L'ODISSEA

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  1. susacrie
     
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  3. tomiva57
     
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    inizio

    Musa, quell'uom di multiforme ingegno
    Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra
    Gittate d'Ilïòn le sacre torri;
    Che città vide molte, e delle genti
    L'indol conobbe; che sovr'esso il mare
    Molti dentro del cor sofferse affanni,
    Mentre a guardar la cara vita intende,
    E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
    Ricondur desïava i suoi compagni,
    Ché delle colpe lor tutti periro.
    Stolti! che osaro vïolare i sacri
    Al Sole Iperïon candidi buoi
    Con empio dente, ed irritâro il nume,
    Che del ritorno il dì lor non addusse.
    Deh! parte almen di sì ammirande cose
    Narra anco a noi, di Giove figlia e diva.

    Già tutti i Greci, che la nera Parca
    Rapiti non avea, ne' loro alberghi
    Fuor dell'arme sedeano e fuor dell'onde;
    Sol dal suo regno e dalla casta donna
    Rimanea lungi Ulisse: il ritenea
    Nel cavo sen di solitarie grotte
    La bella venerabile Calipso,
    Che unirsi a lui di maritali nodi
    Bramava pur, ninfa quantunque e diva.
    E poiché giunse al fin, volvendo gli anni,
    La destinata dagli dèi stagione
    Del suo ritorno, in Itaca, novelle
    Tra i fidi amici ancor pene durava.
    Tutti pietà ne risentìan gli eterni,
    Salvo Nettuno, in cui l'antico sdegno
    Prima non si stancò, che alla sua terra
    Venuto fosse il pellegrino illustre.
    Ma del mondo ai confini e alla remota
    Gente degli Etïòpi (in duo divisa,
    Ver cui quinci il sorgente ed il cadente
    Sole gli obbliqui rai quindi saetta)
    Nettun condotto a un ecatombe s'era
    Di pingui tori e di montoni; ed ivi
    Rallegrava i pensieri, a mensa assiso.
    In questo mezzo gli altri dèi raccolti
    Nella gran reggia dell'olimpio Giove
    Stavansi. E primo a favellar tra loro
    Fu degli uomini il padre e de' celesti,
    Che il bello Egisto rimembrava, a cui
    Tolto avea di sua man la vita Oreste,
    L'inclito figlio del più vecchio Atride.
     
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  4. susacrie
     
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    Odisseo e Nausicaa
    Dopo il drammatico approdo nell’isola dei Feaci, Ulisse , sfinito si addormenta, Nausicaa, avvertita in sogno da Minerva si reca con le amiche alla riva del fiume e dopo aver lavato le vesti giocano a palla. Con le loro grida svegliano Ulisse, che si copre con un folto ramo e va verso le donne, tutte fuggono tranne Nausicaa, alla quale l’eroe rivolge parole gentili e chiedendo il suo aiuto. Ulisse dimostra una profonda conoscenza dell’animo femminile, usa parole ed espressioni molto dolci che giungono all’animo della fanciulla. La paragona alla dea Artemide e la fa sentire la più desiderabile e perfetta tra le donne, conquista la sua fiducia. Nausicaa manifesta un profondo senso di ospitalità ed è pronta ad aiutarlo.
     
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  6. nuccio47
     
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    GRAZIE PER AVERMI RIPORTATO INDIETRO NEGLI ANNI
     
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  7. susacrie
     
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    ulisse e la maga circe

    Ulisse, dopo aver visitato il paese dei Lestrigoni, risalendo la costa italiana, giunge all'isola di Eea. L'isola, coperta da fitta vegetazione, sembra disabitata e Ulisse invia in ricognizione parte del suo equipaggio al comando di Euriloco. In una vallata gli uomini scoprono un palazzo dal quale risuona una voce melodiosa. Tutti gli uomini, con l'eccezione di Euriloco, entrano nel palazzo, e vengono bene accolti dalla padrona, che altro non è che la maga Circe. Gli uomini vengono invitati a partecipare ad un banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, vengono trasformati in maiali, leoni, cani, a seconda del proprio carattere e della propria natura. Subito dopo Circe li spinge verso le stalle e li rinchiude.

    Euriloco torna velocemente alla nave e racconta ad Ulisse quanto accaduto; Ulisse decide di andare dalla maga per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes, che gli svela il segreto per rimanere immune agli incantesimi di Circe: se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un'erba magica chiamata moli, non subirà alcuna trasformazione.

