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BUONGIORNO GIORNO... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE
Edizione Giornale Anno 3° SETTIMANA 023 (15 Ottobre – 21 Ottobre 2012)
BUONGIORNO GIORNO... BUONA SETTIMANA ISOLA FELICE
RIFLESSIONI
... GESTI INCREDIBILI …
... Da sempre l’uomo è alla ricerca della scoperta dei propri limiti e sfida-gareggia con la natura per verificare compatibilità e coesistenza con essa. Verificare la dimensione e l’espansione nella spazio e nel tempo potendone controllare i flussi è una ulteriore continua e storica ricerca dell’essere umano alla ricerca dell’assoluto e della possibile autodefinizione come unico e superiore essere rispetto al creato. Ieri un uomo ha deciso di sfidare leggi della natura e limiti dell’essere umano alla ricerca del superamento in velocità del muro del suono. Si è fatto portare a bordo di un aereo sui cieli del Messico, e salito all’altezza di 39mila metri, si è gettato a peso morto nel vuoto. Un volo di otto minuti, dopo quattro minuti ha aperto il paracadute e ha raggiunto e superato al velocità di 1300 km/h superando la velocità del suono. Felix Baumgartner, questo è il nome del temerario o pazzo che ha eseguito questo gesto, è entrato di diritto nel libro dei guinness dei primati; nulla da dire, un uomo coraggioso e determinato che ha raggiunto un limite davvero estremo al limite dell’immaginabile. Chissà cosa avrà pensato in quei lunghissimi otto minuti di caduta dal cielo verso la terra; chissà quali emozioni avrà provato dal primo all’ultimo di quei 4.800 secondi della sua vita. Sono certo che difficilmente saprò descriverli nella sua completezza perché certi gesti sono così vicini all’assoluto da rasentare la pazzia … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
Baumgartner, tuffo oltre il muro del suono da 39mila metri a 1300 km/h
NEW YORK – Pazzia o coraggio? Ieri pomeriggio, nel cielo terso e luminoso del Nuovo Messico, un uomo ha scritto una pagina di storia: si è buttato nel vuoto dal punto più alto mai provato da un essere umano, e nel lungo tragitto verso la terra ha superato per almeno un minuto la velocità del suono.
Il 43enne paracadutista austriaco Felix Baumgartner è stato portato fino a 39 mila metri d’altezza dentro una capsula sollevata lentamente da un pallone aerostatico pieno di elio. Raggiunta l’altezza stabilita, dopo aver ripassato con mission control ben 43 dispositivi di sicurezza, ha aperto lo sportello della capsula, si è spostato sul bordo e si è tuffato, e per dieci minuti è precipitato verso la superficie terrestre, raggiungendo per quasi un minuto la velocità di 1342 chilometri orari. Solo all’altezza di 1500 metri ha aperto il paracadute, ed è infine atterrato, posandosi sui piedi con la grazia di un ballerino. Poi si è inginocchiato, sopraffatto dall’emozione.
Alla base, nella cittadina di Roswell, la squadra di trecento persone composta da scienziati, amici e parenti che avevano seguito con il cuore in gola è esplosa in un applauso lungo e commosso. Anche la madre, Eva, che non era riuscita a trattenere le lacrime durante il tuffo del figlio, ha finalmente sorriso felice.
Baumgartner si è allenato per cinque anni per arrivare a questo spettacolare successo, e aveva già fatto due salti di prova durante l’estate, da altezze meno spaventose. Ieri, milioni di persone si sono sintonizzate su internet per seguirne l’ascesa e il tuffo, e le televisioni di 50 Paesi lo hanno guardato in diretta, o quasi.
La società di bevande americana Red Bull ha finanziato il progetto della squadra, e ha piazzato sulla capsula 30 telecamere che hanno permesso di seguire ogni singolo momento della missione. Ma le immagini arrivavano con un ritardo di venti secondi: troppe cose potevano andare storte e si voleva evitare di trasformare il progetto in uno spettacolo dell’orrore. C’era il rischio infatti che la tuta non reggesse alla pressione, che Baumgartner morisse con il sangue che gli ribolliva nelle vene e gli usciva dalle orbite.
C’era anche il pericolo che nel tuffo l’atleta perdesse il controllo e finisse a rotolare in modo scomposto, con il rischio di rompersi tutte le ossa. Ed effettivamente, nei primi secondi del tuffo, un po’ di ansia è esplosa a mission control perché sembrava che Felix non riuscire a stabilizzarsi, ma poi si è visto che aveva ripreso il controllo del corpo e che stava scendendo come un missile umano, senza più ondeggiamenti o capriole. Poi tutto è andato liscio, tranne una piccola irritazione di Baumgartner perché la visiera del casco si era appannata.
Il progetto è stato salutato con entusiasmo dal mondo scientifico: per quanto Baumgartner non provenga dai ranghi ufficiali dei progetti spaziali, sono in molti a credere che la tuta ideata per il suo lancio porterà l’esplorazione dello spazio verso nuove frontiere. Si tratta infatti di una tuta pressurizzata in grado di resistere a una velocità di atterraggio di oltre mille chilometri orari e a temperature estreme. Difatti alla Nasa hanno seguito la missione con interesse e ammirazione.
Tra l’altro fra gli scienziati che hanno aiutato nel progetto c’era il vedovo di Laurel Clark, una degli astronauti che morirono nello sfracellarsi dello shuttle Columbia al rientro sulla terra nel febbraio del 2003. Jonathan Clark ha dedicato la sua vita da allora a creare nuove tute proprio per proteggere gli astronauti da altri possibili catastrofi del genere. A mission control c’era anche Joseph Kittinger, il paracadutista dell’aeronautica Usa che deteneva il precedente record di altezza di tuffo libero, stabilito nel 1960, da 31 mila metri.(Il Messaggero.it)CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto durante tutta l’estate mi è piaciuto per cui da oggi continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
Le più belle poesie di tutti i tempi
Ripenso il tuo sorriso
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida
scorta per avventura tra le pietraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo queto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano
se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d'una giovinetta palma.
(EUGENIO MONTALE)
Favole Classiche
Il ricco e il povero
Nei tempi antichi, quando il buon Dio errava ancora sulla terra, fra gli uomini, una sera che era stanco gli accadde di essere sorpreso dalla notte prima di poter giungere a una locanda. Sul suo cammino, si trovavano due case, l'una di fronte all'altra: la prima era grande e bella, la seconda piccola e dall'aspetto misero. Quella grande apparteneva a un ricco, mentre la piccola a un pover'uomo. Nostro Signore pensò: "Al ricco non darò disturbo: busserò a lui". Il ricco, udendo bussare alla sua porta, aprì la finestra e domandò al forestiero che cosa cercasse. Il Signore rispose: -Vi prego di darmi ricovero per la notte-. Il ricco squadrò il viandante da capo a piedi, e siccome il buon Dio era vestito umilmente e non aveva l'aria di uno che ha molto denaro in tasca, scosse il capo e disse: -Non posso ospitarvi: le mie stanze sono piene di verdure e di sementi; e se dovessi dare alloggio a tutti quelli che bussano alla mia porta, potrei andare in giro a mendicare. Cercate una sistemazione altrove-. Detto questo, sbatté‚ la finestra e piantò in asso il buon Dio. Allora questi gli voltò le spalle, andò alla casetta di fronte e bussò. Aveva appena bussato che il povero già gli apriva la porta pregandolo di entrare e di trascorrere la notte in casa sua. -E' già buio- disse -per oggi non potete proseguire.- Il buon Dio ne fu contento ed entrò. La moglie del povero gli porse la mano, gli diede il benvenuto e gli disse si mettersi comodo: doveva accontentarsi perché‚ non avevano molto, ma quel poco che c'era lo davano volentieri. Poi mise delle patate sul fuoco e, mentre cuocevano, munse la sua capra per avere un po' di latte da bere. Quando la tavola fu apparecchiata, il buon Dio si sedette e mangiò con loro, e quel povero cibo gli piacque, perché‚ aveva accanto a s‚ dei visi lieti. Terminata la cena, quando fu ora di dormire, la donna prese da parte il marito e gli disse: -Senti, marito caro, questa notte ci distenderemo sulla paglia e lasceremo il nostro letto al povero viandante perché‚ si riposi: ha camminato tutto il giorno ed è certo stanco-. -Ben volentieri!- rispose il marito. -Vado a offrirglielo.- Andò dal buon Dio e lo pregò, se era d'accordo, di coricarsi nel loro letto per riposare le sue membra. Il buon Dio non voleva portar via ai due vecchi il loro letto, ma essi non lo lasciarono in pace finché‚ egli acconsentì a coricarvisi; essi, invece si coricarono per terra sulla paglia. Il mattino seguente si alzarono prima che facesse giorno e prepararono all'ospite una modesta colazione. Quando il sole brillò attraverso la finestrella, il buon Dio si alzò, mangiò di nuovo con loro e si preparò a riprendere il cammino. Ma quando fu sulla soglia di casa, disse: -Poiché‚ siete così pii e misericordiosi, chiedete tre cose, e io vi esaudirò-. Il povero disse: -Che altro potrei desiderare se non l'eterna beatitudine, e che noi due, finché‚ viviamo, ci manteniamo in salute e possiamo avere il nostro pane quotidiano? Quanto alla terza cosa non so cosa potrei desiderare-. Il buon Dio disse: -Non vuoi una casa nuova al posto di quella vecchia?-. Allora l'uomo rispose che sì, se avesse potuto avere anche quella, gli avrebbe fatto piacere. Allora il Signore esaudì quei desideri e trasformò la loro vecchia casa in una bella e nuova; poi li lasciò e proseguì il cammino. Il sole era già alto quando il ricco si alzò e, messosi alla finestra, vide di fronte una bella casa al posto della vecchia capanna. Fece tanto d'occhi, chiamò la moglie e disse: -Moglie, cerca di sapere come sono andate le cose. Ieri sera c'era ancora quella misera capanna e oggi c'è una bella casa nuova. Corri di fronte e senti com'è andata-. La donna andò a interrogare il povero che così le raccontò: -Ieri sera è arrivato un viandante che cercava ricovero per la notte; questa mattina, nel prendere commiato, ha voluto concederci tre desideri: l'eterna beatitudine, buona salute in vita e il nostro pane quotidiano e, al posto della nostra vecchia capanna, una bella casa nuova-. Quand'ebbe udito tutto ciò, la moglie del ricco corse a casa a raccontare ogni cosa al marito che disse: -Meriterei di essere picchiato e fatto a pezzi! L'avessi saputo! Il forestiero è stato anche da me, ma io l'ho scacciato-. -Affrettati!- disse la moglie -sali a cavallo, il viandante non è molto lontano, puoi ancora raggiungerlo ed esprimere anche tu tre desideri.- Allora il ricco montò a cavallo e raggiunse il buon Dio. Gli si rivolse in modo amabile e cortese dicendogli che non doveva prendersela se non lo aveva fatto subito entrare: aveva cercato la chiave della porta e, nel frattempo, egli se ne era andato. Se fosse tornato un'altra volta, avrebbe dovuto alloggiare da lui. -Sì- disse il buon Dio -se torno lo farò.- Allora il ricco domandò se anche lui poteva esprimere tre desideri come il suo vicino. Sì, rispose il buon Dio, poteva benissimo, ma non era un buon affare per lui, era meglio se non esprimeva alcun desiderio. Ma il ricco pensò che avrebbe scelto comunque qualcosa di vantaggioso per s‚, purché‚ fosse sicuro di essere esaudito. Il buon Dio disse: -Va' a casa; i primi tre desideri che esprimerai saranno esauditi-. Il ricco aveva raggiunto il suo scopo; si mise in cammino verso casa e si mise a pensare a ciò che poteva desiderare. Mentre rifletteva, lasciò andare le redini, e il cavallo si mise a saltare sicché‚ egli era continuamente disturbato e non riusciva a concentrarsi. Allora si arrabbiò e gridò spazientito: -Vorrei che ti rompessi il collo!-. Come ebbe pronunciato queste parole, il cavallo stramazzò a terra, morto stecchito; e il primo desiderio era esaudito. Ma siccome era avaro, non voleva abbandonare i finimenti: li tagliò, se li mise sulla schiena, e dovette andare a casa a piedi. Tuttavia si consolava pensando che gli restavano ancora due desideri. Mentre camminava nella polvere e il sole di mezzogiorno bruciava infuocato, gli venne un gran caldo e diventò di cattivo umore: la sella gli pesava sulle spalle e continuava a non sapere quello che doveva desiderare. Se gli veniva in mente qualcosa, un attimo più tardi gli sembrava troppo poco. Nel frattempo pensò che la moglie a casa se la passava bene, seduta in una stanza fresca a mangiare di buon appetito. Questo lo indispettì per bene, e, senza riflettere, disse: -Invece di trascinarmi questo peso sulla schiena, vorrei che ci fosse lei seduta su questa sella e che non potesse scendere!-. Com'ebbe pronunciato queste parole, la sella scomparve dalla sua schiena, ed egli comprese che anche il secondo desiderio era stato esaudito. Allora sentì ancora più caldo, si mise a correre e pensava, una volta a casa, di potersi chiudere in camera da solo, per riflettere e trovare qualcosa di grande per l'ultimo desiderio. Ma quando arriva e apre la porta, vede, in mezzo alla stanza, sua moglie seduta sulla sella, che piange e si dispera perché‚ non può scendere. Allora egli disse: -Calmati! Stattene lì seduta e ti procurerò tutte le ricchezze di questo mondo!-. Ma ella rispose: -Che cosa me ne faccio di tutte le ricchezze del mondo se non posso scendere da questa sella? Tu hai desiderato ch'io finissi qua sopra, adesso devi anche aiutarmi a scendere!-. Così, che lo volesse o no, egli dovette chiedere, come terzo desiderio, che sua moglie fosse libera e potesse scendere dalla sella; e il desiderio fu subito esaudito. Così da quella storia egli non ebbe che rabbia, fatica e un cavallo perduto. I poveri invece vissero felici, tranquilli e pii fino alla loro morte serena.
(F.lli Grimm)
ATTUALITA’
Torna l'eco-domenica, Roma invasa da bici
La fascia verde della capitale vietata a tutti i veicoli a motore fino alle 17.30. Un'invasione di biciclette nel centro storico della Capitale nella domenica ecologica che prevede il divieto di circolare, dalle 8.30 alle 17.30, per tutti i veicoli a motore inquinanti nella 'fascia verde' all'interno del Grande Raccordo Anulare. E' partita questa mattina dalle Terme di Caracalla la manifestazione su due ruote 'Granfondo Campagnolo Roma'.
Un vero e proprio 'fiume' di ciclisti che pedalando prima davanti al Circo Massimo e al Colosseo arriveranno fino ai Castelli romani. Tra i primi ciclisti al nastro di partenza, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha pedalato per i primi cinque chilometri della gara; la competizione prevede due percorsi: uno da 92 km e un altro da 148 chilometri).
"E' fantastico passare davanti al Colosseo correndo o in bicicletta - ha commentato il primo cittadino al termine della sua gara - .E' una esperienza che auguro ad ogni sportivo. Credo che questo successo di partecipazione dimostri la grande voglia di bici che c'è in tutta Roma. Non solo sportivi ma anche tante persone che vogliono pedalare". Una giornata per la Capitale all'insegna del 'no-smog': Roma, infatti, si è svegliata non solo con 'l'invasione delle bicì ma anche con l'assenza di auto e moto per le strade per la domenica ecologica.(Ansa)
La Spezia, relitto di nave romana trovato a 400 metri di profondità
L'imbarcazione è carica di anfore greco-italiche e oggetti di uso quotidiano. Per il recupero sarà utilizzato il robot Pluto
Un relitto romano è stato ritrovato nelle acque a sud di La Spezia, a 400 metri di profondità. A darne notizia al Salone Nautico Internazionale di Genova è stato Guido Gay, titolare della Gaymarine, di Lomazzo in provincia di Como, l'inventore del robot sottomarino Pluto.
Il relitto, ha precisato Gay, si presenta intatto nel carico: anfore greco-italiche e oggetti di uso quotidiano. Le attività di recupero, per le quali sarà utilizzata la tecnologia Pluto, sono in corso di definizione con la Soprintendenza e saranno oggetto di un convegno in programma a Portovenere il prossimo 25 ottobre.
Il robot sottomarino Pluto, progettato nel 1981 e di cui esistono varie versioni, è stato acquistato dalle Marine Militari di diversi Paesi.
Appassionato velista e amante del mare, l'ingegnere-inventore-imprenditore Guido Gay è anche noto come "cacciatore di relitti". "In realtà è errato - commenta - perché tutti i ritrovamenti che faccio sono fortuiti. Avvengono durante l'attività di sperimentazione delle mie apparecchiature. Abbiamo messo a punto per esempio un sonar particolare che consente dalla superficie di vedere in profondità i fondali. Quando si trova un'anomalia si può poi andare a vedere di cosa si tratta".(Ansa)
In arrivo nubifragi su sei regioni
Previsti su Liguria, Lombardia, Friuli VG, Toscana, Lazio e Campania. In relazione al bollettino di condizioni meteorologiche avverse emesso dal Dipartimento Nazionale per la Regione Lazio, il Campidoglio ha dichiarato lo stato di allerta. Lo si legge in una nota. I fenomeni più significativi sono attesi tra metà pomeriggio e la tarda serata di domani, con quantitativi di pioggia più abbondanti al momento stimati dopo le 20. La previsione si riferisce ai quadro esaminato alle 12 di oggi ed è suscettibile di cambiamenti a seconda delle variabili climatiche nelle prossime ore.
L'allarme per il maltempo in arrivo su Roma "sembra un po' ridimensionato, ma l'allerta resta". Lo ha detto il sindaco Gianni Alemanno. "E' spostato nel tempo, non lunedì mattina ma nel pomeriggio - ha aggiunto -. Abbiamo fatto bene a non chiudere le scuole. L'allerta c'é soprattutto nelle zone più a rischio, che sono strutturalmente fragili per carenza di fogne. Restiamo molto in allerta ma possiamo dire alla gente di stare un po' più tranquilla".
Sei regioni a rischio nubifragi nelle prossime ore: Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania. Sono le previsioni di Antonio Sanò, de "IlMeteo.it", secondo cui il ciclone "Cleopatra" già da questa sera in Liguria, colpirà le nostre regioni con una certa violenza, per raggiungere la massima potenza nella notte tra lunedì e martedì. "Cleopatra", spiega Sanò, nasce dai contrasti tra l'aria più fredda che sta scendendo da latitudini artiche verso la Spagna e il Marocco, con l'aria più calda di risposta dall'entroterra sahariano.
