IL PIANETA DI BABBO NATALE

racconti, fiabe

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    Racconti di Babbo Natale




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    Una visita di San Nicola, ora più nota con il titolo La notte di Natale (The Night Before Christmas), avvenuta il 23 dicembre 1823. La paternità dell’opera non è certa, ma è tradizionalmente attribuita a Clement Clarke Moore. Santa Claus vi viene descritto come un signore un po’ tarchiato con otto renne, che vengono nominate (per la prima volta in questa versione) con i nomi di Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen. La versione italiana è: Fulmine, Ballerina, Donnola, Freccia, Cometa, Cupido, Saltarello e Donato.



    La notte prima di Natale

    Era la notte prima di Natale e tutta la casa era in silenzio,
    nulla si muoveva, neppure un topino.
    Le calze, appese in bell'ordine al camino,
    aspettavano che Babbo Natale arrivasse.

    I bambini rannicchiati al calduccio nei loro lettini
    sognavano dolcetti e zuccherini;
    La mamma nel suo scialle ed io col mio beretto
    stavamo per andare a dormire
    quando, dal giardino di fronte alla casa, iunse un rumore
    Corsi alla finestra per vedere che cosa fosse successo,
    spalancai le imposte e alzai il saliscendi.

    La luna sul manto di neve appena caduta
    illuminava a giorno ogni cosa
    ed io vidi , con mia grande sorpresa,
    una slitta in miniatura tirata da ott minuscole renne
    e guidata da un piccolo vecchio conducente arzillo e vivace;
    capii subito che doveva essere Babbo Natale.

    Le renne erano più veloci delle aquile
    e lui le incitava chimandole per nome.
    "Dai, Saetta! Dai, Ballerino!
    Dai, Rampante e Bizzoso!
    Su, Cometa! Su, Cupido! Su, Tuono e Tempesta!
    Su in cima al portico e su per la parete!
    Dai presto, Muovetevi!"

    Leggere come foglie portate da un mulinello di vento,
    le renne volarono sul tetto della casa,
    trainando la slitta piena di giocattoli.

    Udii lo scalpiccio degli zoccoli sul tetto,
    non feci in tempo a voltarmi che
    Babbo Natale venne giù dal camino con un tonfo.
    Era tutto vestito di pelliccia, do capo a piedi,
    tutto sporco di cenere e fuliggine
    con un gran sacco sulle spalle pieno di giocattoli:
    sembrava un venditore ambulante
    sul punto di mostrate la sua mercanzia!


    I suoi occhi come brillavano! Le sue fossette che allegria!
    Le guance rubiconde, il naso a ciliegia!
    La bocca piccola e buffa arcuata in un sorriso,
    la barba bianca come la neve,
    aveva in bocca una pipa
    è il fumo circondava la sua testa come una ghirlanda.
    Il viso era largo e la pancia rotonda
    sobbalzava come una ciotola di gelatina quando rideva.
    Era paffuto e grassottello, metteva allegria,
    e senza volerlo io scoppiai in una risata.
    Mi fece un cenno col capo ammiccando
    e la mia paura spari,

    non disse una parola e tornò al suo lavoro.
    Riempì una per una tutte le calze, poi si voltò,
    accennò un saluto col capo e sparì su per il camino.
    Balzò sulla slitta, diede un fischio alle renne
    e volò via veloce come il piumino di un cardo.
    Ma prima di sparire dalla mia vista lo udii esclamare:
    Buon Natale a tutti e a tutti buona notte!



    Edited by gheagabry1 - 6/11/2019, 23:38
     
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    Il Natale di Martin

    di Leone Tolstoj



    In una certa città viveva un ciabattino, di nome Martin Avdeic. Lavorava in una stanzetta in un seminterrato, con una finestra che guardava sulla strada. Da questa poteva vedere soltanto i piedi delle persone che passavano, ma ne riconosceva molte dalle scarpe, che aveva riparato lui stesso. Aveva sempre molto da fare, perché lavorava bene, usava materiali di buona qualità e per di più non si faceva pagare troppo.
    Anni prima, gli erano morti la moglie e i figli e Martin si era disperato al punto di rimproverare Dio. Poi un giorno, un vecchio del suo villaggio natale, che era diventato un pellegrino e aveva fama di santo, andò a trovarlo. E Martin gli aprì il suo cuore.
    - Non ho più desiderio di vivere - gli confessò. - Non ho più speranza.
    Il vegliardo rispose: « La tua disperazione è dovuta al fatto che vuoi vivere solo per la tua felicità. Leggi il Vangelo e saprai come il Signore vorrebbe che tu vivessi.
    Martin si comprò una Bibbia. In un primo tempo aveva deciso di leggerla soltanto nei giorni di festa ma, una volta cominciata la lettura, se ne sentì talmente rincuorato che la lesse ogni giorno.
    E cosi accadde che una sera, nel Vangelo di Luca, Martin arrivò al brano in cui un ricco fariseo invitò il Signore in casa sua. Una donna, che pure era una peccatrice, venne a ungere i piedi del Signore e a lavarli con le sue lacrime. Il Signore disse al fariseo: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e non mi hai dato acqua per i piedi. Questa invece con le lacrime ha lavato i miei piedi e con i suoi capelli li ha asciugati... Non hai unto con olio il mio capo, questa invece, con unguento profumato ha unto i miei piedi.
    Martin rifletté. Doveva essere come me quel fariseo. Se il Signore venisse da me, dovrei comportarmi cosi? Poi posò il capo sulle braccia e si addormentò.
    All'improvviso udì una voce e si svegliò di soprassalto. Non c'era nessuno. Ma senti distintamente queste parole: - Martin! Guarda fuori in strada domani, perché io verrò.
    L'indomani mattina Martin si alzò prima dell'alba, accese il fuoco e preparò la zuppa di cavoli e la farinata di avena. Poi si mise il grembiule e si sedette a lavorare accanto alla finestra. Ma ripensava alla voce udita la notte precedente e così, più che lavorare, continuava a guardare in strada. Ogni volta che vedeva passare qualcuno con scarpe che non conosceva, sollevava lo sguardo per vedergli il viso. Passò un facchino, poi un acquaiolo. E poi un vecchio di nome Stepanic, che lavorava per un commerciante del quartiere, cominciò a spalare la neve davanti alla finestra di Martin che lo vide e continuò il suo lavoro.
    Dopo aver dato una dozzina di punti, guardò fuori di nuovo. Stepanic aveva appoggiato la pala al muro e stava o riposando o tentando di riscaldarsi. Martin usci sulla soglia e gli fece un cenno. - Entra· disse - vieni a scaldarti. Devi avere un gran freddo.
    - Che Dio ti benedica!- rispose Stepanic. Entrò, scuotendosi di dosso la neve e si strofinò ben bene le scarpe al punto che barcollò e per poco non cadde.
    - Non è niente - gli disse Martin. - Siediti e prendi un po' di tè.
    Riempi due boccali e ne porse uno all'ospite. Stepanic bevve d'un fiato. Era chiaro che ne avrebbe gradito un altro po'. Martin gli riempi di nuovo il bicchiere. Mentre bevevano, Martin continuava a guardar fuori della finestra.
    - Stai aspettando qualcuno? - gli chiese il visitatore.
    - Ieri sera- rispose Martin - stavo leggendo di quando Cristo andò in casa di un fariseo che non lo accolse coi dovuti onori. Supponi che mi succeda qualcosa di simile. Cosa non farei per accoglierlo! Poi, mentre sonnecchiavo, ho udito qualcuno mormorare: "Guarda in strada domani, perché io verrò".
    Mentre Stepanic ascoltava, le lacrime gli rigavano le guance. - Grazie, Martin Avdeic. Mi hai dato conforto per l'anima e per il corpo.
    Stepanic se ne andò e Martin si sedette a cucire uno stivale. Mentre guardava fuori della finestra, una donna con scarpe da contadina passò di lì e si fermò accanto al muro. Martin vide che era vestita miseramente e aveva un bambino fra le braccia. Volgendo la schiena al vento, tentava di riparare il piccolo coi propri indumenti, pur avendo indosso solo una logora veste estiva. Martin uscì e la invitò a entrare. Una volta in casa, le offrì un po' di pane e della zuppa. - Mangia, mia cara, e riscaldati - le disse.
    Mangiando, la donna gli disse chi era: - Sono la moglie di un soldato. Hanno mandato mio marito lontano otto mesi fa e non ne ho saputo più nulla. Non sono riuscita a trovare lavoro e ho dovuto vendere tutto quel che avevo per mangiare. Ieri ho portato al monte dei pegni il mio ultimo scialle.
    Martin andò a prendere un vecchio mantello. - Ecco - disse. - È un po' liso ma basterà per avvolgere il piccolo.
    La donna, prendendolo, scoppiò in lacrime. - Che il Signore ti benedica.
    - Prendi - disse Martin porgendole del denaro per disimpegnare lo scialle. Poi l’accompagnò alla porta.
    Martin tornò a sedersi e a lavorare. Ogni volta che un'ombra cadeva sulla finestra, sollevava lo sguardo per vedere chi passava. Dopo un po', vide una donna che vendeva mete da un paniere. Sulla schiena portava un sacco pesante che voleva spostare da una spalla all'altra. Mentre posava il paniere su un paracarro, un ragazzo con un berretto sdrucito passò di corsa, prese una mela e cercò di svignarsela. Ma la vecchia lo afferrò per i capelli. Il ragazzo si mise a strillare e la donna a sgridarlo aspramente.

