IL PIANETA DI BABBO NATALE

racconti, fiabe

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  1. gheagabry
     
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    Fiabe per il Natale
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    L'aeroplano di Capodanno.

    Comandante, un aeroplano sconosciuto chiede di atterrare.
    Un aeroplano sconosciuto? E come è arrivato fin qui? Non so, comandante.
    Noi non abbiamo avuto alcuna comunicazione.
    Dice che sta per finire il carburante e che atterrerà anche se non glielo permettiamo.
    Uno strano personaggio, comandante.
    Strano?
    Un po' pazzo, direi. Un momento fa lo sentivo ridacchiare nella radio: « Tanto, nessuno mi può fermare... ».
    Ad ogni modo facciamolo scendere, prima che combini qualche guaio.
    L'apparecchio atterrò sul piccolo campo d'aviazione, alla periferia della capitale, alle ventitré e ventisette precise. Mancavano trentatré minuti alla mezzanotte.
    Già, ma non a una mezzanotte qualunque, bensi alla mezzanotte più importante dell'anno.
    Era la sera del 31 dicembre e in tutto il mondo milioni di persone vegliavano in attesa dell'anno nuovo.
    L'aviatore sconosciuto balzò a terra agilmente e subito cominciò a dare ordini: Scaricate i miei bauli. Sono dodici, fate attenzione.
    Mi occorreranno tre tassi per trasportarli.
    Qualcuno può fare una telefonata per me?
    Forse si e forse no - rispose per tutti il comandante del campo. - Prima si dovranno chiarire alcune cosette, non le pare?
    Non ne vedo la necessità - disse l'aviatore, sorridendo. lo però la vedo - ribatté il comandante.
    La prego, intanto, di mostrarmi i suoi documenti personali e le carte di bordo.
    Mi dispiace ma non farò niente del genere.
    Il suo tono era cosi deciso che il comandante fu li li per perdere la calma.
    Come vuole - disse poi, - ma intanto abbia la cortesia di seguirmi.
    L'aviatore si inchinò. Al comandante parve che l'inchino fosse piuttosto esagerato. «Che voglia prendermi in giro? » pensò. «Ad ogni buon conto, dal mio aeroporto non uscirà con quelle arie da padrone
    del vapor ».
    Guardi - diceva intanto il misterioso viaggiatore - che sono atteso. Molto, molto atteso.
    Per la festa di mezzanotte, immagino?
    Appunto, comandante carissimo.
    lo invece, come vede, sono di servizio e passerò la notte di Capodanno all'aeroporto. Se lei insisterà
    a non volermi mostrare i documenti, mi terra compagnia.
    Lo sconosciuto (erano intanto entrati insieme in una saletta del campo) si accomodò in una poltrona,
    si accese la pipa e rivolgeva intorno occhiate curiose e divertite.
    I miei, documenti? Ma lei ne è già in possesso, comandante.
    Davvero? Me li ha infilati in tasca con un giochetto di prestigio?
    E adesso mi cavera un uovo dal naso e un orologio da un orecchio?
    Per tutta risposta lo sconosciuto indicò il calendario dell'anno nuovo, che pendeva dalla parete dietro una scrivania, aperto alla prima pagina.
    Ecco i miei documenti, prego. Sono il Tempo.
    Nei miei dodici bauli ci sono i dodici mesi che dovrebbero avere inizio tra... vediamo un po'... tra venti nove minuti precisi.
    Il comandante non si scompose.
    Se lei è il Tempo - disse - io sono un aviogetto. Vedo che le va di scherzare. Benissimo, mi terrà allegro.
    Le dispiace se accendo il televisore?
    Non vorrei perdermi l'annuncio della mezzanotte.
    Accenda, accenda. Ma non ci sarà nessun annuncio, fin che lei mi trattiene.
    Sul teleschermo era in corso uno spettacolo di canzoni e arte varia.
    Di quando in quando una graziosa presentatrice consultava un grande orologio appeso dietro l'orchestra, proprio sulla testa del batterista, e annunciava: - Mancano venticinque minuti all'anno nuovo... Mancano ventidue minuti..
    L'aviatore sconosciuto pareva divertirsi un mondo allo spettacolo. Canterellava, batteva il piede a
    tempo con l'orchestra, rideva di cuore alle battute dei comici...
    Un minuto a mezzanotte - sorrise il comandante, - mi dispiace di non poterle offrire lo spumante.
    In servizio io non bevo mai.
    Grazie, ma lo spumante non serve.
    Da questo momento il tempo cesserà di scorrere. Dia un'occhiata al suo orologio.
    Il comandante obbedi meccanicamente.
    Guardò il quadrante, si accostò il polso all'orecchio. « Strano », pensò, « l'orologio cammina, ma la sfera dei secondi si è guastata e non gira piu ».
    Egli cominciò mentalmente a contare i secondi.
    Ne contò sessanta, poi tornò a guardare l'orologio: le sfere erano sempre ferme sulla mezzanotte meno
    un minuto. Anche sul grande orologio del teleschermo le sfere erano immobili.
    L'annunciatrice, con un sorriso un po' imbarazzato, stava dicendo: Sembra che ci sia un piccolo guasto...
    Musicisti, cantanti, comici, spettatori, come per un segnale, cominciarono a scrutare i loro orologi, a
    scuoterli, ad accostarseli all'orecchio, con aria sorpresa. In breve tutti si convinsero che le sfere non si muovevano piu.
    Il tempo si è fermato - gridò qualcuno, scherzando. - Forse ha bevuto troppo spumante e si è addormentato prima della mezzanotte.
    Il comandante dell'aeroporto gettò uno sguardo allarmato sullo strano forestiero, il quale, dal canto suo, gli sorrise educatamente.
    Ha visto? Colpa sua. Come sarebbe... colpa mia... - balbettò il comandante.
    Non è ancora convinto che io sia il Tempo?
    Guardi quella rosa (ce n'era una, sulla scrivania, freschissima: al comandante piaceva tenere qualche fiore in ufficio).
    Vuoi vedere che cosa le succede, se la tocco?
    Lo sconosciuto si avvicinò alla scrivania, soffiò delicatamente sulla rosa: i petali caddero tutti insieme, avvizziti, secchi, si sbriciolarono, non furono più che un mucchietto di polvere...
    Il comandante balzò in piedi e si attaccò al telefono...
