Coming out nel mondo dello sport

Lo sport censura i gay

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    Coming out nel mondo dello sport

    Il mondo dello sport in Italia è ancora molto chiuso e da molti viene considerato omofobo. All’estero ci sono alcuni casi di coming out in diverse discipline come il tennis – dove Martina Navratilova, la più famosa sportiva gay del mondo, è stata d’esempio per centinaia di atleti - al pugilato. Ma il calcio rimane un ambito molto complesso dove, secondo il giornalista Alessandro Cecchi Paone, sono gli stessi dirigenti che non vogliono accettare la possibilità di avere in squadra un calciatore gay. Cecchi Paone, che è autore insieme a Flavio Pagano del libro “Il campione innamorato. Giochi proibiti dello sport”, prova ad analizzare la situazione attuale ed è convinto che anche nel mondo del pallone le cose stiano cambiando in meglio. E se per lui è necessario che gli atleti facciano coming out e rivelino i loro orientamenti sessuali, la pallavolista statunitense Stacy Sykòra, che ha giocato per anni in Italia, è convinta che bisognerebbe distinguere la vita privata e la vita sportiva senza necessariamente dichiararsi. L’importante – secondo Stacy che ha fatto coming out nell’ottobre scorso - è riuscire ad essere se stessi in entrambi gli ambiti

    Lo sport censura i gay

    Il coming out di Rogers svela il tabù negli Stati Uniti. Per gli atleti omosessuali vale ancora il principio del don’t ask, don’t tell. E parla solo chi si ritira. Ma ormai la strada è aperta.

    Omosessuali e sport, un tabù che nel terzo millennio non è ancora crollato. Specialmente negli Stati Uniti del presidente Barack Obama impegnato da tempo nella battaglia dei diritti civili.
    Anche Oltreoceano infatti persiste una cultura retrograda e ipocrita. E lo sport è una cosa da soli ‘machi': non c’è posto per gli omosessuali, o quantomeno per quelli dichiarati.
    Ma forse ora è arrivata la svolta, grazie all'attaccante dello Stevenage (terza divisione inglese), Robbie Rogers, il primo calciatore professionista della storia a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità. Che con il calcio aveva tentato di trasformarsi: «Era la mia fuga, il mio obiettivo, la mia identità», ha scritto l'ex attaccante sul suo blog, dove ha fatto coming out, dopo una vita trascorsa sui campi di pallone, prima in Usa e poi in Europa (ha giocato anche in nazionale all'Olimpiade di Pechino 2008).
    PER I GAY, SPORT COME L'ESERCITO. Oltreoceano, infatti, non esiste ambito più omofobico dello sport.
    Rogers è cresciuto nel Paese del don’t ask, don’t tell (non chiedere, non dire). Un motto che costituiva una vera e propria norma nell'esercito: proibiva legalmente di prestare servizio a chiunque dimostrasse propensione agli atteggiamenti omosessuali; e vietava parimenti di svelare il proprio orientamento omosessuale o di indagare su di esso in assenza di atteggiamenti espliciti vietati.
    Una legge abrogata solo nel 2011 con un decreto dell’amministrazione Obama. Mentre, fino a pochi anni fa (fino al 2003, per la precisione), in diversi Stati (come per esempio l’Alabama, il Minnesota e la Virginia) la sodomia era considerata reato penale, punibile con 20 anni di prigione.
    LA VERITÀ SOLO DOPO IL RITIRO. Se l'esercito si è aggiornato, così non è stato per lo sport. Perché Rogers è stato il primo a svelare il suo orientamento sessuale nella storia dello sport americano quando ancora era in attività. Perché negli Usa il coming out è stata una pratica riservata a chi si è già ritirato dall’attività agonistica. Come il tuffatore Greg Louganis, un mostro sacro dello sport americano con i suoi quattro ori alle Olimpiadi e i cinque ai Mondiali (è stato inserito nella International swimming hall of fame, la Hall of fame degli sport acquatici).
    COMING OUT PERMESSO ALLE DONNE. Le eccezioni riguardano solo le donne: la cestista Seimone Augustus, la tennista Lisa Raymond e la calciatrice Megan Rapinoe, presenti ai Giochi Olimpici di Londra 2012, hanno da tempo rivelato il loro orientamento sessuale.
    Ben diverso il caso di Kirk Walker, uno degli allenatori di softball (il baseball femminile) più famosi del Paese, che ha rivelato la sua omosessualità nel 2005 destando grande scalpore in tutto il Paese.
    Gli Usa spaventati dall'omosessualità maschile

    Chris Culliver, giocatore dei San Francisco 49ers.


