"Crede lei che non ci sia altro che Mantova a questo mondo?" (Conte Attilio ne "I Promessi Sposi")
MANTOVA
“...talmente bella da rimanere storditi” è questo uno dei commenti che ci vengono in mente ad ascoltare uno dei tanti viaggiatori in visita a Mantova, città scelta come patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Come le sue vicine città dell'Emilia e della Lombardia, anche Mantova deve la sua passata grandezza ed i suoi monumenti rinascimentali alle famiglie che l'hanno governata nei secoli, in particolare ad una, i Gonzaga, che da umili origini contadine riuscirono a conquistare la città nel 1328 ed a governarla per quasi quattro secoli, fino al 1707.
Il nome “Mantova” deriva da “Manto”, una divinità adorata dai primi abitanti della città, i quali appartenevano al popolo degli Etruschi.
PALAZZO DUCALE. Oltre 34.000 m² d'estensione per uno dei più vasti palazzi di corte in Europa, il Palazzo ducale di Mantova ha visto nascere e crescere il potere dei Gonzaga, lo stesso palazzo diventò in seguito anche residenza principale della regnante Maria Teresa d'Austria. In oltre 500 camere di valore inestimabile troviamo tesori artistici opere dei più importanti pittori del Rinascimento italiano... Andrea Mantegna, che fu pittore di corte e trascorse la maggior parte della sua vita lavorando a Mantova. Tutti gli artisti che passarono per Mantova hanno lasciato la loro firma nel grande palazzo: del Pisanello si ammira per esempio il ciclo di affreschi 'cavallereschi' arturiani (dipinti tra il 1436 ed il 1444) e riscoperto negli anni sessanta dello scorso secolo dietro un intonaco, non si perda inoltre la Sala degli Arcieri con la grande tela di Rubens raffigurante la famiglia Gonzaga. Alcune delle opere d'arte create per i Gonzaga furono nel tempo trasferite altrove in Europa, per esempio il famoso Parnaso (dipinto per lo Studiolo) è oggi custodito al museo del Louvre di Parigi, così come altre opere del Perugino, di Lorenzo Costa (tra cui il bel Isabella d'Este nel regno di Armonia) e del Correggio. Le tele vennero infatti donate al Cardinale Richelieu per le collezioni reali di Luigi XIV. All'interno del Palazzo si ammirino anche la statua funebre di Margherita Gonzaga Malatesta ed il busto di Francesco Gonzaga, così come il quadro di Domenico Marone, La cacciata dei Bonacolsi. La Sala degli Arazzi, che custodisce preziosi tessuti di provenienza fiamminga, creati su disegni preparati da Raffaello e dalla sua scuola, e la Galleria degli Specchi, con decorazioni pittoriche in stile neoclassico realizzate nei primi due decenni del Seicento e poi rivisitate nel 1779 da Giocondo Albertolli. Castello di San Giorgio di Mantova. Dalle numerose camere labirinti, corridoi, scale, cortili e direzioni varie si raggiunge il Castello di San Giorgio, diventato nel tempo parte integrante del grande palazzo di Mantova. Il castello nacque come edificio difensivo nel 1395 e poi completato nel 1406. Al suo interno sono conservate importanti testimonianze storiche ed artistiche della Mantova di un tempo: l'Appartamento dei Nani, la Galleria dei Mesi e l'Appartamento Estivale, che si affaccia su un cortile a giardini pensili. La ben nota Camera degli Sposi, (Camera Picta) situata negli appartenenti che furono di Isabella d'Este (furono necessari ben nove anni al Mantegna per completare il ciclo di affreschi alle pareti e alle volte del soffitto), un affascinante testimonianza della vita di corte del Cinquecento. Il Palazzo del Te è stato costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga per l'architetto e pittore Giulio Romano. Il nome ha origine da una delle isole una volta presenti nel grande canale di Mantova, il Rio, isola di Tejeto e abbreviata a 'Te'.... venne costruito come dimora 'di piacere