IL PIANETA DI BABBO NATALE

racconti, fiabe

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. gheagabry
     
    .

    User deleted


    La_leggenda_della_lucciola

    La lucciola

    Ad adorare il bambino Gesù nella capanna di Betlemme, insieme con gli altri animali, accorsero anche gli insetti. Per non spaventare il piccolo restarono in gruppo sulla soglia, ma Gesù, con un gesto delle rosee manine, li chiamò ed essi si precipitarono, portando i loro doni.

    L'ape offrì il suo dolce miele, la farfalla la meraviglia dei suoi colori, la formica un chicco di riso, il baco un filo della sua seta.
    La vespa, non sapendo che cosa offrire, promise che non avrebbe più punto nessuno; la mosca si offrì di vegliare, senza ronzare, il sonno di Gesù. Solo un insetto piccolissimo non osò avvicinarsi al bambino, non avendo nulla da offrire.

    Se ne stette timido sulla porta, eppure avrebbe tanto voluto donargli il suo amore. Mentre con il cuore grosso e la testa bassa stava per lasciare la capanna, udì una vocina: " E tu, piccolo insetto, perché non ti avvicini?"
    Era Gesù stesso che glielo domandava. Commosso l'insetto volò fino alla culla e si posò sulla manina del bambino. Era così emozionato per l'attenzione ricevuta, che gli occhi gli si colmarono di lacrime. Scivolando giù, una di queste, cadde proprio sul piccolo palmo di Gesù.

    " Grazie", sorrise il bambinello. " Questo é un regalo bellissimo".
    In quel momento un raggio di luna, che curiosava dalla finestra, illuminò la lacrima. " Ecco, é diventata una goccia di luce!" disse Gesù sorridendo. " Da oggi porterai sempre con te questo raggio luminoso. E ti chiamerai lucciola."



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:05
     
    Top
    .
  2. gheagabry
     
    .

    User deleted


    cold_of_drifig_primea




    Il terribile Mago del Freddo si divertiva a rincorrere per la strada uomini, donne e bambini e a dipingere loro di rosso la punta del naso.
    Tutti scappavano e cercavano rifugio nelle case, ma il Mago del Freddo voleva entrare anche li: soffiava forte contro le porte e le finestre e faceva strani disegni di ghiaccio sui vetri.
    La gente infreddolita non ne poteva proprio più.
    Per fortuna viveva in quel paese un uomo che di freddo si intendeva moltissimo. Infatti, faceva
    il gelataio. Egli disse al dispettoso Mago del Freddo;
    Entra pure in casa mia, voglio offrirti qualcosa da mangiare.
    Il vecchio entrò, e in un attimo la casa fu di ghiaccio. Il gelataio apri un grande armadio bianco e, quando il Mago del Freddo gli si fu avvicinato, con tutte le sue forze lo spinse dentro e chiuse
    svelto lo sportello.
    Casi il Freddo fu imprigionato per sempre e ancora oggi lo possiamo trovare, persino d'estate, in
    tutti i frigoriferi del mondo.



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:06
     
    Top
    .
  3. gheagabry
     
    .

    User deleted


    mago

    Elogio dell'inverno


    Narra una dolce canzone popolare del nord, come un vecchio bianco viatore, che aveva conosciuto tutte le vie sotto il sole e le bufere, tutti i sentieri tra i sassi e i rovi.. tutte le strade di sacrifici e di fatiche, avendo dolorato molto in sua vita, e attendendo con rassegnazione il termine del gran viaggio attraverso le ore, i giorni
    e i mesi e gli anni, non sapesse in quale stagione trovare tutta la melanconia sottile e morbida, consigliera buona dell'ultimo camino.
    Non la primavera, ché il vecchio cuore si riempiva di tenerezza tra i primi brividi di penne e il trillar giocondo di passere in amore e di cinciallegre cinguettiere pei rami verdi. Non l'autunno, ché nell'anima sentiva colle foglie gialle e la terra grassa tutta un'agonia disperata di fronde d'oro.
    Non l'estate divampante. pei cieli di cristallo come se una fiaccola accesa ardesse le aurore e i tramonti.
    Ma l'inverno. L'inverno solo, silenzioso e calmo, morbido e fresco gli dava all'anima tutta una melanconia senza scoramenti e senza abbandoni.
    Una melanconia come quella che coglie un convalescente esile e biondo.
    E scelse l'inverno, il vecchio bianco viatore, per andarsene senza sofferenze, come ravvolto in un gran nido di bambagia, abbandonando l'anima affranta a poco a poco, insensibilmente, come si sperdon i segni di chi passa sulla neve...
    Ché l'inverno, senza la ricchezza dei colori primaverili, senza la fiamma biondastra delle messi mature, senza l'oro caldo degli autunni moribondi, ha una poesia e un suo speciale, il fascino bianco.
    E' un brivido ardente di scintille cristalline, un torrente di piccol e stelle assiderate, una filagrana di gemme che copre la terra, lega gli alberi nudi ai rami nodosi, che inghirlanda le case come novella vitalba incanutita.
    E su tutto e su tutti, pei cieli purissimi e per la terra nuda è una sinfonia meravigl!osa senza voci, senza suoni, senza colori. La sinfonia bianca.
    E ritorna a noi, ad ogni giro di anni, primo fra tutti, l'inverno; e ha ancora il viso incorniciato di ghiacciuoli e cammina ancora senza peso, e d'intorno è ancora un turbolento di fiocchi morbidi, un aliar stanco di farfalle bianche... Ancora come quando s'era bambini...
    E si credeva l'inverno, un orco, o una fata, un mago o una strega che venissero da sentieri lontani senza fonti e senza e portassero slitte colme di dolci e di giocattoli e di tante tante piccole cose, che scendevan certo dal cielo, come la neve, come gli
    esili fiocchi bianchi che morivan nella piccola mano che li raccoglieva, come si prendon le farfalle, a primavera.
    L'inverno ritorna ad ogni giro di anno e ha la sua ghirlanda di ghiacciuoli e di neve, la sua corona di stellette e di leggende, le sue poesie e le sue canzoni, il suo fascino e la sua bellezza...

    - Nino Salvaneschi -



    poesie.reportonline.it

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:08
     
    Top
    .
  4. gheagabry
     
    .

    User deleted


    IL FOLLETTO DELLA FORESTA

    natale-finlandia
    Ida Bohatta

    Una gazza in frac bianco e nero svolazza fra le cime degli alberi osservando dall'alto il suolo coperto di neve. Gira il capino a destra e a sinistra e le giunture delle sue ali cigolano. Chi sarà quel vecchietto che si aggira con un'ascia sulla spalla, fra gli abeti della montagna di Korvatunturi, la terra di Babbo Natale?
    "Scusa, chi credi di essere?" gracchia la gazza. "Io?" risponde il vecchietto, "Non fare finta di non saperlo! Sono il folletto della foresta e devo procurare un abete per la Festa di Natale di Korvatunturi. Sarà un bellissimo albero di Natale, con le mele che dondolano dai rami e sulla cima la stella fatta con un pezzo di luna. Una ghiandaia ha promesso di sistemare la stella sulla cima dell'albero".

    La gazza sembra essere interessata, ha l'abitudine di ficcare il becco nelle faccende altrui e il folletto lo sa, perciò le chiede: "Vuoi saperne di più?"
    Dimentica dei suoi sospetti, la gazza va a posarsi sulla spalla del folletto che, riprendendo il cammino, comincia a raccontare.

    "L'albero di Natale di Korvatunturi è grande e frondoso. Viene portato dalla foresta il giorno prima della vigilia di Natale, cioè oggi, e viene messo al posto d'onore sotto il portico della casa di Babbo Natale. Là sarà al riparo dal gelo.
    La mattina della vigilia, molto presto, sarà portato nel grande salone e messo in un vaso speciale di lucido ottone. L'albero è alto come un pennone e arriva pressocchè al soffitto. Oh, che profumo verde e fresco emanano i suoi rami!
    Nel pomeriggio, quando tutti saranno tornati dalla sauna, l'albero di Natale verrà decorato. Bianche candele saranno posate sui suoi rami. Ci saranno anche un sacco di lucenti mele rosse, figurine di pan di zenzero e luccicanti palle di natale che riflettono le immagini buffamente allungate.
    La ghiandaia poserà una stella del cielo sulla cima e lì scintillerà e luccicherà come un diamante di ghiaccio!

    L'albero di Natale porta nel grande salone della casa di Babbo Natale lo spirito del Natale. Intorno a lui si balla e si cantano canzoni. Le sue piccole, brillanti candele si riflettono come scintille di gioia e di felicità negli occhi delle persone.
    Col suo aspetto regale guarda la festa di Natale come un re benevolo. Quando la sera si trasforma in notte, resta al suo posto come un guardiano, in mezzo alle candele spente.

    Le candele verranno riaccese molte altre volte, ma poi il Natale finirà. Il dodicesimo giorno tutti avranno fretta di spogliare l'albero di Natale: è una vecchia abitudine! Le mele e il pan di zenzero scompariranno nella bocca di allegri ladri, l'abete presto sarà nudo, e se ciò non bastasse, verrà gettato nella legnaia.
    Ma nei boschi di Korvatunturi nuovi alberi di Natale, grandi e frondosi, stanno già crescendo per il prossimo Natale e tanti altri a venire ".

    Il folletto si ferma ai piedi di un abete, un albero che si protende verso il cielo stellato: "E' questo ", dice. Ma la gazza se n'è già andata. E' volata via a raccontare agli abitanti del bosco di un albero di Natale con ori e cristalli sui rami e un gigantesco diamante che cresce sulla cima.




    dal web

    download_2

    Babbo Natale e i folletti del bosco



    C’era una volta in un bosco lontano, dove ogni inverno la neve copriva con il suo manto bianco ogni cosa presente, un villaggio di simpatici folletti. Una sola cosa spiccava, in mezzo agli alberi: il grande albero di Natale che i folletti preparavano pieno di luci colorate, caramelle e tante palline. Ogni mattina, prima di mettersi al lavoro, i folletti si preparavano e gustavano una dolce colazione: nel latte mescolavano bene bene il cioccolato e lo zucchero e una pioggia di dolci biscotti inzuppavano dentro.

    Sotto il loro grande albero i folletti giocavano, felici, saltando da un tronco all’altro, potevano correre però solo quando risuonava nel bosco la musica magica! Loro erano i folletti della musica!

    Un giorno qualcuno di molto importate li chiamò a rapporto! Solo loro potevano aiutarlo: era Babbo Natale!

    Il segnale era forte e chiaro non appena lo sentirono corsero da lui.

    Eh si! Babbo Natale aveva bisogno di una mano voleva qualche nuova idea, cosa poteva regalare ai bambini questo natale? Qualcosa di speciale… cosa poteva mettere sotto il camino. I folletti non ebbero dubbi: dei bellissimi strumenti musicali!

    E così si misero all’opera! Ognuno si mise al suo tavolo da lavoro e così cominciarono a costruire. Martellarono, segarono, impilarono… finchè tutto non fu pronto! Quanta forza e fatica ci voleva!

    Erano pronti, i bambini avrebbero ricevuto dei bellissimi strumenti ora toccava provarli! Splendide melodie uscirono da laboratorio e la magia della musica coinvolse tutti presenti, ora tutto era pronto si poteva partire.

    Quando tutto sembrava risolto un nuovo problema si manifestò all’orizzonte: una delle renne di Babbo Natale aveva deciso di non muoversi più.

    Occorreva una magia, così di notte i folletti si alzarono zitti zitti e iniziarono spargere polvere di stelle, e con la musica dei loro sax di bamboo tentarono di convincere la renna a ripartire: comparve così uno sciame di libellule che volò intorno alla renna che vide legarsi al collo un bellissimo campanello che avrebbe suonato tutte le volte che si sarebbe mossa! Ora si che la renna era convinta a ripartire!

    Quando finalmente la slitta riprese a volare i folletti contenti salutarono Babbo Natale augurandogli Buon viaggio a loro modo!