    In realtà a spaventare gli Stati Uniti è soprattutto l’omosessualità maschile. Qui continuano a essere considerati 'normali' dichiarazioni del tipo di quella rilasciata da Chris Culliver, giocatore dei San Francisco 49ers, finalista del Super bowl 2013 della National football league.
    «Non credo ci sia spazio per i gay in uno spogliatoio di football. Non abbiamo omosessuali nella nostra squadra, e se ci fossero dovremmo cacciarli», aveva dichiarato alla vigilia della finalissima contro i Baltimore ravens.
    OBAMA PUNTA AI DIRITTI CIVILI. L’amministrazione Obama, tuttavia, si è spesa molto per migliorare la situazione. Lo dimostra anche il fatto che uno dei passaggi cruciali del discorso di insediamento alla Casa Bianca del 2013 fosse dedicato proprio al tema del riconoscimento dei diritti degli omosessuali.
    «Il nostro viaggio verso la libertà non può dirsi completo fin quando i nostri fratelli e le nostre sorelle omosessuali non saranno trattati come tutti davanti alla legge», ha detto Obama.
    Eppure, nonostante questi buoni propositi, l’America sembra ancora molto indietro sui diritti degli omosessuali. E non è un caso che lo storico coming out sia stato fatto da un calciatore che vive a centinaia di migliaia di chilometri di distanza dal suo Paese.
    RINVIATO IL CONFRONTO COL CALCIO. Si tratta comunque di un importante passo avanti. Per tutti: per gli Usa, ma anche per l'Europa, dove Rogers ha giocato per anni e dove le cose non vanno troppo diversamente rispetto all'America.
    Sebbene la scelta del giocatore rappresenti una pietra miliare nella lotta per il riconoscimento di uguali diritti a omosessuali e eterosessuali, lascia aperto un quesito fondamentale: quale sarebbe stata la reazione del mondo del calcio, di compagni di squadra, avversari e tifosi, alla rivelazione di Rogers?
    Per ora la risposta è rimandata, visto che l'attaccante ha dato l'addio al calcio. Ma ormai la strada è aperta. E l'omosessualità è destinata a non fare più paura. Forse.


    Sport e omosessualità, Boga sfida i tabù. Su tutti i campi

    A Bologna, dal 2004, esiste un'associazione sportiva gay che ora conta un centinaio di associati per 5 discipline. "Al di là delle battutine, lo sport è lo stesso per tutti. Omofobia? Più che altro mancano gli sponsor... Da Prandelli un passo avanti"

    L’apertura di Cesare Prandelli, la chiusura di Antonio Di Natale: l’omosessualità, e soprattutto l’opportunità di fare outing, nel calcio sono un tabù, molto più che in altri sport. E in Italia molto più che negli altri Paesi. Eppure, da noi, una squadra calcistica dichiaratamente gay esiste. Di più: esiste una polisportiva omosessuale, Bogasport di Bologna, che dopo le parole del ct ha deciso di applaudire quello che è “un piccolo passo avanti, perché il ct prende atto di un aspetto che rappresenta la normalità e lo abbiamo voluto rimarcare”, raccontano Vittorio Gaetano e Paola Antoniella, due dei responsabili della polisportiva. Boga sta per “Bologna gay”, appunto: una associazione affiliata alla Aics - che, su spinta del Boga, ha aperto la sezione Gaycs - e alla quale possono iscriversi tutti, gay e non: “Da noi vengono e si associano anche eterosessuali, senza nessun problema, siamo aperti a tutti. Ci accomunano però alcuni principi e un’identità gay o gay friendly, non matrici politiche. Soprattutto rappresentiamo un luogo ‘protetto’ in cui fare sport senza autoghettizzarsi. Qui abbiamo argomenti in comune, ma siamo un’associazione sportiva come tutte: lo sport è sport, le regole quelle sono, dunque…”

