ROMA la città eterna

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  1. gheagabry
     
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    Le fontane di Roma




    la Fontana dei Quattro Fiumi
    a piazza Navona




    Il Bernini lavorò alla Fontana dei Fiumi negli anni 1648-1651, su incarico di papa Innocenzo X, della famiglia Pamphilj. Il suo progetto unitario fu realizzato con l’aiuto degli scultori Giacomo Antonio Fancelli (il Nilo), Claude Poussin (il Gange), Antonio Raggi (il Danubio), Francesco Baratta (il Rio della Plata).

    I fiumi sono così rappresentati:

    il Nilo con un leone ed una palma a simbolizzare l’Africa e con gli occhi bendati ad indicare che non si conoscevano ancora le sue sorgenti
    il Rio della Plata, con le monete d’argento che simbolizzano il colore argentino delle acque (dallo spagnolo plata=argento); è totalmente falsa la ripetuta affermazione che con il gesto della statua lo scultore volesse indicare la sua avversione contro il Borromini alludendo ad una supposta instabilità della Chiesa di S. Agnese, poiché il Borromini vi lavorerà dal 1653 al 1657, quando la Fontana dei Quattro Fiumi sarà già ultimata
    il Danubio con un cavallo ed i fiori che richiamano le fertili pianure danubiane
    il Gange con un lungo remo ad indicare la navigabilità del fiume

    L’obelisco proviene dall’antico Circo di Massenzio.



    Sulla fontana sono raffigurati sette animali, oltre alla colomba bronzea in cima all’obelisco ed ai delfinetti nello stemma dei Pamphilj (opera di Nicola Sale del 1649), disseminati attorno a tutta la fontana ed in stretta relazione, insieme alle piante, con le personificazioni dei fiumi: sul lato occidentale un cavallo esce dalla cavità delle rocce con le zampe anteriori sollevate nell’atto di slanciarsi in un galoppo sfrenato sulle pianure danubiane coperte di fiori che incoronano la testa del fiume; un gruppo di cactus e un coccodrillo dall’aspetto un po’ fantasioso che spunta dall’angolo settentrionale,vicino al Rio della Plata; un leone sul lato orientale che sbuca, come il cavallo, dalla cavità delle rocce per abbeverarsi ai piedi di una palma africana (realizzata da Giobatta Palombo nel 1650) che si innalza fino alla base dell’obelisco; un dragone che si avvolge intorno al remo tenuto dal Gange; e poi un serpente di terra striscia nella parte più alta, vicino alla base dell'obelisco, e infine un serpente di mare e un delfino (o un grosso pesce) nuotano nella vasca con le bocche aperte, avendo entrambi la funzione di inghiottitoio delle acque (un originale espediente).




    Gli alberi e le piante che emergono dall'acqua e che si trovano tra le rocce sono anch'esse tutte rappresentate in scala più elevata. Le creature animali e vegetali, generate da una natura buona e utile, appartengono a razze e a stirpi grandi e potenti. Lo spettatore, girando intorno all'imponente fontana, può scoprire nuove forme o particolari che da un’altra visuale erano nascosti o quasi del tutto coperti dalla massa rocciosa. Il Bernini vuole suscitare meraviglia in chi ammira la fontana, componendo un piccolo universo in movimento ad imitazione dello spazio della realtà naturale.
    Si tratta di un paesaggio in cui l'elemento pittorico tende a prevalere, con lo scoglio, con l'anfratto da cui esce un animale selvatico o su cui c'è una pianta rampicante. Il Bernini riesce anche ad ottenere vive sensazioni atmosferiche: infatti un vento impetuoso colpisce la palma e ne scuote la chioma che urta contro la roccia, scompigliando anche la criniera del cavallo e dando l’impressione di sibilare tra gli anfratti della rupe.
    A lavoro concluso, il Bernini volle dare colore alle rocce, alla palma, alle peonie, alle agavi, e dispensò vernice dorata in vari punti. Così, all'illusionismo dell'insieme, si aggiungeva una componente coloristica ancora più accentuata.



    Lo stemma araldico della famiglia papale, la colomba con il ramo d'olivo, decora la roccia piramidale dell'obelisco e simboleggia il potere divino che scende come raggio solare lungo i quattro angoli dell'obelisco fino alla roccia, che ricorda la materia informe, il caos. Secondo l'iscrizione voluta da Innocenzo X, il monumento intende magnificamente offrire "salubre amenità a chi passeggia, bevanda a chi ha sete, occasione a chi medita".






