Juventus

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    I grandissimi Capitani: Alex Del Piero
    Fenomeno Vero



    Alessandro Del Piero è nato il 9 novembre 1974 a Conegliano Veneto (TV). Sua madre si chiama Bruna, e si occupa della casa, mentre suo padre Gino, purtroppo scomparso da poco tempo, faceva l'elettricista prima di andare in pensione. Alessandro ha un fratello di 9 anni più grande di lui che si chiama Stefano, oltre che una sorella adottiva di cinque anni e di nazionalità romena che si chiama Beatrice. Alex tiene moltissimo ai suoi familiari, e quando può torna a trovarli.
    Sin da quando era piccolo, la futura stella della Juventus tirava calci al pallone nel San Vendemiano, la squadra del suo paese che può vantarsi di essere stata la prima formazione a schierare tra i suoi giocatori un certo Alessandro Del Piero. Sua madre avrebbe preferito che il piccolo Alex giocasse in porta, dove era meno facile farsi del male, ma suo fratello Stefano fece notare che "forse" stava meglio lì davanti, in attacco....

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    All'età di 16 anni, nel 1991, Alessandro Del Piero si trasferisce al Padova, squadra nella quale si mette subito in luce come uno dei talenti più importanti del calcio italiano. E infatti gli occhi dei maggiori club si appuntano ben presto su di lui: alla fine (siamo nel 1993) rimangono in lizza Milan e Juventus.



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    A far pendere il piatto dalla parte della squadra torinese è Piero Aggradi, Direttore Sportivo del Padova e "scopritore"di Alex: venendo incontro ai desideri del giocatore, viene decisa la cessione alla Juventus, che ritiene di aver trovato in questo modo il sostituto Roberto Baggio. Da quando Roby Baggio è passato al Milan, Alex è diventato il leader indiscusso della Juventus. Pochi avrebbero creduto, allora, che in realtà era stato trovato il sostituto di Michel Platini...

    SCHEDA


    Nato a Conegliano veneto (TV) il 9 Novembre 1974
    Altezza cm 173
    Peso Kg.73
    Nazione Italia
    Ruolo Attaccante
    Esordio in Serie A 12/9/1993 Foggia-Juventus 1-1
    Esordio in Nazionale 25 marzo 1995 Italia-Estonia 4-1
    Presenze in Nazionale 26
    Gol 9








    PALMARES
    3 Campionati Italiani: 94/95, 96/97, 97/98
    1 Coppa dei Campioni: 95/96
    1 Coppa Intercontinentale: 96
    1 Suppercoppa Europea: 96
    1 Coppa Italia: 94/95
    2 Supercoppe Italiane: 95, 97

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    Video





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    Champions League - Matri, Marchisio, Vucinic: Juve da urlo!
    La formazione di Conte passa 3-0 al Celtic Park grazie a una partita praticamente perfetta: la qualificazione ai quarti di finale è già cosa fatta. Era dal 1969 che una squadra italiana non vinceva in casa del Celtic: l'ultima, e unica fin qui a riuscirci, era stato il Milan di Rocco con un gol di Pierino Prati...
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    Attenta e concreta. La Juventus fa esattamente la partita che doveva fare e torna da Glasgow con un 3-0 che, in vista del ritorno allo Juventus Stadium, è molto più di un’assicurazione. Il Celtic è vinto sotto tutti i punti di vista: a Torino, fra tre settimane, basterà contenere. Perché l’impresa del Celtic Park vale già da sola la qualificazione.

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    JUVE CON MATRI+VUCINIC: CELTIC SENZA SAMARAS – La Juventus conferma il 3-5-2 annunciato alla vigilia: Caceres titolare in difesa per via dell’indisponibilità di Chiellini (infortunato, e comunque squalificato), mentre largo a sinistra gioca Peluso al posto di Asamoah, di ritorno dalla Coppa d’Africa ma che non va nemmeno in panchina. Davanti Matri e Vucinic. Nel Celtic non c’è invece Samaras, non al meglio: al suo posto gioca Commons. Subito titolare invece Ambrose, vincitore con la Nigeria della Coppa d’Africa 2013.

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    MATRI IN AVVIO PER IL VANTAGGIO BIANCONERO - Parte molto forte il Celtic, che come prevedibile comincia a ritmo altissimo e prova a fare la partita fin dai primi minuti. Ma, come le vecchie squadre inglesi di una volta, manca di qualità; quella qualità che permette, con l’ultimo passaggio, di mettere il proprio attaccante solo davanti al portiere avversario. Wanyama spaventa Buffon da 30 metri, poi però - al terzo minuto di gioco - la Juve trova il gol del vantaggio: lancio lungo di Peluso, dormita di Ambrose (un azzardo farlo partire titolare, era di ritorno dalla Coppa d’Africa) e Matri, che sta vivendo uno straordinario momento di grazia, anticipa Forster per l’1-0 che gela il Celtic Park. La formazione di Lennon riprende in mano la gara, ma Buffon non corre comunque grossi pericoli. Nemmeno il suo collega del Celtic, a dire la verità, ma la sensazione è che la Juventus – soprattutto in contropiede – possa fare male agli scozzesi. La partita nel finale diventa molto più fisica rispetto alla prima parte di gara, ma la squadra di Conte reagisce colpo su colpo al guanto di sfida lanciato dal Celtic. E a fine primo tempo torna negli spogliatoi avanti 1-0. E con pieno merito.

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    IL CELTIC CALA, LA JUVE TRIONFA - Il film della partita è lo stesso anche nel secondo tempo, con l’unica differenza che il Celtic però comincia ad avere meno carburante nel serbatoio. Al 62esimo Ambrose ha sulla testa il pallone del 2-1, ma – tutto solo davanti a Buffon – conclude centralmente. La Juve prende coraggio, sfiora il gol del raddoppio con Vucinic al 67esimo e poi, dieci minuti più tardi, chiude la partita con Marchisio, al primo centro nel 2013, che sfrutta una grandissima sponda di Matri, salta Brown e batte Forster con un destro potente sul primo palo. Il grande risultato diventa poi trionfo al minuto 83, quando Ambrose (sempre lui!) si addormenta con il pallone tra i piedi e regala il possesso a Marchisio: pallone nel corridoio per Vucinic che, con il piatto destro, deposita in rete il gol del definitivo 3-0 Un risultato che sa di impresa: un’impresa che vale i quarti di finale della Champions League 2012-2013.