    Tre anni fa, quando venne fondata la squadra di basket, il sostegno dato all’associazione dal presidente della Virtus Pallacanestro Claudio Sabatini mise il Boga Basket sotto i riflettori. La polisportiva, che aveva cominciato l’attività nel 2004 con la costituzione di una squadra di pallavolo, da allora è cresciuta: oggi può contare su oltre un centinaio di associati per cinque sezioni sportive, perché a volley e pallacanestro si sono aggiunti tennis, calcio e, buon ultimo, il ciclismo. “All’inizio dell’attività - racconta Gaetano - chi non conosceva la nostra realtà durante i tornei nemmeno si accorgeva dell’associazione o di cosa significasse ‘Boga’. Poi il nome ha preso a girare e la popolarità che ci ha dato il basket, dal sostegno della Virtus a quello di Dino Meneghin ha cominciato a farci identificare. Se prima partecipavamo soprattutto al circuito dei tornei lgbt, specie in quelli internazionali come gli Eurogay games o le Olimpiadi gay, ora siamo attivi anche nei tornei locali a diversi livelli, quelli Uisp e Csi per esempio. Omofobia? Magari la battuta facile c’è, ma problemi in questo senso non ne abbiamo mai avuti. Magari anche perché Bologna è una sorta di isola felice”.

    In effetti Bogasport ha anche il patrocinio (senza portafoglio) di istituzioni come Provincia e Regione e, se nel basket un club storico come la Virtus collabora con l’associazione, fa lo stesso anche la principale società di volley bolognese, la Zinella. Tuttavia, la polisportiva ha i classici problemi che tutte le associazioni sportive hanno, soprattutto in momenti di congiuntura economica sfavorevole. Si parla infatti di sponsor. Ed è qui che le barriere esistono: “Per gli sponsor in Italia essere gay ha ancora un’accezione negativa e spesso, da parte di alcune realtà, non si sposa la causa perché è contraria al marketing aziendale, non dà vantaggi commerciali. Il mercato omosessuale, in un paese fortemente cattolico, non tira - illustra Antoniella - al contrario di quanto accade altrove. Negli Stati Uniti, da Carl Lewis a Greg Louganis passando per la Navratilova, il mercato è diverso, anche se vi sono stati casi, come quello della francese Mauresmo, che ha perso sponsor dopo avere fatto outing. Ma prima che lo facesse, anche se si sapeva, non aveva avuto problemi. Anche per questo in Italia credo sarà molto difficile organizzare manifestazioni come, ad esempio gli Eurogay games”.

    Poi, fra i vari sport, nel calcio le reazioni alle parole del ct fanno capire che c’è ancora della strada da fare: “Siamo passati da Lippi, che nel 2009 sosteneva che non esistessero gay nel calcio, ad una posizione secondo cui, per molti, ci sono e non si deve dire. Ormai nessuno si incarica più di buttarsi in crociate contro l’omosessualità, una posizione assurda e oscurantista, ma si vuole arginare la presa di coscienza che omosessualità esiste, che i gay sono come tutti gli altri, lavorano, studiano, fanno sport interagiscono nel mondo come tutti gli altri. La questione dell’outing è ancora un problema, per certi contesti un dramma. Ma il tessuto sociale attuale rende ottimisti per il futuro”. E lo sport, poco alla volta, anche...

    Omosessualità tabù: com'è difficile fare outing nello sport
    Le parole del presidente dell'Aic Damiano Tommasi ("Fare outing per un calciatore sarebbe un boomerang") riportano in auge il tema delle discriminazioni sessuali nello sport. Da Anton Hysen a Justin Fashanu, da Gareth Thomas a Greg Louganis: storia di una dura emancipazione.

    Calcio e omosessualità: un tabù destinato a scomparire

    L’omosessualità nel calcio. Esiste? Eccome. Eppure questo è, ancora oggi, un tabù assoluto nel mondo del pallone, da tenere lontano anni luce. Cosa si può dire a riguardo allora? Sicuramente non serve scoprire chi tra le star calcistiche sia gay oppure etero, ma cercare di capire quanto sia intenso l’intreccio tra due mondi.