    Martin corse fuori. La donna minacciava di portare il ragazzo alla polizia. - Lascialo andare, nonnina - disse Martin. - Perdonalo, per amor di Cristo.
    La vecchia lasciò il ragazzo. - Chiedi perdono alla nonnina - gli ingiunse allora Martin.
    Il ragazzo si mise a piangere e a scusarsi. Martin prese una mela dal paniere e la diede al ragazzo dicendo: - Te la pagherò io, nonnina.
    - Questo mascalzoncello meriterebbe di essere frustato - disse la vecchia.
    - Oh, nonnina - fece Martin - se lui dovesse essere frustato per aver rubato una mela, cosa si dovrebbe fare a noi per tutti i nostri peccati? Dio ci comanda di perdonare, altrimenti non saremo perdonati. E dobbiamo perdonare soprattutto a un giovane sconsiderato.
    - Sarà anche vero - disse la vecchia - ma stanno diventando terribilmente viziati.
    Mentre stava per rimettersi il sacco sulla schiena, il ragazzo sì fece avanti. - Lascia che te lo porti io, nonna. Faccio la tua stessa strada.
    La donna allora mise il sacco sulle spalle del ragazzo e si allontanarono insieme.
    Martin tornò a lavorare. Ma si era fatto buio e non riusciva più a infilare l'ago nei buchi del cuoio. Raccolse i suoi arnesi, spazzò via i ritagli di pelle dal pavimento e posò una lampada sul tavolo. Poi prese la Bibbia dallo scaffale.
    Voleva aprire il libro alla pagina che aveva segnato, ma si apri invece in un altro punto. Poi, udendo dei passi, Martin si voltò. Una voce gli sussurrò all'orecchio: - Martin, non mi riconosci?
    - Chi sei? - chiese Martin.
    - Sono io - disse la voce. E da un angolo buio della stanza uscì Stepanic, che sorrise e poi svanì come una nuvola.
    - Sono io - disse di nuovo la voce. E apparve la donna col bambino in braccio. Sorrise. Anche il piccolo rise. Poi scomparvero.
    - Sono io - ancora una volta la voce. La vecchia e il ragazzo con la mela apparvero a loro volta, sorrisero e poi svanirono.
    Martin si sentiva leggero e felice. Prese a leggere il Vangelo là dove si era aperto il libro. In cima alla pagina lesse: Ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi dissetaste, fui forestiero e mi accoglieste. In fondo alla pagina lesse: Quanto avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli, l’avete fatto a me.
    Così Martin comprese che il Salvatore era davvero venuto da lui quel giorno e che lui aveva saputo accoglierlo.



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 14:52
     
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  3. gheagabry
     
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    IL FANTASMA DEI REGALI

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    Michael era un ragazzo carino. Era di piccolo di statura. . . molto più basso di me, e molto curioso. Aveva capelli castani, un adorabile faccino tondo ed era molto intelligente.
    Una cosa che ammiravo di Michael era che amava tantissimo la sua mamma.
    Egli trascorreva molto tempo a creare giochi, amici immaginari e faceva tantissime domande.
    "Mamma, perché ci sono le case?" O "Mamma, perché ci sono le auto?" chiedeva mentre andava a scuola.
    Passeggiando per il parco, chiedeva: "Mamma, perché ci sono le crepe nel marciapiede?" O quando mangiavano in un ristorante, chiedeva: "Mamma, da dove vengono le patatine fritta?" e non aveva ancora cominciato con ketchup e senape, perché avrebbe chiesto: "Perché il ketchup odora in quel modo?" o "Perché la senape è gialla?"

    Sua madre gentilmente e pazientemente gli spiegava ogni cose e lui imparava tutto quello che lei gli diceva. Alla sua età, era molto intelligente e sapeva già molto. Sapeva che Babbo Natale viene dal Polo Nord e che, se non metti il dente sotto il cuscino, la fatina dei denti non lascia i soldini.

    Quando si trattava di giochi, a Michael non mancava l'immaginazione. Poteva costruire cose tutto da solo e avrebbe potuto passare ore a creare un'avventura nella sua camera da letto. Aveva giocattoli, ma non erano i suoi giocattoli che lo teneva occupato, era quello che faceva con loro che era così eccezionale.

    Con l'aiuto di Michael, i suoi eroici personaggi avrebbero salvato le signore intrappolate in cima alla sua credenza e impedito loro di cadere da così in alto facendosi male. Aveva radunato i suoi eroi anche per salvare l'orsacchiotto e altre persone sotto il letto da una lunga e buia notte senza abbracci. E in estate si poteva giocare in cortile, costruiva città con le sue macchine e altre cose che trovava in giro per casa. Michael aveva una grande immaginazione.

    Michael amava anche le vacanze.

    A Pasqua, era stato il migliore in assoluto a fare le uova di Pasqua, colorate perfettamente con bellissimi piccoli disegni. E ad Halloween avava i migliori costumi, scolpiva la zucca più spaventosa e amava dolcetto o scherzetto, portando a casa grandi secchi di caramelle, che naturalmente, divideva con la sua mamma.

    Ma a Natale, si era veramente divertito. Amava decorare l'albero di Natale, mettendo gli ornamenti al loro posto e aiutava la sua mamma a sistemare le luci. Cercava con molta attenzione il regalo giusto per la sua mamma poi aspettava con ansia il momento perfetto per darglielo.

    Poi, una volta, si svegliò nel cuore della notte, scese dal suo letto e andò in salotto a guardare l'albero di Natale. Era scintillante e incandescente nella luce della sera e lui stava lì seduto ad ammirare quanto fosse bello. C'erano i regali infilati sotto, incartati e con graziosi fiocchi luccicanti. Amava il Natale!

    Si stropicciò gli occhi quando vide qualcosa muoversi dietro le montagne di pacchetti sotto l'albero. Pensava che stesse sognando, e si pizzicò per assicurarsi di essere sveglio.

    "Ciaooo, Michael", disse una vocina che proveniva dall'albero.

    "Cosa?" Michael balbettò incredulo.

    "Michael, io sono il fantasma dei regali di Natale," disse la voce e in quel momento un topino, vestito in abiti di Natale, uscì da dietro a uno dei doni. Il topo portava un berretto rosso e indossava delle buffe pantofole verdi con delle campanelle sulle punte.

    "Fantasma? Ma i fantasmi fanno paura e tu non fai paura a nessuno", disse Michael, guardando avanti e cercando di vedere meglio la creatura nella penombra delle luci natalizie.