    (dal Web)

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:11
     
    Top
    .
  5. gheagabry
     
    .

    User deleted


    LA DIETA BABBO NATALE!

    jpg
    La festa più bella dell'anno ed anche la più attesa da grandi e piccini era imminente.
    Il laboratorio di Babbo Natale, al Polo Nord, era in piena attività: folletti indaffarati e velocissimi erano tutti ai loro posti: c'era chi creava giocattoli per i bambini fino a tre anni, chi si occupava della fascia d'età compresa fra i cinque e i dieci anni, chi pensava agli adolescenti peraltro senza alcuna difficoltà, dato che oggigiorno tutti conoscono i gusti dei ragazzi: play station, nintendo wii, i pod.
    Rimanevano gli adulti e qui la situazione si faceva più complicata. Nella società attuale infatti, su dice che tutti hanno tutto e non si sa più cosa regalare. Perciò, più che produrre, i folletti erano seduti, assorti, concentrati e disperati: non sapevano cosa inventarsi ed il loro settore era inattivo. Babbo Natale, durante una delle sue solite "capatine" nel grande laboratorio per controllare che i folletti non "battessero la fiacca", si stupì moltissimo trovando il settore dei folletti over 30...in stallo. - Ohibò! Che succede qui? - chiese - Avete forse bisogno della carica delle trombe del giudizio universale per portare a termine il lavoro?-
    I folletti, mestamente e rossi in faccia come le loro giacchette, abbassarono gli occhi imbarazzati: mai avevano deluso il buon vecchio dalla barba bianca e si sentivano tremendamente in colpa. Uno di loro, Condino per la precisione, si fece coraggio e disse a Babbo Natale: - Siamo disperati, non sappiamo quali regali preparare per gli adulti. Si dice che abbiano di tutto e di più, come facciamo a renderli felici?-
    - Non è possibile che abbiano tutto - rispose Babbo Natale - forse standovene qui al Polo Nord, in questo laboratorio incantato, avete perso il contatto col mondo. Allora sapete cosa vi dico? Andate e sparpagliatevi su tutta la Terra, studiate, osservate e fra cinque giorni ritornate qua. Sono sicuro che dopo di allora avrete capito di cosa hanno bisogno gli adulti. Ma dovete ritornare pieni di entusiasmo e voglia di fare perché il Natale è vicino e ci sarà molto da lavorare.-
    Condino ed i suoi amici folletti, un po' spaventati e timorosi, furono portati da una slitta gigante, guidata da venti renne, in varie parti della Terra e incominciarono la loro ricerca. Che squadra ragazzi! Erano in parecchi ma il compito che dovevano svolgere era importante ed urgente, dovevano darsi da fare in fretta.
    Ogni folletto aveva caratteristiche diverse: Condino era il più anziano e saggio e per questo Babbo Natale lo aveva nominato coordinatore del gruppo e capo indiscusso del laboratorio. Compito non certo facile il suo: gli altri folletti erano sì gran lavoratori, ma anche giovani ed esuberanti, condizione questa che aveva i suoi lati positivi e negativi allo stesso tempo. Tuttomatto, per esempio, era un po' come dire "picchiatello", e di tanto in tanto andava fuori di testa; Schizzetto era un gran burlone ed amava fare scherzi a chiunque gli capitasse a tiro; Botolo era un po' grassottello, aveva sempre fame e le sue numerose tasche erano piene di caramelle e dolcetti; Turbo era lo Schumacher del gruppo e quando si spostava da un posto all'altro lo faceva a tutta birra; Pennino era veramente originale...che tipo! Ogni volta che succedeva qualcosa, non importava che fosse di rilievo o di poco conto, lui tirava fuori la sua agenda con la penna e annotava tutto. Infine c'era Ronf (superfluo spiegare il perché del suo nomignolo), affidabile sì, ma solo quando riusciva a stare sveglio.
    Babbo Natale che, nel lungo periodo di riposo dopo la faticata dicembrina, doveva trascorrere il tempo in qualche modo, si era adeguato ai tempi ed aveva una fornitissima raccolta di film; la sua passione era il "Signore degli anelli" di cui aveva visto tutti gli episodi. Per questo ed anche perché, non dimentichiamolo, anche lui, come Schizzetto, aveva uno spiccato senso dell'umorismo, aveva denominato il gruppo che doveva svolgere l'importante missione di sondare i gusti degli adulti, "La compagnia del regalo".
    Ma torniamo ai nostri "eroi".
    Condino aveva appena messo piede sul suolo africano quando incontrò un bambino magrissimo, con un grosso pancione e poco lontano, nel villaggio, tanti altri bambini, mamme e nonni sofferenti.
    - Perché - chiese Condino - siete così magri? Cosa vi è successo? -
    E si sentì rispondere che c'era la carestia, che in quella parte dell'Africa pioveva pochissimo, che erano molto poveri e che i loro genitori non avevano strumenti per dissodare, annacquare e coltivare i terreni, quasi niente da mangiare e per bere dovevano accontentarsi della poca acqua melmosa che riuscivano a trovare molto lontano dal villaggio.
    Ed io che credevo, pensò Condino, che gli adulti avessero tutto, qua non hanno nulla, ma perché i paesi ricchi del mondo non li aiutano? Come può Babbo Natale pensare a tutti? Hanno bisogno di troppe cose!
    Comunque il folletto, rattristato da quella realtà che non conosceva, memorizzò le cose di primaria necessità che
    avrebbero potuto, sia pure in parte, contribuire a migliorare le condizioni di vita di quella povera gente.
    - Se Botolo fosse qui - pensò - avrebbe potuto distribuire almeno un po' dei suoi dolciumi ai bambini.-
    Non avrebbe voluto andarsene senza far nulla, ma non c'erano alternative, doveva tornare a casa per riferire a Babbo Natale, così partì, con tanta pena nel cuore.
    Nel frattempo Tuttomatto era in Romania e stava cercando di capire quali fossero le esigenze di quel popolo. "Sbirciò" attraverso le finestre di case in verità non proprio lussuose, vide che in quelle povere abitazioni non c'era il riscaldamento, ma spesso solo una stufa a legna che non riusciva a riscaldare le due stanze, perché faceva un gran freddo e la legna legna era poca. E poi anche gli abiti mancavano ed erano troppo leggeri, non certo sufficienti a coprire bene, non tanto gli adulti, che meglio sopportano il freddo, ma
    soprattutto bambini, specie quelli più piccoli e fragili.
    In una di quelle povere abitazioni abitava anche una maestra che desiderava quaderni, matite, penne per i suoi piccoli alunni, i cui genitori erano troppo poveri e, naturalmente, davano la preferenza all'acquisto del cibo, così non rimanevano mai i soldi per comprare il materiale per la scuola, anch’essa senza fondi.
    Il folletto si accorse poi che in Romania ci sono tanti orfani, molti vivono per strada, sono ammalati e sarebbe bello, pensò, avere case - famiglia accoglienti con cibo, coperte e medicine a sufficienza!
    Tuttomatto stupito da quella realtà così difficile, aveva gli occhi rossi e una lacrimuccia stava scendendo lungo le gote, ma gelò subitaneamente, per il freddo polare.
    - Devo correre da Babbo Natale, dobbiamo cercare di aiutare queste persone con qualche dono che li possa far sorridere almeno per Natale.-
    Schizzetto invece era arrivato in Asia, in Thailandia per la precisione, paradiso dei turisti. Era allegro come il suo solito, ma guardandosi attorno uno spettacolo desolante si offrì ai suoi occhi: un povero villaggio mostrava ancora le "ferite" dopo il terribile tsunami. Il sorriso gli morì sulle labbra e rimase sgomento, senza sapere cosa fare. Con coraggio entrò in una baracca, dove trovò una ragazza con due bambini, di cui uno piccolissimo.
    Non aveva alcuna importanza che il folletto e la ragazza non potessero comunicare con le parole, dato che nessuno dei due conosceva la lingua dell'altro; bastava lo sguardo per comprendere la muta richiesta di aiuto della giovane e la completa disponibilità di Schizzetto che, salutando con una tenera carezza i due piccoli e con un cenno la ragazza, partì a razzo per tornare il più presto da Babbo Natale a riferire l'esito della sua missione.
    Il viaggio di Botolo lo aveva portato a Roma, ed egli ne fu contento, poiché gli avevano parlato di una pasticceria da sogno e, goloso com'era, non vedeva l'ora di approfittare dell'occasione ma, ahimè, era giunto in periferia e precisamente in un villaggio per Rom. Vide tanta povertà, e inoltre c'era tanto freddo in quelle baracche, in quelle roulotte vecchie e malandate e tanta emarginazione ed isolamento.
    -Non può essere questa l'Italia, è il nono paese più industrializzato del mondo, qui gli adulti hanno tutto! Così sapevo, così mi era stato detto. Sono senz'altro capitato nell'unico posto dove regna la povertà e l'abbandono - si diceva Botolo fra sé e sé - Devo allontanarmi di qui, senz'altro troverò solo persone contente, ricche, soddisfatte della loro vita, a cui non mancherà nulla -
    E a balzelloni saltò da una parte all'altra della città, dove trovò vetrine illuminate e piene di doni, strade intasate dalle auto, alberi di Natale nelle case, nelle piazze, presepi, ma tra tutto quello splendore di luci, mentre si stava convincendo che almeno lì la situazione fosse migliore, vide anche molti poverii senza casa, infreddoliti e affamati, uomini e donne senza lavoro e futuro, anziani che non riuscivano a scaldarsi con la misera pensione che ricevevano. Sotto molti dei ponti sul Tevere, nelle stazioni ferroviarie e sulle panchine di parchi cittadini, raggomitolati su se stessi e coperti da giornali o cartoni, Botolo vide tanti “barboni”, alcuni dei quali forse non sarebbero sopravvissuti al terribile freddo.
    - Ma allora anche qui gli adulti non hanno tutto, solo pochi hanno molto, gli altri si devono arrangiare e hanno bisogno di tante cose, devo correre a dirlo a Babbo Natale! Non volle neppure fermarsi alla pasticceria che tanto lo aveva attirato a Roma, pensò che non fosse giusto abbuffarsi di dolci mentre tanti soffrivano, no non era giusto, doveva correre e informare gli altri folletti.
    E Turbo, il più veloce della compagnia, dov'era arrivato?
    Proprio in virtù della sua straordinaria velocità era giunto in Pakistan, dove uno spettacolo da brivido si palesò ai suoi occhi: il Paese era devastato dalle alluvioni, milioni di persone avevano perso le loro case, i campi non erano coltivabili e la situazione poteva solo peggiorare." Oh no! Non è possibile"! - esclamò accorato il folletto.
    Non c'era tempo da perdere...inutile indugiare, anche perché Turbo non poteva più sopportare la vista di tanti poveri bambini che certamente non avrebbero avuto un buon Natale. Così ripartì a razzo per tornare a casa il più presto possibile.
    Nel frattempo Pennino si trovava in Ungheria, dove non aveva trovato una situazione migliore, anzi .lì un fango tossico aveva invaso aree naturali e zone abitate, distruggendo l'ambiente e provocando danni enormi. Il folletto non perse tempo e, preso il suo block notes, descrisse con ricchezza di particolari la tragica situazione in cui si trovavano gli abitanti di quel paese. Subito dopo ripartì, non c'era tempo da perdere!
    Ben presto si ritrovò al Polo Nord, dove Babbo Natale aveva già indetto una riunione per fare il punto della situazione. "Eccomi"! - esclamò ansimando Pennino - "ci sono anch'io!"
    Il vecchio dalla barba bianca guardò i suoi folletti, ma i conti non gli tornavano...ah mancava Ronf! "Spero proprio che non si sia addormentato chissà dove" pensò.
    Ma proprio in quell'istante Ronf fece il suo ingresso nella sala riunioni con gli occhi sbarrati e l'espressione sconvolta, come del resto tutti gli altri folletti della "Compagnia del regalo". Evidentemente anche la sua missione lo aveva profondamente toccato.
    Babbo Natale li guardò tutti e chiese loro:
    " Dunque, miei piccoli collaboratori, avete svolto il vostro lavoro?”
    I folletti si guardarono e, con muta espressione, fecero capire a Condino che suo sarebbe stato il compito di riferire l'esito della loro missione.
    Condino dopo aver fatto un passo avanti e, con le lacrime agli occhi, fece un completo resoconto di quanto lui e gli altri avevano scoperto.
    Babbo Natale, solitamente allegro e sempre pronto col suo: Oh Oh Oh!! rimase in silenzio, meditando, con tanta tristezza in fondo al cuore.
    I folletti lo osservavano ed aspettavano istruzioni; certo capivano che questa situazione era troppo gravosa per il vecchio, che i tradizionali regali confezionati nel grande laboratorio non sarebbero stati adatti. Ci voleva ben altro!
    "Suvvia"! - esclamò all'improvviso Babbo Natale, facendo trasalire tutti - " All'opera, ragazzi! La tabella di marcia cambia da questo istante, via profumi, cravatte, oggetti d'oro e d'argento fiori e tutti gli altri doni tradizionali, sotto con acqua, viveri, medicine, coperte, insomma con tutto quello che può servire. Pennino, datti da fare e fai un elenco di quanto serve alle persone che i tuoi compagni hanno visitato. Appuntamento alle 23,00 in punto nel laboratorio e tutto dovrà essere pronto per caricare la mia slitta per le emergenze, quella tipo limousine, con un tiro di 24 renne ben robuste. Al lavoro!”
    I folletti, gasati dalla fermezza del gran capo, che sapeva sempre come risolvere le situazioni più difficili, si misero subito in moto e alle 23,00 in punto la slitta era carica e le renne pronte.
    Babbo Natale sapeva che il suo contributo sarebbe stato solo una goccia nel mare, ma sapeva anche che in quella magica notte un bambino speciale stava per ricordare al Mondo che c'è sempre speranza.
    "Oh Oh Oh"! - incitò le renne ed esse presero il volo, un po' a fatica, sia per l'ingente carico, che per il peso di Babbo Natale che, come sappiamo, non è certo un peso piuma. La renna di testa girò il capo verso il vecchio ed egli, sorridendo, disse:" Hai ragione, mia dolce amica, ma questa sera dovrete tutte fare un grande sforzo per compiere la missione, poi, ve lo prometto, mi metterò a dieta!”




