IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 4° ... SETTIMANA 24 ...

LUNEDI' 10 GIUGNO- DOMENICA 16 GIUGNO 2013

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    BUONGIORNO GIORNO ... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE …


    Edizione Giornale Anno 4° SETTIMANA 024 (10 Giugno – 16 Giugno 2013)









    RIFLESSIONI


    ... MILITARI E BAMBINI …
    ... Riflessione di inizio settimana; difficile anche questa volta perchè sento il bisogno di parlare di un fatto di cronaca che ieri a oscurato il cielo dei nostri pensieri. L’Italia piange un altro militare caduto, ucciso in Afghanistan mentre svolgeva il lavoro che la comunità internazionale ha attribuito ai nostri militari. Aveva 31 anni il militare italiano ucciso, Giuseppe La Rosa, un capitano mandato in quelle terre per proteggere la popolazione dai radicalismi religiosi e politici che spesso infiammano quelle popolazioni. Come sempre mi asterrò dal giudicare la cosa dal punto di vista se è giusto o meno che eserciti di altre nazioni debbano presidiare una altro stato nel nome della civiltà e democrazia o presunte tali. Sono ragionamenti complessi quelli che lascio volentieri a chi di quelle cose scrive per mestiere e quindi certo con una maggiore cognizione di causa rispetto alla mia; la cosa che però trovo davvero come un segnale che fa male è che la bomba che ha ucciso il capitano La Rosa è stata gettata da un bambino di 11 anni. I talebani urlano al gesto eroico e indicano il bambino come un eroe; questo ai mei occhi è il segno tangibile che semmai un compito sociale avrebbero dovuto avere queste missioni, questo gesto annulla ogni pretesa in questo senso. Fa male pensare ad un bambino che invece di giocare come fanno tutti i suoi coetanei nel mondo, lancia bombe e causa morti e lutti. Ovviamente non è il bambino il colpevole; lo sono le persone che ne carpiscono la genuina bontà d’animo tipica di quella età e la mettono al soldo di ideali e strategie per perseguirli. Piangiamo per la morte di uno nostro connazionale, piangiamo per la fine di una vita causata da motivi lontani da noi, piangiamo per un altro bambino che da ieri non lo è più e forse non lo è mai stato perché usato dai grandi; ma soprattutto oggi ci stringiamo al dolore dei familiari di Giuseppe La Rosa ... Buon Giugno a tutti e, come sempre, Buon risveglio amici miei …
    (Claudio)






    Afghanistan: attacco a militari italiani, un morto. Talebani: 'Bomba lanciata da un ragazzino'.
    I talebani: 'Gesto eroico di un undicenne'. Vittima il capitano Giuseppe La Rosa, 31 anni. Sarebbe stato un ragazzino di 11 anni a lanciare la bomba a mano nel Lince a Farah nell'attentato costato la vita al capitano Giuseppe La Rosa. La rivendicazione dell'agguato da parte dei talebani parla infatti dell'azione compiuta da un "coraggioso, eroico ragazzino afghano di 11 anni che ha lanciato la granata".

    Attacco contro i militari italiani in Afghanistan: uno e' morto, tre sono rimasti feriti. La vittima è un ufficiale dell'Esercito, un capitano dei Bersaglieri. La vittima è il capitano Giuseppe La Rosa, 31 anni, celibe, originario della Sicilia ed effettivo al terzo reggimento bersaglieri della Brigata Aosta.

    E' avvenuto in mattinata nella zona di Farah, l'area più meridionale e a rischio del settore ovest dell'Afghanistan affidato al controllo dei militari italiani, l'attacco. Secondo quanto si è appreso, "elementi ostili" hanno attaccato un Lince che stava tornando alla base di Farah dopo aver svolto un'attività congiunta con i militari afghani. La dinamica dell'attacco è ancora in corso di accertamento.

    L'attacco ai militari italiani in Afghanistan è avvenuto "nella mattinata di oggi, alle 10.30 locali (le 7 italiane)", quando "un VTLM Lince appartenente ad un convoglio del Military Advisor Team della Transition Support Unit South (TSUS) che stava rientrando nella base di Farah, dopo aver svolto attività in sostegno alle unità dell'esercito afghano, è stato oggetto di un attacco da parte di elementi ostili a seguito del quale un militare italiano è rimasto ucciso ed altri 3 hanno riportato ferite". E' quanto afferma lo Stato maggiore della Difesa, in una nota. Sono in corso accertamenti, prosegue il comunicato, per chiarire la dinamica dell'accaduto.

    La dinamica dell'attentato e' ancora in corso di accertamento: secondo le prime informazioni, tuttavia, un uomo che indossava un'uniforme dell'esercito afgano si sarebbe avvicinato al Lince, buttando all'interno una bomba a mano. Lo Stato maggiore della Difesa conferma che "un elemento ostile ha lanciato un ordigno esplosivo all'interno del primo dei tre mezzi del dispositivo della TSU south. Il mezzo, presumibilmente rallentato dal traffico nei pressi di un incrocio, dopo l' esplosione rientrava autonomamente presso la base di Farah".

    Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profonda commozione la notizia del tragico attentato in cui ha oggi perso la vita un militare dell'Esercito Italiano e altri tre sono rimasti feriti, mentre svolgevano i propri compiti operativi nella missione ISAF in Afghanistan, esprime i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei familiari del caduto, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese. Il Presidente Napolitano formula l'accorato auspicio che i militari feriti nell'attacco possano superare questo momento critico. Lo rende noto un comunicato del Quirinale.

    Il ministro della Difesa, Mario Mauro, ha espresso "profondo cordoglio" per la morte del militare italiano. Mauro, nel rivolgere "sentimenti di grande vicinanza alla famiglia del caduto", ha auspicato "pronta guarigione per gli altri tre soldati rimasti feriti, sulle condizioni di salute dei quali viene tenuto costantemente informato dal capo di stato maggiore della difesa".

    ''Esprimo il mio cordoglio alle famiglie. Continuiamo a pagare un pesante tributo per costruire la stabilizzazione di quell'area". Il presidente del Senato, Pietro Grasso ha commentato le notizie dell'attacco ai nostri militari che arrivano dall'Afghanistan. "Faccio i miei auguri di pronta guarigione ai feriti. Ed invio un ringraziamento a chi opera a Herat e Kabul dove ci sono i nostri militari", ha aggiunto.

    "Esprimo il profondo dolore mio e di tutta la Camera dei Deputati per le drammatiche notizie dall'Afghanistan, prova ulteriore del pesantissimo tributo che anche i militari italiani continuano a pagare. Sono vicina con affetto ai familiari del capitano ucciso questa mattina nella zona di Farah, e spero in una pronta guarigione per i suoi commilitoni rimasti feriti". E' quanto afferma la presidente della Camera, Laura Boldrini, in un comunicato.(Ansa)




    CAREZZE AL RISVEGLIO


    ... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
    ... L’esperimento fatto da più di un anno mi è piaciuto e credo sia piaciuto a molti. Per cui continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
    (Claudio)





    Le Poesie più belle di tutti I tempi

    Poesie del Mare

    Mare colore

    Mare fanciullo insaziato di giuoco,
    vecchio mare insaziato di pianto,
    tu che sei lampo e fango
    e cielo e sangue e fuoco,
    oggi hai lasciato alle lente rive
    orgoglio e forza, gaiezza e dolore:
    oggi non sei che colore,
    un bel colore che vive.

    (DIEGO VALERI)



