PERUGIA, ORVIETO e le altre

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    ORVIETO



    Orvieto sorge su una rupe di tufo, tra i 280 e i 325, che domina la valle del fiume Paglia, affluente di destra del Tevere e che proprio sotto la città riceve da sinistra il Chiani, la Chiana Romana proveniente dalla Valdichiana.
    Si ritiene che la odierna rupe su cui oggi poggia la città di Orvieto sia proprio uno di questi grandi ammassi di rocca tufacea scagliato, secondo alcune ipotesi, dal grande cratere che oggi è "riempito" dal vicino Lago di Bolsena e con gli anni erosa e modellata dall'acqua. In effetti studi geologici hanno evidenziato che il materiale che compone la rupe della città è di origine vulcanica ed ha diversi tipi di consistenza, alcuni punti più solidi altri meno solidi. Ciò ha anche permesso all'uomo di "lavorare" e modificare questi materiali creando delle cavità, come testimoniano oggi la consistente presenza di antiche grotte, cunicoli e pozzi in passato utilizzati come luoghi per il riparo, "butti" e come luoghi per l'allevamento di volatili.

    In base ad un decreto del 1928, lo stemma del Comune di Orvieto è costituito da uno scudo ripartito in quattro sormontato da una corona. Nelle quattro ripartizioni sono rappresentati quattro simboli: la Croce, l'Aquila, il Leone e l'Oca. La croce rossa in campo bianco simboleggia la fedeltà del Comune alla fazione dei Guelfi e fu riconosciuto al Comune di Orvieto dal papa Adriano IV nel 1157. L'aquila nera con una corona d'oro in campo rosso fa riferimento alla dominazione dei Romani. Il lambello d'oro con cinque pendenti fu posto al collo dell'aquila quando Carlo d'Angiò concesse ad Orvieto il titolo di “città”, dopo essere stato incoronato nella cattedrale di Orvieto re del Regno di Sicilia da parte del papa Clemente IV. Il lambello richiama quello rosso della casa d'Angiò.
    Il leone in campo rosso tiene una spada d'argento con la zampa destra e le chiavi di San Pietro con la sinistra. Esso richiama il leone fiorentino, a ricordo della storica alleanza fra le due città. Le chiavi, con il motto fortis et fidelis, sono una concessione del papa Adriano IV come riconoscimento della lunga fedeltà di Orvieto al papato. L'oca, con una zampa sollevata sopra un sasso, rimanda alle leggendarie oche del Campidoglio che, con il loro schiamazzo, salvarono Roma dall'attacco dei nemici.


    Andare ad Orvieto è come attraversare la storia, perché vi si ritrovano, stratificate e concentrate, le tracce di ogni epoca per quasi tre millenni. Orvieto è nota per essere costruita interamente su uno sperone di tufo, facilmente erodibile; al borgo in superficie se ne affianca un'altra città sotterranea interamente ricavata dalle cavità scavate dagli abitanti nel corso dei secoli....
    il magico Pozzo di San Patrizio, struttura architettonica unica al mondo, con le sue due scalate ellittiche che non si incontrano mai salendo e scendendo il pozzo, opera di ingegneria di Antonio da Sangallo, risalente alla prima metà del 1500 e voluto dal papa Clemente VII.....la Torre del Moro, che con i suoi 47 metri si erge dominando la città....Palazzo del Capitano del Popolo, dimora del Capitano del Popolo, importante figura medievale che si faceva portavoce e sostenitore delle ragioni del popolo non nobile.....la Chiesa di Sant'Andrea con la bella torre dodecagonale....il Duomo, la cui costruzione inizia nel 1290: gli affreschi della Cappella Nuova (eseguiti dal 1499 al 1504 da Luca Signorelli, che vi raffigurò Paradiso e Inferno, eletti e reprobi, scene con profeti, angeli e santi) lasciano senza parole per la loro bellezza e la luminosità dei loro colori; nellla cappella posta sul lato opposto della chiesa, si trova il Reliquiario del Corporale, un celebre capolavoro d'oreficeria eseguito nel 1337-1338 dal senese Ugolino di Vieri, che custodisce il Corporale che nel 1263 si macchiò di sangue allorché un prete boemo, celebrando la Messa senza fede, spezzò l'ostia consacrata, da cui fuoriuscì il sangue. A tal proposito si ricorda che nel 2013 ricorre il 750° anniversario di tale evento – conosciuto come Miracolo di Bolsena. La chiesa di San Franscesco, costruita nel 1240 sopra i resti di un tempio etrusco, nel punto più alto della rupe orvietana. Si tratta di una costruzione imponente che ebbe molta importanza in passato e dove nel 1297 si tenne la canonizzazione da parte del papa Bonifacio VIII di Luigi IX re di Francia. Tutto il centro cittadino è costellato da numerose chiese più o meno grandi costruite in epoche e con stili diversi fra loro. La più antica è quella di San Giovenale, la cui costruzione risale al 1004, situata in un quartiere medievale rimasto quasi inalterato nei secoli.

    ...la storia...


    Orvieto fu città di grande lustro nelle diverse epoche storiche trascorse ed in particolare a partire dal IX secolo a.C. con la civiltà etrusca conobbe un periodo di grande splendore ed importanza tali da diventare il fulcro e l'abitato più importante del vasto territorio dell'Etruria. Difatti, la città che in epoca etrusca si chiamava Velzna conobbe un periodo unico ed irripetibile, di grande prosperità e sviluppo. A ulteriore testimonianza di questa sua centralità sarebbe, secondo il parere di alcuni importanti archeologi e storici, il ritrovamento, secondo alcuni studiosi, in una zona sottostante la rupe, del famoso "Fanum Voltumnae": l'antico santuario etrusco vero e proprio centro socio-spirituale e di ritrovo dei principali esponenti della dodecapoli etrusca. Orvieto rimase per lungo tempo terra degli Etruschi fin quando gli stessi non subirono l'invasione dei Romani e la città di Orvieto venne distrutta e saccheggiata perdendo molto del suo prestigio e mantenendo un ruolo territoriale più marginale.
    Dopo una forte rivolta, i servi di Velzna (Orvieto) erano riusciti a prendere il potere. Gli aristocratici etruschi, allora, chiesero in segreto aiuto ai romani, che inviarono nella città un esercito guidato dal console Quinto Fabio Massimo. Gli scontri furono durissimi e portarono alla morte del console stesso, provocando così la più violenta repressione romana, che portò all'assedio della città per parecchi mesi, fino alla sua distruzione nel 264 a. C. I pochi superstiti, furono "esiliati" a Volsinii, l'odierna Bolsena, e riuscirono a ritornare sulla rupe dove ancora oggi sorge Orvieto solo dopo la fine dell'Impero Romano. La rupe si spopolò e fu lasciata all'abbandono mentre, i territori sottostanti, beneficiando della presenza di fiumi come il Paglia ed il Tevere, mantennero un ruolo più vitale e più legato a Roma stessa. Con la fine dell'impero romano e le invasioni barbariche, l'intero territorio orvietano fu lasciato all'abbandono con il susseguirsi di brevi dominazioni da parte di svariate popolazioni. Questo periodo perdurò fino all'alto medioevo finchè la città iniziò ad essere sempre più segnata dalla presenza del Papa e quindi tornò ad assumere nuovamente un ruolo storicamente più significativo. Così, mentre la città, seppur tra contrasti interni si stava consolidando come libero Comune, nel 1157 una delegazione papale firmò un trattato con Orvieto formalizzandone cosi l'investitura; nel 1199 il nobile romano Pietro Parenzo fu scelto dal Papa come rettore e podestà di Orvieto, evento questo che sanciva l'"assoggettamento" della città umbra al Papato. Se da una parte il legame con la chiesa dava nuovi impulsi allo sviluppo ed al prestigio della città, dall'altra alimentava i mai sopiti contrasti interni tra varie fazioni (in particolare anticlericale dei Patari). Lo stesso Parenzo fu vittima di una congiura e assassinato. Nonostante i contrasti interni il corso dello sviluppo e di crescita della città era però intrapreso e di fatti è in quest'epoca medievale (1200) che Orvieto come moderna città stato legata alla chiesa visse un periodo di grande benessere ed espansione arrivando ad assoggettare i territori circostanti fino alle coste del mar Tirreno, fino alle odierne città di Orbetello e Talamone.
    Ed è a questo periodo medievale in cui la città si chiamava Urbs-Vetus (città vecchia), che probabilmente si deve l'odierno nome di Orvieto. Tale periodo di benessere e prosperità durò fino al 1348 anno in cui l'epidemia di peste e le continue lotte politiche interne tra le grandi famiglie nobili (in particolare i guelfi Monaldeschi ed i ghibellini Filippeschi) posero fine all'esperienza di Orvieto come comune libero e città-stato. Così, in breve, Orvieto rimase comunque sotto l'egida dello Stato Pontificio. In questo periodo e fino agli anni 1600 -1700, Orvieto subì delle profonde trasformazioni dal punto di vista architettonico, di questo periodo sono la ricostruzione della Fortezza Albornoz (la cui prima edificazione risalirebbe al 1364), il Pozzo di San Patrizio (1527) e furono restaurati, modificati o costruiti molti dei bei palazzi rinascimentali che oggi fanno bella mostra lungo le strade della città. In questo periodo la città, ormai provincia pontificia, ritrova un certo benessere economico anche grazie alla sua alta considerazione da parte di papi e cardinali, come tranquilla e sicura località di soggiorno.
    Al di fuori della rupe, invece, l'eredità di Orvieto come potente comune medievale è ben visibile in quello che in passato furono veri e propri presidi e avamposti assoggettati dalla città e cioè tutti quei borghi e castelli abitati da vecchie famiglie nobiliari che si ergevano nelle campagne intorno alla città. Oggi di essi restano intatti e visibili alcuni borghi e castelli come: il Castello di Tordimonte, il Castello di Corbara, il Castello di Prodo, il Castello di San Quirico, il borgo di Torre San Severo ed il Castello di Sugano. (orvietoviva.com)
     