    "Non tutti i fantasmi fanno paura. Mi capita di essere un topo fantasma e io sono qui per condividere il mio messaggio con te."

    "Messaggio? Che messaggio hai? Da dove vieni? Non ho mai sentito parlare di topi fantasma prima, che ci fai qui? " Michael comincia con le sue mille domande.

    Il topo fa dei gesti con le braccia per cercare di farlo rallentare. "Troppe domande. I topi, soprattutto fantasma, non hanno risposte, hanno solo i messaggi. "

    "Cosa? Non ho mai sentito parlare di topi fantasma con i messaggi. Qual è il tuo nome, topolino? "

    "Il mio nome è Franklin e io sono il fantasma dei regali di Natale," disse, e alzò le piccole braccia pelose, nel tentativo di sembrare spaventoso e inquietante.

    Michael ridacchiò, perché non sembrava spettrale per niente. Credeva fosse molto sciocco cercare di sembrare grande in un corpo piccolo piccolo, inoltre, con quel buffo berretto e quelle folli ciabattine.

    Franklin sembrava infastidito, così disse: "Va bene Michael, non si dovrebbe ridere del fantasma dei regali di Natale. Non è rispettoso" ed incrociò le braccia con un espressione indignata.

    Michael si mise carponi in moda da trovarsi faccia a faccia con la creatura che ormai aveva tutta la sua attenzione. Nelle luci scintillanti, poteva vedere l' espressione dei piccoli occhi lucidi. Piccole orecchie sporgevano da sotto il buffo cappello, aveva piccole braccia con mani piccole e un dito che ticchettava con impazienza.

    Michael non poteva fare a meno di essere colpito dalla creatura, sembrava così carino e coccolone, voleva prenderlo e accarezzare la sua morbida pelliccia.

    "Posso prenderti?" Chiese Michael.

    Il topolino alzò gli occhi e disse: "Beh, se può servire per farti ascoltare il mio messaggio, credo che non farà male. Ma non toccarmi il cappello! ", disse Franklin spavaldamente.

    Delicatamente, Michael prese l'adorabile roditore e lo tenne nel palmo della mano con molta attenzione, guardando da vicino quei caldi, occhi espressivi.Franklin nel bagliore dimenava il piccolo naso bagnato, muovendo i baffi in modo adorabile in modo da sentire l' odore del suo nuovo amico. Ma l'espressione del suo viso stava diventando impaziente, il ragazzo era ovviamente più interessato al suo aspetto che al messaggio che era venuto a portare.

    Accortosi della sua impazienza, Michael si raddrizzò, e anche se cercava di essere serio, il sorriso sul suo volto tradiva le sue intenzioni. Tuttavia, controllò il suo divertimento e disse: "Va bene signor Franklin, Fantasma dei Regali di Natale, che cosa è questo messaggio che hai per me?"

    "Beh, sono contento di aver finalmente avuto la vostra attenzione", annunciò Franklin, che gonfiò il petto e aprì le braccia grandiosamente, pronto a fare il suo annuncio.

    La stanza si fece immobile e per un momento, l'unico suono era il battito del cuore di Michael e gli aliti piccoli di Franklin, che era possibile vedere dal movimento del suo piccolo petto.

    "Sei un bravo ragazzo, Michael. Giochi in camera, inventi giochi e tu sei senza dubbio il migliore decoratore di uova di Pasqua da queste parti. Tu ami tua madre e andare a scuola ogni giorno. Ma dopo averti odorato, sembra che si possa fare di meglio quando fai il bagno e ti lavi i denti. Nonostante questo,per il resto fai un ottimo lavoro. Ma tua madre ha bisogno del tuo aiuto. Potresti sistemare la tua camera e aiutarla nelle faccende di tanto in tanto. Sei abbastanza grande adesso. Sei molto intelligente e conosci già molte cose. Ma un pò di aiuto nelle faccende di ogni giorno e lavarsi un pò dietro le orecchie potrebbe migliorare le cose. I genitori sono anche persone. Proprio come te, lo sai. "

    Michael mise una mano sulla bocca, imbarazzato perché non si era lavato i denti prima di dormire. Pensandoci su, si ricordò di non aver raccolto i suoi giocattoli. Non riusciva a credere di averlo dimenticato.

    "Non ti preoccupare, ragazzo", disse Franklin rassicurandolo. "La maggior parte dei bambini lo dimentica. Ma faresti davvero felice la tua mamma se cercassi di ricordare di fare da solo certe cose "

    Michael rimase immobile per un momento, pensando alle parole di Franklin, poi s'illuminò. Baciò Franklin sulla guancia ed esclamò: "Io posso farlo!"

    Appoggiato Franklin sul tavolino, corse nell'altra stanza e tornò con la matita e un blocco di carta.Scrisse velocemente sulla carta per qualche istante e strappato un foglio di carta dal blocco. Lo spinse con orgoglio vicino alla faccia di Franklin in modo che potesse vederlo. La carta spinse Franklin e i movimenti rapidi quasi lo buttatarono fuori dal tavolo. Franklin tese le braccia ancora una volta, nel tentativo di evitare di essere travolto dall'entusiasmo di Michael.

    "Whoa! Michael! Che cosa è questo? "

    "E' la mia lista delle faccende! Si tratta di tutte le cose che devo fare ogni giorno in modo da non dimenticare! " Michael la guardava con orgoglio.

    Franklin si sporse in avanti ed esaminò l'elenco con gli occhi lucidi. Poi disse: "Sai, ragazzo, sembra funzionare. Ora mettila in un posto che tu non possa dimenticare. "

    "So qual'è il posto giusto!" Esclamò Michael, che corse nella stanza, afferrò il nastro e poi corse in camera sua, dove attaccò la lista alla porta del suo armadio.

    Tornò di corsa in soggiorno, trovò Franklin seduto sul bordo del tavolo, il braccio appoggiato sulle gambe incrociate. Franklin si alzò quando Michael entrò nella stanza, stando attento a non cadere del tavolo.

    "E' tutto chiaro ragazzo?", chiese per essere sicuro che Michael avesse capito il suo messaggio.

    "Sì, signor Franklin, Fantasma dei Regali di Natale, ho capito e ti prometto che farò la mia parte per aiutare la mia mamma." segnandosi il petto per sancire la solenne promessa.

    "Ora, Michael, è il momento per me di andare", disse Franklin.

    Michael era molto triste. "Nooooo. Non puoi andare. Siamo appena diventati amici! "E si mise a piangere.

    "Oh! No"gridò Franklin, agitando freneticamente le braccia in aria, cercando di cancellare l'emozione.

    Gli occhi di Michael si riempirono di lacrime e cominciarono a scorrergli sulle guance, come enormi fiumi.

    "Questa è la parte che preferisco di meno", disse Franklin.

    "Va bene, c'è qualcosa che si può fare per non lasciarsi", disse Franklin.

    "Cosa? Cosa? Che cosa? "Michael chiese con entusiasmo, disposto a tutto pur di prolungare la loro amicizia.

    Franklin fece segno a Michael di avvicinarsi, poi alzò la mano vicino alla bocca mentre sussurrava molto segretamente all'orecchio sinistro del ragazzo.

    Annuendo, Michael alzò Franklin con delicatezza e lo portò nella sua camera da letto e chiuse con il piede la porta della camera dietro di lui con molta calma.

    Il mattino seguente era il giorno di Natale. Michael si svegliò prima di chiunque altro e con attenzione portò lo sgabello in cucina, muovendosi con cautela per non svegliare nessuno.

    Tirò giù una ciotola, la scatola di cereali dalla credenza e il latte dal frigo. Trovò il vassoio di portata, un vaso e un fiore e con attenzione sistemò tutto in salotto.

    Aveva preparato una bellissima colazione, completa di succhi di frutta, pane tostato e un piccolo biglietto che diceva "Ti amo mamma. Buon Natale" e trotterellò in fondo al corridoio nella camera da letto di sua madre. Si fermò accanto al suo letto fino a quando i suoi occhi assonnati si aprirono e vide il suo bambino in piedi accanto a lei.

