I Campioni Olimpici

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    Campioni Olimpici

    Antonio Rossi
    Volando sull'acqua



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    Antonio Rossi, canoista azzurro che tante soddisfazioni ha raccolto e tanto orgoglio ha portato in patria, nasce a Lecco il giorno 19 dicembre 1968. Ultimo di cinque figli, sale su una canoa per la prima volta nel 1980. Inizia a dedicarsi all'attività sportiva con il kayak all'età di 15 anni, nel 1983, mentre studia per conseguire la maturità scientifica. La sua prima squadra è la Canottieri Lecco ed è allenato dal tecnico Giovanni Lozza. Raggiunta la maggiore età e sviluppato un talento in questa disciplina sportiva, nel 1988 entra nel gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, Guardia di Finanza.

    Il nome e il bel volto di Antonio Rossi diventano noti al grande pubblico nel 1992 in occasione dei Giochi Olimpici di Barcellona. Nella disciplina del doppio (K2), sulla distanza dei 500 metri ottiene la medaglia di bronzo in coppia con Bruno Dreossi.

    Nel 1993 e 1994 partecipa ai campionati del mondo che si svolgono rispettivamente a Copenaghen e Città del Messico: in ntrambe le manifestazioni conquista un argento nel K2 (1000 metri). Ai mondiali di canoa del 1995 di Duisburg, nella stessa specialità, mette in tasca un oro.

    Quattro anni dopo Barcellona il bell'Antonio si presenta carico alle Olimpiadi di Atlanta 1996: partecipa alla gara del K1 (kayak singolo) e nella distanza dei 500 metri conquista uno splendido oro. Ma non è l'unica medaglia che porterà in patria: il suo collo conosce il peso di un secondo oro, ottenuto nei 1000 metri K2 assieme a Daniele Scarpa. L'anno seguente, ai campionati del mondo di canottaggio di Dartmouth (Canada, 1997), Antonio Rossi ottiene un terzo posto con il K1 e un oro nel K2 (1000 metri).

    Nel 1998 l'appuntamento è ai Campionati del Mondo di Szeged (Ungheria): il bottino questa volta comprende un oro nel K2 e un argento nel K4 (200 metri).

    Il compagno con cui Antonio Rossi vola in Australia, alle Olimpiadi di Sydney 2000, è Beniamino Bonomi: con lui nel K2 1000 metri, conquista un oro. E ancora con Bonomi quattro anni dopo, sale sul podio ai Giochi Olimpici di Atene 2004: la coppia conquista un argento arrivando seconda.

    A quasi quarant'anni, nel 2008, partecipa alla sua quinta olimpiade. Considerata la sua lunga esperienza sportiva costellata da brillanti risultati, il CONI sceglie proprio Antonio Rossi quale portabandiera per le Olimpiadi di Pechino 2008.

    Sposato con Lucia (anche lei ex-campionessa di kayak, che ha partecipato alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992), Antonio Rossi ha due figli, Angelica (nata nel 2000) e Riccardo Yuri (nato nel 2001). Nel 2000 è stato insignito dall'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dell'onorificenza di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Dal 2005 fa parte della Giunta Nazionale del CONI.

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    La popolarità dell'atleta lecchese è dovuta sì alla sua immagine a ai suoi meriti sportivi, ma notevoli sono anche la sua modestia e il suo impegno solidale: Antonio ha infatti sovente prestato la propria immagine ad associazioni benefiche, tra cui Amnesty International, l'Associazione Italiana per la ricerca sui tumori, Telethon e l'Associazione per la ricerca contro l'Alzheimer; da ricordare anche i calendari per Donna Moderna e Famiglia Cristiana, il cui ricavato è stato devoluto in beneficenza.

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    CAMPIONI OLIMPICI

    Stefania Belmondo
    La tenacia e la voglia di vincere



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    Stefania Belmondo, campionessa italiana della nobile quanto faticosa disciplina dello sci di fondo, nasce a Vinadio, in provincia di Cuneo, il 13 gennaio 1969.

    La mamma Alda, casalinga, e il papà Albino, dipendente dell'Enel, le fanno indossare i primi sci alla tenera età di 3 anni.

    Stefania passa l'infanzia sulle montagne cuneesi e inizia a sciare proprio nei bianchi campi innevati davanti alla sua casa. I primi sci - ricorda Stefania - erano di legno, colorati di rosso e costruiti con amore dal padre, per lei e per la sorella Manuela. Pare che inizialmente (un po' come accade per tutti i bambini) Stefania preferisse la slitta.

    Frequenta le scuole elementari e vari corsi di sci. Di carattere forte, testardo ed energico già dall'infanzia Stefania Belmondo trova nello sport la possibilità di sfogare la sua energia.

    Inizia a partecipare a qualche gara e subito arirvano risultati positivi. Nel 1982 entra a far parte della Squadra Regionale del Piemonte, e nel 1986 in quella della Nazionale giovanile. Stefania Belmondo fa il suo esordio nelle gare di Coppa del mondo nella stagione 1986/87, periodo in cui se un'atleta italiana arrivava nelle prime 30 posizioni si poteva parlare di evento eccezionale.

    La stagione seguente entra nella squadra A della Nazionale. All'inizio del 1988 vince le sue prime medaglie ai Campionati mondiali juniores: è seconda nella 5 km e terza nella staffetta. Grazie ai suoi risultati la giovane Belmondo viene chiamata come riserva alle Olimpiadi invernali di Calgary 1988, in Canada: a causa dell'infortunio di un'altra atleta partecipa a quattro gare.

    Se qualcuno ancora non l'aveva notata, nella stagione 1988/89 il nome di Stefania Belmondo comincia a far parlare: partecipa ai mondiali assoluti di Lahti (in Finlandia) piazzandosi decima e undicesima; vince due medaglie d'oro ai Mondiali juniores (prima donna italiana a vincere un oro ad un mondiale); vince tre titoli italiani assoluti.

    Nel 1989 vince la sua prima gara di Coppa del mondo a Salt Lake City (USA, prima donna italiana a vincere una gara di coppa del mondo) e chiude la Coppa del mondo al secondo posto.

    La serie di successi è iniziata e sembra inarrestabile: nella stagione 1990/91 vince alcune gare di coppa del mondo, ai Mondiali 1991 in Val di Fiemme ottiene un bronzo nella 15 km (la sua prima medaglia individuale) e un argento nella staffetta. La stagione seguente sale sul podio in modo costante e alle Olimpiadi invernali di Albertville del 1992 (oltre a un quinto posto nella 15 km, un quarto nella 5 km, un secondo nella 10 km un terzo nella staffetta) ottiene il tanto atteso oro, nell'ultima massacrante prova dei 30 km (prima donna italiana a vincere un oro olimpico). Instancabile, conclude la Coppa del mondo finale al secondo posto. Dal 1992 Stefania entra a far parte del Corpo Forestale dello Stato.

    Nel 1993 partecipa al suo secondo Mondiale assoluto e vince due ori individuali: nella 10 e nella 30 km. Nel mese di aprile dello stesso anno subisce un intervento all'alluce valgo del piede destro. Inizierà per Stefania Belmondo un lungo calvario lungo quattro anni.

    Dopo una seconda operazione, nel febbraio del 1994 vola in Norvegia per le Olimpiadi di Lillehammer. La protagonista italiana sarà un'altra grande regina del fondo italiano, Manuela Di Centa, la cui rivalità con Stefania ha dato molti spunti ai giornalisti sportivi. Manuela Di Centa porta a casa due medaglie d'oro, due d'argento ed una di bronzo. Stefania Belmondo vince due medaglie di bronzo: considerate le prestazioni post-operatorie il medico le consiglia di smettere, ma la testardaggine di Stefania prevale.