    Favole Dal Web

    Fine di Maggio di un pazzo

    Ladislao Robustiniani, pazzo tranquillo. La sua vita è stata un continuo prendere posizione di fronte a se stesso, un tormento di squadrare il suo spirito, scinderlo nei suoi elementi, analizzarlo, disegnarlo a linee rette e linee curve, trovarne il principio, il mezzo, la fine.
    L'hanno ritirato in questa piccola casa di salute provinciale da cui si può ammirare il lago Maggiore, il grande Verbano dalle acque azzurre, come uno specchio ove il tempo abbia scavato rughe e solchi mutabili.
    Pazzo tranquillo. Alto, magro, lo sguardo assente e la smorfia cinica. Attraverso i suoi calcoli è venuto alla convinzione d'essere Dio, l'Alfa e l'Omega di cui parla Giovanni nell'Apocalisse.
    Questa è l'ultima sera di maggio: le nubi distendono fantasie bizzarre sui monti bruni ed illimitati.
    Ladislao Robustiniani sta seduto sulla terrazza belvedere. Guarda malinconicamente il lago tranquillo e le policromie del tramonto.
    Gli sembra che il sole stia per precipitare in un mare di sangue, rosso dell'orgia d'un popolo oltreumano che beva l'oblio della notte.
    Guarda le bizzarre nubi che si raccolgono meste attorno al sole.
    Fin da ragazzo Ladislao Robustiniani ha avuto una mania geometrica delle posizioni chiare, delineate, sicure, che si potessero abbracciare d'un colpo solo.
    Avvertiva nella sua anima un tumulto di aspirazioni e di passioni che lo trascinava e gli dava quasi un senso di sgomento. Sentiva in sé qualche cosa di cui aveva paura, che gli sfuggiva, che non rientrava nel suo sguardo di osservazione. Si ripiegava su se stesso, si studiava, si diceva:
    «lo sono così, così e così!».
    Con frenesia. Con ira. Voleva scoprire tutto se stesso ai propri occhi: poter esprimere la propria essenza, con una frase sola. Gli pareva, a volte, di conoscersi molto bene e di avere ciononostante una opinione errata di se stesso.
    Sentiva in sé un secondo essere, un paradossale doppio-io su cui con curiosità e con avidità sperimentava la sua psicologia geometrica.
    Professore di matematica in una scuola milanese, stimato assai dai colleghi per la chiarezza delle sue sintesi e delle sue risposte a teoremi complicati; e l'immenso desiderio di conoscersi, crebbe in lui spaventosamente.
    La follia incominciò sui venticinque anni.
    Vegliava le notti intere, la testa fra le mani, cercando la proposizione che gli desse in modo esatto ed elementare il suo tormento d'uomo.
    S'era innamorato d'una giovane donna di dubbia moralità e studiava il suo amore come un anatomico studia il suo pezzo.
    Tormento delle piccole cose; rimorso di desideri soddisfatti e di piaceri ottenuti; rabbioso lavoro pel pane quotidiano; continuo contatto con l'umanità che gli pareva stupida ed equivoca.
    Ma sotto tutto questo egli sentiva qualche cosa di diverso, d'indefinito, d'indefinibile, d'infinito. Si sorprendeva talvolta a meditare su linee rette tracciate a caso o su un calamaio rovesciato.
    Ebbe paura dell'incipiente follia. Divenne strano e cupo. L'anormalità del suo contegno lo fece oggetto di sospetti e di leggende. Si diceva che avesse ucciso, che il suo passato fosse una tragedia continuata: lo si guardava come si guardano i geni o i pazzi.
    Tuttavia a trent'anni si sposò. A trentuno ebbe dalla donna sua un figlio che chiamò Giovanni, dal nome del profeta di Patmos di cui conosceva il libro a memoria, di cui leggeva le pagine fremendo ed esaltandosi.
    Avrebbe potuto rinascere alla semplicità in quel piccolo fardello di carne che gli veniva di lontano. Avrebbe potuto annientarsi in quella vita nuova: invece con la nascita di Giovanni si fece più cupo e selvatico. Considerò per un anno se avesse fatto bene o male a mettere al mondo il ragazzo. Ora due elementi nuovi d'ignoto erano entrati nella sua anima: la donna ed il bimbo. Egli si sentiva ora triplice: uomo, marito, padre.
    Ebbe fretta di tirare delle conclusioni. Per semplificare le cose, le confuse, le ingrandì, le spinse ai limiti. Ora non sapeva più nemmeno a che cosa pensasse.
    Ben presto la sua passione per la moglie si spense. Si separarono tranquillamente, la donna tenne con sé Giovanni.
    Cos'era ormai, del resto, Giovanni per lui? Carne. Non anima. Come poteva aver dato vita ad un'anima egli che non sapeva definire la propria?
    Si sentì più libero quando fu solo.
    Pensò che se indefinibile era la sua anima, essa non esisteva. Od era qualche cosa di più di un'anima umana: Dio?
    La lenta evoluzione della sua follia lo portava ormai a considerarsi diverso, sostanzialmente dal resto dell'umanità.
    Matematicamente doveva concludere d'essere Dio.
    Lo scoperse una notte che dopo lunghe ore di meditazione aveva tracciato inconsciamente una retta.
    La fissò, stupefatto come se non avesse fatto altro che tracciar rette e curve nella sua vita.
    La fissò impaurito come davanti a qualche cosa di misterioso, d'inconcepibile, d'assoluto. Questo egli era dunque! Una linea retta, senza principio né fine, di cui né le sue meditazioni avevano potuto fissare le dimensioni, né l'amor famigliare era riuscito a fare un cerchio chiuso senza espansioni: Dio! «L'Alfa e l'Omega» dell'Apocalisse, «il principio e la fine Colui che è, che era e che ha da venire, l'Onnipotente».
    Nel delirio si alzò, si guardò le mani, sfissò nello specchio gli occhi sbarrati come l'ultima luce nel l'abisso della morte, mormorando: «Dio!... Dio!». Poi cadde pazzo per sempre.
    Il pazzo contempla il crepuscolo. Vaghe ombre si sono abbassate sul lago, sui villaggi, sui monti bruni ed illimitati.
    Nel suo cuore vaga stasera un desiderio, indefinibile, perché ormai il suo destino è di non potersi più definire. Uno sconfinato desiderio nuovo. Egli sta seduto, osservando con lo sguardo melanconico.
    Ha quarant'anni e ne dimostra sessanta.
    La sua melanconia è tragica. Lo divora senza ch'egli se ne possa rendere conto.
    Ora sale dalla vallata vicina un lento rintoccare di campane. I villaggi cantano in quelle pure voci di bronzo la loro pace feconda.
    Giungono quassù profumi d'incenso ed echi di canti.
    L'ultima sera di maggio il popolo si raduna nelle chiese a cantare le glorie di Maria. Dicono le litanie e suonano le campane. Un patriarcale inno d'amore sale da tutte le valli a questo pazzo tranquillo che ascolta le voci della sera.
    Egli si scuote. Aveva forse bisogno della dolcezza inesprimibile di questo suono? …Don…don…don.
    Egli che non ha amato mai nessuno all'infuori di se stesso. È forse questa la sua colpa? Non avere amato e sentire il bisogno dell'amore nel fondo dell'anima.
    Si scuote. Si lascia cullare a lungo da questa musica che gli potrebbe richiamare la prima - Ave Maria! - e non gli può richiamare più nulla, ma lo culla e lo accarezza come una mano stanca.
    Quando le campane tacciono e l'infermiere, venuto tacitamente a farlo rientrare, gli posa una mano sulla spalla e si china piano piano su di lui, nei suoi occhi è una lacrima.
    La prima.
    L'ultima.
    Domani Ladislao Robustiniani tornerà a credere d'avere creato Adamo, Napoleone e Dante.

    (Gianni Rodari)



    ATTUALITA’

    Maturita', sempre 'bufale' le tracce anticipate.
    Quelle vere conservate in un server del ministero a prova di hacker. Puntualmente qualche giorno prima dell'esame di maturita', se non durante la fatidica notte che lo precede, iniziano a circolare in Rete le tracce che i maturandi si troveranno di fronte nei giorni degli scritti. Peccato che in realta' si tratti di vere e proprie bufale, smentite alla prova dei fatti il giorno successivo. Non e' mai successo infatti che le tracce circolate in rete fossero delle anticipazioni reali. A spiegarlo e' Skuola.net, che, attraverso i suoi archivi, ricostruisce i casi piu' clamorosi, uno dei quali creo' tanto scalpore da far intervenire il Ministero dell'Istruzione.
    - GABRIELE D'ANNUNZIO VS PRIMO LEVI - Nel 2010 un noto sito per studenti pubblico' le presunte tracce della prima prova diverse ore prima del suo inizio, con tanto di logo e codici ministeriali. Stando a quanto affermato dal portale, i maturandi si sarebbero dovuti cimentare in un'analisi del testo relativa alla poesia 'I pastori' di Gabriele D'annunzio. Probabilmente, quella sera migliaia di studenti si sono riversati sui loro manuali di letteratura per ripassare al meglio qualche particolare sulla vita del poeta. Proprio grazie a questo, un maturando ha rilevato che i quesiti sul testo erano stati ripresi pari pari da un libro di letteratura. Bufala svelata e tempo perso per molti. Il giorno dopo la vera traccia relativa all'analisi del testo ha chiesto ai candidati di lavorare su un testo di Primo Levi tratto dalla prefazione de 'La ricerca delle radici'. Ma intanto il caso era montato, costringendo il Ministero a un comunicato stampa che ha definito queste tracce ''assolutamente false''.
    - LA VERSIONE DEL 2011, SENECA CONTRO SENECA - L'anno dopo, nel 2011, lo stesso sito ha deciso di ripetere l'impresa dell'anno precedente. Questa volta oggetto della bufala non fu la prima, ma la seconda prova degli studenti del liceo classico. A detta del portale i maturandi classici avrebbero dovuto affrontare una versione di latino di Seneca dal titolo: 'Il tuo sangue non sgorga da un corpo incolume'. Quell'anno la notizia si diffuse rapidamente tramite diverse agenzie stampa, tanto da far intervenire il Ministero dell'Istruzione attraverso un comunicato che recitava: ''La presunta traccia di latino pubblicata dal sito xxx e ripresa da alcune agenzie di stampa e' assolutamente falsa. Si tratta di invenzioni che si ripetono identiche ogni anno, prive di qualsiasi fondamento''. Infatti, il giorno dopo i maturandi del liceo classico affrontarono una versione si' di Seneca, ma dal titolo: ''Il vero bene e' la virtu'''.
    - 'IL MINISTERO LE HA CAMBIATE' - In entrambi i casi, i presunti vati del web hanno giustificato le bufale, costruite ad arte, affermando di essere loro in possesso delle vere tracce e che era stato il Ministero, a causa della soffiata, a cambiarle notte tempo. Peccato che il vecchio plico cartaceo con cui venivano consegnate le tracce, aveva bisogno di tempo per essere stampato e veniva recapitato sigillato alle caserme delle forze dell'ordine qualche giorno prima delle prove.
    - TRACCE PRIMA DELLA MATURITA'? IMPOSSIBILE - Anche oggi, con le tracce trasmesse per via telematica, e' praticamente impossibile entrare in possesso delle stesse prima dell'inizio degli esami. Infatti, dopo essere state formulate, queste vengono conservate nei server del Ministero e protette da password lunghe, molto complicate e a prova di hacker: una in possesso delle scuole, l'altra all'interno della scrivania del Ministro dell'Istruzione, dove rimarra' fino alle 8.30 del giorno degli scritti, quando la comunichera' alle scuole dando il via all'Esame di Stato. (Ansa)