    Pochi minuti dopo la telefonata del comandante al ministro, gia tutti sapevano, in America come a Singapore, in Tanzania come a Novosibirsk, che il Tempo era stato fermato in un piccolo aeroporto,
    perché privo di documenti. Milioni di persone che aspettavano la mezzanotte per stappare lo spumante
    ruppero il collo alle bottiglie, per far prima, e si scambiarono brindisi entusiastici.
    Cortei festosi percorrevano le strade di Milano, Parigi, Ginevra, Varsavia, Londra, Eccetera: scrivendo Eccetera con la maiuscola vogliamo indicare tutte le cltta che non ci sarebbe possibile nominare una per una. Evviva! - gridava la gente, in tutte le lingue.
    Il tempo si è fermato! Non invecchieremo più!
    Non moriremo più!
    Il comandante dell'aeroporto passava il tempo al telefono. Lo chiamavano da ogni parte del mondo per dirgli:
    Lo tenga stretto!
    Gli metta le manette!
    Gli tiri il collo!
    Gli metta un sonnifero nel bicchiere!
    Macché sonnifero: veleno per i topi, ci deve mettere!
    Il ministro aveva avvertito i suoi colleghi. Una riunione del Consiglio dei ministri era in corso.
    L'ordine del giorno: «Misure da prendere. Bisogna tramutare il fermo del Tempo in arresto o liberarlo? ».
    Il ministro dell'Interno tuonava: - Liberarlo?
    Mai non sia! Se cominciamo a lasciar andare in giro la gente senza documenti, siamo fritti in padella.
    Questo signore ci deve dire nome, cognome, paternità, luogo di nascita, domicilio, residenza, cittadinanza, nazionalità, numero del passaporto, numero delle scarpe, numero del cappello; ci deve mostrare il certificato di vaccinazione, quello di buona condotta, il diploma di quinta elementare, la ricevuta delle tasse.
    E poi, ha ben dodici bauli: ha pagato dogana?
    Si rifiuta di aprirli: e se ci avesse dentro delle bombe?
    Il ministro aveva settantadue anni: capirete che aveva ogni interesse a tener fermo l'orologio...
    I ministri decisero di chiedere il parere delle Nazioni Unite.
    Alle Nazioni Unite, a quell'ora, c'era soltanto il portiere: tutti i delegati erano in giro a far festa.
    Quanto ci vorrà per riunire l'assemblea?
    Una quindicina di giorni. Però, se il tempo non passa, non passano neanche i quindici giorni e l'assemblea non si può riunire.
    Anche questa notizia fece il giro del mondo, contribuendo ad accrescere l'allegria generale.
    Dopo un po'...
    Ecco, veramente questa frase non si potrebbe scrivere: se il tempo era fermo, la parola « dopo » non aveva più senso.
    Diciamo che un bambino, svegliato dal fracasso e messo al corrente dell'accaduto, sommò due più due e cominciò a protestare: - Cosa? Sarà sempre adesso? Allora io non diventerò più grande?
    Devo prendere per tutta la vita gli scapaccioni del babbo?
    Devo continuare a risolvere problemi di pizzicagnoli che comprano l'olio e si fanno calcolare dai bambini delle scuole la spesa e il ricavo?
    Ah, no, grazie tante! lo non accetto.
    Anche lui si attaccò al telefono, per dare l'allarme ai suoi amici.
    I bambini non vollero sentir parole.
    Si infilarono il cappotto sul pigiama e scesero anche loro per le strade a fare il corteo.
    Ma le loro grida e i loro cartelli erano ben diversi da quelli degli altri cortei:
    Liberate il Tempo! - dicevano.
    Non vogliamo restare sempre dei marmocchi!
    Vogliamo crescere! .
    lo voglio diventare ingegnere!
    lo voglio che venga l'estate per andare al mare!
    Incoscienti - commentava un passante, in un momento storico come questo pensano ai bagni di mare.
    Però - rifletté un altro passante, - su un punto almeno hanno ragione: se il tempo non passa più, sarà sempre il trentun dicembre...
    Sarà sempre inverno...
    Sarà sempre mezzanotte meno un minuto!
    Non vedremo più spuntare il sole!
    Mio marito è in viaggio - sospirò una signora, - come farà a torna e a casa, se il tempo non passa?
    Un malato nel suo letto si lamentava: - Ahi, ahi! doveva fermar il tempo proprio mentre avevo il mal di testa?..
    Un carcerato, aggrappato alle sbarre della sua prigione, si domandava accorato: - Non riavrò mai più la mia liberta?
    I contadini borbottavano: - Qua, col raccolto, si mette male... Se non passa il tempo, se non torna la primavera, gelerà tutto... Non avremo niente da mangiare.
    Insomma, il comandante dell'aeroporto cominciò a ricevere telefonate allarmate:
    Be', lo lasciate andare, si o no? lo aspetto un vaglia, me lo manda lei, se il tempo non può passare?
    Comandante, per favore, liberi il Tempo: abbiamo un rubinetto che perde, e se non viene domattina non possiamo chiamare l'idraulico.
    Il Tempo, allungato nella sua poltrona, continuava a fumare la sua pipa, sorridendo.
    Cosa devo fare? - protestava il comandante.
    Uno la vuole bianca, l'altro la vuole nera... lo me ne lavo le mani. lo la lascio andar via...
    Bravo, grazie.
    Ma cosi... senza ordini superiori... Capisce che ci rimetto il posto?
    E allora mi tenga qui. lo ci sto benissimo.
    Un'altra telefonata:
    È scoppiato un incendio! Se non passa il tempo non arrivano i pompieri! Brucerà tutto!
    Bruceremo tutti! Abbiamo in casa vecchi e bambini... Non può far niente, comandante?
    Il comandante, a questo punto, picchiò un pugno sulla scrivania.
    Bene, succeda quel che vuoI succedere. Mi prenderò questa responsabilità. Se ne vada, lei è libero.
    Il Tempo balzò in piedi: - Permetta che le stringa la mano, comandante.
    Conoscerla è stato un vero piacere.
    Il comandante gli aperse la porta: -Se ne vada, presto, prima che io cambi idea!
    Il Tempo usci dalla porta.
    Le sfere degli orologi ricominciarono a muoversi.
    Sessanta secondi più tardi scoccò la mezzanotte, scoppiarono i fuochi artificiali.
    Il nuovo anno era cominciato.
    (Gianni Rodari)