    I grandi risultati cui era abitutata non arrivano più ma Stefania non molla. Torna alla grande durante la stagione 1996/97 e dopo tanti anni vince nuovamente in tecnica classica, in cui il piede operato causa non pochi problemi. Partecipa al suo quarto Mondiale assoluto e vince quattro medaglie d'argento, tutte dietro la fortissima russa Valbe. In una gara Stefania è dietro di un solo centimetro!

    Poi nel 1988 è la volta delle Olimpiadi di Nagano in Giappone: arriva terza nella staffetta e seconda nella 30 km.

    La successiva è un'altra stagione straordinaria, costellata da tanti podi e coronata da due ori ai Campionati del Mondo in Austria, più un argento nella staffetta.

    L'ultima stagione agonistica di Stefania Belmondo è quella del 2001/02: a 10 anni di distanza dal precedente, vince un sofferto oro olimpico, oltre che un argento nella 30 km. Chiude al terzo posto nella classifica finale di Coppa.

    Stefania Belmondo è stata per tutta la sua carriera un'atleta di straordinaria tenacia, che ha incarnato in modo unico lo spirito della disciplina di cui è stata campionessa. Il suo volto comunicava la fatica e lo sforzo in modo forte, altrettanto quanto il suo sorriso comunicava la gioia della vittoria al taglio del traguardo.

    Oggi Stefania è una mamma felice (il figlio Mathias è nato nel 2003), è impegnata a livello sociale, continua a far parte del Corpo Forestale dello Stato e collabora con la Federazione Sportiva Sport Invernali.

    Nel 2003 è uscito il suo libro "Più veloci di aquile i miei sogni".

    Il suo ultimo grande risultato sportivo è stato quello di ricoprire il prestigioso ruolo di ultima tedofora nella cerimonia di apertura dei XX Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006; per Stefania Belmondo l'accensione del braciere olimpico è valsa un'emozione grande tanto quella della vittoria dell'oro olimpico.

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    CAMPIONI OLIMPICI

    Alessandra Sensini
    La tenacia del vento



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    Alessandra Sensini nasce a Grosseto il 26 gennaio 1970. Diplomata in ragioneria all'Istituto Tecnico Commerciale di Grosseto, inizia a praticare il nuoto all'età di sei anni, per poi passare alla pallavolo. Si allena per qualche tempo per la corsa campestre, poi pratica il basket. Nel 1982, grazie alla spinta delle sorelle, sale per la prima volta su una tavola da windsurf. Sboccia l'amore per questo sport e da questo momento dedicherà la propria anima sportiva a questa disciplina.

    Inizia presto a mietere successi a livello italiano; a livello internazionale si fa conoscere nel 1987 quando, non ancora maggiorenne, si classifica terza ai Campionati del Mondo Giovanili.

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    Partecipa per la prima volta alle Olimpiadi all'edizione dei Giochi di Barcellona 1992. Dopo essere stata a lungo in zona medaglia, Alessandra arriva al settimo posto. Quattro anni più tardi alle Olimpiadi di Atlanta 1996 arriva il suo primo successo olimpico: si classifica terza e porta a casa una medaglia di bronzo. Alle Olimpiadi di Sydney 2000 fa valere il proprio bagaglio di esperienza e vince la medaglia d'oro. In quest'occasione il suo nome viene fatto risuonare dalle televisioni nazionali, che danno luce a questo sport da tutti riconosciuto, ma che in pochissimi fino a quel momento avevano seguito a livello agonistico.

    Tornata il patria, per il suo merito sportivo, il Presidente Ciampi nomina Alessandra Sensini Commendatore con Ordine al Merito della Repubblica Italiana.


    Dopo aver vinto i i campionati mondiali di windsurf nel 2000, Alessandra si ripete nel 2004: questo successo è il biglietto da visita
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    con cui si presenta alla Olimpiadi di Atene 2004. E' tra le favorite e all'ultima regata si trova in testa alla graduatoria; un quarto posto basterebbe per confermare l'oro di Sydney, ma nell'ultima regata qualcosa va storto e, anche a causa della scarsità di vento, non riesce a ottenere più del settimo posto. Il risultato consente ad Alessandra di aggiudicarsi una medaglia olimpica, quella di bronzo (l'oro va alla francese Faustine Merret, l'argento alla cinese Yin Jian).

    Nel 2006 la nuova classe RSX sostituisce la Mistral: Alessandra Sensini a 36 anni ad Auckland (Nuova Zelanda) si laurea campionessa mondiale in questa nuova classe.

    A 38 anni vola in Cina, a Pechino, per partecipare alla sua quinta Olimpiade: porterà a casa un'altra medaglia, questa volta d'argento.

    Sensini
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    CAMPIONI OLIMPICI



    Andre Agassi
    Accelerare per vincere



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    Andre Kirk Agassi nasce il 29 aprile del 1970 a Las Vegas da madre statunitense e padre iraniano (con origini assire e armene), trasferitosi in America dopo essere stato pugile olimpionico per l'Iran alle Olimpiadi del 1948 e del 1952. Il nome del padre è Emmanuel Mike Agassian, che diventa Agassi una volta ottenuta la cittadinanza americana. Grande appassionato di tennis, Mike (che una volta terminata la carriera di pugile ha lavorato in un megaresort di Las Vegas appartenuto a Kerk Kerkorian (il secondo nome di Andre deriva proprio dall'amicizia tra i due) sogna per Andre e per i suoi tre fratelli un futuro da campioni. E così, il piccolo Agassi già a due anni ha in mano una racchetta; non che i primi tempi siano felici, anzi: egli odia questo sport, soprattutto durante la pubertà, proprio per la pressione del padre, che vorrebbe vederlo diventare a tutti i costi un campione.

    Egli in ogni caso già a quattordici anni fa pratica insieme con giocatori come Jimmy Connors e Ilie Nastase, prima di trasferirsi alla corte di Nick Bollettieri, in Florida, nella scuola che ha visto crescere campioni come Monica Seles, Boris Becker e Jennifer Capriati. Si tratta, come detto, di anni piuttosto infelici, con la disciplina rigida imposta da Mike e da Nick che suscitano in lui uno spirito ribelle. Per questo Andre indossa jeans strappati, e volutamente si mette lo smalto sulle unghie solo per far arrabbiare il padre omofobo. L'allenatore dell'accademia un giorno chiede al quindicenne Andre: "Cosa vuoi fare nella vita?". Il ragazzo risponde, senza esitare: "Diventare un professionista. Andandomene da qui".

    E Agassi ci riesce, se è vero che già a sedici anni partecipa a un torneo professionistico. È il 1986: a La Quinta, in California, passa il primo turno contro
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    John Austin, ma viene poi sconfitto da Mats Wilander. Alla fine dell'anno, in ogni caso, l'adolescente di origini iraniane fa già parte della top 100 della classifica mondiale. Nel 1987 arriva la prima vittoria di un torneo, e l'anno si conclude con la venticinquesima posizione nel ranking ATP.
    Agassi ormai è uno dei migliori giocatori del mondo: nel 1988 ha già vinto sei tornei e guadagnato un milione di dollari di premi: merito anche delle semifinali conquistate al Roland Garros e agli US Open, che gli valgono un piazzamento nei primi dieci al mondo. Nel frattempo diventa un personaggio anche al di fuori dai campi di gioco: la sua immagine, contraddistinta dai capelli lunghi, conquista gli appassionati, e le sue divise sgargianti contribuiscono a farlo conoscere in tutto il mondo.