    Di facciata, l’omosessualità non viene riconosciuta ancora oggi negli “spogliatoi”; aumenta sempre più, però, il gossip pungente su alcuni calciatori. Questo aspetto non è interessante al fine di vedere chi effettivamente celi preferenze sessuali diverse da quelle dichiarate, ma di fatto dissotterra una realtà troppo occultata e repressa dal “sistema-calcio” stesso. Che non le manda a dire. Più o meno l’omosessualità viene vista così: «È peccato» (Nicola Legrottaglie), «In 40 anni di carriera non ho mai visto un gay nel calcio, non credo ci siano mai stati» (Marcello Lippi), per arrivare a «Odio la gente omosessuale» (Tim Hardaway) e alle posizioni contro i gay di Gennaro Gattuso. Quanta discriminazione, e non solo in Italia!

    Il coraggio sopra ogni cosa – Questo più o meno il clima che si respira; tuttavia, ci sono esempi di calciatori gay dichiarati. Il primo calciatore ad uscire allo scoperto nel mondo del calcio gay è stato Wilson Oliver, dell’Uruguay, che nel 1986 dichiarò pubblicamente di essere omosessuale. Un altro ad aver dichiarato pubblicamente la propria omosessualità condannando l’omofobia negli stadi di calcio, è stato, nel 1990, Justin Fashanu, preso subito di mira dalla stampa. Una decisione accolta con ostilità e dichiarazioni omofone, che hanno messo fine alla sua carriera di calciatore. Successivamente, Fashanu è stato ingiustamente denunciato da un minorenne per violenze sessuale; non trovando appoggio e sostegno tra gli amici, che lo avevano abbandonato, ha deciso di mettere fine alla propria vita: nel 1998 è stato trovato impiccato all’interno di un garage. Aveva solo 37 anni. Per non parlare di un ex giocatore dell’Inter, il brasiliano Vampeta, conosciuto per esser stato il primo calciatore del suo paese a posare totalmente nudo per G-Magazine, nel 1999. Sul caso era perfino scoppiata l’ilarità tra gli stessi tifosi nerazzurri.


    In attesa del primo matrimonio gay – A vederla così, i gay nel calcio sembrano non avere futuro. Ma per quanto tempo il calcio potrà disconoscere l’omosessualità? Oggi, in alcuni paesi, sono ammesse nozze gay (riguardo all’Italia, meglio tacere); da poco tempo, persino nell’esercito degli Stati Uniti gli omosessuali possono dichiarare con fierezza il loro orientamento. Perché il calcio, movimento veramente globalizzante e globalizzato, vuole rimanere indietro e non stare al passo coi tempi? Forse qualche giocatore, per celare la propria identità gay, si è addirittura sposato e ha messo su famiglia, senza però raggiungere la vera felicità. E allora, quando potremo vedere parità di gusti sessuali? Speriamo presto. E magari si potrà pure assistere al primo matrimonio gay di un calciatore. Pensate alla portata mediatica di tale evento.
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    Basket Nba, il coming out di Collins: ''Sono gay''

    Il centro americano, in questa stagione a Boston e Washington, a Sports Illustrated: ''Non puntavo ad essere il primo atleta dichiaramente omosessuale in uno sport di vertice. Ma visto che è così, sono felice". Obama gli telefona: "Colpito dal tuo coraggio". Bryant: ''Orgoglioso di Jason''


    NEY YORK - Cade un tabù nel mondo dello sport professionistico americano. Il merito è di Jason Collins, 34 anni, un'onesta carriera nel campionato Nba, ultima stagione (con poche apparizioni) tra Boston e Washington. In un articolo scritto per il magazine Sports Illustrated, Collins ha dichiarato di essere omosessuale. "Sono un centro Nba di 34 anni. Sono nero. E sono gay", spiega Collins, che in carriera ha giocato due finali Nba con la maglia dei New Jersey Nets. "Non puntavo ad essere il primo atleta dichiaratamente gay in uno sport di vertice. Ma visto che è così, sono felice di cominciare la conversazione", racconta. "Il viaggio alla scoperta di me stesso è cominciato a Los Angeles, dove sono nato, mi ha portato attraverso due titoli statali a livello scolastico, le Final Four e le Elite Eight nella Ncaa, 9 apparizioni ai playoff in 12 stagioni Nba".

    Scaduto il contratto con Washington, Collins è in cerca di sistemazione. "Ora sono un free agent, in senso letterale e figurato. Ho raggiunto una condizione invidiabile nella vita, posso fare più o meno quello che voglio. E voglio continuare a giocare a basket - prosegue - Amo ancora questo sport e ho qualcosa da offrire. Anche i miei allenatori e i miei compagni dicono che è così. Allo stesso tempo, voglio essere trasparente, autentico e sincero".