Da questa sera e per 12 ore, dalle ore 20 fino alle 8 di domani, sarà massima allerta in Liguria e in particolare nella provincia di Genova con punte di 100mm di pioggia. Poi nella notte sarà la Lombardia e in particolare il bergamasco ad essere violentemente colpito con 60mm di pioggia. Lunedì i nubifragi si porteranno sul Friuli dove si attendono 150mm in 24 ore con punte di 200m tra le 8 di Lunedì e le 8 di Martedì.
Nubifragi previsti anche sull'alta Toscana e dal pomeriggio sul Lazio e Roma con punte di 50-100m in 12 ore. Nella serata i nubifragi colpiranno la Campania e Napoli con 50mm e altri temporali transiteranno anche sulla Sicilia. Nella notte e Martedì il maltempo si porterà al sud e ancora piogge interesseranno il nordest con la neve che scende a 1600m, ma la tendenza, conclude Sanò, è per un miglioramento con un calo delle temperature.
"Ho discusso con il capo della Protezione Civile Nazionale, Gabrielli, ed abbiamo concordato che non ci fossero gli estremi per la chiusura delle scuole. Però grande prudenza ed evitare spostamenti non necessari" spiega il sindaco di Roma Gianni Alemanno.(Ansa)GOSSIPPANDO
OPERA
Giovanna d'Arco
Giovanna d'Arco è un dramma lirico di Giuseppe Verdi, su libretto di Temistocle Solera, rappresentato per la prima volta il 15 febbraio 1845, tratto parzialmente dal dramma di Friedrich Schiller La Pulzella d'Orléans.
Giovanna d'Arco, ovvero: "O Scala addio!"
Dopo il discreto successo de I due Foscari al teatro Argentina, Verdi fu a Milano per un'opera vecchia e un'opera nuova. All'apertura della stagione di carnevale 1845 (ovvero il 26 dicembre 1844) provvidero I Lombardi alla prima crociata e qualche settimana dopo, dopo appena quattro mesi di lavoro, la sera del 15 febbraio 1845, andò in scena la fiammante Giovanna d'Arco che Temistocle Solera aveva parzialmente tratto da un dramma di Schiller. Esecutori furono gli stessi lombardi più o meno crociati che in genere erano bravissimi mentre per l'occasione se la cavarono con una risicata "sufficienza". Gli interpreti erano la Frezzolini sempre drammatica sul palcoscenico e nevrastenica nella vita, un Poggi alquanto offeso dalle minacce che gli derivavano dall'intima amicizia con l'austriacante contessa Samoyloff e un Colini forse più elegante che incisivo. Forse per la malariuscita dell'opera, forse per il soggetto non particolarmente prediletto dal Verdi, forse perché Merelli stava vendendo il libretto a Ricordi senza interpellare il maestro o forse per la stampa che auspicava futuri miglioramenti dell'opera stessa il cigno di Busseto disse basta con la Scala. Basta almeno fino al 1869 quando Verdi vi tornò con la versione definitiva de La forza del destino. Giovanna d'Arco rimaneva comunque la migliore fra le opere scritte fino ad allora da Verdi, che erano già sette in sei anni.
Oggi l'opera è raramente rappresentata, a causa dell'inadeguatezza del libretto, ma conobbe molte riprese nel corso degli anni, e il ruolo di Giovanna fu interpretato da cantanti di fama internazionale (Renata Tebaldi, Montserrat Caballé, Katia Ricciarelli, Susan Dunn, June Anderson, Mariella Devia). Alcuni bravi Carlo VII furono Carlo Bergonzi e Plácido Domingo. Da ricordare il Giacomo di Sherrill Milnes.
Trama
A Domremy, nel 1429, Carlo VII annuncia che intende lasciare il trono al re d'Inghilterra, ovvero di smettere di combattere, dal momento che nel sogno gli è apparsa la Vergine che gli ha ordinato di deporre le armi e l'elmo nel bosco. Non appena il Re spiega questo sogno, viene informato dell'esistenza di una cappellina dedicata appunto alla vergine e sita nel bosco. Decide così di andarvi e di deporre le armi. Nella foresta vi è un umile ovile, abitazione di Giacomo e Giovanna. Giovanna ritorna dalla Cappellina della Vergine sconfortata per la sua impotenza a combattere e per la Francia che sta, momento dopo momento, per essere sottoposta agli inglesi. Entra in casa e si addormenta. Durante il sonno viene avvolta da una schiera di spiriti malvagi, i quali la tentano a lasciarsi vincere dalle gioie della gioventù. Subito dopo però, accompagnato dal ritorno in cielo della luna, a Giovanna vengono in visita una schiera di spiriti Eletti, i quali le annunciano che il suo più grande desiderio si sta per avverare: potrà anche lei finalmente combattere, ma non dovrà accogliere in cuore alcun affetto profano. Giovanna si sveglia di soppiatto e si dirige frettolosamente verso la cappella della Vergine; lì vi trova un elmo e delle armi, ma anche il Re che le aveva poco prima deposte. A questo punto Giovanna si barda a guerra e s'annuncia al re come colei che libererà la Francia. Intanto, Giacomo da una finestra di casa vede la scena e pensa che il Re con l'aiuto del demonio sia riuscito a conquistare la figlia; mentre Giovanna lascia il suo ovile, Carlo comincia ad innamorarsi.
Atto I
Scena I
Luogo rupestre presso Reims
I soldati inglesi piangono la sconfitta giunta dopo tante vittorie ed assieme al loro comandante Talbot discutono la via di fuga. Improvvisamente, appare Giacomo, il quale promette ai nemici di suggerire la causa delle loro sconfitte.
Scena II
Nel giardino della reggia di Reims, Giovanna esce dalla stanza dove è in corso la festa per la vittoria in cerca di una boccata d'aria. Qui essa decide di ritornare alla propria abitazione nella foresta. (4) Improvvisamente è raggiunta da Carlo, il quale le confessa il suo amore, «puro e spirituale», Giovanna inizialmente rifiuta, ma poco dopo ammette di ricambiare l'amore di Carlo. Non appena questo accade, Giovanna è investita da una sorta di delirio: gli spiriti celesti le ricordano la rinuncia ad ogni amore profano che lei stessa aveva offerto a prezzo di vestire l'armatura. (5) Arrivano nel giardino i servi che festanti chiamano il re da incoronare e Giovanna da onorare nella cattedrale. (6) Carlo prega per Giovanna, la quale viene inondata da una schiera di spiriti malvagi che esultano per la vittoria contro l'anima della donna guerriera.
=== Atto II ===
Piazza di Reims, a sinistra la cattedrale di S.Dionigi
La folla inneggia alla vergine guerriera. Arriva intanto la processione composta da Ufficiali del Re, Grandi del regno, Araldi, paggi, fanciulle, Marescialli, Deputati, Cavalieri e Dame, Magistrati, Alabardieri e Guardie d'onore alla fine della quale vi sono Carlo e Giovanna i quali entrano nella chiesa. Nelle vicinanze c'è Giacomo che ricorda il suo dramma di padre tradito. Carlo ormai incoronato re esce dalla chiesa e annuncia che questa verrà dedicata a Giovanna. Improvvisamente avanza Giacomo, che accusa la figlia dinnanzi a tutti di rapporti con il demonio. Giovanna, sapendo che era venuta meno alla rinuncia dell'amore terreno, non sa come discolparsi: maledetta da tutti (tranne che dal Re) la fanciulla si getta nelle braccia del padre il quale la purificherà con il rogo.
Atto III
Giovanna è imprigionata in una rocca inglese, dalla sua cella ode i suoni della battaglia che è ancora in corso e immagina il re circondato dalle truppe nemiche. Entra Giacomo, al quale Giovanna rivolge una preghiera: chiede che le sue catene siano spezzate e confessa di aver amato per un istante solo Carlo ma di essere sempre stata fedele a Dio. Giacomo, una volta compresa la purezza della figlia, le infrange le catene e la invia a combattere contro gli inglesi, Giovanna esce precipitosamente dalla rocca e si inoltra nella battaglia. Arrampicato sulla vetta della torre Giacomo osserva la figlia che combatte a fianco del re e scaccia gli inglesi. I francesi hanno vinto ed il re entra festante nella rocca perdonando il vecchio pentito. Delil, però, annuncia che Giovanna durante la battaglia è morta, Carlo profondamente costernato, vaneggia. Vede avanzare lentamente la salma della cara ormai defunta trasportata da un corteo. D'improvviso, quasi miracolosamente, Giovanna si alza riconosce il re e il padre e chiede la sua bandiera. Afferratala, vede aprirsi il cielo e discendere la Vergine Maria, essa trasfigura e muore, compianta da tutti ed accolta dagli spiriti eletti.
(Lussy)
... CURIOSANDO E RACCONTANDO …
FORT BRIDGE
Il Forth Bridge è un ponte ferroviario a sbalzo sul Firth of Forth sulla costa orientale della Scozia 14 km a ovest di Edimburgo. È spesso chiamato Forth Rail Bridge o Forth Railway Bridge per distinguerlo dal vicino Forth Road Bridge. Il ponte unisce la capitale con la regione del Fife a nord e rappresenta una delle arterie principali tra il nord-est e il sudest del Paese.
Il ponte è considerato ancora oggi una meraviglia ingegneristica. È lungo 2,5 km e la doppia linea si eleva a 46 m sul livello del mare. Consiste di due campate principali di circa 520 m, due laterali di 200 m, 15 campate di avvicinamento da 50 m e cinque da 7 m. Ogni campata principale è composta da due braccia a sbalzo di 207 m che reggono una campata centrale a trave di 106 m. Più di 55000 tonnellate di acciaio furono utilizzate, così come 18122 m³ di granito e oltre 8 milioni di rivetti. Le tre grandi strutture a sbalzo composte da quattro torri sono alte 104 m, 21 m di diametro e poggiano su fondamenta separate. Il gruppo meridionale delle fondazioni dovette essere costruito a cassoni ad aria compressa ad una profondità di 27 m. Fino ad un massimo di 4600 lavoratori furono impiegati per la costruzione. Inizialmente si registrò la perdita di 57 vite; ma dopo estese ricerche di storiografi locali, il dato fu portato a 98. Otto uomini furono salvati da barche posizionate nel fiume sotto l'area di lavoro. Più di centinaia rimasero invalidi per gravi incidenti e un registro di incidenti e malattie riporta più di 26000 entrate. Nel 2005, fu avviato un progetto dal gruppo storico di Queensferry per ergere un monumento ai lavoratori che morirono durante la costruzione del ponte. In North Queensferry una risoluzione fu approvata per predisporre panche commemorative per i morti durante la costruzione sia del ponte ferroviario che del ponte stradale...la storia....
La costruzione del primo ponte, progettato da Sir Thomas Bouch, non andò oltre la posa delle fondamenta a causa del blocco dei lavori dopo il crollo di un altro ponte da lui progettato, il Tay Bridge. Bouch propose un ponte sospeso ma l'inchiesta del disastro del Tay Bridge mostrò che aveva sottodimensionato la struttura e aveva sbagliato ad usare la ghisa, che indebolì l'intera struttura. Con la morte di Boch il progetto fu assegnato a due ingegneri inglesi, Sir John Fowler e Sir Benjamin Baker, che progettarono la struttura costruita dalla Sir william Arrol & Co. di Glasgow tra il 1883 e il 1890. Baker - "uno dei più notevoli ingegneri civili che la Gran Bretagna abbia mai prodotto" - e il suo collega Allan Stewart ricevettero la maggior parte del merito per la progettazione e il controllo dei lavori. Il ponte fu costruito interamente in acciaio e fu il primo ponte in Gran Bretagna ad usare quel materiale. Fu la prima struttura importante in Gran Bretagna ad essere costruita in acciaio; la contemporanea Torre Eiffel fu costruita in ferro battuto. Grandi quantità di acciaio furono disponibili solo dopo l'invenzione del processo Bessemer nel 1855. Fino al 1877 la camera di commercio britannica limitava l'uso di acciaio in Ingegneria strutturale perché il processo produceva acciaio di resistenza non quantificabile. solo il processo Martin-Siemens sviluppato nel 1875 produceva acciaio di uniforme qualità. Le 64800 tonnellate di acciaio necessarie per il ponte furono fornite da due acciaierie in Scozia e una nel Galles. Il ponte fu aperto il 4 marzo 1890 dal principe di Galles, poi re Edoardo VII, che piantò un ultimo rivetto dorato e accuratamente iscritto.
Il profilo a sbalzo del Forth Bridge appare basso all’orizzonte. Lo vedo avvicinarsi dalla cabina panoramica del Royal Scotsman mentre il treno delle Highlands si avvicina al Firth of Forth.
La profonda insenatura nella costa orientale della Scozia è lì a dividere la regione del Fife a nord e la città di Edimburgo – da dove è partito il convoglio – a sud. Solo un’opera ingegneristica di tale portata poteva superare e unire il braccio d’acqua creato dalla Natura. Furono Sir John Fowler e Sir Benjamin Baker a progettare la struttura su cui il treno si appresta a far correre le sue carrozze. I due ingegneri ricevettero gli onori della realizzazione ma lasciarono ad altri l’onere delle perdite: durante i lavori dal 1883 al 1890, dei 4600 operai impiegati 450 rimasero feriti e 98 persero la vita. Ciononostante, ancora oggi il ponte a sbalzo è un capolavoro ingegneristico e per gli scozzesi l’ottava meraviglia del mondo. Il trionfo dell’era Vittoriana. Fu il primo in Gran Bretagna a essere realizzato tutto in acciaio: una rarità per l’epoca. Le 64800 tonnellate di materiale necessario arrivarono da una acciaieria in Galles e da due in Scozia.
Assemblate negli anni hanno dato vita a una costruzione lunga due chilometri e mezzo con una doppia linea che si alza di 46 metri sul livello del mare. La costruzione ha due campate principali di 520 metri, due laterali di 200 metri, 15 campate di avvicinamento da 50 metri e cinque da sette metri. Le tre grandi strutture a sbalzo di quattro torri raggiungono i 104 metri per 21 di diametro.
Il Forth Bridge è conosciuto anche come Forth Railway Bridge per non confonderlo con quello per auto che gli scorre parallaelo sul lato sinistro, aperto al traffico nel 1964. Questo, su cui viaggiano solo i treni, invece venne inaugurato il 4 marzo del 1890 dal principe di Galles, poi divenuto re Edoardo VII. L’erede al trono piantò l’ultimo rivetto dorato. Da allora nonostante siano passati oltre cent’anni, l’opera tiene: un’analisi contemporanea del ponte nel 2002, ha stabilito che l’acciaio è di buona qualità con solo qualche piccola e ininfluente variazione.
Anche perché i lavori di manutenzione sono costanti: e costringono il Royal Scotsman, mentre attraversa il ponte a sbalzo, a rallentare vicino alle impalcature dove uomini in tuta arancio stanno lavorando ma non perdono l’occasione per salutare me e gli altri passeggeri. Questi uomini fanno parte della “colonia” ferroviaria di 50 case a Dalmeny Station che dividono insieme ai lavoratori impiegati nell’officina di manutenzione e nel deposito. Tutti contribuiscono ad alimentare il detto “Dipingere il Forth Bridge”.
Per gli scozzesi, mi spiega un viaggiatore che con me respira l’aria del Firth of Forth dalla cabina panoramica del Royal Scotsman, è un modo di dire: serve a descrivere un lavoro infinito, una cosa che si sa quando comincia ma non si sa quando finisce. Così come la ritintura del ponte che iniziava appena terminata quella precedente.
(Andrea Lessona, ilreporter)(Gabry)
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(Redazione)
L’ISOLA NELLO SPORT
CRONACA SPORTIVA
Montezemolo, Non ci arrendiamo
'No Vettel-Alonso insieme,2 galli in pollaio'. MONTEZEMOLO, FERRARI NON SI ARRENDE MAI, CE LA GIOCHIAMO - "Ora bisogna lavorare a testa bassa e spero che la ruota giri in nostro favore, nelle ultime gare a Vettel è andata tutto bene".
Il giorno dopo il Gran Premio della Corea del Sud che ha visto balzare Vettel in testa al Mondiale,il presidente della Ferrari Luca Di Montezemolo non si dà per vinto ai microfoni di Radio Anch'io lo Sport:"dobbiamo migliorare di due decimi. Sono fiducioso che ce la giocheremo fino alla fine, la Ferrari non si arrende mai".
Rinnovo Massa? "domani ci parleremo a lungo e poi prenderemo una decisione".
"Sono molto dispiaciuto - aggiunge Montezemolo - che alla sosta estiva eravamo con quasi 50 punti di vantaggio e ora ci troviamo così. La speranza c'é ma non basta, c'é il lavoro, quei 50 punti che abbiamo perso hanno delle motivazioni. Almeno 30 punti li abbiamo perché Alonso è stato speronato a Spa e in Giappone; poi per gran parte della stagione abbiamo avuto un supporto molto limitato da Massa. Infine come terzo motivo fino a due gare fa si parlò del fenomeno McLaren e ora la Red Bull è più veloce di noi".
La galleria del vento? "é due anni che abbiamo questi problemi - continua il presidente della Ferrari - i miglioramenti vengono verificati in galleria e poi in pista non vengono confermati. Abbiamo deciso anche di usare la galleria che usa la McLaren ma i risultati non si vedono subito. Stiamo lavorando sul metodo e credo che nel medio termine si vedranno i risultati".
MONTEZEMOLO, NO VETTEL ALONSO INSIEME, 2 GALLI IN POLLAIO - "In questi venti anni ho sempre detto che non voglio due galli nel pollaio, non voglio problemi e rivalità, non mi piacciono e creano squilibri e tensioni in squadra". Il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo allontana così l'ipotesi di vedere un giorno insieme a Maranello Fernando Alonso e Sebastian Vettel. "In questo momento quello dei piloti è l'ultimo dei nostri problemi".