    Dopo una stagione, quella del 1989, priva di soddisfazioni (l'unica vittoria arriva contro Brad Gilbert a Orlando; per il resto si segnalano le delusioni delle sconfitte in semifinale agli US Open e in finale a Roma), il 1990 propone la conquista del primo Master Series: Andre a Key Biscayne vince contro Stefan
    Edberg, dopo che questi lo aveva sconfitto in finale a Indian Wells. Battuto in finale a Parigi da Andres Gomez e all'US Open da un certo Pete Sampras, vince a Washington e a Francoforte; l'anno successivo, invece, conquista Washington e Heathrow, ma esce di scena al primo turno all'US Open e ai quarti a Wimbledon. In finale al Roland Garros, perde contro Jim Courier.

    Nel 1992 Agassi trionfa a Wimbledon (benché l'erba londinese sia ritenuta una superficie a lui ostile), battendo Becker ai quarti, John McEnroe in semifinale e Ivanisevic in finale; poi si aggiudica il torneo di Atlanta e il Master Series di Toronto. Un intervento al polso condiziona il 1993, che lo vede comunque conquistare i tornei di Scottsdale e San Francisco, ma perdere male nei Grande Slam (addirittura al primo turno negli Usa). Dopo essersi ripetuto a Scottsdale nel 1994, il tennista statunitense vince a Parigi Bercy e il suo secondo titolo del Grande Slam, aggiudicandosi gli US Open.

    Segue il migliore anno di Agassi, il 1995, che porta in bacheca sette titoli. Presentatosi agli Australian Open (i primi della sua carriera) con la testa rasata (più tardi confesserà che la sua criniera
    che l'aveva reso celebre era in realtà un parrucchino), sconfigge in finale Pete Sampras, l'eterno rivale; poi vince Cincinnati, Toronto e Key Biscayne, prima di conquistare la Coppa Davis con la squadra statunitense.

    Agassi impressiona per la scioltezza del suo gioco, e per l'abitudine a seguire la palla unicamente con gli occhi, non spostando la testa: riflessi eccezionali alla base del suo colpo migliore, vale a dire la risposta di anticipo, che prevede di colpire la palla mentre questa è in fase ascendente, avvantaggiandosi così della superiore energia cinetica dovuta al rimbalzo e impiegando meno tempo nel ribattere la palla. Di conseguenza, si produce un colpo imprevedibile e veloce, che non lascia al giocatore avversario il tempo di spostarsi. Insomma, il tennista americano è un attaccante dal fondo eccezionale, odia i colpi interlocutori e trova il suo punto di forza nella risposta, in grado di rimettere in gioco persino il servizio di 240 chilometri orari di Andy Roddick.

    L'anno si conclude con 72 successi e sole 10 sconfitte: il 10 aprile diventa per la prima volta numero 1 dell'Atp, posizione che mantiene per trenta settimane consecutive. Succede, così, che nel 1996 Agassi sia uno dei tennisti più attesi del circuito. Le aspettative, però, vanno deluse, visto che non arriva alcuna finale del Grande Slam: egli si consola,
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    comunque, con le vittorie di Cincinnati e Key Biscayne, e soprattutto con l'oro olimpico ottenuto ad Atlanta. È la quiete prima della tempesta, nel senso che il 1997 rappresenta il punto più basso della vita sportiva di Agassi: colpa dell'infortunio al polso patito quattro anni prima, e che torna a farsi risentire, impedendogli di giocare più di ventiquattro incontri nell'arco dell'anno intero.

    Dal punto di vista della vita privata, in ogni caso, le cose vanno meglio: arriva il matrimonio con l'attrice Brooke Shields. Il tennista, così, diventa un personaggio da copertina, e la carriera ne risente. A novembre, Agassi è 141° nella classifica mondiale. Secondo molti esperti (o presunti tali), si tratta di un atleta ormai finito, a causa della maggiore attenzione riservata alla vita mondana piuttosto che all'allenamento.

    Nel 1998, però, il matrimonio inizia già a dare i primi segni di crisi: per Andre, è l'occasione di concentrarsi unicamente sullo sport e ricominciare da zero. Vince diversi tornei Challenger e mostra un diverso atteggiamento nei confronti degli avversari: così, quel pubblico che fino a poco tempo prima sembrava sul punto di iniziare a odiarlo lo accoglie come un idolo. Risale rapidamente in classifica, concludendo la stagione al numero 6, dopo aver conquistato cinque tornei, e raggiunge la finale della Grand Slam Cup.

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    Il ritorno definitivo si compie nel 1999: a dispetto dell'eliminazione negli ottavi agli Australian Open, Agassi vince a Hong Kong e soprattutto il Roland Garros, sconfiggendo Andrei Medvedev dopo una rimonta incredibile. Conquistato l'ultimo Slam che gli mancava (in precedenza solo Fred Perry, Don Budge, Roy Emerson e Rod Laver erano riusciti a fare poker), arriva in finale sull'erba di Wimbledon, dove però viene battuto da Sampras. Tornato in cima al ranking Atp per tre settimane, rivince l'US Open contro Todd Martin, prima di iniziare un ottimo 2000: vince l'Australian Open dopo aver battuto in semifinale Sampras e in finale Kafelnikov; poi, superata la battuta d'arresto di Parigi (eliminato al Roland Garros al secondo turno), giunge in finale a Wimbledon (sconfitto da Rafter), e nella Masters Cup (vince il brasiliano Kuerten). Agassi, insomma, è tornato quello di prima: nonostante un servizio non impeccabile (anche per il suo carattere instabile) e poco potente, presenta un rovescio bimane decisamente efficace, soprattutto in lungolinea, e un diritto che gli permette di adottare anche traiettorie non comuni.

    Coordinazione e velocità arricchiscono il patrimonio tecnico di Agassi, che in virtù del suo perfetto tempismo è in grado di imporre il proprio ritmo di gioco agli avversari, mettendo spesso i piedi dentro al campo. È invece il gioco di rete il suo tallone d'Achille, nonostante gli inviti ad avanzare che Brad Gilbert, uno dei suoi coach, gli fa: la volèe viene utilizzata unicamente come colpo definitivo per chiudere il punto. Ma d'altra parte, egli riesce a vincere anche senza quella caratteristica.

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    Nel 2001, per esempio, torna al successo agli Australian Open, e ottiene il double di Indian Wells e Key Biscayne. Dopo aver sconfitto Sampras a Los Angeles, viene battuto dall'avversario di sempre nei quarti degli Us Open. Il 2002 fa registrare le vittorie di Key Biscayne, Madrid e Roma, ma soprattutto l'ultima partita disputata contro Sampras: è la finale dell'US Open, e Agassi perde in quattro set. Si tratta della ventesima vittoria ottenuta da Pete, contro le quattordici conquistate da Andre.

    Il 2001 è anche l'anno in cui sposa Steffi Graf, ex campionessa tedesca del tennis mondiale: dalla loro relazione nasceranno i figli Jaden Gil e Jaz Elle.

    Agassi, in ogni caso, ha modo di rifarsi nel 2003, quando vince ancora una volta gli Australian Open, questa volta contro Rainer Schuttler. Un altro torneo del cuore è quello di Key Biscayne, rivinto per la sesta volta e la terza consecutiva: viene così stabilito il record di diciotto vittorie consecutive nel torneo. Tornato al numero 1 in classifica il 28 aprile, diventa il giocatore più vecchio, a 33 anni e 13
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    giorni, a ottenere tale traguardo; un primato che verrà battuto nuovamente il 16 giugno (nel frattempo aveva perso lo scettro per mano dell'australiano Lleyton Hewitt), quando rimarrà al vertice per tre mesi di seguito. L'anno si conclude con la sconfitta in finale nella Masters Cup, battuto da un certo Roger Federer. Ormai trentacinquenne, nel 2004 Agassi si conferma campione vincendo il Master Series di Cincinnati: una vittoria che gli vale il record di diciassette Master Series conquistati (primato che sarà battuto da Rafael Nadal). In quello stesso anno, supera quota 800 vittorie (prima di lui ci sono riusciti solo altri cinque giocatori).

