, 5051011130427)
Premi e riconoscimenti
Numerosi sono stati, negli anni, i premi e i riconoscimenti vinti dal cantautore astigiano, premi attinenti non solo al mondo della musica, ma anche a quello cinematografico, letterario e pittorico. Senza, per altro, dimenticare le varie onorificenze arrivate dal mondo accademico e istituzionale. Qui sotto, si riportano, in maniera sommaria, alcuni dei suoi riconoscimenti più importanti. Premi
1985 - Targa Tenco miglior canzone italiana Sotto le stelle del Jazz 1985 - Targa Tenco miglior album italiano Paolo Conte 1987 - Targa Tenco miglior album italiano Aguaplano 1991 - Premio Librex Montale, sezione "Poetry for Music" 1993 - Targa Tenco miglior album italiano 900 1997 - David di Donatello come miglior musicista per il film La freccia azzurra. 1997 - Nastro d'argento alla miglior colonna sonora per il film La freccia azzurra. 1999 - Targa Tenco miglior canzone italiana Roba di Amilcare 2005 - Targa Tenco miglior canzone italiana Elegia 2007 - Riccio d'Argento - Premio Miglior Live d'Autore dell'Anno della XXIII Fatti di Musica di Ruggero Pegna
Onorificenze
Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana «Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — Roma, 24 marzo 1999
Chevalier dans l'Ordre des Arts et Lettres — Parigi, 15 maggio 2001
Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte — Roma, 17 marzo 2003
Grande médaille de Vermeil de la Ville de Paris — Parigi, 26 gennaio 2011
Laurea honoris causa in Lettere moderne
««Per aver tradotto in un linguaggio del tutto originale, ricco di significative trame testuali e poetiche, tipi, luoghi, situazioni, storie, atmosfere di aspetti dell’immaginario del nostro tempo».» — Università degli Studi di Macerata, 4 aprile 2003.
Laurea honoris causa in Pittura
««Come riconoscimento alla propria esperienza e conclamata competenza nel campo della pittura, con particolare riferimento alle creazioni dell’opera multimediale Razmataz».» — Accademia di belle arti di Catanzaro, 24 maggio 2007
Paolo Conte è il primo album del cantautore Paolo Conte, intitolato semplicemente con il suo nome e cognome (cosa che si ripeterà per l'album successivo e, più avanti, per il suo sesto lavoro).
Dopo i numerosi successi precedentemente ottenuti come autore, Paolo Conte debutta come interprete con questo album, grazie agli incoraggiamenti del produttore Italo Greco.
Tutti i testi e le musiche sono di Paolo Conte, tranne Una giornata al mare, scritta da Conte in collaborazione con il fratello Giorgio per la musica; si tratta dell'unica canzone già nota della scaletta dell'album, in quanto incisa tre anni prima dall'Equipe 84. Tuttavia il brano risulta qui firmato dal solo Paolo Conte. Quasi contemporaneamente esce, invece, la versione di Onda su onda di Bruno Lauzi, che porterà al successo il brano dell'ancora sconosciuto Conte, oltre a incidere in quegli anni, talvolta per primo, diverse altre sue canzoni, come, per esempio, Genova per noi.
L'illustrazione in copertina è la riproduzione di un quadro del cantautore, autoritratto mentre, seduto, è provocatoriamente abbracciato da una donna seminascosta nell'ombra (le si notano soprattutto i collant e i tacchi a spillo).
Il disco è stato registrato negli studi Format di Torino, di proprietà del maestro Happy Ruggiero, noto direttore d'orchestra e musicista torinese (già arrangiatore per la casa discografica DKF Folklore e collaboratore di Silvana Aliotta). I tecnici del suono sono Danilo Pennone e Giancarlo Fracasso. Pennone è il chitarrista di uno dei più noti gruppi beat torinesi, I Ragazzi del Sole.