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    Il genio Cabezon: Omar Sivori



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    Sivori è nato a San Nicolas, un paesotto a 200 km da Buenos Aires, il 2 ottobre 1935. Era stato ingaggiato, su segnalazione di Renato Cesarini, dal River Plate nel 1952, che lo aveva prelevato nella squadra del Teatro Municipal. Arrivava da noi decantato componente del trio degli «Angeli dalla faccia sporca», lui, Maschio e Angelillo avevano fatto faville nella «selecion» biancoceleste vincendo il campionato sudamericano.

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    Doveva arrivare lui per capire che ancora non sapevamo niente nessuno, in quanto a calcio giocato con perfidissima grandezza e in quanto al resto, l'inquietudine selvaggia dell'uomo, il suo sfidare il mondo a stinchi nudi dribblando i virulenti difensori e perfino irridendoli con un giochino nuovo: il tunnel. Era l'estate 1957. Veniva a costare alla Juventus (che aveva da qualche mese il più giovane presidente d'Italia, Umberto Agnelli) la bellezza, in quei giorni non ancora esplosi nel decantato boom economico del Paese, di dieci milioni di pesetas versati nelle casse del River Plate che adoperava la cifra per rinnovare lo stadio.
    Nella cronaca di Carlo Bergoglio detto Carlin, re giornalistico d'epoca, sull'avvenimento del primo match giocato allo stadio di Torino in un pomeriggio di pioggia da Enrique Omar Sivori, si colgono perplessità nella prosa del maestro, perché l'argentino rallentò molto il gioco, esprimendo soltanto a momenti la superiore perfidia del suo piede sinistro.

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    LO SCUDETTO DEL '58
    La formazione bianconera vincitrice subito del campionato con Sivori e Charles — campionato 1957-58 — dev'essere ricordata con una sorta di trepidazione: Mattrel, Corradi e Garzena, Emoli, Ferrario, Colombo, Nicole, Boniperti, Charles, Sivori, Stacchini.
    La Juventus stracciò tutti in quel campionato a 18, anche la Fiorentina (a otto punti) e il Padova di Rocco (a nove). Va detto, senza tema di smentite, che la squadra riuscì a far combaciare le sue disuguaglianze, assorbendo giocatori non proprio eleganti come Garzena, Emoli e Colombo in una trama di gioco che verticalizzava su John Charles il gallese e assumeva la parte del drammatico risolutore appunto in Sivori.
    Corradi era terzino elegante e strategico quanto Garzena era pressapochista e fumoso, Emoli e Colombo sgobbavano, Boniperti col 7 di schiena ed il sorriso sulle labbra giocava da regista sul podio, legnando all'occorrenza e mai sciupando un pallone. Lo stopper Ferrario mulinava piedoni zeppi di ferraglia in modo più che altro drastico. Non fece mai male a nessuno ma faceva paura a vederlo. E tra i pali quel miracoloso ragazzo di nome Carletto Mattrel, portiere anomalo, qualcosa gli impediva di staccarsi nel colpo di reni, era tutto piazzamento e abilità nelle uscite. Non aveva tanta forza fisica. Però quel campionato fu meravigliosamente suo: 33 partite, quanti gli anni del Signore.
    E che giornate memorabili... Lui, il portiere dal viso di bambino con fossette e dai riccioli spensierati, il gallese amante della birra preso perennemente in giro da Sivori e Sivori, per la regia di Boniperti, fabbricarono quel decimo scudetto.

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    I «DUE» SIVORI
    Sivori si presentò al mondo della pedata italica e in quattro battute lo ebbe ai suoi piedi. Intanto dedicava le sue dichiarazioni sarcastiche a chi volesse capire e poi giocava da capo apache, da impavido approfittatore delle debolezze altrui, da diavolo giocava a stinchi nudi, per dimostrare che non c'era mai stato un'altro come lui.
    Sivori avrebbe fatto ritornare dall'Argentina il suo amicone con borse, borsette - sotto gli occhi - Renato Cesarini detto «Ce».
    La classe di Enrique Omar Sivori culminava nel piede sinistro ma si esercitava nella pedinazione dell'av- versario da infilare nel suo diabolico giochino.
    Quel testone arruffato da neri capelli, quei due occhi scuri ora torvi ora dolci, quella sua voce strascicata e come satura di antiche predizioni che menava per il bavero a destra e a sinistra, chi l'ha dimenticata nella Juve? Sapeva essere un impareggiabile compagnone ma subito dopo un imperdonabile rompiscatole. Era civile ma un istante dopo selvaggio.
    Era amabile, perfino soave e venti secondi dopo perfino brutale. Era sangue e arena, era zucchero e cicuta, era Sivori. Il suo veleno era il suo sangue indio, nei momenti di rabbia un cieco furore. Boniperti riuscì a tenergli testa soltanto con la pazienza e il sorriso. E accorciò la sua carriera per lasciare campo libero allo straripante compare. Torino, la Juventus, l'Italia si innamorarono follemente di Omar Sivori.
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    Non che mancassero altre attrazioni.
    Mentre Rachele Mussolini raccontava la vita di suo marito Benito, usciva la «cinquecento», prezzo nemmeno mezzo milione, l'automobile per tutti. Solo l'automobile? Per tutti anche il papa dell'amore, il papa della semplicità, il papa quieto e meno appariscente di tutti i tempi moderni: Giovanni XXIII.
    E il calcio di Sivori per tutti, il contrario del calcio del collettivo per intenderci, calcio di angeli e diavoli radunati in un piede solo, il sinistro, in un testone arruffato. Il «Cabezon» dava spettacolo. E tutto doveva piegarsi a lui perché potesse alla domenica sentirsi abbastanza ispirato da dare spettacolo.