    Ulisse raggiunge la maga, la quale gli offre da bere come aveva fatto con i suoi compagni; ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare il moli con la bevanda, non si trasforma in animale. Ulisse minaccia di uccidere Circe e questa riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai suoi compagni ed anche a tutti gli altri tramutati in bestie feroci.

    Ulisse passa con lei un anno, avendo dalla maga un figlio, Telegono e, forse, anche una figlia chiamata Cassifone.

    Ulisse è costretto a cedere ai desideri dei suoi compagni, che vogliono tornare a casa, e chiede a Circe la strada migliore per il ritorno: la maga gli consiglia di visitare gli inferi e di consultare l'ombra dell'indovino Tiresia, quindi Ulisse riparte con la sua nave.
     
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  8. susacrie
     
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    ulisse ed eolo

    Eolo, figlio di Poseidone , è il re e custode dei venti. Li custodisce chiusi in otri nella mitica isola di Eolia .


    A lui Giove, re degli dei, aveva affidato il governo dei venti. Eolo trattò Ulisse in maniera molto ospitale, facendosi raccontare tutte le imprese eroiche di cui era stato protagonista e, quando giunse il momento di partire, gli regalò un otre chiuso da una fibbia d'argento, che conteneva tutti i venti più pericolosi, raccomandandogli di non aprirlo per nessun motivo al mondo. La flotta di Ulisse ripartì e per nove giorni, con i favore dei venti, navigò tranquilla, senza che Ulisse abbandonasse neanche per un attimo l'otre regalatogli da Eolo. Ma il decimo giorno, quando ormai erano in vista di Itaca, Ulisse per l'enorme stanchezza si addormentò. I suoi compagni, pensando che l'otre contenesse preziosi e oro, lo aprirono e ............. tutti i venti fuoriuscirono violentemente e si scatenò una tempesta così impetuosa da riportare la nave di nuovo all'isola di Eolo. Ma questa volta, il dio, molto adirato, si rifiutò di aiutare Ulisse, che fu così costretto a riprendere la navigazione con l'animo denso di angoscia.
     
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  9. susacrie
     
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    ulisse: scilla e cariddi

    Sullo scoglio situato nello Stretto di Messina viveva una creatura mostruosa, chiamata Cariddi. Era la figlia della Terra e di Poseidone e, durante la sua vita di donna, aveva mostrato grande voracità. Quando Eracle attraversò lo Stretto con le mandrie di Gerione, Cariddi divorò gli animali.

    Zeus la punì colpendola con uno dei suoi fulmini e la fece precipitare in mare, trasformandola in mostro: tre volte al giorno Cariddi ingurgitava masse d'acqua con tutto ciò che in essa si trovava, e così inghiottiva le navi che si avventuravano nei suoi paraggi, poi vomitando l'acqua assorbita.

    Quando Ulisse transitò la prima volta per lo Stretto, sfuggì al mostro ma, dopo il naufragio provocato dal sacrilegio contro i buoi del Sole, fu aspirato dalla corrente di Cariddi. Ebbe tuttavia la furbizia di aggrapparsi a un albero di fico, che cresceva rigoglioso all'entrata della grotta in cui si nascondeva il mostro, cosicché, quando ella vomitò l'albero, Ulisse poté mettersi in salvo e riprendere la navigazione.

    A un tiro d'arco da Cariddi, sull'opposta sponda dello Stretto, un altro mostro attendeva al varco i naviganti. Era Scilla, nascosta nell'antro profondo e tenebroso, che si apriva nella roccia liscia e levigata, inaccessibile ai mortali.

    Lo scoglio di Scilla in un'incisione del XIX secolo
    A questo nome si ricollegano due distinte leggende. Secondo la prima, Scilla è una figura femminile, figlia di divinità diverse a seconda delle differenti versioni, circondata da sei cani feroci, che divorano tutto ciò che transita nei paraggi. Anche la storia di come Scilla sia diventata un mostro cambia nelle diverse tradizioni.

    Nell'Odissea Omero racconta come Glauco, innamorato di Scilla, rifiutasse l'amore della maga Circe. Costei, per vendicarsi della rivale, mescolò erbe malefiche all'acqua della fonte nella quale Scilla si bagnava. Il corpo della giovane fu trasformato, cosicché dal suo bacino spuntavano i cani mostruosi.