    Si mise a sedere e fu accolta da una bella prima colazione di Natale, abbracci e baci dal suo amato piccolo bambino. Rimasero a lungo a raccontare storie e mangiare cereali che non erano mai stati così buoni. Poi Michael andò verso l'albero di Natale, spostò delicatamente il piccolo topo di pezza con le folli pantofole un pò di lato per recuperare il dono speciale di sua madre.

    Diede con orgoglio alla mamma il suo regalo di Natale in quella allegra mattina, non si era mai sentito così orgoglioso e felice della sua vita. Lui amava la sua mamma così tanto.

    In seguito, giocò felicemente nella sua stanza con il suo nuovo topo giocattolo, mentre sua madre preparava una deliziosa cena di Natale.

    Franklin è ora sistemato con orgoglio sopra il letto di Michael, e veglia su di lui ogni notte. Franklin continua a dare consigli a Michael su cose come il Coniglietto di Pasqua, Babbo Natale, ecc

    E vissero felici e contenti




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    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 14:57
     
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    LA LEGGENDA DEL VISCHIO
    di I. Drago

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    Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno.
    Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari.
    Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente.
    Il mercante non poteva dormire. Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Preva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa.
    Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: - Fratello, - gli gridarono - non vieni?
    Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c'erano che clienti: chi comprava e chi vendeva.
    Ma dove andavano?
    Si mosse un po' curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli.
    Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare.
    No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita.
    Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco.
    Entrò nella grotta insieme con gli altri; s'inginocchio insieme agli altri.
    - Signore, - esclamò - ho trattato male i miei fratelli. Perdonami.
    E proruppe in pianto.
    Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò.
    Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline.
    Era nato il vischio.

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    Rudolph la renna

    Rudolf-david+twenzel

    Ogni anno Babbo Natale si recava nel freddo Nord, alla ricerca degli animali più forti e più veloci per trasportare la sua enorme slitta. Da quelle parti viveva una famiglia di renne con cinque piccoli. Il più giovane si chiamava Rudolph ed aveva una particolarità: quando il suo piccolo cuore di renna batteva un po' più forte per l'agitazione, il suo naso diventava rosso come il sole del tramonto. Ugualmente, se era allegro o arrabbiato, il naso di Rudolph si illuminava in tutto il suo splendore. I suoi genitori ed i suoi fratelli lo amavano ugualmente, ma le altre piccole renne lo prendevano in giro. "Questo è Rudolph con il naso rosso" dicevano,e ballavano attorno a lui, additandolo con i loro piccoli zoccoli. Il povero Rudolph correva a casa e piangeva amaramente, per ore ed ore. Intanto, come ogni anno, si avvicinava la visita di Babbo Natale. In tutte le famiglie di renne i giovani si facevano belli. Le loro pellicce venivano a lungo strigliate e spazzolate fino a che non rilucevano del colore del rame, le corna venivano pulite con la neve finché non risplendevano alla fioca luce degli inverni del nord.Finalmente arrivò il gran giorno. In un piazzale gigantesco, dozzine di renne, impazienti e nervose, raspavano con i loro zoccoli ed emettevano richiami belli ed allo stesso tempo terrificanti per impressionare i concorrenti. Tra di loro c'era anche Rudolph. Puntualmente Babbo Natale atterrò con la sua slitta trainata solo da Donner, il suo fedele caporenna. Babbo Natale si mise subito al lavoro ed esaminò ogni animale,borbottando di continuo sotto la sua lunga barba bianca. Quando arrivò il turno di Rudolph, il suo naso diventò incandescente per l'agitazione.

    rudolphBabbo Natale sorrise bonariamente e scosse la testa. "Sei grande e robusto" ,disse "ma purtroppo non posso sceglierti... I bambini potrebbero spaventarsi vedendo il tuo naso". La tristezza ed il dolore di Rudolph non avevano limiti. Più veloce che poteva,corse via, fino a sparire nel bosco. Venne di nuovo Natale .Il tempo, intanto, andava sempre più peggiorando.
    Quando la Fata del Tempo consegnò a Babbo Natale il bollettino meteorologico, questi alzò lo sguardo preoccupato al cielo e sospirò: "Come potrò trovare la strada per arrivare alle case dei bambini?". Quella notte non riuscì a dormire. Cosi' indossò il mantello, gli stivali ed il cappello, attaccò Donner alla slitta ed usci'. Intanto cominciò a nevicare cosi' fittamente che Babbo Natale riusciva a malapena a vedere. Ad un tratto si accorse di una luce rossa che illuminava intensamente una parte del bosco sottostante.
    Babbo Natale scese per vedere di cosa si trattasse. Riconobbe il giovane Rudolph ed ebbe un'idea! “Salve” - disse -"Che cosa ne pensi di correre davanti alla mia slitta e di mostrarmi così la strada per raggiungere i bambini?". Naturalmente la renna accettò entusiasta! E cosi Rudolph divenne il caposlitta di Babbo Natale ed il giorno successivo venne festeggiato da tutte le renne come un eroe.

     
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  6. gheagabry
     
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    Era la notte di Natale.
    Nella calma ovattata della foresta, la neve scendeva copiosa e rendeva ancora più silenzioso il silenzio.
    Nella baita, la calda luce del camino, disegnava sul muro strane forme e nel lettino, sotto una calda coperta, Luca ascoltava la favola di Natale che il nonno gli stava raccontando:

    "Vedi Luca, devi sapere che le stelle non sono nate senza un motivo. Tantissimi anni fa, in una notte come questa, un bambino più o meno della tua età, guardava fuori dalla finestra. Era una notte buia e silenziosa e il cielo era nero e scuro, non c’era neanche la luna, perché non esisteva. Quel bambino si sentiva solo, ma tanto solo, così solo che espresse un desiderio con una tale forza che si alzò un forte vento e tantissimi dei fiocchi di neve che scendevano, come in questo momento, volarono nel cielo, riempendolo di puntini bianchi e la luna comparve per la prima volta nella sua storia per proteggerli. Da quel momento tutti gli uomini guardarono le stelle quando volevano esprimere un desiderio. Tornando a quel bambino, pochi minuti dopo la comparsa delle stelle, sentì grattare alla sua porta, la aprì e vide davanti all’uscio una cesta e nella cesta, un cagnolino infreddolito che lo fissava con i suoi occhioni. Da quel momento quel bambino non si sentì mai più solo, neanche per un istante".

    Il nonno fissò Luca per vedere se si era addormentato, il bambino invece era attento e lo fissava a sua volta. Distolse lo sguardo e lo rivolse alla finestra. La neve scendeva sempre più fitta.
    Luca guardò ancora il nonno:
    "Anch’io nonno ho il mio desiderio. Vorrei che ogni anno della mia vita, in questa notte, tu mi racconti una fiaba!".
    Il nonno sorrise intenerito e una lacrima spuntò nei suoi occhi.
    Luca era in piedi davanti alla finestra del suo appartamento. Era la notte di Natale.
    I suoi figli alle sue spalle, stavano aprendo i pacchi con una gran foga. Luca fissava tra i fiocchi di neve e il suo pensiero vagava nella folla dei suoi ricordi, quando il suo sguardo cadde sulla strada, dove alla luce bianca di un lampione, un vecchio mendicante stava controllando nella spazzatura: forse sarebbe riuscito a trovare la sua cena?!
    Come se sentisse lo sguardo di Luca addosso, si voltò verso di lui e sorrise, Luca ricambiò il sorriso, senza rendersi conto del perché. In quell’istante si sentì tirare la stoffa dei pantaloni:
    "Papà, papà guarda che bello il mio garage nuovo!"
    Luca accarezzò la testa di suo figlio e ritornò con lo sguardo alla strada ma anche se erano passati solo pochi secondi, il mendicante era scomparso... fu in quell'istante che la favola più bella che aveva mai sentito comparve nella sua mente.



