MILANO

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  1. gheagabry1
     
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    "C'è intanto una meraviglia a Milano di gran lunga la più importante,
    che non posso non descrivere: la cattedrale.
    Da lontano appare come ritagliata in un foglio di carta bianca, ma quando si è vicini ci si meraviglia nello scoprire che quei ritagli a forma di merletto sono innegabilmente di candido marmo(...). Se osserviamo l'intera opera un po' più a lungo, troviamo che è molto graziosa, colossalmente bella, un giocattolo per bambini giganteschi. Tuttavia essa si presenta ancor meglio a mezzanotte, al chiaro di luna, quando la folla di bianche figure di pietra scende dall'alto e ti accompagna per la piazza bisbigliandoti all'orecchio un'antica storia (...)"
    Heinrich Heine, Reisebilder, Amburgo, 1826




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    LA FABBRICA DEL DUOMO DI MILANO




    Il 6 maggio 1385 Gian Galeazzo Visconti arriva a Milano diretto al Sacro Monte di Varese. E' un uomo di 34 anni, già sposato due volte, noto per la sua ostentata devozione, la sua timidezza. Incontra lo zio Bernabò Visconti, il terribile signore di Milano che amava sbeffeggiare papi e imperatori perché, come amava dire, "io sono papa e imperatore a me stesso". Quel giorno Bernabò deve aver pensato: "Vado a farmi due risate" e, presa la sua mula, si era diretto verso S. Ambrogio per vedere lo spettacolo, accompagnato dai suoi due figli e da poco seguito. Invece Gian Galeazzo, appena lo vede, lo dichiara suo prigioniero e lo fa rinchiudere nel vicino castello sotto lo sguardo sbalordito e incredulo di tutta Milano e, si può dire, di tutta Europa. Da qui iniziano le grandi imprese di Gian Galeazzo Visconti e da qui "inizia l'impresa del Duomo". La strategia di Gian Galeazzo è abbastanza chiara: i poveri vanno tranquillizzati con un saccheggio; i ricchi con il diritto. Per quelli che oggi chiameremmo "ceti medi" - mercanti, artigiani e commercianti - ci vuole un'idea che porti lustro alla città e lavoro per tutti. Ed ecco l'annuncio: il 23 maggio, due settimane dopo l'arresto di Bernabò, vengono demoliti l'antico arcivescovado, il palazzo degli Ordinari e il battistero di S. Stefano alle Fonti, che si trovavano dietro la cattedrale di S. Maria Maggiore, per edificare una nuova cattedrale di immense proporzioni, che avrebbe superato in lunghezza e in altezza ogni altra chiesa esistente allora nel mondo.

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    Nacque la Veneranda Fabbrica del Duomo. I primi documenti della fabbrica, purtroppo perduti, risalgono alla primavera del 1386, quando sono già in corso i lavori delle fondazioni, iniziate dalla sacrestia settentrionale o, come dice la Fabbrica, "aquilonare" dov'era l'antichissimo battistero di S. Stefano alle Fonti. In quest'anno Gian Galeazzo e il cugino arcivescovo Antonio da Saluzzo, iniziano una campagna di mobilitazione delle forze economiche della città perché concorrano all'impresa con offerte generose. La risposta supera, come si dice, le più rosee aspettative. In pochi mesi non solo i paratici di Milano, ma l'intera popolazione, si mobilita per portare ogni genere di offerte alla Fabbrica del Duomo: soldi, beni personali, lavoro. Ormai la cosa è diventata seria e bisogna che l'idea si trasformi in un progetto visibile e condiviso da tutti. L'1 marzo 1387 viene nominato ingegnere capo Simone da Orsenigo, che resterà per molti anni il responsabile dell'andamento dei lavori.. Sappiamo oggi, dopo gli assaggi effettuati nella sagrestia aquilonare, che all'inizio si pensava ad una costruzione in mattoni decorata con un paramento in cotto, simile probabilmente alle coeve chiese del Carmine di Milano e di Pavia. Nell'ottobre del 1387, avviene la grande svolta: Gian Galeazzo, che in due anni aveva già conquistato quasi tutta l'Italia settentrionale e aveva sposato la figlia Valentina con il fratello del re di Francia, decide di trasformare l'espediente pubblicitario in un simbolo regale.
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    A questo punto il Duomo non doveva essere soltanto la chiesa più grande d'Europa, doveva diventare soprattutto lo splendido tempio del futuro re d'Italia. Per realizzare questo sogno grandioso viene formulato un minuto regolamento della Fabbrica che prevede sia la stretta sorveglianza della gestione pratica dei lavori, sia un attento e rigoroso rendicontamento delle entrate e delle spese. Da parte sua Gian Galeazzo concede alla Fabbrica l'uso gratuito delle cave di Candoglia per estrarre i marmi necessari alla nuova impresa. L'idea nuova è quella di abbandonare lo stile ancora "romanico" i per abbracciare decisamente le forme gotiche d'oltralpe, mai prima d'ora accettate completamente in Italia. Le murature e i piloni saranno dunque realizzati "a cassone": pareti esterne portanti in marmo di Candoglia riempite internamente di pietre, prevalentemente serizzo tratto dalle cave viscontee di Locarno, Intra e Pallanza. I materiali arriveranno a Milano lungo il Naviglio Grande e tutte le merci che esibiranno il marchio AUF (Ad Usum Fabricae) non pagheranno dazi.