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    IL PIÙ FORTE
    E non c'erano regole da rispettare né finzioni da tutelare, spiattellava crudele che quello non lo voleva vedere e la Juve ne faceva a meno. Bisognava che capissero che era il più forte, anche Boniperti anche Charles, bisognava che gli facessero una statua in Piazza San Carlo. Il Divo Sivori si concedeva tutto. Finita la partita andava dove voleva lui. Si allenava quando voleva lui, mangiava quel che voleva lui, finiva di giocare a carte quando voleva lui, «Non lo vedi che ho da fare?», diceva al povero cronista venuto per un'intervista.
    Le interviste le concedeva quando si era alzato bene, e quando i monarchi si alzano bene al mattino?
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    Tre scudetti, tre Coppe Italia ('59,'60, e'65), 215 partite e 135 gol, nove volte azzurro d'Italia: così il ruolino di Omar Enrique, indomabile asso della Juventus. La sua specialità era il tunnel ma anche il gol sardonico. Il gol prendingiro, il gol menefreghista, il gol cinico. Più di una volta, scartati il terzino e il trafelato portiere, aspettava che rinvenissero prima di appioppare al pallone il colpetto decisivo. I suoi tocchi al volo, le sue mezze rovesciate, le sue carognesche finte non sono state più dimenticate da chi l'ha conosciuto. Faceva il fallo per primo sul terzino, lo intimoriva lui il killer di turno. A stinchi nudi, guardandolo coi suoi occhi pieni di sconfinata protervia, dove abitava il suo vero coraggio, coraggio della disperazione, coraggio della classe, coraggio indio. Ebbe un piede solo Sivori! Il destro gli serviva per saltare sul tram? Tutte storie. Pochi fuoriclasse sono stati immensi, stratosferici, ineguagliabili come lui. Maradona fu più veloce, ma Sivori era più artistico, più malandrino, più divertente, più diavolesco...

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    I grandi della Juve: "Il barone" Franco Causio
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    Grande campione della Juventus degli anni '70, Franco Causio ha lasciato un segno indelebile nella storia del calcio italiano, per la sue giocate raffinate. Nato a Lecce l'1 febbraio 1949, Franco Causio ha avuto il merito di fare del calcio e del suo ruolo di ala, un arte un modo di esprimersi; irresistibile con la palla al piede, è riuscito ad inventare uno stile di gioco, che in molti hanno cercato di copiare, che è rimasto impresso nella mente di molti tifosi.


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    Il suo miglior periodo è senza dubbio legato alla Juventus degli anni settanta e alla nazionale di Enzo Bearzot. Il suo esordio avviene nella stagione 1964/1965 nella squadra della sua città, il Lecce, in quell'anno militava in serie C. L'anno successivo passa alla Sambenedettese sempre in serie C. Nel 1966 approda nella Juventus di Heriberto Herrera che lo fa esordire in serie A, appena diciannovenne, contro il Mantova. Successivamente, viene mandato prima alla Reggina poi al Palermo, per consentirgli di fare esperienza e maturare. Ritornato a Torino nel 1970, Franco Causio, non trova ancora un posto da titolare, ma in quella stagione riesce comunque a farsi notare segnando 6 reti. Ma è nella stagione successiva che, sotto la guida di Vycpalek, Causio trova lo spazio che merita giocando 11 campionati con la maglia bianconera e vincendo 6 scudetti, una coppa Italia e una coppa UEFA. In questo periodo è anche protagonista della Nazionale Italiana dove esordisce sotto la guida di Valcareggi.

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    All'età di 32 anni sembra che la sua carriera sia alla fine; la Juventus lo cede all'Udinese e in Nazionale deve cedere il posto a Bruno Conti. Ma nonostante ciò riesce ancora ad essere presente nella finale dei Mondiali dell'82, che gli permette di fregiarsi del titolo di Campione del Mondo. Nell'Udinese gioca una superba stagione, l'anno seguente passa all'Inter, per poi giocare una stagione nel Lecce neo-promosso in serie A e concludere la sua carriera a 39 anni con due stagioni nella Triestina.





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    I grandi della Juve: Zinedine Zidane
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    Zinedine Zidane, detto “Zizou”, debutta nella massima divisione francese con il Cannes nel 1988: due sole presenze in attesa del lancio definitivo che avverrà nel 1990. Nel 1992 viene ceduto al Bordeaux, dove vive la sua migliore stagione in patria: gioca 35 partite e segna 10 goals. È dai tempi di Michel Platini che in Francia non vedono un calciatore così brillante, così dotato di creatività e così efficace nei sedici metri; con i piedi fa quello che una persona normale non riuscirebbe a fare con le mani, la sua eleganza è pari a quella di un ballerino.


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    Si trova a meraviglia con due altri futuri campioni francesi, Christophe Dugarry e Bixente Lizarazu, con i quali formerà quello che verrà chiamato il “triangolo bordolese”, Vanno molto d’accordo, riescono a trovarsi sul campo con gli occhi chiusi e portano “Les girondins” alla finale di Coppa Uefa, persa contro il Bayern di Monaco.
    Il 17 agosto 1994 a Bordeaux, esordisce in Nazionale, contro la Repubblica Ceca. Entrato in campo nella ripresa, con la Francia in svantaggio per 0 a 2, “Zizou” porta la sua Nazionale al pareggio, con due splendide reti. Tuttavia, il posto nella Nazionale è tutto fuorché sicuro e deve aspettare quasi un anno per potersi considerare titolare a tutti gli effetti.
    Platini, che con la Juventus e con la famiglia Agnelli è rimasto in ottimi rapporti, prima racconta le prodezze del ragazzo marsigliese e poi ne suggerisce l’acquisto. Così “Zizou” lascia Bordeaux per raggiungere Torino nell’estate del 1996.

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    I primi due anni sono trionfali. Per la Juventus e per il marsigliese. Scudetti e Coppe sono i risultati di una squadra che punta sempre al massimo. In un campionato dove hanno fallito molti stranieri, Zidane si rivela un campione, soprattutto in attacco, quando con fantastiche intuizioni manda in goal tutti i suoi compagni, da Del Piero a Vieri, da Inzaghi a Kovacevic.
    «Lippi è stato come un interruttore: mi ha acceso ed io ho capito cosa significa lavorare per qualcosa che vale. Prima di arrivare in Italia, il calcio era un lavoro, ma soprattutto un divertimento. Da quando sono arrivato a Torino, invece, la voglia di vincere non mi ha lasciato più».
    Con Didier Deschamps, capitano della nazionale francese, che ha già vinto la Coppa dei Campioni con l’Olympique Marsiglia e con la Juventus, da vita ad una coppia di centrocampisti di rara bellezza per contenimento, attacco ed organizzazione. Aimè Jacquet, il C.T. francese, per i mondiali del 1998, dopo aver insegnato alla squadra a difendersi con efficacia, regala al pubblico anche un po’ di calcio-champagne con le magie di Zidane. Ed è subito vittoria, grazie anche a sue due reti nella finale contro il Brasile di Ronaldo.