    LA SCALETTA DI STELLE

    41HwC02xhQL

    Era la Vigilia di Natale, nella grande città di Londra vi era una grande festa. Le vetrine luccicavano, ed esponevano dei regali davvero bellissimi. Le persone erano allegre e manifestavano una grande gioia per l’arrivo della festa più bella dell’anno. Le famiglie si erano riunite nelle loro case,per festeggiare il Natale. In una casetta vi era una dolce e graziosa bambina, in compagnia dei suoi parenti, il suo nome era Sofia. Sofia era una bambina di sette anni. Ella aveva dei bellissimi occhi azzurri e vivaci, i capelli rossi che portava liberi per mostrare i loro bei boccoli. Quella sera., si erano tutti riuniti nel salotto di casa. La piccola Sofia era molto impaziente di aprire i regali:
    “ Ehi quando potrò aprire i miei regali?”
    “Quando finirai di saltellare sul divano.” disse la nonna. La nonna era una signora anziana, molto ben curata e amava raccontare favole.
    “Allora Sofia, che cosa ne dici di ascoltare da me una bella storia?”
    “Certo nonna!”rispose Sofia.” - e la nonna cominciò a raccontare...
    ”C’erano una volta delle piccole fatine che vivevano oltre le nuvole. Queste, ogni notte di Natale costruivano con i loro cappellini una scaletta luminosa, che permetteva ai bambini di animo buono di camminarci sopra e scoprire i segreti della magia…” - DRIIIIIN!
    “Santo cielo! Sofia, credo che la nostra storia dovremmo concluderla dopo, e ora vai un po’ ad aprire!” - Sofia corse, ma venne preceduta dalla mamma. Questa prese un pacco che era stato lasciato fuori dalla porta… Era per Sofia!
    La bambina e i suoi parenti si riunirono in salotto, per aprire il pacco e gli altri regali. Tutti erano soddisfatti e felici. Quando Sofia apri il suo regalo, ci trovò dentro una stellina luccicante! Tutti pensarono che fosse un semplice giocattolo per bambine, ma la nonna e Sofia storcevano il naso. A mezzanotte in punto, tutti andarono a dormire, e visto che la famiglia era numerosa e la casa molto grande, tutti rimasero a riposare nello stesso luogo.
    Sofia si preparò per andare a letto, ma non aveva affatto sonno. Era troppo curiosa nel sapere a cosa servisse il suo regalo. Tornò in salotto e prese quella stella. Emanava una luce argentata davvero meravigliosa. Si sedette sul divano e la fissò.
    A un certo punto, senti qualcuno che diceva: “Ti piace?”.
    Sofia si voltò e con stupore si accorsi che era Babbo Natale! Egli un uomo piuttosto alto e robusto. Possedeva una bellissima divisa rossa, con ricami bianchi in pelle. I bottoni erano di oro e gli stivali grandi e neri. Il suo naso era rosso come le sue guance che venivano mezze coperte dai lungi baffi bianchi. Portava degli occhiali e un cappello rosso. Mostrava molta tranquillità, la sua voce infatti, era molto calda e profonda, ma piacevole da ascoltare. La piccola Sofia, molto timidamente disse:
    “Allora, sei tu quello che mi hai fatto questo regalo?”
    “Proprio cosi.” disse Babbo Natale.
    “Allora, credo che tu sappia già quello che devi fare! Vero?”
    “No.” disse Sofia.
    “Pensavo che tua nonna ti avessi avvisato!”
    “ Ora capisco! La favola!”
    ”Favola? Quale favola? Quella è la verità!”
    ”Bene, ora ti spiego io. La stella che ti ho regalato devi utilizzarla per formare la scaletta di stelle delle fate! Altrimenti io non potrò tornarmene a casa e ripassare l’altro anno.”
    “Capisco.” disse Sofia. “E cosa dovrei fare io?”
    “Battere il piede destro e schioccare le dita una volta sola! Alla fine lanciare nel cielo la stella.”
    I due uscirono nel giardino. Salirono sulla slitta e rimasero sospesi nel cielo. Cosi Sofia fecce quello che Babbo Natale le aveva detto. Lanciò la stella nel cielo e i cappellini delle fate si trasformarono in stelline che finivano dietro una grossa nuvola. Era uno spettacolo stupendo!
    “Babbo Natale, e adesso cosa facciamo?” chiese Sofia.
    “Vorresti vedere e conoscere le fate?” domandò Babbo Natale.
    “Con molto piacere!”
    Salirono con le rene sopra la scaletta e Sofia vide le fatine. Erano tutte davvero bellissime. I loro vestitini luccicavano di mille colori e le loro ali lasciavano una scia argentata quando si muovevano.
    “Salve!” disse Sofia.
    “Ciao!” risposero in coro le fatine.
    Sofia cominciava ad avere freddo, quindi con le loro bacchette magiche le fate fecero apparire un bellissimo vestitino di lana.
    “Grazie a tutte.” disse cordialmente Sofia.
    “Di nulla.” risposero le fate. Si salutarono e Sofia vene accompagnata a casa da Babbo Natale. Si diedero un grosso bacio e si ripromisero di rincontrarsi l’anno prossimo.
    Era il mattino seguente e Sofia racconto tutto alla nonna, che fece un grosso sorriso. La bacio e andarono a fare una buona collazione insieme agli altri. Guardando dalla finestra videro delle piccole fatine che ballavano e auguravano a tutti:
    “Buon Natale.”
    (dal Web)






    A Cup of Christmas Tea

    Una tazza di te di Natale

    di Tom Hegg

    Te-di-Natale-4

    Il ceppo era nel camino, pronto per essere bruciato. Finalmente l’annuale corsa natalizia era terminata; gli auguri erano stati spediti, tutti i doni erano sotto l’albero e avevo trenta giorni di tregua, prima che il signor VISA venisse a cercarmi, però, anche se potevo ritenermi soddisfatto, l’impressione che qualcosa non andasse per il verso giusto non mi abbandonava.

    Una settimana prima avevo ricevuto una lettera della mia vecchia prozia che diceva: “Naturalmente ti capisco se non puoi, ma se scopri di avere un po' di tempo, sarebbe meraviglioso se potessimo chiacchierare e sorseggiare insieme una tazza di tè di Natale.”

    Aveva avuto un lieve ictus che le aveva colpito la parte sinistra del corpo, ma anche se era costretta in casa, i parenti mi avevano detto che il suo orgoglio non ne era rimasto ferito e avevano aggiunto: «Le piacerebbe vederti. Sarebbe bello se andassi a trovarla, magari a bere una tazza di te di Natale.”

    Ma ragazzi! Io non volevo andarci a trovare una vecchia parente e a vedere come se ne stava andando sempre più in declino!
    Me la volevo ricordare com’era: vigorosa, divertente, brillante; mi ricordavo ancora quando ci intratteneva la vigilia di Natale fino a mezzanotte!
    Non volevo rischiare. Non volevo soffrire. Non avevo bisogno di deprimermi. Non volevo stressarmi.
    E poi, mio fratello? Perché non lui? Era anche sua zia!

    Cercavo di giustificarmi, ma sapevo già dall’inizio che quelle che mi ero faticosamente inventato non erano valide ragioni per non andarci, se non volevo essere sommerso dalla pioggia acida della colpa.
    Indossai stivali, guanti e cappello, con la vergogna che mi stillava da ogni poro e armato di tergivetro e mappa, uscii di casa.

    Dalla periferia mi avviai verso la parte più vecchia della città, dove i colori pastello delle case nuove lasciano il posto al grigio e al marrone.
    Quando l’auto accostò e si fermò accanto alla casa di legno che conservava la tazza di Natale, avevo la sensazione di essere…incorporeo.

    Come arrivai fino alla porta davvero non saprei dirlo! Guardai la mia mano alzarsi e premere il pulsante del campanello. Aspettai, andando avanti e indietro per sciogliere il nervosismo e nel preciso momento in cui stavo pensando che avrei fatto bene a voltarmi e andarmene, sentii il tintinnio delle cineserie nell’armadio contro il muro.
    Il triplo battere di due piedi e una stampella si avvicinò. Il clic della chiave, lo scorrere del chiavistello e la porta un po’ gonfia si aprì con un sobbalzo dopo una breve lotta.

    Lei era là, piccola e pallida, fragile come un uovo.

    Mi imposi di non guardare l’apparecchio che le sosteneva la gamba, e sebbene gli spessi occhiali bifocali sembrassero rompere e allargare i suoi occhi, la loro profondità lattea e rifratta si accese con giovanile sorpresa.
    Entra! Entra! risero le sue parole, mi prese per mano e tutte le mie paure si dissolsero al suo comando.

    Entrammo e prima che io sapessi come reagire, davanti ai miei occhi e orecchi e naso i Natali passati erano lì vivi, intatti!

    Il profumo di arance candite, di cannella e pino, gli antichi soldatini di legno nella loro divisa militare, la Natività di porcellana che io avevo amato sempre così tanto, il servizio di Dresda ed i cristalli che io non potevo toccare.

    Il mio spirito si sentì come un bambino all’uscita di scuola e si mise a danzare fra gli ornamenti di vetro.
    Come per magia avevo di nuovo sei anni, sprofondato in un incantesimo di Natale, immerso in un milione di ricordi che il bambino dentro di me conosceva bene.
    Fra le vecchie cartoline di Natale amorevolmente disposte, al posto d’onore c’erano quelle che avevamo fatto noi bambini. E là, al centro, la sua sedia a dondolo, il centro di tutto.

    La prozia era in piedi e mi stava dicendo quanto era bello che fossi venuto a trovarla. Sedetti e cominciai a blaterare del tempo e dell’influenza. Lei ascoltò con molta pazienza e poi chiese: “Cosa c’è di nuovo?”

