ROMA la città eterna

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  1. gheagabry
     
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    “Volli che questo santuario di tutti gli dei rappresentasse il globo terrestre e la sfera celeste, un globo entro il quale sono racchiusi i semi del fuoco eterno, tutti contenuti nella sfera cava!
    (Marguerite Youcenar, Le memorie di Adriano)


    M. AGRIPPA L.F. COSTERTIUM FECIT


    IL PANTHEON


    Il Pantheon è l’edificio più straordinario dell’antica Roma, emblema stesso dell’architettura occidentale, ha infatti tra le sue caratteristiche più marcanti la perfezione geometrica: il suo interno racchiude una sfera perfetta, che idealmente accarezza la volta e sfiora il pavimento nel punto centrale. Perché il segreto del Pantheon è racchiuso proprio lì., nel suo ventre cavo, un enorme spazio vuoto illuminato dal sole attraverso l’oculo posto al vertice della cupola, in modo da marcare, secondo un recente studio, la data più sacra dell’Impero, il 21 aprile, giorno della fondazione di Roma.
    La casa "di tutti gli dei" era stata fatta costruire in origine da Marco Vipsanio Agrippa, genero e generale di Augusto, intorno al 25 a. C., ma di quel primo tempio poco o nulla si sa, se non che andò distrutto e che fu ricostruito circa un secolo dopo da Adriano; anche di questo tempio le fonti scarseggiano, restano poche righe dello storico Dione Cassio, scritte 60 anni dopo.

    Cassio Dione Cocceiano afferma che il "Pantheon" potesse avere questo nome forse dal fatto di accogliere le statue di molte divinità, ma che la sua personale opinione fosse che il nome derivasse il dal fatto che la cupola della costruzione richiamava la volta celeste, e che l'intenzione di Agrippa era stata quella di creare un luogo di culto dinastico, dedicato agli dei protettori della famiglia Giulia (Marte e Venere), e dove fosse collocata una statua di Ottaviano Augusto da cui l'edificio avesse derivato il nome. Essendosi l'imperatore opposto ad entrambe le cose, Agrippa fece porre all'interno una statua del Divo Giulio, (ossia di Cesare divinizzato) e, all'esterno, nel pronao, una di Ottaviano e una di se stesso, a celebrazione della loro amicizia e del suo proprio zelo per il bene pubblico. L'edificio, distrutto dal fuoco nell'80, venne restaurato sotto Domiziano, ma subì una seconda distruzione sotto Traiano.


    Il Pantheon è u monumento alieno, muto, enigmatico. Non si sa nemmeno chi l'abbia progettato..c'è chi dice l'architetto Apollodoro di Damasco che Adriano in persona. Di certo, per edificarlo l'imperatore non badò a spese. Soltanto per dar forma al colonnato d'ingresso si servì di monoliti di granito alto 12 metri che fece arrivare dall' Egitto. Per non parlare della cupola: una perfetta semisfera che, con i suoi 43,4 metri di diametro, è stata la più grande del mondo fino a quella di Brunelleschi a Firenze, oltre mille anni dopo. Ed è a tutt'oggi la più grande in calcestruzzo - un blocco minerale gigantesco, u pezzo unico di 5000 tonnellate - mai realizzata. "Nel Medioevo la cupola ha fatto sognare: si pensa fosse opera del diavolo" spiega Paolo Carafa, docente di Archeologia della Sapienza di Roma, "Si diceva che l'architetto del Pantheon, per erigerla, avese fatto riempire il cilindro del tempio con terra nella quale aveva nascosto monete d'oro, e su questo riempimento avesse gettato la cupola; terminata la costruzione, i poveri di Roma avrebbero rimosso tutta la terra nella speranza di trovare le monete".

    “Il più bel resto dell’antichità romana.
    Un tempio che ha così poco sofferto,
    che ci appare come dovettero vederlo alla loro epoca i Romani”
    (Stendhal)


    Entrare nel Pantheon è come un rito d'iniziazione: si passa attraverso gli alti fusti di granito grigio e rosa, dietro i quali si cela la porta d'accesso. Si supera un ampio passaggio, per essere in fine proiettati nel grande vuoto dell'interno e provare uno straordinario senso di dilatazione che proietta lo sguardo verso l'alto, dove la meterialità dell'edificio si dissolve nell'oculo posto al vertice della cupola. ma ciò che davvero lo anima è il fascio di luce che penetra dall'opation. i raggi che giungono dall'alto in modo sempre diverso vanno ad illuminare un angolo del soffitto, o delle pareti, o del pavimento, secondo l'orario e il periodo dell'anno, muovendosi come un riflettore di teatro, in modo apparentemente casuale. I Romani, però, non lasciano niente al caso "D'inverno, quando il sole è basso sull'orizzonte, la luce illumina sempre l'interno della cupola" spiega Giulia Magli, docente di archeoastronomia al Politecnico di Milano, "Ma nell'equinozio di primavera, il 20 marzo, a mezzogiorno la luce comincia ad illuminare una griglia situata sopra la porta d'ingresso. nei giorni successivi il fascio di luce si sposta sempre più in basso. Il risultato. il sole illumina sempre di più la griglia e poi l'ingresso, diventando visibile all'esterno, il un periodo dell'anno particolarmente importante per i Romani. Aprile, infatti era dedicato a Venere, la dea dalla quale la "gens Iulia" (la dinastia di Cesare ed Augusto) vantava la discendenza. Questo fenomeno raggiunge il culmine il 21 aprile, quando l'ingresso è illuminato perfettamente. questo era un giorno specia, era l'anniversario della fondazione di Roma. Un giorno che, da Augusto in poi, aveva un valore religioso. Questo giorno potrebbe coincidere con quello in cui, secondo una leggenda romana, Romolo era svanito e "asceso al cielo"..il fascio di luce potrebbe aver avuto un effetto coreografico: illuminando l'imperatore nel momento in cui, a mezzogiorno in punto si mostrava al popolo e condiderando il fatto che la facciata del tempio è rivolta a nord, dunque sempre in ombra, è lecito pensare che l'illuminazione dell'ingresso avesse un valore simbolico. Come per i Faraoni egizi, gli imperatori romani si identificavano con "helios", dio del sole".
    (tratto da Storia, focus nr 91)