    Le parole di Collins segnano una svolta epocale nel mondo dello sport professionistico a stelle e strisce. La National Football League, ad esempio, sta
    ancora aspettando un gesto analogo. "Succederà prima di quanto si pensi", ha detto recentemente Brendon Ayanbadejo, giocatore 36enne che a febbraio ha trionfato nel Super Bowl con i Baltimore Ravens.

    Il tema dell'omosessualità nella NFL è stato uno degli argomenti che hanno caratterizzato la vigilia dell'ultimo Super Bowl. Merito, o colpa, di Chris Culliver: il cornerback dei San Francisco 49ers è incappato in una serie di infelici dichiarazioni quando è stato chiamato a rispondere sull'eventuale presenza di giocatori gay nello spogliatoio. Dopo lo scivolone, Culliver si è scusato e, su indicazione della sua squadra, ha collaborato con un Gay Support Center.

    L'intervista rilasciata da Collins ha monopolizzato l'attenzione dei media americani nel momento clou della stagione Nba: i playoff, intanto, stanno entrando nel vivo. Il 34enne può contare sul sostegno di un 'amico' illustre, l'ex presidente Bill Clinton. "Conosco Jason Collins da quando era un compagno di classe e un amico di Chelsea (la figlia, ndr) all'università di Stanford. Il suo annuncio è un momento importante per lo sport professonistico e per la comunità gay", ha detto Clinton in una nota. "E' anche una dichiarazione perentoria di una brava persona che vuole essere quello che è, come desidera la maggior parte dei noi. Che vuole fare il proprio lavoro. Che vuole costruirsi una famiglia e dare un contributo alla società. Per molti membri della comunità gay, questi obiettivi semplici sono irraggiungibili. Spero che tutti, e in particolare i colleghi Nba di Jason, i media e i suoi amici -ha concluso Clinton- gli garantiscano il sostegno e il rispetto che merita".

    L'appello di Clinton è stato raccolto a stretto giro di posta da David Stern, commissioner della Nba: "Jason è stato un giocatore e un compagno molto rispettato nell'arco della sua carriera, siamo orgogliosi che abbia assunto il ruolo di leader in questo contesto molto importante".

    LA CASA BIANCA CON COLLINS - Pieno appoggio anche da parte del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Prima il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha definito coraggiosa la decisione di Collins, ha confermato il pieno appoggio e ha auspicato che lo stesso facciano la sua squadra e i suoi compagni. Secondo la Casa Bianca, l'annuncio di Collins è un altro esempio di progresso ed evoluzione negli Stati Uniti per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei gay e per il loro diritto a contrarre matrimonio. Poi Obama ha chiamato personalmente il cestista per esprimergli il suo sostegno, dicendosi "colpito dal suo coraggio". E anche Michelle Obama, su Twitter, si è complimentata con il giocatore Nba: "Sono così orgogliosa di te, Jason Collins. Questo è un enorme passo in avanti per il nostro Paese. Siamo con te".

    L'APPLAUSO DI BRYANT - Applaude alla scelta di Collins anche Kobe Bryant. "Orgoglioso di Jason Collins. Non nascondere chi sei per l'ignoranza degli altri" è il messaggio che la stella dei Lakers ha inviato dal proprio profilo Twitter a Collins
     
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  3. arca1959
     
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    grazie Gina
     
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  4. zara67
     
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    Grazie Gina, un applauso a Collins perché ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto in un ambiente come quello dello sport dove e' veramente difficile fare coming out . Penso sia giusto che le persone vengano giudicate per il talento, la bravura e non per i loro gusti sessuali, mi auguro che anche da noi tanti sportivi prima o poi abbiano il coraggio di essere se stessi.
     
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    CITAZIONE (zara67 @ 10/5/2013, 12:03) 
    Grazie Gina, un applauso a Collins perché ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto in un ambiente come quello dello sport dove e' veramente difficile fare coming out . Penso sia giusto che le persone vengano giudicate per il talento, la bravura e non per i loro gusti sessuali, mi auguro che anche da noi tanti sportivi prima o poi abbiano il coraggio di essere se stessi.