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    « Perugia, munita di grandi mezzi di difesa dalla natura e dalla mano dell'uomo, sorge improvvisamente su di un'altura »
    (Charles Dickens Pictures from Italy, Londra 1846)


    PERUGIA



    Perugia è situata nell'entroterra dell'Italia centrale nel punto più largo della Penisola. È la città più grande tra Firenze e Roma, collocata in posizione intermedia: distante ca 150 km da Firenze, Roma e Ancona, ca 400 km da Milano, Genova e Napoli.
    Domina la Valle del Tevere dall'alto di un colle aspro e irregolare. La particolare conformazione del terreno ha prodotto una grande varietà di situazioni urbanistiche, conferendo alla città un aspetto particolarissimo.
    Il centro storico di Perugia si adagia su un'acropoli che sorge all'altezza di 450 m sul livello del mare. Nel punto più alto, Porta Sole, l'altezza è di 494 m, caratteristica che ne fa la città italiana più popolata fra quelle poste ad un'altitudine superiore a 250 metri. L'acropoli perugina sembra costruita su una sola collina ma in realtà sono due: il colle del Sole e il colle Landone. La massima depressione tra le due alture si estende dal fosso di Santa Margherita, a est, al fosso della Cupa, a ovest. Gli Etruschi scelsero quest'area in quanto ricca d'acqua, ma presto ci si accorse che il terreno è anche franoso, cosa che nei secoli ha dato luogo a poderose fondazioni e fortificazioni che tuttora impongono in più punti costanti interventi di manutenzione.

    Il toponimo "Perugia" è quasi certamente di origine etrusca e viene reso dai romani come "Perusia". La più antica attestazione del nome pare essere in una stele etrusca del VII sec. a.C. rinvenuta a Vetulonia, dedicata al guerriero Irumina Phersnachs (Phers: Perugia e nachs: proveniente da, quindi il perugino). Vi è incertezza sul significato del nome, ma sappiamo che spesso i nomi delle città derivavano da una divinità o da una famiglia. In passato il nome Perugia è stato fatto derivare anche dal greco "periousa", ovvero "che sta in alto", ma l'origine greca del nome di una città etrusca pare infondata.

    Il centro storico si sviluppa intorno a questo punto e sul crinale dei colli. All'originaria cinta delle mura etrusche, lunghe 3 km, si aggiunse nel Duecento e nel Trecento una nuova e definitiva murazione lunga 9 km, quasi del tutto integra e che delimita una superficie di 120 ettari. Ogni quartiere si incardina su una via principale o Corso su cui convergono le trame dei vicoli; vi campeggiano conventi, campanili, basiliche, chiese, oratori, cappelle, palazzi gentilizi (un centinaio), palazzi minori e altri edifici, poi ci sono le case a schiera dei vicoli.


    Perugia

    La Fontana Maggiore (1275-1278) è uno dei principali monumenti della città e di tutta la scultura medievale. È costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una tazza bronzea. Le due vasche poligonali concentriche sono decorate a bassorilievi finemente scolpiti da Nicola e Giovanni Pisano: in quella inferiore sono rappresentati i simboli e le scene della tradizione agraria e della cultura feudale, i mesi dell'anno con i segni zodiacali e le arti liberali, la bibbia e la storia di Roma; in quella superiore sono raffigurati nelle statue poste agli spigoli personaggi biblici e mitologici.
    L'Arco Etrusco è la più grande e monumentale delle porte di accesso alla città vecchia, parte della cinta muraria etrusca (IV-III secolo a.C.) orientata verso nord, guarnita di poderosi bastioni laterali realizzati in blocchi megalitici di travertino. Nell'arco a tutto sesto è incisa la scritta "Augusta Perusia".
    Il Pozzo etrusco risale alla seconda metà del III secolo a.C. ed è stato in antichità la principale fonte di approvvigionamento idrico della città. Profondo circa 40 m, ha svolto anche la funzione di cisterna.
    L'Università degli Studi di Perugia fu una tra le prime libere università sorte in Italia, eretta a Studium Generale l'8 settembre 1308. Un'istituzione che educava alle arti della medicina e della legge esisteva comunque sin dagli inizi del Duecento, finanziata dal Comune di Perugia.
    L'Università per stranieri, nata nel 1925, è la più antica università italiana prevalentemente orientata agli stranieri ed è specializzata nell'insegnamento e la diffusione della lingua e della civiltà italiane in tutte le loro forme, come l'arte e la cultura. Conta circa 8.000 studenti.
    La Rocca Paolina, simbolo dello spietato potere papale, rappresenta la parte “sotterranea” della città, con la sua architettura interna particolare, fatta di archi, di strade e di case. Ma non è la sola. All’interno della collina su cui poggia la città è stato scavato un fitto reticolato di cunicoli e tunnel, conosciuti dagli Etruschi (che in parte li utilizzavano per il trasporto dell’acqua) e poi riadattati per le esigenze delle genti medievali (in particolare i conventi e le chiese). All’epoca delle signorie sembra che le famiglie nobili li utilizzassero per la fuga, mentre in questo secolo quelli ancora percorribili servivano per ripararsi e proteggersi dalle bombe o dalla violenza dei soldati che saccheggiavano le case durante la guerra.
    Sant'Agata è una chiesa di origini antichissime, già menzionata in un diploma dell'imperatore Federico I nel 1163, anche se in gran parte ricostruita nel 1317. Al comune di Perugia, papa Bonifacio VIII concesse infatti la possibilità di abbattere la Chiesa di San Severo di Piazza, al fine di ampliare il Palazzo dei Priori, a patto però che la chiesa fosse ricostruita in altro luogo.
    Le origini della cattedrale di San Lorenzo sono piuttosto incerte. La prima cattedrale si trovava nella zona di San Pietro, attualmente occupato dal transetto intorno al X secolo. Il progetto di ricostruzione di un duomo che si sviluppasse nel senso in cui la chiesa è orientata oggi, risale al 1300, ma solamente nel 1437 l'edificio assunse la forma e le dimensioni attuali. La chiesa attuale si compone di tre navate della stessa altezza, ispirata a coevi modelli francesi, una tipologia molto diffusa in Umbria. L'esterno è rivestito di marmi nella sola parte inferiore, mentre la parte superiore resta incompiuta. Sulla parte sinistra si staglia il monumento dedicato a Giulio III, il pontefice che restituì la magistratura ai perugini dopo la disfatta riportata durante la Guerra del Sale. L'interno è pieno di opere di rilevante interesse artistico, come la Discesa dalla Croce, capolavoro giovanile di Federico Barocci del 1569, oltre le numerose opere di Orazio Alfani. Di grande interesse religioso è una preziosa reliquia, l'Anello Nunziale della Vergine, conservato in un pregiato reliquiario posto sull'altare della Cappella del Santo Anello e venerato dai fedeli di tutta l'Italia centrale. La canonica del duomo è invece piena di importanti riferimenti storici, al suo interno venne tenuto il conclave per l'elezione del pontefice in ben cinque occasioni. Di fianco alla statua e alla chiesa si aprono le Logge di Braccio Fortebraccio, la cui costruzione è attribuita a Fioravante Fioravanti, un mirabile esempio di architettura del protorinascimento perugino del 1432.

