TORINO

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    Cheryl St Amant




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  2. gheagabry
     
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    Sono passato vicino alla Mole Antonelliana ,
    l’edificio più geniale che è stato forse costruito per
    un assoluto impulso verso l’alto - non ricorda
    nient’altro se non Zarathustra. L’ho battezzato
    Ecce Homo e l’ho circondato nel mio spirito con un
    immenso spazio libero
    Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900)


    LA MOLE ANTONELLIANA


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    La Mole Antonelliana è il monumento "simbolo" della città di Torino, situata nella parte nord-est del centro storico. Prende il nome dall'architetto che la concepì, Alessandro Antonelli. Per lungo tempo, la Mole fu anche la costruzione in muratura più alta d'Europa; tuttavia, nel corso del Novecento, importanti ristrutturazioni rinforzarono la Mole con cemento armato e travi di acciaio, per cui essa non può più considerarsi una struttura esclusivamente in muratura.
    Al suo interno oggi ha sede il Museo Nazionale del Cinema.


    Il progetto nasce nel 1862 ad opera dell'architetto Alessandro Antonelli con una costruzione a cupola alta 47 metri. Nel 1848, con la promulgazione dello Statuto Albertino, da parte di Carlo Alberto, fu concessa la libertà ufficiale di culto alle religioni non cattoliche. La comunità ebraica torinese acquistò il terreno nella zona chiamata, all'epoca, la "Contrada del cannon d'oro" (l'attuale via Montebello), per erigere un nuovo tempio con annessa scuola. Nel 1863 hanno inizio i lavori. Sin dalla sua costruzione, l'opera soffrì di problemi strutturali, data la dimensione areale relativamente ridotta della base e il notevole peso che doveva sopportare. Il terreno di Via Montebello su cui sorge, fu un antico bastione di mura della città, fatto demolire per ordine di Napoleone Bonaparte all'inizio dell'Ottocento, rendendo quindi il terreno più instabile. ed0262L'estroso architetto di Ghemme Novarese aveva però nel frattempo già modificato il progetto portando l'altezza della costruzione a m.113; la Sinagoga torinese sarebbe diventata la più grande d'Italia e la più alta d'Europa. Dopo varie vicissitudini (derivate dall'arditezza del progetto e da motivi economici), la costruzione aveva raggiunto una notevole altezza, ma la Comunità ebraica accorgendosi che si andava troppo oltre il preventivo abbandonò i lavori e fece costruire un tetto piatto provvisorio a circa 70 metri di altezza.
    Nel 1873 la comunità israelita, delusa da tutti i problemi e costi aggiuntivi, barattò l'opera con il Comune di Torino, che cedette ad essa un terreno in quartiere San Salvario, per costruire l'attuale sinagoga, e che si fece carico dei costi di ultimazione della Mole (circa 40.000 lire di allora), per dedicarla al re d'Italia Vittorio Emanuele II.
    Dopo varie peripezie e proposte, l'Antonelli, sostenendo che così come era stata progettata non era degna di tale personaggio convince il Consiglio Comunale di Torino ad approvare le modifiche che porteranno la costruzione prima a m.146, poi a m.153 e infine, a m.167 definitivi, prevedendo di fissare sulla punta della guglia un genio alato (dai torinesi sempre chiamato l'angelo) alto parecchi metri. Con queste ultime decisioni però incominciano la maggioranza dei guai tecnici della Mole; le strutture che erano state dimensionate con grande attenzione per il primitivo progetto diventano insufficienti; l'Antonelli cercava e sceglieva personalmente i materiali per garantire qualità e resistenza ma purtroppo la tecnologia edile del tempo non era all'altezza di questo sogno verticale.
    1884-la-visita-della-mole-con-la-mongolfiera_thumbSi ebbero problemi di sovraccarico delle fondazioni e deformazioni della struttura; nell'insieme però la costruzione reggeva bene grazie alle originali intuizioni nel progetto, con l'inserimento di catene di contenimento e all'uso di materiale con concetto ultramoderno, ottenendo resistenze incredibili con pesi molto ridotti, basti pensare che il guscio che forma la cupola, impostata su un quadrato di circa trenta metri di lato e alto circa cinquanta, è formato da due muri distanti meno di due metri e spessi 12 cm. tenuti insieme da tiranti in ferro e da un intreccio di setti e di archi in mattoni; qui passano pure le rampe di scale a zig-zag per l'accesso di servizio alla guglia.
    Nel 1889 la guglia è arrivata alla fine del suo acrobatico percorso e nell'aprile del 1899 viene issato sulla punta il genio alato dorato. Antonelli lavorò con dedizione alla Mole fino alla sua morte, avvenuta nel 1888; diventò leggendaria quella sorta di rudimentale ascensore azionato da una carrucola che portava il quasi novantenne architetto a diverse decine di metri d'altezza per verificare personalmente lo stato dei lavori. Ma egli non riuscì a vederne mai il completamento. La fabbrica della Mole era durata 26 anni! Ma il suo completamento si protrasse ancora per parecchi anni sotto la guida del figlio dell'Antonelli, Costanzo; poi, fra il 1905 e il 1908 l'architetto Annibale Rigotti eseguì le decorazioni all'interno.