    Il 2005 si apre all'ottavo posto in classifica e con l'eliminazione ai quarti degli Australian Open sotto i colpi di Federer. Il tennista americano, pur rivelandosi estremamente competitivo, perde brillantezza e vince il primo torneo solo a Los Angeles. Sconfitto in Canada da Nadal, conquista la finale, contro ogni previsione, agli US Open, prima di essere sconfitto ancora da Federer: una sorta di passaggio di testimone, visto anche l'infortunio all'anca che colpisce Andre e che gli impedisce di terminare la Tennis Masters Cup. Nel 2006, infine, Andre Agassi si ritira, dopo aver perso al terzo turno contro Benjamin Becker all'Arthur Ashe Stadium.



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    CAMPIONI OLIMPICI


    Aldo Montano
    Grinta e cuore da vendere

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    Nato a Livorno il 18 novembre 1978, Aldo Montano è l'atleta che nella disciplina della scherma, alle Olimpiadi di Atene 2004 ci ha fatto emozionare con quella sua meritata quanto sofferta vittoria nella gara della Sciabola.

    Aldo Montano entra nell'Arma dei Carabinieri nel 1995: ottiene nel 1997 una medaglia di bronzo individuale e una medaglia di bronzo a squadre ai mondiali giovanili di Tenerife. In Italia dal 2001 al 2003 è protagonista assoluto con 2 ori e un bronzo individuali.

    Nello stesso periodo, a livello europeo non arrivano grandi soddisfazioni. Ai campionati mondiali di Lisbona 2002 arriva solo 19° nella gara individuale, ma fa parte della squadra che conquista l'argento. A L'Avana 2003 è bronzo nell'individuale e sesto nella gara a squadre.

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    Aldo Montano, carattere grintoso e goliardico, livornese D.O.C., si presenta fortemente motivato e preparato all'appuntamento (sin qui) più importante della sua carriera: le Olimpiadi di Atene 2004.

    Il livornese, sostenuto durante la mattinata della gara (14 agosto) dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, suo concittadino, dopo un duello mozzafiato contro l'ungherese Zsolt Nemcsik finito 15-14, trionfa dimostrando grinta e cuore da vendere. Come ha scritto la Gazzetta dello Sport, la finale "è stata una maratona fatta di nervi a fior di pedana e di scherma squisita, una miscela di offensive e improvvisi, ma velenosi, ripiegamenti che hanno piegato alla fine la resistenza dell'ungherese Nemcsik con una vera e propria volata all'ultimo metro".

    Anche nella gara a squadre Aldo Montano si rivela protagonista indiscusso: purtroppo la finale contro la Francia vede l'Italia in considerevole ritardo, e più dell'argento - comunque ottimo - non si riesce ad ottenere.

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    E così nella dinastia dei Montano, pure illuminata da grandi successi, entra nella bacheca familiare anche la medaglia che mancava: l'oro olimpico individuale. Aldo è infatti il sesto rappresentante della famiglia Montano a salire su un podio olimpico che ha visto il nonno Aldo argento a squadre a Berlino 1936 e Londra 1948, il padre Mario Aldo oro a Monaco di Baviera 1972 e argento a Montreal 1976 e Mosca 1980 e i cugini del padre Mario Tullio oro nel 1972 e argento nel 1976, Tommaso argento nel 1976 e Carlo (unico fiorettista di famiglia) argento nel 1976. L'unico oro italiano nella disciplina era stato Nedo Nadi, anch'egli di Livorno, nel 1920.

    Aldo Montano, occhi verdi fisico atletico sguardo affascinante, carattere aperto e socievole, ragazzo dalla risposta sempre pronta diventa in un batter d'occhio una celebrità. Tra gli sportivi non calciatori è uno dei pochissimi ad essere diventato personaggio televisivo, complice la sua forte telegenia e spontaneità. Rifiuta di partecipare come concorrente al noto reality show "L'isola dei famosi". Tuttavia, forse non resistendo alla tentazione, Aldo Montano ha lasciato l'Arma per un contratto da "inviato" per la trasmissione "Quelli che il calcio...", condotta da Simona Ventura.

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    Nel 2005 prende parte al reality show "La fattoria" su Canale 5.

    Finita nell'estate 2006 la chiacchierata storia con Manuela Arcuri, e lasciate alle spalle le esperienze televisive - che dovrebbero essere state solo una parentesi - tutti i tifosi di Aldo Montano non vedono l'ora che faccia loro rivivere le emozioni provate per la sua grande prova di Atene.

    Dopo i Giochi Olimpici di Pechino 2008, dove nella sciabola individuale non va oltre gli ottavi di finale, e dopo alcuni periodi di infortuni, vola a Londra con la squadra italiana alle XXX Olimpiadi del 2012: Aldo Montano con i suoi compagni conquista la medaglia di bronzo nella sciabola a squadre.

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    CAMPIONI OLIMPICI


    Filippo Magnini
    Uno squalo a Pesaro



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    Filippo Magnini nasce a Pesaro il 2 febbraio 1982. Carattere vivace ed intraprendente a quattro anni inizia a pattinare sulle rotelle con la sorella Laura. Poi pratica il basket, sport principe della sua città natale. Più tardi prova anche a giocare a tennis e a calcio. Il suo fisico è esile e come molto spesso viene consigliato in questi casi ai ragazzini, per irrobustirsi pratica il nuoto.

    La sua prima squadra è la Vis Sauro Nuoto, con la quale conquista i primi trofei, provando l'esperienza del podio. Filippo a dieci anni ce la mette tutta per convincere i genitori ad iscriverlo ad una scuola di calcio.

    Per un certo periodo pratica entrambi gli sport; nel nuoto sono diversi i titoli regionali di categoria conquistati, così in breve decide di impegnarsi concenrtandosi solo su questo sport.

    Adolescente, Filippo Magnini è un ranista con un'ottima tecnica. Il carattere tenace fa di lui un promettente campione e, sebbene il fisico sia ancora acerbo, a sedici anni vince i primi titoli italiani di categoria. Ottiene così le prime convocazioni nelle squadre nazionali giovanili. Con la squadra azzurra partecipa alle competizioni internazionali che gli consentono di fare importanti esperienze oltre che arricchire il medagliere personale.

    E' a diciotto anni che, sviluppatosi nel fisico, Filippo Magnini d'accordo con gli allenatori decide di passare dalla rana allo stile libero, in cui risulta molto efficace.

    Nel 2001 consegue il diploma di geometra. Con la benedizione della famiglia si trasferisce a Torino dove è tesserato per la società Rari Nantes. Qui Filippo viene indirizzato completamente allo stile libero, sotto la guida del tecnico Claudio Rossetto, con il quale si stabilisce una profonda intesa.

    Inizia l'ascesa ai vertici del nuoto italiano di Magnini: vince i suoi primi titoli assoluti e viene convocato nella nazionale maggiore, di cui diverrà presto un punto di riferimento.

    "Filo", "Pippo", "Superpippo", sono i suoi appellativi quando nel 2004 vince titoli italiani in serie e titoli europei. In estate arriva l'attesissimo appuntamento delle Olimpiadi di Atene: Filippo Magnini conquista una storica medaglia di bronzo con la staffetta italiana 4x200 stile libero; a questo risultato farà seguito la nomina di "Cavaliere della Repubblica" da parte del Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi.