Il presidente della Ferrari ai microfoni di Radio Anch'io lo Sport frena anche sull'ipotesi 'in rosso' del genio dell'aerodinamica Red Bull, Adrian Newey: "é bravissimo ma ho una grande fiducia nei nostri tecnici. Abbiamo vinto nove titoli negli ultimi dodici anni e con tutto il rispetto che ho per Newey sappiamo vincere anche senza Newey. C'é un regolamento che esalta l'aerodinamica e in questo ha forse una cultura superiore. E' una cosa che - aggiunge Montezemolo - a me non piace perché dà all'aerodinamica un grande ruolo rispetto ala competitività della macchina, mentre noi abbiamo una cultura legata alla meccanica e al telaio. Detto questo i conti li facciamo alla fine e sono convinto che recupereremo quei due decimi".(Ansa)
MotoGp, in Giappone vince Pedrosa
Lorenzo secondo, Rossi solo settimo. E' Dani Pedrosa il vincitore del Gp del Giappone della MotoGP. Il catalano ha fatto tutta la gara con Jorge Lorenzo (Yamaha) alle spalle chiudendo con l'assoluta sicurezza di oltre 4 secondi di vantaggio, sotto alla bandiera a scacchi. Con questa vittoria, Pedrosa guadagna 5 punti nella rincorsa mondiale sempre nei confronti di Jorge Lorenzo che comunque rimane in testa con 310 punti contro i 282 del pilota Honda. Il podio, tutto spagnolo della MotoGP, è completato da Alvero Bautista (Honda). Settimo Valentino Rossi.
Quarto Andrea Dovizioso con la Yamaha privata, mentre quinto è, Casey Stoner (Honda) al rientro dopo l'infortunio di Indianapolis che lo ha tenuto lontano dalle piste per tre gare. Rossi (Ducati) ha chiuso il suo Gp del Giappone alle spalle del campione del mondo della Moto2 dello scorso anno Stefan Bradl (Honda). Dietro al pesarese ha chiuso il compagno di squadra Nicky Hayden. Bel risultato per la wild card Katsuyuki Nakasuga (Yamaha), che ha tagliato il traguardo in nona posizione, davanti a Hector Barberà (Ducati) e Abraham (Ducati).
Lo spagnolo Marc Marquez (Suter) ha vinto il Gp del Giappone classe Moto2. L'iberico ha fatto scendere un brivido in partenza quando, evidentemente senza marcia innestata, si è trovato fermo in mezzo ai colleghi che cercavano di sfruttare il delicato momento. Marquez, una volta reinserita la prima, è partito a testa bassa e dalla 28/a posizione iniziale dalla seconda casella della griglia, si è portato in 12/a posizione alla seconda curva, mentre alla terza era già nono. In testa prima dell'arrivo di Marquez c'era lo spagnolo Esteve Rabat (Kalex) seguito da Pol Espargarò (Kalex) e da Scott Redding (Kalex). Il leader della classifica iridata, Marquez, si è portato in testa a 16 giri dalla fine, mentre Rabat veniva riassorbito da Espargarò. I due sono andati avanti fino alla bandiera a scacchi, quasi in parata, con Espargarò mai in grado di attaccare veramente Marquez. Con la vittoria di oggi Marquez è a +63 punti su Espargarò mentre mancano ora solo tre gare alla fine del mondiale. Il migliore tra gli italiani è stato Simone Corsi (Ftr), che ha terminato il Gp del Giappone al sesto posto, poi Andrea Iannone (SpeedUp), in 18/a posizione, e Alex De Angelis (Ftr), solo 20/o.
La gara della Moto3 a Motegi nel Gp del Giappone si è decisa negli ultimi due giri, con gli errori di Louis Salom (Kalex-Ktm) e di Sandro Cortese (Ktm). La vittoria finale è andata a Danny Kent (Ktm), che si è imposto su Maverick Vinales (Ftr-Honda) e su Alessandro Tonucci (Ftr-Honda). Per l'italiano che ha fatto segnare anche il miglior giro in gara, si tratta del primo podio in Moto3. La caduta che vale un Mondiale è quella del tedesco Cortese, che alla penultima curva ha tentato l'attacco su Tonucci, scivolando. Cortese, con Salom fuori dalla gara dopo un brutto contatto con il tedesco Jonas Folger (Kalex-KTM), poteva quasi mettere le mani sul titolo con tre gare d'anticipo, ma il nervosismo gli ha giocato un brutto scherzo. L'incidente tra Salom e Folger è sotto esame da parte della Direzione della gara per presunte irregolarità dello spagnolo. In decima posizione ha chiuso Romano Fenati (Ftr-Honda), mentre 12/o ha finito Niccolò Antonelli (Ftr-Honda).(Ansa)
Tour: vittorie Armstrong non saranno riassegnate
Intanto suo ex mentore Bruyneel divorzia da team. Gli organizzatori del Tour de France si sono detti favorevoli a non riattribuire le sette vittorie annullate all'americano Lance Armstrong.
"E' la messa in discussione di un sistema e di un'epoca, macchiata per sempre. Ciò che vogliamo, é che non ci sia un vincitore" ha spiegato il direttore del Tour, Christian Prudhomme, che ha aggiunto di non poter "essere indifferente a ciò che l'Usada (agenzia antidoping Usa, ndr.) ha svelato questa settimana", perché "si delinea un quadro agghiacciante".
Le sette vittorie di Armstrong alla Grande boucle sono state annullate dall'Usada, ma la sanzione deve ancora essere approvata dall'Unione ciclistica internazionale, e non ha quindi ancora ufficialmente avuto effetto sul palmares.
DOPING: ARMSTRONG; SUO EX MENTORE LASCIA TEAM RADIOSHACK - Johan Bruyneel, team manager di Lance Armstrong nelle sette vittorie al Tour, non è più il general manager del team Radioshack Nissan Trek. Lo ha reso noto la squadra statunitense di ciclismo, parlando di fine consensuale del rapporto in seguito alla pubblicazione da parte dell'Usada del dossier sull'uso di doping alla Us Postal.
"Alla luce delle testimonianze raccolte dall'indagine dell'Usada - si legge nel comunicato del team - entrambe le parti ritengono impossibile che Johan Bruyneel possa dirigere la squadra in maniera efficiente. La sua partenza è opportuna per garantire la serenità e la coesione all'interno della squadra". Nella nota, si sottolinea anche che l'indagine dell'Usada, che non coinvolge l'attività di Bruyneel alla Radioshack e che il belga contesta la validità delle procedure e le accuse contenute" .(Ansa)
Scontri allo stadio Senegal Costa d'Avorio
Una decina di feriti, anche il ministro. Una decina di persone, fra le quali il ministro dello Sport senegalese, El Hadji Malick Gakou, sono rimaste leggermente ferite negli incidenti che hanno causato ieri sera la sospensione definitiva della partita valida per le qualificazioni alla fase finale della Coppa d'Africa di calcio, fra Senegal e Costa d'Avorio. Lo ha dichiarato uno dei medici intervenuti nel Leopold Sedar stade Senghor.
Il politico sarebbe stato colpito da una pietra ed e' stato portato via. La partita e' stata sospesa a un quarto d'ora del termine, dopo il gol del raddoppio di Drogba e dopo che alcuni proiettili sarebbero stato sparati verso il campo da gioco. In tribuna sono stati appiccati incendi e molti spettatori hanno lanciato oggetti in campo. L'arbitro, dopo una sospensione di 40', ha mandato le squadre negli spogliatoi. La Costa d'Avorio era in vantaggio per 2-0 ma, ad accendere l'ira dei senegalesi presenti allo stadio, sarebbe stato il gol del 2-0 di Drogba, realizzato su rigore. (Ansa)(Gina)
MOSTRE E...... SAGRE
Alla scoperta dell'arte e delle tradizoniMOSTRE
ROMA CAPUT MUNDI.
Una città tra dominio e integrazione
La mostra Roma caput mundi, che si terrà dal 10 ottobre al 10 marzo 2013, intende cogliere la ricchezza e la varietà di una storia «unica» soprattutto per le sue armoniche contraddizioni.
Il Colosseo, la Curia Iulia e il Tempio del Divo Romolo nel Foro romano, sono le sedi in cui si articola il percorso espositivo: dalle origini di Roma alla conquista dell’Italia e delle province; gli influssi culturali e religiosi; schiavitù e melting-pot etnico; visioni antiche e moderne.
Sono più di un centinaio le opere scelte per narrare una storia complessa e affascinante, percepita ancora oggi dall'opinione diffusa nell’immaginario collettivo - in Italia come nel resto del mondo - secondo stereotipi ricorrenti, molto influenzati da ideologie e esperienze politiche dell'età contemporanea (dalla Rivoluzione francese al fascismo). Questo fenomeno trova un riflesso immediato nei romanzi storici e soprattutto nel cinema, cui viene dedicata un’intera sezione: i Romani sono regolarmente rappresentati come un popolo violento e sadico, razzista, privo di motivazioni che non siano l'esercizio e il rafforzamento del loro dominio, lo sfruttamento delle altre genti, la repressione del dissenso politico e delle religioni dissonanti.
Si è voluto intitolare la mostra «Roma capitale del mondo» (caput orbis terrarum o caput mundi), per riprendere un concetto usato dagli antichi come metafora di una potenza universale. Così già nel primo libro di Livio, dove Romolo, disceso dal cielo, ordina a un romano di trasmettere la sua profezia: «Va’ – disse – annuncia ai Romani che gli dei celesti vogliono che la mia Roma sia la capitale del mondo; perciò coltivino l’arte militare e sappiano, e tramandino anche ai posteri che nessuna potenza umana potrà resistere alle armi dei Romani».
La mostra non intende ovviamente occultare gli aspetti che oggi possono apparire brutali del dominio romano: le sofferenze inferte a intere comunità, le guerre di rapina, la schiavitù (quale grande impero, compresi quelli a noi più recenti, non si è costruito in modo violento?). Questa immagine, che corrisponde a una percezione di massa diffusa ancora oggi a livello mondiale, viene tuttavia complicata e arricchita dalla considerazione di altri fenomeni, presi in esame dall’ampio e articolato percorso espositivo. Ma i Romani insistevano anche sul fatto che fin dalle origini la loro era stata una «città aperta» alle altre genti. Infatti, essi praticarono una politica dell'integrazione che non trova riscontri di uguale entità nell'intera storia universale: ritenevano irrilevante la purezza della stirpe, concedevano facilmente la cittadinanza, liberavano gli schiavi con procedure semplici e lo schiavo liberato era un «quasi cittadino» (i figli di quest'ultimo erano cittadini di pieno diritto). Alcuni storici contemporanei, sulla scia degli autori antichi, insistono giustamente sull'apporto morale e culturale (oltre che militare) rappresentato, nel corso dei secoli, da questo continuo arricchimento del corpo civico. La potenza bellica era dunque solo uno dei volti di Roma caput mundi. Tutti questi concetti sono esposti attraverso sculture, rilievi, mosaici, affreschi, bronzi e monete e suddivisi nelle tre sedi della mostra nelle seguenti sezioni:
CURIA
Il manifesto dell’integrazione romana/Origini esotiche/Roma città etrusca
COLOSSEO
I due volti di Roma/L’Italia dei romani/La rivolta degli italici/Romanizzazione/Roma città greca
Il mondo a Roma/La repressione dei Baccanali/Ebrei e romani/Da cose a cittadini
TEMPIO DI ROMOLO
Razza romana/Invenzioni di Roma e della romanità tra politica e cinema
La mostra è curata da Andrea Giardina, storico e professore presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane e la Scuola Normale di Pisa, e Fabrizio Pesando, archeologo e professore presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.
Accompagna la mostra un ricco volume di studi pubblicato da Electa. I saggi, affidati ai maggiori specialisti italiani e stranieri, passano in rassegna le istanze culturali, sociali e politiche del mondo romano dalle origini troiane alla Roma etrusca e greca, fino alle conquiste in Italia e nel Mediterraneo. Oltre ogni definizione geografica dell’espansione si approfondisce il ruolo dello straniero nella costruzione della civiltà romana, l’integrazione e l’ascesa dei provinciali che giunsero alle più alte cariche (si pensi agli imperatori “spagnoli, Traiano e al suo successore Adriano), la componente servile, la circolazione di beni e idee oltre che dei costumi e dei culti tra accoglienza e repressione. Tra i temi portanti del volume si affronta anche quello della globalizzazione entro i confini culturali, linguistici ed economici dell’Impero che ha reso sempre attuale l’immagine dei Romani nei secoli, oltre ogni sfruttamento ideologico.
(beniculturali.it)FESTE E SAGRE
Sagra della Ciuiga
dal 01 al 04/11/2012, San Lorenzo in Banale (TN)
Di necessità virtù. Di pura necessità si trattò quando nella seconda metà dell'Ottocento, in un clima di grandi ristrettezze, ai piedi delle Dolomiti di Brenta si inventarono la ciuìga. E oggi quel singolare salame con le rape, confezionato secondo tradizione solo ed esclusivamente nel borgo rurale di San Lorenzo in Banale -uno fra i Borghi più belli d'Itali- è indiscussa virtù gastronomica del Trentino. Unica e inimitata, la ciuìga è un presidio Slow Food. Confezionata originariamente con soli scarti di maiale, in proporzione del 20%, e con abbondanza di rape cotte e tritate, ai giorni nostri vanta invece il 70% di carni suine scelte e soltanto il 30% di ortaggi. Quel che basta però per conferirle un sapore deciso, pungente ma non piccante e davvero unico. Inconfondibile, come la forma piccola e allungata, simile a una pigna di conifera... quella che in dialetto locale si chiama appunto "ciuìga". Quel raro salamino affumicato è oggi una vera prelibatezza, da gustare al naturale, rielaborato in gustosi sughi, abbinato a patate lesse e cicoria oppure puré di patate e "capussi" (cavolo-cappuccio), adagiato su fette di pane leggermente tostato e imburrato e persino affettato sulla pizza. Ma rigorosamente in loco, in quello spicchio segreto e bellissimo di Trentino nascosto alle spalle del lago di Garda, alle falde del Parco Naturale Adamello Brenta. L'autunno è la sua stagione, quando si uccide il maiale e quando nei campi maturano le rape.MELE MIELE
Baceno (VB), dall'1 al 4 novembre
La 23^ edizione di Mele Miele si inserirà in un percorso ormai collaudato ma che mantiene inalterato anno dopo anno la sua freschezza: oltre alle numerose bancarelle, da altre parti si direbbe "stand", che presentano prodotti e servizi locali, saranno moltissimi gli eventi che caratterizzeranno le giornate dal 1° al 4 novembre 2012.
Il tema di Mele Miele 2012 è singolare e allo stesso tempo intrigante: La magia della natura, dalle streghe alla cura di sé. Attraverso questo duplice filo conduttore sarà possibile entrare con il magico (appunto) mondo della natura, rivelato in tutta la sua bellezza da incontri, conferenze, filmati ed eventi dedicati ai più piccoli che si succederanno nei quattro giorni della Sagra.Fiere e Mercati del '900
LA FIERA DELL' OCA
Mirano (VE), 10-11 novembre
Nel 2003, grazie ad un lungo e scrupoloso lavoro di ricerca storica e culturale della Pro Loco Mirano, su "FIERE E MERCATI del '900 e finanziato dalla Regione Veneto, dal Ministero delle Infrastrutture e dall'Unione Europea, per valorizzare il legame storico e culturale tra la Provincia di Venezia e la Slovenia, si è riusciti a dar vita ad una ricostruzione storica di una Fiera, del'900, che è stata chiamata: "FIERA DE L'OCA". Una Fiera, dove sotto le tipiche bancarelle in legno dai grandi teli bianchi, gentili signore, in costumi d'epoca, vendono prodotti gastronomici a base d'oca od oggetti raffiguranti o riportanti l'immagine dell'oca, mentre attori, comparse e figuranti animano le vie del centro storico. P er la gioia dell'olfatto e della gola, ci sono i banchi gastronomici: vi è quello della delegazione del "Consorzio di tutela del salame d'oca di Mortara", patria delle oche, con il classico salame cotto nel grasso di suino e con il meno conosciuto, ma forse più importante, "salame ecumenico" detto anche "salame della pace", unico salume che può essere consumato dai fedeli delle tre grandi religioni monoteiste. E' un salame crudo contenente carne magra e poco grasso tutto esclusivamente d'oca (tagliato rigorosamente a coltello, secondo regole volute dalle religioni e insaccato in pelle d'oca poi cucita a mano). Continuando la passeggiata nel mercatino, gustando un panino caldo con salsiccia d'oca odorosa di finocchio, si scopre che così come allora nelle fiere per richiamare più acquirenti dai paesi vicini, venivano chiamati i saltimbanco, gli zingari con i loro animali ammaestrati (spesso orsi, e da qui il nome orsati), i "fenomeni " (la donna cannone, l'uomo a due teste, l'uomo più forte del mondo), i baracconi con il cinematografo o i primi spettacoli circensi, oggi alla Fiera de l'Oca, tra le bancarelle. troviamo i cantastorie, i saltimbanco, le orchestrine e il circo."ZOGO DE L'OCA IN PIAZZA"
Nel 1998 Roberto Gallorini, Presidente della Pro Loco di Mirano, ideò il grande "ZOGO DE L'OCA IN PIAZZA", riportando il gioco di Carlo Preti su 63 grandi tavole (di 2 metri per 2), rialzate 80 cm. da terra, che disposte attorno all'ovale della piazza formano una grande passerella colorata di circa 130 metri. La manifestazione è stata ambientata alla fine del secolo scorso, un po' per rifuggire dal consueto richiamo medievale, ma soprattutto per riscoprire il sapore genuino, la semplice quotidianità di un periodo non così lontano, ma già dimenticato. Il proposito è quello di ricostruire una festa di un paese di campagna all'inizio del '900 con i costumi e la scenografia relativi. Attorno all'ovale costituito dalle caselle, vengono innalzate ampie tribune su i quattro lati della Piazza formando così un anfiteatro. A questo si accede attraverso tre grandi portoni simili ai frontespizi delle giostre di una volta. I partecipanti al gioco, gli organizzatori, moltissimi paesani, hanno ritrovato in soffitte o cantine i vecchi abiti dei nonni. Altri se li son fatti fare. Abiti da contadini, da notai e signorotti, da militari, da signore con ombrellino e cappellino. Son saltati fuori carrettini, vecchie biciclette, carrozzine, carriole, cerchi e trottole.