    Ora i temporali, estate da metà mese.
    Da martedi' sole e graduale aumento delle temperature. Il weekend iniziato con un assaggio d'estate non avrà lo stesso epilogo: "Al centronord e sulla parte settentrionale della Sardegna, oggi e domani sono previsti temporali veloci ma violenti.

    La caratteristica di queste piogge saranno i "Flash Thunders", ovvero acquazzoni molto violenti locali spesso anche associati a grandine, alternati a momenti di schiarite". Questa situazione meteorologica instabile - prosegue l'esperto- " sarà presente anche nella giornata di lunedì a causa del passaggio di una perturbazione atlantica".

    Buone notizie da martedì in poi, quando finalmente sullo Stivale si espanderà l'Anticiclone delle Azzorre che - prosegue Sanò- "garantirà almeno una settimana di clima estivo, non troppo afoso.

    "E dopo metà mese arriverà la tanto sospirata estate con "aria più calda pompata dall'Anticiclone "ADE". Al centrosud le giornate saranno estremamente calde e bollenti, " conclude l'esperto.(Ansa)





    Venezia, protesta contro le grandi navi.

    Migliaia in laguna, ci sono stati attimi di tensione. Un centinaio di barche ha occupato a Venezia lo spazio acqueo prospiciente San Basilio per continuare la manifestazione contro il passaggio delle grandi navi nella laguna. Molta gente si è assiepata sulle rive del canale della Giudecca per assistere alla protesta, per la quale è stato anche noleggiato un vaporetto dell'Actv, la linea di trasporto veneziana, che porta i manifestanti da una sponda all'altra dello stesso canale. A ostacolare l'iniziativa, che segue quella attuata a terra in mattinata davanti alla stazione marittima, il forte vento e la pioggia. I manifestanti avrebbero intenzione di attendere l'uscita da Venezia delle grandi navi da crociera, prevista in serata, per concludere la protesta.

    Secondo i calcoli delle forze dell'ordine, sarebbero in tutto una quarantina le imbarcazioni schierate nel canale della Giudecca. Una protesta vivace, colorata, punteggiata da molte bandiere, che non ha visto ripetersi, come accaduto in mattinata, episodi di tensione. L'iniziativa del comitato No grandi navi sta impedendo al momento l'uscita da Venezia delle navi da crociera in partenza, mentre è regolare il traffico di traghetti e mezzi di trasporto pubblico.

    In mattinata ci sono stati anche attimi di tensione durante la manifestazione organizzata dal comitato No Grandi Nav. L'iniziativa di protesta, al grido "Non prendete quella nave" è partita alle 10 da Piazzale Roma, dove vi è stato il concentramento dei manifestanti, indicati dagli stessi organizzatori in varie centinaia. Ora i rappresentati del comitato, a cui si sono affiancati gruppi no global, sono fermi alla rotonda che porta all'isola del Tronchetto e al terminal marittimo. I manifestanti riferiscono che si sono verificati alcuni tafferugli. Secondo quanto comunicato dalle forze dell'ordine, sono stati bloccati alcuni tentativi di forzare i controlli al varco d'accesso del terminal. La presenza delle forze dell'ordine sta garantendo il regolare ingresso dei lavoratori nel porto. Nel pomeriggio, sempre nell'ambito delle iniziative del comitato, è previsto un corteo acqueo di protesta.(Ansa)




    ANDIAMO AL CINEMA



    Slow Food Story




    locandina


    Un film di Stefano Sardo. Con Carlo Petrini Documentario, durata 74 min. - Italia 2013

    Un lider maximo, Carlo Petrini detto Carlìn, e il suo progetto visionario che, assumendo varie forme nel corso del tempo, arriva a rivoluzionare davvero il modo di pensare il rapporto con il cibo e con le materie prime.
    Sardo racconta la genesi del movimento internazionale Slow Food mescolando storia e mito. Si principia, non senza ironia, dai genitori di Carlìn, Maria e Giuseppe, e dalla tata Gola: il destino leggendario sembra dunque scritto fin dalla culla, ma il documentario –ed è questo l’aspetto che lo rende più interessante- non pare interessato ad approdare in fretta allo stato attuale e glorioso delle cose (con 150 paesi del mondo coinvolti nel progetto), bensì a ripercorrere soprattutto lo scenario privato e amicale che, tra goliardia e utopia, impegno e savoir faire, ha portato un piccolo gruppo di amici di provincia a capo di un impero.
    Con limpida onestà, il regista mette in chiaro che si tratta anche di una storia famiglia, poiché il padre, intervistato, è da sempre un sodale di Petrini, e lo fa con gli strumenti del cinema: proponendo la visione di una serie di home-movies, cosiddetti filmini “di famiglia”, appunto, che ribadiscono il più possibile le origini pure e divertite del progetto e la natura vulcanica e “spettacolare” di Carlìn e soci (Azio Citi in primis). Ecco allora scorrere le immagini scolorite ma vivaci dell’esperimento politico e giovanile di Radio Bra Onde Rosse, di quello sociale (ma già ispirato ad un recupero della tradizione che poi diverrà programmatico) di Canté i'euv, ed ecco, silenziosa, tessersi la narrazione che lega dentro una continuità ideale, ma senza dubbio anche reale, questi primi episodi spontanei a quelli via via più maturi e imprenditoriali dell’Arcigola (1986) e del Salone del Gusto di Torino, fino all’istituzione della prima Università di Scienze Gastronomiche al mondo e all’inserimento di Carlìn tra gli eroi in grado di salvare il mondo secondo la rivista “Time”.
    Se la prima parte è indubbiamente la più appassionante, alla seconda, che racconta l’oggi, va il merito di saper restare legata alla narrazione e agli intenti iniziali e di non scivolare mai nell’illustrazione o, peggio, nella promozione. Non si trovano marche, nomi, esibizionismi in surplus: Sardo è conscio che l’oggetto del film, in questo senso, si basta, e preferisce dar spazio ai volti, ai colori, alle parole, tanto a quelle domestiche dell’amica d’infanzia che a quelle ufficiali del principe Carlo d’Inghilterra, in un’altalena tra micro e macro che si conferma essere sia la cifra del film sia il segreto del successo che racconta.