    La statua del genio alato, collocata sulla punta del monumento, venne abbattuta da un nubifragio, probabilmente da un fulmine, il giorno 11 agosto 1904, rimanendo però prodigiosamente in bilico sul terrazzino sottostante, malgrado le sue tre tonnellate di peso; la statua è stata conservata, è visibile all'interno della Mole e viene regolarmente scambiata per quella di un angelo.
    Fu sostituito con la stella e nel 1953 pressoché di forma simile a quella originale sulla testa del genio, di circa quattro metri di diametro, ad opera dell'ingegner Ernesto Ghiotti, l'allora capo dei lavori pubblici del Comune di Torino.


    "Per certi versi la Mole
    rappresenta perfettamente l’anima nascosta,
    discreta di Torino
    per la sua straordinaria “celata maestosità!”."


    2017-05-03-2017-01-18-10 tauriel

    “...sulla sua sommità era stato collocato un grande angelo, simile a quello di Piazza Statuto: un altro Lucifero, noto come il genio alato, aureo, mastodontico nei suoi sette metri, visibile da tutta la città; ma pochi anni dopo una folgore lo colpì e lo abbatté. A molti sembrò che, a colpirlo, fosse stata la stessa mano di Dio, per punire l’orgoglio massonico di questa città votata all’esoterismo. Correva l’anno 1904 e tutte le cronache dell’epoca riferivano questo evento come un prodigio. L’arcivescovo parlò di furore divino! La statua di tre tonnellate era rimasta pericolosamente in bilico sul terrazzino sottostante e, miracolosamente, non ci furono vittime. Il genio alato”era intatto, ma nessuno osò sfidare ulteriormente l’ira divina e, pertanto, fu rimosso”. “Ad ogni modo i preti non l’ebbero vinta!” .. “L’angelo dorato fu sostituito con un enorme pentalfa pitagorico: la stella a cinque punte. Ma ancora una volta l’ira divina si manifestò in una specie di tornado che spezzò la punta della Mole, facendone precipitare i 47 metri della cuspide che cadde “a candela” e s’infisse verticalmente nel piccolo giardino dell’adiacente palazzo della RAI: un fazzoletto di terra tra case densamente abitate. Correva l’anno 1953… Anche questa volta non ci furono vittime. Ma i Torinesi, gente caparbia, non desistettero e i lavori di ristrutturazione furono ultimati in tempo per celebrare il primo centenario dell’Unità d’Italia, con una stella nuova di zecca: il solito emblematico pentalfa pitagorico, che fu ricollocato alla sommità della Mole. In quell’occasione, però, si cercò d’essere più modesti, poiché la storia della Mole Antonelliana sembrava rievocare quella biblica della torre di Babele: la nuova guglia fu costruita in acciaio, rivestito di mattoni, e in tal modo la “Tour Eiffel di Torino” perse il primato di edificio più alto costruito in laterizi.”