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    Dopo le Olimpiadi l'allenatore Rossetto si trasferisce a Roma: Filippo decide di lasciare Torino e seguirlo. La sua nuova società è la Larus nuoto, la stessa dell'altro campione italiano Massimiliano Rosolino. Con la Larus Magnini conquista subito un titolo europeo a cui seguono quattro titoli italiani. Questi ottimi risultati sono solo il preludio allo straordinario e storico traguardo che arriva nel 2005 in Canada, ai Campionati Mondiali di Montreal.

    La gara dei 100 metri stile libero costituisce un simbolo in questo sport, ha un fascino particolare, un po' come i 100 metri piani nell'atletica leggera; a Montreal Filippo Magnini fa urlare di gioia tutti i tifosi italiani, laurenadosi Campione del Mondo proprio in questa "gara regina".

    La sua gara e la sua prestazione sono di assoluto valore tecnico, nonchè mediatico: si tratta del primo oro nei 100 stile libero nella storia del nuoto italiano, il tempo di 48"12 è formidabile in quanto secondo tempo mondiale di sempre (più veloce di lui solo Pieter Van Den Hoogenband, con 47"84). Nella circostanza Magnini alla virata è quarto: nei secondi 50 metri brucia i suoi tre avversari realizzando il grande risultato con un gesto atletico strepitoso e una progressione inarrestabile.

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    Al suo ritorno in patria, la città di Pesaro gli organizza una grande festa, che lo incorona "re": un nuovo appellativo va ad aggiungersi, ed è "Magno".

    Ai Campionati Europei di Budapest 2006 è stato Filippo Magnini l'uomo da battere, ma nessuno c'è riuscito: un'altra straordinaria gara nei 100 stile libero gli ha permesso di conquistare un'altra medaglia d'oro europea.

    E ancora: ai mondiali di Melbourne 2006 è medaglia d'oro a pari merito con il canadese Brent Hayden.

    Dopo le deludenti Olimpiadi di Pechino 2008, nel mese di settembre è l'inviato dall'Honduras per la sesta edizione del programma tv di Rai Due "L'isola dei famosi".

    Dopo esser stato per lungo tempo sulle prime pagine dei giornali per la sua relazione con la super campionessa Federica Pellegrini, torna a far parlare di sé per meriti sportivi alla fine del mese di maggio del 2012: Magnini, capitano della squadra azzurra, a poche settimane di inizio dalle Olimpiadi di Londra 2012 torna sul gradino più alto del podio agli europei di nuoto di Debrecen (Ungheria), vincendo con una gara perfetta i 100 metri stile libero.


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    CAMPIONI OLIMPICI


    Federica Pellegrini
    In acqua divina



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    Federica Pellegrini nasce a Mirano (Venezia) il giorno 5 agosto 1988. Inizia a nuotare nel 1995 e dopo i primi successi conseguiti sotto la guida di Max Di Mito alla Serenissima Nuoto di Mestre, passa alla DDS di Settimo Milanese, trasferendosi a Milano da Spinea (VE), paese dove è cresciuta assieme alla famiglia. Nel corso del 2004, nonostante i suoi sedici anni, emerge a livello nazionale tanto da essere inserita nella squadra olimpica che volerà ad Atene.


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    Ai Giochi Olimpici del 2004 vince una medaglia di argento nei 200 metri stile libero: si tratta del ritorno sul podio olimpico di una nuotatrice italiana dopo 32 anni di distanza; l'ultima prima di lei fu Novella Calligaris. Nelle semifinali della stessa gara, Federica Pellegrini realizza il miglior tempo della competizione, superando anche il precedente record nazionale. Diventa così la più giovane atleta italiana a salire su un podio olimpico individuale. Ad Atene gareggia anche nei 100 metri stile libero, ma arriverà solo decima, senza raggiungere la finale.

    Ai mondiali di nuoto di Montreal (Canada) 2005, ripete lo stesso risultato di Atene, ottenendo il secondo posto nei 200 stile libero. Mentre la medaglia di Atene era per tutti uno straordinario successo, questo nuovo risultato suscita in lei una grande delusione, per non essere riuscita a vincere. In questa occasione viene fuori tutto il carattere combattivo di Federica, perfezionista ed estremamente competitiva, che continuerà per la sua strada con ancora più grinta.

    Nel 2006 arriva il momento degli Europei di Budapest (Ungheria), ma l'atleta si presenta in uno stato di forma precario a causa di un
    problema alla spalla. Partecipa solo alla gara dei 200 stile libero ma si ferma alle batterie.
    Dopo gli europei ungheresi decide di cambiare allenatore: passa da Massimiliano Di Mito ad Alberto Castagnetti, Commissario Tecnico della nazionale e head-coach del Centro Federale di Verona. Tesserata per il Circolo Canottieri Aniene Roma, vive e si allena a Verona, presso il Centro Federale.
    Arriva il giorno del riscatto: Federica con la squadra italiana vola in Australia ai mondiali di Melbourne del 2007. Il 24 marzo stabilisce il record italiano nei 400 stile libero. Tre giorni dopo ottiene il record del mondo nella semifinale dei 200 stile libero, battuto però meno di 24 ore dopo dalla francese Laure Manaudou nella finale che la vedrà terza.

    Piena di contraddizioni, sogni e desideri, come sono le ragazze della sua età, ha scritto un libro (insieme a Federico Taddia) che è un po' diario un po' cronaca delle sue giornate, in cui svela i suoi segreti, racconta i suoi sogni e spiega la sua visione della vita. Uscito nel 2007 il libro si intitola "Mamma, posso farmi il piercing?".

    Molto attiva anche nel sociale Federica Pellegrini è testimonial ADMO e ambasciatrice nei progetti che coinvolgono tematiche legati ai disturbi alimentari.

    Fidanzata con il nuotatore italiano Luca Marin (la sua ex compagna è la francese Manaudou), nel 2008 l'appuntamento è con le Olimpiadi di Pechino. Ma prima ci sono gli Europei che si svolgono ad Eindhoven (Olanda): qui dopo la profonda delusione per la squalifica dalla sua gara regina, i 200 stile libero, Federica si riprende appieno conquistando un argento e un bronzo in due staffette, rispettivamente 4x100 e 4x200 stile libero. Autrice di una grande prestazione nei 400 stile libero, Federica esce dalla competizione con in tasca soprattutto l'oro e il record del mondo.

    Volata a Pechino per le Olimpiadi, festeggia i vent'anni di età a pochissimi giorni dall'inizio dei Giochi. L'11 agosto nella gara dei 400 stile libero conclude soltanto quinta, nonostante in qualifica abbia fatto registrare il nuovo record olimpico; nel pomeriggio dello stesso giorno realizza il record del mondo nella batteria di qualificazione dei 200 stile libero. Il 13 agosto è medaglia d'oro nei 200 con un nuovo record del mondo.



    Alla fine dell'anno partecipa agli europei in vasca corta (25 metri) a Rijeka (Croazia), dove vince l'oro nei 200 stile libero frantumando il precedente record mondiale.

    Nel giorno della festa delle donne, l'8 marzo 2009, ai campionati assoluti italiani di Riccione fa fermare il cronometro a 1'54"47, frantumando il suo stesso record mondiale. Alla fine del mese di giugno si aprono a Pescara i Giochi del Mediterraneo: Federica sorprende se stessa conquistando oro e record del mondo nei 400 stile libero.


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    Arriva il momento dei mondiali casalinghi: ai campionati di Roma 2009 nei 400 stile libero vince l'oro e stabilisce record del mondo in 3'59"15: Federica Pellegrini è la prima donna nella storia del nuoto a nuotare questa distanza in meno di 4 minuti; pochi giorni dopo vince un altro oro frantuma un altro record, quello dei 200 stile libero.
    Agli europei del 2010 a Budapest vince un oro nei 200 stile libero.
    La relazione con il collega Marin termina nel 2011, anno in cui altre medaglie d'oro arrivano in modo straordinario: l'occasione sono i mondiali di nuoto di Shanghai (Cina); Federica vince nei 400 e nei 200 stile libero: entra nella storia per essere la prima nuotatrice a ripetersi nei 400 e nei 200 sl in due mondiali consecutivi.