    Video


    (Lussy)





    ... CURIOSANDO E RACCONTANDO …


    Si sa cos’è Villa Carlotta: una squisita dimora principesca che sta a dominio d’una delle più splendide delizie del mondo: la Tremezzina
    (Carlo Linati -1878–1949- nelle Passeggiate Lariane)


    VILLA CARLOTTA



    Incastonata tra alte montagne e incantevoli scorci sulla penisola di Bellagio, la villa è una delle più famose del Lario, sorge su una collina morenica sulla sponda occidentale del Lago di Como, ad un’altitudine di 201 metri sul livello del mare, e occupa una superficie di 70.000 metri quadrati.
    Villa Carlotta, voluta dal marchese Giorgio Clerici alla fine del 1600, si trova in un contesto naturalistico fra i più belli del Lago di Como con vista sulla penisola di Bellagio e le dolomitiche Grigne e con i suoi 70.000 mq, fra giardini e strutture museali, è la meta ideale per una visita che unisce arte e natura. Articolata su tre piani, di cui due visitabili, la Villa è circondata da un giardino all'italiana con alte siepi, fontane, statue, giochi d'acqua ed uno straordinario pergolato di agrumi, voluto dal già citato Clerici. A questo si aggiunge il romantico Parco all'inglese con grotte, vialetti e suggestivi scorci panoramici, fatto realizzare da Gian Battista Sommariva, subentrato nella proprietà della dimora agli inizi dell'Ottocento. Egli, collezionista d'arte ed amico di Napoleone, impreziosì la Villa di capolavori, fra i quali opere di Canova e di Thorvaldsen, come Amore e Psiche, Tersicore ed il Fregio con i Trionfi di Alessandro Magno e dipinti, come l'Ultimo bacio di Romeo e Giulietta di Hayez, manifesto dell'arte romantica italiana, esposti nel piano inferiore dell'edificio.
    Al piano superiore, dotato di un'elegante galleria, c'è la Camera di Carlotta, da cui la Villa prende il nome. Figlia della principessa Marianna di Nassau, Carlotta ricevette la dimora come dono per le sue nozze con Giorgio II, duca di Sachsen-Meiningen, alla metà del XIX secolo. Fu quest'ultimo, grande appassionato di botanica, a realizzare il giardino paesaggistico di grande pregio storico-ambientale che oggi comprende oltre 500 specie vegetali.
    Passeggiando fra i viali di inciottolato e ghiaia del Parco si incontrano il Giardino Roccioso, la Valle delle Felci, il Bosco di Rododendri, il Giardino di Bambù, antichi esemplari di camelie, sequoie secolari ed il Museo degli Attrezzi Agricoli, ospitato all'interno della serra. Imperdibili le splendide fioriture primaverili di rododendri ed azalee in oltre 150 varietà.


    ....la storia....



    La villa venne edificata, come casa di campagna, intorno al 1690 per volere del marchese Giorgio II Clerici; la famiglia Clerici, originaria probabilmente della zona, si era straordinariamente arricchita grazie alle attività di Giorgio I e dei figli: Pietro Antonio, che ottiene il titolo di marchese, e Carlo, che lascerà al figlio Giorgio II palazzi, ricchezze e una posizione sociale di rilievo. Senatore dal 1684 e nel 1717 presidente del Senato, Giorgio II concepì la villa di Tremezzo come manifesto del successo famigliare. Per mancanza di parenti prossimi, a Giorgio II successe il pronipote, Antonio Giorgio, che ereditò a ventun anni la grande fortuna del bisnonno e che terminò l'edificazione della villa.
    Antonio Giorgio, marchese di Cavenago, barone di Sozzago, cavaliere del Toson d'oro e patrizio milanese, fu un personaggio affascinante: estroso, generoso, prodigo, dissipatore, erede di una fortuna colossale, proprietario di un reggimento di fanteria mantenuto a proprie spese, fu protagonista di un fasto da leggenda. Committente di artisti famosi, tra cui il Tiepolo, morì nel 1768, avendo ormai dissestato il suo patrimonio. I beni rimasti passarono a un ramo cadetto della famiglia; la villa di Tremezzo invece giunse all'unica figlia, Claudia, sposa del conte Vitaliano Bigli, che la vendette nel 1801 a Gian Battista Sommariva. Gian Battista Sommariva (1760-1826) è uno degli uomini nuovi emersi dopo la rivoluzione francese, in un'epoca di profondi rivolgimenti politici e sociali. Al sopraggiungere degli Austriaci nel '99, riparò in Francia, dove coltivò amicizie importanti, come quella con Napoleone Bonaparte. Ritornò a Milano al rientro dei Francesi ed entrò a far parte della Commissione straordinaria di Governo e della Consulta durante la seconda Repubblica Cisalpina. In questi anni accumulò ingenti ricchezze, venne nominato conte e poi marchese.

    Al nascere della repubblica italiana nel 1802, confidava di diventarne il vicepresidente; gli fu invece preferito Francesco Melzi, suo grande rivale, e la sua carriera politica venne bruscamente interrotta. Come massima forma di rivincita sociale, decise di divenire collezionista d'arte, trasformando la villa di Tremezzo in un vero museo con opere d'arte antiche e moderne, di pittura e di scultura che attiravano visitatori illustri da ogni parte d'Europa. Alla sua morte l'unico figlio sopravvissutogli, Luigi, naturalizzato francese, ereditò i beni paterni. Prematuramente scomparso senza discendenti Luigi lasciò il proprio patrimonio alla moglie Emilia Seilliére, di nobile famiglia francese, ed ai parenti secondari.
    A seguito delle vicissitudini che colpirono la famiglia Sommariva, nel 1844 la villa di Tremezzo venne ceduta, con quel poco che rimaneva della celebre raccolta d'arte ottocentesca, alla principessa Marianna di Nassau, moglie del principe Alberto di Prussia per il prezzo di 780.000 lire.

    L'intera proprietà venne donata dalla coppia alla figlia Carlotta in occasione delle nozze con il principe ereditario di Sassonia Meiningen, il duca Giorgio II. Giorgio, nato a Meiningen nel 1826, era un uomo colto e dai molteplici interessi; profondamente appassionato di belle arti e artista egli stesso, amante della musica, studioso di storia e letteratura, mecenate del teatro; egli aveva conosciuto Carlotta, nata a Berlino nel 1831 - giovane intelligente, molto dotata per la musica, interessata, come lui, al teatro - e se ne era presto innamorato. Quello che le cronache dell'epoca non esitano a definire un matrimonio d'amore - lontano dalle logiche di potere e di palazzo - venne celebrato, dopo un breve fidanzamento, il 18 maggio 1850. Dopo quattro anni felici e allietati dalla nascita di tre figli, nel 1855 Carlotta morì prematuramente.
    Alla morte di Carlotta , la villa passò in eredità al marito Giorgio II, ma dopo la Prima Guerra Mondiale, con la sconfitta della Germania, Villa Carlotta fu incamerata dallo Stato Italiano. Successivamente, fu creato l'Ente Villa Carlotta, che ancora oggi ne cura la gestione, e la villa fu aperta al pubblico.

    ..il giardino..



    Il parco di villa Carlotta (circa 8 ettari visitabili) è luogo di grande fascino, non solo per la posizione panoramica particolarmente felice, ma anche per l'armonica convivenza di stili, la ricchezza di essenze, le suggestioni letterarie che ne fanno una meta imperdibile per chi giunge sul lago di Como.

    La veduta dalla Villa spazia dal Legnone, massima vetta delle Prealpi lombarde (2609 metri) alle dolomitiche Grigne, al San Primo, alla penisola di Balbianello, nonché alle cittadine di Varenna e Bellagio.
    Il parco di villa Carlotta accoglie i visitatori con le sue tre anime: il giardino all’italiana di origine settecentesca, prospiciente la riva del lago; il parco all’inglese, di metà ottocento; l’orto botanico di derivazione tardo ottocentesca. L’intero complesso, famoso per la fioritura primaverile di rododendri e azalee in oltre 150 varietà, annovera tra le piante maggiori esemplari di Pseudotsuga menziesii, Sequoiadendron sempervirens, Cedri del Libano, deodara e atlantica, Calocedrus decurrens, Pinus strobus, Montezumae, silvestris, nigra, cipressi, araucarie, platani immensi, betulle, tulipiferi, faggi purpurei e penduli, lecci, alberi del sughero, della canfora e della mirra, magnolie grandiflora e soulangiana, aceri giapponesi, la rarissima Stewartia pseuocamellia, la prestigiosa Gunnera e l’Aralia papyrifera dalle enormi foglie, il papiro e il banano, la pianta del te e varie camelie, tra le quali grandi esemplari di antiche varietà; Eucalipto, Callistemon e Casuarina per la flora australiana, le felci arboree della Nuova Zelanda, Cycas, Dasylirion e agavi, una prestigiosa raccolta di cactee e di palme, gli hibiscus rosa-sinensis dai vistosi fiori, le bougainvillee, lauri e gelsomini, il mirto, il melograno, l’Olea fragrans, le sorprendenti gallerie di agrumi, numerose piante tropicali tra cui le bromeliacee e le orchidee, e un grande numero di piccoli arbusti. Il patrimonio botanico supera le 500 specie e varietà, oltre alle piante annuali da fiore e da fogliame decorativo e alle bulbose. Il tutto inserito in un contesta naturale pazientemente plasmato da architetti ottocenteschi che hanno saputo sfruttano con abilità l’andamento del terreno, creando cannocchiali e sempre nuove vedute.
    (giardinaggio.it)

    ....nella letteratura....