    Il Gange

    La colossale fontana venne progettata dallo scultore italiano nel 1648, ma la sua esecuzione fu portata a termine nel 1651. La committenza arrivò a Bernini da Innocenzo X (1644-55), vero e proprio signore della piazza.
    Il pontefice rimase colpito dal bozzetto preparato da Bernini, che di fatto proprio grazie a questo semplice lavoro in terracotta ottenne la commissione già prevista per Borromini e, cosa ancora più rilevante, riuscì ad entrare nelle grazie del papa fin allora a lui poco favorevole.
    L’ideazione di Bernini proponeva una spettacolare metafora della grazia divina che si riversa sui quattro continenti, tema che non poteva non affascinare il pontefice, il cui stemma veniva riprodotto più volte a precisarne il ruolo di tramite terreno della volontà divina. La fontana consisteva in una vasca ellittica, alimentata da otto veli d’acqua, su cui si imponeva un grande blocco di marmo con figure, il tutto sormontato da un obelisco egizio, di imitazione romana del tempo di Domiziano, rinvenuto nel 1647 nel circo di Massenzio sulla via Appia, alla sommità del quale avrebbe trovato posto la colomba dello Spirito Santo.


    Rio de La Plata

    Il monumento, realizzato secondo il progetto appena descritto, è conosciuto da tutti, non potrebbe essere altrimenti dato il suo giganteggiare nel mezzo di quello che in età classica fu lo stadio di Domiziano, ma in quanti sanno cosa rappresentano le quattro statue poste ai rispettivi angoli della grande scogliera centrale?
    Ebbene le grandi figure maschili sono le personificazioni dei quattro fiumi più lunghi del mondo, secondo le conoscenze geografiche del tempo, uno per continente: il Danubio, il Nilo, il Gange ed il Rio della Plata (oggi sappiamo che in realtà il più lungo fiume americano è il Rio delle Amazzoni).
    Se a Bernini si deve la fase progettuale della complessa composizione, per l’esecuzione delle statue bisogna fare i nomi di alcuni suoi collaboratori: Ercole Antonio Raggi per il fiume europeo, Jacopo Antonio Fancelli per quello africano, Claude Poussin per l’asiatico e Francesco Baratta per l’americano. Sul gigantismo di queste figure ci viene incontro uno dei documenti conservati all’Archivio di Stato di Roma, in cui Raggi "si obliga far detta statua o fiume d'altezza se si drizzasse in piedi di palmi 20 di misura Romana", cioè circa quattro metri e mezzo.
    Tradizionalmente alcuni atteggiamenti delle quattro statue colossali sono state messe in relazione alla competizione tra Bernini e Borromini, architetto della chiesa di Sant’Agnese in Agone, altra committenza Pamphilj. Qualunque romano amante dei monumenti del centro storico vi ripeterà, per esempio, che la statua del Rio della Plata alza un braccio per il timore di un crollo dell’edificio che ha di fronte, oppure che la statua del Nilo si copre il volto in direzione della chiesa borrominiana per non guardare S. Agnese. In realtà quest’ultimo gesto ha un preciso significato: nascondersi o meglio coprirsi con un velo equivale a “non svelare”, tutto in relazione al fiume africano la cui sorgente rimase ignota fino alla fine del XIX secolo.


    Il Danubio

    La competitività tra Bernini e Borromini, come tante altre fra artisti, spesso ingigantite dai biografi, è stata più volte attenuata dopo il largo successo avuto nei secoli addietro, e a conferma di questo basta ricordare, peraltro, che l’intervento di Borromini per la chiesa, iniziata da Girolamo e Carlo Rainaldi è successivo a quello berniniano di qualche anno (1653-57).
    Ma torniamo in conclusione alla fontana. Nella parte bassa della scogliera, sotto alle statue dei fiumi, Bernini riproduce fauna e flora dei quattro continenti, cosicché tra le fronde appaiono vari animali: un cavallo che si abbevera sotto al Danubio, un mostro marino (fu la parte danneggiata e poi restaurata nell’agosto del 1997 quando alcuni vandali si tuffarono nella fontana usando questa scultura come trampolino), ma soprattutto un piccolo drago sotto il Rio della Plata. Tale rappresentazione è la trasfigurazione dell’armadillo imbalsamato proveniente dalle americhe che pendeva dal soffitto della wunderkammer del museo di Athanasius Kircher, celebre gesuita del tempo con cui Bernini era in contatto.
    Gli studi kircheriani sembrano rappresentare molto di più che una fonte iconografica per il piccolo drago all’interno della Fontana dei Fiumi: non va, infatti, dimenticato il grande lavoro del gesuita sui geroglifici egizi (l’obelisco ha iscrizioni di questo tipo), nonché la fitta corrispondenza tenuta con i confratelli missionari negli altri continenti (la fontana ha come tema i quattro continenti).
    (arte.it)



    Il Nilo

    ....leggende.....