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    Il vero esoterismo starebbe altrove, non certo in questi eventi! Sarebbe racchiuso nella base piramidale, nella sua stessa angolazione, nella guglia altissima con il pentalfa che, similmente al pilastro portante della Sacra di San Michele all’imbocco della Val Susa, pone in contatto la terra con il cielo, armonizzandone le energie. Lo stesso filosofo Nietzsche identificò emblematicamente la Mole Antonelliana in Zarathustra. In una sua lettera da Torino la definisce “ecce homo” ed era solito attardarsi a desinare in prossimità della Mole, per goderne i benefici influssi. Dopo Nostradamus, Paracelso e Cagliostro anche Nietzsche!
    Secondo Guy la mole Antonelliana è davvero il quinto petalo della rosa di San Giovanni!. (da “Torino magica e Real Segreto”, Guido Araldo)[/color]

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    Edited by gheagabry1 - 2/12/2019, 11:52
     
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    «Torino è la città più profonda, più enigmatica,
    più inquietante, non d'Italia ma del mondo.»
    (Giorgio De Chirico)


    TORINO



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    Torino è capoluogo del Piemonte. Sorge nella pianura delimitata dai fiumi Stura di Lanzo, Sangone e Po che lo attraversa; è anche bagnata dalla Dora Riparia, che scorre vicinissima al suo centro storico. E' stata capitale del Ducato di Savoia dal 1563, del Regno di Sicilia dal 1713 al 1720, del Regno di Sardegna dal 1720 al 1861 e, quindi, del Regno d'Italia dal 1861 al 1865, è uno dei maggiori poli universitari, artistici, turistici, culturali e scientifici del Paese.

    Nella città sono presenti palazzi che hanno fatto la storia del capoluogo subalpino, per secoli cuore del Regno dei Savoia e teatro dell’Unità nazionale. Dimore in cui hanno soggiornato re e nobili dell'epoca.
    Piazza Castello, con il Palazzo Reale - residenza sabauda sorta nel XVII secolo, ad opera dell’architetto Ascanio Vitozzi è stato centro della politica piemontese per più di tre secoli. Gli interni furono decorati nel ‘600 da molti artisti, fra di loro ci furono Claudio Francesco Beaumont, Giuseppe Paladino, Vittorio Amedeo Cignaroli, Filippo Juvarra con la "scala delle forbici" ... il gabinetto delle lacche cinesi, la sala da ballo e la monumentale sala del trono. Il palazzo Reale ospita la Biblioteca reale e l’Armeria reale.

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    La Biblioteca reale, voluta da Carlo Alberto, oltre ad ospitare un patrimonio librario vi è una raccolta di disegni di Leonardo da Vinci, tra cui il suo celebre “Autoritratto” a sanguigna su carta, databile al 1515 circa.... Le ex aranciere del palazzo Reale ospitano il Museo d’antichità. Fuori dal palazzo si trovano i Giardini Reali, opera del maggiore architetto europeo di giardini del ‘600, André Le Nôtre, artefice dei giardini di Versailles. Palazzo Madama e Palazzo Carignano, sono tra i più importanti edifici storici della città.....poi la “corona di delizie" con le bellissime residenze che circondano la città adibite un tempo a palazzine di caccia, a residenze estive, come la Reggia di Venaria Reale. Le residenze sabaude rappresentano un panorama completo sull’architettura monumentale europea tra ‘600 e ‘700, simboleggiando con il loro stile, spazio e le loro dimensioni l’idea della monarchia assoluta. Ora appartengono al patrimonio mondiale dell'Unesco, sono: Palazzo Reale, Palazzo Carignano, Villa della Regina, Palazzo Madama e Casaforte degli Acaja, Castello del Valentino.
    Gli edifici come la Basilica di Superga, la Gran Madre, il Duomo, la Consolata, la Crocetta, raccontano la storia religiosa di Torino e sono la testimonianze dei grandi architetti che sono passati per il capoluogo, da Juvarra a Guarini. Nel Duomo è conservata la Sacra Sindone. Il noto "Collegio dei Nobili" è invece sede del Museo delle Antichità Egizie con una collezione di oltre 5000 reperti, seconda solo a quella del Cairo.