    Durante il pontificato di Papa Urbano VII, egli ordinò di far fondere il soffitto di bronzo di questo edificio. La maggior parte del bronzo fu usata per la realizzazione di alcuni piccoli cannoni per la fortificazione e la protezione di Castel Sant’Angelo, sulle rive del Tevere, di fronte alla Basilica di San Pietro in Vaticano. La rimanente quantità fu usata nella camera apostolica per vari altri lavori. Si dice anche che parte di questo bronzo fu usato dal Bernini per la costruzione del Baldacchino sopra l’altare principale della Basilica di San Pietro in Vaticano, ma secondo almeno un esperto, la contabilità del Papa dimostrava che circa il 90% del bronzo fu usato per costruire 200 cannoni per la protezione di Sant’Angelo mentre il bronzo per la costruzione del Baldacchino proveniva da Venezia. Questa situazione venne a creare la Pasquinata romana: ”Quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini”, ovverossia la famiglia di Urbano VIII.

    Le fonti rendono noto un restauro sotto Antonino Pio, mentre l'iscrizione incisa sulla trabeazione della fronte, ricorda altri restauri sotto Settimio Severo, nel 202.


    L'edificio si salvò dalle distruzioni del primo Medio Evo perché già nel 608 l'imperatore bizantino Foca ne aveva fatto dono a papa Bonifacio IV, che lo trasformò in chiesa cristiana (Sancta Maria ad Martyres). Questo nome proviene dalle reliquie di ignoti martiri cristiani che vennero traslate dalle catacombe nei sotterranei del Pantheon.

    « Bonifazio IV. per cancellare quelle scioccherie, e sozze superstizioni, l'an. 607. purgatolo d'ogni falsità gentilesca, consagrollo al vero Iddio in onore della ss. Vergine, e di tutti i santi Martiri; perciò fece trasportare da varj cimiteri 18. carri di ossa di ss. Martiri, e fecele collocare sotto l'altare maggiore; onde fu detto s. Maria ad Martyres »
    (Giuseppe Vasi, Itinerario istruttivo per ritrovare le antiche e moderne magnificenze di Roma, 1763)


    È il primo caso di un tempio pagano trasposto al culto cristiano. Questo fatto lo rende il solo edificio dell'antica Roma ad essere rimasto praticamente intatto e ininterrottamente in uso per scopo religioso fin dal momento della sua fondazione.

    ...leggende....



    M.Spinelli
    Il tempio fu consacrato a Santa Maria ad Martyres, con riferimento ad una “entità collettiva” cristiana in contrapposizione all’antica dedica pagana a tutti gli dei di Roma. La cerimonia di consacrazione decisamente solenne: vennero anche seppellite, sotto la “Confessione” del nuovo santuario, tante ossa di martiri sottratte alle catacombe quante avevano potuto riempire ventotto carri. Poi, sulle note del Gloria, per la prima volta i prelati cattolici entrano nel Pantheon. Ed è allora che la fantasia dei romani vede alzarsi in volo e fuggire atterriti sette demoni, sette come le divinità pagane che avevano abitato il tempio. E, sempre secondo le credenze popolari, l’apertura in cima alla cupola inizialmente non esisteva, ma sarebbe dovuta ad un grosso diavolo che, scappando dal tetto, avrebbe fatto saltare a colpi di corna la pigna dorata che chiudeva il foro. L’aureo reperto sarebbe precipitato sulla piazza dietro il monumento, che per questo avrebbe preso il nome di piazza della Pigna. Medioevale, e diabolica, è pure la leggenda sull’origine del fossato che corre attorno al Pantheon. I romani, cancellato dalla memoria il ricordo della passeggiata dei “Saepta Iulia”, anche in questo caso tirano in ballo il diavolo: Baialardo, mago assai famoso a Roma (ovviamente un personaggio immaginario), ottiene da Satana, in cambio dell’anima, il Libro del Comando, supremo e segreto manuale di arti malefiche. Che, pentito per lo scellerato patto, usa le arti apprese dal magico libro per volare in un solo giorno in pellegrinaggio fino a Gerusalemme e tornare a Roma. Ma al Pantheon trova ad attenderlo Satana che reclama l’anima in rispetto dell’accordo. Il mago, però, conoscendo la passione dei diavoli per le noci, gliene offre alcune da mangiare. Il maligno si distrae e Baialardo si salva rifugiandosi dentro il tempio, dove prega sinceramente pentito. Allora il diavolo, inferocito per esser stato imbrogliato, comincia a girare furiosamente intorno al tempio, producendo con i suoi zoccoli il fossato.
     
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