    Pensieri e parole cominciarono a fluire. Cominciai a ritrovare il senso e persi l’allegria fasulla che uso quando sono teso. Lei si interessò appassionatamente di tutto quello che facevo. Era positiva. Incoraggiante. Come quando ero bambino.
    Le semplici generalizzazioni non le bastavano, voleva lo specifico. I particolari.

    Parlammo delle limitazioni che aveva dovuto affrontare e lei ne parlò con franchezza assoluta e con umorismo e grazia. Poi sfidando la realtà della stampella e raddrizzando il ginocchio, sulle ali dell'ospitalità volò a preparare il tè.

    Ero solo, con sentimenti che non provavo da anni. Guardai attorno a me il Natale, attraverso un fitto, caldo velo di lacrime e le candele e l'agrifoglio che lei aveva sistemato su ogni mensola e i biscotti incredibilmente buoni che in qualche modo cuoceva ancora nel forno.

    Ma questi ricordi ricchi e tattili, diventarono pallidi e inconsistenti, al confronto del Natale che la mia prozia conservava in se stessa. Il suo corpo era ridotto della metà e quasi esaurito, ma in lei vedevo tutto il miracolo del Natale, il trionfo di un'anima.

    Il triplice battito di due piedi e una stampella arrivò dal corridoio con il tintinnio delle cineserie nell’armadio contro il muro. Versò due tazze, sorrise e me ne porse una e decidemmo che sarei tornato ancora, per una tazza di tè di Natale.



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:18
     
    Top
    .
  6. gheagabry
     
    .

    User deleted


    LA CUCINA CELESTE



    Gli angioletti pasticceri che ad ogni Natale nelle grandi cucine celesti preparano torte e biscotti ed ogni altro ben di dio per la gioia di grandi e bambini.

    Già negli anni Trenta gli angioletti di Ida Bohatta impastavano grandi torte con ingredienti misteriosi


    Fig

    I. Bohatta, La cucina del cielo nella traduzione di Maria Antonietta de Carolis:



    Voi miei cari piccini vorreste domandare
    quale dolce sorpresa preparano in cucina
    questi biondi angioletti dall’aria sbarazzina
    che sulle bianche nubi si danno un gran da fare

    Bimbi, miei cari bimbi, domandare è indiscreto!
    Non posso proprio dirvi quel dolce com’è fatto:
    sarà con la vaniglia? Sarà col cioccolato?
    La cucina del cielo non svela il suo segreto!



    Fig_0
    H. Helwig, Weihachtsengelein



    Gli angioletti di Hanna Helwig sono di poco posteriori. In questa cucina sulle nuvole, sotto un cielo trapunto di stelle si stanno di certo preparando biscottini di panpepato e marzapane. Un dolce sta uscendo dal forno ed un vassoio di pasticcini è già pronto ad entrarvi. Gli ingredienti sono in bella vista: latte, farina, mandorle, miele, scorza di limone…



    33f0c1475d83dbdc1f4170d0bfdb78dc
    H. Helwig, Weihnachtsarbeit der Engelein



    Gli angioletti ricoprono di cioccolata e di glassa rosa i pupazzetti e i biscotti che hanno appena sfornati. Ora li lasceranno asciugare ben bene. Saranno perfetti per decorare l’albero di Natale

    Fig_2



    A. Hoffmann, Weihnachtswerkstatt



    Ed ecco i deliziosi angioletti di Anny Hoffmann intenti a varie preparazioni. Seduto a terra c’è un angiolino dalla fisionomia famigliare che sta rigirando la crema per la farcitura. Tutto assorbito dal suo compito delicatissimo, non s’accorge che il tavolo rischia di cadergli addosso perché…manca una gamba!


    Fig_3



    Questa immagine mi è molto cara. Dalle ariose finestre che s’affacciano sul Paradiso, entra una luce azzurra e dorata che non proviene dagli astri, ma dalla stessa essenza divina ed inonda la cucina dove ferve il lavoro dei pasticceri. Il sole, nelle vesti di un’allegra massaia, si è svegliato un momentino per curiosare e si è intrufolato nello stuolo di angioletti che arrivano dalle profondità celesti recando quantità di cose squisite. Niente è troppo buono per la cucina degli angeli! In primo piano, domina una grande stufa a legna, piena di sportellini:


    Sopra le nubi bianche
    oggi quanto da fare!
    Gli angioletti i bei dolci
    hanno da preparare:

    c’è chi tira la sfoglia,
    chi taglia i biscottini,
    chi prepara la crema,
    chi si lecca i ditini.





    ilclandimariapia

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:35
     
    Top
    .
  7. gheagabry
     
    .

    User deleted


    LE STATUINE DEL PRESEPE

    presepe-bambini



    Le statuine del presepe erano in agitazione…ognuna stava preparando un dono da portare al Bambino nella grotta.
    I pastori tenevano fra le braccia gli agnelli più piccoli e soffici.
    La mungitrice portava una brocca di cremoso e tiepido latte appena munto e la portatrice d’acqua reggeva con attenzione un otre di fresca acqua di fonte
    I contadini portavano cesti di frutta e la cucitrice dava gli ultimi punti ad un piccolo camicino candido.

    Solo una vecchina dai colori un po’ sbiaditi, sul fondo del presepe, era disperata. Era così tanto povera che, per quanto cercasse in ogni angolo della sua capanna, non riusciva a trovare un dono presentabile per il Bambino.
    Così, mogia mogia, si incamminò verso la grotta indicata dalla stella, badando bene però di restare in fondo alla lunga processione, un po’ nascosta.
    Quando arrivò davanti alla grotta, non osò entrare così a mani vuote e si fermò sulla soglia.

    Maria, nella grotta con il Bambino fra le braccia, sorrideva e ringraziava le statuine che si facevano avanti una ad una e, per poter riceve i loro doni, chiese a Giuseppe di tenere lui il Bambino in braccio per un po’.
    Ma si faceva buio e Giuseppe era indaffarato a chiudere con la paglia della mangiatoia le fessure che lasciavano entrare l’aria fredda della notte.
    Allora Maria si guardò intorno e vide che l’unica statuina ad avere le mani libere era una vecchina dai colori un po’ sbiaditi che se ne stava in disparte sulla soglia. Le si avvicinò e le mise il Bambino fra le braccia e la povera statuina, che fino ad attimo prima non aveva niente, ora aveva fra le mani…tutto.


    dal web

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:39
     
    Top
    .
  8. gheagabry
     
    .