e tranquillità' e si spiegano così le belle sale interne create dai grandi maestri pittorici dell'epoca. All'interno il grande patrimonio d'arte custodisce: opere di Tiziano, di Anselmo Guazzi e Agostino da Mozzanica, e poi ancora le sale affrescate, come la Camera del Sole e della Luna con le volte in stucco bianco e azzurro, la Sala dei Cavalli, con affreschi delle scuderie dei Gonzaga e soprattutto la famosa Camera dei Giganti, anch'essa del Romano, affrescata con scene classiche di gruppi di Titani e antiche divinità pagane. La Sala Tinelli e la Sala Fruttiere, che serviva da 'serra' invernale per la piante da frutto del palazzo. Palazzo di San Sebastiano. Accanto ai due palazzi precedenti, troviamo anche il Palazzo San Sebastiano originario del XVI secolo e costruito per conto di Francesco II Gonzaga, dagli architetti Gerolamo Arcari e Bernardino Ghisolfo. Dopo varie destinazioni d'uso, deposito d'armi, caserma, lazzaretto, scuola, l'edificio fu ristrutturato al su antico splendore solo alla fine del XX secolo.....da notare la splendida Loggia dei Marmi e numerosi affreschi di quasi quattro secoli di storia della Mantova dei Gonzaga, sospesa tra Umanesimo e Rinascimento. Cattedrale di San Pietro (Duomo di Mantova). Il campanile conserva lo stile romanico originario, mentre la facciata, graziosa e in marmo roseo, è decorata da rosoni e pinacoli in un tipico stile barocco. Basilica di Sant'Andrea. La più grande chiesa di Mantova è anche una delle costruzioni rinascimentali più importanti della città. La sua edificazione venne commissionata a Leon Battista Alberti nel 1462 da Ludovico II Gonzaga, del quale si riconosce la splendida facciata del Quattrocento, mentre la cupola Settecentesca è del Juvarra; l'intero edificio venne infatti costruito in oltre tre secoli. Andrea Mantegna, pittore di corte dei Gonzaga, è sepolto nella prima cappella a sinistra. Nella cripta è ospitata una teca che secondo i fedeli contiene il Preziosissimo Sangue di Cristo (presumibilmente portato qui da Longino, il soldato romano che spinse la sua lancia nel costato di Gesù) ed è oggetto della festa patronale di Sant'Anselmo di Mantova, il 18 marzo. Le origini del Palazzo d'Arco di Mantova sono recenti, se si considerano altri edifici storici della città. La sua costruzione risale infatti al 1784 e questo si può notare anche dallo stile neoclassico di chiara ispirazione palladiana. Il progetto è opera di Antonio Colonna, un celebre architetto dell'epoca. All'interno si ammirano diverse sale affrescate, tra cui la Sala dello Zodiaco. La piazza delle Erbe è così chiamata per via del mercato dei prodotti alimentari che traspare da un lato. Già nel medioevo si testimoniava la presenza di un mercato, importante centro di vita cittadina. Si spiegano così anche la serie di palazzi tardo-medievali e rinascimentali inclusi il Palazzo della Ragione e il Palazzo del Podestà, dei secoli XII e XIII e la Torre dell'Orologio, così chiamata per l'orologio astronomico del XIV secolo. Al lato della piazza è situata la struttura religiosa più antica della città, la Rotonda di San Lorenzo, una chiesa in miniatura del XI secolo. Secondo la tradizione la sua costruzione venne commissionata da Matilde di Canossa, in onore al Santo Sepolcro di Gerusalemme e dedicata al martirio di San Lorenzo, uno dei sette diaconi di Roma. L'interno della chiesa, in stile romanico, è di grande effetto visivo e si compone di un abside semircircolare che espone affreschi d'arte di scuola bizantina. La chiesa venne sconsacrata nella seconda metà del XVI secolo per poi venire gradualmente lasciata in abbandono, andando a formare parte del quartiere ebraico di Mantova. Dal 1926 la chiesa è stata riaperta al culto cristiano. (informagiovani-italia)
...storia...