    Il primo Convento di San Francesco sorse precedentemente in un'altra zona della città (nei pressi di Porta Sant'Angelo), mentre alla morte del santo i frati decisero di spostarsi, edificando l'attuale chiesa fra il 1248 e il 1256. La forma è quella tipica ad un'unica navata, ispirata al grande modello della Basilica di San Francesco d'Assisi. L'edificio sacro divenne ben presto uno dei punti di riferimento della città, ornato dei migliori capolavori realizzati dai più celebri artisti per tutto il XIII e fino al XVII secolo. Furono realizzati per la chiesa due opere da parte di Raffaello, l'Incoronazione della Vergine e la Deposizione, oggi ambedue a Roma, rispettivamente custodite presso la Pinacoteca Vaticana e nella Galleria Borghese. Nei locali adiacenti alla Chiesa di San Francesco si trova l'Oratorio dedicato a San Bernardino da Siena, edificato verso la metà del XV secolo, mentre la splendida facciata è un capolavoro del grande scultore fiorentino Agostino di Duccio, realizzata nel 1457-1461. La varietà dei materiali (travertino, marmo di Carrara, pietra rossa di Assisi), determina una grande ricchezza dei colori, che donano grande vivacità alla visione di insieme. All'interno dell'Oratorio c'è una bella arca paleocristiana scolpita di epoca romana (IV secolo circa) in cui sono custoditi i resti del Beato Egidio, uno dei primi compagni di San Francesco. Nell'Oratorio del Gonfalone invece, nei locali vicino la chiesa, si trova la tomba di Braccio Fortebraccio.

    ...storia...


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    Ai tempi in cui il bacino del lago Trasimeno si estendeva anche alle vallate vicine, il fiume Tevere fu testimone della discesa di un popolo che armato di lance, spade, archi e frecce di bronzo, scacciò le genti primitive che vivevano nella valle in grande arretratezza. Gli Umbri fondarono Perugia ai bordi di una sorgente d'acqua, chiudendo il colle entro massi e recinzioni di legno e vivendo in tali condizioni fino al VII secolo a.C.
    Nel frattempo ebbe inizio la lenta ma costante espansione degli etruschi, un processo durante il quale i due popoli entrarono in contatto tramite pacifici scambi commerciali, alternati a periodi di guerra aperta, alimentando una fase di integrazione che si concluderà con il ritiro degli Umbri sul lato sinistro delle sponde del Tevere. La vita sociale dei due popoli era organizzata in modo sostanzialmente diverso, con gli Umbri dediti quasi esclusivamente all'agricoltura, e gli Etruschi dediti alla navigazione, alla mercanzia e all'artigianato.
    All'interno della confederazione etrusca, la città di Perugia divenne un centro di grande importanza, proprio per la posizione di contatto con le genti umbre. Perugia fu città etrusca di grande importanza, come testimoniano molti monumenti tra cui l'Arco Etrusco. Per secoli la civiltà etrusca fiorì incrementando artigianato, scambi e commerci, fino all'inevitabile impatto con l'espansione romana, iniziata anch'essa gradualmente e ricalcando per sommi capi il modello attraverso cui gli Etruschi soppiantarono gli Umbri. Ma la civiltà etrusca sorta intorno alla città di Perugia era molto progredita, entrò in contatto anche con le legioni guidate da Tarquinio Prisco e Servio Tullio, curiosamente due personaggi di sangue etrusco ma, Roma impiegò molto tempo prima di avere definitivamente la meglio. Perugia fu una delle ultime città etrusche ad essere sottomessa.

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    Conquistata da Roma, Perugia vene coinvolta profondamente nella guerra civile tra Antonio e Ottaviano. Nel II secolo d.C. l'imperatore Ottaviano la cinse d'assedio e la conquistò dandole il nome di “Augusta Perusia”. In questa fase Perugia era ancora etrusca, ma fedele alleata di Roma. Fedeltà dimostrata con coraggio nel celebre episodio della discesa in Italia di Annibale del 217, quando con le sue orde sterminò le legioni del console Flaminio presso il lago Trasimeno.
    Dopo la caduta dell'Impero Romano Perugia la città subì numerose invasioni e venne distrutta da Totila nel 547. La storia della città di Perugia nell'epoca successiva sembra avvolta nell'oscurità. Non una riga spesa dagli storici, notizie incerte e distorte, segno probabilmente di un ruolo inevitabilmente minore.
    Perugia rimase sotto il costante dominio dei Bizantini, anche per volere del pontefice. I secoli che vanno dal VI al X non sono ricchi di avvenimenti neanche per i personaggi che affollano la città, stretti fra le varie lotte di duchi e marchesi. In un periodo di grande incertezza ed inquietudine, l'unico punto certo di riferimento rimasero i vescovi ed il clero. Nel XI secolo diventò un potente Comune indipendente alleato dello Stato Pontificio.
    Il XIV secolo fu segnato da furiose lotte interne tra nobili (Beccherini) e popolari (Raspanti), e dalla guerra contro il Papato, che vuole ricondurre le città umbre sotto il proprio controllo; la guerra si concluse con la pace di Bologna nel 1370, quando Perugia fu costretta a riconoscere l'autorità papale.
    Anche nei secoli successivi la città continuò ad essere divisa in varie fazioni in lotta per il potere: il governo dei popolari guidato da Biordo Michelotti venne sostituito dalla signoria del capitano di ventura Braccio Fortebracci da Montone; le famiglie più importanti tramano congiure e compirono stragi, provocando un profondo declino politico e morale.
    Nel 1540 Perugia venne posta direttamente sotto il controllo dello Stato Pontificio, e Paolo III fece costruire da Antonio da Sangallo la Rocca Paolina, simbolo del potere papale sulla città.Il dominio papale continuò, salvo brevi intervalli durante l'occupazione francese e la Repubblica Romana, fino alla nascita del Regno d'Italia.

    ..lo stemma..


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    Lo stemma di Perugia è il Grifo, una creatura leggendaria, per metà leone e per metà aquila. La leggenda del Grifo sembra trovare origine nella mitologia mediorientale, in particolare in quella mesopotamica e fenicia e probabilmente furono gli occasionali ritrovamenti di resti fossili di animali preistoriciche crearono nella fantasia questi animali mitologici. L’area mesopotamica era, sin dall’antichità, ricca di petrolio e il bitume che si trovava in alcune grotte e che veniva chiamato mumia (da qui il temine mummia per indicare un corpo che si è conservato naturalmente) che conservava perfettamente i corpi, quindi è probabile che anche fossili ben più antichi si fossero conservati in maniera quasi perfetta dando adito a creature mostruose.
    Secondo una tradizione gli etruschi (o Tyrsenòi = tirreni, come li chiamavano i greci) sarebbero un popolo di origine mediorientale, poi stanziatosi nelle zone della dorsale tirrenica della penisola italiana e avrebbero portato con loro il mito del grifo raffigurandolo su urne, sarcofagi e bassorilievi. Spesso in alcune urne cinerarie lo vediamo raffigurato come femmina e in posizione passante, ma il grifo perugino è rampante e maschio, rigorosamente e inequivocabilmente.
    Araldicamente lo si definisce rampante in quanto è ritto e appoggiato su una zampa con le altre alzate minacciosamente. Tale simbolo venne adottato dal Comune di Perugia già dal medioevo, dal 1277 compare in tutti i documenti ed atti pubblici, e i Collegi delle Arti e Mestieri, dai cui membri, detti giurati, si eleggevano i Priori, furono autorizzati a usare il grifo nei loro stemmi ma, con la differenza che in questo caso era raffigurato passante cioè con tre zampe appoggiate a terra e la quarta alzata. Antichi documenti del Comune di Perugia citano, tra le cose pregevoli conservate nella cassaforte, “…due ogne di griffo grandi come corna di bove…” certo che per avere due unghie di grifo.
    Narra la leggenda che nelle campagne tra Perugia e Narni scorrazzasse un grifo che, oltre ad essere un vero flagello, faceva razzia di animali domestici con grande danno per gli abitanti delle due città. Perugini e Narnesi misero da parte le ataviche rivalità e si allearono per catturare la bestia. Dopo peripezie e tentativi vani riuscirono nel loro intento e si presero ognuno una parte del grifo come trofeo e monito. (lagoccia.eu)


    “Sono tornato a Perugia dopo quattordici anni. […] E il ritorno non è stato una delusione. […] Oggi, terzo giorno, rivedo tutto assai bello. Sono stato stamane a Ponte San Giovanni a ritrovare il fiume. Percorro la campagna piena del sole di agosto, una donna mi dice: l’allarme – e guarda Perugia lasciata in alto sotto il sole. […] Ma qui non si fugge, non suona nessun allarme. non c’è che camminare ugualmente tranquilli per la campagna”. (Sandro Penna)

    Perugia-Via-dell-Acquedotto



    Edited by gheagabry1 - 19/1/2023, 15:08
     
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  3. gheagabry
     
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    Umbria-Perugia


    Forse farò un favore al lettore dicendogli
    come dovrà trascorrere una settimana a Perugia.
    La sua prima cura sarà di non aver fretta,
    di camminare dappertutto molto lentamente
    e senza meta e di osservare tutto quello che
    i suoi occhi incontreranno.