    User deleted


    UN LIETO NATALE

    fb3016a6e48db2a5883a88bc3a5b5198



    Nella grigia luce del mattino di Natale, la prima a svegliarsi fu Jo; rimase delusa nel vedere che non vi erano calze appese al camino ma, ricordandosi della promessa della mamma, cercò sotto il cuscino e ne trasse un libretto rilegato in rosso. Era la bellissima storia della vita del miglior Uomo che fosse vissuto; Jo la conosceva bene e sapeva che non poteva esistere un miglior libro-guida per un pellegrino in cammino.
    Con un allegro "Buon Natale" destò Meg e le ricordò di cercare sotto il cuscino. Anch'essa trovò un libro con la copertina verde e con alcune parole di dedica scritte dalla mamma. Questo, rendeva il dono ancor più prezioso. Poco dopo Beth ed Amy si svegliarono e, frugando sotto i guanciali, trovarono la prima un libro color cenere, la seconda uno color turchino. Le ragazze cominciarono a sfogliare i libri commentandoli, mentre il cielo si tingeva di rosa per il sorgere del sole.
    Margherita, malgrado le sue piccole vanità, era molto buona e saggia ed aveva una certa influenza sulle sorelline, specialmente su Jo che le voleva molto bene.
    - Ragazze - disse Meg, abbracciando con un solo sguardo le quattro testine arruffate - la mamma desidera che noi leggiamo ed amiamo i libri: dobbiamo ubbidire fin da ora.
    Così detto cominciò a leggere. Io le passò un braccio attorno alle spalle e iniziò la lettura con la guancia appoggiata a quella della sorella.
    - Meg è proprio buona - esclamò Beth commossa. - Vieni, Amy, seguiamo il loro esempio; ti spiegherò le parole che non conosci ed io, se non capirò qualcosa, mi rivolgerò a loro.
    - Ho piacere che la copertina del mio libro sia turchina! - disse Amy.
    Tutta la casa piombò nel silenzio, interrotto soltanto dal frusciare delle pagine. Intanto il sole inondava la camera, augurando il "Buon Natale" alle quattro testine bionde.
    - Dov'è la mamma, Anna? - domandò Meg, dopo una mezz'ora, mentre scendeva le scale insieme a Jo.
    - Dio solo lo sa! È venuto un povero a chiedere l'elemosina e dopo essersi informata su ciò che gli abbisognava, è uscita con lui. Non conosco nessuna donna più generosa nel donare cibi ed abiti ai poveri.
    - Immagino che tornerà presto: prepara intanto le torte: poi prepariamo il resto, - disse Meg, guardando i regali dentro al paniere.
    - Ma dov'è l'acqua di Colonia di Amy?
    - L'ha presa lei pochi momenti fa per metterci un nastro o non so quale altra cosa - rispose Jo, saltellando per la casa.
    - Sono belli i miei fazzoletti? Anna me li ha lavati e stirati ed io li ho cifrati, - disse Beth guardando le cifre piuttosto irregolari.
    - Ma guarda, invece di ricamare "M.M." ha fatto "Mamma"! - esclamò Jo, guardandone uno.
    - Ho forse fatto male? Anche Meg ha come cifra una doppia "M" ed io voglio che questi fazzoletti li adoperi soltanto la mamma! - rispose Beth turbata.
    - Hai fatto benissimo, tesoro! La mamma sarà molto contenta, - disse Meg lanciando una severa occhiata a Jo e sorridendo a Beth.
    - Ho sentito dei passi, presto, nascondiarno i regali! - esclamò Jo concitatamente, ma non era la mamma: era Amy che entrava in gran fretta, tutta confusa nel vedere che le sorelle l'aspettavano già.
    - Dove sei stata e cosa nascondi, lì dietro? - chiese Meg molto meravigliata nel constatare che la pigra sorellina era uscita così di buon'ora.
    - Non ridere, Jo. Non volevo dirlo a nessuno, ma mi avete scoperto. Sono andata a cambiare la boccetta di profumo con una più grande: ho speso tutti i miei risparmi. Voglio diventare veramente buona.
    Amy mostrò la bella bottiglia che avrebbe sostituito quella più piccola ed era così bello ed umile il suo gesto che Meg non potè fare a meno di abbracciarla.
    - Stamattina dopo aver letto il libro - mi sono vergognata del mio egoismo. Appena alzata sono uscita per cambiare la boccetta, ma adesso sono contenta perchè il mio regalo è il più bello di tutti - soggiunse Amy.
    La porta di casa si chiuse di nuovo e le ragazze fecero sparire rapidamente il paniere sotto il divano.
    - Buon Natale, mamma! Buon Natale! Grazie dei libri: abbiamo già cominciato a leggerli e saranno la nostra lettura di ogni mattina - gridarono allegramente le quattro ragazze.
    "Buon Natale a voi, figlie mie! Sono contenta che abbiate già iniziato e spero che continuerete. Ma
    prima di sederci, devo dirvi una cosa. Poco lontano da qui, una donna ha appena avuto un bimbo. Ne ha già altri sei, che stanno rannicchiati in un unico letto per non gelare. Infatti, non hanno né legna per il fuoco, né qualcosa da mangiare... Bambine mie, vorreste donare loro la vostra colazione come regalo di Natale?"
    Per un momento nessuna parlò: avevano un grande appetito poichè attendevano già da un'ora. L'indecisione durò per poco.
    - Sono contenta che tu sia arrivata prima che cominciassimo.
    - Vengo io ad aiutarti? - chiese Beth con premura.
    - Io porto la crema e le focaccine, - soggiunse Amy.
    - Sapevo che le mie bambine avrebbero fatto questo piccolo sacrificio - disse sorridendo la signora March. - Verrete tutte con me e quando torneremo faremo colazione con latte, pane, burro.
    In pochi minuti tutte furono pronte per uscire. Per loro fortuna, le strade erano deserte e nessuno si meravigliò di quella processione.
    La stanza che videro era veramente una stamberga! Il fuoco era spento, le finestre sconquassate; le coperte lacere e in un angolo la madre ammalata col piccolo che strillava. Sotto una vecchia coperta erano sei bambini che, quando videro entrare le fanciulle, sorrisero spalancando gli occhi per la meraviglia.
    - Mio Dio! Sono gli angeli che vengono ad aiutarci, - esclamò la povera madre commossa.
    - Strani angeli con cappucci e guanti! - esclamò Jo e tutti risero allegramente.
    Pochi minuti dopo la stanza aveva mutato aspetto. Anna, che aveva portato la legna da casa, accese il fuoco. Poi, con cappelli vecchi e perfino il suo scialle, chiuse le aperture dei vetri rotti. Intanto la signora March preparava per la madre il tè e una minestra, promettendole nuovi aiuti. Le ragazze preparavano la tavola ed imboccavano i sei bambini, ridendo, chiacchierando e cercando di capire il loro strano modo di parlare. I bambini, tra un boccone e l'altro, le chiamavano "angeli" e questo divertiva molto le ragazze che prima di allora non erano mai state chiamate così, specialmente Jo che, fin dalla nascita, era stata considerata un " sanciopancia ".
    Terminata la colazione, tutte tornarono a casa e forse in tutta la città non vi erano quattro fanciulle più liete.
    - Sono contenta di aver fatto un po' di bene ai nostri simpatici vicini! - esclamò Meg mentre disponeva sulla tavola i doni per la mamma che, in quel momento, stava cercando al piano superiore indumenti per i piccoli Hummel.
    Benchè i regali non fossero gran cosa, la tavola così preparata con le rose, i crisantemi e l'edera, faceva un bell'effetto.
    Le opere benefiche e la distribuzione dei doni occupò le ragazze per tutta la mattinata; il pomeriggio, invece, trascorse tra i preparativi per la festa di quella sera. Essendo ancora troppo giovani per andare a teatro e non avendo la possibilità di comperare tutto il necessario per le loro rappresentazioni, le ragazze dovevano aguzzare il loro ingegno. Alcune delle loro trovate erano veramente ingegnose: chitarre di cartone colorato, lumi antichi ricavati dalle scatole di burro, abiti di cotonina ornati con diamanti di stagnola, armature di lamina di zinco. Il mobilio della stanza era abituato ad essere messo sossopra per quelle ingenue baldorie. Alle recite erano ammesse solo le bambine, così Jo poteva divertirsi ad impersonare tutte le parti maschili. Essa andava molto orgogliosa di un paio di stivaloni di cuoio che le erano stati regalati da un'amica e di un vecchio fioretto che compariva in tutte le rappresentazioni. L'esiguo numero di attori richiedeva che i principali recitassero varie parti, mutando in tutta fretta gli abiti.
    La sera di Natale, su una brandina che fungeva da platea, erano sedute una dozzina di spettatrici: grande era l'attesa davanti al sipario di tela azzurra. Dietro al sipario si udivano fruscii, rumori di passi, un parlare sommesso e le risatine soffocate di Amy, che era in preda ad una grande agitazione.
    Finalmente il sipario si alzò e cominciò la " Tragedia musicale ". La scena rappresentava una foresta oscura: qua e là vi erano vasi di piante, un vecchio tappeto verde simulava il prato. Nel fondo vi era una grotta le cui pareti erano fatte con diverse scrivanie; la scena era resa tenebrosa da un fuoco acceso nella caverna su cui bolliva una pentola, sorvegliata da una vecchia strega. L'effetto era grande specialmente quando la strega alzava il coperchio della pentola, lasciando sfuggire sbuffi di denso fumo nero.
    Dopo un attimo di pausa, Ugo, il personaggio malvagio della tragedia, entra sbatacchiando la porta, col cappello calato sugli occhi e gli immancabili stivali. Dopo aver camminato un po' per il palcoscenico, comincia a cantare il suo odio per Roderigo, il suo amore per Zara e il proposito di uccidere il primo e di farsi amare dalla seconda.
    Il sipario si chiuse tra gli applausi degli spettatori che commentarono l'opera masticando frutta candita.
    Colpi di martelli risuonarono per tutto l'intervallo, ma quando il sipario si alzò, nessuno ebbe il coraggio di lamentarsi per il ritardo. Una torre si ergeva fino al soffitto, nel centro vi era una finestrella illuminata, attraverso la quale appariva Zara in un elegante vestito azzurro.
    Zara doveva uscire dalla finestra, e stava per metter piede a terra, quando lo strascico della sua veste, impigliandosi nelle finestrelle, fa crollare la torre e seppellisce gli infelici amanti. Dalla platea sorse un urlo generale che presto si tramutò in una risata clamorosa mentre, dalle macerie, uscivano agitandosi due stivaloni gialli e una testolina tutta riccioli che gridava:
    - L'avevo detto io! l'avevo detto!
    Fortunatamente l'incidente si risolse assai felicemente.
    Il terzo atto si svolge nel salone del castello dove è nascosta Agar, pronta ad uccidere Ugo e a liberare i due prigionieri. Sentendolo giungere, essa si nasconde e lo vede preparare le bevande, poi volgersi a un servo e dire:
    - Porta queste bevande ai due prigionieri e di che verrò tra poco.
    Ma Agar, approfittando di un momento di distrazione del malvagio, sostituisce due coppe innocue a quelle avvelenate. Il servo esce e Ugo, dopo un lungo canto, preso dalla sete beve la coppa contenente il veleno destinato a Roderigo. Dopo vari gesti e contorsioni egli cade morto per terra mentre Agar compie interamente la sua vendetta informandolo di tutto il suo operato con una bellissima romanza.
    Il quarto atto rivela come Roderigo, che si credeva abbandonato da Zara, voglia uccidersi. Ma un dolce canto lo informa della fedeltà della sua amata e una chiave lanciata dentro la sua prigione gli permette di liberarla.
    Il pubblico applaudì freneticamente e l'applauso sarebbe durato a lungo se non fosse accaduto uno strano incidente. La branda su cui erano seduti gli spettatori si chiuse improvvisamente, soffocando il generale entusiasmo.
    Ridevano ancor tutti quando Anna entrò portando gli auguri di Buon Natale da parte della signora March ed invitando tutti ad un piccolo trattenimento. Fu una sorpresa anche per le ragazze; sapevano che la mamma avrebbe offerto qualcosa, ma una cena così bella non l'avevano più veduta dal tempo della lontana ricchezza. C'erano due gelati; uno bianco ed uno rosso; torta, frutta, un vassoio di fondante e, nel centro della tavola, quattro bellissimi mazzi di fiori. Le bambine guardarono meravigliate, poi assalirono la madre di domande:
    - Sono le fate? - domandò Amy.
    - È il Babbo Natale! - disse Beth.
    - È stata la mamma! - esclamò Meg, sorridendo felice.
    - Per una volta tanto la zia March ha avuta una buona idea! - esclamò Jo improvvisamente.
    - Avete sbagliato! - rispose la signora March. - Ha mandato tutto il Sig. Laurence!
    - Il Sig. Laurence? Ma se non ci conosce neppure! - esclamò Meg, stupita.
    - Anna ha raccontato ad una delle sue domestiche la nostra spedizione di questa mattina in casa Hummel. La storia lo ha commosso, molti anni fa egli era amico del mio babbo, ed oggi mi ha scritto un bigliettino chiedendomi il permesso di mandarvi qualche ghiottoneria, in onore del giorno di Natale. Non potevo rifiutare ed ecco qui un banchetto che certamente vi ricompenserà del pane e latte di questa mattina.
    - È certamente opera del suo nipotino: è un ragazzo molto simpatico e mi piacerebbe di conoscerlo. Credo che anche a lui piacerebbe di fare la nostra conoscenza ma è piuttosto timido, e Meg non mi permette di salutarlo quando lo incontriamo, - disse Jo mentre i piatti dei dolci circolavano e l'allegria aumentava sempre.
    - È un ragazzo molto educato e non ho alcuna difficoltà che facciate amicizia con lui; i fiori li ha portati lui, lo avrei invitato volentieri se avessi saputo che cosa stavate combinando lassù. Credo che avrebbe accettato molto volentieri, ma...
    - Per fortuna non l'ha fatto! la recita è stato un vero fiasco, ma ne faremo delle altre e avremo occasione di invitarlo: forse potrà anche aiutarci. Non sarebbe bello? - disse Jo con entusiasmo.
    - Com'è grazioso il mio mazzo di fiori! - esclamò Meg. - È il primo che ricevo!
    - Sì, davvero grazioso, ma io preferisco le rose di Beth. - Così dicendo, la signora March aspirò il profumo delle rose ormai appassite che teneva alla cintura.
    Beth l'abbracciò e sussurrò:
    - Vorrei mandare qualche rosa anche al babbo, non credo che abbia trascorso un Natale così felice come il nostro!

    da "PICCOLE DONNE" di Louisa May Alcott

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:41
     
    Top
    .
  9. gheagabry
     
    .

    User deleted


    QUELLA VOLTA CHE BABBO NATALE
    NON SI SVEGLIÒ IN TEMPO


    Il-villaggio-di-Babbo-Natale
    Luca Tarlazzi

    di Thomas Matthaeus Muller




    Hubert, l'anziano Babbo Natale, saltò giù dal letto: accipicchia, non si era svegliato in tempo!

    Era già la vigilia di Natale, e non c'era ancora nulla di pronto, nemmeno un pacchettino! Dappertutto sul pavimento erano sparse in disordine le molte letterine di Natale che il postino aveva fatto passare attraverso una fessura della porta.

    Quasi contemporaneamente qualcuno busso alla porta e la renna Max, fedele assistente di Hubert, entro puntuale come ogni anno. "E che cosa faccio adesso?" si lamento Hubert. "La sveglia non ha suonato!" "Chiedi a Otto, il mago, se può fermare il tempo, cosi tu potresti procurarti ancora tutti i regali", suggerì la renna Max.

    "Otto sa soltanto far apparire conigli dal cilindro!" brontolo arrabbiato Hubert. "E per di più soltanto bianchi!" "Allora portiamoci dietro la cassa dei travestimenti", disse la renna Max. La cassa dei travestimenti era un baule enorme e pesante, piena di vecchi costumi, fazzoletti colorati, cappelli, scarpe e scialli che Hubert, anni prima, aveva ricevuto in regalo da una compagnia teatrale.

    Quando la caricarono sulla slitta questa si ruppe nel mezzo. "E adesso che faccio?" si lamento Hubert. "Portiamola a mano." sbuffo la renna Max, si sfrego gli zoccoli prima di mettersi al lavoro e trasportarono la cassa cosi per tutta la strada fino in città... per fortuna era in discesa. Tutti i bambini stavano già aspettando con ansia i regali di Natale.

    Ma quell'anno Hubert e Max, al posto dei regali, fecero una divertente rappresentazione teatrale. E non ebbero niente in contrario quando, uno dopo l'altro, i bambini si misero anch'essi a recitare. Si narrava di un Babbo Natale stanco e arruffato... e l'inizio faceva cosi:

    Hubert, l'anziano Babbo Natale, salto giù dal letto ... accipicchia, non si era svegliato in tempo!

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:42
     
    Top
    .
  10. gheagabry
     
    .