    Stendhal (1783-1842) che dopo aver decantato in Rome, Naples et Florence proprio le bellezze della Tremezzina, aveva così descritto le dimore che vi si affacciavano:
    "i palazzi si moltiplicano fra il verde delle colline e si riflettono nelle onde. Dire palazzi è troppo, ma chiamarli case di campagna è troppo poco. È un genere di costruzione elegante, pittoresco voluttuoso, tipico dei tre laghi e dei colli della Brianza”.
    Negli stessi anni un anonimo appassionato del Lario, pittore e scrittore, descrisse la dimora:
    "Maestoso n’è il palazzo, e in bellissima situazione innalzato; l’architettura però risentesi alquanto del falso che tiranneggiava la prima metà del secolo scorso. Ameno e delizioso giardino gli sta dinnanzi, con vaghissimi pergolati di cedri, di limoni e d’aranci; le mortelle, i gerani, e cento maniere di odoriferi arbusti qui spargono continua ed assai ricreante fragranza. […] Lateralmente alla salita vi scorrono viali coperti d’agrumi, aranci e cedri, e pomi d’Adamo. Rimarchevoli sono i mirti, che di quella altezza non s’incontrano, uniti ai lauri; deliziosi boschetti scorrono al nord, adorni di piramidali magnolie. […]. Altro viale parte dalla villa, conducente al circolo dei larici, superiore alla Cadenabbia. Un laghetto superiore al palazzo, di copiose acque alimenta le diverse fontane: quella maggiore, che per altezza nessuna supera pel getto, è all’entrata del cancello; occorrono riparazioni."
    Alla magnificenza del giardino faceva eco la raffinatezza dell’edificio e lo splendore delle collezioni che vi erano raccolte per volontà di Gian Battista Sommariva, avvocato e mecenate che la acquistò per farne uno dei musei all’epoca più celebri d’Italia. Stendhal ne era rimasto profondamente colpito.

    "Un’anima folle, sognatrice e profondamente sensibile, è ancora più indispensabile che una buona mente, per osare aprir la bocca a proposito delle statue di Canova che tutta Milano va a vedere in casa del signor Sommariva, alla Cadenabbia, sul Lago di Como."
    ..e neanche il connazionale Gustave Flaubert (1821-1880) fu in grado di resistere al fascino e alla seduzione del gruppo marmoreo di Amore e Psiche.
    "Sono ritornato più volte [a villa Carlotta] e l’ultima ho abbracciato sotto l’ascella quella giovane distesa [Psiche] che tende verso amore le sue lunghe braccia di marmo. E il piede! E la testa! E il profilo! Che mi si perdoni ; questo è stato il mio unico bacio sensuale dopo molto tempo; ma è stato qualcosa di più. Ho abbracciato la Bellezza stessa."
    Mary Shelley (1797-1851), autrice del celebre Frankenstein, colse l’armonica bellezza del luogo.
    "Il terreno non è esteso e, naturalmente, è diviso in terrazze, per la conformazione del territorio; con alberi dai rami cadenti, che offrono ombrosi rifugi o passeggiate riparate. È un angolo fresco e piacevole, ma non solo: la casa è molto bella, ampia e gaia (Rambles in Germany and Italy in 1840, 1842, and 1843)"
    Ceduta nel 1843 alla principessa Marianna di Nassau, moglie di Alberto di Prussia, la villa andò in dono alla figlia Carlotta per le nozze con il granduca Giorgio di Sassonia Meiningen, al cui interesse botanico si deve l’ampliamento del giardino e la stupefacente ricchezza di essenze. Dell’aspetto della dimora sotto questi ultimi proprietari privati rimane preziosa testimonianza nel romanzo Col fuoco non si scherza di Emilio De Marchi.
    "La Villa Carlotta, famosa in tutto il mondo per quel che dicono le Storie del Lago e le Guide dei Viaggiatori, ha intorno a sé un giardino, vasto e profondo, in cui non sai dire fin dove l’arte corregga la natura e fin dove questa colla sua potenza rigogliosa nasconda i limiti dell’arte. Seguendo le sinuosità un po’ erte della montagna, su cui si appoggia, il giardino è tutta una selva di piante di raro valore, antiche e folte, che nella dolcezza lusinghiera del clima, nel lento e non trascurato lavorìo degli anni continuano a mescolare i loro amplessi e i loro verdi diversi, in cui domina il bruno fisso delle conifere colossali. La mano dell’uomo non le disturba, se non in quanto vuole raddoppiarne le ombre, rimuovere gli ostacoli morti, aprire, nelle macchie che sarebbero inaccessibili, qualche ombroso recesso, asilo di ninfe che ci passano, aumentarne gl’incanti con improvvise aperture sopra lo specchio luminoso del lago, con qualche grotta di tufo piangente, con scalinate rozze e muscose che menano ai chioschi isolati e taciturni, in cui dorme anche il silenzio nella frescura della solitudine. La Villa, che fu già dei Sommariva, è oggi nelle mani d’un principe tedesco che fa pagare il piacere di visitarne le gallerie, in cui trionfano Amore e Psiche del divino Canova. […] Così l’Italia continua l’opera sua di liberale educatrice dei popoli, dietro la tenue tassa d’una lira per la villa e d’una lira per il giardino."
    (lombardiabeniculturali.it)


    Il tramonto dardeggiava i suoi ultimi raggi
    e il vento cullava le pallide ninfee;
    le grandi ninfee tra i canneti
    rilucevano tristi sulle acque calme.
    Io me ne andavo solo, portando la mia piaga
    lungo lo stagno, tra i salici
    dove la bruma vaga evocava un fantasma
    grande, lattiginoso, disperato
    e piangente con la voce delle alzàvole
    che si chiamavano battendo le ali
    tra i salici dove solo io erravo
    portando la mia piaga; e la spessa coltre
    di tenebre venne a sommergere gli ultimi
    raggi del sole nelle sue onde smorte
    e le ninfee, tra i canneti,
    le grandi ninfee sulle acque calme.
    (Paul Verlaine)


    (Gabry)





    RUBRICHE



    (Redazione)





    L’ISOLA NELLO SPORT


    CRONACA SPORTIVA

    Nadal padrone di Parigi.
    Errani-Vinci ko, doppio a coppia russa. Lo spagnolo Rafa Nadal ha vinto il suo ottavo titolo al Roland Garros battendo in finale il connazionale David Ferrer 6-3 6-2 6-3. Nadal, n. 4 mondiale, ha bissato il successo del 2012, conquistato contro Novak Djokovic, quest'anno battuto in semifinale. Brevemente disturbata durante il secondo set da una manifestazione di protesta con fumogeni contro la legge che autorizza in Francia i matrimoni omosessuali e, a tratti, dalla pioggia, la finale è durata due ore e 16 minuti e praticamente non ha avuto storia. Assai più grande di quanto dica il ranking (Nadal è quarto, Ferrer quinto) il divario tra il 27enne maiorchino e il 31enne valenciano. La vittoria del mancino di Manacor non è mai stata in dubbio, anche se l'avversario si è battuto con onore ed ha azzeccato non pochi colpi efficaci. Oltre al record di otto vittorie agli Open de France, il campione in carica ha stabilito anche quello di otto vittorie nello stesso torneo del Grande Slam, superando l'americano Pete Sampras e lo svizzero Roger Federer, che sono a quota sette (ma sull'erba di Wimbledon). Con il 59/o match vinto al Roland Garros, Nadal, inoltre, ha superato il record di 58 che, fino a ieri, condivideva con Nicola Pietrangeli, Guillermo Vilas e Roger Federer (lo svizzero c'é arrivato quest'anno, ma è stato eliminato nei quarti dal francese Jo-Wilfried Tsonga, poi superato in semifinale de Ferrer). A Ferrer resta la soddisfazione di aver raggiunto, al 42/o tentativo, la prima finale di uno Slam.

    Niente da fare per Roberta Vinci e Sara Errani: le russe Ekaterina Makarova e Elena Vesnina hanno battuto in finale le due 'Cichi' 7-5 6-2 e si sono aggiudicate il titolo del doppio del Roland Garros 2013. Le azzurre, peraltro coppia regina del tennis mondiale, erano campionesse in carica e giocavano la loro quinta finale in un torneo del Grande Slam.

    E' un bilancio con luci e ombre, quello dell'Italia al Roland Garros 2013 di tennis. Luci soprattutto al femminile, anche se nell'ultimo giorno è mancata la vittoria - che i più aspettavano - di Sara Errani e Roberta Vinci nel doppio: le due 'Cichi', campionesse in carica e coppia regina del tennis mondiale, sono state battute in finale dalle russe Ekaterina Makarova ed Elena Vesnina. In singolare, la 26enne Errani, n. 5 mondiale, è stata l'azzurra che più è andata avanti, ma ha avuto la sfortuna di incappare, in semifinale, nella n. 1, l'americana Serena Williams, che già aveva eliminato negli ottavi la 30enne Vinci, n. 15; e che si sarebbe poi aggiudicata il titolo, contro la russa Maria Sharapova.