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    Torino è la grande città dei portici che si sviluppano per oltre 17 km, di cui 12 collegati tra loro.. "Più di dodici chilometri di portici, la più ampia zona pedonale d'Europa, un caso urbanistico, architettonico, estetico e socio-economico unico nel mondo. Torino fin dal medioevo conosce il portico, un primo nucleo ne era la piazza delle Erbe ora piazza Palazzo di Città, però soltanto all'inizio del `600 il portico diventa elemento di rilievo: ne è prova l'ordinanza del 16 giugno 1606 di Carlo Emanuele I che si riferisce specificamente alla costruzione della Piazza Castello con progetto di Ascanio Vitozzi e precisamente il tratto compreso tra via Barbaroux e via Palazzo di Città che è del 1615. In seguito è progettata e costruita a portico Piazza San Carlo (1630-1650) dagli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte, mentre Filippo Juvarra costruisce i portici nei quartieri di Porta Susina e nella piazzetta del mercato di Porta Palazzo; nel 1756 Benedetto Alfieri riprende e attua il progetto dei nuovi portici sulla piazza Palazzo di Città. Nell'800 altri spazi porticati si aggiungono a quelli esistenti: piazza Vittorio Emanuele I (ora Piazza Vittorio Veneto) ad opera dell'arch. Frizzi (1823), poi piazza Carlo Felice, arch. Lombardi (1830) e ing. Carlo Promis (1850), e infine piazza Statuto ad opera dell'ing. Bollati (1864) che caratterizzeranno il vecchio centro torinese racchiuso tra il Po e i viali eretti sull'area dall'antica cinta bastionata.
    I portici di corso Vittorio Emanuele II e corso Vinzaglio, delle vie Sacchi, Nizza, Roma, Cernaia e Pietro Micca venivano a costituire un anello pedonale congiungendo la stazione Centrale di Porta Nuova e quella di Porta Susa."
    (tratto da I PORTICI DI TORINO di Gianni Farinetti - Gian Luca Favaretto)
    Oltre ai portici progettati e realizzati, ci sono i portici perduti. Come quelli del palazzo detto, per l’appunto, “dei portici” (Palas dij Pòrti). Realizzato dal Castellamonte, era l’edificio prospicente al duomo di San Giovanni. Il Comune ne decretò l’abbattimento: al suo posto, c’è il “Palazzaccio”, indicato dai torinesi come uno degli sfregi architettonici più eclatanti e più odiati. Circola una leggenda metropolitana che lo vorrebbe distrutto dai bombardamenti. In realtà fu deliberatamente demolito dal regime fascista nel 1936, insieme a tutta l’antica Isola di Santa Lucia, nell’ambito di una “riqualificazione”. Il “Palazzaccio” ha anche lui i suoi portici; ma, i torinesi lo evitano come la peste.

    ...la Torino magica...