    Henry James



    Edited by gheagabry1 - 19/1/2023, 15:09
     
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    fontana-maggiore-perugia-1


    Fontana Maggiore

    o Fontana di Piazza è uno dei principali monumenti di Perugia. Progettata tra il 1275 ed il 1278 da Nicola e Giovanni Pisano con la collaborazione di Frà Bevignate da Cingoli per la parte architettonica e di Boninsegna Veneziano per la parte idraulica, tale opera era stata eretta per celebrare l'arrivo dell'acqua nella parte alta della città grazie al nuovo acquedotto, che convogliava le acque provenienti dal Monte Pacciano nel centro di Perugia. È costituita da due vasche marmoree poligonali concentriche sormontate da una tazza bronzea (opera del fonditore perugino Rosso Padellaio). La fontana ha la decorazione incentrata in 50 bassorilievi e 24 statue con cui la ornarono Nicola e Giovanni Pisano. Le due vasche poligonali concentriche sono decorate a bassorilievi: in quella inferiore sono rappresentati i simboli e le scene della tradizione agraria e della cultura feudale, i mesi dell'anno con i segni zodiacali e le arti liberali, la bibbia e la storia di Roma; in quella superiore sono raffigurati nelle statue poste agli spigoli personaggi biblici e mitologici. La Fontana ha recentemente subito un restauro durato cinque anni che l'ha riportata all'antico splendore. Situata al centro della bellissima Piazza IV novembre (già Piazza Grande) è stata la prima fontana a non essere stata costruita sul posto, infatti la fontana fu costruita in laboratorio e poi montata al centro della piazza, costruita con la pietra di Assisi riceve da più di 800 anni l'acqua dal monte Pacciano situato a pochi km dalla città.


    FONTANA_MAGGIORE-9



    « Oh bella a' suoi be' dí Rocca Paolina
    Co' baluardi lunghi e i sproni a sghembo!
    La pensò Paol terzo una mattina
    Tra il latin del messale e quel del Bembo.
    — Quel gregge perugino in tra i burroni
    Troppo volentier— disse — mi si svia.
    Per ammonire, il padre eterno ha i tuoni
    Io suo vicario avrò l'artiglieria. »
    (Giosue' Carducci)


    LaRoccaPaolinadi


    Rocca Paolina

    Fu costruita tra il 1540 e il 1543 per volere del papa Paolo III e ha rappresentato, fino al 1860, il simbolo del potere papale sull'antico comune. La costruzione, progettata da Antonio da Sangallo il Giovane, venne realizzata su quelle che erano le case dei Baglioni ed occupava buona parte dell'attuale centro storico. Per la costruzione, furono utilizzate, come strutture di fondazione, parte delle case dei Baglioni, furono mozzate le torri, coperte di volte le strade e i cortili e, per recuperare i materiali da costruzione, fu demolito quasi del tutto l'antico borgo di Santa Giuliana con relative chiese e conventi.
    In parte distrutta nel 1848, ricostruita nel 1860 per volere di papa Pio IX, la Rocca fu abbattuta definitivamente in quello stesso anno dopo l'annessione al Regno d'Italia. Oggi, dopo la distruzione della Rocca nel 1860 e la rimozione delle macerie iniziata nel 1932 e conclusa nel 1965, questa "città sotterranea" offre uno spettacolo unico e affascinante. I suoi grandi spazi sono utilizzati, durante l'anno, per diverse manifestazioni culturali.

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    PORTE ETRUSCHE E MEDIEVALI

    Perugia_PortaSantAngelo


    Le principali aperture lungo la prima cinta muraria etrusca (circa 3 km) furono: l'Arco di Augusto (verso nord), Porta Marzia (verso sud) e Porta Trasimena (verso ovest). Questo, non solo in considerazione della forma a "trifoglio" che assumeva la pianta della città, ma anche nel rispetto di un un'antica legge etrusca che prevedeva, appunto, tre accessi principali.
    In epoca medievale, poi, con l'espansione della città, le vecchie mura etrusche (e anche alcune porte) vennero inglobate nelle varie costruzioni o, addirittura, smantellate, per recuperare materiale da utilizzare per la costruzione della cinta esterna. E' anche per questo motivo che, spesso, alcune porte "esterne" prendevano il nome delle corrispettive più interne (corrispondenti per orientamento).

    Porta Sole

    Così sono state chiamate numerose porte di Perugia. L'originaria Porta del Sole sembra essere stata collocata sulla Piaggia dei Calderari, in cima all'attuale Via Alessi.

    Arco dei Gigli

    (Arco di Montesperelli, Porta Sole)....porta etrusca Anch'essa rimaneggiata ampiamente in epoca medievale, presenta nella sommità della volta i gigli, forse simbolo della famiglia Farnese, in onore di Papa Paolo III, che vi sarebbe transitato nel 1535.

    Arco dei Tei

    (Porta di Santa Maria Nuova) XIV secolo Aperta nella prima cinta muraria, prende il nome dall'antica famiglia che abitava il borgo. E' l'unica porta che rimane nel largo di Porta Pesa; qui, infatti, v'era una porta distrutta per far spazio alla barriera daziaria innalzata al centro della piazza e, poi, smantellata.

    Arco della Mandorla

    (Porta Eburnea) porta etrusca Porta etrusca anch’essa rimaneggiata in epoca medievale, prende il nome da un probabile tempio tutto incrostato d'avorio che sorgeva nelle vicinanze e che era dedicato a Vertunno. Unica decorazione rimasta è una testa di leone in travertino. Rimangono anche alcune pietre con incisioni che fanno pensare alla scritta "AUGUSTA PERUSIA, COLONIA VIBIA" (apposta probabilmente sui tutte le principali entrate della città).



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    Arco Etrusco

    (Arco di Augusto, Trionfale, Porta Boreale) seconda metà del III secolo a.C. Situato all'estremità del cardus (la più antica via cittadina) è forse il più importante monumento etrusco rimasto. La loggia disposta sul torrione sinistro è un bell'esempio di inserimento rinascimentale sopra un monumento antico, mentre l'arco superiore venne murato intorno al 1740. Oltre ai segni etruschi presenti su alcune pietre (forse marchi di cave), sono ancora ben visibili due scritte: "AUGUSTA PERUSIA" e "COLONIA VIBIA". La prima è in onore di Ottaviano Augusto che, dopo aver saccheggiato e distrutto la città (in seguito alle lotte di successione scatenatesi dopo la morte di Cesare, fra lo stesso Ottaviano e Lucio Antonio, che s'era rifugiato a Perugia), ne ordinò la riedificazione. La seconda, invece, in onore di Vibio Treboniano Gallo, cittadino perugino che, per pochi anni, fu imperatore (III secolo d.C.). Nel 780, su ordine di Adriano I, gli enormi portali in bronzo furono tolti e portati a Roma.

    Porta Cornea

    (Arco di S. Ercolano, Porta Bernarda, Porta dei Comitoli) porta etrusca Modificata come le altre porte etrusche in epoca medievale, presenta sopra l'arco un leone, simbolo della fazione guelfa e dello stesso rione.

    Porta Crucia

    (Porta Nuova de Borgone, Porta Eburnea Nuova) XV secolo riedificata nel 1576 La lapide sopra l'arco ricorda la riedificazione sotto il Governatore Antonio Santacroce (Legato Pontificio) nel 1576. Ai lati sono visibili dei nicchioni che avrebbero dovuto ospitare statue di Santi, mai realizzate. La via che attraversava questa porta sembra essere stata la "via del pesce", la strada più diretta per i pescatori che dal lago Trasimeno portavano il pesce in centro (dove ora è via Oberdan). A dimostrazione di ciò, come segnaletica ante litteram, v'è tutt'oggi un pesce di pietra affisso all'angolo di via Eburnea.

    Porta dei Funari

    (Porta dei Della Penna, Porta dei Vibi, Porta S. Croce) porta medievale Prendeva il nome dagli artigiani che svolgevano la loro attività in quella zona. Dopo la realizzazione della nuova Porta S. Croce (oggi Tre Archi), rimase nascosta e semiaffossata, a causa dell'innalzamento del livello stradale, e fu murata e adibita a latrina pubblica. Oggi è stata riaperta.

    Porta del Bulagaio

    1765 Risalente al periodo in cui venne realizzata la strada per Ponte Rio, prende il nome dal fosso sottostante, il cui nome popolare è stato variamente spiegato dagli storici (bugliare = buttare rifiuti; bulicame = vena d'acqua; buligame = profondità).

    Porta della Conca

    (Elce di sotto) - Affiancata da due torri quadrate, è originaria del trecento ed è stata modificata intorno alla metà dell'ottocento, durante la ricostruzione viaria e la costruzione dell'adiacente mattatoio (oggi sede della Facoltà di Giurisprudenza).