    ( www.poesie.reportonline.it)

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:02
     
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    I nomi di Babbo Natale nel mondo

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    Austria: Christkind ("Gesù Bambino")
    Belgio: Sinterklaas, Père Noël
    Canada: Santa Claus
    Croazia: Djed Božićnjak o Djed Mraz ("Nonno Natale")
    Repubblica Ceca: Svatý Mikuláš ("San Nicola"); Ježíšek (diminutivo di Ježíš ("Gesù"))
    Danimarca: Julemanden
    Finlandia: Joulupukki
    Francia: Père Noël ("Babbo Natale"); Père Noël è la forma più comune nei paesi in cui si parla il francese
    Germania: Weihnachtsmann ("L'Uomo di Natale"); Christkind ("Gesù Bambino") nelle regioni più meridionali
    Gran Bretagna: Father Christmas; Santa Claus
    Grecia: Άγιος Βασίλης ("San Basilio")
    Irlanda: Santa Claus, Santy o Daidí na Nollag
    Italia: Babbo Natale; Papà Natale; Gesù Bambino (in alcune regioni anche Santa Lucia, San Nicola da Bari o San Nicolò)
    Islanda: Jólamaður
    Paesi Bassi e Fiandre: Sinterklaas (arriva la sera del 5 dicembre)
    Norvegia: Julenissen
    Polonia: Święty Mikołaj / Mikołaj ("San Nicola")
    Portogallo: Pai Natal ("Babbo Natale")
    Romania: Moş Crăciun ("Babbo Natale"); Moş Nicolae ("Babbo Nicola")
    Russia: Дед Мороз (Ded Moroz, "Nonno Gelo", suo amico Yamaliri vive sopra del Circolo Polare Artico in una città unica Salekhard.)
    Spagna: Papá Noel; los Reyes Magos ("I Re Magi")
    Stati Uniti: Santa Claus; Kris Kringle; Saint Nicholas o Saint Nick ("San Nicola")
    Svezia: Jultomten Svizzera: Christkind, Babbo Natale in Ticino
    Turchia: Noel Baba ("Babbo Natale")
    Ungheria: Mikulás ("Nicola"); Jézuska o Kis Jézus ("Gesù Bambino")
     
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    La peggior nottata di Babbo Natale