Il primo villaggio risale a circa il 2000 a.C.; in seguito, l'area venne abitata dal popolo degli Umbri. Nel VI secolo a.C. si sviluppò la città etrusca all'interno di un territorio dove numerosi sono i siti archeologici con tracce della civiltà etrusco-padana, il più importante dei quali è il Forcello, nel vicino comune di Bagnolo San Vito. Dopo la dominazione dei Galli Cenomani vi fu la conquista dei Romani avvenuta nel 214 a.C. Divenuta colonia, assurse al titolo di città libera dopo la promulgazione della Legge Giulia del 90 a.C. che estese la cittadinanza romana agli abitanti delle colonie e divenne "municipium" dal 47 a.C. Il 15 ottobre del 70 a.C. ad Andes, piccolo villaggio nei pressi di Mantova, nacque Virgilio (Publio Virgilio Marone). Nonostante questi importanti eventi, la Mantua romana rimase ai margine, secondaria rispetto a città vicine come Verona e Cremona. Come già nella capitale dell'Impero Romano anche a Mantova giunse il messaggio cristiano. Nel 37 d.C. fu martirizzato Longino, il centurione romano che ferì al costato Gesù e che divenne custode del suo sangue e alcuni anni dopo giunse a Mantova e vi predicò, Barnaba, autore del vangelo apocrifo Gli Atti di Barnaba. Nel 452 a Governolo si svolse il celebre incontro nel quale Papa Leone I fermò l'avanzata verso Roma di Attila, ma il destino di decadenza era ormai segnato. Caduto l'Impero Romano per mano di Odoacre nel 476 d.C., Mantova fu invasa dai Goti di Teodorico e successivamente fu occupata dai Bizantini. All'inizio del VII secolo la città divenne longobarda sotto la guida del re Agilulfo che la riconquistò il 13 settembre 602 e dal 774 iniziò il dominio dei Franchi. Intorno all'anno mille, con Tebaldo di Canossa, Mantova entrò a far parte dei possedimenti Canossiani. Fu elevata a capitale da Bonifacio III senza averne in cambio la fedeltà sperata. All'assassinio di quest'ultimo e dopo la quasi immediata morte dei due figli maschi, ci fu la successione con la figlia, la contessa Matilde che a Mantova vi era nata nel 1046. Durante il periodo matildico a Mantova si tenne un Concilio nel 1064 che assolse il papa Alessandro II dall'accusa di simonia e scomunicò l'antipapa Onorio II. Alla morte di Matilde, avvenuta il 25 luglio 1115, la città, formalmente feudo imperiale, poté costituirsi in Libero Comune in seguito alle concessioni dell'imperatore che rinunciò alla nomina di un nuovo conte. Con Pinamonte Benacolsi nel 1273, Mantova divenne una Signoria, ma il suo fulgente momento iniziò sotto la Signoria dei Corrado di Gonzaga, una delle più celebri e longevi famiglie del Rinascimento italiano, che salì al potere dopo l’uccisione in una rivolta popolare il 6 Agosto 1328 di Rinaldo detto il Passerino. Ben presto questa Signoria fu identificata solo col nome del luogo di origine, infatti inizialmente erano Capitani del Popolo, solo dopo il matrimonio nel 1433 di Gianfrancesco Gonzaga, figlio di Ludovico, con Barbara di Brandeburgo nipote dell'Imperatore germanico Sigismondo, il Casato ricevette “Il Marchesato”. La politica dei Gonzaga era una tenace difesa di un continuo equilibrio tra le potenze confinanti: Repubblica di Venezia, Milano, Ferrara e i possedimenti pontifici. Nel 1459 Papa Pio II proclamò una crociata contro i Turchi, così per decenni la maggior parte delle entrate dei Gonzaga, erano le condotte militari, proventi derivanti dal capitanato degli eserciti di stati alleati. Il culmine del prestigio per i Gonzaga si ebbe con Federico