L'album al momento dell'uscita non ebbe un riscontro commerciale: tuttavia molte delle canzoni contenute diventarono tra le più note dell'avvocato astigiano e vennero reincise da altri interpreti. Nel 1987 l'album è stato ristampato in CD dalla RCA
Saga del Mocambo
Sono qui con te sempre più solo è il primo episodio di quella che a posteriori sarà battezzata "saga del Mocambo"; canzoni scritte e incise in momenti diversi (le altre saranno La ricostruzione del Mocambo, Gli impermeabili e, diversi anni dopo, La nostalgia del Mocambo) in cui Conte narra in prima persona le vicende del gestore di un bar di provincia (il "Mocambo", appunto) e le sue avventure-disavventure coniugali. Da segnalare la partecipazione, in Sono qui con te sempre più solo e poi nella Ricostruzione, del celebre Duo Fasano: le due sorelle torinesi cantano i cori di entrambi i pezzi.
Tracce
LATO A
Questa sporca vita - 3:15 Sono qui con te sempre più solo - 3:29 Wanda, stai seria con la faccia... - 3:13 Sindacato miliardari - 3:45 La fisarmonica di Stradella - 3:18 Tua cugina Prima (Tutti a Venezia) - 2:37
LATO B
La ragazza fisarmonica - 4:21 Onda su onda - 4:31 Lo scapolo - 4:16 Una giornata al mare - 3:37 La giarrettiera rosa - 2:52
fonte: wikipedia.org foto:vinileshop.it
Questa sporca vita
Se non avessi questa vita morirei Ogni mattina questo sole non avrei Cosi ragazzo, cosi chitarra che non sai A volertelo spiegare non saprei Se non avessi questa vita morirei Tutto il mio cielo in questo sonno spenderei E più ci penso e più mi accorgo che è cosi Ogni volta mi ritrovo sempre qui A far trottare sotto il sole e la notte questa sporca vita Che non ha mai pietà e non e mai finita Se no che si fa E più ci penso e più mi accorgo che è cosi Se non avessi questo sogno morirei In un terrore di vacanze creperei Sopra l'asfalto in piedi non mi reggerei A volertelo spiegare non saprei A far trottare sotto il sole e la notte questa sporca vita Che non ha mai pietà e non e mai finita Se no che si fa Se non avessi questa vita me ne andrei Sulle scialuppe del tuo cuore salperei Ma più ci penso e più mi accorgo che è cosi
Sindacato miliardari Un amico bussa alla porta Chi è? - Son io - disse in quell'alba ormai lontana - Vieni, entra, dài moglie, facci un caffè! - - Perchè a quest'ora, è un'ora molto strana - - Tre milioni, devi prestarmeli tu li rendo fra tre giorni o poco più - Sindacato miliardari, io gli ho dato quei denari e non li ho visti più, e neanche lui, dimmi tu, un domani che dovessi aver bisogno di quei soldi allora che farò? Sai com'è... non si sa mai... Un domani ma quel domani è già qui è diventato oggi tanto in fretta le mie mani frugano in tasca e non c'è neanche più una mezza sigaretta ma un amico resta un amico lo so la zecca ha fantasia il cuore no Sindacato miliardari, tu t'intendi di denari ma di amici no tu non puoi, tu non sai non capisci la bellezza di una storia come questa da-da-da.... All'Avana... sopra un'amaca c'è lui, intorno un gran profumo di banana. Poi chi arriva? Io con mia moglie, ma già venuti dall'Italia ormai lontana, con la bici... che pedalata fin qua! ma lui ci guarda in faccia ed ecco là: la mia bici... diventa d'oro, ma già, perfino il campanello è platinato, e il fanale è uno smeraldo così, partiamo di volata a perdifiato... che sia vero? che sia un inganno chissà o è il riverbero del sole che c'è qua..
Paolo Conte è il secondo album del cantautore Paolo Conte.
Il disco
A un anno di distanza dal primo 33 giri, Paolo Conte ne incide un secondo, ancora omonimo, e sempre curato da Lilli Greco per la produzione. Lo staff dell'album è lo stesso del precedente, ed anche in questo caso la copertina riproduce un disegno del cantautore. Per questi motivi, comprese le strumentazioni ancora scarne e le registrazioni in presa diretta, questo secondo LP è considerato una sorta di omologo del primo.