Artisti di strada, il teatrino delle marionette, saltimbanchi e "trampolieri", suonatori, il mangiafuoco percorrono le viuzze e la piazza allietando ed intrattenendo il pubblico mentre la banda di Mirano, con le vecchie divise di fine '800, suona musiche d'epoca. Ma su tutti si ergono imponenti delle gigantesche oche bianche di legno che sembrano uscire da sotto i portici e sopravanzare i visitatori. (dal web)(Gabry)
NOVITA’ MUSICALI
STRUMENTI MUSICALI
Sarangi
Il sarangi o saranghi è lo strumento principale della musica etnica indiana, sia colta sia popolare appartenente alla famiglia del cordofoni.
La storia
La leggenda vuole che il sarangi nasca in tempi antichi (attorno al XVI secolo), quando un "hakim" (medico) vagabondo, stanco si sdraia sotto un albero nella foresta per riposare e viene svegliato da un suono lontano, che scopre provenire dal vento che soffia sulla pelle di una scimmia morta e appesa tra i rami dell'albero. Ispirato da questo evento costruisce il primo sarangi. Pare che compaia ufficialmente alla corte di Mohammad Shah II (1719 - 1748), nella musica epica del classico chant khyal.
Lo strumento
Il sarangi è un antico parente del violino europeo e come esso è estremamente espressivo e difficile da suonare. Il suo nome significherebbe centinaia di colori, a indicare la gamma, la profondità e l'acutezza del suo suono. Lo strumento esprime, secondo Sir Yehudi Menuhin, "i sentimenti e i pensieri dell'animo indiano". Ha un ruolo importante nella musica del Nord dell'India, del Rajasthan, dell'Uttar Pradesh, del Pakistan e dell'Afghanistan, Nepal.
Il sarangi è una cassa di legno piatta, ricavata da un singolo pezzo di legno, solitamente cedro, con tre corde di budello (do-sol-do) e un'ordinata tavola laterale con più di 40 corde di risonanza in acciaio assicurate a chiavi laterali. Il corpo ha una tavola armonica di pelle e ponti in osso o avorio.
Lo strumento si tiene verticalmente sulle gambe e appoggiato al collo e le corde vengono bloccate non con i polpastrelli, ma con le unghie. La polvere di talco è usata sulle mani per facilitare lo scivolamento sullo strumento.
Esistono numerose varietà di sarangi, un'intera famiglia di strumenti, con lo stesso nome, struttura simile, in tutta l'area del Nord dell'India, del Pakistan e dell'Afghanistan.
fonte:wikipedia
(Lussy)
... PARLIAMO DI ...
“Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere,
ma anche nel sapere per che cosa si vive”
- F.Dostoevskij -PARSIFAL
Parsifal è uno dei personaggi più conosciuti nelle leggende del ciclo arturiano. Parsifal è uno dei cavalieri della tavola rotonda, ed è anche colui che riesce a vedere il Graal. Sono giunte diverse leggende su questo personaggio, ma tutte raccontano di un giovane nato e cresciuto nella foresta e che in seguito, recatosi alla corte di re Artù, diventa un cavaliere della tavola rotonda. Parsifal riesce a vedere il Graal perchè è uno spirito pieno di purezza. Si racconta che Parsifal non avrebbe bevuto alla sacra coppa per motivi di timidezza.
La storia è narrata nel poema "Le roman de Perceval ou le conte du Graal" (Il romanzo di Parsifal o il racconto del Graal) di Chrétien de Troyes e poi viene ripresa nel romanzo medievale tedesco "Parzifal" di Wolfram von Eschembach; si tratta di un romanzo di "formazione": l'eroe, dapprima ingenuo e puro, è alla ricerca della sua umanità interiore e, attraverso le più svariate esperienze, prende via via coscienza di sé e della sua missione nel mondo. Parsifal non ha mai conosciuto suo padre, valoroso cavaliere morto in guerra, e vive in un bosco con la madre, che vuole proteggerlo e non vuole perderlo come aveva perso suo marito. Ma giunge, ineluttabile, il momento del suo incontro col destino e la sua imperiosa quanto misteriosa "chiamata": nella foresta, Parsifal si imbatte in quattro cavalieri dalle fulgenti armature e decide di seguirli; abbandona così sua madre, incurante del terribile dolore che le procura e che la conduce alla morte (del resto aveva già ucciso, per puro capriccio, un meraviglioso e innocuo cigno). In seguito si scontra in duello col Cavaliere Rosso, lo batte e gli risparmia la vita, ma solo per dimostrare la sua superiorità e ostentare la sua generosità; poi salva la vita a Biancofiore, una tenera fanciulla che si innamora di lui ma che l'eroe, insensibile alle sue lacrime e al suo stesso affetto per lei, abbandona: nessuna ombra, nessun cedimento deve macchiare la nobiltà delle sue aspirazioni.
Dopo alterne vicende, Parsifal giunge al castello del Re Pescatore, Amfortas, che è malato e sofferente: con lui langue tutta la sua gente e la terra inaridita. Amfortas è un discendente di Giuseppe di Arimatea, che aveva deposto Gesù dalla Croce e lo aveva fatto mettere in una tomba di sua proprietà; il Re custodisce il Santo Graal, la coppa in cui sarebbe stato raccolto il sangue di Gesù crocifisso, e la Lancia insanguinata di Longino, cioè la lancia con cui Gesù sarebbe stato trafitto nel costato dal soldato Longino (che poi si sarebbe convertito e sarebbe diventato un ardente seguace di Cristo).
Parsifal avrebbe potuto guarire il Re, il suo popolo e la terra, se solo avesse posto una domanda: "A che cosa serve il Graal?" Ma il giovane non è ancora abbastanza maturo e non chiede nulla: non è ancora capace di riflettere; non ha ancora capito che nel mondo c'è tanta sofferenza (ad esempio il sangue che gronda dalla lancia di Longino), che non bisogna seguire un astratto ed egoistico ideale, ma calarsi nei mali del mondo per migliorarlo e rendersi degni della infinita misericordia di Dio, della quale il Santo Graal è il simbolo tangibile.
Il castello di Amfortas, misteriosamente, scompare; Parsifal si ritrova da solo in una landa desolata e riparte: deve imparare ancora tanto; non ha ancora conosciuto il Padre, che è al di sopra degli uomini; da bambino è cresciuto senza la guida di suo padre ed è stato allevato in un bosco solitario dalla madre, che voleva preservarlo da ogni contatto col mondo esterno e dai suoi pericoli.
Solo dopo altre esperienze (determinante era stato l'incontro e il lungo bacio di Kundry, una bellissima donna; Kundry lo aveva sedotto parlandogli della madre che lo accarezzava ed era morta di dolore per la sua partenza; solo allora Parsifal si era reso conto di tutta la sofferenza che aveva causato alla madre), dopo molte avventure e grandi dolori, Parsifal ritrova il castello e riesce a porre la fatidica domanda: allora il vecchio Re guarisce, il popolo esulta e la terra rifiorisce; Parsifal scopre che Amfortas è in realtà suo nonno, ne eredita il regno e diventa a sua volta il custode del Sacro Graal. Dopo tante peripezie, Parsifal è diventato saggio, ha saputo ridimensionare il suo egocentrismo e si mette al servizio dei suoi simili, non del suo Io; e ha anche ritrovato, in Amfortas, il Padre, quel principio spirituale da cui dipendono il mondo, la vita e la nostra esistenza individuale.
(Luciano Ballabio)...il Graal...
Un Cavaliere (Parsifal o Galaad "il Cavaliere vergine") occupa allora lo "Scranno periglioso", una sedia tenuta vuota alla Tavola Rotonda, su cui può sedersi (pena l'annientamento) solo "il Cavaliere più virtuoso del mondo", colui che è stato predestinato a trovare il Graal. Ispirato da sogni e presagi, e superando una serie di prove perigliose come il "Cimitero periglioso", il "Ponte periglioso", la "Foresta perigliosa" eccetera, Parsifal rintraccia Corbenic, il Castello del Graal e giunge al cospetto della Sacra Coppa. Non osa però porre le domande <>, contravvenendo così al suggerimento evangelico "Bussate e vi sarà aperto" e così il Graal scompare di nuovo.
Dopo che il Cavaliere ha trascorso alcuni anni in meditazione, la ricerca riprende e finalmente Parsifal (o Galaad) pone il quesito, a cui viene risposto. <<È il piatto nel quale Gesù Cristo mangiò l'agnello con i suoi discepoli il giorno di Pasqua. (...) E perchè questo piatto fu grato a tutti lo si chiama Santo Graal>> . Il Re Magagnato si riprende, il Wasteland finisce; Re Artù muore a Camlann e Merlino sparisce nella sua tomba di cristallo. Il Graal viene a questo punto, siamo intorno al 540, riportato da Parsifal a Sarraz, una terra in medio oriente impossibile da situare storicamente e geograficamente.Richard Wagner - Parsifal
«Wagner ha mai composto qualcosa di più bello? [ … ] qui, proprio nel profondo di questa musica, compare un sentimento sublime e straordinario, un’esperienza di vita e un esito dell’anima che onorano moltissimo Wagner, una sintesi di stati d’animo che molta gente, compresi i nostri intellettuali “superiori”, considererà incompatibili: una tremenda severità di giudizio “dall’alto” che deriva da una comprensione profonda dell’anima e che vede attraverso l’anima, trapassandola come col filo d’un coltello, e di pari passo con ciò c’è una compassione per quello che è stato percepito e giudicato. Solo Dante è paragonabile, nessun altro. C’è stato mai nessun pittore capace di descrivere in modo così triste una visione d’amore come Wagner fa negli accenti finali del suo Preludio?».(Friedrich Nietzsche)Chiaro è il mattino che nasce dall'Est:
questa foresta è tua.
Nato selvaggio, puro nell'anima,
non sai paura cos'è.
Quei cavalieri simili a Dei
non li hai mai visti però:
non paura nasce dentro.
Folle nell'alba, tu vuoi conoscere
ciò che nel bosco non c'è:
hai scoperto il tuo destino -
il tuo destino nel nome che tu avrai:
re della luce sarai.
Corri, corri, corri, corri.
Parleranno a te di Dio, del Re.
Le fanciulle fiore nel viaggio vedrai.
In un grande sogno antico
la tua nuova vita solitario ti sospingerà
e un dubbio ti conquisterà.
L'incantata età straniera di lei
non è gloria o vento, ma dolce realtà.
Dentro l'erba alta al fiume,
le tue armi al sole e
alla rugiada hai regalato ormai:
sacro non diventerai.
Qui si ferma il tuo cammino.
(i Pooh)(Gabry)
STRISCIA FUMETTI
I BIMBI E LO SPORT
PATTINAGGIO
È uno sport che si può iniziare abbastanza presto, intorno ai 5 anni, ma deve essere affiancato da un’attività generica, come il nuoto o la ginnastica, poiché stimola prevalentemente gli arti inferiori.
I BENEFICI
- Come la bici, consente di apprendere un equilibrio diverso da quello al quale si è abituati, quindi è un’ottima occasione per sviluppare le capacità coordinative.
- È uno sport ‘ibrido’, che non sempre è impostato come attività fisica vera e propria, ma è concepito prevalentemente come attività ludico-ricreativa. “Ed è un bene” evidenzia l'insegnante di scienze motorie Giuseppe Albanese, “perché il pattinaggio lavora molto sulla flessibilità articolare ed un lavoro specifico di questo genere fino ai 7-8 anni rischia di rendere le articolazioni troppo lasse”.
- Come per la bici, può essere l’occasione per salutari passeggiate all’aperto insieme ai famigliari o agli amici, e proprio per questo aiuta la socializzazione e la condivisione del momento ludico con il gruppo.
Bambini a rotelle!
Il pattinaggio su ruote è un’attività sportiva ideale per i bambini poiché si tratta di un gioco che si trasforma in sport per i piccoli che lo praticano. Ideale per sviluppare forza ed equilibrio, armonia nei movimenti e resistenza fisica rappresenta un’attività ideale da consigliare ai genitori. L’età migliore per iniziare è compresa tra i 5 e i 7 anni, occorre scegliere strutture affidabili che dispongano di maestri preparati. Sempre opportuna una visita medica preliminare che attesti le condizioni fisiche idonee alla pratica di un’attività sportiva. Due lezioni settimanali della durata di un’ora sono sufficienti per iniziare a prendere confidenza con le rotelle. Esistono strutture nelle quali è possibile noleggiare i pattini per prova affinché i bambini possano decidere se proseguire il corso prima di munirsi di attrezzatura propria. Trattandosi di un’attività divertente anche i più piccoli si sentiranno coinvolti dagli esercizi vivendoli come un gioco.
Il ghiaccio e le calde passioni.
Il pattinaggio sul ghiaccio è un'attività davvero calda: movimenti, salti, piroette sono energia allo stato puro. Scivolare, sfrecciare sulla pista bianca, e sembra di volare, trascinati dall'intensità delle emozioni che solo questo sport sa regalare. Una congiunzione alchemica tra elegante armonia e potenza dinamica che accendono il fuoco della passione.
La danza, integrata al pattinaggio o come singola attività, è l'espressione più alta del linguaggio del corpo attraverso la quale scorrono una miriade di sentimenti: divertimento, gioia, entusiasmo e, ancora, passione.(Lussy)
... LA NATURA SULL'ISOLA ...
IL TIGLIO
Il tiglio appartiene al genere Tilia ed alla famiglia delle Tiliaceae. Sono alberi che crescono spontanei in quasi tutta l'Europa fino a 1500 m s.l.m., molto longevi che possono arrivare ad avere anche 1000 anni. In nome deriva dal greco "ptilon = ala o penna leggera" per la caratteristica brattea laterale dei peduncoli dell'infiorescenza. Il tiglio è un albero alto dai 15 ai 30 m di altezza a foglia decidua, con tronco diritto, corteccia liscia che diventa screpolata, grigiastra e con venature longitudinali quando la pianta ha più di vent'anni di età. Presenta la particolarità di sviluppare numerosi polloni alla base che sono normalmente utilizzati per la moltiplicazione della pianta.
Le radici sono profonde ed espanse. Le foglie del tiglio sono alterne provviste di un lungo picciolo, cuoriformi, di colore verde più o meno intenso, con i margini seghettati e l'apice acuminato e presentano una leggera peluria più o meno sviluppata a seconda della specie.
I fiori sono ermafroditi, molto profumati, di colore bianco-giallastri, riuniti in piccoli mazzetti portati da un peduncolo che parte dalla brattea laterale che serve a favorire la disseminazione dei frutti, una volta maturi, ad opera del vento. I frutti del tiglio sono a forma di capsula ovale delle dimensioni di un pisello.
Il legno del Tiglio è anche utilizzato per la preparazione di mobili e dai semi si produce un olio simile a quello d'oliva. Con le fibre ricavate dalla corteccia si fabbricano stuoie e corde. Le foglie sono un alimento molto gradito dal bestiame. Gli spagnoli lo usano per preparare una tisana (la Tila) al posto del tè....storia di Tigli....
Il tiglio di Morat
Uno degli alberi più conosciuti della Svizzera, per la storia cui è legato, è il tiglio di Morat. Contrariamente al a quanto si può pensare, non si trova però nella cittadina di Morat, ma a 17 Km di distanza, nella città di Friburgo. Il tiglio commemora la battaglia di Morat del 1476, in cui le truppe guidate dai bernesi distrussero l'armata di Carlo il Temerario, duca di Borgogna. Narra la leggenda che un messaggero strappò il ramo di un albero che si trovava sul campo di battaglia e, brandendolo in segno di vittoria, corse con la buona notizia fino a Friburgo, per poi accasciarsi al suolo ormai esanime; e il ramo mise radici proprio nel punto in cui cadde il giovane. Sfortunatamente la storia è piuttosto inverosimile poiché sembrerebbe che l'albero in questione sia - o era - addirittura più antico della battaglia. In ogni caso il tiglio fece una fine ingloriosa: nel 1983, un automobilista ubriaco ci si schiantò contro. Continua comunque a sopravvivere grazie a una talea fatta con i resti dell'albero originale che è stata piantata in una zona più tranquilla. Per quanto riguarda l'eroico messaggero, egli viene ricordato ogni anno nella prima domenica di ottobre, quando circa 8'000 sportive e sportivi ripercorrono i sui passi nella corsa Morat-Friburgo.
Il tiglio di Linn
Un altro albero con una storia alle spalle è il tiglio di Linn, nei pressi di Brugg nel Canton Argovia. Secondo la leggenda l'albero cresce sulla fossa dove furono sepolte le vittime della peste. La leggenda vuole che l'intera popolazione di Linn fosse stata sterminata dal contagio, risparmiano un solo sopravvissuto. Poichè anche il carrettiere che aveva il compito di portare i cadaveri ad un distante cimitero era morto, il sopravvissuto dovette trovare un modo per liberarsi dei corpi e li gettò perciò in una fossa comune sotto l'albero. La storia si riferisce con tutta probabilità alla peggiore epidemia mai registrata nella zona, la peste del 1660 che uccise più di due terzi della popolazione. Per quanto riguarda il tiglio, è sicuro che esistesse già all'epoca della peste: la sua età viene stimata tra i 600 e gli 800 anni. Oggi ha raggiunto dimensioni imponenti ed un diametro di 3,4 metri.
Il tiglio di Casola di Caserta
Nel piazzale antistante l’ingresso della Chiesa di Casola, dedicata a San Marco Evangelista, si trova appunto un tiglio europeo dell’età di circa 400 anni. Si racconta che fu piantato, insieme ad altri due esemplari, verso la fine del 1600 in occasione dell’arrivo nella piccola comunità di un sacerdote della curia di Capua, don Vitaliano che in seguito fu nominato Santo.
Gli altri due tigli, di minori dimensioni, hanno avuto una sorte avversa, infatti non sono più presenti perché furono abbattuti a metà del novecento per far posto ad alcune strutture funzionali al locale oratorio. L’esemplare sopravvissuto, secondo la tradizione popolare, è sotto la protezione diretta del Santo Patrono del paese, San Marco Evangelista.
A tal proposito gli anziani raccontano una storia che si perde tra mito e leggenda e che narra di una persona del posto che in un momento di collera, bestemmiando il Santo Patrono, tagliò per rabbioso sfregio alcuni rami del tiglio; quella stessa persona non sopravvisse a lungo, poche ore dopo mori e da allora c’è la credenza che chiunque tagli un ramo dell’albero può subire una disgrazia.
Vi è inoltre la tradizione che il giorno del 25 aprile, in occasione della festa del Santo Patrono, la cerimonia religiosa termini con il saluto a San Marco proprio sotto la chioma del tiglio.