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 14:59
     
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  7. gheagabry
     
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    Era la notte di Natale,
    nella casa tutta non una cosa si muoveva, neanche un topolino.
    Le calze di lana variopinta appese al caminetto.
    Tutto in silente trepida attesa di Babbo Natale.
    Stavano i bimbi annidati e chiotti nei loro lettini , mentre visioni di zucchero filato e slitte colme di doni danzavano nel buio.
    Stava accoccolata nella sua poltrona una bambina, piccola riccia e paffutella.
    Guardava le lingue di fuoco del caminetto che lentamente si spegnevano e si chiedeva se fosse stata abbastanza buona quell’anno per ricevere tutti i regali che aveva sognato.
    Carina lo era stata, anzi era stata la più troppo carina e aveva fatto un albero di Natale tra i più belli mai addobbati.
    Amava il Natale con tutta se stessa e viveva sempre nell’attesa che arrivasse quella magica mattina del 25 quando avrebbe sentito una voce che la chiamava dal piano di sotto e subito si sarebbe svegliata.
    Con il suo pigiamone e le sue pantofole calde sarebbe corsa di sotto e ci sarebbe stato un odore di camino e biscotti ed una musica con campanelli e risate e poi, svoltato l’angolo in fondo alle scale, il salotto con il grandissimo albero con sotto pacchetti colorati fin dove indugiava lo sguardo e lo slittino rosso appoggiato ad asciugare accanto al caminetto.
    Polvere d’oro e rosso, carta lucida d’argento e verde, nastri colorati e sbuffi di organza e capelli d’angelo.
    Figure di Babbi Natale e corone di pungitopo, agrifoglio e vischio, omini di neve e paesaggi bianchi e candidi, candele accese e delicati arabeschi scintillanti, bastoncini di zucchero bianchi con lunghe spirali rosse.
    Le sarebbe parso tutto cosparso dalla polvere magica di Natale, come se piccoli folletti l’avessero soffiata ovunque durante la notte.
    Tutti i pacchi ed i doni avrebbero coperto il pavimento e, come animaletti corsi a nascondersi, ne avrebbe scorti alcuni anche in posti inaspettati: sotto il divano, mezzi nascosti tra le tende, quasi arrampicati sulle poltrone e sulle mensole, alcuni in alto nella libreria ed altri sul bordo del caminetto, come se fossero stati gli ultimi ad arrivare.
    Questo prefigurava la piccola bambina tutta acciambellata sulla poltrona.
    Aveva già preparato un piattino con una tazza di latte e qualche biscottino allo zenzero per Babbo Natale, per un poco di riposo in una notte piena di regali e di corse.
    E mentre pensava a tutte queste cose le palpebre le pesavano sempre di più ed il sonno e la stanchezza le facevano abbassare.
    Tutta l’eccitazione si era mutata in un caldo abbraccio fatto di dolce attesa e ghiotta speranza che la saziava e la intorpidiva, contenta.
    Braccia materne e paterne la sollevarono dal divano e la portarono nel letto, rimboccandole le coperte e baciandole la fronte.
    Fuori nevicava lentamente.
    Babbo Natale volava nel cielo con la sua slitta carica di doni.
    Tutto era pronto per un’altra magica notte di Natale.
    Un piccolo ciuco camminava nella neve.
    Si era perduto proprio in quella notte.
    Faceva parte di un gruppo di somarelli che stavano insieme ad un circo che era passato non molto distante di lì poche ore prima.

    Lui ed i suoi amici ciuchini erano stati sempre un’attrazione per i bambini il giorno di Natale, portandoli in groppa dentro al tendone colorato.
    Ma lui si era distratto per un poco e non aveva sentito che il carrozzone aveva proseguito insieme agli altri ciuchini e in un attimo si era trovato da solo, senza poter più scorgere nulla nella neve che cadeva.
    Aveva cominciato a girare in tondo, in fondo era solo un ciuchino, che avrebbe potuto fare? Ma poi aveva scorto come una macchia in un angolo e l’aveva seguita.
    Si trattava di un gattino bianco e nero dal lungo pelo che lasciava orme piccole e fitte, mentre correva verso casa.
    Il ciuco non l’aveva ben distinto ma era l’unica cosa che sembrava sapere dove andare lì attorno e quindi, con il lungo muso verso terra, ne seguiva le soffici impronte, con la speranza nel cuore ciuco.
    Ad un certo punto la tempesta di neve sembrò intensificarsi ed il ciuco scivolò sul ghiaccio, andando a finire in un fosso maleodorante.
    Stupido lurido ciuco ! si disse. Ora come farei a ritrovare quelle orme che seguivi?
    Quando tutto pareva perduto ecco che si sentì uno scampanellio lieve e poi una luce dorata e dal cielo cominciò a scendere assieme alla neve una polvere luminescente.
    Il ciuco abbassò istintivamente la testa e dopo un attimo atterrò davanti a lui una slitta trainata da sei renne.
    Era la slitta di Babbo Natale !
    Atterrò dolcemente sulla neve in uno sfarfallare d’oro e gli zoccoli delle renne sfioravano appena il terreno.
    Piccoli sbuffi di fiato condensato aleggiavano davanti ai musi delle renne e il lurido ciuco, nascosto dietro ad un cespuglio, ne osservava le fattezze trovandovi dei notevoli punti in comune con le proprie.
    “ E se anche io fossi una renna invece che un ciuco? “ pensò, tutto infervorato da questa idea.
    Intanto dalla slitta vide due stivaloni neri che si poggiavano sulla neve (dal suo punto di vista non scorgeva altro) e una figura umana vestita di rosso che vi girava attorno.
    Vide che l’uomo accarezzava la testa delle renne e si avvicinava con fare preoccupato a quella di sinistra, in prima fila:una renna dal naso rosso.
    La renna alzò, piegandola, una delle zampe posteriori e l’uomo si chinò per controllarla.
    Sembrava che ci fosse un qualche problema.
    L’uomo accarezzò la bestia e poi tirò fuori dal panciotto un orologio d’oro e controllò il quadrante con aria sconsolata.
    Guardandosi attorno come smarrito sembrò posare il suo chiaro sguardo verso il cespuglio in cui era nascosto il ciuco.
    Un sorriso si aprì nella folta barba bianca che gli incorniciava il viso.
    Distese il braccio con la mano chiusa a pugno girata verso l’alto e poi distese l’indice cominciando a piegarlo e distenderlo come ad invitare il somarello ad uscire dal suo improvvisato rifugio.
    Il ciuco uscì allora dal cespuglio e con il capo chino, vergognandosi un poco del suo essere così lurido, si avvicinò al corpulento uomo vestito di rosso.
    Grande fu la sua gioia quando sentì la mano dell’uomo posarsi sul suo capo per carezzarlo.
    Si avvicinarono alla slitta e alla renna dal naso rosso e sciolta questa dai suoi finimenti, il barbuto individuo la fece accostare da una parte, continuando a sorridere con fare benevolo.
    Il ciuco non capiva cosa stesse succedendo ma quando sentì le mani dell’umano che stringevano intorno al suo capo le redini fu invaso da un’emozione grandissima che gli gonfiò il petto, rendendolo il ciuco più contento del mondo.
    L’uomo si avvicinò alla renna dal naso rosso e accarezzandola le sussurrò alcune parole all’orecchio e l’animale lo guardò con riconoscenza e amore.
    Fu strana la sensazione per il lurido ciuco quando sentì il grido che spronava risuonare nella notte innevata e ancora più incredibile la sensazione di sentire i suoi zoccoletti alzarsi da terra.
    In quella magica notte successero molte cose e il lurido ciuco trottò veloce e contento per tutti i cieli del mondo, sotto ogni stella, vedendo la croce del sud sostituirsi all’orsa polare e viceversa e poi ancora una volta, e conservò ricordi confusi ma intensi dei suoi veloci viaggi tanto da riempirgli il cuore di caldo conforto ed orgoglio.
    Quando sembrò che la notte stesse declinando e che si avvicinava l’ora del mattutino la slitta si abbassò lieve verso una piccola casetta.
    Era circondata di neve e stava adagiata in una valle vicino ad un fiumiciattolo, circondata da campi.
    L’uomo vestito di rosso scese dalla slitta portando sulla spalla un’enorme sacco rigonfio di doni.
    Il ciuco scrollò con un colpo del capo le redini e si avvicinò trotterellando alla finestra della casetta.
    Attraverso i vetri appannati dal calore vide tendine di merletto bianco che incorniciavano una stanza illuminata dalle braci rosse di un caminetto e vide un grande albero di natale che vi troneggiava, decorato con mille palline colorate e gialle luci che si spengevano e si riaccendevano pian piano.
    Osservò una pallina illuminata da un bagliore di tenue fuoco, scorgendo il disegno di una casetta immersa nella neve dalla cui finestra si scorgeva, attraverso tendine bianche merlettate, una stanza illuminata da braci rosse in cui troneggiava un grande e luminoso albero di natale.
    L’uomo vestito di rosso gli accarezzò il capo e insieme cominciarono a volteggiare nell’aria, giungendo leggeri sul tetto di tegole rosse coperte dalla bianca coltre.
    Si avvicinarono insieme al comignolo fumante e l’uomo strinse il ciuco a sé e il ciuco chiuse gli occhi pervaso da un’intensa sensazione di benessere che si irradiava in tutto il suo corpo.
    Quando riaprì gli occhi ci vollero alcuni secondi perché si rendesse conto di essere nella stanza che aveva scorto da fuori e vide su di una poltrona un gattino bianco e nero dal pelo lungo che riscaldava le rosee zampette bagnate di neve al tepore del camino.
    L’uomo cominciò a distribuire i regali sotto l’albero colmando quasi il pavimento e appoggiando i pacchetti per ogni dove .
    Il ciuchino trotterellava felice e quando l’uomo, dopo aver bevuto da una tazza e sbocconcellato alcuni biscotti da un piattino si avvicinò al camino, il ciuco non lo seguì.
    Sentiva di aver trovato il suo posto, si sentiva come a casa e, avendo intuito che il giro per quella notte si era concluso, voleva rimanere in quella stanza, in quella casa.
    L’uomo lo guardò e sorrise comprensivo.
    Si avvicinò al ciuchino e gli diede un bacino sulla fronte pelosa.
    Il ciuchino sentì di nuovo le palpebre che si abbassavano e scivolò in un sonno profondo.
    Al mattino la bambina riccia e paffutella sentì la voce che la chiamava da sotto e nel suo pigiamone e nelle sue pantofole calde si precipitò giù dalle scale fino alla stanza dove, sotto all’albero decorato, stavano doni a profusione, scintillanti nei loro pacchetti.
    Ne scartò per ore e ore, ridendo felice e battendo le mani dalla gioia ad ogni regalo aperto e alla fine scovò, addirittura nel caminetto una macchia pelosa che nessuno aveva scorto prima.
    Allungò la mano e tirò fuori dalla cappa un batuffolo lurido che si rivelò essere un piccolo ciuchino di pezza.
    Lo guardò negli occhi fatti con due bottoni neri, ne accarezzò il pelo ispido e se lo strinse al cuore e capì che sarebbe stata felice per tutta la vita, come se fosse stato ogni giorno Natale.