    User deleted


    IL MINUTO VAGABONDO

    Fig_4




    Era la sera di Natale. Tutti aspettavano con ansia la mezzanotte; i bambini più piccoli dormivano già sognando i regali che Gesù Bambino avrebbe portato, mentre i più grandicelli non staccavano gli occhi dall’orologio: undici e mezzo, undici e tre quarti… Ancora pochi minuti alla mezzanotte! Allora, siccome la sua assenza non faceva male a nessuno, un Minuto della notte di Natale, poco prima della mezzanotte, uscì dalla sua ora e se ne andò via da solo.
    Le lancette degli orologi fecero un saltino, ma nessuno se ne accorse.
    Suonò mezzanotte. Le case si illuminarono e nelle mangiatoie dei presepi fu deposto il Bambinello. Le campane si misero a suonare e la gente si raccolse nelle chiese a pregare.
    Nel frattempo il minuto della notte di Natale scappato via gironzolava per il mondo. Finalmente libero! Fuggito dal ciclo del Tempo, libero di andare dappertutto!
    Se ne andava qua e là per il mondo, fermandosi dove lo chiamavano: sull’otto-volante delle giostre, dove i bambini facevano due giri invece di uno; sul treno fermo in stazione, in modo che i ritardatari non lo perdessero; tratteneva il ladro quel minuto in più che permetteva alle guardie di arrivare. Gli alpinisti in pericolo resistevano un minuto in più e i soccorritori li salvavano. La maestra stava per raccogliere i compiti di matematica e la classe intera supplicava: - Ancora un minuto! - e il Minuto di Natale arrivava.
    Poi si fermava sulla mano del Capo di Stato, in procinto di firmare una dichiarazione di guerra, e sul carro armato, pronto a sparare sulla folla.
    Così qualcuno provava ancora a convincere il Capo di Stato, mentre sul carro armato il soldato si fermava senza sparare.
    Per merito di quel vagabondo minuto di Natale, tutto il mondo viveva felice e in pace.
    Ma in ogni paese qualcuno cominciò a preoccuparsi: gli orologiai, i fabbricanti di strumenti di strumenti di precisione, gli astronomi si riunirono a discutere la questione.
    - Nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, un minuto è uscito dal Tempo, è scomparso e vaga nel mondo. Dobbiamo catturarlo o rovinerà tutti i nostri calcoli.
    - Ma perché - si chiedeva un vecchio saggio- un minuto fuggito dalla notte di Natale può fare così male?
    - Sfida le nostre previsioni! I treni, gli aerei, il sole e le stelle non hanno più gli orari prestabiliti! Tutti gli orologi sbagliano. Dobbiamo assolutamente prendere quel Minuto!
    Il Minuto di Natale, sentendoli così arrabbiati, sorride tra sé nella sua corsa infinita. E ogni volta che uno scienziato pensa di averlo acchiappato, si posa su di lui e lo ferma. Lo ferma per un minuto, il tempo di pensare: - Perché no?




    dal web

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:43
     
    Top
    .
  11. gheagabry
     
    .

    User deleted


    IL PIANETA DEGLI ALBERI DI NATALE

    busto__pianeta_degli_alberi_di_natale

    Dove sono i bambini che non hanno
    l'albero di Natale
    con la neve d'argento, i lumini
    e i frutti di cioccolata?
    presto, presto adunata, si va
    sul Pianeta degli alberi di natale,
    io so dove sta. Che strano, beato Pianeta …
    Qui è Natale ogni giorno.
    Ma guardatevi attorno:
    gli alberi della foresta,
    illuminati a festa,
    sono carichi di doni.
    Crescono sulle siepi i panettoni,
    i platani del viale
    sono platani di Natale.
    Perfino l'ortica,
    non punge mica,
    ma tiene su ogni foglia
    un campanello d'argento
    che si dondola al vento.
    In piazza c'e' il mercato dei balocchi.
    Un mercato coi fiocchi,
    ad ogni banco lasceresti gli occhi.
    E non si paga niente, tutto gratis.
    Osservi, scegli, prendi e te ne vai.
    Anzi, anzi, il padrone
    Ti fa l'inchino e dice:"Grazie assai,
    torni ancora domani, per favore:
    per me sarà un onore …" Che belle le vetrine senza
    vetri!
    Senza vetri, s'intende,
    così ciascuno prende
    quello che più gli piace: e non si passa
    mica alla cassa, perché
    la cassa non c'è. Un bel Pianeta davvero
    Anche se qualcuno insiste
    A dire che non esiste …
    Ebbene, se non esiste, esisterà:
    che differenza fa?

    G.Rodari



    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:45
     
    Top
    .
  12. gheagabry
     
    .

    User deleted


    Tutto iniziò da un libro regalato per Natale…

    illustrazioni-grande-castello-in-inverno-per-sfondi-poster-o-sfondi-disegno-artistico-della-carta_3



    C’era una volta un vecchio castello con dei padroni giovani e eccezionali. Erano ricchi e generosi; volevano divertirsi e fare del bene; rendere felici tutti gli uomini proprio come lo erano loro.

    La sera di Natale c’era un grazioso albero di Natale tutto decorato nella vecchia sala dei cavalieri, dove il fuoco ardeva nei camini e dove erano appesi ramoscelli di abete intorno ai vecchi ritratti. Là si erano radunati i padroni e gli ospiti, e si cantava e ballava.

    Più presto c’era stata la festa natalizia anche nella stanza della servitù. Anche là c’era un grande abete con le candeline accese, rosse e bianche, con bandierine danesi, cigni ritagliati nella carta e sacchettini di carta colorata riempiti con ogni bene. I bambini poveri del villaggio erano stati invitati; ognuno aveva con sé la propria madre. Quella non guardava molto all’albero, guardava piuttosto al tavolo di Natale dove c’erano stoffe di lana e di tela, abiti e calzoni. Già, là guardavano le madri e i bambini più grandicelli, solo i bimbi più piccoli allungavano le manine verso le candeline, le pagliuzze d’oro e le bandiere.

    Tutti si erano radunati nel primo pomeriggio, avevano mangiato il riso al latte e l’oca arrosto con il cavolo rosso. Dopo aver ammirato l’albero e dopo la distribuzione dei regali, ognuno ricevette un bicchierino di punch e le frittelle di mele.

    Poi tutti tornarono a casa nelle loro povere stanze e lì si parlò di quella “buona mangiata”, e i doni vennero osservati ancora una volta attentamente.

    C’erano Kirsten e Ole che lavoravano in giardino. Erano sposati e si guadagnavano la vita ripulendo e zappando il giardino del castello. Ogni Natale ricevevano la loro parte di regali, oltre tutto avevano cinque figli e tutti e cinque venivano vestiti dai padroni.

    «Sono dei benefattori i nostri padroni!» dicevano «ma ne hanno anche la possibilità, e ne traggono piacere!»

    «Qui ci sono ottimi vestiti da dividere per i nostri quattro figli!» disse Ole. «Ma perché non c’è niente per lo storpio? Di solito pensano anche a lui, anche se non viene mai alla festa!»

    Il più grande dei loro bambini veniva chiamato sempre lo storpio, ma il suo nome era Hans. Da piccolo era un ragazzino molto delicato e vivace, ma poi improvvisamente “si indebolì nelle gambe”, come dissero: non riusciva più a stare in piedi né a camminare e ora stava a letto già da cinque anni.

    «No, ho avuto qualcosa anche per lui!» disse la madre. «Ma non è molto, è solo un libro da leggere.»

    «Di quello non può certo saziarsi!» commentò il padre.

    Ma il piccolo Hans fu felice. Era un ragazzo molto sveglio, che leggeva volentieri ma usava il suo tempo anche per lavorare, per quanto riusciva a fare, stando sempre a letto. Era intraprendente, usava le mani, con i ferri faceva calze di lana, addirittura coperte per il letto; la padrona del castello le aveva ammirate e acquistate.

    Era un libro di favole quello che Hans aveva ricevuto, c’era molto da leggere, molto a cui pensare.

    «Non servirà proprio a niente qui in casa» dissero i genitori. «Ma lasciamo che lo legga, così passerà il tempo, non può certo sempre lavorare a maglia.»

    Venne primavera, i fiori e il verde cominciarono a spuntare, ma anche l’erbaccia che di solito si chiama ortica, anche se in un inno si parla molto bene di lei:

    Se anche tutti i re avanzassero in fila, con il loro potere e col loro impero, non avrebbero la forza di far crescere la più piccola fogliolina da un’ortica.

    C’era molto da fare nel giardino del castello, non solo per il giardiniere e per i suoi aiutanti, ma anche per Kirsten e Ole.

    «È un bel lavoro» dicevano. «Non appena abbiamo finito di rastrellare i sentieri e di metterli in ordine, subito vengono calpestati di nuovo. C’è una folla di ospiti al castello: chissà quanto costa! ma i padroni sono ricchi.»

    «E la ricchezza è distribuita in modo molto strano» disse Ole. «Siamo tutti figli di nostro Signore, dice il pastore. Perché allora c’è questa differenza?»

    «Dipende dal peccato originale» disse Kirsten.

    Ne riparlarono anche alla sera, mentre Hans lo storpio leggeva il suo libro di favole.

    Le condizioni difficili e il lavoro aspro avevano indurito le mani dei genitori, ma anche le opinioni e il giudizio; non riuscivano a capirla quella differenza, non sapevano spiegarsela, e quindi parlandone si arrabbiavano e si indignavano.

    «Alcune persone sono ricche e fortunate, altre hanno solo la povertà! Perché la curiosità e la disobbedienza dei nostri primi genitori si riversa su di noi? Noi non ci saremmo comportati come quei due!»

    «Sì, lo avremmo fatto!» esclamò improvvisamente Hans lo storpio. «Sta tutto in questo libro.»

    «Cosa c’è nel libro?» chiesero i genitori.

    E Hans lesse per loro la vecchia favola del boscaiolo e di sua moglie:

    «Anch’essi rimproveravano a Adamo e Eva la loro curiosità, che era causa della loro infelicità. Un giorno passò di lì il re del paese: “Seguitemi!” disse “starete bene proprio come me. Avrete sette portate vere a ogni pranzo e una finta. Questa si trova in una scodella chiusa, non la dovrete toccare perché altrimenti svanirà la vita da signori!” “Che cosa ci può essere in quella scodella?” si chiese la donna. “Non ci importa!” rispose l’uomo. “Già, io non sono curiosa!” disse la donna. “Ma mi piacerebbe sapere perché non possiamo sollevare il coperchio; è sicuramente qualche delicatezza!” “Purché non sia qualche marchingegno meccanico” rispose l’uomo. “Una specie di colpo di pistola che esplode e sveglia tutta la casa.” “Oh!” disse la donna e non toccò la scodella. Ma di notte sognò che il coperchio si sollevava da solo e che veniva un profumo di punch delizioso, come lo si riceve solo ai matrimoni e ai funerali. C’era anche una grande moneta d’argento con la scritta: “Se voi berrete questo punch diventerete i più ricchi del mondo e tutti gli altri uomini diventeranno dei poveracci”. A quel punto la donna si svegliò e raccontò il sogno al marito. “Tu pensi troppo a quello” le disse lui. “Potremmo essere prudenti” rispose la donna. “Con prudenza!” disse l’uomo, e la donna sollevò piano piano il coperchio. Saltarono fuori due vispi topolini che sparirono in un buco della parete. “Buona notte!” esclamò il re. “Ora potete tornarvene a casa e starvene per conto vostro, non rimproverate più Adamo e Eva, voi stessi siete stati ugualmente curiosi e privi di riconoscenza!”»

    «Come ha fatto quella storia a finire nel libro?» chiese Ole. «È come se si riferisse a noi. È fatta per pensarci sopra.»

    Il giorno dopo tornarono al lavoro, vennero bruciati dal sole e bagnati dalla pioggia; dentro di loro c’erano pensieri tristi che rimuginavano senza sosta.

    La sera era ancora chiaro che avevano già terminato di mangiare il pasticcio di latte.

    «Rileggici la storia del boscaiolo» chiese Ole.

    «Ci sono tante altre storie belle in questo libro» disse Hans. «Tante che non conoscete ancora.»

    «Ma quelle non mi importano» rispose Ole. «Voglio sentire quella che conosco.»

    E sia lui che la moglie ascoltarono di nuovo.

    Per più di una sera ritornarono su quella storia.