    :114.gif: hai ragione zara,sai tanti sportivi non si esprimono anche x i :36_1_22.gif: ,ma ci sono anche le società,dirigenti e gli sponsor che ti fanno firmare i contratti solo se sei etero...e di piu a noi donne tante volte mettono la clausola,niente gravidanza o perdi tutti gli diritti! :36_1_26.gif:
     
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    Olimpiadi, a medaglia 6 atlete lesbiche su 10

    Alle Olimpiadi di Pechino 2008 ben sei atlete lesbiche dichiarate (su 10, sono andate a medaglia.
    Innanzitutto Gro Hammerseng e Katja Nyberg (in foto), rispettivamente capitana e terzino della squadra norvegese di pallamano che ha vinto l’oro, battendo in finale la Russia. Poi l’americana Natasha Kai, che ha conquistato la medaglia d’oro con la nazionale americana di calcio femminile; nello stesso torneo il bronzo è andata alla Germania di Linda Bresonik. Infine il softball, con le americane Lauren Lappin e Vicky Galindo che hanno acchiappato l’argento con la loro squadra.


    Megan Rapinoe, campionessa olimpica con la nazionale di calcio USA e lesbica dichiarata


    Il trend italiano generale per il connubio donne/sport è questo (mi baso su dati ISTAT del 2000). Se sei donna, è difficile che pratichi sport. Se sei donna del Sud, ancora meno. Se sei donna, probabile che ti cimenti in: ginnastica, attrezzistica e danza (circa il 40% del totale); nuoto, pallanuoto, tuffi (circa il 30%); pallavolo (circa il 10%).

    Ad esclusione di questi sport “in rosa” (perché praticati più da femmine che da maschi), per tutte le altre attività la quota dei maschi praticanti è superiore. Alcuni sport si configurano come prettamente maschili, fra questi il calcio/calcetto, il ciclismo e il tennis con gli altri sport di racchetta. Le quote maggiori di sedentari si riscontrano tra le donne.

    Vediamo incrociando i dati cosa ne esce! Al primo posto del nostro sondaggio c’è “Calcio/Calcetto”. Se consideriamo che il calcio è all’ultimo posto tra gli sport praticati dalle donne, potremmo dire che il trend “lesbica=calcio” è vero.

    Al secondo posto troviamo il nuoto, e ci sta, in pieno trend nazionale. Vorrà dire che in piscina la percentuale di nuotare in acque lesbiche è alta. Al terzo posto c’è la palestra, che poi è fitness: che si possa considerare uno sport è tutto da vedere, ma è da inserire perché è comunque un’attività fisica che dà molte soddisfazioni al corpo e agli occhi. Arti marziali e pallavolo vanno a braccetto. Le prime non vengono considerate nella statistica mentre la pallavolo si può mettere tra gli sport poco lesbo friendly, dovrebbe stare un po’ più in su!

    Finalmente troviamo il tennis, che di per sé è considerato uno sport molto maschile: qui siamo circa 2 punti sopra alla percentuale nazionale. Sì il tennis è uno sport da lesbiche! Stesso discorso vale per la pallacanestro e il ciclismo: le percentuali superano di qualche punto la media nazionale. La ginnastica invece si rivela uno sport per etero, nonostante i tentativi onirici del Cigno Nero. Per il rugby, credo che valga lo stesso discorso del calcio.

    In soldoni, la maggior parte delle lesbiche pratica calcio/calcetto.

    Era il lontano 1981 quando Billie Jean King, favolosa tennista classe 1943, dovette ammettere durante un processo la relazione omosessuale (datata 10 anni prima) con la sua segretaria Marilyn Barnett e giocare ancora 2 stagioni per pagarsi gli avvocati. La King è famosa, tra le altre cose, anche per aver vinto il match “Battle Of The Sexes” contro Bobby Riggs, che aveva osato dire che il gioco femminile era talmente inferiore a quello maschile che anche un uomo di 55 anni come lui avrebbe potuto battere la prima giocatrice al mondo. Fu una delle maggiori sostenitrici della lotta contro il sessismo nello sport e nella società e fu una dei pilastri dell’apertura del tennis al professionismo, predicando anche l'uguaglianza tra i premi maschili e femminili.