In passato tra i suoi rami vi nidificava un barbagianni.
Un altro tiglio antico si trova nel cortile del Castello imperiale di Norimberga, che secondo la tradizione fu piantato dall’imperatrice Cunegonda, moglie di Enrico II di Germania, il che lo portava ad avere 900 anni nel 1900 quando fu catalogato. Nell’aspetto appare vecchio e malato, ma ancora nel 1900 sui pochi rami rimasti spuntavano le foglie e veniva curato teneramente. Anche il tiglio di NeuenstadtamKocher nel Baden-Wuerttemberg è degno di nota, ne parla anche Harriet L. Keeler nel suo libro “Our Native Trees and How to IdentifyThem” (I nostri alberi indigeni e come riconoscerli) edito nel 1900 a New York da Charles Scriber’sSons.
C’è poi il tiglio Alte Linde di Naters, in Svizzera, di cui si parla in un documento del 1357 e già a quel tempo definito dall’autore “enorme”. Ai piedi dell’albero una targa ricorda che nel 1155 un albero di tiglio si trovava già in questo luogo.... storia, miti e leggende ....
I greci conoscevano le proprietà calmanti dei fiori di tiglio, e ne facevano risalire l’uso ai tempi di Cronos (età dell’oro).
La ninfa Filira, figlia d’Oceano, concepì da Saturno un bambino mostruoso, e per la vergogna chiese di essere trasformata nell’albero che allora portò il suo nome, il quale è una parola cretese, quindi preellenica. Il figlio, il centauro Chirone, diventò un illustre guaritore, potere che gli veniva dalla madre, essendo il tiglio uno dei più antichi rimedi conosciuti.
Oltre ai fiori i greci ne utilizzavano il libro che si trova tra la corteccia e il legno che chiamavano phlyra, ottenendo da questo carta e stuoie. Dalla corteccia, lasciata a macerare nell’acqua, ottenevano una flora tessile “il Tiglio”, le fibre venivano separate attraverso una tecnica detta “stigliatura”, operazione usata successivamente con il lino e la canapa.
Il tiglio è inoltre da sempre considerato l'albero dell'amore coniugale. Questo deriva da un'antica leggenda greca nella quale si narra che Bauci e Filemone erano due vecchi sposi, ancora molto innamorati l'uno dell'altra. Un giorno bussarono alla loro porta Zeus ed Ermes sotto sembianze umane e furono gli unici che li accolsero benevolmente e non li scacciarono. I due dei gli concessero allora di sopravvivere alla punizione che avrebbero inflitto a tutti gli altri uomini e di esaudire la loro preghiera di morire insieme. Un giorno, Filemone e Bauci ormai vecchi e stanchi improvvisamente iniziarono a trasformarsi, Bauci in una quercia e Filemone in un tiglio. Erano finalmente uniti per sempre, l'uno accanto all'altra.
Nella vecchia mitologia slava il tiglio era considerato un albero sacro, in particolare in Polonia molti villaggi hanno un nome che si ricollega al tiglio. L’albero del tiglio è inoltre un emblema nazionale della Slovacchia, della Slovenia e della Repubblica Ceca. Nel mondo cristiano ortodosso il legno di tiglio era il preferito come pannello su cui dipingere le icone, grazie alla facilità con cui lo si può lavorare e levigare e per la sua resistenza alla deformazione una volta stagionato.
Anche nella mitologia germanica pre-cristiana il tiglio era un albero altamente simbolico e sacro. Le varie comunità usavano riunirsi sotto l’albero del tiglio più importante del villaggio non solo per festeggiare e ballare, ma anche per dirimere le vertenze giudiziarie al fine di ristabilire la giustizia e la pace, ritenendo che l’albero avrebbe aiutato a svelare la verità. Fu così che il tiglio, anche dopo la cristianizzazione della Germania, è rimasto associato alla giurisprudenza. Del resto, la consuetudine di riunirsi sotto un tiglio per prendere le decisioni importanti era una tradizione anche in molte comunità della nostra penisola, dall’altopiano di Asiago, come ci ricorda Mario Rigoni Stern, al Beneventano, come narrato da Annibale Paloscia.
In Persia prese il nome di albero “Oracolare” per questo racconto: “Gli Enarei che vivevano presso gli Sciti, furono scoperti a saccheggiare il tempio di Afrodite, la quale , furibonda gli tolse tutta la loro virilità, lasciandogli in dono la capacità di predire il futuro.Gli Enarei praticavano la divinazione mediante tre strisce di corteccia di tiglio; che dopo averle rotolate e srotolate più volte attorno alle dita svelavano il loro responso.
In Lituania si dice che per avere un buon raccolto gli uomini offrissero dei sacrifici alle Querce (albero maschile per eccellenza), mentre le donne facevano le loro offerte ai Tigli, sempre per lo stesso scopo.(Gabry)
POESIE DI STAGIONE
Ottobre: mese autunnale
Vien l'ottobre e, sopra il cielo,
di sue nebbie stende il velo;
improvviso s'alza il vento
con un lungo alto lamento.
Pur, che festa di colori,
che tripudio di canzoni,
che splendor, qua e là, di falci
e che porpora nei tralci.
Nel settembre generosa,
ora la terra si riposa
sotto un fremito di foglie;
pur già dentro il grembo accoglie
nuovi semi di lavoro:
i preziosi chicchi d'oro
che in un mese ancor lontano
diverran spighe di grano.( F. Castellino)
LA SERA SULLL’ISOLA
Quattro chiacchiere in allegria
Parliamo spesso della nostra Isola Felice dscrivendola come una grande famiglia, come il luogo di ritrovo sereno di tanti amici. Allora volevamo rendere noto a tutti che tutte le sere, dopo le 20,30 ci riuniamo in questo luogo per trascorrere in serenità e divertimento le nostre serate. Approfittiamo allora del nostro giornale per informanre tutti dell’argomento con cui ci divertiremo la sera.. vi aspettiamo tutti tutti tutti e, se avete argomenti da proporre per la sera, mandate un mp a Lussy ...
[color=#f28b03]SERATE D’AUTUNNO…
Ci si sofferma spesso con naso all’insù, cercando di scrutare l’orizzonte, e di cercare con lo sguardo sfumature nei colori che divertendosi si mescolano a regalano spettacolari riflessi ed emozioni colorate. Pennellate nel cielo che fanno sognare mentre le temperature della sera divengono sempre più gradevoli ed avvolgono persone e cose regalando brividi di emozioni che riscaldano cuore ed anima in solo canto di gioia infinita. Autunno stagione di brividi, di colori e di tenue passaggio da temperature calde ad altre più fresche. Delicato passaggio colorato verso l’inverno, dalle spiagge col mare, alle montagne innevate. Brividi di emoizone, colorati sospiri mentre in cielo si avvicendano pennellate di caldi colori forti e vivi come abbracci d’amore …STASERA PARLEREMO DI ...
... TRAMONTI D’AUTUNNO ...(La redazione)
... FOTO E IMMAGINI DAL WEB ...
... Il giornale non poteva prescindere da quella che è una usanza che ha unito generazioni intere. Chi di noi non ha almeno una volta passato ore alla ricerca di immagini da inviare alle persone care? Quante volte ci siamo trovati nel bar del luogo di vacanza con una pila di cartoline da mandare alla famiglia, ai parenti, ad amici e conoscenti … ebbene in questo nostro luogo di sogno, dalla nostra isola felice, ci piace raccogliere cartoline dal mondo e pubblicarle sul nostro giornale e, in questo modo sognare insieme guardando quelle immagini di luoghi da sogno del nostro meraviglioso pianeta ...
(La redazione)
scatto di Antonio Grambone
Nat Geo Italia settembre 2012La forza non deriva dalle capacità fisiche,
ma da una volontà indomita.
(Mahatma Gandhi). -
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Novita' Musicali
Nickelback - Trying Not To Love You
Fatta mambassa negli anni di dischi venduti, i Nickelback spremono fino all’ultimo Here And Now, ormai stagionato album arrivato al quinto singolo.
I canadesi sono senz’altro idolatrati in patria, tollerati a sud del confine (dove si determina il successo vero), e sinceramente sulla via del dimenticatoio qui in Europa, escludendo ovviamente il Regno Unito, dove non fosse altro che per questioni linguistiche, il gruppo tira ancora.
E col suddetto quinto singolo, Trying Not To Love You, vogliono forse tastare fino a che punto ci si possa spingere nello sfruttare l’onda lunga del successo, prima di riportare a casa armi e bagagli e rimettersi a lavorare su qualcosa di nuovo.
La canzone è una ballatona che nasce acustica e discreta ma si trasforma presto in un pezzo soft rock, non tanto nei suoni – sempre pieni come da tradizione – quanto nelle intenzioni liriche.
Le parole formano infatti un testaccio d’amore vissuto e perso, con conseguenti sforzi del disperato amante di non cadere più nelle trappole di Cupido.
Dai Chad, pure tu puoi fare di meglio!
Le conseguenze musicali delle coordinate verbali sono in linea: alla ritmica possente si affianca un insieme di suoni cuciti su misura, aggressivi ma non troppo.
Il tentativo di produrre atmosfere meno scontate è palpabile, ma onestamente non troppo a segno, calato com’è in una struttura da power ballad un pelo oltre il già sentito.
Constatato che la voce di Chad Kroeger funzioni sempre, sia con l’hard rock che con i pezzi più rilassati, forse i Nickelback dovrebbero provare a svoltare bruscamente.
Non è infatti con pezzi quali Trying Not To Love You che la loro carriera, di indiscutibile successo finora, possa risollevarsi artisticamente, tenendo per buoni comunque gli introiti assicurati da tour e dischi.
Alberto De Donatis, lunedì 15 ottobre 2012
Video
fonte:musicsite.it/. -
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Russell Crowe si separa dopo nove anni di matrimonio
L'attore australiano Russell Crowe e sua moglie Danielle Spencer si sono separati dopo nove anni di matrimonio.
Forse, secondo indiscrezioni, all’origine della rottura ci sarebbe un tradimento da parte di lei. Ma ci crediamo?
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BUONGIORNO GIORNO... BUON MARTEDI' ISOLA FELICE
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A TUTTI...♥
Ciao Claudio..♥...
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Ciao Giuly ... Buongiorno!!!CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto durante tutta l’estate mi è piaciuto per cui da oggi continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
Le più belle poesie di tutti i tempi
UN MESE TRA I BAMBINI
I bambini giocano
nuovissimi giuochi,
noiose astruse propaggini
del giuoco dell'Oca.
I bambini tengono in mano
il nostro avvenire.
Non questi che lo palleggiano,
ma generazioni lontane.
Il fatto non ha importanza
e gli ascendenti neppure.
Quello che hanno tra i piedi
è il presente e ne avanza.
I bambini non hanno
amor di Dio e opinioni.
Se scoprono la finocchiosa
spuntano pappe e emulsioni.
I bambini sono teneri
e feroci. Non sanno
la differenza che c'è
tra un corpo e la sua cenere.
I bambini non amano
la natura ma la prendono.
Tra i pini innalzano tende,
sciamano come pecchie.
I bambini non pungono
ma fracassano. Spuntano
come folletti, s'infilano
negl'interstizi più stretti.
I bambini sopportano
solo le vecchie e i vecchi.
Arrampicativisi strappano
fermagli pendagli cernecchi.
I bambini sono felici
come mai prima. Con nomi
da rotocalco appaiono
nelle réclame delle lavatrici.
I bambini non si chiedono
se esiste un'altra Esistenza.
E hanno ragione. Quel nòcciolo
duro non è semenza.
I bambini.....
(EUGENIO MONTALE)
Favole Classiche
Il giovane gigante
Un contadino aveva un figlio che era grande come un pollice e non cresceva mai; per anni non era cresciuto neanche di un filo. Un giorno il contadino volle recarsi nel campo ad arare e il piccolo gli disse: -Babbo, voglio venire anch'io-. -No- disse il padre -resta qui, là fuori non servi a nulla e potresti anche perderti.- Allora Pollicino incominciò a piangere e, per essere lasciato in pace, il padre dovette portarlo con s‚. Così se lo mise in tasca e quando fu nel campo lo tirò fuori e lo mise in un solco appena arato. Mentre il piccolo se ne stava là seduto, ecco arrivare un gran gigante attraverso le montagne. -Vedi là quel grande mostro?- disse il padre, che voleva spaventare il piccino perché‚ stesse buono. -Viene qui e ti porta via.- Ma il gigante aveva le gambe lunghe e arrivò al solco in due passi; ne tirò fuori il piccolo Pollicino e se ne andò con lui. Il padre se ne stava là senza poter proferir parola per lo spavento e credeva di avere ormai perduto il suo bambino e che non l'avrebbe più rivisto per tutta la vita. Ma il gigante lo prese con s‚ e lo allattò, sicché‚ Pollicino crebbe e divenne grande e grosso come i giganti. Quando furono trascorsi due anni, il vecchio andò con lui nel bosco e volle metterlo alla prova dicendo: -Strappati una bacchetta-. Il ragazzo era già così forte che sradicò da terra un alberello. Ma il gigante pensò che dovesse fare ancora meglio; lo prese nuovamente con s‚, lo allattò per altri due anni e quando lo condusse nel bosco per metterlo alla prova, il ragazzo fu in grado di sradicare un albero molto più grande. Ma al gigante non bastò ancora; lo allattò per altri due anni e, quando lo accompagnò nel bosco e gli disse: -Adesso strappati proprio una bella bacchetta- il giovane sradicò la quercia più grossa che si schiantò; ma per lui non fu che uno scherzo. Vedendo questo, il vecchio gigante disse: -Basta così, ormai ti sei perfezionato- e lo ricondusse al campo dove lo aveva preso. Suo padre stava arando proprio in quel momento; il giovane gigante gli andò incontro e disse: -Guardate, babbo, come sono diventato, sono vostro figlio!-. Il contadino si spaventò e disse: -No, tu non sei mio figlio, vattene via da me-. -Ma certo che sono vostro figlio! Lasciatemi arare: so farlo bene quanto voi.- -No, no tu non sei mio figlio e non sai neanche arare, vattene via!- Ma siccome aveva paura di quell'omone, lasciò stare l'aratro, si allontanò e si mise da parte sul margine del campo. Allora il giovane prese l'aratro e ci appoggiò soltanto una mano, ma con tanta forza che l'arnese sprofondò nel terreno. A quella vista, il contadino non pot‚ resistere e gli gridò: -Se vuoi arare, non devi schiacciare così forte, altrimenti farai un brutto lavoro!-. Ma il giovane staccò i cavalli, tirò egli stesso l'aratro e disse: -Va' pure a casa, babbo, e di' alla mamma di preparare un gran piatto colmo per il pranzo; io, intanto, arerò il campo-. Il contadino tornò a casa e ordinò il pranzo a sua moglie che preparò un bel piatto colmo. Il giovane, nel frattempo, arò da solo il campo, che era due giornate di terreno, poi si attaccò agli erpici e, con due alla volta, finì anche di erpicare. Quand'ebbe finito, andò nel bosco e sradicò due querce, se le mise sulle spalle e ci mise sopra gli erpici, uno davanti e l'altro dietro, e così anche i cavalli e portò tutto quanto a casa come se fosse stato un fascio di paglia. Quando entrò nel cortile, sua madre non lo riconobbe e domandò: -Chi è quell'omone spaventoso?-. Il contadino rispose: -E' nostro figlio-. Ma ella disse: -No, non può essere nostro figlio; uno così grosso non lo abbiamo mai avuto: il nostro era piccolino! Vattene, non ti vogliamo!-. Ma il giovane tacque, menò i suoi cavalli nella stalla e diede loro fieno e avena, tutto per bene. Quand'ebbe finito, andò nella stanza, si sedette sulla panca e disse: -Mamma, avrei voglia di mangiare, è pronto?-. Ella rispose di sì poiché‚ non osava contraddirlo, e portò due piatti grandi grandi e ben colmi, che a lei e a suo marito sarebbero bastati per otto giorni. Ma il giovane se li divorò da solo e chiese se non avesse altro da dargli. -No- diss'ella -è tutto ciò che abbiamo.- -Per me è stato solo un assaggio, ma mi occorre molto di più per sfamarmi.- Allora ella uscì e mise sul fuoco il calderone per il porco, ben pieno e quando fu pronto lo portò dentro. -Finalmente arriva ancora qualcosina- disse, e mangiò tutto, ma anche quello non bastò a cavargli la fame. Allora egli disse: -Babbo, vedo bene che a casa vostra non mi potrò sfamare; se mi procurerete un bastone di ferro che sia forte e che io non possa spezzare sulle mie ginocchia, me ne andrò via-. Il contadino se ne rallegrò; attaccò al carro i suoi due cavalli e si recò dal fabbro a prendere un bastone così grande e grosso che i due cavalli poterono trasportarlo a stento. Ma il giovane se lo mise sulle ginocchia e trac!, lo spezzò in due come se fosse stato un arboscello. Il padre attaccò quattro cavalli e andò a prendere un bastone così grande e grosso che ci volevano i quattro cavalli per trasportarlo. Ma il figlio spezzò anche quello in due pezzi sul ginocchio, lo gettò via e disse: -Babbo, questo non mi serve, devi attaccare degli altri cavalli e procurarmi un bastone più forte-. Allora il padre attaccò otto cavalli e andò a prenderne uno così grande e grosso che ci volevano gli otto cavalli per trasportarlo. Ma quando il figlio lo prese in mano, ne ruppe subito un pezzo da un lato e disse: -Babbo, vedo che non potete procurarmi il bastone di cui ho bisogno; me ne andrò così come sono-. Così se ne andò e si spacciò per un garzone fabbro. Giunse in un villaggio dove abitava un fabbro, un uomo avaro che non dava niente a nessuno e voleva avere tutto per s‚. Egli entrò nella fucina e gli chiese se non avesse bisogno di un garzone. -Sì- rispose il fabbro; lo guardò e pensò: -Questo è un uomo capace, lavorerà come si deve e si guadagnerà il pane". Gli chiese: -Quanto vuoi di salario?-. -Non voglio proprio nulla- rispose egli -soltanto ogni quindici giorni, quando vengono pagati gli altri garzoni, ti darò due botte e tu dovrai sopportarle. L'avaro ne fu ben contento, pensando di risparmiare molto denaro. Il mattino dopo, il garzone forestiero dovette battere per primo, ma quando il mastro portò la verga arroventata, al primo colpo il ferro andò in pezzi e l'incudine sprofondò nel terreno, tanto che non si pot‚ più tirarla fuori. Allora, l'avaro si arrabbiò e disse: -Ehi, non me ne faccio nulla di uno come te: batti con troppa forza; cosa vuoi per quell'unico colpo?