    «Non riesco però a capire tutto» disse Ole. «Agli uomini succede come al latte che caglia: alcuni diventano ottimo formaggio bianco, altri ricotta molle e piena d’acqua. Alcune persone hanno successo in ogni cosa, siedono ogni giorno alla tavola dei signori e non conoscono né dolore né privazioni.»

    Hans lo storpio sentì. Era debole nelle gambe, ma intelligente. Così lesse a voce alta per loro dal libro delle fiabe, lesse L’uomo senza dolore né privazione . Già, a che pagina si trovava? Doveva cercarla.

    «Il re era malato e non sarebbe più guarito se non avesse indossato una camicia portata da un uomo che sinceramente potesse dire di non aver mai conosciuto né dolore né privazione.

    «Il messaggio venne inviato in tutti i paesi del mondo, a tutti i castelli e i poderi, a tutte le persone felici e benestanti, ma quando si facevano domande approfondite, si scopriva che ognuno aveva provato sia dolore che privazione.

    «”Io no!” disse il guardiano dei porci che sedeva vicino al fosso, ridendo e cantando. “Io sono l’uomo più felice!”

    «”Allora dacci la tua camicia!” dissero gli inviati. “Ti verrà pagata mezzo regno.”

    «Ma lui non aveva nessuna camicia e ciò nonostante si diceva l’uomo più felice del mondo.»

    «Era un signore distinto!» esclamò Ole, e sia lui che la moglie risero come non avevano mai riso da molti anni.

    Passò di lì il maestro di scuola.

    «Come vi divertite!» disse. «È una cosa insolita in questa casa. Avete forse vinto un ambo alla lotteria?»

    «No, no, niente del genere» spiegò Ole. «È Hans che ha letto per noi una favola dal suo libro di favole:!, ‘uomo senza dolore né privazione , e quel tipo non aveva neppure la camicia. Mi si rischiara la vista quando sento queste cose, e per di più da un libro stampato. Ognuno ha il suo peso da portare: in questo non si è mai soli. E è sempre una consolazione!»

    «Da dove arriva quel libro?» chiese il maestro.

    «L’ha ricevuto Hans per Natale più di un anno fa. I padroni gliel’hanno dato, sanno che gli piace molto leggere e che è storpio. Quella volta avremmo preferito che gli avessero regalato un paio di

    camicie di tela azzurra. Ma il libro è straordinario, è come se sapesse rispondere ai pensieri di chiunque!»

    Il maestro prese il libro e lo aprì.

    «Sentiamo la stessa storia di nuovo» disse Ole. «Non l’ho ancora capita bene. Poi può rileggere ancora l’altra sul boscaiolo.»

    Le due storie erano sufficienti per Ole, erano come due raggi di sole in quella povera stanza, in quei suoi tristi pensieri che lo facevano indignare e arrabbiare.

    Hans aveva letto tutto il libro più volte. Le favole lo portavano fuori, nel mondo, proprio là dove non era in grado di arrivare, dove le gambe non potevano portarlo.

    Il maestro si era seduto vicino al suo letto, parlarono insieme; e fu molto divertente per entrambi.

    Da quel giorno il maestro andò spesso da Hans, quando i genitori erano al lavoro; era come una festa per il ragazzo ogni volta che il maestro veniva. Come ascoltava quello che il vecchio gli raccontava! sulla grandezza della terra e sui molti paesi, e sul sole, che è quasi mezzo milione di volte più grande della terra, e così lontano che una palla di cannone impiegherebbe dal sole alla terra venticinque anni, mentre i raggi di luce raggiungono la terra in otto minuti.

    Uno scolaro diligente sa tutte queste cose, ma per Hans era tutto nuovo, e molto più straordinario di quello che c’era nel libro di fiabe.

    Il maestro andava un paio di volte all’anno a pranzo dai padroni e in un’occasione del genere raccontò che grande significato aveva avuto quel libro di favole in quella povera casa, dove due sole storie erano diventate motivo di risveglio e consolazione; quel bambino debole e affettuoso aveva portato con la sua lettura gioia e riflessione nella casa.

    Quando il maestro se ne andò, la padrona gli mise in mano un paio di talleri d’argento per il piccolo Hans.

    «Questi devo darli a papà e mamma» disse il ragazzo quando il maestro gli portò quei soldi.

    Ole e Kirsten dissero: «Hans lo storpio è comunque utile, e è una benedizione».

    Qualche giorno dopo i genitori erano al lavoro al castello quando la carrozza dei padroni si fermò davanti alla loro casa: era la generosa padrona che arrivava, felice che il suo regalo di Natale fosse diventato una tale consolazione e un piacere per il ragazzo e per i suoi genitori.

    Portava con sé del pane bianco, della frutta e una bottiglia di sciroppo dolce, ma, cosa ancora più bella, portò con sé in una gabbia dorata un uccellino nero, che sapeva fischiare molto dolcemente. La gabbia con l’uccellino fu messa proprio sopra il vecchio cassone, non lontano dal letto del ragazzo che così poteva vedere l’uccello e ascoltarlo; sì, persino la gente che passava dalla strada maestra poteva udire il suo canto.

    Ole e Kirsten giunsero a casa quando la padrona era già partita, videro come Hans era felice, ma si dissero anche che quel dono avrebbe causato seccature.

    «I ricchi non pensano tanto a certe cose» dissero. «Adesso dovremo pensare anche a lui, perché Hans non può certo farlo. Finirà che il gatto se lo mangerà.»

    Passarono otto giorni e otto ancora, il gatto in quel periodo era stato molte volte nella stanza, senza far male all’uccellino senza neppure spaventarlo, poi un giorno accadde un fatto eccezionale. Era un pomeriggio, i genitori e gli altri bambini erano al lavoro, Hans era tutto solo; aveva in mano il libro di fiabe e leggeva della moglie del pescatore che aveva avuto esauditi tutti i suoi desideri, voleva essere re e lo divenne, voleva essere imperatore e lo divenne, ma poi volle diventare come Dio e così si ritrovò di nuovo vicino al fosso da dove era venuta.

    Quella storia in realtà non aveva nessun riferimento né col gatto né coll’uccello, ma era proprio la storia che lui stava leggendo, quando il fatto avvenne; da quel momento se la ricordò sempre.

    La gabbia stava sul cassone, il gatto si trovava sul pavimento e fissava con i suoi occhi giallastri l’uccellino. C’era qualcosa nel volto del gatto che sembrava voler dire: “Come sei grazioso, mi piacerebbe mangiarti!”.

    Hans lo capì, lo lesse direttamente nel volto del gatto.

    «Va’ via, gatto!» gridò. «Cerca di uscirtene dalla stanza!»

    Quello invece si preparò a saltare.

    Hans non riusciva a raggiungerlo, non aveva altro da gettargli se non il suo tesoro più caro, il libro di fiabe. Lo gettò, ma la copertina si staccò e volò da una parte e il libro con tutte le pagine volò da un’altra parte. Il gatto tornò indietro lentamente e guardò Hans come per dirgli: “Non immischiarti in questa faccenda, piccolo Hans! Io posso camminare e saltare, tu non puoi niente di tutto ciò!”.

    Hans continuò a guardare il gatto e si agitò molto; anche l’uccello era molto agitato. Non c’era nessuno che si potesse chiamare, e era come se il gatto lo sapesse. Si preparava di nuovo a saltare. Hans sventolò la sua coperta, le mani le poteva ancora usare, ma il gatto non si preoccupò affatto della coperta, e quando gli venne gettata contro senza nessun risultato, fece un salto fin sulla sedia e da lì sul davanzale della finestra; ora era molto vicino all’uccello.

    Hans sentì scorrergli il sangue caldo nelle vene, ma non ci pensò, pensava solo al gatto e all’uccello; il ragazzo non poteva uscire dal letto, non poteva stare in piedi, e tanto meno camminare. Fu come se il cuore gli si rivoltasse dentro quando vide il gatto saltare dalla finestra proprio sul cassone e urtare la gabbia che si rovesciò. L’uccello si agitava in modo selvaggio.

    Hans gridò, sentì un brivido, e senza pensarci saltò fuori dal letto, andò verso il cassone, gettò giù il gatto e tenne in mano la gabbia, dove si trovava l’uccello, spaventatissimo. Con la gabbia in mano, corse fuori dalla porta, sulla strada.

    Allora gli sgorgarono le lacrime dagli occhi, esultò e gridò a voce alta: «Posso camminare! Posso camminare!».

    Aveva recuperato la salute; cose simili possono succedere, e erano successe a lui.

    Il maestro abitava lì vicino, il ragazzo corse subito da lui a piedi nudi, solo con la camicia e la giacchetta, e con la gabbia dell’uccello.

    «Posso camminare!» gridò. «Signore mio!» e singhiozzò per la gioia.

    E fu gioia anche nella casa di Ole e di Kirsten! «Un giorno più felice non potremmo averlo!» dissero entrambi.

    Hans venne chiamato al castello, quella strada non l’aveva più percorsa da molti anni, era come se gli alberi e i cespugli di nocciole, che lui conosceva così bene, gli facessero cenno e gli dicessero: “Buon giorno, Hans! Benvenuto qua fuori!”. Il sole brillava proprio sul suo viso fino al cuore.

    I padroni, quei giovani e generosi signori, lo fecero sedere vicino a loro, e furono felici come se lui stesso fosse stato uno della famiglia.

    Più felice di tutti era comunque la padrona, che gli aveva dato quel libro di fiabe, che gli aveva regalato quell’uccellino canterino che era morto, morto per la paura, ma che era stato lo strumento della sua guarigione; e il libro era stato per lui e per i suoi genitori motivo di risveglio; lo aveva ancora e lo voleva conservare per leggerlo anche da vecchio. Ora poteva essere utile in casa, voleva imparare un mestiere manuale, forse diventare rilegatore di libri «perché così» disse «potrei leggere tutti i nuovi libri».

    Nel tardo pomeriggio la padrona chiamò i due genitori. Lei e suo marito avevano parlato di Hans: era buono e bravo, aveva voglia di imparare e poteva farlo con facilità. Il Signore è sempre favorevole a un’azione buona.

    Quella sera i genitori tornarono a casa veramente felici, soprattutto Kirsten, ma la settimana dopo pianse, perché il piccolo Hans partiva; gli avevano dato dei bei vestiti, era un bravo ragazzo, ora doveva attraversare l’acqua salata, andare lontano, frequentare una scuola di latino; e sarebbero passati molti anni prima che potessero vederlo di nuovo.

    Non portò con sé il libro di fiabe, volle che i genitori lo conservassero per ricordo. Il padre spesso lo leggeva, ma soltanto quelle due storie che conosceva bene.

    Ricevettero varie lettere da Hans, una più felice dell’altra. Si trovava tra gente gentile e era in ottime condizioni; ma la cosa più bella era andare a scuola: c’era tanto da imparare e da sapere; lui desiderava soltanto arrivare a cento anni e diventare un giorno maestro di scuola.

    «Se solo potessimo vederlo!» dissero i genitori, e si strinsero la mano, come davanti all’altare.

    «Che cosa è capitato a Hans! Nostro Signore pensa anche ai figli dei poveri! E proprio con lo storpio doveva succedere! Non sembra quasi che Hans stia leggendo dal suo libro di fiabe?»

    (H. C. Andersen, Fiabe, Torino, Einaudi 2005, pp. 619-626)

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 13:47
     
    Top
    .
  13. gheagabry
     
    .

    User deleted


    FAVOLE E RACCONTI ASPETTANDO … NATALE
    978e527edd6af6d8a95f264bef121599

    Aspettando Natale

    Babbo Natale sta preparandosi un bel pranzetto, la casa è calda, il fuoco nel camino brucia allegramente, le faville volano ad ogni scoppiettio della legna e rendono ancora più festosa l’atmosfera. Fuori c’è la neve e anche le renne sono al caldo, ben accudite e sazie.

    Babbo Natale è contento: quest’anno è riuscito a fare le cose con calma, anzi è un po’ in anticipo rispetto agli anni passati. Certo gli uomini cominciano sempre prima a vestire a festa le città per invogliare la gente a fare spese e i bambini sono i primi a pensare alla loro letterina piena di richieste.