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:04
     
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  8. gheagabry
     
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    Un Natale da sogno

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    (di Rosalba Cocco)


    Mancavano ormai pochi giorni a Natale e al reparto giochi del centro commerciale c’era grande frenesia. Alla vista dei bimbi, a passeggio mano nella mano con i genitori, i giochi si animavano tutti, ed emozionati, segretamente fantasticavano su chi sarebbe diventato il loro padrone, in quale casa sarebbero andati a vivere e soprattutto quanto si sarebbero divertiti. Ogni volta che uno di loro veniva scelto, un gran sospiro circondava la sua partenza verso il reparto del confezionamento dei regali. Dagli scaffali seguivano, con sguardo maliconico, il breve viaggio sul carrello del loro ex compagno, poi si rimettevano in attesa del prossimo bambino di passaggio, con ansia sempre crescente. I giorni passarono e a Natale mancavano ormai solo poche ore, negli scaffali del reparto giochi il vuoto si era fatto largo, restava una grossa astronave rossa in un angolo e sul lato opposto un orsetto con un occhio pendente che, nonostante lo sconto, nessuno aveva voluto acquistare. I commessi, stanchi e ansiosi di tornare a casa, si preparavano ad abbassare le pesanti saracinesche.
    Nessuno fece caso, nel corri corri generale dei clienti dell’ultimo minuto, ai bambini che entrati quasi furtivi, si diressero verso il reparto alimentari. “Su, sbrigati la mamma ha detto di fare presto, i panettoni sono di là”, disse il più piccolo. “Solo un attimo ti prego, andiamo a vedere i giochi, dai!” rispose l’altro, irresistibilmente attratto, come il ferro da una calamita, verso il reparto giochi. E così, svelti si affacciarono allo scaffale, ormai tristemente vuoto, dei giocattoli. L’astronave rossa e l’orsetto erano ancora lì fermi ad aspettare il loro turno, quando capirono che avrebbero dormito lì anche quella notte, agirono senza esitazione. Tutto avvenne in un lampo: l’astronave si aprì, si mise in moto, l’orsetto afferrò le mani dei bambini, li trascinò dentro e partirono. I clienti videro qualcosa di rosso sfrecciare e dirigersi verso l’uscita e da lì saettare in cielo. I pochi bambini presenti dichiararono di aver visto la slitta di Babbo Natale, gli adulti parlarono di alieni venuti a colonizzare la Terra. Ne parlò anche il Tg della notte, tra le curiosità della giornata di quella vigilia di Natale. Poi tutti tornarono alle loro faccende e i bambini a sognare la festa.
    Solo in una casa non si festeggiava ancora, due genitori in ansia aspettavano il rientro dei loro due bambini. Li avevano mandati al centro commerciale a comprare un panettone, ma non si decidevano a rientrare. Quando ecco un rumore insolito attirò la loro attenzione, affacciatisi alla finestra, un razzo rosso lampeggiava nella loro direzione e due manine si affacciarono a salutare per poi partire di nuovo alla volta del cielo stellato.
    Quella notte non c’era un cielo come le altre notti, no. Era la notte di Natale e di gente in giro ce n’era parecchia. Babbi Natale in età da pensione che lavoravano a ritmo frenetico con il respiro affannato, mentre i più giovani facevano quel che potevano, perché troppi bambini erano ancora in attesa dei regali e l’ora fatidica era ormai ad un passo dallo scoccare. I due fratellini viaggiavano increduli nel traffico del cielo blu della vigilia di Natale, e non facevano a tempo a stupirsi di qualcosa che subito ne accadeva un’altra. Si ritrovarono seduti su una slitta che, trainata a velocità da bolide, si fermava automaticamente di casa in casa. Fu una notte magica: poterono vedere altri bambini come loro, addormentati nella dolce attesa del Natale. Sognavano sogni di tutti i colori, di tutte le misure, in ogni città, grande e piccola, nei paesi e nelle campagne, sia ricchi, sia poveri. Scoprirono, con grande meraviglia, che i bambini sognano tutti allo stesso modo. Fra i regali da distribuire finirono anche l’orsetto e l’astronave, ma curiosamente nessuno li aveva richiesti, così al termine di quella notte intensa rimasero lì, in fondo alla cesta. Quando ormai alla mezzanotte mancava un minuto, la slitta si fermò, con gran stridore di zoccoli, davanti alla casa dei bambini. Scesero, ringraziarono il giovane Babbo Natale, che li aveva riaccompagnati a casa, per la bella serata e salutarono educatamente. Ma lui rimase lì, per un attimo parve voler entrare a casa con loro, poi sembrò ripensarci e tornato alla slitta afferrò l’astronave rossa, l’orsetto ormai guarito e li posò davanti alla porta dei bambini, che increduli li afferrano, pur non avendo chiesto nulla per loro stessi, se non di veder felici i loro genitori. I bambini stanchi e felici corsero dentro casa e s’infilarono subito a nanna.
    L’indomani si svegliarono e corsero in soggiorno, sotto l’albero trovarono un’astronave rossa e un orsetto. Da un occhio dell’orsetto usciva un filo di colla rappresa. Il più piccolo dei due lo guardò con curiosità e perplesso si affaccio alla finestra a scrutare il cielo per qualche minuto. All'improvviso dalla cucina la mamma li chiamò con voce squillante, risvegliandoli da quel magico silenzio: “Presto che il latte si fredda, se lo volete c’è il panettone che avete comprato ieri… avete fatto un po’ tardi, vi siete fermati al reparto giochi?"