    Secondo altre versioni, Circe aveva trasformato la giovane su istigazione di Anfitrite, innamorata di Poseidone, che le aveva preferito Scilla. Oppure che Scilla era stata punita da Poseidone, per essersi innamorata di Glauco.

    Ancora una versione diversa attribuisce la morte della giovane allo stesso Eracle: quando questi transitò nella zona con i buoi di Gerione, Scilla ne mangiò alcuni; ne seguì un combattimento e Scilla fu uccisa.

    Secondo la seconda leggenda, Scilla era figlia di Niso, re di Megara. Questi restava invincibile fintanto che avesse conservato in testa un capello d'oro (o di porpora). Quando la Città fu assediata da Minosse, che voleva vendicare l'uccisione di Androgeo, Scilla s'innamorò di lui e, per farlo vincere, tagliò il capello del padre, dopo essersi fatta promettere da Minosse che l'avrebbe sposata, se ella avesse tradito la propria città per amor suo.

    Minosse infatti sconfisse Niso ma poi, scoperto con quale crimine Scilla lo aveva aiutato, inorridito la legò alla prua della sua nave e la fece annegare. Gli dei si impietosirono e la trasformarono in airone.
     
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  10. tomiva57
     
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    grazie susi
     
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  11. susacrie
     
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    ulisse e polifemo

    Ulisse, caratterizzato dalla sua grande voglia di conoscenza e dalla curiosità scoprire nuova gente e nuovi popoli, dopo essere partito da Tro..ia e scampato dai pericoli della guerra si imbatte in un'isola sconosciuta e abitata e decide di esplorarla con dodici dei suoi compagni. Appena sbarcato, Ulisse avvista l'antro di Polifemo e ne esplora l'interno decidendo di aspettare l'arrivo del gigante. Alla sera Polifemo arriva e chiude l'ingresso della grotta intrappolando Ulisse e i suoi compagni, dove, ignorando le suppliche e le leggi dell'ospitalità banchetta con due dei compagni. Il mattino seguente, Polifemo si appresta a pascolare le greggi e intanto lo scaltro Ulisse gli prepara un inganno che gli permetterà di fuggire. La sera dopo aver ubriacato il ciclope il
    con vino fortissimo che aveva portato con se egli lo acceca con un palo arroventato, sfuggendo poi la mattina dopo attacco sotto il ventre delle capre che escono per andare al pascolo. Navigando verso il largo, Ulisse grida al ciclope infuriato il suo vero nome, e Polifemo reagisce scagliandoli massi ma non colpendolo e chiedendo vendetta al padre Poseidone, dio dei mari. Ulisse, rivolto al ciclope dice: "Zeus ti ha punito e gli altri dei". Ulisse, con questa affermazione cerca probabilmente di legittimare le proprie azioni violente contro Polifemo attribuendole alla punizione divina che giunge implacabile verso chi non rispetta le regole dell'ospitalità. L'affermazione di Ulisse è quindi l'espressione della giustezza delle gesta che ha compiuto poiché per mezzo di queste si è compiuto il volere degli dei contro un uomo barbaro. Il ciclope si affida alla volontà di Poseidone pregandolo di restituirgli la vista.
     
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  12. susacrie
     
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    ulisse e poseidone

    POSEIDONE FU UNO DI QUEGLI DEI CHE AIUTò GLI ACHEI NELLA GUERRA DI TROIA!RICORDIAMO QUANDO IL SAGGIO CALCANTE VENNE PORTATO VIA DAL MOSTRO MARINO DEL DIO DEL MARE ONDE EVITARE CHE L'INDOVINO RIVELASSE L'INGANNO DEL CAVALLO DI TROIA!QUANDO LA GUERRA FINì,GRAZIE ALL'ASTUTA TROVATA DI ODISSEO,QUEST'ULTIMO URLò DICENDO CHE LUI AVEVA FATTO TUTTO DA SOLO!PER IL MONDO GRECO,PECCARE DI UBRIS(TRACOTANZA) ERA UN GRANDISSIMO PECCATO:QUINDI POSEIDONE SI AVVENTò CONTRO ULISSE!POI LA GOCCIA CHE FECE TRABOCCARE IL VASO FU QUANDO ULISSE ACCECò IL FIGLIO DI POSEIDONE:POLIFEMO!
     