    Gli elfi, aiutanti di Babbo Natale, sono già in giro a cercare le tante cose che saranno distribuite, perché i desideri dei bambini sono veramente numerosi!

    La slitta è pronta, tirata a lucido e ben oliata per evitare fermate impreviste e le renne in piena forma, ansiose di fare una bella corsa nei cieli.

    Ad un tratto si spalanca la porta e una folata di vento ghiaccio entra vorticando e con il gelo entra anche una vecchina, vestita alla meno peggio con abiti raccattati qua e là, messi insieme per ripararsi dal freddo; dalle calze rotte si vedono le dita dei piedi rosse rosse per il freddo...

    "Oh no!", pensa Babbo Natale, "la Befana! Tutti gli anni è la stessa cosa."

    Infatti è proprio la lei, tanto buona ma confusionaria che arriva sempre nei momenti meno opportuni. Babbo Natale non ha il coraggio di mandarla via.

    "Sto per pranzare, vuoi farmi compagnia?"

    "Questa sì che è musica per le mie orecchie!", esclama la vecchina.

    "Saranno almeno dieci mesi che non metto in bocca qualcosa di buono! Gli ultimi dolcetti che ho mangiato erano quelli che mi avevano lasciato i bambini l’anno scorso all’Epifania! Cosa stai facendo di buono? C’è un profumino!"

    "Un buon brodo caldo caldo e dentro ci sono delle squisite patate."

    "Mi piace", dice la vecchina e Babbo Natale pensa un po’ preoccupato che gli toccherà dividere quella bontà.

    Ma Babbo Natale è sì parecchio goloso (basta guardare il suo pancione), ma è generoso e buono, così mette subito un altro piatto in tavola e riempie di buon vino un bicchiere anche per la sua amica.

    "Beato te che porti tanti regali e hai tanti aiutanti e quella bella slitta", dice la vecchina un po’ invidiosa.

    "Io con la mia scopa vecchiotta non posso fare altro che portare un po’ di calzine ai bimbi e sono costretta dai genitori anche a metterci un po’ di carbone a causa delle birbonate che fanno. Ma se le birbonate non le fanno i bambini chi le deve fare? Però ho tanta paura che, dopo tutti i tuoi regali, ai bambini le mie calzine piacciano poco!"

    "Ma che dici", le risponde Babbo Natale, "le aspettano eccome!"

    "Ma le vedono in tutti i negozi!"

    "Ma non è la stessa cosa... I regali dei genitori e degli amici vanno bene per i compleanni, ma quelli di Babbo Natale e della Befana sono una cosa diversa."

    La vecchina è un po’ rassicurata...

    "Comunque, se vuoi essere sicura fai un giretto sulla terra il giorno dell’Epifania e sentirai quello che dicono."

    "Grazie mille, sei davvero un grande amico. Sai, quando sei arrivato tu ho avuto paura di sparire e invece siamo rimasti tutti e due e la festa per i bambini è diventata doppia. Grazie anche per il pranzo, mi ci voleva proprio qualcosa di caldo! Buon lavoro..."

    La porta si spalanca di nuovo per far uscire la vecchina e la neve entra in un vortice... ma la stanza è calda e Babbo Natale può riprendere posto sulla sua poltrona, i piedi appoggiati sullo sgabello, una bella coperta rossa sulle gambe... c’è tempo per un pisolino.

    In fin dei conti è stata una bella giornata e anche l’intrusione di quella simpatica Befana ha dato gioia alla serata.

    "Buonanotte bambini! Aspettatemi e fate i bravi, arrivo presto!".

    (Le mille bolle blu)

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 14:40
     
    Top
    .
  14. gheagabry
     
    .

    User deleted


    FAVOLE E RACCONTI ASPETTANDO … NATALE
    831afcc2e9da038d93c558ad6c3c03f2

    Il Magico Natale

    S’io fossi il mago di Natale
    farei spuntare un albero di Natale
    in ogni casa, in ogni appartamento
    dalle piastrelle del pavimento,
    ma non l’alberello finto,
    di plastica, dipinto
    che vendono adesso all’Upim:
    un vero abete, un pino di montagna,
    con un po’ di vento vero
    impigliato tra i rami,
    che mandi profumo di resina
    in tutte le camere,
    e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
    Poi con la mia bacchetta me ne andrei
    a fare magie
    per tutte le vie.
    In via Nazionale
    farei crescere un albero di Natale
    carico di bambole
    d’ogni qualità,
    che chiudono gli occhi
    e chiamano papà,
    camminano da sole,
    ballano il rock an’roll
    e fanno le capriole.
    Chi le vuole, le prende:
    gratis, s’intende.
    In piazza San Cosimato
    faccio crescere l’albero
    del cioccolato;
    in via del Tritone
    l’albero del panettone
    in viale Buozzi
    l’albero dei maritozzi,
    e in largo di Santa Susanna
    quello dei maritozzi con la panna.
    Continuiamo la passeggiata?
    La magia è appena cominciata:
    dobbiamo scegliere il posto
    all’albero dei trenini:
    va bene piazza Mazzini?
    Quello degli aeroplani
    lo faccio in via dei Campani.
    Ogni strada avrà un albero speciale
    e il giorno di Natale
    i bimbi faranno
    il giro di Roma
    a prendersi quel che vorranno.
    Per ogni giocattolo
    colto dal suo ramo
    ne spunterà un altro
    dello stesso modello
    o anche più bello.
    Per i grandi invece ci sarà
    magari in via Condotti
    l’albero delle scarpe e dei cappotti.
    Tutto questo farei se fossi un mago.
    Però non lo sono
    che posso fare?
    Non ho che auguri da regalare:
    di auguri ne ho tanti,
    scegliete quelli che volete,
    prendeteli tutti quanti..
    [/color]
    ( Gianni Rodari)





    FAVOLE E RACCONTI SU SANTO STEFANO
    Fig_5

    Santo Stefano: perché si festeggia il 26 dicembre?

    Tutti sanno che il giorno dopo il Santo Natale è festivo, e si festeggia Santo Stefano, ma molti si chiedono perché è festa?
    Perché si festeggia Santo Stefano? La celebrazione liturgica di Santo Stefano è fissata per il 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla nascita del Figlio di Dio, furono posti i “comites Christi “, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.
    Così il 26 dicembre c’è Santo Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 S. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’Amore, poi il 28, i seguenti.


    E’ stato lo Stato italiano, nel 1947, a decidere di rendere festivo il giorno dopo Natale, mentre prima era un giorno normale lavorativo: la Chiesa ricorda Santo Stefano, santo molto significativo e di modello per i fedeli, nel mondo cattolico, ma il 26 dicembre sarebbe stato ugualmente festivo, anche se vi fosse caduta un’altra festa, proprio per allungare le festività natalizie e per solennizzare ancora di più la nascita del Salvatore.
    Il giorno di S. Stefano è festeggiato pure in Austria, Germania, Irlanda, Danimarca, Catalogna, Croazia e Romania.
    Quindi il giorno festivo non è causato dalla ricorrenza del Santo, pur esponente importante dei Santi della Chiesa, ma esiste allo scopo di allungare le feste di Natale, come ad esempio il lunedì dell’Angelo, ossia la Pasquetta, che è stata stabilita per lo stesso motivo.
    Entrambe le date non sono feste di precetto, ma sono state stabilite dallo Stato, per rendere più solenni e fruibili le feste di Natale e Pasqua.


    Santo Stefano era ebreo di nascita, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa, è il protomartire cristiano cioè il primo ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo.
    Il 26 dicembre si festeggia come il Natale in casa in famiglia, con i classici pranzi “di Natale”, caratteristici e diversi in ogni regione; alcuni comuni organizzano dei concerti con canti propri del Natale, manifestazioni per bambini, e pranzi della solidarietà.
    Buon Santo Stefano a tutti!

    ( amando.it)






    Le più belle poesie di tutti i tempi
    c1a64cacc4f1b04d8ddf1c3719d85bd1

    Nascita


    Il bambino chiama la mamma
    e domanda: " Da dove sono venuto?
    Dove mi hai trovato e raccolto? "
    La mamma ascolta,
    piange e sorride mentre stringe
    al petto il suo bambino:
    " Eri un desiderio
    dentro il cuore! "
    " Eri nel gioco il mio balocco,
    all'aurora, al tempo della preghiera,
    ti ho sfatto e rifatto.
    Tu eri davanti a Dio
    sul trono dell'adorazione:
    nella sua adorazione
    ti ho adorato! "
    " Nelle speranze della mia vita,
    in tutti i miei amori,
    nella vita dei miei antenati,
    nella nostra casa antica,
    nessuno sa
    quanto tempo fosti nascosto
    nel seno di Dio. "
    " Quando il cuore nella giovinezza
    si aprì in fiore,
    t'univi come fragranza
    stretto insieme
    alle mie tenere membra,
    spargendo grazia
    con la tua tenerezza. "
    " Caro tesoro di tutti gli dei
    tu sei più antico dell'eternità,
    della stessa età
    della luce dell'aurora:
    dai sogni dell'universo
    sei arrivato nuovo
    in un'onda di gioia a riempire
    di gaudio il mio cuore. "
    " Con occhi fissi ti guardo:
    non comprendo il tuo mistero!
    Eri di tutti, sei diventato mio.
    In quel corpo baciando questo corpo,
    diventato bimbo della mamma,
    ti sei fatto vedere mentre sorridi
    dolcemente in questo mondo. "
    " Per paura di perderti
    desidero legarti al petto:
    Se t'allontani un poco
    m'immergo nel pianto.
    Non so quale illusione spezzare
    per tenermi legato il tesoro
    dell'universo nascosto dentro
    queste mie due deboli braccia. "

    (RABINDRANATH TAGORE)

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 14:46
     
    Top
    .
  15. gheagabry
     
    .

    User deleted


    Fiabe per il Natale
    6f3e1d0064b1a8ee4bf8e6170d88db53

    Storia di fine anno.

    È la mattina del 31 dicembre, Nevica,
    Il topolino mette il muso fuori dalla tana.
    Brrr... - chiude la porta e corre a farsi un caffe.
    Continua a nevicare, Tutto il mondo è bianco.
    La rana mette una zampina fuori dalla tana.
    Brrr...- e torna dentro a farsi un cappuccino.
    Il tasso mette fuori dalla tana il muso bianco e nero
    Brrr...- e torna nella sua tana piena di libri a farsi una cioccolata,
    Toc toc! Qualcuno bussa,
    Chi è?... Chi è?.. Chi è?... rispondono il topolino, la rana e il tasso
    Sono un uomo di neve,
    Che cosa vuoi? Che cosa vuoi... Che cosa vuoi?...
    Ho sentito un buon profumino uscire dalle vostre case, Che cos'è?
    È il caffè - dice il topolino,
    È il cappuccino - dice la rana.
    È la cioccolata - dice il tasso.
    Peccato! - dice l'uomo di neve
    Perché? - chiedono il topolino, la rana, il tasso.
    Perché a me le cose calde fanno molto male.
    Un momento! - grida il tasso. - lo ho un ghiacciolo alla menta in frigorifero.
    È avanzato dalle scorte dell'estate.
    Ti fa male anche quello?
    Oh no, quello mi fa bene, anzi... mi fa benissimo!
    Il tasso apre la porticina della sua tana e porge il ghiacciolo all'uomo di neve.
    Grazie e buon anno! - dice l'uomo di neve.
    Buon anno a te, uomo di neve! - rispondono il topolino, la rana e il tasso.
    Fuori continua a nevicare. Tutto il mondo è bianco.
    L'uomo di neve potrebbe confondersi col mondo bianco, invece no, perché in mano ha il ghiacciolo alla menta, verde come una bandiera, verde come un ghiacciolo alla menta: il ghiacciolo del buon anno.
    (Roberta Gazzani)

    ( www.poesie.reportonline.it)

    Edited by gheagabry1 - 9/11/2019, 14:48
     
    Top
    .
38 replies since 25/11/2012, 22:07   4730 views
  Share  
.