    Una storia un po’ diversa da quella della sua collega Martina Navrátilová, che, sempre nel 1981, a venticinque anni di età e nel pieno della sua carriera, decise di rivelare il suo orientamento sessuale. Di sua libera iniziativa e con molte meno seghe mentali, a quanto pare. Sarà anche per questi due clamorosi coming out che il tennis è considerato uno sport da lesbiche?

    Nel sondaggio sugli sport più praticati dalle donne lesbiche non era stato incluso il golf. Errore madornale a quanto pare, perché sembra che alle atlete lesbiche piaccia mettere la palla in buca. Nel 1996 abbiamo il coming out di Muffin Spencer-Devlin, la prima golfista professionista a dichiarare apertamente la sua omosessualità. La segue a ruota nel 1998 Patty Sheehan, che oltre alla sua omosessualità dichiara anche di voler adottare dei figli con la sua compagna, cosa che poi realmente fa.

    Nel 2002 abbiamo la prima baskettara out and proud: Sue Wicks: “Non posso dire quante atlete sono omosessuali… ma sarebbe più facile contare quelle etero”. Poi nel 2004, a fine carriera come la prima citata Wicks, arriva la conferma dell’omosessualità di Michele von Gorp, che vive beatamente con sua moglie in Vermont. Saltiamo al 2008, quando Natasha Kai apre la strada a tutte le lesbiche del calcio: ama i tatuaggi (ne ha più di 60) e le donne. Qualcuno la estromette dalla nazionale di calcio USA? And the answer is: NO. Poi arriva Megan Rapinoe, vince una medaglia olimpica e diventa eroina nazionale.

    Dobbiamo passare al 2012 per avere invece la prima pallavolista (che ora milita nella Tiboni Urbino): Stacy Sykora fa coming out durante un’intervista al magazine Pallavoliamo, affermando tra le altre cose: “Ho una fidanzata e sono felice con lei. Mi dispiace se qualcuno ha un problema con questo e non accetta la mia omosessualità, ma sono felice e questa è la cosa più importante”. Ultimo coming out fresco di stampa è quello di Brittney Griner, ragazza del 1990 che stupisce più per le sue doti atletiche come cestista e per il suo contrattone con la Nike, che per la sua sessualità: “Non ti proeccupare di ciò che dirà la gente, perché tutti hanno sempre qualcosa da dire, ma, se sei sincero con te stesso, lascia passare/scherzaci su. Non nascondere chi sei veramente”.

    Sono tutte atlete statunistensi (Navrátilová compresa dato che è cittadina USA dall’81) e la speciale raccolta è presa da qui. Ma tra le file delle atlete dichiarate, ci sono anche rappresentanti del vecchio continente, come le tenniste Amelie Mauresmo e Conchita Martinez, le splendide giocatrici di hockey su prato olandesi Kim Lammers e Marilyn Agliotti, e così via. Qui tutto l’elenco, non so quanto aggiornato, di tutti gli atleti dichiarati (prima o dopo la fine dell’attività agonistica).

    In Italia? Beh, ci sarebbero alcune potenziali lesbo top players, ma nessuna di loro sembra voler diventare la prima atleta a dichiarare la sua omosessualità quando ancora gioca. In effetti nessuno l’ha dichiarato nemmeno a carriera conclusa! Purtroppo… In compenso abbiamo le simpatiche dichiarazioni di Cassano.

    What about men? Jason Collins, alla veneranda età (sportiva) di 34 anni, fa coming out diventando il primo maschietto atleta professionista americano ancora in attività a dire “I’m gay”. Simpatico questo, i 17 momenti più gay di Jason Collins. Prima di lui, c’è stato Matthew Mitcham, che nel giugno 2008 in un’intervista al The Sydney Morning Herald ha dichiarato la propria omosessualità: l’atleta australiano era l’unico omosessuale dichiarato di sesso maschile a partecipare ai XXIX Giochi Olimpici estivi.

    Parliamoci chiaro, a fare coming out nello sport professionistico sono quasi sempre le donne: forse perché lo sport è un ambiente tanto machista, dove sembra che i muscoli e le prestazioni siano legate alla fibra muscolare etero che c’è in te? C’è la paura di perdere i contratti, il timore di avere ripercussioni dentro lo spogliatoio, di perdere i fan. Ma alla fine dei fatti, gli atleti dichiarati hanno perso qualcosa in campo e fuori o hanno guadagnato in libertà e rispetto?
     
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5 replies since 15/4/2013, 19:08   710 views
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