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    «Se sono arrivato fin qui», racconta “Zizou”, «lo devo a questi anni in bianconero, in cui ho trovato sicurezza, la voglia di non mollare mai, la capacità di rinnovare la fame di altri successi».
    Gli anni d’oro di “Zizou” non si fermano a Francia 1998. Nello stesso anno arriva il “Pallone d’oro”: nella prestigiosa classifica si lascia alle spalle fuoriclasse del calibro di Suker del Real Madrid, Ronaldo dell’Inter e la stella nascente Owen del Liverpool.

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    Ormai è l’ago della bussola francese e juventina. Lui e Del Piero sono i due giocatori capaci di fare la differenza. Purtroppo non fanno scudetti: prima li frena un acquazzone a Perugia e poi l’allegria di Van der Sar fra i pali.
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    Ma per dissetarsi di successi c’è sempre la Francia. Il campionato d’Europa del 2000 vive dell’impareggiabile repertorio di “Zizou le finisseur” ed anche questo torneo entra nella bacheca personale di Zidane.
    Rientra alla Juventus carico di gloria. Madame Zidane gli sussurra che Torino è un paesone: insomma, si è stufata, vuole la Spagna. Prima si parla di Barcellona e poi di Madrid. Zidane vorrebbe andarsene subito, ma lo trattiene l’avvocato Agnelli: si tratta di un favore personale che nemmeno Zidane può negargli. Una delle poche cose che “Zizou” ha imparato dai torinesi, è la cortese ipocrisia sabauda: durante la stagione si sprecano le dichiarazioni d’amore per la Juventus. È una sceneggiata alla quale partecipano tutti: Moggi, che sa benissimo che il francese andrà al Real Madrid, la stampa sportiva, che sa benissimo che andrà alle “Merengues” e Zidane che ha già preso accordi con la squadra madilena.
    Quando rientra dalle vacanze 2001 l’annuncio ufficiale: alla Juventus arrivano una pioggia di miliardi (150), tutti si dichiarano sorpresi. Zidane: «Il mio addio alla Juventus era programmato per l’anno prossimo, ma i dirigenti hanno riflettuto ed hanno deciso di vendermi subito: per loro erano importanti i soldi». La Juventus:«Abbiamo assecondato la volontà più volte espressa, ed a fine stagione divenuta tassativa, del giocatore di trasferirsi in Spagna». Moggi: «Zidane si è venduto da solo».
    Con i soldi guadagnati arrivano Buffon, Thuram e Nedved; saranno altri anni gloriosi e ricchi di trionfi. “Zizou” al Real conquisterà nuovi trofei, non ultima la Champions League, che gli era sfuggita con la Juventus, vinta grazie ad un suo fantastico goal, nella finale contro il Bayer Leverkusen.
    «Sono tanti i ricordi bellissimi in maglia bianconera, come il 6 a 1 in casa del Milan o le due semifinali di Champions League con l’Ajax; la gara di Amsterdam credo che sia stata quella giocata meglio in assoluto dalla Juventus di cui ho fatto parte io. Il rimpianto più grande è di non aver potuto alzare la Coppa dei Campioni; ci siamo andati vicino molte volte, ma non siamo stati abbastanza fortunati. Alla Juventus, comunque, ho vissuto cinque anni splendidi, vincendo molto; soprattutto, a Torino ho imparato molto a livello calcistico, facendo il cosiddetto salto di qualità. La Juventus mi è rimasta nel cuore».


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    Champions League - Juventus ai quarti con Matri e Quagliarella
    Dopo il 3-0 della gara d'andata, la formazione di Conte batte 2-0 il Celtic Glasgow e torna ai quarti di finale di Champions League 7 anni dopo l'ultima volta: era la stagione 2005-2006. Di Matri (2 gol in Champions, entrambi contro il Celtic) e Quagliarella (12 reti complessive in Europa) i gol che decidono l'incontro...
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    Nessuna sorpresa allo Juventus Stadium, nessun black-out improvviso per la squadra di Conte. Dopo il 3-0 del Celtic Park, i bianconeri superano gli scozzesi di Lennon anche davanti al loro pubblico e accedono ai quarti di finale di Champions League sette anni dopo l’ultima volta: era la stagione 2005-2006. Il finale vede la Juventus vincere 2-0 (5-0 se sommiamo il 3-0 dell’andata) grazie alle reti di Matri (due gol in Champions, entrambi al Celtic) e Quagliarella, al 4° centro in questa edizione, alla rete numero 12 in Europa, su 17 presenze totali.

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    DIFFIDATI A RIPOSO: QUAGLIARELLA CON MATRI - Conte preferisce non rischiare i diffidati Marchisio e Licthsteiner e li manda in tribuna: al loro posto Pogba e Padoin. Vidal invece gioca, ma il cileno sarà squalificato in campionato e il tecnico della Juve non vuole che lui perda il ritmo partita. Chiellini, che va in panchina per semplice turnover, regala a Marrone la prima presenza in Europa della carriera. Davanti spazio a Quagliarella e Matri. Nel Celtic non ci sono gli infortunati Brown (anca) e Lustig (coscia): Wanyama, il fratello di Mariga, gioca in difesa, mentre torna titolare Samaras, assente all’andata, che agisce alle spalle di Hooper.

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    COME ALL’ANDATA: MATRI - Il Celtic prova a fare la partita in avvio, ma la sensazione è che al primo errore degli scozzesi la Juventus potrebbe punire la formazione di Lennon. Che al 21esimo va però vicino al gol che riaprirebbe clamorosamente il discorso qualificazione: il sinistro di Ledley dal limite dell’area accarezza l’incrocio dei pali e termina alto sopra la traversa. Buffon non ci sarebbe mai arrivato. Passano tre minuti e la Juventus, che aspetta e riparte senza fretta, va in vantaggio. Break portato da Barzagli, che anticipa nettamente Commons e poi serve nello spazio Quagliarella: sul sinistro dell’attaccante campano Forster risponde bene, ma corto. Il tap-in di Matri non perdona e la Juventus trova il gol dell’1-0 senza nemmeno faticare. Il Celtic non si abbatte e spaventa Buffon con Hoopper, bravo e fortunato a deviare una conclusione insidiosa da fuori di Commons: il capitano della Juventus si esalta e manda in angolo con un riflesso da campione. Nel finale la squadre di Conte si schiaccia un po’ troppo e gli scozzesi sfiorano il pareggio con Samaras e Kayal; poi è Vidal a impegnare da fuori area Forster con un sinistro velenoso dai 25 metri.