    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:06
     
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  9. gheagabry
     
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    L’ALBERO DI NATALE


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    C’era una volta un vecchiettino che viveva in una casetta al limitare del bosco. Era vecchio e solo ma aveva tanti amici fra gli uccelli del bosco e delle siepi che lo amavano per la sua gentilezza. Un giorno, era poco prima di Natale, l’ometto si sentiva un po’ triste.
    “Mi piacerebbe tanto fare l’albero di Natale ma sarebbe sciocco prepararlo per un vecchio come me che per di più è solo!” sospirò.

    A un tratto gli balenò un’idea. Si alzò dalla poltrona si infilò gli stivali e la sciarpona rossa, prese una vanga in cucine e si incamminò verso il bosco.
    Quando tornò a casa aveva sotto il braccio un abete piccolo e bellissimo. Lo piantò in un grosso portavasi rosso e lo mise in salotto, poi tirò le tende della finestra affinché nessuno potesse guardare dentro.

    Il pettirosso passò di lì, guardò verso la finestra e vide le tende accuratamente tirate. “Che succede? Perché il vecchietto ha chiuso le tende così presto?”
    Il tordo arrivò in volo. “ Che succede lì dentro? Perchè il vecchietto ha tirato le cortine così presto?”
    La cinciallegra arrivò svolazzando e becchettò il vetro della finestra. “Che succede lì dentro? Come mai il vecchietto ha chiuso le tende così presto?”
    Gli uccelli erano tutti molto perplessi, ma il vecchietto non apriva le cortine.

    Infine arrivò il giorno di Natale.
    Il vecchietto scese le scale e aprì la porta. La neve bianca e soffice scintillava sotto il sole e il cielo era chiaro e azzurro.
    “Buon Natale!” augurò il vecchietto a tutti i suoi amici uccelli. Poi rientrò in casa.

    “E’ andato a prendere qualche briciola per la nostra colazione, com’è gentile!” fecero gli uccellini. Ma il vecchietto non tornò con le briciole.
    Prese invece il piccolo abete e lo portò fuori nel giardino innevato. “Ecco, questo albero di Natale è tutto per voi!” disse.

    Che meraviglioso albero di Natale aveva fatto! In cima c’era una gala scarlatta che metteva allegria a guardarla e da ogni ramo e ramoscello pendevano tutte quelle leccornie che gli uccelli adorano: noccioline, bacche di rosa e di biancospino, un osso ricoperto di grasso, i pappi di cardo, pezzetti di frutta e semi. Come erano felici gli uccellini!
    Arrivavano volando da ogni angolo del giardino. Erano così tanti che dopo un po’ l’albero di Natale si piegava sotto il loro peso e il loro cinguettio voleva dire: “Grazie tante nonnino e Buon Natale a te!”

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:08
     
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  10. gheagabry
     
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    L'elfo più famoso del mondo vive qui, nel paese di Babbo Natale.
    E' lui stesso, Babbo Natale, o se preferisci, Santa Klaus!

    Santa, come lo chiameremo in breve, è il più gentile e più saggio di tutti gli esseri, sa tutto quello che c'è da sapere sul mondo delle fiabe e su tutti gli esseri misteriosi e magici che ci vivono.
    Ha più di 500 anni, anzi è probabilmente molto più vecchio di così; dice che ha smesso di contare i suoi compleanni dopo che ha raggiunto 500 anni.

    Ama il budino di riso. Ogni mattina fa colazione con i suoi cento elfi, e sai che cosa mangiano? Budino di riso!
    Dopo colazione è così stanco che deve schiacciare un pisolino e i primi ospiti che arrivano al villaggio hanno il permesso di andare a svegliarlo.

    Santa è di solito occupato tutto il giorno ad incontrare i suoi ospiti, lavorare al suo ufficio postale e partecipare a molte delle emozionanti avventure che accadono nel suo villaggio. È una buona cosa che lui ci sia, perché sa sempre che cosa fare ed ha poteri magici che usa per mettere tutto a posto, quando accadono cose strane in questo mondo meraviglioso.

    La sua casa si trova ai margini della foresta, oltre il Lago dell'Aurora ed è una delle costruzioni più belle al mondo. Qui si trova la sua cucina, la sua camera da letto, il suo ufficio ed il suo salotto con il camino acceso. Alla sera siede davanti al fuoco scoppiettante a leggere tutte le lettere che i bambini gli spediscono da ogni parte del mondo.

    Santa crede che i bambini siano la cosa più importante che abbiamo qui sulla terra, vorrebbe che tutti potessero giocare ed usare la loro fantasia e lo rendono molto infelice le ingiustizie e vedere che alcuni bambini vengono maltrattati. Egli sa che l'amore e la comprensione fra la gente sono le cose più importanti e come sia vitale aiutare gli altri con le proprie possibilità. Queste sono le cose che insegna a chi vorrebbe ottenere i suoi poteri magici.

    Verso Natale, Santa riceve molte lettere e liste di desideri dai bambini di tutto il mondo: riceve quasi 400.000 lettere e liste di desideri ogni anno.
    Molti bambini desiderano tantissimi giocattoli e Santa normalmente dice a tutti che non possono ottenere tutto quello che vogliono e che l'idea originale del regalo di Natale sia quella di scambiarsi appena qualcosina per mostrarsi amore e affetto. Forse un bacio sulla guancia, o una cartolina, o qualcosa che avete fatto a scuola.

    Di solito ci si scambiano tanti regali per dimostrarsi amore, ma Santa dice che non è veramente necessario. I giocattoli ed i regali che i suoi assistenti fabbricano sono magici e sono sufficienti per tutti i bambini del mondo. Sono colmi di amore e di fantasia in modo che, quando un bambino apre il regalo, si rende conto che è proprio quello che desiderava.

    A volte non vi accorgete nemmeno che è venuto a trovarvi perché non lo vedete mai, ma Santa visita tutti i bambini la notte prima di Natale, per portare loro i suoi doni, a volte come regalo e a volte più come una particolare sensibilità o un barlume di potere magico. I regali invisibili della sensibilità, del calore umano e dell'amore, del potere magico e della forza, li porta principalmente ai bambini che vivono nei paesi poveri e per i quali il più grande desiderio potrebbe essere il cibo per la giornata o la fine di una guerra…


    carla51.altavista.org

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:11
     
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    A CASA DI BABBO NATALE

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    Korvatunturi si trova a nord, molto a nord, pochi chilometri sopra Rovaniemi, al confine orientale della Lapponia finlandese: le coordinate esatte sono 66°33'07'' di latitudine nord e 25°50'51'' di longitudine est; è il villaggio dove vive Babbo Natale.

    Chi desiderasse andarci, dovrà sostare più volte lungo la strada, in qualche baita, per riscaldarsi vicino al camino, in cui scoppiettano allegramente grandi ceppi di legno. Anche gli uccelli devono fermarsi spesso per riposare sui dirupi ricoperti dall'abete rosso o sui rami contorti delle betulle; persino l'aquila ha bisogno di trovare un vecchio albero ai bordi di una foresta, per ritemprare le ali intirizzite dai freddi venti artici e appesantite dai ghiaccioli.

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    Le renne salgono verso nord vagabondando lentamente. Gerneralmente sono grigie, ma ce n'è anche qualcuna bianca. Sono animali molto buoni e sostano per rimpinzarsi di muschi e di licheni, che crescono abbondanti sulle sponde dei laghi.

    L'alce invece, è ghiotto dei teneri rami del salice e del sorbo selvatico e li bruca muovendo nervosamente solo le orecchie.