    Delle sei azzurre iscritte agli Open de France, tre - Camila Giorgi, Karin Knapp e Flavia Pennetta - sono uscite subito, eliminate al primo turno rispettivamente dalla cinese Shuai Peng, dall'americana Sloane Stephens e dalla belga Kirsten Flipkens. Francesca Schiavone, dopo aver battuto all'esordio l'ungherese Melinda Csink, al secondo turno la Flipkens e al terzo la francese Marion Bartoli, è stata eliminata negli ottavi dalla bielorussa Victoria Azarenka, n. 3, che sarebbe poi stata sconfitta in semifinale dalla Sharapova. Agli ottavi è arrivata anche la Vinci - superando nell'ordine la francese Stephanie Foretz Gacon, la kazakha Galina Voskoboeva e la ceca Petra Cetkovska - ma è stata eliminata, appunto, dalla Williams. Quanto alla Errani, è approdata alle semifinali, battendo l'olandese Arantxa Rus, la kazakha Yulia Putintseva, la tedesca Sabine Lisicki, la spagnola Carla Suarez Navarro e la polacca Agnieszka Radwanska, n. 4. Piu deludenti le performance al maschile. Dei quattro azzurri in gara, Paolo Lorenzi e Simone Bolelli sono stati eliminati al primo turno, rispettivamente dal tedesco Tobias Kamke e dal taiwanese Yen Hsun-Lu. Andreas Seppi e Fabio Fognini non sono riusciti a raggiungere gli ottavi, fermati da due spagnoli. Il 29enne altoatesino, miglior azzurro del ranking con il n. 22, dopo aver battuto l'argentino Leonardo Mayer e lo sloveno Blaz Kavcic, è stato eliminato da Nicolas Almagro; il 26enne ligure, n. 29, ha superato il tedesco Andreas Beck e il ceco Lukas Rosol, ma ha trovato al terzo turno nientemeno che lo spagnolo Rafa Nadal.(Ansa)




    GP Canada: stravince Vettel.
    Seconda la Ferrari di Alonso. La Red Bull di Sebastian Vettel ha conquistatoil Gran Premio del Canada di F1, sul circuito di Montreal. Seconda la Ferrari di Fernando Alonso. La Ferrari del brasiliano Felipe Massa si è piazzato all'ottavo posto. Con il secondo posto Alonso nella classifica piloti conquista il secondo posto dietro al leader Vettel superando Raikkonen.

    ALONSO, SECONDO POSTO CHE VALE UNA VITTORIA - "Un secondo posto che vale come una vittoria dopo un week end difficile". Fernando Alonso è soddisfatto della piazza d'onore al Gp del Canada, dopo essere partito in terza fila. "Ieri non abbiamo fatto una buona qualifica - dice il ferrarista a fine gara - ma sapevamo che il nostro passo sull'asciutto era buono. Ci stiamo misurando contro piloti di primissimo livello, però anche noi siamo stati straordinari". Più deluso Felipe Massa, partito 16/mo e comunque autore di una buona prestazione che l'ha portato all'8/o posto: "Peccato - dice - sono solo 4 punti. Durante la gara ho superato tante macchine ma ne avevo troppe davantie questo mi ha fatto perdere posizioni. Adesso pensiamo a Silverstone - conclude - pensiamo all'asfalto e non ai muri", chiude il ferrarista con evidente allusione agli incidenti accadutigli negli ultimi due Gp.(Ansa)




    Nozze gay in Francia, la protesta al Roland GarrosMadrid.
    Un uomo a torso nudo e mascherato è entrato sul centrale. Una manifestazione contro la legge che autorizza in Francia i matrimoni omosessuali ha brevemente interrotto la finale degli Open de France, tra Rafa Nadal e Roger Ferrer: un uomo a torso nudo e mascherato è entrato sul centrale del Roland Garros, ma è stato bloccato e fatto uscire dagli agenti della sicurezza. Alcuni istanti prima due manifestanti erano stati espulsi dalle tribune, mentre il match tra i due spagnoli era al secondo set. I dimostranti esibivano un cartello contro la legge sulle nozze gay sul quale si poteva leggere, in inglese: 'Aiuto, la Francia calpesta i diritti dei bambini'.

    La prima manifestazione, con l'esibizione del cartello contro la legge che autorizza i matrimoni omosessuali, è avvenuta nella parte alta delle tribune del Philippe Chatrier: dopo una breve interruzione del gioco, i due dimostranti sono stati accompagnati fuori dallo stadio. Pochi minuti più tardi, l'irruzione sul campo centrale: sul torso nudo l'uomo, mascherato e in possesso di fumogeni, aveva la scritta, sempre in inglese, 'diritti dei bambini'. E' stato immediatemente bloccato e portato via dagli agenti della sicurezza. Un giornalista della France Presse ha visto quattro giovani sulla ventina lasciare lo stadio, scortati dalla polizia. "Manifestiamo contro la legge Taubira (il ministro della Giustizia francese, ndr) perché temiamo per il futuro dei nostri figli", ha detto uno di loro. Anche sul vicino campo Suzanne Lenglen, dove decine di spettatori seguivano la finale su un maxi-schermo, vi è stata una manifestazione dello stesso tenore: alcuni dimostranti, anch'essi a torso nudo e mascherati, hanno dispiegato uno striscione con la scritta 'Hollande dimissioni'. Nel 2009 la finale del Roland Garros era stata disturbata dall'irruzione in campo di uno spettatore che aveva tentato di avvicinarsi allo svizzero Roger Federer, vincitore quell'anno.(Ansa)




    Finali Nba, Spurs sbancano Miami e vincono gara uno.
    Con magie Parker battuti campioni in carica. Gli 'Speroni' di San Antonio vincono gara-1 delle finali Nba. Grazie alle magie di Tony Parker sbancano il parquet di Miami, battendo i campioni in carica degli Heats 92-88. Al termine di una gara all'insegna dell'assoluto equilibrio, i detentori del titolo si sono piegati solo nell'ultimo quarto, quando a fare la differenza è stata la difesa molto solida della squadra texana e soprattutto alcuni numeri della guardia francese nelle fasi decisive del match. Un po' in ombra James LeBron, che comunque ha giocato molto per la squadra, cercando più gli assist che le soluzioni solitarie. Alla fine il suo tabellino è di tutto riguardo: 18 punti, 18 rimbalzi e 10 assist.

    Tuttavia troppo impreciso al tiro, solo 7 su 16, non è riuscito a trascinare i suoi alla vittoria. Buona prestazione di Dwyane Wade, con 17 punti. Male invece il lungo Chris Bosh, con solo 3 punti. Insomma, alla fine per i campioni di Miami non c'é stato nulla da fare contro gli 'anziani' di San Antonio, che con loro quinta vittoria di fila hanno dimostrato quanto tengano alla conquista del loro quinto titolo. Tim Duncan, con 20 punti, 14 rimbalzi e 3 stoppate ha dominato sotto canestro. Manu Ginobili, non esaltante, ha comunque fatto la sua parte con molti passaggi e 13 punti. Ma a provocare il break decisivo è stato l'ex marito di Eva Longoria. Con un paio di entrate sottomano e soprattutto con un tiro spettacolare a 5 secondi dal termine, allo scadere dei 24 secondi, Parker ha mostrato ancora una volta la sua personalità di match winner. Sino a quel momento la partita sembrava viaggiare sui binari del punto a punto.