II, figlio di Isabella d'Este, che dal 1530 divenne Duca di Mantova, titolo concesso dall'Imperatore Carlo V dopo aver ricevuto un ingente somma. Nel 1536 in seguito al matrimonio tra Federico II e Margherita Paleologo ci fu l'annessione del lontano Marchesato (poi Ducato) del Monferrato. Essendo esaurita la linea primogenita, nel 1627 un ramo cadetto della famiglia, i Gonzaga-Nevers, francesi, salirono al potere con grande contrarietà dell’Imperatore Germanico, che nel 1630 per decidere la successione del Moferrato inviò un esercito di 36.000 Lanzichenecchi, che presero la città d’assalto devastandola e propagarono la peste. La città contava ormai solo 6.000 cittadini e del prestigio del passato non era rimasto più nulla. L'ultimo dei Gonzaga-Nevers, Ferdinando Carlo, si dimostrò politicamente inetto e inadeguato al ruolo alleatosi con i francesi, al tempo della guerra di successione spagnola, per paura del castigo imperiale, si rifugiò a Venezia, portando con sé quadri, gioielli, monili e denaro. Alla sua morte, nel 1708, venne dichiarato decaduto per fellonia e la sua famiglia perse tutti i diritti sul Ducato di Mantova che passò alla casa d'Austria e nel 1745 la città fu unita allo Stato di Milano. Il “Periodo austriaco” andò dal 1707 al 1797, cominciato sotto l’Imperatrice d’Austria Maria Teresa, che s’impegnò di restituire alla città quell’antica dignità e terminò con l’avvento di Napoleone Bonaparte, dopo un lunghissimo assedio dal 4 giugno 1796 al 2 marzo 1797. Durante la dominazione francese il 20 febbraio 1810 Andreas Hofer, considerato eroe della lotta armata tirolese a favore degli austriaci e contro Napoleone ritenuto invasore (ricordato tuttora nell’Inno Tirolese) fu fucilato a Mantova.
...miti e leggende....
Manto è una maga immaginaria, personaggio letterario della mitologia greca. Figlia dell'indovino tebano Tiresia dal quale aveva ereditato le capacità magiche e divinatorie, è ricordata da Virgilio (Eneide X, 198-200), da Servio nel suo commento a Virgilio, da Ovidio (Metamorfosi VI, 157) e da Stazio (Thebais, IV 463-466 e VII 578)..A seconda degli autori essa ha diversi connotati. Fu consacrata sacerdotessa di Apollo a Delfo. Per Virgilio fu moglie di Tosco (il mago personificazione del fiume Tevere) e madre di Ocno, leggendario fondatore di Mantova che prese il nome proprio da Manto. Secondo altri autori greci generò Mopso. In Stazio, dopo la morte del padre durante l'assedio di Tebe, essa iniziò a vagare per molti paesi, prima di fermarsi lungo le rive del Mincio dove creò un lago con le sue lacrime, il lago che circonda Mantova appunto. Queste acque avevano il magico dono di conferire capacità profetiche a chi le beveva. Dante Alighieri la riprese per includerla tra i dannati all'Inferno, nella quarta bolgia del ottavo girone dei fraudolenti, tra altri indovini mitologici compreso il padre Tiresia (Inf. XX, 52-57). La sua presenza dà l'occasione al poeta di scrivere una lunga parentesi sulle origini di Mantova, che viene fatta pronunciare da Virgilio stesso. Smentendo sé stesso, Dante immagina che egli rettifichi la sua versione dei fatti, circoscrivendo la fondazione a fatti scevri da riti magici: Manto sarebbe morta nel sito dove poi altri uomini, "sanz'altra sorte" cioè senza sortilegi, fondarono la città, scegliendo il nome in onore della donna lì sepolta. In realtà l'Alighieri la cita anche (in Pg. XXII 113) come figlia di Tiresia ospitata invece nel Limbo, commettendo quindi una probabile svista.