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    progetto di Cesare Ponti



    Il 20 marzo 1388 si svolge una importante riunione durante la quale Marco da Campione (o da Frixono, come dicono alcuni documenti) critica duramente i lavori fatti in precedenza da Simone da Orsenigo . Le critiche sono accolte e, dopo aver risistemate le fondazioni, "si incominciò a edificare con solido marmo" come dice un documento del 4 settembre 1388. Dal 1389 fino alla morte di Gian Galeazzo nel 1402, in soli 14 anni di lavoro frenetico, si costruisce quasi metà dell'opera. Anche se ci vorranno altri 400 anni per finirla, questi 14 anni sono decisivi per il Duomo perché è in questo periodo che vengono fatte tutte le scelte più importanti per il suo destino futuro.
    Nicolas de Bonaventure - viene nominato ingegnere capo il 6 luglio 1389. La sua attività a Milano durerà un anno e lascerà una indelebile traccia "francese" sul Duomo. Sulle porte delle sagrestie intanto si stanno affaticando gli scultori per completare le prime vere opere decorative: Giacomo da Campione esegue il portale della sagrestia settentrionale dedicato a Cristo e poco dopo è Hans Fernach ad eseguire quello della sagrestia meridionale dedicato alla Vergine.. Anche se nell'estate del 1390 Nicolas de Bonaventure ritorna in Francia, i lavori proseguono alacremente..Tutto il 1391 sarà l'anno cruciale per la stesura del modello definitivo. A questo dibattito, che chiama in causa sia importanti problemi di statica, sia problemi non meno importanti legati alla simbologia dei numeri e delle figure geometriche, intervengono personaggi di primo piano della cultura architettonica tedesca come Hans von Freiburg e Heinrich Parler, il primo impegnato nella cattedrale di Colonia e il secondo a Ulm. All'inizio del 1392 si giunge a due modelli contrapposti: quello di Parler e quello di un matematico piacentino - Gabriele Scovaloca - (un modello di alzato più affine ai gusti locali e più vicino alla tradizione costruttiva lombarda) che vincerà. Dal 1392 però la spinta spontanea della città per finanziare l'impresa - dopo cinque anni di sacrifici - si sta smorzando. Gian Galeazzo escogita un Giubileo milanese per raccogliere altri fondi e continuare l'impresa, ma si dovrà aspettare il 1395 prima di vedere qualche soldo.
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    Del resto anche Gian Galeazzo in questi anni è distratto da mille incombenze militari e politiche e per giunta ha deciso di fondare presso il suo parco di Pavia una nuova grande Certosa. Per fortuna (non sua!) nel 1394 muore Marco Carelli, un ricchissimo mercante milanese che lascia alla Fabbrica tutta la sua sostanza - ben 35.000 ducati - parecchi miliardi di oggi. Con quei soldi si costruisce quello che forse è il più bel elemento scultoreo-architettonico dell'intero edificio: la Guglia Carelli, la prima guglia del Duomo che si trova sull'angolo nord-est della sagrestia aquilonare, sormontata dalla statua di S. Giorgio che richiama direttamente l'effigie di Gian Galeazzo Visconti.