Tutti i testi e le musiche sono di Paolo Conte. Le canzoni sono tutte nuove, anche se un brano, Genova per noi, era uscito poco prima nella versione di Bruno Lauzi (in un album dal titolo omonimo). Genova per noi diventerà in ogni caso un evergreen di Conte, che la riproporrà molto spesso dal vivo; famose anche La Topolino amaranto, Chi siamo noi? e Avanti, bionda, di cui vengono inserite due versioni differenti, rispettivamente in apertura e chiusura del disco. Da ricordare poi La ricostruzione del Mocambo, prosieguo di Sono qui con te sempre più solo nel primo disco, e ad essa strettamente simile, oltre che nei temi trattati (è il secondo capitolo della cosiddetta "saga del Mocambo"), anche nell'arrangiamento e nel testo.
L'album è stato registrato negli studi Format di Torino, di proprietà del maestro Happy Ruggiero; Ruggiero è quindi anche tecnico del suono, con Giancarlo Fracasso e Danilo Pennone. Tra i musicisti spiccano, oltre allo stesso Pennone (chitarrista in uno dei più noti gruppi beat torinesi, I Ragazzi del Sole), anche il sassofonista venariese Walter Negri, proveniente dai Living Life, Marcello "Spooky" Quartarone dei Circus 2000, impegnato al sitar, i batteristi Armandino Atzori e Louis Atzori, figlio di Armandino e anch'egli nei Ragazzi del Sole. Ritroviamo poi il Duo Fasano nelle vesti di coriste per La ricostruzione del Mocambo.
Anche questo album non conobbe un grande riscontro commerciale, tuttavia molte delle canzoni contenute diventarono, come si è detto, tra le più note dell'avvocato astigiano, e negli anni sono state incise anche da altri interpreti.
Nel 1988 l'album è stato ristampato in CD.
Tracce
LATO A
Avanti, bionda - 2:43 Chi siamo noi - 3:57 La ricostruzione del Mocambo - 3:04 La Topolino amaranto - 2:47 Pittori della domenica - 3:36 Naufragio a Milano - 3:30
LATO B
Tango - 3:22 Genova per noi - 2:53 Per ogni cinquantennio - 3:04 Luna di marmellata - 3:30 Avanti, bionda (ripresa) - 3:36
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Video
Avanti, bionda
Se hai fatto male, chi lo sa... sinceramente non lo so e poi ciascuno vive come può a asciuga al sole la faccia stanca. Avanti avanti bionda finché batte il cuor tanto la vita è un bel fior. Avanti avanti sempre fino all'ultimo da sola danzi e canti ormai. Ormai padrona certo sei di sorriso e pianto di noia e batticuore... Hai gli occhi buoni per guardar il mondo con l'intensità di chi ha capito, e non ci pensa mai, il gioco e il sonno di questa vita. Avanti avanti bionda
Video
Chi siamo noi
Chi siamo noi - Chi siamo noi... e dove andiamo noi a mezzanotte in pieno inverno ad Alessandria... Chi siamo noi col collo del paltò tirato su nel vento di Torino... Era già così... quando Bastian Caboto andava in pieno mare, intorno a lui la curiosità spalancava allora in un sospiro il suo ventaglio di meraviglie americane, e si calmava in una rumba senza fine... Chi siamo noi e dove andiamo noi? Chi siamo noi, che ci diciamo noi nello sbadiglio immenso di Milano? Chi siamo noi e dove andiamo noi nel sonno spalancato sul silenzio... Era già così... Vasco de Gama andava andava in pieno mare, e intorno a lui la verginità del mondo gli parlava come un gatto il suo dialetto fresco di mattino Zulu... si proprio un dialetto fresco di mattino Zulu
La Topolino amaranto Oggi la benzina è rincarata E' l'estate del quarantasei Un litro vale un chilo d'insalata Ma chi ci rinuncia A piedi chi va? L'auto che comodità! Sulla topolino amaranto dai siedimi accanto che adesso si va! Se le lascio sciolto un pò la briglia mi sembra un Aprilia e rivali non ha E stringe i denti la bionda si sente una fionda e abbozza un sorriso con la fifa che c'è in lei Ma sulla topolino amaranto si sta che è un incanto nel quarantasei Sulla topolino amaranto si va che è un incanto nel quarantasei Se le lascio sciolto un pò la briglia mi sembra un Aprilia e rivali non ha E stringe i denti la bionda si sente una fionda e abbozza un sorriso con la fifa che c'è in lei Ma sulla topolino amaranto si va che è un incanto nel quarantasei Bionda non guardar dal finestrino che c'è un paesaggio che non va E' appena finito il temporale sei case su dieci son andate giù Meglio che tu apri la capotte e con i tuoi occhioni guardi in sù Beviti sto cielo azzurro e alto che sembra di smalto e corre con noi Sulla topolino amaranto si va che è un incanto che adesso si va Se le lascio sciolto un pò la briglia mi sembra un Aprilia e rivali non ha
Luna di marmellata Lungo il viaggio e anche noioso arriviamo affaticati le valigie son pesanti e i vestiti stropicciati Meno male eccoci qua, in un albergo illuminato una stanza c'è per noi noi che abbiam tanto viaggiato So tutto di questi posti ormai e il freddo so di questa chiave in mano a me E ti prepari ad abitare questa stanza come fosse una casa e io che aspetto mentre metti nei cassetti la tua roba e anche la mia e al di là della finestra c'è una luna strepitosa che ci guarda con tristezza... Luna di marmellata per noi due che abbiamo casa e figli tutti e due ma abbiam sorriso senza alcun pudore all'idea di un ultimo amore...