Viveva al tempo della guerra tra i Greci e i Troiani una celebre indovina chiamata Manto. Un giorno ella volle abbandonare la città nativa per recarsi in un luogo più tranquillo. Sbarcò nell’Italia Meridionale e camminando arrivò alle rive del Fiume Tevere. Qui incontrò un giovane dio che aveva il palazzo sotto l’acqua del fiume, ma che doveva cacciare e cavalcare. Il dio del fiume, forte e buono, la sposò. Da quelle nozze nacque un bambino a cui misero nome Ocno Bianoro. Col passare del tempo Ocno imparò molte cose: sapeva suonare la cetra e il flauto, sapeva cacciare i cinghiali per la foresta e costruire forti zattere. Durante una tempesta sul fiume il padre scomparve. Manto e Ocno, rimasti soli, pensarono di abbandonare quella terra piena di ricordi. Dopo aver vagato qua e là per l’Italia, giunsero ad un fiume detto Mincio che scorreva nella pianura per poi allargarsi e formare una palude. Manto vide in mezzo all’acqua due isolette piene di canne e volle rifugiarsi in quel luogo tranquillo e silenzioso. Ocno, per accontentare la madre, costruì una zattera e con essa arrivarono alle isolette del Mincio. Si costruirono una capanna di canne su una palafitta e qui l’indovina Manto visse fino alla morte. Ocno le fece una tomba sull’isola più bella. Poi invitò i pastori dei dintorni ad abitare in quella isoletta e chiamò quel luogo “Manto” in onore della madre. (Virgilio)
La chiesa di Moglia (Mantova) gravemente danneggiata dalle scosse di terremoto, 29 maggio 2012
CHIESA DI BONDENO - Gonzaga
interno
Chiesa di Quistello
campanile di Schivenoglia
campanile di Cesole
campanile di Portiolo
Chiesa di Palidano
Il terremoto del 20-29 Maggio 2012 ha colpito 129 complessi parrocchiali su 302 presenti in diocesi, oggi non sono agibili 83. Sono state messe in sicurezza e rese agibili anche se parzialmente 46 chiese. I danni subiti ammontano a circa 80 milioni di Euro.
LE NOSTRE CHIESE, LA FEDE DI MOLTI, LA STORIA DI TUTTI
La chiesa, di classica bellezza nella sobrietà delle sue linee, fu eretta dal 1460 su disegno di Leon Battista Alberti, la facciata è stata parzialmente alterata dai restauri effettuati nel 1925. Il suo aspetto oggi è cambiato, perchè nel '900 è stata trasformata in un mausoleo dedicato ai caduti di guerra. Secondo il progetto albertiano, la chiesa doveva innalzarsi su una scalinata, come un antico tempio sul suo crepidoma. Sulla facciata si dovevano aprire cinque porte (tre rettangolari al centro e due laterali ad arco) affiancate da un ordine gigante di lesene doriche. Nella sommità, la trabeazione spezzata faceva posto ad un grande finestrone ad arco, posto al centro di un timpano classico. Oggi invece si vedono tre finestroni centrali e due ingressi laterali con due scale sul davanti. Al piano inferiore c'era una cripta. San Sebastiano era una chiesa molto originale in cui Alberti ha interpretato in stile rinascimentale l'antica aula termale romana, riprendendo le forme del quadrato con la croce greca e il piano basamentale qui trasformato in cripta. Questi rinvii alla classicità hanno provocato aspre critiche da parte delle autorità religiose, molto legate alle abituali forme gotiche o romaniche, che videro questa costruzione come un tempio pagano o una moschea. Ma la costruzione incontrò anche altri problemi, sia per via della natura paludosa del suolo mantovano, sia per i continui spostamenti di Alberti e di Fancelli, lontano da Mantova.
IX centenario della morte di Matilde di Canossa 1115-2015
DALL'11 APRILE ALL'8 NOVEMBRE
Complesso Monastico Polironiano e Basilica
“MATILDE E IL SUO MONASTERO NEL IX CENTENARIO DELLA MORTE 1115 – 2015. CHIESE E LUOGHI NASCOSTI IN OTTO SECOLI DI STORIA”
Percorso tematico incentrato sulla storia dei primi anni del complesso monastico e sulla figura di Matilde di Canossa, il percorso di visita tocca alcuni luoghi della basilica, del complesso monastico e del Museo.