    I lupi, che corrono incessantemente, hanno le zampe logorate dalle rocce e dalle pietraie: si rannicchiano anche loro per riposare, al riparo di qualche grosso albero caduto, e rimangono immobili ad ascoltare il silenzio delle vallate deserte.

    I ruscelli scorrono tranquilli fino a raggiungere le gelide schiume del mare Artico, oppure si incontrano e formano laghi e fiumi, che sfociano sulla costa a sud.

    L'inverno è lungo e buio, c'è sempre neve, il sole non sorge affatto, perché rimane sotto l'orizzonte: un'oscurità azzurrata, chiamata Kaamos, delinea paesaggi bellissimi, straordinari. Magnifiche aurore boreali illuminano il paesaggio: le leggende dicono che appaiono ogni volta che una volpe, correndo tra i declivi, colpisce con la coda un cumulo di neve.

    Le montagne e colline intorno sono tondeggianti, ma qui, a Korvatunturi, ce n'è una speciale. E' una roccia tagliente e ghiacciata, alta solo 483 metri, con la cima a forma di orecchie, come quelle della volpe o del lupo. La leggenda dice che è attraverso quelle orecchie che Babbo Natale riesce a sentire i desideri dei bambini che non sono riusciti a scrivergli!

    Dopo il 23 novembre, si organizza una grande festa per salutare Babbo Natale prima che si metta in viaggio per il mondo: il villaggio viene tutto decorato con sculture di neve e di ghiaccio e illuminato con luci colorate, e tutti cantano e giocano. Si accende il fuoco e si beve caffè nelle tazze scavate in ceppi di betulla, mangiando biscotti lapponi, dolci o salati, e budino di riso.

    Il budino di riso è un piatto nazionale, di cui tutti sono molto ghiotti. Si prepara facendo bollire una tazza di riso in una piccola quantità d'acqua per circa 5 minuti, poi bisogna abbassare la fiamma, aggiungere un litro di latte e lasciar cuocere per altri 40 minuti, senza farlo bollire. Alla fine si condisce con un pizzico di sale e frutti di bosco.



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    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:15
     
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  12. gheagabry
     
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    "Un giorno,
    quando guardando dalla finestra non vedrò più guerre,
    prenderò un albero e lo vestirò di stelle,
    e quel giorno sarà Natale"

    - Fiordizucca -





    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:18
     
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    Il vecchio ed il bambino

    ChristmasElf

    Si avvicinava di nuovo il Natale. Un vecchio gnomo stava seduto sulla solita vecchia sedia, davanti alla solita vecchia piazza di un vecchio villaggio,nel bosco.
    Uno gnomo bambino si avvicina chiedendo: "Vecchio, quanti Natali hai visto?"
    "Ho visto tanti Natali",rispose il vecchio ,senza neanche guardare il piccolo.
    "E quante cose hai fatto?" riprese il piccolo gnomo.
    "Ne ho fatte tante" disse l'altro. Anche questa volta il vecchio non volse lo sguardo al piccolo gnomo. "Dimmene qualcuna"domandò ancora il bimbo.
    "D'accordo",sbuffò il vecchio."Quando ero giovane come te ho giocato, ho pescato, ho baciato la mia prima donna, poi mi sono sposato, ho iniziato a lavorare, ho fatto dodici figli che hanno fatto altri figli, ho smesso di lavorare e ho cominciato a guardare la piazza". Al vecchio gnomo brillavano gli occhi (ora guardava il bambino). "E tu?", disse, "quante cose hai fatto?"
    Il piccolo gnomo, inorgoglito da tale domanda, rispose:"Nessuna, ma ho intenzione di giocare, pescare, studiare, baciare la mia prima donna, sposarmi, iniziare a lavorare, fare dodici figli che faranno altri figli, smettere di lavorare e sedermi lì dove sei seduto adesso,a guardare la piazza, così potrò rispondere al piccolo gnomo di domani!"

     
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    I GIOCATTOLI DIMENTICATI

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    Il canguro di peluche si sedette sul pavimento accanto alla grande pattumiera grigia. Singhiozzava e la sua lucida pelliccia si scuoteva tutta.
    “Salve perché piangi?” disse una vocina.
    Lui alzò gli occhi e vide una bella bambolina di pezza che lo guardava attraverso una cascata di riccioli rossi. “Dovevo essere il miglior regalo di natale di un bambino ma non gli sono piaciuto. Così mi hanno gettato qui perché lo spazzino mi porti via. Come vorrei avere una casa”
    “Non prendertela! Vedi, anch’io dovevo essere il miglior regalo di natale di una bambina ma non le sono piaciuta perché…non sono bruna….e non dico mamma. Nemmeno io ho una casa. Scappiamo insieme, vuoi?”
    “Sì sì, potremmo fare lunghi viaggi e avere un sacco di avventure….i canguri sono grandi saltatori sai?”

    La bambolina saltò in groppa al canguro e insieme avanzarono a balzi lungo la strada.
    Era tardi. Le case erano tutte sprangate e i bambini dormivano profondamente nei loro lettini.
    “Fa freddo vero?” disse il canguro. “E che silenzio!!” aggiunse la bambolina. Tutti e due avrebbero desiderato essere al calduccio sotto le coperte, come i bambini.
    “Cerchiamo un posto per dormire.” propose la bambolina. “Va bene.” rispose il canguro e si diresse saltellando verso uno stretto vicolo.

    All’improvviso una figuretta nera atterrò proprio davanti a loro.
    Era un gatto. “Salve, non capita spesso gente a quest’ora nel vicolo. Chi siete?”
    “Siamo dei regali di Natale indesiderati, allora abbiamo pensato di andare in cerca di avventure…anche se avrei preferito essere un regalo di Natale gradito! Possiamo rimanere qui per stanotte?” chiese la bambolina. “Ma certamente” rispose il gatto “io starò fuori tutta la notte, così ci vedremo domattina” e corse via.

    I due amici si rannicchiarono e si addormentarono.
    Al mattino presto vennero risvegliati dal gatto, che aveva l’aria molto compiaciuta. “Seguitemi, ho trovato il posto adatto per voi due”
    Lo seguirono per strade e stradine, fino ad arrivare ad un grande edificio in una grande piazza.
    “Che casa grande!” esclamò il canguro. “Non è una casa” rispose il gatto “è un ospedale, aspettate qui un momento”….fece l’occhiolino e scomparve.

    Dopo un po’ i due giocattoli udirono dei passi e videro una donna con un’uniforme azzurra e un lungo grembiule bianco.
    “Guarda guarda! Qualcuno ha lasciato qui questi bellissimi giocattoli! Che gentilezza! Come saranno felici i bambini!”
    Si chinò, li prese in braccio ed entrò nell’ospedale.
    “Guardate! Un canguro di peluche!” gridarono i bambini “E una bambola di pezza! Come sono belli!”

    Il canguro e la bambolina si guardarono felici. “Finalmente a casa!”





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    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:24
     
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  15. gheagabry
     
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    Nel paradiso degli animali l'anima del somarello chiese all'anima del bue:

    Somarello: Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna e là, nella mangiatoia...?
    Bue: Lasciami pensare... Ma sì... Nella mangiatoia, se ben ricordo, c'era un bambino appena nato.
    Somarello: Bravo. E da allora sapresti immaginare quanti anni sono passati?
    Bue: Eh no, figurati. Con la memoria da bue che mi ritrovo.
    Somarello: Duemilanove, esattamente.
    Bue: Accidenti!
    Somarello: E a proposito, lo sai chi era quel bambino?
    Bue: Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio, se non sbaglio. Certo, era un bellissimo bambino.
    [L'asinello sussurra qualche cosa in un orecchio al bue]
    Bue: Ma no! Sul serio? Vorrai scherzare spero.
    Somarello: La verità. Lo giuro. Del resto io l'avevo capito subito...
    Bue: Io no. Si vede che tu sei più intelligente. A me non aveva neppure sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi, era un fantolino straordinario.




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    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 15:27
     
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