    Porta dello Sperandio

    Prende il nome dal convento delle suore benedettine che sorge nelle vicinanze, il cui portone recava la scritta "spera in Dio". Probabilmente faceva parte di un complesso di opere volte a proteggere il Borgo di Sant'Angelo e la Conca.

    Porta di Braccio

    (Porta Romana, Porta di S. Costanzo) anteriore al 1270 Con l'ampliamento dell'Abbazia di San Pietro, quest'antica porta rimase inclusa nei giardini del convento, dove è tutt'ora visibile. I giardini del convento sono ora annessi alla Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Perugia.

    Porta di Elce di sopra

    (Porta della Conca) 1300 circa Aperta intorno al trecento, fu spesso chiusa per motivi daziari. Poi, con l'apertura delle barriere daziarie di via F. Innamorati, fu murata del tutto fino al 1931, quando tornò ad essere utilizzata.
    Porta di Sant'Antonio anteriore al 1270 Prende il nome dalla vicina chiesa di Sant'Antonio Abate. Fu affiancata intorno al 1372 da un cassero fortificato che ebbe vita breve (distrutto intorno al 1424). Attraverso questa porta, il 14 settembre 1860, entrarono i soldati del Re Vittorio Emanuele II, come testimonia la lapide apposta sopra l'arco.





    Porta Marzia

    (Porta San Pietro, Porta Romana) III secolo a.C. ricomposta nel 1542 Chiamata così forse per la vicinanza di un tempio in onore di Marte (è probabile anche che nelle vicinanze si svolgessero giochi marziali), originariamente era posta circa quattro metri più indietro (sono visibili gli stipiti all'interno della Rocca Paolina). La costruzione della Rocca comportò la distruzione di numerosi edifici e solo la sensibilità del Sangallo fece sì che la parte superiore di questa porta fu smontata e ricomposta dove è visibile oggi (al Sangallo si deve, anche, la "salvezza" della chiesa di S. Ercolano).

    Porta S. Simone

    (Porta del Carmine) XI secolo Anche se non sembra, questa era una vera porta d'accesso alla città per chi proveniva dal borgo di Fontenuovo, ed era affiancata da un torrione circolare. Con il riassetto stradale del 1822 (e la relativa costruzione dell'attuale via XIV Settembre), il torrione fu demolito e la porta fu affossata ad un livello inferiore rispetto alla nuova via.

    Porta San Costanzo

    (Portaccia) 1586 Da questa porta il 20 giugno 1859 entrarono i soldati svizzeri del generale Schmidt che, a seguito di un duro scontro, restauravano il Governo Pontificio nella città. Prima di questa porta, ne esisteva un'altra medievale, chiamata Porta di Braccio (ora visibile all'interno dell'Orto Medievale della facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Perugia).

    Porta San Giacomo

    (Porta del Castellano, Porta S. Prospero, Porta dell'Olmo) - Prende il nome dalla chiesetta di San Giacomo posta lì vicino.

    Porta San Girolamo

    (Porta Romana, Porta Alessandrina) XV secolo ricostruita nel 1582 Prende il nome dall'attiguo convento francescano (originariamente dei Frati Amadeiti) cui appartiene anche la loggia sovrastante l'arco. Ai lati sono presenti due nicchie vuote. Vi erano poste le statue di San Paolo e San Pietro, trasferite sembra presso l'Università degli Studi, intorno all'ottocento.

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    Porta San Pietro

    (Porta alle Due Porte) 1473-1481 La vera porta detta le "Due Porte" è, in realtà, quella verso C.so Cavour. Originariamente, infatti, era costituita da due archi che, ora, sono stati murati (ma ancora visibili). La porta conserva da questo lato il suo aspetto trecentesco ed in cima, in una nicchia, è possibile ammirare il dipinto della Madonna del Rosario di Lorenzo Faina (1817). La porta esterna, invece, è un elegante rifacimento rinascimentale ed è considerata, insieme alla Porta Capuana di Napoli, uno degli accessi urbici più belli d'Italia. Nell'intercapedine sono presenti due aperture: da un lato vi era l'ufficio del dazio (Gabella), mentre dall'altro c'è l'antica Cappella di San Giacomo che, dopo il restauro del 1765, assunse il nome di Cappella del Buon Consiglio, in onore dell'immagine della Madonna del Buon Consiglio, ritenuta prodigiosa e ivi riposta.

    Porta Santa Croce

    (Tre Archi, Porta Nuova) 1857 Costruita durante il riassetto viario dell'ottocento, inizialmente presentava un solo arco aperto: quello centrale.
    Porta Santa Margherita - Prende il nome dall'antico monastero di S. Margherita, al quale si giungeva uscendo dalla porta, trasformato poi in ospedale psichiatrico nel 1818.

    Porta Santa Susanna

    (Porta Sant'Andrea, Porta della Colombaia) XIV sec Prende il nome dall'antica chiesa di S. Susanna che sorgeva dove ora c'è San Francesco al Prato. Nel tempo la porta è stata rimaneggiata ed è scomparsa l'immagine della Madonna presente all'interno dell'arco.

    Porta Sant'Angelo

    (Porta degli Armeni) XIV secolo Più che una vera e propria porta, questo era un torrione difensivo con funzioni di vedetta, eretto nella cerchia medievale nella conclusione del popolare rione di Sant'Angelo. Nel 1479 fu trasformata in fortino (munito di porta caditoria, botole e feritoie) da cui il nome di Cassero di Sant'Angelo. Infine, durante la Seconda Guerra Mondiale, vi fu posta una stazione di avvistamento contro le incursioni aeree. Oggi, è possibile visitare al suo interno il Museo delle Mura.


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    Porta Trasimena

    (Porta San Luca, Porta della Luna, Porta Senese, Porta Luzia) porta etrusca Posta in direzione del Lago Trasimeno, fu modificata in epoca medievale: l'arco fu trasformato da tutto sesto a sesto acuto e, probabilmente, furono asportate le varie decorazioni. Rimane solo un leone sulla facciata occidentale, in alto a sinistra. Sulla sommità dell'arco, inoltre, è possibile notare un altro segno: il sagittario con una mezza luna, stemma forse dei Templari che lì accanto avevano posto la loro sede. C'è però chi invece ha visto in quel segno non la mezza luna, bensì una lasca, tipico pesce del lago Trasimeno che veniva introdotto in città, forse, attraverso questa porta.
     
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    Perugia si adagia su un'acropoli collinare che sorge all'altezza media di circa 450 m s.l.m.. Nel punto più alto, Porta Sole, l'altezza è di 493 m s.l.m., caratteristica che ne fa la città italiana più popolata fra quelle poste (altitudine della casa comunale) ad un'altitudine superiore ai 250 metri sul livello del mare. Il centro storico si sviluppa intorno a questo punto, in parte cinto dalle antiche mura etrusche e medievali; il resto del territorio cittadino scende tutto intorno fino ai 280 m s.l.m. della valle di Pian di Massiano. Il territorio comunale, invece, arriva ai 170 m s.l.m., toccati nei pressi del corso del fiume Tevere, che ne segna i confini sud con il territorio di Torgiano.

    Perugia sembra costruita su una sola collina, ma in realtà sono due: il colle del Sole e quello dei Landoni. La massima depressione tra le due alture si estende dal fosso di Santa Margherita, a est, al fosso della Cupa, a ovest. In epoca etrusca si scelse quest'area in quanto ricca d'acqua, ma presto ci si accorse che il terreno era anche piuttosto franoso.

    A nord, i rilievi di monte Tezio e monte Acuto la separano dal comune di Umbertide, mentre un lembo di territorio arriva a toccare, all'estremo occidentale, le alture che circondano il lago Trasimeno. Ad est, infine, i primi contrafforti collinari dell'Appennino Umbro-Marchigiano la tengono in contatto con i territori del comune di Assisi e Gubbio.