    Paracelso 26/12/2010

    Era la notte del 24 dicembre e una gelida nevicata stava imperversando sulle Alpi. Il vento soffiava furiosamente e la bufera di neve permetteva di vedere ben poco; eppure lassù, dove nessuna persona sana di mente avrebbe osato andare d’inverno, un uomo corpulento vestito di rosso stava trascinando un’enorme slitta carica di regali nell’indifferenza totale delle renne che l’avrebbero dovuta trainare.
    Babbo Natale sbuffava per la fatica che gli faceva trascinare nella neve alta diverse tonnellate di regali e imprecava a denti stretti verso le renne che lo guardavano con scherno. La slitta aveva lasciato un lungo solco nella neve altrimenti purissima. «Maledette scansafatiche» gridava, la voce coperta dal rumore del vento «avete scelto il momento perfetto per fare uno dei vostri stupidi scioperi!» Forse era il caso di affidarsi a mezzi più moderni, pensò Babbo Natale digrignando i denti mentre avanzava a fatica nella bufera. Dove si era mai sentito che la notte della vigilia le renne decidessero di non avanzare più, planassero sulla montagna più vicina e lo lasciassero in balia degli elementi, e proprio all’inizio di un paese così importante come l’Italia?
    «E per che cosa, poi? Per un paio di frustate ben assestate, ma scherziamo! Le renne di oggi non sanno più stare al loro posto» disse mentre saltava sulla slitta pochi secondi dopo averle impresso una spinta decisa, e iniziava a scivolare a grande velocità lungo il fianco della montagna.
    La slitta atterrò violentemente in mezzo ad una strada asfaltata. Dopo essersi tolto la neve dagli occhi e dai capelli e aver controllato che nessuno dei regali fosse andato perso, Babbo Natale tirò un sospiro di sollievo. Era riuscito a scendere sano e salvo dalla montagna, e la presenza della strada era un buon segno. Ora non restava che avanzare fino alle prime case e a quel punto si sarebbe inventato qualcosa per riuscire a portare tutti i regali prima del calar del sole.
    «Basterebbe che tu ci concedessi un paio di cose e riprenderemmo subito a lavorare» disse ad un certo punto una renna «in fondo non chiediamo poi così tanto»
    «Questa è buona!» rise Babbo Natale «e sentiamo, che cos’è che vi sentite in diritto di chiedere?»
    «Innanzitutto niente più frustate…»
    Babbo Natale sbuffò.
    «Ha! Ma sentile. E come pensate che potrei spronarvi ad andare abbastanza velocemente, con un intero pianeta da servire in una sola notte?»
    «Secondo» continuò imperterrita la renna «vogliamo avere dei giorni di riposo»
    «Per Dio, ma se lavorate solo la vigilia di Natale!»
    «Questo non è affatto vero. Tu ci fai sgobbare tutto l’anno: raccogliete i materiali, trasportate i folletti qua, portatemi là. Non abbiamo mai tempo per noi, e ormai siamo stufe!»
    Dalle altre renne giunsero borbottii di approvazione.
    «Basta così! Non ho intenzione di sentire una sola parola. Preferisco non portare a termine le consegne piuttosto che ascoltare tutte queste idiozie. Questa notte me l’avete rovinata, ma più tardi vi rimetterò in riga, potete contarci».
    Dopo quello che gli sembrò un tempo infinito, finalmente vide un gruppo di luci al termine della strada. Era ora. Accelerò leggermente e vide che ai bordi della strada c’erano alcune cabine. Alla sua destra un cartello recitava: benvenuti in Italia. Per l’ennesima volta quella notte, Babbo Natale imprecò. Si trovava alla dogana italiana. Sperò intensamente che non ci fossero complicazioni. In quel momento vide un uomo alto camminare speditamente verso di lui. Alla flebile luce del lampione notò che era molto giovane, ma il suo atteggiamento ritto e impettito lo facevano sembrare più anziano. Il doganiere si fermò, lo guardò per qualche secondo e poi disse:
    «Posso vedere il suo passaporto, prego?»
    «Il mio passaporto?»
    «Esattamente»
    Ci fu un attimo di silenzio.
    «Non ho un passaporto. Io sono Babbo Natale»
    «Può dimostrarlo con un documento di identità?»
    «Beh… no»
    Alcune renne ridacchiarono.
    «Allora temo che lei non possa passare»
    Era troppo. Sentì la rabbia montargli nel cuore:
    «Giovanotto, io distribuivo regali quando la tua bisnonna era ancora una poppante, e ora ti permetti di dirmi che non posso passare?» gridò, gli occhi ridotti a fessure, mentre piccoli ghiaccioli cadevano dalla sua barba bianca.
    «E in tutto questo tempo non poteva approfittarne per fare un documento di identità?»
    «Ma come…! Tu…!» Babbo Natale aveva così tanta rabbia in corpo che non riusciva ad articolare le parole.
    Il doganiere non fece una piega.
    «Perchè non mi mostra che cosa stava trasportando?»
    Senza aspettare una risposta camminò fino alla slitta e scostò la coperta rossa che ne copriva il contenuto.
    «Giochi da tavolo, Lego, articoli di elettronica…» mormorò. Poi prese un giocattolo e lo guardò accigliato. «Ehi, mi hanno parlato di questi in caserma. È un prodotto cinese altamente tossico, proibito da tutti i mercati»
    «Sì, beh» fece Babbo Natale «non abbiamo avuto tanto tempo, e questi costavano poco…»
    «Basta così. Lei si rifiuta di dichiare la sua identità e sta introducendo nel paese merce contraffatta e pericolosa. Venga con me, prego»
    «Per la barba di Merlino! Io non vengo da nessuna parte… ma che… insomma, metta giù le mani! Non mi tocchi, le dico!»
    «Che cosa sta succedendo qui?» il grido era arrivato da lontano. Babbo Natale guardò attraverso la neve che stava ancora fioccando e vide un altro doganiere avvicinarsi verso di loro. Era decisamente più anziano dell’altro e una barbetta bianca gli copriva il viso infreddolito; il suo volto era teso nello sforzo di avanzare controvento, ma quando vide Babbo Natale gli fece un sorriso affabile.
    «Ma guarda che notte fortunata! Babbo Natale in persona alla nostra dogana. Buonasera, buonasera!» gli strinse energicamente la mano «Spero che il mio collega qui non gli abbia dato troppi problemi»
    «Signore, quest’uomo è un…» iniziò a dire l’altro.
    «Basta così, Luca» il doganiere più anziano lo fulminò con lo sguardo. L’altro borbottò alcune parole di protesta. Al che Babbo Natale prese la parola:
    «Meno male che è arrivato lei, spettabile signore. Questo giovane maleducato mi ha rivolto delle accuse intollerabili, e poco ci mancava perchè mi malmenasse violentemente»
    «Quest’uomo pretende di superare la dogana senza identificarsi e trasporta merci non autorizzate! Potrebbe essere chiunque!» sbottò Luca.
    «Su, su» sorrise il doganiere anziano «il zelo eccessivo non ha mai fatto bene a nessuno. E poi chi vuoi che sia a quest’ora, con questo freddo, se non Babbo Natale in persona?»
    «Ecco, glielo dica. Non c’è più rispetto…»
    «Non si preoccupi di lui, signor Babbo Natale, ci penserò io a redarguirlo a dovere»
    «Lo spero. Bene, si è fatto tardi e io devo assolutamente…»
    «Non così in fretta»
    Il sorriso non scomparve dalla faccia dell’uomo, ma Babbo Natale vide che i suoi occhi erano determinati.
    «Che cosa ne direbbe di un piccolo… dono alla nostra amicizia, prima di andare?»
    «Ma di che cosa sta parlando?»
    «Mi pare di aver intravisto tra i regali una gran bella console… proprio quella che mio figlio ha sempre desiderato, ma non sono mai riuscito a comprargli»
    «Ma io ho già dei regali per suo figlio!»
    «Oh, sono sicuro che una piccola aggiunta non guasterà» sorrise il doganiere.
    «Sì ma quella console è di qualcun’altro. Non posso certo lasciare un bambino senza regali, ne va della mia reputazione!»
    «Suvvia, troverà di certo il modo, faccia lo scambio con un bambino povero che non possa lamentarsi»
    «Le ho detto di no! Io me ne vado!»
    Dopo queste parole, Babbo Natale cercò di andarsene, tuttavia il doganiere lo bloccò con un gesto cortese ma deciso.
    «Andiamo, veda di non complicare la faccenda. Sappiamo tutto di lei: il contrabbando di giocattoli cinesi, le condizioni di schiavitù in cui ha ridotto i folletti, lo sfruttamento delle renne. Io non giudico tutto ciò… ma non sono neanche così stupido da non approfittarne»
    Babbo Natale aveva un’aria sconvolta.
    «Io… oh dannazione, va bene! Farò avere quella console a suo figlio»
    «Grazie della collaborazione» sorrise il doganiere.
    «...» borbottò Babbo Natale afferrando la slitta.
    I due restarono a guardarlo trascinare faticosamente la slitta oltre la dogana. Ogni tanto il vento che soffiava verso di loro gli portava il suono di una bestemmia o di un insulto.
    «Lo sa, vero, che quello che lei ha fatto stanotte è tremendamente immorale?» disse il più giovane.
    «Ah, Luca» sospirò l’altro «hai ancora così tanto da imparare».