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  13. susacrie
     
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    ulisse e il cavallo di legno

    Dopo dieci anni di inutile assedio i greci, seguendo un piano ideato da Ulisse, finsero di rinunciare alla conquista della città e di tornare alle proprie sedi, lasciando sulla spiaggia un enorme cavallo di legno, per placare gli dei e propiziare il viaggio di ritorno in patria. All'interno del cavallo erano però nascosti i più valorosi guerrieri greci, guidati da Ulisse. I troiani, felici per lo scampato pericolo, trascinarono il cavallo all'interno delle mura, nonostante Laocoonte e la profetessa Cassandra, assieme ad alcuni presagi, avessero sconsigliato di farlo.
    Di notte, mentre i troiani dormivano, i greci uscirono dal cavallo ed aprirono le porte della città ai propri compagni. Questi, dopo essersi nascosti con le loro navi dietro un'isoletta vicina di nome Tenedo, erano di nuovo sbarcati sulla spiaggia di Troia. Penetrati nella città, i greci colsero di sorpresa i troiani, che furono facilmente sopraffatti. Troia fu data alle fiamme.
     
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  14. gheagabry
     
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    STORIE DI SIRENE



    Io dunque tutto le dissi per ordine, e poi mi parlava parole Circe sovrana: "Così tutto questo è compiuto; ma ora tu ascolta come io ti parlo: te lo rammenterà ancora il dio.

    Alle Sirene prima verrai, che gli uomini stregano tutti, chi le avvicina.

    Chi ignaro approda e ascolta la voce delle Sirene, mai più la sposa e i piccoli figli, tornato a casa, festosi l'attorniano, ma le Sirene col canto armonioso stregano, sedute sul prato: pullula in giro la riva di scheletri umani marcenti; sull'ossa le carni si disfano.

    Ma fuggi e tura gli orecchi ai compagni, cera sciogliendo profumo di miele, perché nessuno di loro le senta: tu invece, se ti piacesse ascoltare, fatti legare nell'agile nave i piedi e le mani ritto sulla scarpa dell'albero, a questo le corde ti attacchino, sicché tu goda ascoltando la voce delle Sirene"...


    (da "Odissea" di Omero)
     
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  15. susacrie
     
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    ulisse e calipso

    Nella mitologia greca Calipso è una ninfa, il cui nome potrebbe derivare dal verbo greco kalyptein («Colei che nasconde»); sulla sua geneaologia alcuni la considerano figlia di Atlante e di Pleione, secondo gli altri di Elio (il Sole) e di Perse, quindi sorella di Eete e di Circe. Secondo Esiodo, era una delle Oceanine, figlie del titano Oceano e della titanide Teti. Infine appare anche nell'elenco delle Nereidi, le figlie di Nereo e di Doride.

    Secondo il racconto dell'Odissea di Omero era invece figlia di Atlante e viveva sull'isola di Ogigia, che gli autori pongono nell'Occidente mediterraneo e che è senza dubbio identica alla penisola di Ceuta, di fronte a Gibilterra. Un giorno Ulisse, scampato al vortice di Cariddi, approdò sull'isola e Calipso se ne innamorò. L'Odissea racconta come ella lo amò e lo tenne con sé per dieci anni (si dice anche sette, o anche un anno) offrendogli invano l'immortalità, che l'eroe insistentemente rifiutava. Ulisse conservava in fondo al cuore il desiderio di tornare ad Itaca, e non si lasciò sedurre.

    Calipso abitava in una grotta profonda, con molte sale, che si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano attraverso l'erba. Ella passava il tempo a filare, tessere, con le schiave, anch'esse ninfe, che cantavano mentre lavoravano.

    Le lacrime di Ulisse vennero accolte da Atena, la quale, dispiaciuta per il suo protetto, chiese a Zeus di intervenire. Il dio allora mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio. Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.

    Le leggende posteriori all'Odissea attribuiscono a Ulisse e Calipso un figlio, chiamato Latino, più spesso considerato come figlio di Circe; talvolta, si racconta ch'essi avessero avuto due figli, Nausitoo e Nausinoo, i cui nomi ricordano la nave. Infine si attribuisce loro come figlio anche Ausone, l'eponimo dell'Ausonia.
     
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