    « ...Intra Tupino e l'acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d'alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov' ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange. Però chi d'esso loco fa parole, non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Orïente, se proprio dir vuole. »
    (Dante Alighieri Divina Commedia - Paradiso: Canto XI)




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    Il colle del SOLE ed il colle dei LANDONI

    Nel 1540 Perugia fu sconfitta nella “Guerra del Sale” e perdette l’indipendenza, divenendo parte dei domini pontifici. Per rendere tangibile il cambiamento di signoria, Papa Paolo III Farnese incaricò Antonio da Sangallo il Giovane, di costruire un imponente fortilizio sul Colle Landone, che fosse anche una grande opera d’arte. I lavori procedettero con grande rapidità, anche per i continui sopralluoghi fatti personalmente dal pontefice: l’opera fu terminata in soli tre anni. Per la costruzione della fortezza fu distrutto l’intero quartiere dei Baglioni (i precedenti signori di Perugia), e il Borgo di San Giuliano: più di cento fra case, chiese, torri e monasteri, furono rasi al suolo, per ricavare il materiale necessario.
    La Rocca, circondata da ampi fossati, era una struttura complessa. La cosiddetta “Fortezza”- che ospitava i soldati, gli animali, le armerie e i magazzini - era sovrastata dal Palazzo del Papa o del Castellano, ricco di pregevoli architetture, di sale affrescate e decorate. C’era poi il “Corridore”, struttura alta e stretta, con un percorso scoperto e due coperti, che collegava la Rocca con la “Tenaglia”, struttura esclusivamente militare che si protendeva verso la campagna, in direzione di Santa Giuliana.
    Con la costruzione della Rocca, ebbe inizio anche un processo di riorganizzazione del centro cittadino: si provvide all’eliminazione di molte stradine e vicoli, luoghi sospetti ove poteva allignare la rivolta del popolo. In ogni modo, dalla metà del Cinquecento, la mole possente della Rocca Paolina continuò ad incombere su Perugia, proiettando sulla città la sua ombra minacciosa. Perugia ne risentì terribilmente e cominciò un lungo periodo di degrado.
    L’odiato simbolo del potere temporale dei Papi sarà distrutto in parte nel 1848-1849, e definitivamente solo nel 1860. Alcuni spazi sono stati peraltro recuperati e restaurati: oggi la Rocca è diventata un importante centro di vita sociale e culturale, e si può raggiungere attraverso un moderno sistema di scale mobili, oppure da Porta Marzia.
     
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    Ci passiamo ogni giorno. E quindi per noi rientrano nel quotidiano, fanno parte dell'ordinario. Ma, riflettendoci un po', vi pare normale camminare per via delle Streghe, o fermarsi a fare due chiacchiere in piazza del Drago? Sembrerebbero nomi appropriati per il mondo incantato di Harry Potter. E invece siamo a Perugia, citata recentemente dai media come una città che detiene un primato assai singolare: quello di una toponomastica urbana inconsueta e piuttosto originale.
    Certo, abbiamo anche noi le classiche vie intitolate a santi, statisti e caduti di guerra, ma - accanto a queste - si snodano vicoli e stradine dai nomi inusuali e bizzarri, che potremmo utilizzare alla stregua di un filo di Arianna per immaginare un tour a dir poco alternativo nella nostra città.

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    PRIMO PERCORSO: IDEALISTI E SENTIMENTALI - Si potrebbe cominciare passeggiando nell'ambito etereo dei concetti astratti, per i quali la toponomastica perugina sfoggia davvero il meglio di sé. Così, da via dell'Amicizia a via della Consolazione, passando per via della Cooperazione e via dell'Armonia, potremmo pensare di percorrere fino in fondo via della Speranza, con l'ovvio proposito di proseguire infine verso via della Concordia, e - attraverso via della Pace – raggiungere la nostra meta: via del Paradiso.

    Ma, in questo intrico di ideali ed utopie, accade purtroppo molto spesso di perdere l'orientamento, e allora potremmo scoprire tutto ad un tratto di essere finiti in via della Chimera, o addirittura di trovarci fra via dei Cospiratori, via Corrotta e via Cupa. Comunque, niente paura. Se riusciamo ad evitare di passare per via Persa, ed imbocchiamo invece via Fortunata (ogni tanto un pizzico di buona sorte capita a tutti), sarà facile arrivare in via Simpatica, e passeggiare tranquillamente per via Piacevole e via Deliziosa.
    Ma da qui in poi si entra nella sfera del sentimentale, dove dietro ogni angolo ci si può aspettare di imbattersi in via Pericolosa. In questa zona è quindi molto importante tenere bene a mente il percorso, e svoltare per via Favorita attraverso via Gentile, che conduce a sua volta in via Graziosa, sbocca in via Baciadonne, e termina in via Innamorati, qualche chilometro oltre piazza del Bacio.
    Qualcuno forse potrebbe voler riflettere un po' prima di intraprendere questo itinerario impegnativo, nel qual caso sarebbe consigliabile un giro alternativo, che da via Quieta attraversa via del Silenzio, e concede una sosta (e un po' di ispirazione) a metà di via del Poeta. A questo punto la strada si biforca. E si può scegliere. C'è chi opta per via Solitaria e viale Indipendenza, e chi alla fine decide di preferire via della Sposa. In ogni caso, è altamente sconsigliabile passare per via del Pasticcio, e molto poco probabile imbattersi in via della Sapienza, anche se ad alcuni potrà sembrare di essere sempre quasi sul punto di arrivarci.

    SECONDO PERCORSO: NATURALISTI E BUONGUSTAI - Per chi invece - passeggiando lungo via del Senso - scopre di non avere interesse per questo genere di attrattive, e si sente più incline a godere semplicemente di ciò che offre la natura, Perugia offre altri possibili itinerari. Da via del Fagiano a via del Cardellino, oltre via delle Allodole, dei Fringuelli e della Rondine, il campionario ornitologico si dipana attraverso tutta la città annoverando Canerino, Tordo, Pernice, Piccione e Colomba, oltre ad una strada intitolata Cantamerlo. Fra i rapaci spiccano l'Aquila e il Nibbio, mentre l'unico rappresentante esotico sembra essere lo Struzzo.
    Chi sceglie questo itinerario resterà probabilmente affascinato anche da via dell'Orso, via del Bufalo e via della Tartaruga. Non mancano il Topo, il Lupo e la Lucertola. Fra i pesci, solo Cefalo e Persico hanno ottenuto l'onore di essere iscritti nello stradario urbano, ma abbiamo nondimeno Cane, Gatto, Grillo e persino Formica. Per le parti anatomiche va inoltre ricordata via dell'Ala, mentre gli equini non sembrano essere molto amati: si registra soltanto un Cavallaccio, anche se – in questo contesto – non si può certo tralasciare via del Maneggio.
    Alberi da frutto, piante d'alto fusto, fiori e spezie imperversano ad ogni incrocio. Mandorlo, Nespola, Olivi e Castagno, Acacia, Pioppo, Acero e Betulla, solo per elencarne alcuni, ombreggiano le passeggiate perugine, mentre Gerani, Ginestre, Gladioli e Margherite le rendono piacevoli per l'olfatto. Timo, Salvia e Mentuccia le infondono poi quell'aroma di spezie mediterranee che mette a tutti l'acquolina in bocca, e convergono – attraverso via del Sale e via del Pepe, verso il tour gastronomico, che sfocia in via dello Zucchero e del Cacao, terminando – come si conviene – in via del Caffè.

    TERZO PERCORSO: SPORTIVI, ESCURSIONISTI E MODAIOLI - A questo punto, imboccando via del Tempo Libero, chi se la sente può intraprendere il percorso sportivo, camminando a passo sostenuto per via della Ginnastica e via dell'Atletica, o preferendo fermarsi in via delle Bocce per ritrovare la piacevolezza di un'attività ricreativa che da qualche tempo sembra purtroppo aver perso il suo smalto. Chi invece è interessato alla scienza, alla tecnica e ai materiali, può divagarsi in via del Compasso, passare per via della Squadra, ed esplorare via del Rame e dell'Ottone. Fra i metalli ci sono anche Ferro, Ghisa, Acciaio ed Alluminio, mentre le pietre da costruzione sono ricordate con Travertino, Arenaria, Calciolfa e tutta una serie di attività correlate, fra le quali spiccano Scalpellini e Cavatori.
    Il settore della moda sfoggia i suoi modelli con via del Cachemire, dell'Angora, della Lana, del Lino e della Seta, ed anche qui convergono un certo numero di elementi accessori – in via dei Bottoni e del Ricamo - ed attività produttive – in via della Filanda e della Cardatura.
    QUARTO PERCORSO: SOGNATORI - Ai sognatori infine, si consiglia caldamente via della Stella, da cui si gode di un incomparabile panorama che permette di spaziare su alcune delle maggiori costellazioni dello zodiaco: via della Bilancia, del Capricorno, dei Pesci, dell'Acquario e del Sagittario. In quest'ultimo itinerario è bene equipaggiarsi con indumenti protettivi. Gli spazi aperti possono facilmente essere interessati da perturbazioni: la visuale è spesso offuscata in via Nebbiosa, e sono anche frequenti manifestazioni ventose che coprono tutta la rosa dei venti, soprattutto in via della Tramontana, del Grecale, del Libeccio e dello Scirocco.
    Alzi la mano chi conosce un altro luogo in grado di offrire una scelta così alternativa di itinerari stradali.
    Daniela Querci (Da: Il Corriere dell'Umbria, 13/07/2009

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    La chiesa di Sant'Angelo, originaria del V-VI secolo d.C., è una delle più antiche d'Italia. Con ogni probabilità è stata edificata sui resti di un tempio romano, nel periodo in cui le religioni pagane erano in decadenza e il cristianesimo prendeva piede in territori dell'ex Impero.