Un gelato al limon è il terzo album del cantautore Paolo Conte.
Il disco
Dopo i primi due dischi, sempre con la produzione di Lilli Greco, Paolo Conte ha una pausa discografica di tre anni e mezzo, in cui comunque continua l'attività dal vivo: nel 1976 partecipa al Premio Tenco, e nell'inverno tra la fine del 1976 e l'inizio del 1977 si esibisce in alcuni concerti con alcuni amici conosciuti alla RCA, Piero Ciampi, Nada e Renzo Zenobi, ma le serate non riscuotono molto successo.
Per il nuovo disco quindi Conte cambia produttore, affidandosi a Nanni Ricordi, che per gli arrangiamenti si affida a Claudio Fabi e che decide di rinnovare il gruppo di lavoro di Conte: viene quindi cambiato lo studio di registrazione, passando agli Stone Castle Studios di Carimate, e i musicisti; tra essi vale la pena di ricordare due componenti della Premiata Forneria Marconi, il chitarrista Franco Mussida e il bassista Patrick Djivas, il batterista Walter Calloni (che proprio in quel periodo iniziava a suonare con la PFM come session man), il clarinettista jazz di origine siciliana Salvatore Giumento ed il chitarrista argentino Juan Carlos "Flaco" Biondini, solitamente musicista con Francesco Guccini.
Il disco viene registrato tra marzo ed aprile del 1979, ed i tecnici del suono sono Ruggero Penazzo, Dave Bellotti e Luca Rossi; il mixaggio, eseguito sempre negli Stone Castle Studios, è realizzato da Roberto Manfredi, Claudio Fabi e Dave Bellotti.
La copertina dell'album è opera di Renzo Chiesa, raffigura Paolo Conte al pianoforte, scattata al Brelin di Milano, al pianoforte , con il contrabbassista Gaetano Azzolina in secondo piano e una ragazza bruna che lo osserva; all'interno sono riportati i testi di tutte le canzoni, le note tecniche sulla realizzazione del disco e tre fotografie di Renzo Chiesa, "simboliche" dei testi di Conte.
L'uscita del 33 giri è preceduta da quella di un 45 giri, Uomo camion/Angiolino, pubblicato nell'autunno del 1978: i due brani sono completamente diversi, per quel che riguarda l'arrangiamento, dalle versioni riportate nell'album, e non sono i soli già conosciuti: nel 1976 infatti Nada aveva già inciso Arte nell'album Nada, mentre sempre nel 1978 Bartali era stata già incisa da Bruno Lauzi nell'LP Alla grande
A questo farà seguito un secondo 45 giri, pubblicato invece dopo l'estate, Un gelato al limon/Sudamerica, ma in questo caso si tratta delle stesse registrazioni.
Il disco si pone come un anello di congiunzione tra i primi due dischi ed i successivi, per quel che riguarda soprattutto le musiche e le sonorità degli arrangiamenti: se infatti i testi continuano la descrizione di una certa provincia italiana, spesso con ironia ed umorismo, le musiche invece si discostano dalle polke e mazurche prevalenti nei primi due dischi per accostarsi al jazz ed ai ritmi sudamericani.