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    CAMPIONI OLIMPICI

    Annalisa Minetti
    Le sfide e le gioie della vita



    Annalisa Minetti nasce il 27 dicembre del 1976 a Rho, in provincia di Milano. Dopo aver studiato danza da bambina, a quindici anni scopre il mondo della musica, anche grazie al sostegno dello zio Michele, che era stato un cantante negli anni Sessanta. Voce solista di un duo, inizia a esibirsi tra Cremona e Crema in diversi piano bar, cantando brani di Celine Dion, Ray Charles e Prince ma soprattutto di Aretha Franklin, la sua interprete prediletta.

    Dopo essersi diplomata in ragioneria, partecipa a Sanremo Giovani con i Perro Negro, nel 1995: il singolo "Metti un lento", tuttavia, non passa la selezione che dovrebbe aprire le porte della sezione "Nuove proposte" di Sanremo Giovani. Mentre il gruppo decide di sciogliersi, Annalisa scopre di essere affetta da una grave forma di degenerazione maculare e retinite pigmentosa: patologie che la condurranno a una cecità sempre maggiore, fino a permetterle di vedere unicamente luci e ombre.

    Dopo aver posato per un fotoromanzo del periodico "Nous Deux", edito in Francia, riprende la carriera di pianobar, quando il talent scout Vito Elia la nota e la propone per Miss Lombardia. Il concorso di bellezza viene vinto in scioltezza, e così la Minetti si ritrova catapultata a Miss Italia.

    La giovane rhodense approda a Salsomaggiore Terme nel 1997, anche se la sua partecipazione non manca di suscitare polemiche, proprio a causa della sua parziale cecità immediatamente messa in evidenza dai giornali. Diventata famosa ancora prima della finale, Annalisa tuttavia arriva solamente sesta a dispetto dei favori dei pronostici iniziali: conquista, in ogni caso, il titolo di "Miss Gambissima".

    L'anno successivo, la ragazza milanese decide di riprovarci con Sanremo. Grazie al brano "L'eroe sei tu", cover in italiano di una canzone di Mariah Carey, passa la selezione di Sanremo Giovani, approdando pertanto al Festival di Sanremo, dove, con la canzone "Senza te o con te" (scritta da Paola Palma e Massimo Luca), vince la sezione "Nuove proposte".

    Quell'anno il regolamento prevede che i primi tre classificati tra le "Nuove Proposte" entrino nella gara dei Big: e così la Minetti a sorpresa vince anche tra i "grandi", davanti ad Antonella Ruggiero.

    Grazie al successo all'Ariston, la Minetti ha la possibilità di pubblicare il suo primo disco, edito da Sony Music: si chiama "Treno blu", ma raccoglie un tiepido riscontro. Un tour che la porta in giro in tutta Italia precede un viaggio in Cile, dove la cantante prende parte al Festival di Vina del Mar, in occasione del quale riceve il riconoscimento "Arancia d'Oro". Mentre in Italia il disco sfiora le 50mila copie, "Treno blu" viene pubblicato anche in un'edizione spagnola.

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    Nel 1999, in ogni caso, Annalisa Minetti è già pronta con il suo secondo album: si chiama "Qualcosa di più", e vede la collaborazione - tra gli altri - di Ron, Ivana Spagna e Eros Ramazzotti. Il successo, però, tarda ad arrivare.

    Il 2000 vede l'esordio della Minetti in qualità di attrice nel musical "Beatrice & Isidoro", mentre a dicembre la cantante lombarda partecipa al Giubileo per disabili trasmesso in diretta dal Vaticano sulle reti Rai.

    Dopo essersi sposata con il calciatore di Serie C campano Gennaro Esposito, nel 2003 ottiene il diploma di insegnante di step e spinning, intraprendendo quest'attività nelle palestre di Fasano, in puglia, e di Valdisangro, in Abruzzo. Il 2004 la vede tornare in televisione, protagonista di "Music Farm", in onda su Raidue: nella prima edizione del reality show, condotta da Amadeus, perde con Riccardo Fogli la sfida che le avrebbe permesso di giungere in finale.

    L'anno successivo torna a Sanremo, in coppia con Toto Cutugno, che la vuole con sé per la canzone "Come noi nessuno al mondo". Il brano giunge primo nella sezione "Classic" e secondo nella graduatoria finale.

    Dopo aver duettato nel luglio del 2007 con Claudio Baglioni, posa per alcune fotografie, mentre è in dolce attesa, insieme con altre donne incinte, per due calendari i cui proventi sono destinati in beneficenza. Il 2008 porta la gioia della nascita del primogenito Fabio, ma anche le delusioni delle bocciature provenienti dalla commissione del Festival di Sanremo, che cassa ben cinque suoi pezzi: Annalisa, in ogni caso, riesce a salire sul palco del Teatro Ariston, grazie nuovamente a Cutugno, che la vuole con sé per duettare nel brano "Un falco chiuso in gabbia".

    Dopo aver cantato l'intro del brano "Buon viaggio della vita" in "Q.P.G.A.", di Claudio Baglioni, partecipa, il 21 giugno, ad "Amiche per l'Abruzzo", l'evento benefico organizzato da Laura Pausini allo stadio Meazza di Milano per raccogliere fondi a favore dei terremotati dell'Aquila.

    Mentre nel 2010 prende parte, con il pezzo "Nun ti bastu", all'undicesimo "Festival della nuova canzone siciliana", l'anno successivo propone il singolo "Mordimi", preludio del disco "Nuovi giorni", in uscita a settembre del 2012. Proprio questo mese le regala una gioia sportiva immensa: partecipa, infatti, alle Paralimpiadi di Londra 2012, vincendo la medaglia di bronzo nei 1500 metri e stabilendo il primato mondiale nella categoria ciechi (in quanto le atlete giunte davanti a lei fanno parte della categoria delle ipovedenti). Annalisa trionfa grazie a Andrea Giocondi, ex mezzofondista italiano che le fa da guida, e che la conduce al tempo di 4 minuti, 48 secondi e 88 centesimi.

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    Campioni Olimpici

    Igor Cassina
    Le vertigini hanno un nome proprio


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    Igor Cassina, ginnasta italiano campione nella specialità della sbarra, nasce a Seregno, nel cuore della brianza lombarda, il giorno 15 agosto 1977.

    Figlio di un designer, proprietario di una fabbrica di mobili, dopo una brevissima esperienza nel judo, a soli cinque anni si avvicina alla ginnastica artistica, allenato da Franco Giorgetti. Igor ha solo nove anni anni quando disputa a Varese la sua prima gara. Su circa ottanta bambini che partecipano, arriva quarto. All'epoca seguiva con entusiasmo le gesta atletiche del ginnasta russo Dimitri Bilozerchev.
    A quindici anni, nel 1992 a Vercelli, Igor Cassina si laurea campione nazionale Junior. Due anni più tardi, ancora minorenne, è di nuovo campione italiano Junior e campione assoluto alla sbarra: è il primo ginnasta italiano appartanente alla categoria Junior a vincere un titolo assoluto.

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    Nel 1999 partecipa ai Mondiali di Tianjin a squadre e arriva 14°. Nel 2000 è nella squadra olimpica italiana che vola a Sydney per la XXVII Olimpiade.

    Nel 2001 ai Mondiali di Gand Igor Cassina arriva quarto alla sbarra. L'anno successivo partecipa agli Europei di Patrasso dove conquista una medaglia di bronzo. Da qui partono una serie di successi che passano, nel 2003, dai Mondiali di Anaheim, dove ottiene un argento.