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    QUAGLIARELLA CHIUDE I GIOCHI - Il Celtic torna in campo con Ambrose, disastroso all’andata, al posto di Wanyama, ma è la Juve a sfiorare il raddoppio con Quagliarella, il cui sinistro da dentro l’area è ben respinto da Forster. Gli scozzesi, che al 52esimo perdono Lennon per infortunio Matthews (al suo posto dentro Forrest), fanno venire i brividi a Buffon con Ambrose, ma il colpo di testa del difensore centrale non inquadra la porta. La partita, perché la qualificazione era già cosa fatta dopo la gara andata, viene definitivamente chiusa al 65esimo grazie al quarto gol in questa edizione della Champions League. Tutto nasce da un lancio illuminante di Pirlo per Vidal che sbuca alle spalle di Izaguirre e poi serve a Quagliarella un pallone solo da spingere in rete. Conte a questo punto richiama sia Vidal sia Pirlo, dentro al loro posto Isla e Giaccherini: la gara è ormai in archivio e, a parte alcuni contropiedi bianconeri e a un paio di conclusioni da fuori degli scozzesi, non succede più nulla. La Juve, che non perde in Europa da tre anni (l’ultima volta nel 2010, nel ritorno degli ottavi di Europa League contro il Fulham), vola ai quarti di finale di Champions League: e adesso comincia a far paura.

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    Conte: “La Juve è un top club, grato ad Agnelli. Resto per vincere”
    Il tecnico fa chiarezza sulle voci di mercato: "C'è condivisione di progetti con la società. Non vogliamo alimentare illusioni, ma crescere gradualmente".




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    ”In questo momento non vedo nessuna probabilità di lasciare la Juventus a fine stagione”. Antonio Conte sgombra il campo dalle voci di mercato e fa chiarezza sul futuro: resta sulla panchina bianconera. L’interesse di top club europei lo lusinga ma, almeno per il momento, la risposta è un cortese no, grazie.”Fa molto piacere sentire apprezzamenti che arrivano dall’estero e da grandi squadre. Arrivano per me, per i giocatori e per la società. Stiamo lavorando bene e questo deve darci ulteriore entusiasmo: c’è grande sintonia con il presidente, fino a quando ci sarà condivisione di progetti non ci sarà possibilità di andar via.

    Legame saldo, fondato sulla condivisione di un progetto di crescita.

    Sono in una grande società. La Juventus ha lo stesso appeal di un club come il Bayern Monaco, sono in un grande club e ne sono orgoglioso. Con la dirigenza abbiamo iniziato un percorso che deve andare avanti per gradi, lo sappiamo. La crisi economica che condiziona il paese influisce anche sul calcio, sappiamo che dobbiamo lavorare molto per continuare a far bene. Voglio che i piedi rimangano ben piantati a terra. Il presidente Agnelli ha scommesso su un tecnico che doveva dimostrare di essere un allenatore da grande squadra e ho grandissima riconoscenza nei confronti di Andrea.



    Investimenti oculati, tanto lavoro e nessuna presunzione. Ai tempi dell’austerity altro non è consentito.

    Da un anno e mezzo stiamo costruendo qualcosa di importante, ma senza risorse economiche ingenti la strada sarà più lunga. Non ci sono 120-150 milioni da spendere sul mercato. Sento parlare di Champions League da vincere in 2 anni, quando Ancelotti al Paris Saint-Germain dice che ne servono almeno 5… Ci sarà una crescita della Juventus, ma sara’ graduale.



    Conte introduce un altro elemento di chiarezza: sognare è legittimo, alimentare illusioni invece no.

    Bisogna stare attenti a cosa si promette. Se riusciamo a confermarci in Italia facciamo qualcosa di straordinario. Mi auguro che l’entusiasmo della gente non scemi.



    Euforia della Champions superata, si torna al campionato e alle insidie che nasconde.

    Da qui alla fine saranno tutte finali, lasciare punti per strada potrebbe essere letale. Siamo in Champions League e ce la giochiamo nel modo migliore. E’ inevitabile, c’è un dispendio notevole a livello fisico e nervoso. Ma la Coppa porta anche energie positive, aumenta la fiducia.



    E, soprattutto, ci sarà spazio per tutti.

    Con me nessuno resta fuori dal gruppo. Nicolas lavora, si è inserito nella maniera giusta. Ha avuto un problema alla schiena negli ultimi 10 giorni e questo lo ha rallentato un po’. Da qui alla fine della stagione, tra campionato e Champions, dovrà darmi il suo contributo

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    Champions League - Sorteggio: Bayern-Juventus ai quarti
    I verdetti del sorteggio di Nyon: Malaga-Borussia Dortmund, Real Madrid-Galatasaray, Paris Saint Germain-Barcellona e Bayern Monaco-Juventus. Per i bianconeri match d'andata il 2 aprile in Baviera e il ritorno mercoledì 10 aprile a Torino
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    La Juventus è stata l’ultima estratta nel sorteggio (che ha evitato ogni genere di euroderby) e ai bianconeri di Antonio Conte è toccato il Bayern Monaco.

    Il club più vincente nella storia tedesca, finalista in due delle ultime tre edizioni della Champions League (sconfitto nel 2010 dall'Inter e lo scorso anno dal Chelsea ai rigori), il Bayern Monaco vanta nella propria bacheca 22 titoli nazionali, 15 Coppe di Germania, 6 Coppe di Lega e 5 Supercoppe tedesche oltre a 4 Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa e due Intercontinentali.

    In attesa di Guardiola, che ha già firmato per la prossima stagione, il Bayern sta dominando l'attuale Bundesliga dove è in testa con 66 punti dopo 25 giornate, a +20 sul Borussia Dortmund secondo. L'organico dei bavaresi non ha nulla da invidiare alle corazzate spagnole, col nucleo della nazionale di Low composto dai vari Neuer, Lahm, Schweinsteiger, Muller, Kroos e Gomez, e fuoriclasse di livello assoluto come Robben e Ribery e rinforzi top come Mandzukic e Javi Martinez arrivati la scorsa estate e subito decisivi.