    Mai si era osato in Europa sollevare a quell'altezza una così enorme massa di marmi. Per affrontare il problema arriva dalla Francia nel 1399 il parigino Jean Mignot, un grande tecnico, che analizza in primo luogo la correttezza dei lavori svolti sinora trovando molte imperfezioni nel taglio delle pietre e quindi nella loro effettiva capacità di portata. La conclusione è drastica: c'è "pericolo di ruina". Secondo il francese bisogna distruggere tutto il costruito perché fatto "sine scienzia". Gian Galeazzo, molto preoccupato, fa assumere dalla Fabbrica i suoi due migliori ingegneri, Bartolomeo da Novara e Bernardo da Venezia, mentre è preposto al cantiere in pianta stabile Filippino degli Organi.. Il duca, pur convinto della giustezza delle critiche, alla fine si arrende al pragmatismo della Fabbrica lasciando che i lavori siano proseguiti "secondo il gradimento e la volontà dei suoi cittadini". Il Duomo non è crollato, però lo spavento salutare procurato dal Mignot è servito a migliorare le attrezzature (è adottata la sega per marmi) e soprattutto ha fatto rinviare di un secolo l'impresa del tiburio.

    Dal 1402, anno della morte di Gian Galeazzo Visconti, al 1480, quando un nuovo colpo di Stato fa salire al potere Ludovico il Moro, la costruzione del Duomo resta quasi del tutto sospesa, vuoi per mancanza di soldi, vuoi per mancanza di idee. Per tutto questo tempo il Duomo resta a metà, mentre dall'enorme zona del transetto continua a spuntare la vecchia basilica di S. Maria Maggiore. Anche se in questo periodo Filippino degli Organi costruisce poco, attorno a lui però cominciano a crescere gli scultori e poi i maestri vetrai che tentano i loro primi lavori sui finestroni dell'abside. Nell'anno 1418 il nuovo duca Filippo Maria Visconti può finalmente iniziare a pensare a Milano. Il 12 ottobre successivo arriva a Milano il papa Martino V, eletto l'anno prima dal Concilio di Costanza dopo un lungo periodo di scissione della Chiesa . Chi conosce la storia di Milano sa che bisogna sempre approfittare delle occasioni straordinarie se si vuole demolire qualcosa di importante e di antico.. Fino a quel momento si era costruito tutto attorno alla basilica che era praticamente intatta e funzionante. In due giorni, dal 14 al 16 ottobre, per ordine del duca si demolisce l'abside e la volta, spostando il vecchio altare per la consacrazione nel nuovo coro del Duomo. Da questo momento però non cessa di esistere liturgicamente la basilica di S. Maria Maggiore, ma viene semplicemente ampliata con un nuovo - immenso - coro dov'è collocato il suo vecchio altare riconsacrato. La sua scomparsa definitiva avverrà 150 anni dopo con la consacrazione del Duomo voluta da Carlo Borromeo.

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    Fin dai primi anni del Quattrocento, parallelamente alle opere di architettura e scultura, sorge vicino al Duomo il laboratorio per preparare le vetrate. Di tutte queste vetrate restano soltanto alcuni antelli al Museo del Duomo, perché dovettero essere quasi subito sostituite per l'imperizia dei maestri vetrai di quest'epoca. Solo dopo il 1470, grazie all'opera di Cristoforo e Agostino de' Mottis, Antonio da Pandino e Niccolò da Varallo si avvia un programma serio e duraturo di realizzazione delle vetrate, eseguito questa volta con materiali di ottima qualità e con tecniche perfette che hanno consentito ad esse di conservarsi in ottimo stato fino ad oggi. Di questo notevole gruppo di opere, che stilisticamente abbandonano il gotico per rifarsi ai disegni "all'antica" del Foppa e di altri artisti rinascimentali.