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    Alcuni affermano che la città di Torino sia stata fondata dagli antichi Egizi, nonostante no ci sia nessuna prova a sostegno di tale tesi. Ma a Torino ha sede il secondo più importante museo egizio del mondo, dopo quello del Cairo. Probabilmente l'aveva nel suo DNA, il legarsi con la terra del Nilo... Al pari di altre città, Torino è percorsa da tunnel e grotte sotterranee di epoche diverse e utilizzate per impieghi diversi. Sotto il Monte dei Cappuccini, ad esempio, che rimane alle spalle dell'enigmatica chiesa della Gran Madre di Dio, si trovano dei laboratori di fisica cosmica. La Stazione di Ricerca è alloggiata nei locali di un rifugio antiaereo scavato nella collina, che il Comune concesse gratuitamente all'allora Laboratorio di Cosmogeofisica, riadattato dal CNR per scopi di ricerca. Se per alcune di queste gallerie è nota l'ubicazione e l'impiego, per altre il carattere di mistero è rimasto, se si pensa che sono venute alla luce pietre con incisioni simboliche (stelle stilizzate, spirali, tridenti, triangoli...) in un'area sotterranea situata tra i dodici e i quattordici metri di profondità e del diametro di circa trecento metri, scoperta casualmente durante lavori di scavo per la rete fognaria, e paragonabile ad una vera e propria città circondata da mura di tre metri di spessore. La maggior parte delle gallerie sono da far risalire al periodo cinquecentesco.
    Si legge spesso che Torino starebbe al vertice di un triangolo di 'magia nera' composto da altre due città internazionali:San Francisco e Londra; oppure al vertice di un triangolo di 'magia bianca' insieme alle città europee di Lione e Praga o, ancora, percorsa da due correnti energetiche opposte, date dallo scorrere della Dora (polarità femminile) e del Po (maschile), che scorrendo nel sottosuolo conferirebbero alla città un polo di energie telluriche positive da un lato e negative dall'altro... Naturalmente con le varianti che, a seconda delle teorie proposte, possono assumere caratteristiche esattamente inverse.
    L'area negativa per antonomasia di Torino, che è Piazza Statuto, situata nella vecchia zona occidentale tradizionalmente associata alle tenebre. Un tempo qui era collocata la necropoli romana, come confermato dalle sepolture rinvenute; città dei morti dunque, che non ha smesso di rivestire una valenza oscura nemmeno ai giorni nostri poichè proprio sotto il laghetto alla base dell'attuale monumento al centro della piazza, è collocato l'impianto che regola la cloaca, cioè la fognatura. Le cloache sono dall'antichità considerate le 'bocche dell'inferno'...E ancora di morte parla il monumento stesso, dedicato ai minatori che persero la vita lavorando alla realizzazione della galleria del Frejus; esso risale al 1879, sotto il regno di Vittorio Emanuele II di Savoia e inaugurato alla presenza di Umberto I. Su di esso convergono due interpretazioni, quella essoterica che lo individua come una commemorazione di uomini morti per la Scienza, di cui la figura sulla sommità sarebbe incarnazione (Angelo della Scienza), e quella esoterica che ne coglie l'aspetto vanaglorioso del genere umano che nel tentativo di raggiungere la Conoscenza (determinata dalla stella a cinque punte sul capo della figura alata in vetta alla piramide), non riesce e viene sfinito e sconfitto. C'è una forte dualità data anzitutto dalla scelta del contrasto dei colori: candido per le figure umane e scuro per le pietre, impostate in strati degradanti dal basso verso l'alto a formare una sorta di piramide. Il monumento, è stato orientato in posizione opposta al Frejus, e guarda ad est. Si dice che guardi verso la Torino bianca, quella dell'energia positiva.

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    Sulla cima vi è una figura maschile alata, che reca sul capo una stella pentacuspidata; nella mano destra tiene una piuma (o una penna d'oca) e con la sinistra sembra in atto di tenere lontano 'qualcosa' o qualcuno. Secondo alcuni questo è Lucifero, il portatore di Luce, l'angelo ribelle condannato a precipitare nella materia, che guarderebbe in direzione est, verso la parte bianca della città, forse verso la chiesa della Gran Madre di Dio... C'è un giardinetto al centro del quale è collocato un obelisco bianco (quasi occultato dalla vegetazione, attualmente), voluto da Napoleone Bonaparte e dedicato al prof. Beccaria (che condusse gli studi geodetici raccolti in una pubblicazione, "Gradus Taurinensis", del 1774), considerato un punto geodetico di energia negativa. Sulla sommità è posizionato un astrolabio e dovrebbe indicare che in questo punto passa il 45° Parallelo, esattamente a metà strada dell'emisfero australe del pianeta (tra l'Equatore e il Polo Nord).
    Un altro obelisco, ma di dimensioni molto più grandi, svetta in piazza Savoia, che ha la particolarità di essere perfettamente quadrata e dall'armonia percepibile. Progettato da Luigi Quarenghi nel 1853, il granitico obelisco rosa è alto 21 metri e reca inciso il motto "La legge è uguale per tutti" e ricorda la legge Siccardi promulgata nel 1850. I Savoia operarono una soppressione di diversi ordini religiosi in città ma soprattutto abolirono nel 1850 il Foro ecclesiastico, con i suoi benefici e agevolazioni, limitando -almeno sulla carta - il potere del clero. L'obelisco Siccardi vanta alcuni aneddoti, tra storia e leggenda: ad esempio si tramanda che durante la liberazione dai nazi-fascisti, subì due colpi di mortaio che lo fecero 'vacillare' senza tuttavia cadere; inoltre nasconderebbe una specie di tesoro ma singolari. Con la posa della prima pietra furono sotterrati alcuni simboli della città: una cassa contenente due numeri (141 e 142) del quotidiano "Gazzetta del Popolo", stampati nel 1850, che avrebbero riportato il progetto del monumento, alcune monete preziose, un chilogrammo di riso (di buon auspicio), una bottiglia di vino Barbera, una cassetta di grissini torinesi e dei dolci! Verso il quartiere Valdocco, la 'Vallis Occidanum”, a occidente, si incontra il luogo un tempo sede delle esecuzioni capitali e per questo prese anche il nome di vallis occisorum. In un punto non è segnato sulle mappe cittadine con questo nome ma tutti conoscono come Rondò della Forca, all’incrocio tra corso Regina Margherita e via Cigna, c'era il patibolo. Una statua lungo corso Regina Margherita è dedicata a don Giuseppe Cafasso (1811-1860), patrono dei condannati a morte. Non importava se fossero colpevoli o innocenti.