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    Al timone c'è Jupp Heynckes, allenatore che evoca brutti ricordi in casa Juventus: c'era lui sulla panchina del Real Madrid che vinse la Champions '98 in finale contro i bianconeri. L'ultimo precedente fra le due squadre risale alla fase a gironi della Champions 2009-10: a Monaco finì 0-0, nel ritorno a Torino, dopo il vantaggio di Trezeguet, il Bayern ribaltò la gara imponendosi 4-1 (Butt su rigore, Olic, Gomez e Tymoshchuk), conquistando la qualificazione agli ottavi a spese dei bianconeri.

    Sfide decisamente affascinanti anche le altre, con almeno due grandi favorite pronte a prendersi un posto in semifinale. Josè Mourinho pesca il Galatasaray di Fatih Terim ma, soprattutto, due giocatori che lo hanno venerato come allenatore: Wesley Sneijder e Didier Drogba. Il Real, nonostante tutto, resta il grande favorito ma il ritorno a Istanbul lascia aperta qualche speranza per i giallorossi che potranno vantare sul rumoroso apporto dei 55mila della Turk Telecom Arena. La curiosità però sta nei precedenti: tre sfide in passato tra questi due team, col Galatasaray che conduce 2-1. Nessun pareggio. Andata mercoledì 3 aprile a Madrid, ritorno martedì 9 aprile a Istanbul.

    Il “più fortunato”, almeno sulla carta, è stato il Borussia del mago Klopp. I gialloneri voleranno alla Rosaleda di Malaga per l’andata dei quarti di finale e potranno contare sulla sicurezza del Westfalenstadion – dove sono imbattuti – per il ritorno. La sfida è ovviamente un inedito in Europa (il Malaga è alla prima partecipazione in Champions).

    La sfida più affascinante insieme a Bayern-Juventus è però quella tra il PSG e il Barcellona. Ancelotti incontra il Barcellona dei fenomeni Xavi, Iniesta e Messi ma, come noto, dovrà fare a meno di Zlatan Ibrahimovich nella sfida d’andata al Parco dei Principi. Ibrahimovich rientrerà per il ritorno del Nou Camp mercoledì 10 aprile. Il bilancio tra PSG e Barcellona nelle coppe europee è in perfetta parità: 3 precedenti, con una vittoria a testa e un pareggio.

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    Bayern Monaco-Juventus, i bianconeri a viso aperto all’Allianz Arena
    Le probabili formazioni della sfida valida per l'andata dei quarti di finale di Champions League.


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    Il conto alla rovescia sta per finire. La Juventus, ultima portacolori del calcio italiano in Champions League, è pronta a scendere in campo questa sera all’Allianz Arena nella gara d’andata dei quarti di finale contro il Bayern Monaco. I bianconeri reduci dal bel successo in casa
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    dell’Inter, dovranno sfoderare una prestazione attenta pur cercando di affrontare a viso aperto gli uomini di Heynckes. Conte non rinuncerà al 3-5-2 con l’unica novità che dovrebbe essere rappresentata dall’innesto di Peluso in corsia a centrocampo: l’ex atalantino è favorito rispetto ad Asamoah. In mezzo al campo confermati, Pirlo, Marchisio e Vidal con Pogba pronto a subentrare all’occorrenza. Tandem offensivo che dovrebbe essere composto da Matri e Quagliarella con Vucinic, reduce dalla febbre, da sfruttare a gara in corso. Non sono escluse sorprese con il tecnico salentino che potrebbe anche optare per l’inserimento di un centrocampista in più, con un’unica punta. I padroni di casa faranno a meno di Robben che partirà dalla panchina. Solito 4-2-3-1 per la formazione che sta dominando la Bundesliga con Luiz Gustavo e Schweinsteiger davanti alla difesa e Muller, Kroos e Ribery a supporto dell’unica punta di ruolo Mandzukic.

    Le probabili formazioni:

    Bayern Monaco (4-2-3-1): Neuer; Lahm, Van Buyten, Dante, Alaba; Luiz Gustavo, Schweinsteiger; Muller, Kroos, Ribery; Mandzukic.

    A disp.: Starke, Boateng, Timoshchuk, Robben, Shaqiri, Pizarro, Gomez. All.: Heynckes.

    Juventus (3-5-1-1): Buffon; Barzagli, Bonucci, Chiellini; Lichtsteiner, Vidal, Pirlo, Marchisio, Peluso; Matri, Quagliarella.

    A disp.: Storari, Marrone, Padoin, Asamoah, Giaccherini, Pogba, Vucinic. All.: Conte.




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    #IoCiCredo è il grido di battaglia della Juve contro il Bayern

    Quagliarella accanto a Vucinic in attacco, Pogba in mediana al posto di Vidal. Conte prepara la squadra per l'impresa in Champions: ribaltare il 2-0 incassato all'Allianz Arena.

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    La frase di el cabezon, all’epoca Omar Sivori, è scolpita nella memoria e nel cuore dei tifosi della Juventus. ”Qui bisogna lottare sempre e quando tutto sembra perduto crederci sempre”. #iocicredo è l’hashtag scelto dal popolo bianconero, che sogna l’impresa contro il Bayern Monaco: ribaltare il 2-0 incassato. Bonucci evoca addirittura il Piave, perché il ritorno di Champions contro i bavaresi è una sorta di spartiacque e il ‘non passa lo straniero’ vale una semifinale incredibile. E Conte ha già scavato la trincea: possesso palla, pressing, fitta rete di passaggi per arginare Robben, che sulla corsia di destra potrebbe essere l’alternativa a Kroos. Non ci saranno Vidal (un lottatore del suo calibro avrebbe fatto comodo nel cuore della mediana) e Lichsteiner (anche lui fuori per squalifica). Pogba, però, garantisce muscoli e fiato a sufficienza e sarà fondamentale sorprendere i ‘panzer’ con la rapidità di Vucinic. Nessun dubbio, quindi, sulla formazione.
    Le scelte. Ritorna il terzetto difensivo titolare dopo le assenze di Barzagli e Chiellini per squalifica sabato con il Pescara, Padoin prende il posto dello svizzero e Pogba di Vidal, Asamoah appare favorito su Peluso come esterno sinistro di centrocampo e Quagliarella su Matri come partner di Vucinic in attacco.