    A sua volta, il tempio che vi sorgeva prima era stato edificato su di un terreno sacro agli Etruschi. Questo fa della chiesa e del luogo dove è situata due illustri testimoni dei tanti avvicendamenti culturali e religiosi della penisola italiana.
    L'Umbria è una delle zone d'Italia nelle quali il cristianesimo si impiantò più rapidamente. Nel VI secolo d.C. si contavano già 21 diocesi, in una terra contesa da barbari e bizantini in cui la gente cercava di rifugiarsi nel nuovo culto monoteista per sfuggire al dramma di guerre e carestie.
    Allora erano già sorte alcune chiese, come quella del Salvatore a Spoleto (addirittura del IV-V secolo), ma non tutte sono riuscite a sopravvivere nel corso degli anni. Molte di esse, anche nei secoli successivi, presero il posto degli antichi templi pagani. Ne sono ulteriori esempi l'abbazia di San Pietro in Valle a Ferentillo e la basilica di Sant'Eufemia a Spoleto.
    Chiamata anche "Padiglione di Orlando", "Tempio di san Michele Arcangelo" o "Tempietto", questa chiesa paleocristiana sorge su uno dei punti più alti della città ed è raggiungibile salendo attraverso corso Garibaldi e attraversando uno stretto vialetto. Un piccolo cortile verde è l'anticamera di questo edificio dalla pianta centrale, che si sviluppa su due aree concentriche. La struttura mantiene caratteristiche tipicamente romane. Le due aree, l'ambulacro e il presbiterio centrale, sono separate da un cerchio di sedici colonne corinzie-romane. Probabilmente, vista la loro varietà di misure e materiale, sono state prese da qualche altra struttura e tradotte nella chiesa, cosa piuttosto usuale all'epoca. Le due cappelle adiacenti ai lati esterni dell'edificio gli conferiscono la forma della croce greca.
    Gli appassionati di misteri che passano per Perugia non possono fare a meno di fare una visita a questo luogo. Vi compaiono infatti all'interno simboli molto particolari. Sugli stipiti d'ingresso e al collo della Madonna in uno degli affreschi si possono intravedere delle croci patenti, rappresentazioni legate all'universo mistico dei Templari, una confraternita religiosa del Medioevo la cui leggendaria storia è ricca di segreti ed enigmi.

    A pochi metri dall'ingresso, inoltre, fa la sua comparsa un pentagramma, simbolo legato la culto di Venere che nel Medioevo veniva associato alla magia nera.

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    Basilica di San Domenico

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    Il Monumento funebre a Benedetto XI San Domenico è una chiesa di Perugia. La basilica è l'edificio religioso di dimensioni maggiori in tutta l'Umbria.

    All'esterno il portale d'ingresso della fine del XVI secolo e la doppia scalinata barocca ci segnalano che l’attuale costruzione non può essere quella originale. L'edificio originario di San Domenico, sorto sulle ceneri di San Domenico Vecchio, inadeguato all'accresciuto ruolo dei Domenicani, risale al 1304, ed aveva un’importanza particolare in quanto rappresentava un caso di italianizzazione della forma nordeuropea della cosiddetta Hallenkirche. Questa costruzione rovinò tuttavia nel 1614.

    La parte interna dell’edificio fu ristrutturata tra il 1629 ed il 1632 da Carlo Maderno e ne è scaturita una forma particolare che presenta analogie con la navata della basilica di San Pietro, pure opera del Maderno. A Perugia l’edificio è tuttavia ad un piano e nella navata non vi sono finestre (peraltro pure nella Basilica Vaticana la zona delle finestre è poco accentuata). Sopra le arcate inizia direttamente la volta a botte. Restano dell'edificio originario sia il bel chiostro (1455-1579) sia, all’altezza del coro, una delle più grandi (21 metri e 8,5 metri di larghezza) finestre gotiche della storia dell’arte risalente al XV secolo (la parte superiore è del 1759).

    Ci sono forse due finestre più grandi,e segnatamente la finestra del coro della cattedrale di Gloucester in Inghilterra (24 metri d’altezza e 12 di largezza (= 185 m² [1]) e quella dell’abside del Duomo di Milano. Si tratta di finistre dalle dimensione inusuali per l’Italia, anche perché in genere si cercava di limitare la grandezza delle finestre per proteggere gli interni dal calore. In San Domenico tuttavia una tale finestra era resa necessaria dalla mancanza di un'altra fonte di luce. Questa grande finestra del coro a fronte delle altre più piccole è visibile anche in un affresco del XV secolo nella cappella del Palazzo dei Priori.


    Organo (XVII secolo)Domina il paesaggio circostante il campanile, edificato tra il 1464 ed il 1500 dal lombardo Gasperino di Antonio. In origine il campanile era alto ben 126 metri ma nel 1546 venne portato ad un'altezza di 100 metri per aumentarne la stabilità.

    Autentico capolavoro della scultura del XIV secolo conservato nella basilica è il monumento funebre a Benedetto XI, papa morto a Perugia nel 1304. Di notevole pregio è anche il coro ligneo della fine del XV secolo.

    Adiacente alla chiesa è il Chiostro maggiore e l'ex convento di San Domenico, oggi sede del Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria.

    Dalla cappella di San Nicola in San Domenico proviene la Pala di Perugia di Beato Angelico, oggi alla Galleria Nazionale dell'Umbria.

     
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    Cattedrale di San Lorenzo

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    Diversamente dall'usuale, la cattedrale di Perugia ha la fiancata laterale rivolta verso la piazza principale della città, affacciata sulla Fontana Maggiore e sul Palazzo dei Priori. Tale lato è caratterizzato dalla Loggia di Braccio, commissionata da Braccio da Montone nel 1423, una struttura proto rinascimentale attribuita a Fioravante Fioravanti da Bologna. La loggia in precedenza era stata parte del Palazzo del Podestà, poi dato alle fiamme nel 1534. Sotto la loggia è possibile vedere parte di un muro romano, le fondamenta del vecchio campanile e la Pietra della Giustizia, che riporta un'iscrizione del 1264 attraverso la quale il Comune annunciò che tutto il debito pubblico era stato cancellato. Procedendo lungo il fianco laterale del duomo si trova la statua in bronzo di papa Giulio III realizzata da Vincenzo Danti nel 1555. Papa Giulio III fu oggetto della gratitudine cittadina in seguito al ritorno delle magistrature locali, in precedenza soppresse da Paolo III. Procedendo quindi lungo il rivestimento incompleto s'incontra un portale progettato da Galeazzo Alessi nel 1568, un pulpito composto da antichi frammenti e mosaici cosmateschi, dal quale predicò San Bernardino da Siena nel 1425 e nel 1427, ed un Crocifisso in legno di Polidoro Ciburri del 1540.

    La facciata principale è rivolta verso piazza Danti ed è impreziosita da un portale in stile barocco progettato da Pietro Carattoli nel 1729. Il muro esterno è a vista e si possono scorgere i ganci portanti di un previsto rivestimento in marmo, mai apportato. Il massiccio campanile venne edificato tra il 1606 ed il 1612.


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    Interni. Deposizione dalla croce, Federico Barocci (1569)L'interno è del tipo Hallenkirche (chiesa a sala), per una lunghezza di 68 metri, con tre navate di pari altezza (24,9 m); la navata centrale è larga due volte e mezza le laterali. Sulla parete di controfacciata, sopra il portale, è situata una tela di Giovanni Antonio Scaramuccia del 1616 raffigurante la Vergine fra i patroni della città e i santi Agostino, Domenico e Francesco. Alla sinistra del portale d'ingresso si trova un sarcofago del 1451 del vescovo Giovanni Andrea Baglioni, attribuito ad Urbano da Cortona.

    Sulla navata sinistra si trova la cappella di San Giuseppe, dedicata al Sacro Anello, la reliquia dell'anello nuziale della Vergine Maria, una pietra verde di calcedonio od onice che venne presa furtivamente a Chiusi dal frate tedesco Winter di Magonza, e donata al vescovo di Perugia nel 1473. Protetta da una cancellata in ferro battuto del 1496-1511 opera di Bernardino e Giacomo di Matteo, la preziosa reliquia, protetta da ben quattordici serrature, viene esposta al pubblico due volte all'anno, in settembre e luglio. La cappella era un tempo decorata da affreschi del Pinturicchio e da un quadro del Perugino, lo Sposalizio della Vergine, sottratto durante l'occupazione napoleonica ed oggi al museo di Caen. Il quadro fu sostituito nel 1825 da una tela di Jean Baptiste Wicar. Nella cappella è inoltre conservato il Reliquario del Sant'Anello, realizzato da Bino di Pietro e Federico e Cesarino del Roscetto, considerato tra i capolavori dell'arte orafa del Rinascimento italiano. Procedendo lungo il fianco del muro è possibile vedere i resti dell' Altare della Pietà, realizzato da Agostino di Duccio nel 1473 e demolito nel 1673.