Un gelato al limon non ebbe successo dal punto di vista delle vendite, ma ebbe però il merito di attirare finalmente l'attenzione del grande pubblico sul cantautore astigiano grazie soprattutto ad alcune canzoni come Bartali (dedicata al grande ciclista) e Sudamerica (entrambe incise nello stesso periodo da Enzo Jannacci nel suo album Foto ricordo), o la stessa title track, che Lucio Dalla e Francesco De Gregori presentarono con un arrangiamento rock'n'roll durante il tour Banana Republic (inserendola poi nell'omonimo disco).
Come per gli album precedenti, tutti i testi e le musiche sono di Paolo Conte.
Nel 1988 l'album è stato ristampato in CD dalla RCA Italiana, in seguito è stato ristampato dalla BMG.
Tracce
LATO A
La donna d'inverno - 3:16 Bartali - 2:30 Arte - 4:57 Angiolino - 3:39 Dal loggione - 4:37
LATO B
Gelato al limon - 5:13 Blue tangos - 4:08 Sudamerica - 3:54 Uomo camion - 3:36 Rebus - 2:09
Sul ritmo scuro di una danza piena di sogni e di sapienza la donna accoglie i suoi ricordi anche i più stupidi e balordi c'è in lei una specie di cielo un'acqua di naufragio, un volo dove giustifica e perdona tutta la vita mascalzona blu tango blu tango my tango blu tango blu tango... Parigi accoglie i suoi artisti pittori, mimi, musicisti offrendo a tutti quel che beve e quel fiume suo pieno di neve e la illusione di capire con l'arte il vivere e il morire su antichi applausi a fior di pelle di molte donne ancora molto belle blu tango blu tango my tango blu tango blu tango... Tra le ombre verdi di un bovindo gustando un'acqua al tamarindo l'uomo che ha niente da inventare prova a sognare, prova a sognare e prova gli attimi e le stelle e le fontane e le piastrelle e i bagni turchi e ogni altra stanza ma tutto ormai sventola e danza blue tango...
Video Uomo camion I segni delle mie fatiche e dei riguardi per la pietà domata in fondo a certi sguardi e i segni - amari - dei piaceri sopportati tiepide docce li hanno lavati e cancellati per restituirmi ad una, ad una razza triste cui s´appartiene e lo si sa: siamo nudi e soli... Ma un uomo-camion vive ancora in me e ancora mille strade ti aprirà in questo oceano di attimi sarà qui per te, qui per te. Un uomo-camion che ti porterà tra notti e ghiacci ti dondolerà e la sua radiolina suonerà qui per te - e - e - e - e - e - E da quei viaggi avrai una ruga in più, ma anche un po´di sole... da, da, da, da, da; e la sua radiolina suonerà qui per te, qui per te puoi fargli compagnia se lo vuoi...
Video
Rebus
Cercando di te in un vecchio caffè ho visto uno specchio e dentro ho visto il mare e dentro al mare una piccola barca per me. Per farmi arrivare a un altro caffè con dentro uno specchio che dentro si vede il mare e dentro al mare una piccola barca pronta per me. Ahi che rebus, ah che rebus Da, da da... Ma poi questo giro in cerca di te è turistico, ahimè, e mi accorgo che chi affitta le barche è anche il padrone di tutti i caffè e paga di qua e paga di là noleggia una barca e prendi un caffè ah, è meglio star qui a guardare i pianeti nuotare davanti a me ...Nell' oscurità del rebus Ah, che rebus...
Paris milonga è il quarto album del cantautore Paolo Conte.
Dopo la parentesi di Un gelato al limon, album in cui Conte aveva lavorato con Nanni Ricordi come produttore, si ripristina qui la collaborazione con Italo "Lilli" Greco, che aveva curato i suoi primi due album; inoltre, Conte ritorna nello studio di incisione di quei dischi (il Format di Torino di proprietà di Happy Ruggiero, che partecipa come musicista suonando l'eminent), dove registra due canzoni, Via con me e Pretend, mentre gli altri brani vengono realizzati negli studi RCA di Roma.