    Questi i parziali: primo quarto Miami avanti 24-23; al riposo 52-49, sempre per i padroni di casa; terzo quarto sempre con Miami avanti di appena 3 punti, 69-66. A metà del quarto tempo il break degli Spurs. Al settimo passavano in vantaggio con uno scarto minimo di appena un punto. Da quel momento però hanno tenuto testa a Miami sino alla fine. Più 3 a 5 minuti dalla fine, poi più 7 a due minuti. Ultimi tentativi di reazione degli Heats che arrivano a meno due. Ma nell'ultimo possesso decisivo Parker regala la sua ennesima magia: dopo essere scivolato per terra, si rialza, evita il marcamento di James LeBron e insacca dalla media distanza sul suono della sirena. Spurs più 4 a 5 secondi dalla fine. E' l'azione che chiude la partita. Per il riscatto degli Heats tutto rinviato a gara-2 in programma domenica sera ancora a Miami. (Ansa)

    (Gina)



    MOSTRE E...... SAGRE

    Alla scoperta dell'arte e delle tradizoni



    MOSTRE




    GIORGIO MORANDI. Retrospective



    Dal 7 giugno, con GIORGIO MORANDI. Retrospective, Bruxelles celebra il genio dell'artista bolognese in una mostra che riunisce un centinaio di lavori tra dipinti, disegni, incisioni e acquerelli nelle sale del Palais des Beaux-Arts. Tra questi, cinque oli su tela e un disegno provenienti dalle collezioni del Museo Morandi di Bologna che saranno visibili al pubblico dell'esposizione fino al 22 settembre.
    L'ampia retrospettiva, curata da Maria Cristina Bandera (studiosa, direttrice della Fondazione Roberto Longhi di Firenze e co-curatrice della grande mostra su Morandi tenutasi al MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna e al Metropolitan Museum di New York nel 2008/2009) tocca i temi principali della ricerca dell'artista: la natura morta, il paesaggio e i fiori, senza trascurarne altri meno ricorrenti se non addirittura rari, quali l'autoritratto e la figura umana (come nel caso delle Bagnanti del 1915).
    Si parte dalle prime opere che si muovono nell'ambito delle avanguardie per seguire l’evoluzione espressiva morandiana fino alla progressiva dissolvenza dei lavori degli ultimi anni, attraversando tutte le tecniche e le varianti esplorate dall'artista. Le opere messe a disposizione dal Museo Morandi vanno dai Fiori del 1924, passando per tre nature morte (una del 1942, due del 1951) fino ai paesaggi del 1961 (matita su carta) e del 1962 (olio su tela).A Bruxelles i lavori di Giorgio Morandi vengono accostati e posti in dialogo con quelli di un altro artista contemporaneo: Luc Tuymans. Tale scelta è stata già da tempo sperimentata nell'allestimento dell'ampia collezione di Bologna - la più rilevante raccolta pubblica morandiana, attualmente ospitata nelle sale del MAMbo - in cui sono presenti opere di diversi autori tra i quali Wayne Thiebaud, Sean Scully e Tony Cragg. (beniculturali.it)




    FESTE e SAGRE






    TEATRI



    " ... Non c'è nulla in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea. Gli occhi sono abbagliati, l'anima rapita ...".
    (Stendhal)


    IL TEATRO SAN CARLO



    Il San Carlo è il più antico teatro operante in Europa: costruito nel 1737 (41 anni prima della Scala, 51 prima della Fenice) non ha mai interrotto le sue stagioni a parte per due anni (1874-1875) a causa di mancati finanziamenti. Né l'incendio del 1816, né la seconda guerra mondiale riuscirono ad interromperne l'attività: nel primo caso il Teatro fu ricostruito in sei mesi da re Ferdinando, nel secondo una serie di concerti per le Forze Armate sostituì nei momenti più drammatici del conflitto, la normale attività di spettacolo. Divide con il Teatro alla Scala il primato della più antica Scuola di ballo italiana, fondata contemporaneamente a Milano e a Napoli nel 1812, mentre dal 1816 data la sua Scuola di scenografia.

    ..la storia..



    Fu eretto per volontà di Carlo di Borbone che, deciso a dare alla sua Capitale un teatro che sostituisse il vetusto San Bartolomeo, di proprietà della Casa degli Incurabili, assegnò a questa istituzione benefica una rendita di 2.500 ducati, pari all'utile che essa ne traeva dalla gestione, ordinandone l'abbattimento e il recupero del legname. Nello stesso tempo, dette mandato alle Fabbriche Reali di progettare il nuovo teatro. Il 4 marzo 1737 fu firmato il contratto con l'architetto Giovanni Antonio Medrano e l'appaltatore Angelo Carasale. La spesa fu calcolata in 75.000 ducati (circa 1,5 milioni di euro di oggi), la consegna fissata per la fine dello stesso anno.
    L'impegno fu mantenuto con straordinaria precisione: il 4 novembre 1737, giorno dell' onomastico del Sovrano, il San Carlo fu inaugurato con l'opera Achille in Sciro del Metastasio, con musica di Domenico Sarro, che diresse l'orchestra. La parte di Achille fu sostenuta, come usanza dell'epoca, da una donna, Vittoria Tesi, detta la Moretta, con accanto Anna Peruzzi, detta la Parrucchierina, prima donna soprano e il tenore Angelo Amorevoli. Il Teatro s'impose immediatamente all'ammirazione dei Napoletani e degli stranieri, per i quali divenne in breve tempo un'attrattiva giudicata senza eguali, per la grandiosità, la magnificenza dell'architettura, le decorazioni in oro, gli addobbi sontuosi in azzurro (era il colore ufficiale della Casa Borbonica Due Sicilie e perciò i velluti di questa tinta furono sostituiti, dopo l'unità d'Italia, con il rosso ed allo stemma del sottarco fu sovrapposto quello sabaudo).

    La Scuola napoletana aveva, in quegli anni incontrastata gloria europea non soltanto nel campo dell'opera buffa (che nel San Carlo non veniva rappresentata) ma in quello dell'opera seria, con Leo, Porpora, Traetta, Piccinni, Vinci, Anfossi, Durante, Iommelli, Cimarosa, Paisiello, Zingarelli. Napoli divenne, in conseguenza, la capitale della musica europea. Così che anche i compositori stranieri considerarono il San Carlo come un traguardo della loro carriera: Hasse, poi stabilitosi a Napoli, Haydn, Johann Christian Bach, Gluck. Allo stesso modo, i più celebrati cantanti ambirono esibirsi sul palcoscenico del Teatro di Napoli e molti consolidarono su di esso la loro fama, da Lucrezia Anguiari, detta la Bastardella, e a Caterina Gabrielli, detta la Cochetta, ai celeberrimi castrati Caffarelli (Gaetano Majorano), Farinelli (Carlo Broschi), Gizziello (Gioacchino Conti) tutti e tre provenienti dai Conservatori di Napoli, sino a Gian Battista Velluti, l'ultimo evirato cantore.
    Questo primo ciclo di vita del San Carlo, che era stato intanto rinnovato nell'aspetto esterno dall'architetto Antonio Niccolini, si chiude con il doloroso episodio dell'incendio divampato la notte del 12 febbraio 1816, che lo distrusse completamente. Fu un evento che gettò il lutto in tutta la città e che i giornali di tutta Europa raccontarono con emozione. Così come una meraviglia ed ammirazione dettero notizia, dieci mesi dopo, alla fine dello stesso anno, che esso era già risorto. Fu re Ferdinando I di Borbone a volere, sei giorni dopo l'incendio, che il San Carlo venisse senza indugi ricostruito. L'incarico fu affidato al Niccolini, con l'impegno di rifarlo tale e quale com'era prima dell'incendio. Venne rispettata la pianta del Medrano: la sala lunga m. 28,60 e larga 22,50, 184 palchi disposti in sei ordini più quello reale. Venne però sensibilmente migliorata l'acustica (ancora oggi unanimemente considerata perfetta) e fu ampliato il palcoscenico (m. 33,10 x 34,40). Camillo Guerra e Gennaro Maldarelli rinnovarono le decorazioni fra cui il bassorilievo e l'orologio nel sottarco del proscenio. Giuseppe Cammarano dipinse il soffitto tuttora esistente (Apollo che presenta a Minerva i più grandi poeti del mondo) ed il sipario, poi sostituito nel 1854 con altro Giuseppe Mancinello ("Il Parnaso", ancora in uso).