    Ludovico il Moro, salito al potere nel 1480 era l'uomo che ci voleva per affrontare un problema così difficile come quello del tiburio. Deciso, ambizioso, spregiudicato, il Moro governa Milano in un periodo di grande splendore culturale, che gli permette di disporre di uomini dotati di straordinarie capacità tecniche e artistiche. Nel 1481 muore Guiniforte Solari, che intorno al 1470 aveva rinforzato gli arconi gotici tra i quattro pilastroni centrali con dei robusti "archi romani" nascosti nella muratura . Restano a capo del cantiere suo figlio Pietro Antonio e il genero Amadeo, entrambi poco più che trentenni. Si ritiene quindi opportuno di far venire a Milano l'anziano maestro tedesco Giovanni Nexemperger. Si scopre che in Italia ci sono persone più esperte di lui ed anche di gusti più raffinati. Alcune sono già a Milano, come Leonardo da Vinci e Donato Bramante, altre sono chiamate apposta a misurarsi con il problema. Alla fine, nel 1490, tutti i modelli sono riuniti nel castello sforzesco per un confronto finale. Vince, anche perché rappresenta la sintesi dei diversi contributi, il modello approntato dall'Amadeo con Gian Giacomo Dolcebuono e rivisto da tecnici del calibro di Francesco di Giorgio e Luca Fancelli. Rispetto ad una tendenza che voleva il tiburio di forma quadrangolare, si sceglie alla fine un rivestimento della cupola ottagonale, più rispondente alla tradizione ambrosiana. Il tiburio viene terminato in appena dieci anni, e, malgrado il timore di molti, non presenta alcun difetto dal punto di vista statico. Nella sua parte interna viene decorato da quattro serie di quindici statue (profeti, sibille e personaggi dell'Antico Testamento) sugli arconi portanti e da quattro medaglioni con i dottori della Chiesa. All'esterno invece rimane a lungo privo di decorazioni e guglie. Unica eccezione è il cosiddetto Gugliotto dell'Amadeo, capolavoro scultoreo dove gli elementi rinascimentali sono sapientemente armonizzati con l'aspetto gotico, che rimane dominante, come segno di fedeltà all'impianto originario della costruzione. Con il gugliotto Amadeo, costruito tra il 1507 e il 1518, finisce in bellezza la stagione gotica del Duomo. Ciò che si farà in seguito, dopo la parentesi "romana" del Borromeo, sarà all'insegna di un neogotico nel quale il vecchio stile viene di volta in volta rinterpretato alla luce delle novità barocche o neoclassiche. (Paolo Colussi, la storiadimilano.it)