     
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    "Le feste di fine anno sono per molti un periodo stressante, figuriamoci per Babbo Natale che deve riuscire a fare 2 miliardi e mezzo (!) di consegne in tutto il mondo nel giro di 24 ore.... Per riuscire a consegnare in tempo i doni ai bambini di tutto il mondo ....- i piccoli di tutte le religioni aspettano un regalo da lui-.... il vecchio dalla barba bianca deve viaggiare con le sue renne a 5.800 chilometri al secondo ...quasi 20 volte la velocità della luce...e ci riesce puntualmente tutti gli anni....viaggia nel senso inverso alla rotazione della Terra ed ha a disposizione 48 ore per depositare tutti i suoi pacchi.....dovendo fermarsi 2miliardi e mezzo....e secondo i nosri calcoli... avrebbe solo 34 microsecondi per ogni consegna.... per scivolare giù dal comignolo, depositare i pacchetti e ripartire veloce sulla sua slitta.....ma sappiamo che non si ferma solo pochi secondi....ama i biscotti e non disdegna un buon bicchieri di latte caldo e se incontra un bambino curioso...può raccontagli anche una bellissima favola..per farlo addormentare....Si prepara tutto l'anno..a questo giorno magico.....aiutato dai folletti.....e gnomi....."

     
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    "Era una fredda notte d'inverno, fra gli anni 243 e 366 dopo Cristo, quando nell'antica Roma imperiale, amici e parenti si scambiarono le prime "stranae" per festeggiare il "dies natalis". Agli auguri di buona salute, si accompagnarono presto ricchi cesti di frutta e dolciumi, e poi doni di ogni tipo, perché la nascita di Gesù e, insieme, l'anniversario dell'ascesa al trono dell'Imperatore, divenissero il simbolo di una prosperità che avrebbe dovuto protrarsi per l'intero anno..... Passarono i secoli ed un bel giorno del 1800, il rito...un giorno trovò un forte vecchio rubicondo dalla barba bianca, residente al Polo Nord dove.... aiutato da numerosi gnomi costruirebbe dei giocattoli da distribuire come doni durante la notte di Natale, con l'ausilio di una slitta trainata da renne volanti e passando attraverso i camini delle case."

     
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    "Questa è la vera storia (o quasi) di BABBO NATALE!.....al Nord del Circolo Polare Artico, nell'Europa settentrionale, esiste una regione: la Lapponia ...In questa terra viveva un giorno un simpatico vecchietto.... In una capanna del bosco, circondata da abeti, vicino ad un allegro ruscello d'acqua limpida e fresca viveva Natale, il quale si dedicava ogni giorno a coltivare il suo orticello, a curare le sue renne e ad intagliare il legno, vivendo tranquillamente. Vestiva sempre di rosso, il suo colore preferito.... Era un vecchietto assai buono e generoso con una lunga barba bianca ed aiutava spesso senza tirarsi mai indietro tutti i suoi vicini. Un giorno pensò che era troppo poco quello che stava facendo e si mise a pensare: voleva trovare un modo per poter dare agli altri qualcosa di più.....Quella sera fece un sogno...Nel sogno gli apparve un angioletto: era molto bello e grazioso e, con una dolce vocina, gli spiegò che nel mondo c'erano tanti bambini ma tanti di questi erano poveri e non potevano permettersi niente, anche loro come tutti gli altri bambini più fortunati desideravano dei giocattoli, ma non avrebbero mai potuto averli, il cuore dell'angelo era colmo di tristezza e un lacrima gli scorreva lungo il viso, Natale che era molto sensibile chiese all'angioletto cosa poteva fare per far spuntare sui visi di tutti i bambini un sorriso e un po' di felicità nei loro cuori.....L'angioletto rispose che, se Natale voleva, poteva aiutarli sarebbe dovuto partire caricando sulla sua slitta trainata dalle sue renne un sacco pieno di doni da consegnare a ciascun bambino la notte santa, quando nacque Gesù...."Ma dove posso trovare i giocattoli per tutti i bambini del mondo? E come posso farcela a consegnarli tutti in una sola notte e ad entrare nelle case? Ci saranno tutte le porte chiuse!" si chiese Natale....L'angioletto gli disse che Gesù Bambino l'avrebbe aiutato a risolvere ogni problema....Fu così che Gesù Bambino nominò Natale papà di ogni bambino donandogli il nome di Babbo Natale!...I primi giochi che Babbo Natale regalò furono costruiti con le sue stesse mani: intagliò nel legno bambole, macchinine, pupazzi ed ogni sorta di giocattolo....Gesù Bambino assegnò a Babbo Natale degli Elfi che altro non erano che piccoli angeli dalla faccia simpatica che lo aiutavano a costruire i giocattoli, a caricarli sulla slitta e a consegnarli in tempo ogni anno la sera di Natale! ...Gesù bambino fece anche un piccolo miracolo: concesse alla slitta e alle otto renne il dono di poter volare nel cielo...Babbo Natale entra quindi quella notte in ogni casa calandosi dal camino e riempiendo le calze che ogni bimbo appende sotto al camino, come d'usanza, e posando gli altri pacchetti più grossi sotto agli alberi di pino adornati a festa con luci e addobbi vari: palline, candeline, bastoncini di zucchero, e anche nelle case delle famiglie più povere gli alberi di pino venivano adornati con noci, mandarini, frutta secca, che profumavano l'aria di festa e che poi venivano mangiati in famiglia tutti insieme....Grazie alla magia dell'amore fu così possibile a Babbo Natale di essere sempre puntuale la notte santa nella consegna dei suoi doni per poter far felici tutti i bambini del mondo! E portare un sorriso nei loro visi e nei loro cuori!"