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    Bisogna dire che Torino e provincia hanno ospitato nel Medioevo diverse comunità Catare (che in Occitania e Linguadoca -nel sud della Francia- furono duramente perseguitate e arse sul rogo nella Crociata del XIII secolo) e Valdesi. A queste ultime venne riconosciuta libertà di culto nel trattato 'di Cavour' stipulato il 5 giugno 1561 tra i rappresentanti valdesi e Filippo Savoia Racconigi, a nome del duca sabaudo, che costituisce "il primo esempio di libertà religiosa nell'Europa moderna". Ma le cose non furono sempre così semplici e, a seconda del periodo storico o del regnante, queste sbandierate libertà furono revocate; bisognerà attendere l'editto del 17 febbraio 1848 emanato da Carlo Alberto, per sancire una forma di libertà religiosa e dei diritti civili. Secondo alcuni, le numerose e variegate realtà religiose presenti nel territorio, unite ad un substrato di origine 'pagana', molto probabilmente favorì il proliferare di culti e pratiche non ortodosse, avversate dalla Chiesa cattolica romana.
    In piazza Solferino si ammira la Fontana delle Quattro Stagioni, opera del 1929 che doveva essere impiantata davanti al duomo cittadino ma ciò trovò l'opposizione della chiesa in quanto in essa sarebbero velatamente inserite delle simbologie non gradite volute da due massoni, Paolo Baiotti, ministro di Casa Savoia e Giovanni Riva. Si tratta di quattro statue, due femminili (primavera ed estate) e due maschili (autunno e inverno), tra bimbi, fiori o frutti, poste in posizioni tra loro opposte e da mettersi in relazione con i punti cardinali; infatti a ciascuno di questi è associata una stagione (ma anche un 'umore', un colore, etc.). Si dice però che la disposizione delle statue sia stata calcolata per formare delle squadrature perfette, i due personaggi maschili impersonificano le colonne del tempio massonico, Jachin e Boaz, e versano acqua, fonte di conoscenza, da due otri. Le statue - viste in un'ottica più filosofica -incarnano dei soggetti esoterici, intesi come allegoria delle quattro età dell'uomo ma anche le quattro fasi della Conoscenza. Sul retro della statua dell'inverno sono presenti tre bimbi: uno, di cui non si vede il volto, tiene un fascio di pigne, l'altro tiene un grosso pesce, l'ultimo che mostra chiaramente il proprio volto a tutti, ha curiosi capelli che ricordano delle fiamme (forse allusione al sole invicto poichè al Solstizio d'Inverno. Il bimbo, con la mano sinistra, solleva una pelle di montone, allegoria del Vello d'Oro (altra velata indicazione della Pietra dei Filosofi). (tratto da una artico di Marisa Uberti, www.duepassinelmistero.com/)