-. Egli rispose: -Ti darò soltanto un colpettino e nient'altro-. Alzò il piede e gli diede una pedata che lo fece volare più alto di quattro carri di fieno. Poi prese dalla fucina la sbarra di ferro più grossa che trovò, per servirsene come bastone, e proseguì il suo cammino. Dopo un po' giunse a una fattoria e chiese al fattore se per caso avesse bisogno di un caposquadra. -Sì- rispose il fattore -ne ho bisogno: tu sembri un tipo in gamba, uno che sa cavarsela; quanto vuoi di salario all'anno?- Egli tornò a dire che non voleva salario, ma che ogni anno gli avrebbe dato tre botte e lui doveva sopportarle. Il fattore ne fu soddisfatto perché‚ anche lui era un uomo avaro. Il mattino dopo i servi dovevano andare nel bosco a far legna; erano già tutti alzati, soltanto il giovane era ancora a letto. Allora uno gli gridò: -Alzati, è ora; noi andiamo nel bosco a far legna, tu devi venire con noi-. -Ah- rispose egli, sgarbato e arrogante -andate pure, tanto ci arrivo prima di tutti voi insieme.- Allora quelli andarono dal fattore e gli raccontarono che il caposquadra era ancora a letto e non voleva andare a fare legna con loro. Il fattore disse che dovevano andare di nuovo a svegliarlo e ordinargli di attaccare i cavalli. Ma il caposquadra tornò a ripetere: -Andate pure, tanto ci arrivo prima di tutti voi insieme-. Rimase a letto ancora un paio d'ore, poi finalmente si alzò, ma prima andò nel granaio a prendersi una gran quantità di piselli, li fece cuocere e se li mangiò tranquillamente; poi attaccò i cavalli e andò nel bosco a far legna. Nei pressi del bosco c'era una gola che egli doveva attraversare; prima vi fece passare il carro, poi fermò i cavalli, andò dietro il carro, prese alberi e frasche ed eresse una gran barricata, in modo che nessun cavallo potesse passare. Quando arrivò al bosco, gli altri stavano appunto uscendone per tornarsene a casa con i loro carri carichi. Allora egli disse loro: -Andate pure, io arriverò prima di voi-. Non si addentrò molto nel bosco, sradicò subito due degli alberi più grossi, li caricò sul carro e prese la via del ritorno. Quando arrivò davanti alla barricata, gli altri erano ancora là e non potevano passare. -Vedete- disse -se foste rimasti con me, sareste comunque arrivati a casa presto e avreste potuto dormire un'ora in più.- Volle proseguire, ma i suoi quattro cavalli non riuscivano a farsi largo; allora egli li staccò, li mise in cima al carro e si mise a tirar da solo tutto quel carico e riuscì a passare così facilmente come se tirasse un carico di piume. Quando fu dall'altra parte, disse ai compagni: -Vedete, ho fatto più in fretta di voi-. E proseguì mentre gli altri dovettero fermarsi. Ma in cortile prese in mano un albero, lo mostrò al fattore e disse: -Non è un bel pezzo di legno?-. E il fattore disse a sua moglie: -Questo servo è in gamba; anche se dorme a lungo torna prima degli altri-. Il giovane servì il fattore per un anno; quando fu trascorso e gli altri servi si presero il loro salario, egli disse che era tempo anche per lui di ricevere ciò che gli spettava. Ma il fattore aveva paura delle botte che doveva buscarsi e lo pregò di risparmiarlo; piuttosto sarebbe diventato lui caposquadra e gli avrebbe lasciato fare il fattore. -No- disse il giovane -non voglio diventare fattore; sono caposquadra e voglio rimanerlo, ma voglio anche somministrarti ciò che è stato pattuito.- Il fattore voleva dargli tutto ciò che si poteva desiderare, ma non servì a nulla: il caposquadra rispondeva ogni volta di no. Allora il fattore non sapeva più a che santo votarsi e lo pregò di lasciargli quindici giorni di tempo, per poter riflettere. Il caposquadra acconsentì. Il fattore riunì tutti i suoi scrivani perché‚ ci pensassero e gli dessero un consiglio. Quelli meditarono a lungo e conclusero che si doveva accoppare il caposquadra. Il fattore avrebbe fatto trasportare delle grosse macine accanto al pozzo in cortile, poi doveva ordinare al caposquadra di scendere nel pozzo per pulirlo; una volta in fondo al pozzo gli avrebbero buttato le macine sulla testa. Al fattore piacque il consiglio, così tutto fu preparato e le macine più grosse furono poste vicino al pozzo. Quando il caposquadra vi si calò, rotolarono giù le pietre che picchiarono sul fondo tanto da far fuoriuscire l'acqua. Credevano in questo modo di avergli sfondato la testa, ma egli gridò: -Cacciate via i polli dal pozzo: lassù razzolano nella sabbia e mi gettano i grani negli occhi, che non ci vedo più-. Allora il fattore gridò: -Sciò, sciò!- e finse di far scappare i polli. Quando il caposquadra ebbe finito il lavoro, risalì e disse: -Guardate un po' che bel collare ho addosso!-. Ed erano le macine che portava intorno al collo. A quella vista il fattore tornò ad avere paura, poiché‚ il caposquadra pretendeva il suo compenso. Allora chiese altri quindici giorni di tempo e radunò nuovamente gli scrivani che gli consigliarono di mandare il caposquadra nel mulino incantato a macinarvi il grano di notte: nessuno ne era uscito vivo al mattino. La proposta piacque al fattore; così quella stessa sera mandò a chiamare il caposquadra e gli ordinò di portare al mulino otto staia di grano e di macinarle quella notte stessa: ne avevano bisogno. Il caposquadra andò nel granaio e si mise due staia nella tasca destra, due nella sinistra e le altre quattro le infilò in una bisaccia che portò per metà sulla schiena e per metà sul petto, e, così carico, si avviò verso il mulino incantato. Ma il mugnaio gli spiegò che di giorno poteva macinare benissimo, ma di notte no, perché‚ il mulino era incantato, e chi vi era entrato era stato trovato morto al mattino. Egli disse: -Io me la caverò, andatevene e mettetevi a letto-. Poi entrò nel mulino, ammucchiò il grano e verso le undici andò nella stanza del mugnaio a sedersi sulla panca. Dopo un po' che se ne stava là seduto, la porta si aprì all'improvviso, ed entrò una tavola grande grande, e sulla tavola, poiché‚ non vi era nessuno che serviva, si disposero da s‚ vino, arrosto e tanti buoni cibi. Poi si avvicinarono le sedie, ma non venne nessuno, finché‚ d'un tratto vide delle dita che maneggiavano coltelli e forchette e mettevano i cibi nei piatti; ma non riuscì a vedere nient'altro. Dato che aveva fame e vedeva i cibi, si mise a tavola anche lui e mangiò di gusto. Quando fu sazio e anche gli altri ebbero vuotato i loro piatti, tutte le candele furono spente all'improvviso, egli lo vide con chiarezza; quando fu buio pesto gli arrivò in faccia qualcosa come uno schiaffo. Allora disse: -Se capita ancora una volta, lo restituisco-. E quando ricevette il secondo schiaffo, colpì anche lui. Continuò così tutta la notte: non si lasciò spaventare e picchiò a destra e a manca con decisione. Ma allo spuntar del sole, tutto cessò. Quando il mugnaio si alzò, andò a cercarlo e si meravigliò di trovarlo ancora vivo. Egli disse: -Ho ricevuto delle sberle, ma ne ho anche date e ho mangiato a sazietà-. Il mugnaio si rallegrò e disse che ora il mulino era libero dall'incantesimo, e in premio gli avrebbe dato molto denaro. Ma egli disse: -Non voglio denaro, ne ho abbastanza-. Poi si caricò la sua farina sulle spalle, tornò a casa e disse al fattore che aveva eseguito l'ordine e che ora voleva il salario pattuito. All'udire queste parole, il fattore si spaventò ancora di più: era fuori di s‚ e camminava su e giù per la stanza con il sudore che gli gocciolava dalla fronte. Allora aprì la finestra per prendere una boccata d'aria fresca, ma, prima che se ne accorgesse, il caposquadra gli diede un calcio che lo scaraventò fuori dalla finestra, facendolo volare per aria, lontano lontano, finché‚ nessuno lo vide più. Allora il caposquadra disse alla moglie del fattore che la seconda botta toccava a lei. Ma ella disse: -Ah, no! Non resisterei!- e anche lei aprì la finestra perché‚ le gocce di sudore le colavano dalla fronte. Allora egli le diede un calcio, da far volare in aria anche lei e ancora più in alto di suo marito. L'uomo le gridò: -Vieni da me!-. Ma ella rispose: -Vieni tu da me, io non posso!-. E così rimasero sospesi in aria senza che l'uno potesse raggiungere l'altro; e se siano ancora là, non lo so. Il giovane gigante, invece, prese il suo bastone di ferro e proseguì il suo cammino.
(F.lli Grimm)
ATTUALITA’
Niente soldi, suore si incatenano
Istituti verso la chiusura per mancanza di fondi. Assistono più di duemila persone, tra bambini e anziani. Ma i circa 40 istituti di assistenza e beneficenza di Napoli - sia cattolici che laici - rischiano la chiusura perché non hanno più soldi in cassa per pagare i dipendenti e provvedere alle primarie necessità e non ricevono da mesi quanto dovuto dagli enti locali.
Per questo suore, operatori, mamme e bambini da diverse ore stanno protestando dinanzi al portone di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli.
Alcune suore hanno deciso di incatenarsi ad un palo della pubblica illuminazione. "Siamo allo stremo - dice Lucio Pirillo, presidente dell'Uneba, l'associazione degli istituti di beneficenza ed assistenza - si va verso la chiusura. Gli istituti non hanno più un soldo in cassa ma vantano un credito di circa 40 milioni di euro". Anni di rette arretrate che hanno messo i gestori in seria difficoltà.
Finora per andare avanti, in alcuni istituiti religiosi, le congregazioni hanno messo mano ai propri beni mentre alcune suore anziane hanno deciso di mettere a disposizione le loro pensioni. "Occorre una risposta urgente, con un piano definito di rientro da attuare senza alcun rinvio", aggiunge Pirillo.
L'obiettivo è scongiurare la chiusura, con il rischio concreto che migliaia di ragazzi finiscano per strada ma anche che centinaia di addetti perdano il loro posto di lavoro.(Ansa)
Pioggia ma nessun disastro. E' polemica su allarme
Acqua alta a Venezia, Alpi innevate, allegamenti in Campania. A Roma temporali meno intensi del previsto. Sono stati un centinaio la scorsa notte gli interventi dei Vigili del fuoco nella capitale per il passaggio dell'ondata di maltempo. A partire dalla serata di ieri - dice una nota - le operazioni si sono concentrate in particolare sul litorale di Ostia e Fiumicino, nelle zone di Centocelle e Tuscolano. Gli interventi hanno riguardato soprattutto rami pericolanti, cartelloni divelti, ripristino della viabilità. Non sono state registrate, comunque, situazioni di particolare criticità. In provincia di Latina, invece, quattro persone sono rimaste ferite: a Borgo Faiti, i Vigili del fuoco sono intervenuti poco prima delle 21 per la caduta di un albero, che aveva coinvolto un'autovettura in transito e provocato il ferimento dei due occupanti. Intervento analogo intorno alle 21,20 nel comune di Sezze, in via Certosa, con altri due feriti, ancora per la caduta di un albero sulla loro auto.
Operazioni di soccorso dei Vigili del fuoco anche a Palermo. A partire dalla tarda serata di ieri l'ondata di maltempo, caratterizzato da forti piogge, ha interessato infatti l'area cittadina, provocando allagamenti, difficoltà di circolazione, caduta alberi. Più di 50 gli interventi. Nessuna persona è risultata coinvolta.
E ancora una notte di lavoro per i Vigili del Fuoco in provincia di Salerno a causa del maltempo. Una trentina gli interventi posti in essere dai caschi rossi che sono intervenuti soprattutto, nelle aree a sud del capoluogo. In particolare a Casal Velino, nel Cilento, diverse abitazioni sono rimaste allagate, mentre a Teggiano, nel Vallo di Diano, e a Roccagloriosa, nel Basso Cilento, numerosi alberi, a causa delle forti raffiche di vento, sono caduti sulle sede stradali. Infine ad Aquara, negli Alburni, sulla Strada Provinciale 12 un grosso masso ha invaso la sede stradale a seguito di uno smottamento di terreno dall'area sovrastante.
GABRIELLI, IERI ANTIPASTO, PREPARARSI - Questa prima perturbazione autunnale, ha avvertito il capo del Dipartimento, "é solo un antipasto di quanto succederà nei prossimi mesi: bisogna quindi prepararsi adeguatamente, evitando di entrare in un loop di panico. Che piova o no - ha sottolineato - a noi interessa fino a un certo punto. Quello che conta sono gli effetti al suolo che possono essere estremi in un Paese fragile come l'Italia. Dove ci sono Comuni che non hanno ancora un piano di protezione civile".
POLEMICHE PER ALLARMISMO SITI - Intanto, è polemica sugli allarmi lanciati nei giorni scorsi da siti meteo che preannunciavano cicloni e nubifragi devastanti. Daniele Cat Berro, della Società meteorologica italiana, ha parlato di "allarmismo ingiustificato. Per quanto ci riguarda - ha aggiunto - già ieri noi avevamo 'smorzato' i toni, parlando di una perturbazione in fase di attenuazione". Ed anche Gabrielli ha attaccato "i maghi che fanno della meteorologia un'occasione di avanspettacolo: serve meno ironia e meno frizzi e lazzi". La realtà, ha rilevato, "é che l'innalzamento della temperatura registrato nell'area del Mediterraneo porta al formarsi di celle temporalesche imprevedibili che si strutturano e si scaricano velocemente sul terreno con effetti pericolosi".
ACQUA ALTA A VENEZIA, NEVE SULLE ALPI - La breve perturbazione di ieri ha causato qualche smottamento in Liguria e allagamenti in Campania: oggi scuole chiuse precauzionalmente in sei comuni nel Napoletano. A Venezia, la punta di marea ha raggiunto i 105 centimetri. Allagato non più dell'8-9% del suolo cittadino. Disagi tutto sommato limitati, quindi, per veneziani e turisti. Nevicate sopra i 1.500 metri su tutto l'arco alpino. Interessata anche l'autostrada del Brennero: sul versante austriaco si sono verificati seri problemi alla circolazione con numerose auto rimaste bloccate sulle carreggiate. Il valico del Rombo è stato chiuso al traffico. I passi Stelvio, Giovo e Pennes sono percorribili soltanto con l'attrezzatura invernale.(Ansa)
I neonati ricordano subito le parole
Gia' dopo pochi giorni di vita secondo uno studio in gran parte italiano. I neonati ricordano e riconoscono le parole già a pochi giorni di vita: lo dimostra uno studio in gran parte italiano, coordinato da Jacques Mehler Scuola Internazionale di Studi Avanzati (Sissa) e pubblicato sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti. Lo studio, condotto all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine su 44 neonati, a pochi giorni dalla nascita, mostra per la prima volta che la regione frontale destra del cervello potrebbe supportare il riconoscimento vocale già durante le primissime fasi di acquisizione del linguaggio. Al lavoro hanno partecipato anche Francesco Macagno dell'ospedale Santa Maria della Misericordia e Marina Nespor della Sissa. Recenti ricerche, spiegano gli esperti, mostrano che già dal momento della nascita aree specifiche del cervello umano si attivano quando si ascoltano delle parole. Tuttavia finora non si sapeva se il cervello dei neonati riesca anche a codificare e a ricordare il suono delle parole. Per indagare questo aspetto, i ricercatori hanno condotto dei test su 44 neonati.
"Abbiamo detto ai bambini delle paroline semplici e dopo due minuti le abbiamo ripetute, i test prevedevano o di ripetere le stesse parole, oppure di cambiare le vocali e lasciare le stesse consonanti oppure viceversa, cambiare le consonanti e lasciare le stesse vocali" spiega al'ANSA la prima autrice, Silvia Benavides-Varela che quando ha condotto la ricerca era alla Sissa e che ora lavora all'Ospedale San Camillo di Venezia. Per stabilire la capacità di memorizzare il suono di una parola e di distinguerlo, i bambini durante i test sono stati esaminati con una tecnica non invasiva chiamata spettroscopia nel vicino infrarosso che consiste "nel dirigere un fascio di luce nel vicino infrarosso sulla testina del bambino - osserva la ricercatrice - e poi misurare la luce in uscita. Una parte della luce viene assorbita e la differenza ci dice quali sono le reti corticali che si attivano durante il test". Il lavoro mostra che la regionale frontale destra, che è la stessa che si attiva negli adulti durante il ricordo delle parole, è quella che si 'accende' nei neonati durante il riconoscimento vocale e in particolare mostra che i bambini riconoscono solo le parole che hanno le stesse vocali delle parole ascoltate in precedenza.(Ansa). -
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Buona giornata, un abbraccio forte a tutti. . -
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buona giornata a tutti..ciao Augusto..ciao capitano...
Crisi Facchinetti-Marcuzzi, parla Roby dei Pooh: “Caratteri inconciliabili”
FACCHINETTI MARCUZZI – Ancora oggi, nessuno riesce a comprendere i motivi che hanno portato Alessia Marcuzzi e Francesco Facchinetti a separarsi. I due sembravano una coppia solida, in gradi di resistere nel tempo grazie all’allegria e alla spensieratezza con cui vivevano il loro amore. Nessuno dei diretti interessati ha voluto spiegare il perchè di una decisione così drastica limitandosi a confermare l’addio.
A parlare è, però, Roby Facchinetti, leader dei Pooh nonchè padre di Francesco: “Ora sono preoccupato e addolorato per mio figlio Francesco, ma soprattutto per mia nipote Mia, solo un anno e un mese – ha dichiarato a “DiPiù” – si ritrova già con i genitori separati. Francesco e Alessia sono persone di buon senso e sono certo che a Mia non mancheranno affetto e amore, però resta una situazione triste perchè crescerà con i genitori divisi”.