    Nel corso dei millenni, tutta l'area che comprende anche l'omonima piazza antistante il Duomo, è stata adibita a luogo sacro prima dai Celti, poi dai Romani e infine dai Cristiani. Se la terra avesse potuto assorbire la magia di questo luogo, ora sarebbe impregnata di energia pagana e cristiana, di acre sangue sacrificale e di profumo di beatificazione.
    Fino al IV secolo d.C. in questo luogo si trovava un tempio dedicato a Minerva. Con la diffusione del cristianesimo, il tempio venne abbattuto e fu eretta la chiesa dedicata a Santa Tecla con l'adiacente Battistero di San Giovanni alle Fonti dove il vescovo di Milano Sant'Ambrogio battezzò Sant'Agostino. Nell'836, accanto a Santa Tecla, venne costruita una seconda chiesa chiamata Santa Maria Maggiore.
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    Interessante notare come sia rimasto in questo magico luogo del centro di Milano, a discapito di 2.500 anni di storia, un filo comune tra tutte le religioni, di un culto femminile: la Dea Madre Terra per i Celti, Minerva per i Romani, Santa Tecla e infine il Duomo (dedicato a 'Santa Maria Nascente') per i Cristiani.
    Lo stesso Duomo, con la sua storia pluricentenaria, sembra quasi aver 'accettato' di buon grado di convivere con simboli pagani e demoni scolpiti nel marmo. Difficile quindi stupirsi se si pensa che la sua stessa costruzione, secondo una leggenda, fu voluta dal diavolo in persona.
    Si narra infatti che il signore del male fosse comparso a Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano, in una fredda notte del 1386. Ritiratosi nella sua camera, il diavolo gli comparve ai piedi del letto con occhi infuocati e alito di zolfo. Lo minacciò dicendogli di costruire una chiesa a suo nome e che fosse ricca di immagini sataniche e di figure di demoni. Se si fosse rifiutato, avrebbe preso la sua anima e l'avrebbe portata con sé all'inferno. Galeazzo non impiegò molto a decidersi e già pochi giorni dopo, prese accordi con l'arcivescovo Antonio da Saluzzo per cominciare la costruzione del Duomo.
    Ma quante statue ci sono sul Duomo? Sembra che tra l'interno e l'esterno dell'edificio ce ne siano 3159. Se però si dovessero contare anche le gran teste e i mezzibusti, gli altorilievi e i doccioni, il numero crescerebbe in maniera esponenziale. Io stesso, ogni volta che alzo lo sguardo al Duomo, mi stupisco per figure bizzarre, animali di pietra e statue che non avevo mai scorto prima.
    Una prima impressione che si può invece percepire appena entrati nell'edificio, è di trovarsi in un'antica foresta di querce, simile a quella veramente esistita millenni fa. L'effetto ottico è dato dalle imponenti e altissime colonne gotiche che richiamano appunto per la loro fattura, degli enormi tronchi d'albero. L'interno del Duomo è ricco di segreti e di curiosità. Alzando ad esempio lo sguardo verso la prima campata della navata di destra, celato nella penombra, ci accorgeremo di un grande oggetto sospeso e protetto da un telo bianco. Si tratta della Nivola, un rudimentale ascensore (ora azionato elettricamente, un tempo mosso da un sistema di funi) che permette ogni anno al vescovo di Milano di raggiungere la volta dell'abside. Qui si trova un reliquiario che al suo interno custodisce uno dei Santi chiodi della crocifissione Gesù Cristo. Il primo monumento funebre che s'incontra sulla navata di destra, è invece quello dell'arcivescovo Ariberto d'Intimiano. Sopra il sarcofago del santo si trova una croce eseguita nel 1037 che la tradizione vuole fosse stata eretta sopra il Carroccio del Comune. Il carroccio era un grande carro a quattro ruote intorno al quale si raccoglievano e combattevano le milizie dei comuni lombardi (o 'Lega lombarda'). Certamente celebre la battaglia di Legnano della Lega lombarda di più di cento anni dopo (29 maggio 1176) guidata da Alberto da Giussano durante la quale, un sacerdote celebrò una messa sopra un carroccio incitando i combattimenti nel nome di Dio. La lega, appoggiata dal papa Alessandro III, vinse la battaglia contro il Sacro Romano Impero e il suo imperatore, Federico Barbarossa.
    Infine, un mattone posto sempre nella navata di destra con una curiosa incisione:



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    EL PRINCIPIO DIL DOMO DI
    MILANO FU NEL ANNO 1386


    L'incisione è in realtà del XVII secolo, ma atta a comprovare la datazione originaria del Duomo. Sembra infatti che la suddetta scritta venne apposta dopo il ritrovamento di un mattone nelle fondamenta della chiesa, che apportava appunto la data: 1386.
    Sicuramente, come qualunque grande edificio sacro medievale, ebbe invece collegamenti con la Massoneria. Anticamente i Massoni erano liberi scalpellini e artigiani che venivano chiamati in tutta Europa perché unici detentori del sapere architettonico e ingegneristico per poter realizzare opere tanto complesse come le cattedrali gotiche.
    (mitiemisteri.it)


    Edited by gheagabry1 - 15/9/2019, 16:06
     
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