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    O. Sivori: "Qui bisogna lottare sempre e quando sembra che tutto sia perduto crederci ancora, la Juve non si arrende mai." #IoCiCredo
    3:25 PM - 08 Apr 13


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    Serie A - Festa Juve, programma in tono minore
    Se domenica dovesse conquistare il fatidico punto per la vittoria matematica dello scudetto, ci saranno pochi eventi organizzati perché la Coppa verrà comunque consegnata l'11 maggio dopo Juventus-Cagliari
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    La Juventus è pronta per tornare a festeggiare lo scudetto. Dopo lo scorso anno e le polemiche dei "30 sul campo", ufficialmente la società bianconera si appresta ad affiggere nella propria bacheca lo scudetto numero 29. Domenica prossima basterà infatti conquistare un solo punto per definirsi Campioni d'Italia con tre giornate d'anticipo.

    Tuttavia, anche se il tifo si sta organizzando, per la società i preparativi vengono affrontati in tono minore. I giocatori indosseranno sotto la divisa da gara una maglia celebrativa già pronta, per poter eventualmente gioire con la curva, ma per il resto la festa vera dovrà essere rimandata.

    La Lega, infatti, è stata irremovibile e la consegna del trofeo avverrà tra le mura domestiche soltanto l'11 maggio (ovviamente in caso di vittoria già acquisita), perciò per questo weekend non sono previste eventuali celebrazioni trionfali. Solo in occasione di Juventus-Cagliari è previsto il pullman per le vie di Torino, ma anche in questo caso si è già aperta un'altra querelle con la Lega.

    La gara è infatti prevista alle 20:45, che impedirebbe il giro d'onore in pullman aperto per le vie cittadine con la Coppa in mano dopo la gara, per ovvie questioni di ordine pubblico. L'idea è quindi di spostare la partita alle 15 e il precedente recente esiste (proprio nel turno appena concluso): Parma-Lazio è stata anticipata da lunedì alle 20:45 a domenica alle 15 dato che i biancocelesti non erano più coinvolti in Europa League.

    In ogni caso, lo spumante è già in frigorifero...


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    Juventus, Scudetto 2013: bianconeri ancora campioni d'Italia

    Un campionato dominato iniziato tra le polemiche dai "30 sul campo" alla scoperta di Pogba. Il tutto per festeggiare lo Scudetto numero 29. O 31 per i juventini

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    Juventus campione d'Italia 2012-2013 scudetto 29 o 31 percorso partite pagelle video


    La Juventus batte il Palermo ed è Campione d'Italia 2012-2013. Arriva così il secondo Scudetto consecutivo. Arriva infatti il Tricolore numero 29. O 31 per i juventini. Prima dell'inizio della stagione agonistica c'è lo scontro coi vertici di FIGC Lega Serie A sulla possibilità di inserire una terza stella sulle maglie bianconere. La Juventus rinuncia ad esporre sulle divise le due stelle acquisite, inserendo invece al loro posto la scritta "30 sul campo".

    Il club deve poi far fronte alle ripercussioni dell'inchiesta sull'ennesimo scandalo calcioscommesse che, nonostante non veda coinvolta la Juventus, tocca alcuni suoi tesserati per fatti contestatigli nelle loro precedenti militanze in altre squadre. La Commissione Disciplinare della Figc proscioglie i giocatori Leonardo Bonucci e Simone Pepe dalle accuse di combine riguardanti i loro periodi rispettivamente al Bari e all'Udinese, mentre l'allenatore Antonio Conte e il suo secondo Angelo Alessio (pur professando la loro estraneità ai fatti) vengono squalificati per un'omessa denuncia inerente il loro periodo alla guida tecnica del Siena.

    Le sentenze a carico dei due allenatori vengono in seguito ridotte a 4 mesi per Conte e a 2 per Alessio. Durante questo periodo, è Massimo Carrera a sostituire ad interim i due tecnici sulla panchina della Juventus. La squadra, reduce da 39 risultati utili consecutivi in campionato, inizia bene anche il nuovo torneo, vincendo le prime quattro partite e portandosi in solitaria in testa alla classifica.

    Alla quinta giornata di campionato, al Franchi di Firenze arriva il primo pareggio nella competizione contro la Fiorentina, cosa che consente al Napoli l'aggancio in vetta alla classifica. Nella giornata successiva, arriva una netta vittoria per 4-1 contro la Roma di Zeman. La squadra bianconera e il Napoli, entrambe ancora imbattute in campionato, arrivano allo scontro diretto prime in classifica a pari punti: la Juventus riuscirà a risolvere a suo favore la partita nei minuti finali vincendo per due reti a zero.

    Ormai da soli in testa al campionato, i bianconeri si impongono nelle giornate successive contro Catania, in una gara condizionata da forti polemiche arbitrali, e Bologna. Con quest'ultima gara, la Juventus, con 9 vittorie e 1 pareggio nelle prime 10 giornate, fa registrare il miglior avvio di sempre della Serie A da quando si assegnano 3 punti a vittoria.

    Tale vittoria rappresenta per la squadra bianconera la 49ª partita consecutiva in campionato senza sconfitte, la ventinovesima partita senza sconfitte in casa e la ventiquattresima nello Juventus Stadium; complice la contemporanea sconfitta del Napoli, inoltre, la squadra porta a 4 punti il vantaggio sulla seconda, che è ora l'Inter, a pochi giorni dallo scontro diretto.

    Il 3 novembre va, infatti, in scena il derby d'Italia, valido per l'undicesima giornata di Serie A: nonostante il vantaggio iniziale di Vidal dopo appena 18 secondi, i bianconeri subiscono la rimonta dei nerazzurri nel secondo tempo, perdendo per 3 a 1: termina così per la Juventus la serie di risultati utili, che subiscono anche la prima sconfitta in assoluto allo Juventus Stadium, mentre restava ancora aperta l'imbattibilità esterna della squadra. I bianconeri mantennero inoltre la prima posizione in classifica, anche se con 1 solo punto di vantaggio proprio sull'Inter.

    La settimana si chiude con la partita di campionato contro il Pescara, vinta per 1-6, che rappresenta il venticinquesimo risultato utile consecutivo esterno. Con la contemporanea sconfitta dell'Inter contro l'Atalanta, inoltre, i bianconeri riportano il loro vantaggio sui nerazzurri a 4 punti. La striscia di imbattibilità esterna in campionato si chiude il 25 novembre con la sconfitta a San Siro contro il Milan, che mantiene pertanto il proprio record di trentotto partite esterne senza sconfitte.