    Sono state tramandate dai cronisti dell'epoca alcuni esempi del carattere giocoso del Bernini: il 12 giugno 1651, giorno dell'inaugurazione della fontana, alla presenza di papa Innocenzo X, dopo aver scoperto il suo lavoro tutti rimasero folgorati dalla bellezza delle statue e dalle decorazioni in vernice dorata, ma la fontana era priva di acqua. Bernini raccolse le congratulazioni di tutti, compreso il papa, il quale non fece cenno della mancanza per non umiliarlo e, solo quando il pontefice stava facendo girare il corteo per andarsene (un po' a malincuore), ad un cenno del Bernini venne finalmente aperta la leva che fece sgorgare le acque, con grande ammirazione e soddisfazione di tutti. Ci sono tramandate anche le parole del papa che disse Cavalier Bernini, con questa vostra piacevolezza ci avete accresciuto di 10 anni di vita!.
    Anche in un'altra occasione Bernini dimostrò senso dell'umorismo: molti erano preoccupati della stabilità dell'obelisco sulla fontana e più di uno gli fece notare che il suo innalzamento era una sfida all'equilibrio naturale, tanto che un giorno alcuni suoi rivali sparsero la voce che l'obelisco stesse per crollare. Bernini non mancò di arrivare presto, e, davanti alla numerosa folla che si era adunata, fissò alla base dell'obelisco quattro cordicelle sottili che solennemente attaccò con dei chiodini ai muri delle case circostanti della piazza.



    il cavallo


    il coccodrillo


    il delfino


    il drago


    il leone


    In un eccellente articolo sull’arte barocca a Roma, Olivier de la Brosse, esperto dell’estetica barocca, così commenta il significato simbolico della Fontana dei quattro fiumi nell’universo barocco:

    «L'umanesimo spirituale barocco sviluppa la dimensione [N.d.R. per le altre dimensioni, vedi l’articolo integrale] della missione universale che ha come corollario un senso cosmico della chiesa. Nel 1621 Gregorio XV fonda la Congregazione De Propaganda Fide, per la missione cattolica nel mondo. Il tempo delle grandi scoperte è passato e quello dell'universo finito comincia. Le relazioni politiche commerciali e quindi anche missionarie con l'America, l'Africa, l'Asia e specialmente la Cina e il Giappone sono d'ora innanzi saldamente stabilite.
    Il cattolico romano sa che il centro di questo mondo cristiano è a Roma. Egli sa che la sua Chiesa, depositaria della verità, deve portare questa verità a tutte le estremità del mondo. Gli artisti illustrano questa convinzione. Si potrebbe costruire tutta una tipologia universalista a proposito della fontana dei Quattro Fiumi opera, ancora una volta, del Bernini situata in mezzo a piazza Navona, scenario barocco per eccellenza.
    Questa fontana è orientata non secondo i quattro punti cardinali, ma secondo le quattro grandi direzioni intermedie, nord-ovest, nord-est, sud-ovest, sud-est. Molto evidentemente simboleggia i quattro continenti, le quattro parti del mondo conosciuto, dato che ciascun fiume che la compone scorre in una terra diversa; il Rio della Plata in America, il Nilo in Africa, il Danubio in Europa e il Gange in Asia. La fontana dei Quattro Fiumi rappresenta dunque la totalità del mondo geograficamente noto e al tempo stesso l'universalità della Chiesa.
    Ma questa universalità possiede un centro indicato dall'obelisco verticale, asse della fede al quale sono sospese la tiara, le chiavi e lo stemma pontificio. L'obelisco di piazza Navona simboleggia il centro della cristianità che irradia la sua azione missionaria come raggi in quattro direzioni. Credo che si debba andare oltre: questi quattro fiumi evocano i quattro fiumi del Paradiso terrestre e quelli dell'Apocalisse. Riferiamoci ai testi. In Genesi 2, 6-15, a dire il vero, non ci sono quattro fiumi. Un solo fiume usciva dall'Eden per innaffiare il giardino e poi si divideva in quattro bracci: il Pishon che bagnava il paese di Avila, dove si trovavano l'oro e l'onice, il Ghihon che altro non è che la sorgente dell'acqua di Gerusalemme; il Tigri a oriente di Assur e infine l'Eufrate. Questi due ultimi sono il simbolo della fertilità in Mesopotamia. Vi è dunque un solo fiume della fede, un solo fiume nato dal paradiso terrestre, che però si divide per bagnare la terra intera. In Apocalisse 22, 1-2 la visione di San Giovanni è complementare: “L'Angelo mi mostrò il fiume della Vita, limpido come cristallo che zampillava dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città d'ambo i lati del fiume vi sono degli alberi della vita che danno dodici raccolti, uno ogni mese e le loro foglie possono guarire i pagani”.
    Accogliendo il contenuto di queste due visioni e proiettandole nella pietra, l'artista riesce a simboleggiare, in una sola opera, l'unità e la diversità della Chiesa, il suo centro e la sua periferia, il suo principio di stabilità e la sua dispersione missionaria, sottolineando che tutta la fertilità data dalla grazia trova la sua ricchezza in un fiume unico che sembra avere la sua sorgente a Roma, centro del mondo, nuovo giardino dell'Eden, figura della Gerusalemme celeste».




    il serpente di mare


    il serpente di terra

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