Funambolo

Maria Spelterini, Philippe Petit

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar


    Group
    moderatori
    Posts
    19,944
    Location
    Zagreb(Cro) Altamura(It)

    Status
    Offline
    Funambolo

    Funambolo è chi si esercita nell'arte del funambolismo dal latino (funis ambulare - camminare sulla fune) ovvero quella pratica circense effettuata sin dall'antichità in spettacoli di strada e itineranti. Solitamente veniva tesa una fune ad un paio di metri dal suolo mediante aste e tiranti e l'artista ci camminava. Oltre a camminarci però lo spettacolo poteva comprendere anche numeri più complicati, ad esempio di volteggio, di clown, di giocoleria secondo la bravura dell'artista. La corda può essere molto tesa ed in questi casi viene adoperato un cavo di acciaio e questo tipo di preparazione è adatto a tragitti molto lunghi o in strutture più organizzate come i circhi mentre negli spettacoli da strada è utilizzata la versione meno tesa con funi che richiedono minor tempo di preparazione e maggiore semplicità.

    Il termine funambolo è usato anche per indicare in modo figurato chi ha grandi doti di equilibrismo e di spettacolo o in generale come sinonimo di acrobata.

    In epoca moderna funamboli come Philippe Petit o Adili Wuxiuer hanno teso funi d'acciaio in scenari spettacolari come le cascate del Niagara, Notre Dame o le torri gemelle del World Trade Center.

    Funamboli famosi

    Charles Blondin
    Maria Spelterini, la prima donna ad attraversare le cascate del Niagara
    Con Colleano
    Robert Cadman
    Philippe Petit
    F.Molodzoff


    Maria Spelterini

    Maria Spelterini (ca. 1853 – ...) fu una funambola italiana, famosa per essere stata la prima e forse l'unica donna ad aver attraversato le cascate del Niagara. Lo fece più volte nel luglio del 1876. Tra il 1872 e il 1873 si esibì anche in Europa.

    Sebbene la maggioranza dei temerari associati acrobazie a Niagara Falls sono uomini, alcuni di questi avventurieri sono state le donne.
    La signorina Maria Spelterini, per esempio, è diventata la prima donna ad attraversare la gola del fiume Niagara in una corda tesa. A 23 anni, formosa e bella donna di origini italiane, Spelterini eseguito il suo viaggio attraverso la gola il 8 Lug 1876 con un due e un filo quarto di pollice. Il 12 luglio, ha fatto un altro passaggio, questa volta indossando cesti di pesche legato ai suoi piedi. Il 19 luglio si è esibita lo stunt con gli occhi bendati e il 22 luglio si avventurò attraverso la gola su una corda tesa, con le caviglie ei polsi ammanettati. Quattro giorni dopo, ha fatto il suo passaggio finale sulla gola. Spelterini mai eseguita di nuovo.
    Il 6 settembre 1901, Carlisle Graham – un temerario che ha attraversato il fiume Niagara tempi numerose rapide, ha prestato la sua botte di residenti Buffalo Martha Wagenfuhrer, che divenne la prima donna a navigare in sicurezza le rapide e idromassaggio da solo.
    Il giorno dopo, Graham organizzato uno spettacolo con il suo amico, Maude Willard. Il piano prevedeva Willard di cavalcare la canna attraverso le rapide alla Whirlpool, e poi lei e Graham avrebbe nuotare il resto del stunt a Lewiston. Willard salito in botte di Graham e carica attraverso le rapide, ma la canna era impigliato nella vasca idromassaggio per diverse ore prima che fosse liberato. Willard è morto per soffocamento. Il naso di Willard domestico fox terrier, che l’aveva accompagnato nel viaggio, è stato bloccato in buca solo aria della canna.
    Forse il più famoso femminile Cascate del Niagara temerario è Annie Edison Taylor, che divenne la prima donna a sfidare Cascate del Niagara in un barile per il suo compleanno 46, che era 24 ottobre, 1901. Un insegnante della scuola Michigan e una vedova, Taylor era vestito con un lungo abito nero e un cappello fiorito, quando si arrampicò nel suo barile, che era pieno di imbottitura e un materasso di piccole dimensioni. La canna immersa negli Horseshoe Falls e lei sopravvissuti al viaggio solo con tagli e contusioni lievi. Quando lei è stato tirato dalla botte, Tyalor ha detto: “Nessuno dovrebbe mai farlo di nuovo”.