    Tra le inseguitrici, anche l'Inter viene battuta restando a quattro punti di distanza, agganciata dalla Fiorentina, mentre il Napoli battendo il Cagliari passa al secondo posto a due punti dalla Juventus. La gara di campionato del 9 dicembre contro il Palermo, che vedrà la Juventus prevalere grazie ad una rete di Lichtsteiner, segna il ritorno in panchina di Antonio Conte, dopo una squalifica durata 4 mesi. Alle spalle dei bianconeri l'Inter batte il Napoli portandosi al secondo posto a quattro lunghezze dalla capolista.

    Grazie alla vittoria interna per 3-0 contro l'Atalanta alla 17ª giornata e alle contemporanee sconfitte di Inter e Napoli, la Juventus si laurea campione d'inverno con due giornate d'anticipo. Il 2012 si chiude con la vittoria sul Cagliari per 3-1, con la quale la Juventus stabilisce il record di 94 punti in un anno solare, superando quello precedente di 93 punti, stabilito dalla Juventus di Fabio Capello nel 2005. In campionato, la squadra ha un margine di otto punti sulla Lazio ora seconda.

    Il 2013 si apre male per la Juventus, con la sconfitta in casa nell'ultima giornata di andata a opera della Sampdoria e il pareggio esterno contro il Parma. In campionato, la Lazio e, dopo la revoca dei due punti di penalità, il Napoli riducono, così, lo svantaggio a tre punti. La situazione muta nuovamente nella giornata successiva, che vede la Juventus prevalere per 4-0 sull'Udinese, con due gol del giovane Pogba, e allungare a cinque punti sulle dirette inseguitrici, entrambe fermate sul pari.

    La Juventus va incontro a un nuovo pareggio, per 1-1, in campionato contro il Genoa. I bianconeri recriminano per un rigore non concesso all'ultimo minuto di recupero, suscitando numerose polemiche, cui seguiranno squalifiche per Bonucci, Chiellini, per il tecnico Antonio Conte e per Vucinic oltre che l'inibizione per il dg Marotta, per le frasi pronunciate nel dopo-gara. In campionato il Napoli si riporta a tre punti, mentre la Lazio non ne approfitta, scendendo a meno sei.

    Il mese di febbraio si apre con le due vittorie in campionato contro Chievo e Fiorentina, che consentono di allungare a cinque punti sul Napoli. Il 16 febbraio arriva la sconfitta esterna contro la Roma per 1-0, decisiva la rete di Francesco Totti. La successiva vittoria contro il Siena consente comunque di tenere a sei punti di distanza il Napoli, incappato in due pareggi consecutivi contro Sampdoria e Udinese. Si arriva così allo scontro diretto. Il 1º marzo, allo Stadio San Paolo, la sfida al vertice finisce 1-1 e il distacco tra le due squadre si mantiene, pertanto, invariato.

    Il 10 marzo, la 28ª giornata di campionato segna un nuovo punto di svolta con la Juventus che, forte della vittoria contro il Catania ottenuta grazie al gol in extremis di Giaccherini, allunga a nove punti sul Napoli, sconfitto dal Chievo. La Juventus mantiene saldo il vantaggio sul Napoli imponendosi nella trasferta di Bologna e successivamente battendo l'Inter a San Siro e il Pescara in casa.

    Con la vittoria all'Olimpico contro la Lazio nel monday night della 32ª giornata, la Juventus, complice il pareggio tra il Milan e il Napoli, si porta a undici punti di vantaggio sulla squadra partenopea.

    Le reti di Vidal e Marchisio nel derby contro il Torino fanno il resto. La squadra di Conte vince la stracittadine e suggella lo Scudetto contro il Palermo. Il secondo consecutivo. E' delirio bianconero.


    Rosa Juventus campione d'Italia 2012-2013


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    Antonio Conte
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    Massimo Carrera
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    Angelo Alessio
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    Gigi Buffon
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    Marco Storari
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    Andrea Barzagli
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    Leonardo Bonucci
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    Giorgio Chellini
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    Lucio
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    Federico Peluso
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    Luca Marrone
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    Paolo De Ceglie
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    Stephan Lichtsteiner
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    Andrea Pirlo
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    Paul Pogba
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    Claudio Marchisio
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    Simone Pepe
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    La Juventus ha vinto il campionato
    Battendo in casa il Palermo: è il suo ventinovesimo scudetto

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    I tifosi della Juventus
    (GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)


    Oggi la Juventus ha battuto il Palermo in casa, per 1 a 0, e ha vinto il campionato italiano di calcio di Serie A con tre giornate di anticipo. La vittoria è arrivata grazie a un gol di Arturo Vidal su rigore al quattordicesimo minuto del secondo tempo. La squadra è allenata da Antonio Conte, già giocatore della Juventus dal 1991 al 2004, che oggi ha vinto il suo secondo titolo italiano da allenatore.

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    (GIUSEPPE CACACE,GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)


    È il ventinovesimo scudetto vinto dalla Juventus, un numero che è contestato dalla società e da parte dei tifosi juventini dopo che due titoli sono stati revocati dalla giustizia sportiva a seguito delle inchieste cosiddette “Calciopoli”. Dopo una serie di polemiche la scorsa estate, la maglia da gara non ha nessuna stella sopra il simbolo della società (le due stelle sono coperte da una toppa) e porta, sotto lo stemma ufficiale della squadra, la scritta “30 sul campo”. La stella di colore oro è assegnata alla squadra che vince 10 campionati e in Italia solo la Juventus, dalla vittoria del campionato 1981-1982, ha diritto ad indossarne due (l’Inter e il Milan, al secondo posto per numero di scudetti vinti, ne hanno 18).

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    Arturo Vidal esulta dopo aver segnato
    (GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
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    Il presidente della Juventus Andrea Agnelli con Pavel Nedved
    (GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
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    I tifosi allo Juventus Stadium
    (Photo by Claudio Villa/Getty Images)
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    Arturo Vidal festeggia coi compagni dopo aver segnato
    (GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
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    Un contrasto tra Paul Pogba della Juventus e Jasmin Kurtic del Palermo
    (Tullio M. Puglia/Getty Images)
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    I tifosi allo Juventus Stadium
    (Photo by Claudio Villa/Getty Images)
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    L’ingresso in campo delle squadre
    (Photo by Claudio Villa/Getty Images)


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