Musicalmente l'LP porta ancora più avanti il discorso musicale legato al jazz e allo swing, appena accennato nelle incisioni precedenti, legandolo alla musica sudamericana; Paris milonga è il disco che sancisce la definitiva affermazione di Conte (è anche il primo suo album ad essere diffuso anche all'estero), grazie soprattutto a Via con me, una delle canzoni più note del cantautore astigiano, e successivamente da lui reincisa sia dal vivo che in studio (con l'assolo centrale di vibrafono sostituito da uno di sax).
Ma anche altri brani del disco sono degni di nota: Alle prese con una verde milonga, che dà in parte il titolo all'LP, dove nel testo viene citato il musicista argentino Atahualpa Yupanqui, "ultimo grande interprete della danza pampera chiamata milonga", Boogie, che verrà interpretata tre anni dopo da Ivano Fossati, L'ultima donna ("modesta risposta" per ammissione di Conte alla canzone La première fille di Georges Brassens), e Pretend, dal testo in inglese, cantato perlopiù da due coriste.
Tra i musicisti presenti nel disco è da ricordare Jimmy Villotti, che stabilirà con Conte un sodalizio durato alcuni anni (il cantautore, qualche anno dopo, gli dedicherà il brano Jimmy, ballando), e Bruno Astesana, batterista jazz nato a Villafalletto in provincia di Cuneo e percussionista nell'orchestra della Rai di Torino.
Il tecnico del suono è Antonio Rampotti, tranne per Via con me e Pretend, i cui tecnici sono Danilo Girardi e Danilo Pennone.
Le canzoni sono tutte scritte da Paolo Conte e pubblicate per le edizioni RCA Musica. Conte ha curato anche gli arrangiamenti; la direzione orchestrale è di Pino Calì.
La foto in copertina, raffigurante una modella dal petto scoperto, calva e con occhiali da sole, è di Gianni Volpi; la stessa immagine è riprodotta su fronte e retro, rispettivamente in bianco e nero e a colori.
Tracce
Tutte le canzoni sono scritte e arrangiate da Paolo Conte
LATO A
Alle prese con una verde milonga - 5'10 L'ultima donna - 3'42 Blue Haways - 3'35 La vera musica - 3'48 Via con me - 2'45
La vera musica Ci va carattere e fisarmonica, senso del brivido e solitudine per far musica, la grande musica con gli occhi a mandorla, e non si sa perché e non si sa perché. La vera musica che sa far ridere e all'improvviso ti aiuta a piangere la grande musica frequenta l'anima col buio inutile, e non si sa perché... e non si sa perché... Quando ti guardano con gli occhi torbidi le donne dei tuoi amici e tu... capisci e non capisci... ma c'è la Musica che tutto domina col buio inutile, e non si sa perché... e non si sa perché...
Via, via, vieni via di qui, niente più ti lega a questi luoghi, neanche questi fiori azzurri... via, via, neanche questo tempo grigio pieno di musiche e di uomini che ti sono piaciuti... It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful, good luck my babe, it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful, I dream of you... chips, chips, du-du-du-du-du Via, via, vieni via con me, entra in questo amore buio, non perderti per niente al mondo... via, via, non perderti per niente al mondo lo spettacolo d'arte varia di uno innamorato di te... It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful... Via, via, vieni via con me, entra in questo amore buio, pieno di uomini... via, entra e fatti un bagno caldo, c'è un accappatoio azzurro, fuori piove un mondo freddo... It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful...
Video
Madeleine Qui, tutto il meglio è già qui, non ci sono parole per spiegare ed intuire e capire, Madeleine, e se mai ricordare tanto, io capisco soltanto il tatto delle tue mani e la canzone perduta e ritrovata come un'altra, un'altra vita Allons, Madeleine, certi gatti o certi uomini, svanti in una nebbia o in una tappezzeria, addio addio, mai più ritorneranno, si sa, col tempo e il vento tutto vola via, tais-toi, tais-toi, tais-toi Ma qualche volta è così che qualcuno è tornato sotto certe carezze e poi la strada inghiotte subito gli amanti, per piazze e ponti ciascuno se ne va, e se vuoi, laggiù li vedi ancora danzanti che più che gente sembrano foulards Ma tutto il meglio è già qui, non ci sono parole