    Philippe Petit

    Philippe Petit ha compiuto delle imprese davvero straordinarie. Tutta la sua vita (adesso si avvicina ai sessanta) è stata una continua ricerca della perfezione, sotto la spinta di un'inestinguibile passione. Quale? Quella di avvicinarsi sempre più al cielo, ma tenendo sempre i piedi poggiati "a terra" (si fa per dire...) o, meglio, su una fune o su un cavo d'acciaio. teso all'inverosimile. Prestigiatore, mimo, anche - per un breve periodo - borseggiatore, saltimbanco e, alla fine funambolo e tutto, sempre, da autodidatta. E che funambolo! Philippe Petit non s'è mai accontentato di fare il semplice funambolo da circo, quello che tutti abbiamo visto camminare su una fune tesa a sette-dieci metri da terra, ma con la rete di sicurezza distesa al disotto: ha voluto specializzarsi in avventure spettacolari (che lui definisce semplicemente "passeggiate") e, da questo punto di vista, si può equiparare a quei runner che tentano imprese estreme mai tentate prima, come - ad esempio - Michael Collins (indubbiamente un paradigma nel campo dell'ultramaratona estrema, ma anche scrittore di successo). Imprese come - giusto per elencarne alcune - la passeggiata tra le due torri di Notre Dame de Paris, la traversata sulle cascate del Niagara, oppure la camminata di 800 metri su di una corda tesa - in diagonale e in pendenza - sino al secondo piano della Tour Eiffel, o ancora la traversata dalla sommità di una delle Twin Towers all'altra. Nel corso della sua vita ha accumulato un numero sorprendente di arresti (alcuni dicono 500) dal momento che queste sue imprese - salvo i rari casi in cui è stato autorizzato preventivamente come nel caso di quella della Tour Eiffel - sono tutte illegali, arresti che sono giunti al compimento dell'impresa, oppure prima.


    Ognuna delle sue imprese, come la traversata delle Twin Towers, quella in assoluto più famosa, richiede progettazione, attenta pianificazione, preparazione tecnica (compreso l'allestimento di tutti i materiali tecnici occorrenti, a partire dal cavo che, di volta in volta, in funzione delle caratteristiche della passeggiata (altitudine, forza dei venti, pendenza) deve essere appositamente costruito.
    Qual'è la singolarità di Philippe Petit e la lezione che egli ci trasmette? E soprattutto qual'è il suo interesse per noi? - si chiederanno in molti.
    Ci sono due aspetti da prendere in considerazione, essenzialmente. Il primo è sicuramente l'esistenza di un punto di affinità tra Philippe Petit e tutti coloro che tentano imprese estreme, spinti ad andare sino in fondo da una passione forte ed intensa - e spesso inspiegabile nelle sue radici più profonde.
    E questo è il motivo più generico.
    Il secondo assume delle connotazioni ben più specifiche e ci fornisce degli spunti fecondi di riflessione nella pratica degli sport estremi e soprattutto di quelli condotti in solitudine, spostando il fulcro della speculazione sulle origini della capacità dell'individuo di fronteggiare difficoltà, fatiche, insidie ambientali non comuni in una pratica che è innanzitutto mentale, prima che del corpo.
    Diciamo pure che questa breve riflessione, di cui vedremo più avanti la specifica enunciazione che ne fa Philippe Petit, potrebbe essere uno degli elementi su cui si fonda la resistenza mentale nelle gare di endurance e negli sport estremi più diversi.
    Philippe Petit ha scritto ben tre libri.
    Uno, quando ancora aveva 17 anni e quando - come lui stesso afferma - ancora non sapeva nulla degli aspetti pratici del funambolismo e delle intuizioni che vi sono contenute oggi lui stesso non finisce mai di stupirsi, quando gli capita di rileggerlo (Trattato di funambolismo, Ponte alle Grazie, 1999).
    Nel secondo volume, Toccare le nuvole. Fra le Twin Towers, i miei ricordi di funambolo (Ponte alle Grazie, 2003), corredato da una serie di illustrazioni (per lo più foto in BN), iracconta con ricchezza di dettagli la progettazione, la pianificazione e, infine, la realizzazione della "passeggiata" tra le due Torri del WTC di New York.