    Nel 2004 è in formissima: partecipa alla sua seconda Olimpiade, quella di Atene. E' il 23 agosto quando Igor Cassina si presenta alla pedana della sbarra. Prima ancora della gara guadagna una soddisfazione grandissima. E' il primo atleta al mondo a presentare una particolare figura artistica: si tratta di un movimento Kovacs (si chiama così dal nome di un famoso ginnasta ungherese) teso con avvitamento a 360° sull'asse longitudinale. La federazione internazionale aveva già riconosciuto l'unicità del gesto ufficializzando dal 2002 la figura con il nome "movimento Cassina". Igor rasenta la perfezione: vince la medaglia d'oro alla sbarra. E' il primo italiano di sempre. Prima di lui l'unica medaglia conquistata alla sbarra da un italiano era l'argento di Romeo Neri, risalente al 1928 ad Amsterdam. Quella di Igor Cassina è la medaglia italiana numero 500 nella storia dei Giochi Olimpici.

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    Nel 2005 deve confermare il suo ruolo di campione e lo fa arrivando primo a Parigi, alla FIG World Cup, secondo nel concorso generale agli assoluti italiani, e secondo ai campionati europei che si svolgono a Debrecen (Ungheria).

    Ai mondiali del 2005 presenta il "Cassina 2", un esercizio ancora più complesso del "movimento Cassina": si tratta di un doppio salto con gambe tese e due avvitamenti, molto pericoloso. Il "Cassina 2" gli vale però solo il decimo posto.

    Nel 2006 agli europei di Volos (Grecia) alla sbarra chiude al quinto posto. Ai successivi mondiali di Aarhus (Danimarca, 2006) cade durante le qualificazioni e si procura un brutto infortunio al costato. Igor Cassina punta dritto alle Olimpiadi di Pechino 2008 e dopo questo incidente decide di cambiare esercizio, mettendo da parte il "Cassina 2".

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    Igor si dedica così allo studio universitario (Scienze motorie) e alla propria riabilitazione: rimessosi completamente anche grazie all'aiuto del suo allenatore Maurizio Allievi (della Società Ginnastica Meda), ex ginnasta azzurro durante gli anni '70, Igor torna a gareggiare agli europei del 2007 che si svolgono ad Amsterdam, conquistando il bronzo.

    Il "Cassina 2" non viene presentato a Pechino in quanto la figura non è ancora stata omologata dalla federazione: ciò comporta che il guadagno potenziale in termini di punteggio sia molto sproporzionato rispetto alla perdita di punti in caso di errore nell'esecuzione. Ad ogni modo è da tener presente che il "Cassina 1" è già di per sè considerato l'esercizio più difficile da eseguire alla sbarra.

    Nel febbraio del 2011 annuncia il suo ritiro dallo sport agonistico. Lavora in seguito come commentatore tecnico per la Rai.


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    Campioni Olimpici

    Ian Thorpe
    Gigante in acqua


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    Ai Giochi Olimpici di Sidney 2000 ha vinto tre ori e due argenti, ha stabilito il nuovo record del mondo nei 400 stile libero e ha contribuito al primato mondiale nella staffetta 4x100. L'anno dopo, nel luglio 2001, ha partecipato ai Campionati Mondiali di Fukuoka, vincendo sei medaglie d'oro e frantumando quattro primati del mondo.

    Tutto questo ha un nome e un cognome, già scritti a lettere d'oro negli albi di storia del nuoto e dello sport in generale: Ian Thorpe.

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    Nato a Paddington, Sidney (Australia) il 13 ottobre 1982, Ian James Thorpe, soprannominato "la Torpedine", è uno dei migliori nuotatori di sempre sulle medie distanze, un colosso che in acqua ha una grazia da delfino, proprio come se quello fosse il suo elemento naturale. Ed è con una naturalezza infinita che Ian Thorpe ha completamente dominato i 400 metri stile libero sin dalla sua prima vittoria in un Campionato mondiale del 1998.

    Poi sono arrivati i successi già ricordati, ma nel frattempo il suo dominio si è ampliato anche ai 200 e agli 800 metri stile libero (di questi ultimi è anche autore dei record mondiali), ed è stato tra i più veloci centometristi al mondo. Grazie a lui l'oro conquistato nelle 4x100 e 4x200 stile libero alle Olimpiadi di Sidney, ha segnato per la prima volta la sconfitta in questo campo degli Stati Uniti d'America.

    Alle Olimpiadi di Atene 2004 Ian Thorpe è stato senza ombra di dubbio uno dei grandi protagonisti delle competizioni in vasca, ma ha dovuto fronteggiare i suoi grandi rivali, l'olandese Pieter Van den Hoogenband, e lo statunitense Michael Phelps, che gli hanno dato del filo da torcere (soprattutto Phelps, conquistando 4 ori e 1 bronzo individuali, e due record
    olimpici). Ian ha conquistato un bronzo nei 100 stile libero, un oro nei 200 stile libero ed è stato il vincitore di quella che molti hanno definito la gara del secolo: i 400 metri stile libero, gara di intensità e fascino particolare che ha visto l'australiano precedere di misura, e in modo emozionante, l'olandese e l'americano.

    Il successo di Thorpe si è basato in massima parte sul suo enorme e potente fisico. Con i suoi 195 centimetri per 105 kilogrammi è piuttosto grande per la media dei nuotatori - molti ritenevano che maturando e continuando a crescere non sarebbe più stato in grado di mantenere prestazioni sui livelli di quelle dell'adolescenza - capace di mantenere un ritmo di sei battute che è ormai il suo marchio di fabbrica, e che gli permette di accelerare verso la vittoria nelle fasi finali delle gare.

    Lontano dalle piscine Ian Thorpe sfugge al classico stereotipo dello sportivo australiano. Almeno in pubblico è calmo, ha buone maniere, è riflessivo, lucido, ma anche estremamente cauto nelle sue dichiarazioni; fa grandi sforzi per isolarsi dai media durante la preparazione e nel corso dei grandi eventi.

    È nota anche la sua mancanza di interesse (e di abilità) per altri sport. L'altra sua passione sembra essere la moda. Passione ben remunerata: è infatti uno degli ambasciatori dei vestiti Armani, scelto personalmente a questo scopo dallo stilista italiano.

    Gli eroi sportivi di Thorpe sono tutte leggende olimpiche americane: Mark Spitz, Carl Lewis e Michael Jordan.

    Ai mondiali di nuoto canadesi di Montreal 2005, Ian Thorpe è il grande assente: l'Australia ne risente, ma Ian ha deciso di prendersi un anno sabbatico in attesa di preparare al meglio i Giochi Olmipici per il 2008.

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    Poi il 21 novembre 2006 a soli 24 anni annuncia a sorpresa il suo ritiro dalle attività agonistiche, con la motivazione che il nuoto ha smesso di essere la cosa più importante della sua vita. Alla fine del mese di marzo 2007, proprio durante i mondiali di Melbourne - che per Thorpe sarebbero stati casalinghi - arriva da un quotidiano francese la notizia che Ian Thorpe si sarebbe ritirato dopo che un controllo antidoping avrebbe rivelato la presenza di sostanze vietate.

    A febbraio del 2011 torna sui giornali dichiarando di voler tornare a gareggiare per raggiungere l'obiettivo di partecipare alle Olimpiadi di Londra 2012.