    "Torino ha un'anima complessa. Torino città operaia. Torino città della Fiat. Torino con la tradizione di città capitale. Torino città italiana, anzi romana, ma anche città alpina, che guarda alla Francia e all'Europa. Torino di Gobetti, di Einaudi, di Bobbio, di Gramsci e dell'«Ordine nuovo», Torino comunista e Torino liberale. Torino col suo carattere, la sua sobrietà, la sua serietà, che non si apre e non si dà tanto facilmente, ma che ti accetta quando si convince che impersoni i suoi stessi valori: l'impegno nel lavoro, una forte cultura civica, un senso del dovere che ti compete, per la parte che hai nella vita della città."
    (Arrigo Levi)


    ...storia....



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    La storia di Torino ha inizio nel III secolo A.C. quando lungo le rive del Po si insediarono le prime tribù "taurine", discendenti dalle fusioni di stirpi celtoliguri con popolazioni galliche migrate oltralpe alla ricerca di pianure coltivabili.
    Nel periodo dell'espansione romana nell'Italia settentrionale l'antico insediamento torinese fu teatro di guerre, rappacificazioni e alleanze con Roma, fino alla fondazione - per decisione di Giulio Cesare - di una vera e propria postazione militare. Torino è entrata nella storia intorno al 27 a.C, con il nome di colonia Augusta Taurinorum, che sorse sull'insediamento di Taurasia, mitica capitale dei Tauri, incendiata da Annibale nella lunga marcia di avvicinamento a Roma, secondo le leggende che circondano la nascita delle città. La fondazione di Augusta Taurinorum rientrò nei piani romani di organizzazione amministrativa e logistica del Piemonte appena conquistato. La colonia doveva essere l'avamposto romano verso le Gallie e al centro delle principali vie di comunicazione dell'epoca verso il mondo transalpino, ai piedi dei principali valichi alpini e all'estremità occidentale della pianura Padana. Alla città venne dato il tradizionale impianto ortogonale delle colonie romane, con isolati quadrati e una struttura muraria quasi quadrata. Se nei primi secoli della sua storia Augusta Taurinorum prosperò nell'Italia pacificata da Roma, con la crisi dell'Impero la sua posizione strategica assunse maggiore importanza, causandole non pochi danni durante il conflitto tra Costantino e Massenzio.