    Infine, il terzo (che è quello che ci interessa), Credere nel vuoto (Bollati Boringhieri, 2008), realizzato con il materiale raccolto in occasione di uno degli incontri organizzati da Torino Spiritualità (www.torinospiritualità.org) che si propone "di porre domande che non cercano mai una sola risposta", su temi che intersecano la filosofia, la teologia, la storia delle religioni, la politologia, le scienze sociali e quelle umane.
    Infatti, per la singolarità delle sue scelte e dell suo modo di vivere, ma anche per ila sintesi originale di pensiero che egli fa sulla sua vita, Philippe Petit è anche considerato uno che ha qualcosa da dire a chi si occupa di spiritualità e che non si accontenta di risposte univoche a domande semplici.
    Ed è più che legittimo attendersi questo da un uomo temprato a camminare vicino al cielo, senza poterlo mai toccare e con il suolo sotto di sé ad un'infinita distanza senza nessuna protezione: un uomo solo tra terra e cielo con la sua immensa fragilità e armato della sua passione e di una forte volontà.
    In quest'ultimo libro (che è la trascrizione esatta della conferenza-incontro con il gruppo torinese, con la moderazione di Michele Serra), Philippe Petit ci spiega che le sue "passeggiate" (come ama definirle) sono innanzitutto una faccenda di testa, prima ancora che una performance fisica. Bisogna innanzitutto volere e credere, è una faccenda di fede, dunque - spiega Petit. Camminare sul filo, per lui, è una specie di "religio" nel senso dei Latini (dal verbo "religare", cioè unire legando assieme. Nella sua esperienza, Philippe Petit parte da un punto noto e sa che dovrà compiere una traversata sino ad un punto ignoto e che, da quel momento, quei due punti saranno per sempre uniti, anche quando le luci si saranno spente e quel cavo d'acciaio teso sul vuoto, su cui lui ha camminato con semplicità sarà stato smontato.
    Nelle semplici parole con cui si esprime, Philippe Petit dimostra di essere davvero un uomo straordinario che ha compiuto imprese storiche e mirabolanti che rimangono per sempre nei nostri cuori, come quella memorabile ed emozionante del 1974 (le Twin Towers). Ora le torri del WTC non ci sono più, il ricordo della sua impresa rimane e segna con un marchio profondo di fede e speranza un mondo che questi due valori sembra non possederli più.
    Philippe Petit è un uomo interessante e volitivo, anche perchè afferma - con il carisma che gli compete - che se uno vuole può sviluppare il talento per compiere qualsiasi cosa gli piaccia fare: in altri termini, come affermava con forza anche Lawrence d'Arabia - altro personaggio straordinario - "Nulla è scritto", mentre ciò che importa veramente nel raggiumento dell'obiettivo che ci si è posto sono la determinazione e l'applicazione, la volontà e la costanza: armati di queste qualità, e avendo anche fede in se stessi, nelle proprie capacità e nelle proprie forze, si può arrivare dovunque. In questo senso, Philippe Petit enuncia una formulazione che entra in contraddittorio con il luogo comune secondo cui "...per compiere imprese straordinarie, occorrano uomini straordinari". Al contrario egli sembra sosteneere che un qualsiasi uomo comune può realizzare cose fuori dal comune, purchè animato dalla passione e da incrollabile determinazione e coraggio, ma senza essere temerario Nell'essere temerario è contenuto il germe della hubris e della supervalutazione di sé che, alla lunga, genera il fallimento.
    Come insegna Philippe Petit, non tutto si può raggiungere: alcune imprese, lungamente studiate, dopo anni di preparativi si fermano prima della loro realizzazione. Ma è già importante che tutte le energie interiori siano state profuse nella fase della progettazione, anche se poi viene a mancare il segmento finale della performance, in senso stretto. Quell'impresa non compiuta rimarrà come "sogno nel cassetto" e fornirà "carburante" per la progettazione e la realizzazione di altre avventure.
    Con le sue parole Philippe Petit ci trasmette così un messaggio di grande spiritualità, pur dichiarando di non essere credente nel senso ordinario della parola.
    Il decano Morton della chiesa newyorkese di Saint John the Divine dove Philippe vive da quasi 25 anni in una parte dell'edificio che il decano gli ha concesso per il suo uso abitativo privato ha detto significativamente di lui: "Philippe non crede in Dio. Dio però crede in Philippe", nel senso che Dio vede il dio che è in lui.
     
    Top
    .
  2. arca1959
     
    .

    User deleted


    grazie Gina
     
    Top
    .
1 replies since 8/1/2013, 12:49   366 views
  Share  
.