Anche per lui, la notizia della separazione è arrivata come un fulmine a ciel sereno: “Non sospettavano minimamente che tra i due ci fossero dei problemi. Lo scorso 22 settembre c’è stato il battesimo di Mia… il 22 settembre… una ventina di giorni fa. E’ stata una giornata bellissima che abbiamo trascorso tutti insieme. Li avevo visti felici, come sempre. Poi ho iniziato le prove per i nuovi concerti dei Pooh, finché, qualche giorno fa, Francesco mi ha telefonato e mi ha detto: ‘Papà, hai un attimo?’. ‘Certo’, gli ho risposto. E poi è arrivata la doccia gelata: ‘Guarda che sta succedendo questo, Alessia e io…’. Non me l’aspettavo, sono addolorato’”.
A dividerli due caratteri inconciliabili: “Mi ha detto che non hanno avuto la forza di superare le incompatibilità dei loro caratteri. Mi ha spiegato che ci hanno provato e che hanno fatto molti tentativi, ma che non ci sono riusciti. Così hanno pensato che fosse meglio lasciarsi. Fondamentalmente si è esaurito l’amore e a quel punto non sono riusciti a superare le loro differenze“.
fonte:sologossip.it. -
arca1959.
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per Lussy o Gabry
lo sistemo io il furbetto...
Edited by Lussy60 - 16/10/2012, 15:13. -
gheagabry.
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bravo arcaArriva il 4G in Italia
Oggi Telecom Italia Mobile (TIM) ha presentato la sua offerta per LTE (4G), la nuova tecnologia per navigare su Internet a una velocità superiore rispetto alle attuali reti 3G. Il sistema LTE esiste da alcuni anni ed è già disponibile in diversi paesi, anche grazie alla progressiva diffusione di nuovi dispositivi in grado di riceverne il segnale. TIM iniziò a sperimentarlo alla fine del 2009 con alcuni progetti pilota, mettendo poi a disposizione il servizio in prova gratuita al pubblico a inizio anno in alcune città. La società ha investito 1,2 miliardi di euro per l’acquisto di tre diverse frequenze sulle quali trasmettere il nuovo segnale. A differenza di altri sistemi, per LTE non sono state determinate una o più frequenze standard, quindi ogni paese ne ha adottate di proprie (cosa che sta spingendo i produttori di dispositivi a renderli il più versatili possibile, per ricevere il segnale nei diversi paesi in cui è disponibile).
Le offerte presentate oggi saranno disponibili a partire dal prossimo 7 novembre e comprendono soluzioni per chi usa le chiavette Internet e i tablet. Saranno disponibili nelle città di Torino, Milano, Roma e Napoli. Entro la fine dell’anno l’offerta sarà ulteriormente estesa per coprire altre 20 città e successivamente per avere una copertura più uniforme del territorio nazionale, affiancandosi progressivamente a quella fornita da TIM per il 3G.
Proprio rispetto al 3G, LTE ha il vantaggio di essere molto più veloce per scaricare e caricare dati online. A seconda delle condizioni, il sistema può arrivare fino a 100 megabit per secondo in download e 50 megabit per secondo in upload, cosa che rende possibile vedere video in streaming in alta definizione o scaricare file – come canzoni e foto – ad alta velocità e senza grandi tempi di attesa.
La nuova offerta di TIM si chiama ULTRA Internet ed è stata studiata per i singoli consumatori, mentre in futuro sarà presentato un altro tipo di offerta per il settore professionale. Saranno disponibili quattro diverse opzioni, spiegano quelli di TIM.
ULTRA Internet pack 4G
- Chiavetta e Internet incluso per 1 anno
- 1 anno di Ultra Internet senza limiti di tempo per navigare alla massima velocità disponibile (max 20 GB/mese)
- TIM Cloud incluso per 1 anno (special edition con 200 GB di spazio incluso)
Al prezzo di 349 euro all’anno.
Tutto Tablet ULTRA 4G
- Offerta con Tablet e Internet incluso
- Tablet Samsung Galaxy Tab 8.9
- Ultra Internet incluso senza limiti di tempo per navigare alla massima velocità disponibile (max 20 GB/mese)
- TIM Cloud (special edition con 200 GB di spazio incluso), Cubovision, Cubovision Diretta Calcio e Cubolibri inclusi
Al prezzo di 45 euro al mese.
Tutto Internet ULTRA 4G
- Chiavetta e Internet incluso
- Chiavetta LTE/4G
- Ultra Internet incluso senza limiti di tempo per navigare alla massima velocità disponibile (max 20 GB/mese)
- TIM Cloud incluso (special edition con 200 GB di spazio incluso)
Al prezzo di 34 euro per un minimo di due anni
Internet 4G
- Opzione Internet senza prodotto
- Ultra Internet senza limiti di tempo per navigare alla massima velocità disponibile (max 20 GB/mese)
- TIM Cloud incluso (special edition con 200 GB di spazio incluso)
Al prezzo di 35 euro al mese
Il servizio TIM Cloud compreso nelle offerte è un sistema per salvare e condividere i propri file online.
ilpost. -
gheagabry.
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In 5 mila da McDonald's per l'ultimo pasto democratico:
hamburger e patatine gratis
MILANO - Le promesse si mantengono. Anzi si mangiano. Hamburger, patatine e bibite gratis per dire addio al McDonald's in Galleria Vittorio Emanuele. Il fast food più famoso al mondo lascia il posto, non senza polemiche e vertenze legali, a una boutique di lusso (al 99 per cento si tratta della griffe Prada) e martedì ha servito gli ultimi «pasti democratici» nel salotto alla moda di Milano. Ed è subito coda. Una fila lunghissima, più di 5.000 amanti del Big Mac e delle french fries ha riempito l'asse principale della galleria commerciale, tanto da far decidere la distribuzione anticipata dei panini alle 12.20.
PER I NOSTALGICI - Faccine tristi come gli emoticon degli sms, frasi e video ricordo scorrono sul maxischermo posto nella vetrina centrale del ristorante «veloce». La pagina Facebook dedicata a McDonald's è piena di frasi del tipo: «Mi mancherà», «È una vergogna!». Anche i nostalgici che si fermano in Galleria sono in tanti, di tutte le età ma soprattutto ragazzi che, dispiaciuti, ricordano: «Ci vengo da quando ero piccolo!». Per gli inconsolabili è stato allestito un muro del pianto, un'intera parete intitolata «16 ottobre, the end». Cosa hanno scritto? «Se non ci fosse stato McDonald's sotto le volte della Galleria io mai mi sarei potuto permettere di sostare e rilassarmi in uno dei luoghi più belli di Milano», firmato Anthony. Oppure : «Il pranzo prima di andare alla Mangiagalli per partorire l'ho fatto qui...la mia Milano di tutta la vita perde un pezzo di storia...», è la testimonianza di Paola. E il ricordo di Valentina: «Lascio parte della mia adolescenza chiusa tra le mura dell'anima di questo McDonald's. Il mio primo ragazzo, il primo bacio...le risate...non vi dimenticherò mai!».
MASI: «È UN'INGIUSTIZIA» - «Mi spiace che alcune parti che governano la città si dimentichino di sentire i bisogni dei nostri concittadini», ha affermato l’amministratore delegato di McDonald's Roberto Masi. «È un'ingiustizia. La Galleria non è frequentata solo dal mondo dell’alta moda ma da ragazzi e persone di tanti ceti sociali e noi riusciamo a coprire buona parte di questi bisogni». «Siamo un punto di riferimento per molti milanesi - ha aggiunto Masi -, speravamo di poter essere un bel complemento all’offerta con un locale rinnovato, mettere in Galleria soltanto turismo e alta moda per noi è un grande errore».
IN CERCA DI LOCATION - Secondo quanto reso noto dall'amministratore delegato, McDonald's sarebbe ancora alla ricerca di una location per sostituire sia la sede della Galleria, sia quella in piazza Cordusio mantenuta fino al 2011. Sarebbe stato escluso l'ex Cobianchi, non adatto a cucine e cappe perché interamente interrato, mentre si starebbe trattando con la proprietà di un paio di locali tra via Dante e via Vittorio Emanuele. Occhi aperti anche sull'ex Ricordi, dove la concorrenza però è vasta e comprensiva, a quanto pare, anche della Apple. Infine, è stata scongiurata la possibilità che la chiusura del ristorante in Galleria potesse avere ripercussioni sui dipendenti: «Abbiamo dovuto chiedere loro un po' più di sacrifici e flessibilità - conclude Masi -, hanno accettato e ne siamo felici».
Rossella Burattino
corriere.it. -
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buona serata a tutti.... -
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BUONGIORNO GIORNO... BUON MERCOLEDI' ISOLA FELICE
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buona giornata capitano...tutto bene?...
Ambra Angiolini: “Con Francesco Renga va tutto bene, gossip spazzatura”
AMBRA ANGIOLINI E FRANCESCO RENGA – Il gossip vuole Ambra Angiolini e Francesco Renga perennemente in crisi. Addirittura c’è anche chi li vuole già separati e con le carte pronte per l’affidamento dei loro bambini. In realtà, tra Ambra Angiolini e Francesco Renga l’amore è più solido che mai. La crisi scoppiata nel 2011 quando ambra fu beccata in atteggiamente equivocabili con Piergiorgio Bellocchio è acqua passata tanto che la coppia è ancora più felice e unita.
A dichiararlo è la stessa Ambra Angiolini in un’intervista al settimanale A: “Tra me e Francesco Renga c’è un legame solido e forte. Quel che è uscito è un falso scoop, è spazzatura. Non sono ferita perché non è vero, ma hanno messo in mezzo pure i miei figli, hanno scritto che io e Francesco staremmo già dagli avvocati. Il fatto è grave e di fronte a questa violenza per la prima volta abbiamo deciso di ricorrere alle vie legali”.
Insomma, nessuna rottura in vista per quella che è considerata una delle coppie più belle del mondo dello spettacolo. Ambra e il cantautore bresciano stanno insieme da dieci anni e hanno due figli: Iolanda, di otto anni e Leonardo, di sei. I due artisti non hanno alcuna intenzione di separarsi e distruggere la loro bella famiglia anche se i rispettivi impegni lavorativi li costringono a trascorrere molto tempo separati.
Nell’intervista, poi, l’ex stella di Non è la Rai cambia argomento e si sofferma sull’Italia dei raccomandati e dei senza talento: nel film in uscita Viva l’Italia, lei interpreta la figlia senza talento di un senatore che si fa raccomandare per fare l’attrice: “Se hai talento e sei raccomandata non m’infastidisce. Il problema è quando non c’è veramente niente e allora levi il posto a chi ce l’ha e cerca di imporsi”.
fonte:.sologossip.it/. -
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buona giornata capitano...tutto bene?...
Ambra Angiolini: “Con Francesco Renga va tutto bene, gossip spazzatura”
(IMG:http://www.sologossip.it/wp-content/upload...nga-600x400.jpg)
AMBRA ANGIOLINI E FRANCESCO RENGA – Il gossip vuole Ambra Angiolini e Francesco Renga perennemente in crisi. Addirittura c’è anche chi li vuole già separati e con le carte pronte per l’affidamento dei loro bambini. In realtà, tra Ambra Angiolini e Francesco Renga l’amore è più solido che mai. La crisi scoppiata nel 2011 quando ambra fu beccata in atteggiamente equivocabili con Piergiorgio Bellocchio è acqua passata tanto che la coppia è ancora più felice e unita.
A dichiararlo è la stessa Ambra Angiolini in un’intervista al settimanale A: “Tra me e Francesco Renga c’è un legame solido e forte. Quel che è uscito è un falso scoop, è spazzatura. Non sono ferita perché non è vero, ma hanno messo in mezzo pure i miei figli, hanno scritto che io e Francesco staremmo già dagli avvocati. Il fatto è grave e di fronte a questa violenza per la prima volta abbiamo deciso di ricorrere alle vie legali”.
Insomma, nessuna rottura in vista per quella che è considerata una delle coppie più belle del mondo dello spettacolo. Ambra e il cantautore bresciano stanno insieme da dieci anni e hanno due figli: Iolanda, di otto anni e Leonardo, di sei. I due artisti non hanno alcuna intenzione di separarsi e distruggere la loro bella famiglia anche se i rispettivi impegni lavorativi li costringono a trascorrere molto tempo separati.
Nell’intervista, poi, l’ex stella di Non è la Rai cambia argomento e si sofferma sull’Italia dei raccomandati e dei senza talento: nel film in uscita Viva l’Italia, lei interpreta la figlia senza talento di un senatore che si fa raccomandare per fare l’attrice: “Se hai talento e sei raccomandata non m’infastidisce. Il problema è quando non c’è veramente niente e allora levi il posto a chi ce l’ha e cerca di imporsi”.
fonte:.sologossip.it/
Ciao Lussyyyyyyyyyyyy ... si tutto bene ... ho ripreso a lavorare e gli inizi sono sempre duretti ... ahahaahahahahaahah ... tu? E' tanto che non ci sentiamo ... ahahahahahaahahahah ... ti abbraccio forte forte ...CAREZZE AL RISVEGLIO
... POESIE E FIABE AL RISVEGLIO…
... L’esperimento fatto durante tutta l’estate mi è piaciuto per cui da oggi continuerò ad alleggerire questo mio spazio di riflessione utilizzando il metodo più antico del mondo, le fiabe e le poesia. Credo sia giusto provare a tornare alle vecchie care abitudini di questa mia “rubrica” cercando di regalare un sorriso ed una carezza a chi avrà la pazienza di leggere ciò che scrivo e propongo. Così da oggi inizieremo un viaggio nella poesia; da quelle dell’antichità a quelle più recenti. La poesia è sempre stato il modo con cui il cuore e l’anima hanno cercato di comunicare; la veste visibile delle emozioni. Credo quindi che ogni mattina leggere una poesia ed una favola, soprattutto in questo periodo estivo, sia una bella spinta per tutti ad iniziare con una carezza la giornata … Buon risveglio e buona giornata a tutti … .
(Claudio)
Le più belle poesie di tutti i tempi
Dopo una fuga
C’erano le betulle, folte, per nascondere
il sanatorio dove una malata
per troppo amore della vita, in bilico
tra il tutto e il nulla si annoiava.
Cantava un grillo perfettamente incluso
nella progettazione clinica
insieme col cucù da te già udito
in Indonesia a minore prezzo.
C’erano le betulle, un’infermiera svizzera,
tre o quattro mentecatti nel cortile,
sul tavolino un album di uccelli esotici,
il telefono e qualche cioccolatino.
E c’ero anch’io, naturalmente, e altri
seccatori per darti quel conforto
che tu potevi distribuirci a josa
solo che avessimo gli occhi. Io li avevo.
(EUGENIO MONTALE)
Favole Classiche
Il re del monte d'oro
Un mercante aveva due figli, un maschietto e una femminuccia, che erano piccoli e non camminavano ancora. Egli mandò in mare due navi cariche di merci e lì c'erano tutti i suoi beni; e mentre sperava in un cospicuo guadagno, giunse la notizia che erano colate a picco. Invece di essere un riccone, egli era adesso un pover'uomo, e non gli restava altro che un campo fuori dalla città. Per dimenticare un po' i suoi guai, andò nel campo; e mentre passeggiava su e giù, si trovò accanto all'improvviso un omino nero, che gli domandò perché‚ fosse così triste e che cosa lo affliggesse tanto. Il mercante disse: “Se potessi aiutarmi, te lo direi.” - “Chissà,” rispose l'omino nero, “forse posso; parla!” Allora il mercante gli raccontò che tutta la sua ricchezza era andata persa in mare e che gli rimaneva soltanto quel campo. “Oh! Non preoccuparti per questo,” rispose l'omino. “Se mi prometti di portare qui fra dodici anni la cosa che a casa ti verrà fra le gambe per prima, avrai denaro a volontà.” Il mercante pensò: E' ben poca cosa: che mai altro può essere se non il mio cane? Non pensò al suo piccino, acconsentì e lasciò all'uomo una promessa scritta con tanto di sigillo; poi se ne andò a casa.
Quando giunse a casa, il suo bambino fu così contento che reggendosi alle sedie, gli andò incontro barcollando, e gli si aggrappò alle gambe. Allora il padre si spaventò e capì quale promessa avesse fatto, ma poiché‚ di denaro non ne vedeva, pensò che si fosse trattato di uno scherzo da parte dell'omino. Circa un mese più tardi andò in solaio per cercare del vecchio vasellame di stagno, che voleva vendere per ricavare qualche soldo; e vide per terra un gran mucchio di denaro. A quella vista si rallegrò, fece degli acquisti, divenne un mercante ancora più ricco di prima, e lasciò correre le acque per la loro china. Nel frattempo il bambino cresceva e divenne un giovane giudizioso. Ma più si avvicinavano i dodici anni, più il mercante si affliggeva, tanto che gli si leggeva in faccia il tormento. Così, un giorno il figlio gli domandò cosa avesse. Il padre non voleva dirlo, ma il ragazzo insistette tanto, finché‚ egli rivelò di averlo promesso a un omino nero, senza sapere cosa stesse facendo, e di aver ricevuto in cambio molto denaro. Aveva rilasciato una promessa scritta e sigillata, e allo scadere dei dodici anni doveva consegnarlo. Il figlio disse: “Babbo, non abbiate paura: tutto andrà bene, l'uomo nero non ha alcun potere su di me.”
Il figlio si fece benedire dal sacerdote e, quando venne il momento, andò nel campo con il padre; tracciò un cerchio e vi entrarono tutti e due. Allora venne l'omino nero e disse al vecchio: “Hai portato ciò che mi hai promesso?” Ma l'uomo taceva e il figlio domandò: “Che cosa vuoi tu qui?” Disse l'omino nero: “Devo parlare con tuo padre, non con te.” Il figlio rispose: “Tu hai adescato e ingannato mio padre, restituisci la promessa scritta.” - “No,” rispose l'omino nero, “non rinuncio al mio diritto.” Parlarono ancora a lungo insieme, e finirono col mettersi d'accordo: il figlio non apparteneva più al Nemico, ma neanche a suo padre; doveva salire su una barchetta, su un fiume che scorreva giù per la china; proprio il padre avrebbe scostato la barca con il piede, abbandonando il figlio alle acque. Così il giovane prese congedo dal padre, salì su una barchetta e il padre stesso dovette scostarla con il piede. La barchetta si capovolse, sicché‚ la chiglia venne a galla e il ponte finì sott'acqua; il padre credette che il figlio fosse morto, andò a casa e si mise in lutto.