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    Porta principale delle Alpi occidentali, alla caduta dell'Impero Romano, Torino fu poi assoggettata ai Goti, ai Longobardi e ai Franchi che vi stabilirono una Contea (VII sec. dopo Cristo). La crisi dell'Impero coincise con la cristianizzazione del territorio: il primo vescovo di Torino fu S. Massimo; la prima cattedrale, del IV secolo, sorse nei pressi dell'attuale Duomo e scavi recenti ne hanno portato in luce le fondamenta. I secoli seguenti alla caduta dell'Impero furono durissimi per Torino e il suo territorio: primo centro urbano importante incontrato dai barbari nei loro spostamenti, la città fu più volte devastata. L'arrivo dei Longobardi portò relativa quiete: Torino fu capitale di uno dei quattro ducati dell'odierno Piemonte e visse un paio di secoli di sufficiente quiete. Poi l'inevitabile scontro tra Longobardi e Franchi ebbe in Torino uno dei suoi terreni di battaglia. Dopo la sconfitta dei Longobardi e l'ascesa dei Franchi la città divenne sede giudiziaria. In quel periodo la vita cittadina fu dominata dai monasteri e dalle figure carismatiche dei suoi vescovi, tra i quali Claudio, coinvolto anche in spedizioni contro le incursioni saracene che pochi anni dopo, nel X secolo, avrebbero decretato la rovina della potentissima Abbazia di Novalesa, in val di Susa. Il X secolo determinò anche una delle trasformazioni più importanti del territorio piemontese e Torino divenne il centro principale della marca ceduta da re Berengario II ai conti di Auriate e comprendente la val di Lanzo, l'Astigiano e la costa compresa tra Finale Ligure e l'odierno Principato di Monaco. L'avvento al marchesato di Adelaide spostò gli interessi della famiglia verso la valle di Susa, facendo proprio di Susa il centro più importante del suo territorio. E lo spostamento degli interessi fu sottolineato dal matrimonio di Adelaide con Oddone di Moriana, appartenente alla dinastia che governava l'altro lato del Moncenisio e che avrebbe poi dato vita ai Savoia.
    Seguì un lungo periodo in cui i Savoia si inserirono in un complesso gioco di forze che vide Impero, vescovi, feudatari e organismi del nascente Comune intrecciarsi e contrapporsi in un continuo alternarsi di lotte e alleanze, fino a quando Torino fu concessa in feudo ai Savoia dall'Imperatore Federico II.
    Con l'unificazione amministrativa e politica di tutte le province sabaude all’inizio del quindicesimo secolo i Savoia assegnarono a Torino il ruolo di capitale. Nel 1536 fu la volta della dominazione francese ad opera di Francesco I.
    Trent'anni dopo il Duca Emanuele Filiberto riottenne Torino per la casa di Savoia decidendo, per ragioni politiche, di trasferirvi la capitale del suo regno da Chambery. Nel 1620 Carlo Emanuele I diede avvio al primo ampliamento di Torino. Questa prima fase dello sviluppo portò a quel modello di città "ordinata" con strade e grandi corsi allineati divenuto poi la sua caratteristica principale.
    È questo il periodo più fecondo nella storia di Torino: una stagione di arte e cultura che abbraccia due interi secoli. Tra il Seicento e il Settecento la città assunse la fisionomia di una capitale rigorosa e austera che riservava il lusso e lo sfarzo all'interno degli edifici di governo e nobiliari.
    Tre gli ampliamenti successivi della città (1620, 1673, 1674) - un esempio del razionalismo urbanistico sei-settecentesco. Gli anni della dominazione francese diedero inizio nei primi anni del diciannovesimo secolo allo smantellamento della cinta fortificata che coincise con la fine del modello sabaudo di città, capitale dell'assolutismo.
    La grande svolta si verifica subito dopo la proclamazione dell'Unità d'Italia.
    Il periodo risorgimentale la porterà nel 1861 sino al 1864 ad essere capitale del Regno d'Italia. A cavallo del ‘900 la città vive un grande impulso economico e diventa una delle grandi capitali industriali del mondo. Nel 1899 nasce la FIAT, vengono costruiti gli stabilimenti del Lingotto e di Mirafiori.

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    "Prima dell'Italia unita, il mondo conosceva un caledoiscopio di regni litigiosi: la Roma una volta imperiale, il mondo dell'acqua di Venezia, la Firenze di Michelangelo, la Milano lirica. Ma l'Italia, la nazione, incomincia nei suoi cieli, al suo passaggio nord-occidentale dove montagne dipinte alla perfezione si scontrano con una città dalle invenzioni tumultuose. Dove s'intrecciano sofferenza e libertà, dove sui pendii sono stati costruiti castelli ed erette fortezze verso il cielo, per resistere agli invasori sapendo che sarebbero venuti. A queste altitudini, grazie a cuori coraggiosi mai conquistati, è nato il miracolo unificatore – il Risorgimento – la nascita dell'Italia. Il primo parlamento, una nuova bandiera, cugini dalle lunghe dispute ne ha fatta una, succede qui, all'ombra di queste Alpi ghiacciate, in mezzo a piazze spaziose e portici senza fine, nello splendore barroco della città a lungo assediata, Torino.
    Le storie degli atleti iniziano dove l'Italia è nata: dove la resistenza a lungo ha prosperato, le guerre sono scoppiate e poi terminate, dove un caleidoscopio di regni fu infine riunito in una città di maestà e santità, dove la competizione fa scoccare la scinttilla della passione, una città dalla succulenta eleganza e velocità elegante, dove la grandezza è nata da visioni senza paura e devozioni incondizionate. A nord di Roma e Firenze, ad ovest di Venezia e Milano, il mondo arriva alle altitudini alpine dell'Italia. Il mondo arriva ad ascoltare storie antiche e nuove... le storie di Torino. (Da The world comes to Torino, 2006)



    Edited by gheagabry1 - 2/12/2019, 12:16
     
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