Magnesio e potassio

Magnesio e Sindrome Premestruale

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  1. ginakarlo
     
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    Magnesio e potassio

    Magnesio e potassio vengono spesso fatti sposare all'interno dei vari supplementi alimentari con finalità reidrantanti, diuretiche o di semplice integrazione. Il razionale di questa associazione risiede nella stretta correlazione biologica tra i livelli dei due minerali nell'organismo; il magnesio, infatti, rappresenta un cofattore essenziale per l'attività della pompa sodio/potassio, preposta al trasporto di ioni sodio nelll'ambiente extracellulare e di ioni potassio nell'ambiente interno alle cellule. Tale trasporto avviene contro gradiente di concentrazione e deve quindi sfruttare l'energia derivante dall'idrolisi dell'ATP. Per quanto detto, carenze di magnesio possono limitare la funzionalità di questa pompa, riducendo le concentrazioni intracellulari di potassio ed aumentando quelle di sodio.

    Le carenze di magnesio possono quindi condurre a perdite di potassio.

    Non sorprende come in molti pazienti malati, disidratati o in terapia con diuretici tiazidici, si individuino contemporaneamente carenze di magnesio e potassio (ipokaliemia + ipomagnesiemia). Il fatto che il magnesio - proprio come il potassio - sia uno ione principalmente intracellulare, fa sì che molto spesso il suo dosaggio nel sangue non rifletta il reale stato delle riserve organiche; una riduzione delle concentrazioni sieriche di questo minerale può quindi risultare un segnale assai tardivo di ipomagnesiemia.

    Nei pazienti con ipokaliemia documentata (carenza di potassio), non risolta tramite supplementazione con specifici integratori di potassio, è particolarmente indicata la somministrazione congiunta di magnesio. Una carenza di magnesio non colmata, infatti, rischia di compromettere il risultato terapeutico della somministrazione di potassio per trattare una concomitante ipopotassiemia.

    Carenze di magnesio e potassio possono essere segnalate da sintomi come: stanchezza cronica, stitichezza, depressione, mal di testa, insonnia, debolezza muscolare, nervosismo, edemi periferici (caviglie, piedi gonfi) e difficoltà respiratorie.

    Carenze di magnesio e potassio possono essere collegate ad intensa attività fisica, copiosa sudorazione, diarrea e malassorbimento, vomito, diabete mal controllato, malnutrizione, alcolismo, ipertensione ed insufficiente apporto alimentare. Il magnesio, essendo parte integrale della clorofilla, è diffuso soprattutto nei vegetali verdi; il potassio, oltre che nella verdura e nei legumi, abbonda nella frutta (fichi, datteri, prugne, noci) e nei cereali.

    Magnesio e Sindrome Premestruale

    Il magnesio è un oligoelemento indispensabile all'omeostasi cellulare; pare che la sua presenza negli alimenti sia piuttosto diffusa, soprattutto nei vegetali, ed in condizioni fisiologiche non se ne conoscono carenze alimentari; il deficit (indotto o comunque secondario ad altri disturbi) di magnesio si manifesta con un'alterazione del metabolismo del calcio, del sodio e del potassio, che sfocia in debolezza muscolare, alterata funzionalità cardiaca e crisi tetaniche.

    Nel soggetto sano la razione raccomandata di magnesio è di circa 3 o 4,5 mg/kg, tuttavia, è emerso che lievi carenze di magnesio possono essere completamente asintomatiche e che, a volte, la sua integrazione può ridurre i sintomi legati alla sindrome premestruale ed in particolar modo l'indolenzimento associato al gonfiore mammario.


    La sindrome premestruale è caratterizzata da un insieme di sintomi che si manifestano tipicamente nella seconda fase del ciclo; tra questi si evidenziano alterazioni fisiche, psichiche, e comportamentali. I fattori scatenanti sono verosimilmente molteplici: ormonali, dietetici (tra i quali verosimilmente anche il deficit di magnesio), metabolici e di neurotrasmissione.
    La diagnosi di sindrome premestruale viene effettuata attraverso la rilevazione, nei 5 giorni precedenti il flusso, di alcuni segni somatici e psicoaffettivi; essi devono manifestarsi per almeno 3 cicli consecutivi e devono essere completamente assenti tra il 4° ed il 12° giorno del ciclo. Ovviamente, la comparsa dei sintomi deve incidere sullo stile di vita del soggetto e presentarsi indipendentemente dall'assunzione di alcol, farmaci e droghe.
    La terapia più indicata al trattamento della sindrome premestruale è medica ma non specifica; si distinguono terapie nutrizionali, ormonali e con farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale (SNC). I farmaci vengono somministrati in maniera personalizzata ma spesso anche indicazioni generali sull'incremento dell'attività fisica possono essere un valido aiuto. La terapia nutrizionale è particolarmente indicata nelle forme lievi, ma non deve mancare anche in quelle più importanti; viene intrapresa nella seconda metà del ciclo e si basa sull'incremento di alcune molecole verosimilmente utili alla riduzione dei sintomi. Tra queste, la più efficace sembra l'integrazione di oligoelementi e soprattutto di magnesio; esso viene somministrato principalmente nella fase luteinica, in genere attraverso il pidolato di magnesio, alla dose di 300 mg/die per via orale, tuttavia, nel dubbio di una carenza più significativa è possibile incrementare la dose fino a 1,5g di magnesio elementare, suddivisi in 2-3 assunzioni giornaliere. In generale, i sali organici di magnesio (gluconato, aspartato, citrato, pidolato, lattato, orotato) dimostrano un miglior assorbimento intestinale rispetto ai sali inorganici (cloruro di magnesio, carbonato di magnesio, magnesio ossido, magnesio solfato).


    NB. Prima di intraprendere l'integrazione (valutata e somministrata dal medico curante) è opportuno assicurarsi che la funzionalità renale del soggetto non sia compromessa.
    Per ottimizzare la terapia nutrizionale (preventiva o palliativa) della sindrome premestruale oltre al magnesio potrebbe dimostrarsi utile integrare:
    Piridossina (vit B6), fino a 100 mg/die p.o.
    Tocoferolo (vit E), fino a 300 UI/die p.o.,

    entrambi nella fase luteinica.


    Il controllo della terapia nutrizionale (o combinata) per la sindrome premestruale si basa sulla valutazione clinica ambulatoriale ad intervalli di tre mesi, e poi ogni sei mesi, associata alla registrazione dei sintomi emersi dal questionario di autovalutazione; ciò permette di valutare l'efficacia del trattamento complessivo nell'arco del tempo.
     
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