    A parte la creazione del "golfo mistico", suggerita da Verdi nel 1872, l'impianto dell'illuminazione elettrica con conseguente abolizione del lampadario centrale (1890) e la costruzione del nuovo foyer con annesso corpo laterale adibito a camerini degli artisti (1937) non ha subito nessun mutamento sostanziale. Ed oggi la sala appare così come la vide Stendhal la sera della sua seconda inaugurazione, il 12 gennaio 1817. Si rappresentava quella sera Il sogno di Partenope, di Giovanni Simone Mayr, scritta per l'occasione, Nella prima metà dell'Ottocento le glorie del San Carlo sono legate al nome di quello che fu considerato il principe degli impresari, Domenico Barbaja. Malgrado la Scuola napoletana, con Zingarelli, Pacini, Mercadante, si tenesse sostanzialmente al passo con i nuovi tempi, Barbaja intuì come per il San Carlo fosse giunto il momento di guardare al di là dei confini impostigli dalla sua tradizione e scritturò come compositore e direttore artistico dei Regi Teatri di Musica Gioacchino Rossini. Questi vi rimase per otto anni, dal 1815 al 1822. Fra i "cantanti di stagione" degli anni di Barbaja si ricordano, oltre a Manuel Garcia, sua figlia Maria Malibran, Giuditta Pasta, Isabella Colbran, Giovan Battista Rubini, Domenico Donzelli e i due grandi rivali francesi Adolphe Nourrit e Gilbert Duprez, l'inventore del "do di petto". E fu dopo una beneficiata al San Carlo che, preso da una crisi di sconforto per essere stato il suo successo inferiore a quello del più giovane conterraneo, Nourrit si suicidò appena rientrato in albergo, l'8 marzo 1839. Rossini fuggì da Napoli per amore. Al suo posto l'impresario scritturò un altro astro nascente nel mondo del melodramma, Gaetano Donizetti. Anch'egli direttore artistico dei Regi Teatri, Donizetti rimase al San Carlo dal 1822 al 1838 componendo per il teatro sedici opere. Qualche anno prima, nel 1826, Barbaja aveva dato fiducia anche ad un altro musicista, uno studente siciliano del Conservatorio San Pietro a Majella, rappresentandogli la sua prima opera, Bianca e Gerlando. Si chiamava Vincenzo Bellini. Anche Giuseppe Verdi fece presto il suo ingresso al San Carlo. Nel 1841 si rappresentò il suo Oberto conte di San Bonifacio e nel 1845 scrisse la prima opera per il Teatro, Alzira. Con il finire dell'Ottocento e della sua grande stagione del melodramma romantico, il San Carlo rimase tra i protagonisti dei nuovi orientamenti musicali italiani ed europei. Giacomo Puccini e la Giovane Scuola, da Mascagni ai quattro napoletani (di nascita o di studi) Leoncavallo, Giordano, Cilea ed Alfano, trovarono il San Carlo pronto ad accogliere le loro opere, mentre l'azione meritoria di un grande musicista e direttore d'orchestra, Giuseppe Martucci, valsa ad introdurre la musica wagneriana nelle consuetudini del Teatro. È dal 1915 un'altra grande figura di impresario Augusto Laganà, guidò il Teatro sino alla costituzione in Ente Autonomo (1927) introducendo dal 1920 la consuetudine, durata poi dieci anni, di inaugurare la stagione con un'opera wagneriana; sensibile ai nuovi fermenti dell'opera italiana. Sostanzialmente risparmiato, pur se danneggiato in alcune strutture dagli eventi bellici, il San Carlo venne requisito dalle autorità militari inglesi nell'ottobre del 1943. Gli spettacoli ripresero il 26 dicembre di quell'anno, destinati alle truppe alleate. I civili potevano accedervi, ma soltanto in galleria e in loggione.
    L'occupazione durò sino al 1946. Ripristinato l'Ente Autonomo nel '48 con la geniale soprintendenza di Pasquale Di Costanzo, coadiuvato dal direttore artistico Francesco Siciliani (poi Guido Pannain), il San Carlo riprese rapidamente la sua posizione di preminenza fra le istituzioni musicali europee. (.ilportaledelsud.org)


    ...curiosità...



    Ogni palco del teatro ha in una delle pareti laterali uno specchio adeguatamente inclinato per riflettere il palco reale. Il motivo di ciò è che nessun spettatore poteva applaudire o chiedere un bis prima che lo facesse il re. Se non c'era il re allora il diritto di "primo applauso" spettava alla regina, poi al principe di Maddaloni, altrimenti al principe di Sirignano e così via secondo una rigida etichetta. Lo specchio dunque serviva proprio ad osservare cosa facessero le massime personalità presenti nel teatro. Solo il loggione non aveva specchi; era quindi libero e privo di qualsiasi tipo di condizionamento.

    I lavori di Niccolini e di Cammarano quindi videro la creazione del velario (la tela di Cammarano) in una posizione sottoelevata rispetto al tetto. Questo meccanismo fa sì che si crei una sorta di camera acustica, come se ci fosse un enorme tamburo sopra la platea. L'acustistica è stata inoltre considerata perfetta anche per il fatto che essa non si altera in base della posizione degli spettatori (platea, palchi, loggione). Fattori determinanti nel risultato sono anche le balaustre, non lisce, e gli elementi decorativi interni, la serie di piccole increspature. I materiali e le tecniche di esecuzione di questi particolari donarono al teatro la capacità di assorbire il suono, senza che questo venisse riflesso con la conseguenza di avere un brutto riverbero.

    La sera del 30 dicembre 1901 Napoli chiamava un suo figlio , Enrico Caruso, non ancora celebre, ad esibirsi come tenore nel monumentale teatro San Carlo nell'opera "Elisir d'amore". Purtroppo quell'elisir per il nostro Enrico divenne amarissimo. Se il fragoroso dissenso del pubblico era comprensibile poichè non era certamente facile captare le finezze di quel timbro e le sue più profonde caratterizzazioni, imperdonabile fu invece la stroncatura, comparsa il giorno successivo su "Il Pungolo", quotidiano napoletano dell'epoca, a firma del critico teatrale Saverio Procida. Un esperto avrebbe dovuto, infatti, apprezzare le sfumature di quella voce poliedrica che sarebbe poi stata definita "unica". Quella voce che era un vero mistero anche per lo stesso Caruso che la giudicava ora fredda, ora calda, con una gamma di variazioni infinita. L'insuccesso di pubblico e di critica di quella sfortunata sera, indusse Caruso a giurare di non cantare mai più nella sua città, promessa che mantenne sino alla morte.

    (Gabry)





    MUSICAL




    "Valjean"




    valjean_foto_2013

    di Alessandra Coppo.
    Cosa succede quando un regista teatrale incontra un pianista di fama internazionale? Nasce 1zlu2dtun capolavoro artistico. Proprio così viene alla luce il musical Valjean, liberamente ispirato a “I miserabili” di Victor Hugo.
    Quattro anni fa,quando a Fulvio Crivello, co-fondatore della scuola Teatranza Artedrama di Moncalieri e che ha all’attivo più di cinquanta regie teatrali, venne in mente di mettere in scena un’opera che parlasse dell’idea di riscatto morale, subito pensò all’opera di Victor Hugo e ne parlò al maestro Sandro Cuccuini, famoso pianista, arrangiatore e compositore che lavora con le più importanti compagnie di balletto del mondo. Insieme buttarono giù una prima bozza ma nessuno dei due era convinto della struttura dello spettacolo. Puntarono quindi su qualcosa di più sobrio ma spettacolare allo stesso tempo: tutta l’opera sarebbe stata incentrata sul protagonista, Valjean, che avrebbe raccontato il proprio passato alla sua compagna di viaggio.
    L’attore principale, Fabrizio Rizzolo, che ha partecipato alla stesura delle liriche e del libretto, porta sulla scena la storia del suo personaggio: egli è un detenuto costretto ai lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane ma grazie alla sua buona condotta riesce ad ottenere la libertà. Comincerà quindi una nuova vita, lontana dal suo passato, cercando di riscattare la sua posizione di ex-galeotto ma i suoi trascorsi incombono su di lui come un macigno. Un giorno si sentirà ripetere quelle parole che il direttore del carcere gli aveva rivolto al momento della sua scarcerazione: una pianta se nasce da un seme malato tale rimane.
    Nei novanta minuti in cui ci viene raccontata la storia di Valjean, tanti sono i personaggi che si muovono sulla scena ma solo sei sono gli attori ad interpretarli: Fabrizio Rizzolo, Isabella Tabarini, Sebastiano di Bella, Susi Amerio, Giorgio Menicacci e Alessandro Ventrice. Con abili cambi di costumi gli attori nel giro di pochissimo tempo passano da un personaggio all’altro con una capacità straordinaria di saper adattare sé stessi alle caratteristiche di ogni singolo individuo della storia. Ad aiutare queste rapide trasformazioni interviene anche la scenografia, curata da Eleonora Rasetto. Sul palco troviamo sempre il carretto di Valjean che all’occasione viene trasformato in carcere, in un telaio o in una barricata. Il tutto è accompagnato da musiche splendide, create apposta dal maestro Cuccuini.
    L’ultima particolarità di questo musical è il fatto che è patrocinato dall’associazione 9430 e verrà portato nelle carceri di tutta Italia per far arrivare un messaggio di riscatto ai detenuti. Quest’opera teatrale infatti fa vedere chiaramente come attraverso la tenacia, la forza di volontà e l’amore l’uomo può davvero cambiare sé stesso e il proprio futuro. Un concetto che non deve arrivare solo ai detenuti ma a tutti ed è questo il vero motivo per cui vale la pena andare a vedere la storia di Valjean. Lo spettacolo ha debuttato a fine febbraio al teatro Matteotti di Moncalieri, riscuotendo un gran successo e facendo il tutto esaurito ogni sera. Le prossime date utili saranno il 29, 30 giugno e 1 luglio ad Asti in occasione del prestigioso festival Asti Teatro, dal 2 al 7 ottobre al teatro S. Babila di Milano, il 9 e 10 ottobre all’ auditorium S. Barnaba di Brescia e molte altre ancora.
    Ringrazio Fulvio Crivello per l’intervista e la disponibilità