     
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    Il primo albero di Natale


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    La vigilia di Natale, nel tardo pomeriggio, Babbo Natale camminava nel bosco col suo sacco in spalla, tutto nervoso…
    Tra poco sarebbe dovuto partire con la sua slitta per portare i doni ai bambini di tutto il mondo, ma un pensiero lo tormentava.
    Rifletteva su come lo spirito del Natale fosse cambiato negli ultimi anni.
    Certo, i bambini erano felici di ricevere giocattoli e dolci, ma lui avrebbe voluto che cantassero e ballassero con le loro famiglie per festeggiare il Natale, cosa che purtroppo ormai accadeva sempre più raramente.
    Avrebbe voluto riportare di nuovo tutta questa gioia ai bambini, ma non gli era venuta nessuna bella idea.
    “Adesso ne parlerò con il mio aiutante Gimpy.” pensò. “Dobbiamo incontrarci per organizzare la distribuzione dei regali, magari insieme riusciamo a trovare una soluzione anche per questa cosa.”
    Gimpy stava già aspettando Babbo Natale nella casetta in mezzo al bosco da dove partivano tutti i regali. Appena vide Babbo Natale gli corse incontro, ma si fermò, vedendolo così cupo.
    – Cosa succede, Babbo Natale? Non sei pronto per andare a portare i regali ai bambini?-
    – Non lo so – rispose Babbo Natale. – Quest’anno mi sento tanto stanco, forse è successo qualcosa che mi ha fatto perdere l’entusiasmo. Cibo e giocattoli vanno bene, ma bisognerebbe trovare un’idea nuova per rendere davvero felici le persone, per farle di nuovo cantare e ridere di gioia…
    – Ci avevo pensato anch’io sai, ma non è così facile – disse Gimpy pensieroso.
    – Lo so – continuò Babbo Natale, – E io ormai sono troppo vecchio. A forza di pensare ad inventare qualcosa, mi è perfino venuto mal di testa. Se si va avanti così, rischiamo che il Natale diventi una festa come tutte le altre, e questo mi renderebbe davvero molto triste.
    Nel frattempo era arrivata la sera. La luna ormai saliva in cielo e il tempo iniziava a stringere, perciò decisero di fare una passeggiata: camminare nel bosco li avrebbe forse aiutati a trovare un po’ di ispirazione.
    Cammina cammina, giunsero ad una grande radura circondata da piccoli e grandi abeti. Era un posto bellissimo. La neve brillava sui rami degli alberi e, sotto la luce della luna, sembrava fatta d’argento.
    Gli abeti scuri per la notte e bianchi per la neve formavano un paesaggio incantato.
    Rimasero però colpiti da un abete in particolare: aveva dei ghiaccioli che penzolavano dalla punta dei rami e che scintillavano per i riflessi di luce. Non avevano mai visto niente di simile.
    Gimpy si avvicinò a quell’abete ed esclamò: – Che meraviglia! Babbo Natale, non è bellissimo quest’albero– Sì, davvero… – rispose Babbo Natale.
    Erano lì incantati a guardarlo, quando Gimpy all’improvviso disse – Dammi delle mele!
    – Mele? – chiese meravigliato Babbo Natale
    – Su, veloce, ho avuto un’idea. Dobbiamo legarle con delle cordicelle in modo da poterle appendere all’abete.
    Babbo Natale era molto perplesso, ma iniziò a cercare nel suo grande sacco e trovò sia delle mele che un po’ di corda.
    Fabbricò dei piccoli lacci con la corda e, dopo averci legato le mele, le diede a Gimpy. L’elfo le prese, le lucidò bene fino a farle diventare di un rosso acceso e le appese all’albero. Quando finì sorrise soddisfatto.
    – Già che ci siamo, attacchiamoci anche delle noci – continuò Gimpy.
    Babbo Natale era sempre più confuso, non riusciva a capire dove l’elfo volesse andare a parare. Ma lo vedeva così deciso che non replicò.
    Gimpy sfregò le noci su un panno speciale che portava sempre con sé, così da farle diventare dorate.
    Quando ebbero finito, Gimpy chiese ancora: – Per caso nel tuo sacco hai delle luci, Babbo Natale?
    – Purtroppo no, ma ho delle candeline, e dei fiammiferi per accenderle.
    – Perfetto! – gridò Gimpy con gioia. Così presero anche tutte le candeline e le misero sui rami dell’abete e sulla sua cima. Poi le accesero.

     
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    Un semplice Babbo Natale