DAL PASSATO AL PRESENTE
La storia dell'abbazia polironiana, sorta su un'isola compresa tra il Po e il Lirone, cominicia nell'anno 1007 con l'atto di fondazione sottoscritto da Tedaldo di Canossa, nonno di Matilde. Tuttavia recenti scavi archeologici testimoniano l'esistenza di un edificio religioso più antico, la cui abside è visibile nella Sala del Capitolo. Monastero di famiglia, il Polirone fu prediletto da Matilde, la "Grancontessa", che qui volle essere sepolta dopo la sua morte, avvenuta a Bondeno di Roncore il 24 luglio 1115. Qui il suo corpo è rimasto fino al 1633, quando il pontefice Urbano VIII lo volle a Roma, per dargli sepoltura nella basilica di San Pietro, dove tuttora riposa in un magnifico sepolcro realizzato dal Bernini. Nel tempo i monaci polironiani hanno onorato il ricordo di Matilde con la celebrazione dell'anniversario della sua morte con la stessa solennità dovuta ai grandi abati del monastero, con la carità giornaliera verso i poveri, con le opere artistiche che ne hanno tramandato la memoria, contribuendo a creare il mito intorno alla sua persona. Ora, per celebrare Matilde nel 9° centenraio della morte, si è creata una sinergia tra istituzioni civili e religiose per eleabrorare un programma condiviso. A San Benedetto Po, Comune, Parrocchia, Diocesi, Amici della Basilica Onlus, Strada dei vini e sapori mantovani, Club UNESCO, Usci, Amici del Museo propongono un percorso, che si snoda tra la Basilica e il monastero, per una migliore conoscenza e valorizzazione di Matilde e delle vicende religiose, storiche, artistiche e culturali che hanno caratterizzato l'esistenza del grande complesso benedettino.
PERCORSO DI VISITA:
- Il portale scolpito - Transetto sinistro: i pannelli della mostra "Le chiese nascoste" - Coro - Tomba di Matilde - Sagrestia - Cappella di Santa Maria - Chiostro di San Simeone - Sala del Capitolo - Scala giuliesca - Scriptorium - Sala di Matilde
Mantova, lo spettacolo di luci accende la capitale della cultura
Nella sua prima domenica da Capitale della cultura, Mantova si risveglia con turisti e residenti per le strade e le piazze del centro storico a gustarsi la giornata di sole tra i tavolini dei bar e con monumenti da scoprire o riscoprire. Perché è vero che la città è abituata, in questo periodo dell'anno, ad avere turisti che la percorrono, ma l'offerta di questa domenica speciale è diversa dal solito: si possono riscoprire monumenti che parlano della sua storia, come il "cantiere" del Podestà e Santa Barbara o si possono visitare gratuitamente luoghi che testimoniano la sua cultura, come la Teresiana e i musei di San Sebastiano e l'Archeologico. La risposta c'è stata, ed è stata positiva. All' Archeologico già a metà mattinata i visitatori erano oltre il centinaio, a Palazzo della Ragione c'erano le code per visitare il cantiere Podestà e alla Biblioteca Teresiana un centinaio di persone (compresi diversi turisti stranieri) si sono concentrati sugli antichi volumi e, pare, soprattutto sulla panoramica che si può ammirare dalle sua ampie finestre. Già all'ora dell'aperitivo il cuore del centro storico, da piazza Sordello a piazza Mantegna, era affollato. L'atmosfera è simile a quella che si respira in occasione di Festivaletteratura. Basta però addentrarsi in corso Umberto I o in via Cavour per tornare sugli standard di una qualunque domenica di primavera.
Folla allo spettacolo della serata di sabato in piazza Sordello. Sembra Capodanno, ma è primavera, il primo giorno dell’anno di Mantova capitale italiana della cultura. La notte di sabato prende il via con il centro pieno di gente che passeggia, piazza Sordello alle 21 è già un brulicare di persone nel buio che aspettano lo spettacolo. Tantissimi i bimbi sulle spalle dei papà. Ci sono già migliaia di persone e ne arrivano ancora, quando una voce avverte che lo spettacolo sta per iniziare. È il sindaco Mattia Palazzi, ma non lo si vede, è mescolato con il pubblico, non c’è nessun palco. La gente ha saputo che c’era festa in piazza Sordello, uno spettacolo di colori e di fuochi di una compagnia teatrale francese ed è arrivata. Il clima è perfetto, non fa freddo. Il buio della piazza fa risaltare, contro lo sfondo di palazzo Ducale con i portici e il profilo merlato del tetto, una struttura alta, una specie di totem, con luci colorate e fiammelle, altre installazioni più piccole sono ai lati. A terra, varie isole attorno a cui si ammassa il pubblico. Contengono decine di piatti pieni di cera da candele con lo stoppino. Sono accese solo quelle che segnano il perimetro. Dai balconi vedono cerchi di fuoco a terra.