    Di notevole pregio è l'abside, con uno splendido coro ligneo intarsiato da Giuliano da Maiano e Domenico del Tasso (1486-91), danneggiato da un incendio nel 1985. Nel transetto destro si trovava una pala d'altare di Luca Signorelli, la Pala di Sant'Onofrio, oggi conservata nell'annesso museo della Cattedrale.

    Sulla navata destra si trova la Cappella del Sacramento, realizzata da Galeazzo Alessi nel 1576, con una pala d'altare raffigurante la Pentecoste di Cesare Nebbia del 1563, il monumento funebre di papa Martino IV, deceduto a Perugia nel 1285, e reliquie di Innocenzo III e Urbano IV. La successiva rientranza conduce alla Cappella del Battistero, decorata da una vista prospettica rinascimentale in marmo di Pietro di Paolo di Andrea da Como (1477). Di fronte ad essa si trova la venerata immagine della Madonna delle Grazie, realizzata da Giannicola di Paolo, un seguace del Perugino. La navata destra termina con la Cappella di San Bernardino, chiusa da un'inferriata del XV secolo. Il suo altare ospita la più importante opera conservata nel duomo, la Deposizione dalla croce di Federico Barocci realizzata tra il 1567 ed il 1569. La tela è considerata tra i capolavori della pittura europea del XVI secolo, ed è l'unica opera del pittore urbinate rimasta in città.

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    Il Museo capitolare della cattedrale
    Per approfondire, vedi la voce Museo dell'Opera del Duomo di Perugia.


    Pala di Sant'Onofrio, Luca SignorelliIl museo conserva un trittico di Meo da Siena, una madonna di Andrea Vanni ed un trittico di Agnolo Gaddi, oltre alla già citata notevole Pala di Sant'Onofrio del Signorelli. Conserva inoltre numerosi pregiati manoscritti, alcuni risalenti al X secolo.

    Adiacente al museo è la Sala del Dottorato con affreschi raffiguranti papa Giovanni XXII tra gli imperatori Carlo IV e Sigismondo.



    La città più sexy del mondo

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    Non se la prenda Parigi, non si offendano Praga e Copenaghen, ma questa volta è la piccola Perugia ad essere stata eletta la città più sexy del mondo. Tra le ragioni del successo sicuramente la cioccolata, ma anche il fatto che si tratta di una città collinare, dalle forme molto sinuose e quindi attraenti, e che è piccola, accogliente, protettiva.

    A dare lo scettro di città più sexy del mondo a Perugia ci ha pensato il National Geographic Traveler, che nell'edizione di novembre/dicembre 2008 della rivista ha dedicato un ampio servizio alla nostra città, corredato da una galleria fotografica che illustra quanto romantica sia la capitale dell'Umbria.

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    Segue una lista dei luoghi più romantici di Perugia:

    •Porta Sole. Dalle panchine di via delle Prome si gode di una vista spettacolare, su uno dei panorami più belli dell'Umbria (vedi foto in alto). D'inverno è uno dei luoghi più ventosi della città, una ragione in più per abbracciare il proprio amato (o la propria amata)

    •via dell'Acquedotto. Un fantastico scenario medievale si apre scendendo da piazza Cavallotti lungo le scalette in cotto, per giungere a questa romantica passerella pedonale: la via e' così stretta che un uomo e una donna, incrociandosi, debbono per forza sfiorarsi... le sere estive la via dell'Acquedotto diventa palcoscenico per il teatro in piazza.
    •Piazza Italia e i Giardini del Carducci. Imperdibili le panchine davanti alla fontana con la statua bronzea della bagnante, avvolta dal muschio, al centro dell'Ottocentesca (e Romantica!) atmosfera di Piazza Italia, e la balconata degli adiacenti Giardini, dedicati al poeta Giosué Carducci, che qui trovò l'ispirazione per uno dei suoi più riusciti sonetti.
    •lo spiazzo verde di San Francesco al Prato, specialmente in primavera. In una bella giornata è il luogo ideale dove distendersi a prendere il sole e a dimenticarsi delle frenesie della vita cittadina. Se pensate che in troppi abbiano avuto la vostra stessa idea, l'alternativa è data dal giardino del Tempietto di Sant'Angelo, luogo altrettanto suggestivo, ma più isolato, nella zona nord del centro storico.
    •la terrazza del Mercato Coperto, al tramonto. Qui la vista è sulla città, ma il luogo è ideale per chi desidera trovare un posto al di fuori dei soliti itinerari turistici. L'estate si trasforma in un caffè a cielo aperto, ottima scelta per un aperitivo, ma forse diventa troppo affollato e perde così la sua aura "romantica".

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    L'orribile mostro


    Molti secoli fa viveva, presso Terni, un orribile mostro. Nessuno più poteva viaggiare sicuro perché esso aggrediva tutti i viandanti e, talvolta, spinto dalla fame, giungeva fino alle porte della città dove gli abitanti vivevano asserragliati.

    Invano il Consiglio degli Anziani aveva chiesto ai più forti guerrieri di combattere il mostro: tutti indistintamente, con varie scuse, avevano rifiutato.
    Finalmente si fece avanti un giovane della famiglia dei Cittadini.

    «Io affronterò il drago» dichiarò. Solo, intrepido, il campione uscì dalla città.

    La folla si accalcò sulle mura per seguire ansiosa il combattimento. Nascosto fra le canne, nel cuore della palude, il drago sembrava sonnecchiare. Ma appena il cavaliere si avvicinò, gli balzò contro con un impeto tanto improvviso che il giovane rischiò di essere travolto. Un urlo di raccapriccio e di disperazione si levò dalla folla. Ma il cavaliere non si scompose: balzando agilmente a destra e a sinistra per evitare gli attacchi, roteò fulmineamente la spada e colpì più e più volte il terribile mostro. I colpi di spada sembravano punture di spillo contro la forza brutale di quello. Ma l' imprevisto venne in soccorso del cavaliere.

    Le nubi si squarciarono e un raggio di sole colpì la lucida corazza del giovane guerriero: l' armatura rifletté il sole come uno specchio e abbacinò per un momento l' animale. Quell' istante bastò.
    Pronto, il giovane si slanciò e trafisse la gola del drago, l' unico suo punto vulnerabile.
    Con un urlo selvaggio, il bestione stramazzò al suolo.
    Incredula, pazza di gioia, la folla traboccò dalle porte e portò in trionfo il suo liberatore. Terni era finalmente salva.


    Monti Sibillini




    Il grande massiccio dei Monti Sibillini nasconde un segreto, forse un segreto così noto che lo dichiarano il nome stesso di questi monti e molti toponimi: grotta del Diavolo, passo del Diavolo, fossa dell’inferno, gola dell’Infernaccio, lago di Pilato, grotta delle Fate o grotta della Sibilla. Ne parla anche una lunghissima tradizione culturale, una leggenda raccolta nel 1420 da Antoine De la Salle e già nota fin dal 1391 al poeta del Guerrin Meschino, che situa in una grotta del Monte della Sibilla il regno di una misteriosa Dea dell’amore profano e profetessa. Chi arriva oggi al monte della Sibilla dalla strada aperta da Montemonaco, rimane subito colpito da una singolare scogliera di basalto alta 10 metri che fa da corona al monte, quasi profilo antropomorfo di una regina. È certo che per tutto il Rinascimento questo monte era al centro di una importantissima via di comunicazione verso Roma e fu continua meta di visite. Cavalieri erranti francesi e tedeschi raccontarono i loro “incontri” con la maga, nelle caverne del monte, seguiti o meno da pentimenti. Ne nacque Il Guerrin Meschino di Andrea da Barberino.



    Negromanti di ogni tipo, se non proprio maghi e demoni, hanno abitato sicuramente il monte e la grotta stando a testimoni più o meno diretti come Enea Silvio Piccolomini, Benvenuto Cellini, Luigi Pulci, l’Ariosto, Flavio Biondi. Sembra che i santi abati di Sant’Eutizio già nel secolo VIII per ordine di papa Giovanni abbiano fatto crollare la grotta, operazione ripetuta poi dal repressore Albornoz nel 1354, e purtroppo anche in tempi molto recenti, grazie ad un maldestro tentativo di scavo con la dinamite. L’Accademia Reale Belga ha condotto una spedizione nel 1953, col magro risultato di uno sperone, un coltello, un tornese di Enrico II sec. XVI.



    Tra i contadini si pensava ancora, fino agli anni Sessanta, che venti e tempeste erano scatenati dal passaggio di maghi e streghe. Leggende analoghe circondano anche il cupo specchio del lago di Pilato, i cui diabolici abitatori avrebbero addirittura richiesto il sacrificio di un uomo all’anno e che in epoca Rinascimentale fu anch’esso luogo di culti particolari. Il lago è in una depressione del monte Vettore sotto il pizzo del Diavolo. Precauzioni per una eventuale scalata al monte della Sibilla, le tempeste improvvise, le vendette della maga.
     
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