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    di Claudio Rinaldi

    C'era una volta una bambina di nome Helen che incontrò, qualche giorno prima del venticinque dicembre, Babbo Natale. Quest'ultimo le domandò il regalo che sognava. "Ho già tutto quello che mi serve. Ma ho ascoltato, in queste sere, le preghiere del mio papà. Perchè non vai da lui per chiedergli il dono che desidera per questo Natale?" rispose Helen. "E' un'ottima idea. Seguirò il tuo consiglio. Domani notte farò visita a tuo padre ", replicò Babbo Natale mentre la salutava, con un sorriso, sedendosi nella sua slitta. La bambina annuì.
    La notte del giorno dopo Babbo Natale apparve, all'improvviso, davanti al papà di Helen che stava seduto, da solo, sul divano. "Qual'è il regalo che posso portarti?" domandò Babbo Natale. "Non penso che un semplice Babbo Natale sia capace di esaudire ogni mia richiesta", replicò il papà di Helen. "Ma io sono Babbo Natale! Il vero, unico e speciale!" esclamò con fierezza l'uomo panciuto vestito di rosso con una folta e ricciuta barba bianca. "Per me nulla è impossibile." "Va bene. Non volevo offenderti", si scusò il papà di Helen. "A Natale desidero, innanzitutto, che la striscia di Gaza si tramutasse in un lungo e fiorito prato con migliaia di altalene, di scivoli e piscine gonfiabili colorate dove i bambini, dei due popoli, potessero correre e giocare in libertà. Ancora vorrei che i cannoni ed i carrarmati facessero fuoco con enormi palle di neve; i missili, che cadono sulle case, fossero pieni di caramelle e ciambelle; le bombe, che lanciano gli aerei, si frantumassero in mille e mille coriandoli; gli uomini o le donne kamikaze esplodessero d'amore e, che ogni arma potesse sparare dello zucchero filato." Il papà di Helen riprese fiato. "Ho degli altri regali da chiederti." "Dimmi pure. Sono qui per questo", rispose Babbo Natale, "Vorrei che i terroristi cambiassero nome in buonisti e che facessero scoppiare l'allegria al loro passaggio", continuò il papà di Helen. "Il mio grande desiderio è che l'unica droga che si potesse assumere è il ciocccolato; la morte fosse una dolce donzella da sposare, liberamente, quando si soffre moltissimo; il sorriso del cuore fosse una tassa da pagare, con sincerità, ogni giorno dell'anno ed il male, ma tutto il male, di questo piccolo pianeta si sciogliesse nel mare lontano. Ho degli altri desideri ma tu sei soltanto un semplice Babbo Natale e non il nostro Dio." Babbo Natale lo fissò per alcuni minuti. "E' vero non posso esaudire tutto ciò. Questo Natale non avrai questi regali. Però pensa, per un attimo, se ogni uomo mi chiedesse i tuoi stessi e meravigliosi doni sicuramente il mondo cambierebbe. Anzi ho un'idea: prima del Natale non solo i bambini ma, anche i loro genitori e qualsiasi altra persona scriveranno una lettera al sottoscritto. In questa missiva potranno indicare i loro più grandi desideri. Per i doni ai bambini lavorerò, come al solito, affinchè ognuno di loro avrà quello richiesto. Per i desideri, come i tuoi ed altri ancora, volerò, con la mia slitta, fino alla Luce Immensa e consegnerò, di persona, tutte le lettere a Nostro Signore. Lui, certamente, potrà esaudire tutti i desideri che un semplice Babbo Natale non riesce a fare."

     
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    La peggior nottata di Babbo Natale