Il sindaco saluta tutti, è contento che la piazza sia piena, e ringrazia la Fondazione Mantova capitale europea dello spettacolo e il suo presidente Ghisi, in piedi accanto a lui, per aver fatto venire questo gruppo da Marsiglia, Karnavires, con il suo Passage. Installation de feu.
Una musica molto ritmata crea un clima particolare, un po’ da circo, un po’ surreale. Nel buio si vedono avanzare pali alti con in cima una fiammella colorata, l’insieme crea una sorta di arcobaleno che si muove sinuoso tra la gente. Sono i teatranti vestiti ognuno a modo suo. Poi sopra il palazzo vescovile parte una scheggia rossa, come una cometa, che attraversa il cielo della piazza prima di spegnersi. Intanto altri teatranti cominciano ad accendere tutte le candele a terra e le isole diventano di fuoco. I bimbi sono curiosi, non si annoiano, i grandi hanno più fretta di capire cosa succederà in una serata che resterà a suo modo storica.
Il fantasma di Agnese Visconti, fatta decapitare a soli 28 anni dal marito Francesco I Gonzaga e seppellire in terra non consacrata, appare ancora oggi lamentando la sua vita perduta e confermando la fama del Palazzo Ducale di Mantova come uno dei luoghi più infestati di Italia. La storia di Agnese Visconti è veramente triste. Sesta figlia di 17 dati a Bernabò Visconti, signore di Milano da Beatrice della Scala, andata sposa giovanissima, a 17 anni di età, al coetaneo Francesco Gonzaga, signore di Mantova, non riesce a dargli un figlio maschio: solo una femmina, Alda, ma all’epoca poche erano le donne che potevano aspirare a un trono. Tra l’altro, Bernabò Visconti è stato definito come “despota crudele e spietato” ma era anche grande nemico del potere temporale della Chiesa e questo può avere influenzato le successive cronache, oltre al fatto di essere stato rottamato dal nipote e recluso a vita. Dopo che il padre viene ucciso dal cugino Gian Galeazzo Visconti, che ne usurpa il potere, Agnese improvvisamente diventa scomoda e il marito per eliminarla utilizza l’accusa di tradimento con il cavaliere Antonio da Scandiano. Opinione prevalente è che l’accusa fosse una montatura, ma la verità non si saprà mai. Gli atti del processo, informa Simone Rega, “sono ancora conservati presso l’Archivio di Stato di Mantova”.
La signora Simonetta Campedelli forse ne ha preso visione perché ha affermato con certezza che Antonio da Scandiano, per difendere Agnese, giurò di averla violentata. Agnese negò fino alla fine. Sentenza per i due amanti o presunti tali: la morte. La mattina del 7 febbraio 1391 Antonio da Scandiano venne impiccato e Agnese Visconti decapitata.
foto:liberatiarts.com
Furono sepolti assieme, vennero sepolti in quella che oggi è Piazza Pallone, cortile del palazzo ducale, dove una targa ricorda la sciagurata fine della duchessa. Era terra non consacrata. Forse per questo in molte notti mantovane, tra le finestre della piazza dove Agnese fu decapitata e le finestre del Palazzo, si sente l’urlo di una donna che, disperata, vuole avere indietro la sua vita. È il fantasma di Agnese Visconti che alcuni dicono chieda perdono al marito, altri che urli la sua rabbia verso chi l’ha uccisa per politica. Molti dicono anche di avere visto luci accese di notte nel Palazzo Ducale vuoto e silenzioso.
La splendida cupola della Basilica di S. Andrea, dettaglio. Affreschi di Giorgio Anselmi, lo stesso autore degli affreschi della Sala dei Fiumi a Palazzo Ducale.