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    Campioni Olimpici

    Pietro Mennea
    Laurearsi campione


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    Pietro Paolo Mennea nasce il 28 giugno del 1952 a Barletta, da una famiglia di umili origini (mamma casalinga e papà sarto). Iscrittosi a ragioneria dopo le scuole medie, sin da adolescente mette in mostra doti notevoli in campo atletico, soprattutto nella corsa. Il suo debutto in un grande evento avviene a soli diciannove anni, in occasione dei Campionati Europei del 1971, quando conquista un sesto posto nei duecento metri e la medaglia di bronzo nella staffetta 4x100.
    L'anno successivo, Mennea è già alle Olimpiadi: a Monaco 1972, il velocista pugliese sale sul podio nella finale dei duecento metri, terzo dietro al sovietico Valerij Borzov e a Larry Black, statunitense. La carriera sportiva di Mennea, dunque, prende il volo da subito: le conferme arrivano agli Europei di Roma del 1974, quando davanti al pubblico di casa Pietro conquista la medaglia d'argento nella staffetta e nei cento metri (ancora una volta dietro Borzov, destinato a diventare il suo storico rivale), ma soprattutto la medaglia d'oro nei duecento, sua specialità prediletta.
    A causa di alcune prestazioni non eccellenti, l'atleta barese decide di saltare le Olimpiadi di Montreal: solo in un secondo momento, anche a seguito di una preziosa opera di convincimento da parte dell'opinione pubblica, cambia idea. La rassegna a cinque cerchi canadese, tuttavia, si conclude senza allori: quarto nella finale dei duecento vinta dal giamaicano Don Quarrie e quarto anche con la staffetta.
    Vincitore dei duecento agli Europei di Praga nel 1978, nella kermesse cecoslovacca sfodera una prestazione eccezionale conquistando anche la mezza distanza. Sempre in campo continentale, nello stesso anno vince per la prima volta i 400 metri, agli Europei indoor.

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    Nel 1979 Mennea prende parte anche alle Universiadi (a quei tempi è studente di Scienze Politiche) che si tengono a Città del Messico: proprio in questa occasione corre i duecento metri in 19 secondi e 72 centesimi, il che significa record del mondo.
    Il primato di Mennea, che durerà per ben diciassette anni, viene realizzato a duemila metri di altezza (le prestazioni ne risentono in positivo), così come peraltro era accaduto per il record precedente, stabilito sempre a Città del Messico da Tommie Smith. Mennea, in ogni caso, confermerà la propria supremazia cronometrica anche a livello del mare, avendo corso con il tempo di 19 secondi e 96 a Barletta: tale primato rimarrà fino al 1983.
    Il 1980, comunque, si conferma per l'atleta pugliese un anno d'oro. Letteralmente: alle Olimpiadi di Mosca, caratterizzate dal boicottaggio degli Stati Uniti, il velocista pugliese ottiene il primo gradino del podio nei duecento metri, sopravanzando l'avversario Allan Wells per soli due centesimi. Nella rassegna sovietica, inoltre, conquista anche il bronzo nella staffetta 4x400. Ormai Mennea è diventato la Freccia del Sud: Freccia che però nel 1981 annuncia il proprio ritiro, motivato dall'intenzione di dedicarsi allo studio.
    In realtà, Pietro cambia idea ben presto, e già l'anno successivo partecipa agli Europei, come staffettista nella 4x100 azzurra che chiude al quarto posto. Il 22 marzo del 1983, Mennea stabilisce un record mondiale ancora imbattuto: è quello dei 150 metri, percorsi sulla pista dello stadio comunale di Cassino in 14 secondi e 8 decimi. Un primato che sopravvive nonostante i tentativi recenti di superarlo, come quello di Usain Bolt, stabilito il 17 maggio del 2009 con un tempo di 14 secondi e 35: tempo non omologato in quanto fatto segnare su una pista rettilinea.
    Mennea partecipa poi anche ai Mondiali di Helsinki, ovviamente forieri di medaglie (argento nella staffetta 4x100 e bronzo nei duecento) e alle Olimpiadi di Los Angeles 1984. Nella rassegna americana diventa il primo atleta al mondo a disputare quattro finali consecutive dei duecento metri alle Olimpiadi. Terminata la gara al settimo posto, l'Olimpiade californiana si conclude senza allori: il velocista decide di ritirarsi dalle competizioni a fine stagione.


    Mennea, però, ci ripensa un'altra volta, e a 36 anni si ripresenta alle Olimpiadi di Seul 1988. Il risultato, tuttavia, non è dei migliori, perché l'atleta azzurro si ritira pur avendo superato il primo turno di qualificazioni. I Giochi coreani, in ogni caso, sono ricchi di soddisfazioni per Mennea, che ha l'onore di portare la bandiera italiana come alfiere azzurro nel corso della cerimonia di apertura.
    Atleta poliedrico e mente attiva, Mennea è laureato in Scienze Politiche (ebbe il sostegno dell'allora ministro degli Esteri Aldo Moro), Giurisprudenza, Lettere e Scienze dell'Educazione Motoria.
    E' ancora il detentore del record europeo dei duecento metri.
    In pista l'atleta di Barletta si caratterizzava per una partenza dai blocchi piuttosto lenta, che tuttavia rappresentava il prologo a un'accelerazione progressiva ma efficace che lo portava a velocità di punta sconosciute agli altri avversari. Proprio a causa della partenza lenta, i cento metri non erano la sua disciplina preferita (pur regalandogli diverse soddisfazioni, soprattutto a livello europeo), mentre le gare dei duecento si contraddistinguevano per rimonte eccezionali. Per lo stesso motivo, a Mennea venivano sempre assegnate le ultime frazioni delle staffette, nelle quali occorre partire lanciati.


    Autore di venti libri, dottore commercialista e avvocato, Mennea è stato direttore generale della squadra di calcio della Salernitana nella stagione 1998/1999. Docente di Legislazione europea delle attività motorie e sportive all'Università "Gabriele D'Annunzio" di Chieti per la facoltà di Scienze dell'Educazione Motoria, Mennea è stato deputato del Parlamento Europeo a Bruxelles dal 1999 al 2004: proprio questa carica ha destato più di una polemica nel 2000, quando l'ex azzurro dell'atletica partecipò a un concorso per ottenere la cattedra di Sistematica, regolamentazione e organizzazione dell'attività agonistica all'Università degli Studi dell'Aquila per la facoltà di Scienze Motorie; arrivato primo in graduatoria, Mennea avrebbe avuto diritto all'assunzione, che tuttavia fu vincolata alle sue dimissioni dal Parlamento Europeo, carica pubblica ritenuta incompatibile con la posizione di professore a contratto (privata). Dalla vicenda nacquero interrogazioni parlamentari e polemiche, anche se Luciano Guerzoni, ai tempi Sottosegretario per l'Università e la Ricerca Scientifica del Governo Amato, diede ragione all'ateneo.

    Pietro_Mennea_4


    Dal 2006, insieme con la moglie Manuela Olivieri, Pietro Mennea ha dato vita a una Onlus, la "Fondazione Pietro Mennea", che si propone di effettuare assistenza sociale e donazioni economiche a enti di ricerca, caritatevoli, associazioni sportive e istituzioni culturali mediante progetti di carattere filantropico. Sempre insieme con la moglie (avvocato come lui, con uno studio a Roma) nel 2010 ha dato vita a una class action per difendere diversi cittadini italiani colpiti dal crac terribile della Lehman Brothers.
    Tre volte campione italiano nei cento metri e undici volte campione italiano nei duecento metri, Mennea ha avuto l'onore, nel marzo del 2012, di vedersi dedicata una stazione della metropolitana di Londra, in occasione delle iniziative collegate con i Giochi Olimpici londinesi.
    Nominato Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana nel 1979, l'anno successivo Mennea ha ricevuto anche l'investitura di Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica.
    Da tempo malato, ha terminato la sua lotta contro un male incurabile spegnendosi a Roma il giorno 21 marzo 2013, all'età di 60 anni.


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