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    Paracelso26/12/2010

    Era la notte del 24 dicembre e una gelida nevicata stava imperversando sulle alpi. Il vento soffiava furiosamente e la bufera di neve permetteva di vedere ben poco; eppure lassù, dove nessuna persona sana di mente avrebbe osato andare d’inverno, un uomo corpulento vestito di rosso stava trascinando un’enorme slitta carica di regali nell’indifferenza totale delle renne che l’avrebbero dovuta trainare.
    Babbo Natale sbuffava per la fatica che gli faceva trascinare nella neve alta diverse tonnellate di regali e imprecava a denti stretti verso le renne che lo guardavano con scherno. La slitta aveva lasciato un lungo solco nella neve altrimenti purissima. «Maledette scansafatiche» gridava, la voce coperta dal rumore del vento «avete scelto il momento perfetto per fare uno dei vostri stupidi scioperi!» Forse era il caso di affidarsi a mezzi più moderni, pensò Babbo Natale digrignando i denti mentre avanzava a fatica nella bufera. Dove si era mai sentito che la notte della vigilia le renne decidessero di non avanzare più, planassero sulla montagna più vicina e lo lasciassero in balia degli elementi, e proprio all’inizio di un paese così importante come l’Italia?
    «E per che cosa, poi? Per un paio di frustate ben assestate, ma scherziamo! Le renne di oggi non sanno più stare al loro posto» disse mentre saltava sulla slitta pochi secondi dopo averle impresso una spinta decisa, e iniziava a scivolare a grande velocità lungo il fianco della montagna.
    La slitta atterrò violentemente in mezzo ad una strada asfaltata. Dopo essersi tolto la neve dagli occhi e dai capelli e aver controllato che nessuno dei regali fosse andato perso, Babbo Natale tirò un sospiro di sollievo. Era riuscito a scendere sano e salvo dalla montagna, e la presenza della strada era un buon segno. Ora non restava che avanzare fino alle prime case e a quel punto si sarebbe inventato qualcosa per riuscire a portare tutti i regali prima del calar del sole.
    «Basterebbe che tu ci concedessi un paio di cose e riprenderemmo subito a lavorare» disse ad un certo punto una renna «in fondo non chiediamo poi così tanto»
    «Questa è buona!» rise Babbo Natale «e sentiamo, che cos’è che vi sentite in diritto di chiedere?»
    «Innanzitutto niente più frustate…»
    Babbo Natale sbuffò.
    «Ha! Ma sentile. E come pensate che potrei spronarvi ad andare abbastanza velocemente, con un intero pianeta da servire in una sola notte?»
    «Secondo» continuò imperterrita la renna «vogliamo avere dei giorni di riposo»
    «Per Dio, ma se lavorate solo la vigilia di Natale!»
    «Questo non è affatto vero. Tu ci fai sgobbare tutto l’anno: raccogliete i materiali, trasportate i folletti qua, portatemi là. Non abbiamo mai tempo per noi, e ormai siamo stufe!»
    Dalle altre renne giunsero borbottii di approvazione.
    «Basta così! Non ho intenzione di sentire una sola parola. Preferisco non portare a termine le consegne piuttosto che ascoltare tutte queste idiozie. Questa notte me l’avete rovinata, ma più tardi vi rimetterò in riga, potete contarci».
    Dopo quello che gli sembrò un tempo infinito, finalmente vide un gruppo di luci al termine della strada. Era ora. Accellerò leggermente e vide che ai bordi della strada c’erano alcune cabine. Alla sua destra un cartello recitava: benvenuti in Italia. Per l’ennesima volta quella notte, Babbo Natale imprecò. Si trovava alla dogana italiana. Sperò intensamente che non ci fossero complicazioni. In quel momento vide un uomo alto camminare speditamente verso di lui. Alla flebile luce del lampione notò che era molto giovane, ma il suo atteggiamento ritto e impettito lo facevano sembrare più anziano. Il doganiere si fermò, lo guardò per qualche secondo e poi disse:
    «Posso vedere il suo passaporto, prego?»
    «Il mio passaporto?»
    «Esattamente»
    Ci fu un attimo di silenzio.
    «Non ho un passaporto. Io sono Babbo Natale»
    «Può dimostrarlo con un documento di identità?»
    «Beh… no»
    Alcune renne ridacchiarono.
    «Allora temo che lei non possa passare»
    Era troppo. Sentì la rabbia montargli nel cuore:
    «Giovanotto, io distribuivo regali quando la tua bisnonna era ancora una poppante, e ora ti permetti di dirmi che non posso passare?» gridò, gli occhi ridotti a fessure, mentre piccoli ghiaccioli cadevano dalla sua barba bianca.
    «E in tutto questo tempo non poteva approfittarne per fare un documento di identità?»
    «Ma come…! Tu…!» Babbo Natale aveva così tanta rabbia in corpo che non riusciva ad articolare le parole.
    Il doganiere non fece una piega.
    «Perchè non mi mostra che cosa stava trasportando?»
    Senza aspettare una risposta camminò fino alla slitta e scostò la coperta rossa che ne copriva il contenuto.
    «Giochi da tavolo, Lego, articoli di elettronica…» mormorò. Poi prese un giocattolo e lo guardò accigliato. «Ehi, mi hanno parlato di questi in caserma. È un prodotto cinese altamente tossico, proibito da tutti i mercati»
    «Sì, beh» fece Babbo Natale «non abbiamo avuto tanto tempo, e questi costavano poco…»
    «Basta così. Lei si rifiuta di dichiare la sua identità e sta introducendo nel paese merce contraffatta e pericolosa. Venga con me, prego»
    «Per la barba di Merlino! Io non vengo da nessuna parte… ma che… insomma, metta giù le mani! Non mi tocchi, le dico!»
    «Che cosa sta succedendo qui?» il grido era arrivato da lontano. Babbo Natale guardò attraverso la neve che stava ancora fioccando e vide un altro doganiere avvicinarsi verso di loro. Era decisamente più anziano dell’altro e una barbetta bianca gli copriva il viso infreddolito; il suo volto era teso nello sforzo di avanzare controvento, ma quando vide Babbo Natale gli fece un sorriso affabile.
    «Ma guarda che notte fortunata! Babbo Natale in persona alla nostra dogana. Buonasera, buonasera!» gli strinse energicamente la mano «Spero che il mio collega qui non gli abbia dato troppi problemi»
    «Signore, quest’uomo è un…» iniziò a dire l’altro.
    «Basta così, Luca» il doganiere più anziano lo fulminò con lo sguardo. L’altro borbottò alcune parole di protesta. Al che Babbo Natale prese la parola:
    «Meno male che è arrivato lei, spettabile signore. Questo giovane maleducato mi ha rivolto delle accuse intollerabili, e poco ci mancava perchè mi malmenasse violentemente»
    «Quest’uomo pretende di superare la dogana senza identificarsi e trasporta merci non autorizzate! Potrebbe essere chiunque!» sbottò Luca.
    «Su, su» sorrise il doganiere anziano «il zelo eccessivo non ha mai fatto bene a nessuno. E poi chi vuoi che sia a quest’ora, con questo freddo, se non Babbo Natale in persona?»
    «Ecco, glielo dica. Non c’è più rispetto…»
    «Non si preoccupi di lui, signor Babbo Natale, ci penserò io a redarguirlo a dovere»
    «Lo spero. Bene, si è fatto tardi e io devo assolutamente…»
    «Non così in fretta»
    Il sorriso non scomparve dalla faccia dell’uomo, ma Babbo Natale vide che i suoi occhi erano determinati.
    «Che cosa ne direbbe di un piccolo… dono alla nostra amicizia, prima di andare?»
    «Ma di che cosa sta parlando?»
    «Mi pare di aver intravisto tra i regali una gran bella console… proprio quella che mio figlio ha sempre desiderato, ma non sono mai riuscito a comprargli»
    «Ma io ho già dei regali per suo figlio!»
    «Oh, sono sicuro che una piccola aggiunta non guasterà» sorrise il doganiere.
    «Sì ma quella console è di qualcun’altro. Non posso certo lasciare un bambino senza regali, ne va della mia reputazione!»
    «Suvvia, troverà di certo il modo, faccia lo scambio con un bambino povero che non possa lamentarsi»
    «Le ho detto di no! Io me ne vado!»
    Dopo queste parole, Babbo Natale cercò di andarsene, tuttavia il doganiere lo bloccò con un gesto cortese ma deciso.
    «Andiamo, veda di non complicare la faccenda. Sappiamo tutto di lei: il contrabbando di giocattoli cinesi, le condizioni di schiavitù in cui ha ridotto i folletti, lo sfruttamento delle renne. Io non giudico tutto ciò… ma non sono neanche così stupido da non approfittarne»
    Babbo Natale aveva un’aria sconvolta.
    «Io… oh dannazione, va bene! Farò avere quella console a suo figlio»
    «Grazie della collaborazione» sorrise il doganiere.
    «Idiota» borbottò Babbo Natale afferrando la slitta.
    I due restarono a guardarlo trascinare faticosamente la slitta oltre la dogana. Ogni tanto il vento che soffiava verso di loro gli portava il suono di una bestemmia o di un insulto.
    «Lo sa, vero, che quello che lei ha fatto stanotte è tremendamente immorale?» disse il più giovane.
    «Ah, Luca» sospirò l’altro «hai ancora così tanto da imparare».

     
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