Ma la barchetta non affondò, continuò tranquillamente il suo viaggio, e il giovane se ne stava là dentro al sicuro; la barchetta navigò a lungo, finché‚ si arenò su una riva sconosciuta. Allora il giovane scese a terra e vide un bel castello davanti a s‚, e vi si diresse subito, ma quando entrò si accorse che il castello era stregato; le stanze erano vuote meno l'ultima, nella quale si imbatté‚ in una serpe. Ma la serpe era una principessa stregata che si rallegrò al vederlo e gli disse: “Vieni, mio liberatore! Ti ho atteso per dodici anni; questo regno è stregato e tu devi liberarlo. Questa notte verranno dodici uomini neri carichi di catene che ti chiederanno cosa sei venuto a fare qui; tu sta' zitto e non dare loro risposta, lascia che facciano di te quello che vogliono: ti tormenteranno, ti picchieranno e ti trafiggeranno; tu lasciali fare e taci: a mezzanotte devono andarsene. La seconda notte ne verranno altri dodici; e la terza ventiquattro, che ti taglieranno la testa; ma a mezzanotte cessa il loro potere, e se tu hai resistito e non hai detto neanche una parola, allora sono libera. Verrò da te e porterò l'acqua della vita, ti fregherò con quella e tornerai vivo e sano come prima.” Egli disse: “Ti libererò volentieri-. E tutto si svolse com'ella aveva detto: gli uomini neri non poterono strappargli neanche una parola, e la terza notte la serpe si mutò in una bella principessa che venne con l'acqua della vita e lo risuscitò. Allora ella gli saltò al collo e lo baciò, e in tutto il castello vi fu grande gioia. Fu celebrato il loro matrimonio ed egli divenne re del monte d'oro. Vivevano felici insieme e la regina partorì un bel maschietto. Erano già passati otto anni, quando il giovane si ricordò di suo padre; il suo cuore si commosse e desiderò andarlo a trovare. La regina però non voleva lasciarlo partire e diceva: -So già che ciò sarà la mia disgrazia-. Ma egli non le dette pace, finché ella acconsentì. Quando si salutarono, ella gli diede un anello magico e disse: -Prendi questo anello e mettilo al dito; sarai subito trasportato dove desideri andare; ma devi promettermi di non desiderare che io venga da tuo padre-. Egli promise, si mise l'anello al dito e desiderò di trovarsi davanti alla città dove viveva suo padre. Ci fu immediatamente, ma quando arrivò davanti alla porta della città, le guardie non volevano lasciarlo entrare, poiché‚ le sue vesti erano sfarzose ma bizzarre. Allora egli andò su di un monte dove c'era un pastore che custodiva le pecore; scambiò gli abiti con lui, indossò il vecchio vestito da pecoraio e così entrò indisturbato in città. Quando giunse da suo padre, si fece riconoscere, ma il mercante disse che non voleva credere che egli fosse suo figlio; ne aveva avuto sì uno, ma era morto da un pezzo. Ma siccome vedeva che era un povero pastore bisognoso, gli avrebbe dato volentieri un piatto di minestra. Allora il pastore disse ai suoi genitori: -Io sono davvero vostro figlio: non sapete se sul mio corpo c'è qualche voglia dalla quale possiate riconoscermi?-. -Sì- rispose la madre -nostro figlio aveva una voglia di lampone sotto il braccio destro.- Allora egli rimboccò la manica della camicia, essi videro la voglia di lampone e non dubitarono più che fosse loro figlio. Poi egli raccontò che era il re del monte d'oro, che sua moglie era una principessa e che avevano un bel bambino di sette anni. Disse il padre: -Non lo crederò mai! Bel re davvero che se ne va in giro con un vestito da pecoraio!-. Allora il figlio andò in collera e, senza pensare alla sua promessa, girò l'anello e desiderò di avere con s‚ la moglie e il bambino. In un attimo essi comparvero, ma la regina piangeva e si lamentava, dicendo che egli non aveva mantenuto la sua parola e l'aveva resa infelice. Egli la placò e cercò di rabbonirla; ella finse di chetarsi, ma in realtà aveva intenzioni cattive. Egli la condusse fuori dalla città, nel campo, e le mostrò il fiume dove la barchetta era stata allontanata; poi disse: -Sono stanco; siediti, voglio dormire un po' sul tuo grembo-. Le mise la testa in grembo ed ella lo spidocchiò un poco, finché‚ egli si addormentò. Quando si fu addormentato, ella gli sfilò l'anello dal dito, ritrasse il piede che era sotto di lui e lasciò soltanto la pantofola. Quindi prese con s‚ il bambino e desiderò di ritornare nel suo regno. Quand'egli si svegliò, si ritrovò solo: la moglie e il bambino erano scomparsi, e così pure l'anello che portava al dito; soltanto la pantofola era ancora là, come segno. "Non puoi più ritornare a casa dai tuoi genitori" pensò. "Direbbero che sei uno stregone. Devi metterti in cammino e andare, finché‚ arrivi nel tuo regno." Così se ne andò finché‚ giunse a una montagna dove tre giganti si stavano dividendo l'eredità paterna. Quando lo videro passare lo chiamarono e dissero che gli ometti sono assennati: egli doveva perciò ripartire l'eredità fra di loro. Essa consisteva in una spada: se uno la prendeva in mano e diceva: -Giù tutte le teste, meno la mia- tutte le teste cadevano a terra. Poi c'era un mantello: chi lo indossava era invisibile. Infine un paio di stivali: chi li infilava, e desiderava di essere da qualche parte, vi era all'istante. Egli disse che dovevano dargli i tre oggetti, perché‚ potesse constatare se erano ancora in buono stato. Allora gli diedero il mantello; egli se lo mise addosso, desiderò di essere invisibile come una mosca e subito lo divenne. -Il mantello va bene- disse. -Adesso datemi la spada.- Essi dissero: -No, non te la diamo, perché‚ se tu dicessi: "giù tutte le teste, meno la mia" le nostre teste cadrebbero, e soltanto tu conserveresti la tua-. Ma poi gliela diedero lo stesso a condizione che la provasse su di un albero. Così fece, e constatò che anche la spada funzionava bene. Allora egli volle provare anche gli stivali, ma i giganti dissero: -No, non te li diamo, poiché‚ se tu li infilassi e desiderassi di essere in cima al monte, noi staremmo quaggiù a mani vuote-. -No- diss'egli -non lo farò.- Ed essi gli diedero anche gli stivali. Quand'egli ebbe tutti e tre gli oggetti desiderò di trovarsi sul monte d'oro, ed ecco che già si trovava laggiù; i giganti erano spariti e così fu divisa quell'eredità. Avvicinandosi al castello udì suon di flauti e violini, e la gente gli disse che sua moglie stava festeggiando le nozze con un altro principe. Allora egli indossò il mantello, e mutatosi in una mosca, andò a mettersi dietro alla sua sposa, invisibile a ognuno. Quando le mettevano nel piatto un pezzo di carne, egli lo prendeva e lo mangiava; e quando le versavano un bicchiere di vino, lo prendeva e lo beveva; per quanto continuassero a servirla, non aveva mai nulla nel piatto. Ella si vergognava, così si alzò e andò in camera sua a piangere, ed egli la seguì. Ella disse fra s‚: -E' il diavolo che mi sta addosso? Non è ancora venuto il mio liberatore?-. Allora egli le diede due belle sberle e disse: -Non è venuto il tuo liberatore? E' lui, perfida, che ti sta addosso! Ho meritato questo da te?-. Poi andò nella sala e annunciò che le nozze erano finite poiché‚ lui era ritornato. Allora fu schernito da re, principi e consiglieri che erano riuniti là. Ma egli non fece tante parole e domandò se si decidevano ad andarsene o no. Quelli volevano catturarlo, ma egli trasse la spada e disse: -Giù tutte le teste, meno la mia!-. Allora tutte le teste rotolarono per terra, ed egli fu di nuovo re del monte d'oro.
(F.lli Grimm)
ATTUALITA’
Duemila lettere a Wojtyla, nasce museo
Un murales raffigurante un mondo stilizzato con attorno, mano nella mano, bambini di ogni etnia e, poco distante, una lettera scritta in arabo: "Caro Papa, da buon musulmano ti ringrazio per il messaggio che ci hai lasciato". E' solo una delle quasi duemila lettere scritte a Giovanni Paolo II e da oggi - giorno dell' anniversario dell'elezione di Karol Wojtyla a Pontefice nel 1978 - esposte nel Museo internazionale della lettera d'amore di Torrevecchia Teatina. Lettere, pensieri, preghiere, riflessioni, disegni depositati in Piazza San Pietro a ridosso del 2 aprile del 2005, giorno della morte di Giovanni Paolo II, e donati dalla Segreteria di Stato Vaticana all'associazione Papaboys, che ha deciso di organizzare la prima mostra permanente di questo materiale proprio nel museo abruzzese. Decine di nazionalità e di lingue diverse (c'é perfino il Braille), persone di ogni età, dai bambini piccoli agli anziani, religioni diverse si incontrano nelle tre sale del Museo. C'é un po' di tutto nei documenti esposti: parole di affetto e di stima nei confronti dell'uomo Wojtyla; frasi di fede e di speranza dedicate a Papa Giovanni Paolo II; storie personali particolari, in cui viene riconosciuto l'aiuto arrivato, in varie forme, dal Pontefice. "Le persone che osserveranno qui in Abruzzo queste lettere - ha affermato il presidente dell'associazione Papaboys Italia, Daniele Venturi - saranno le prime a leggere testimonianze inedite, perché la maggior parte di questi documenti non era mai uscita". Centinaia, solo nel pomeriggio, le persone presenti e migliaia, in tutto, i visitatori, considerando gli oltre 500 studenti abruzzesi ai quali stamani sono state aperte le porte del parco e del museo in anteprima.(Ansa)
Shoah, fiaccolata nel Ghetto di Roma
Una fiaccolata da Trastevere alla sinagoga di Roma per ricordare il rastrellamento del ghetto ebraico della capitale avvenuto il 16 ottobre del 1943. Una marcia silenziosa per non dimenticare. Tutti in fila dietro uno striscione nero con una scritta bianca: "Non c'é futuro senza memoria". Oggi Roma ha ricordato quel triste giorno della sua storia quando la follia nazista raggiunse le strade della capitale.
Il Premier, Chi nega Auschwitz è pronto a rifarla . Mario Monti dal ghetto ha lanciato l'allarme contro le pericolose 'tendenze' di "chiusura ed esclusione" e, in alcuni paesi europei, "spinte xenofobe" frutto della crisi economica: "Chi nega Auschwitz è pronto a rifarla - ha detto il premier ricordando le parole di Primo Levi - .La memoria non è una condizione accessoria ma è indispensabile affinché ciò non si ripeta". Negazionismo e antisemitismo, per il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, non sono altro che lo "specchio della crisi di valori": "C'é una minaccia strisciante - ha aggiunto - che ha trovato nuova linfa in pericolose forme di espressione nella galassia web. Non bisogna sottovalutarle". Preoccupazione condivisa dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni: "Il male è attorno a noi - ha detto - e dobbiamo fare di tutto per sconfiggerlo. Per questo non bisogna dimenticare quando ci troviamo davanti a questi monumenti tragici della storia". E a questo proposito Monti ha sottolineato come purtroppo l'antisemitismo non sia ancora sconfitto ma ha voluto rassicurare la comunità ebraica: "Non vi lascio soli davanti a forme di negazionismo, revisionismo o minimizzazione della Shoah" ha promesso ricevendo applausi dalla piazza e un sentito grazie dal presidente della Comunità di Sant'Egidio Marco Impagliazzo che ha ricordato come fosse "la prima volta che un presidente del Consiglio partecipi a quest'iniziativa popolare ma di grande significato. Ne siamo molto onorati". In piazza tante le persone con fiaccole in mano e che poco prima hanno sfilato tra le vie della capitale: tra queste il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e l'ex primo cittadino Walter Veltroni. "Noi ebrei non ci fermeremo - ha commentato il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici - non abbiamo paura e sappiamo che le istituzioni sono al nostro fianco. Non chineremo mai più la testa. Never again".
'LI HANNO PORTATI VIA', PICCOLE VITTIME GHETTO ROMA Bambini come tanti sorridenti o imbronciati ritratti in frammenti di vita quotidiana. Ignari della tragedia che incombeva sul loro destino, inconsapevoli che con le loro piccole vite avrebbero scritto una delle pagine più buie e sanguinose della storia: la razzia del ghetto di Roma, la deportazione nei lager, l'olocausto. '16.10.1943. Li hanno portati via' è il titolo del volume che raccoglie missive, corrispondenze, report, dossier e fotografie sui bambini romani ebrei deportati e mai ritornati a casa. Materiale, in larga parte inedito, recuperato dagli archivi dell'International Tracing Service e consegnato questa mattina dal presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti alla Comunità ebraica della capitale. In quegli scatti seppia è racchiusa la tragedia di queste piccole vittime sacrificate alla follia del nazismo. Ma anche al pervicacia con la quale i parenti sopravissuti hanno sperato fino all'ultimo di trovarli vivi scampati all'inferno dei campi di sterminio. "La mia bambina, Anticoli Fiorella, è nata a Roma il 18 luglio del 1941. Aveva due anni e mezzo quando fu prelevata dai tedeschi in quella mattina del 16 ottobre 1943. Capelli mossi color castano, occhi scuri e carnagione chiara. Allego una foto della bambina". Questa una delle tante lettere, riemerse dagli archivi di Bad Arolsen, inviate da genitori o familiari nel dopoguerra alla ricerca dei loro bimbi la cui unica colpa è stata quella di essere nati ebrei e per questo vittime del rastrellamento nel ghetto di Roma. Immagini che oggi a 69 anni da quel terribile 16 ottobre raccontano la dolorosa e lacerante ricerca che famiglie e autorità civili hanno compiuto nella speranza di trovare notizie. Un viaggio nelle memorie fatto di disperazione e speranza: tra i 27 chilometri di schedari di Bad Arolsen sono spuntate fuori le fotografie di 32 bambini romani scattate pochi mesi prima della deportazione. Accanto le schede identificative con nomi, cognomi, date di nascita e luogo di deportazione. Bimbi strappati alle loro famiglie e dalle loro case, il cui nome è finito nell'elenco dei 'Deported children' che tristemente recita: "Arrestato a Roma il 16 ottobre 1943, deportato e ucciso all'arrivo nel campo di Auschwitz il 23 ottobre 1943". Documenti "impressionanti" li ha definiti il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni mentre il presidente della comunità ebraica della capitale Riccardo Pacifici ha sottolineato l'esigenza di "dare risposte forti ai negazionisti": "Siamo qui - ha aggiunto - per raccontare la storia di oltre 200 bambini deportati ma anche di tutti quelli che non hanno storia. Chi nega la Shoah porta avanti il percorso di chi l'ha attuata". "La barbarie nazista - ha commentato Zingaretti - voleva trasformare i bimbi in numero, noi oggi con questo lavoro gli restituiamo identità e dignità di esseri umani. Ricordare vuol dire non dimenticare l'orrore che fu la Shoah. Il razzismo, l'antisemitismo e il revisionismo sono germi e cancri della società oggi ancora molto vivi. E quindi è fondamentale non lasciare il campo libero a queste follie che continuano a riaffacciarsi". E proprio per non dimenticare una copia del volume sarà distribuita in ogni scuola di Roma e provinci
NOMI EBREI DEPORTATI ITALIA A YAD VASHEM GERUSALEMME "Questo luogo è nato per uno scopo, anzi per un dovere: quello di dare un nome a tutti quelli che finora non l'avevano e che non saranno mai dimenticati". Così Israel Meir Lau, presidente dello Yad Vashem, il sacrario della Memoria di Gerusalemme, ha ricordato il senso "più profondo" dell'istituzione: il luogo dove da oggi sono conservati i nomi dei 6.806 ebrei deportati dall'Italia durante le persecuzioni naziste e fasciste. A consegnarli è stata Liliana Picciotto, storica del Centro di Documentazione contemporanea di Milano (Cdec) - autrice del Libro della Memoria (Mursia, 2002) - dopo averli "controllati uno ad uno", come ha detto lei stessa. L'occasione è stata la Commemorazione della deportazione degli ebrei italiani che ogni anno si svolge a Yad Vashem nel giorno in cui si ricorda si svolse il 16 ottobre del 1943 la grande razzia degli ebrei nel Ghetto di Roma: l'atto più feroce di quel periodo.(Ansa)
In pensione il pulmino dei 'figli dei fiori'
Volkswagen ha deciso di cessare nel 2013 produzione in Brasile. In Europa non si produceva piu' dal 1979, ma il mitico pulmino Bulli o Kombi, i due nomignoli con cui veniva abitualmente chiamato il Microbus T2 della Volkswagen, tanto amato dai 'figli dei fiori' negli anni '70, era ancora costruito in Brasile, nello stabilimento di Sao Bernardo del Campo.
Superati i 60 anni di vita, pero', il gruppo di Wolfsburg ha deciso che fosse ora che andasse in pensione, anche a causa delle normative di sicurezza piu' severe, e ne ha interrotto la produzione a partire dal 2013. Lo riferisce 'Car and Driver' citando le dichiarazioni del capo della Volkswagen do Brasil Thomas Schmall.
Ma mentre il Bulli entrera' presto nella storia, la Volkswagen non ha comunque intenzione di lasciare un segmento cosi' redditizio. A quanto detto da Schmall arrivera' presto un nuovo modello su misura per le esigenze di costo degli imprenditori piu' attenti, ma non sara' il Concept del Bulli, presentato nel 2011 al Salone di Ginevra. Quel veicolo e' piu' che altro uno studio di design ed e' in fondo alla lista delle priorita', secondo quanto afferma Ulrich Hackenberg, membro del consiglio del dipartimento ricerca e Sviluppo della Volkswagen. Con la fine della produzione del Bulli si chiude un'epoca iniziata in Germania nel 1950. Il veicolo attuale e' venduto in Brasile dal 1957 e deriva dalla seconda generazione del modello T2, costruito in Germania dal 1967 al 1979. Volkswagen e' a conoscenza che i suoi Microbus sono divenuti oggetti di culto ma, come ha detto un alto dirigente, ''ad un certo punto saremmo diventati un marchio che fa auto d'epoca''.(Ansa).