LA CUCINA NEI LIBRI...

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  1. gheagabry1
     
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    "La Grammatica delle Spezie"


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    "Crescete su, più alte, o foglie soavi, sì che io possa vedervi, crescete su, dal mio petto!" Nella terza edizione della raccolta di poesie "Foglie d'erba", il poeta americano Walt Whitman ha inserito anche una sezione chiamata "Calamo", per evocare lussuria, cameratismo, affetto. Spezie e parole, spezie e storia, spezie e racconti di varia umanità e leggende. Il perché Whitman scelse di raccontare anche il Calamo, è esattamente lo spirito che anima "La Grammatica delle Spezie" (Gribaudo, 219 pp, 19,90 euro), il libro di Caz Hildebrand che si è assunto l'oneroso compito di definire le spezie.

    Un compito, a suo stesso dire "insidioso", su cui sono "scivolati molti autorevoli uomini e donne, studiosi di svariate discipline" e che l'autore di questo libro si prefigge di affrontare in modo originale. Non si ferma infatti alla definizione classica, non si limita a spiegare che "le spezie non sono erbe aromatiche, ma le parti essiccate", dalla corteccia alla resina al frutto, "di piante che crescono in climi tropicali", costose ed elitarie.

    La particolarità di questo libro sta nell'approccio del racconto, che porta in primo piano "la storia delle spezie, che è una storia di seduzione, mitologia, amori, sangue e luoghi comuni", provenienti da tutto il mondo e da qualsiasi tradizione. Quella ebraica, secondo cui "la regina di Saba arrivava dell'Etiopia "con cammelli carichi di spezie", tanto quanto quella indiana o più in generale quella mediorientale. La Grammatica delle spezie vuole essere un atlante pratico per conoscere, lemma dopo lemma, esattamente come in un vocabolario, un mondo estremamente vasto, esotico e sconosciuto ai più. In maniera facile, diretta e concisa. Hildebrand per portare a termine questo lavoro non si è pero affidato solo alle parole, ma ha preso a esempio "The grammar of ornament", libro pubblicato nel 1856, che per raccontare il fenomeno delle arti decorative usò l'architettura e l'uso che in essa si faceva degli ornamenti e dei colori. In questo caso all'architettura si sostituisce la cucina e, talvolta, la cultura quotidiana e la saggezza popolare.

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    E così accompagnate da disegni coloratissimi, per la maggior parte gedelmente tratti dal libro di Owen Jones del XIX secolo, le spezie si raccontano da sole. O quasi. Una pagina, quasi mai di più, alla volta troviamo il costosissimo Zafferano e scopriamo che fu già raccontato da Aristofane e che, se si vuole andare oltre il classico risotto, è perfetto da abbinare "a carni bianche e agrumi", poche pagine dopo, si fa un viaggio in Iran, con l'Anardana, ovvero il cuore essiccato del melograno "perfetto per torte e crostate", in sostituzione a fragole, visciole, ciliegie. Storia e cucina si intrecciano, si sostengono e si danno un senso vicendevolmente. Anche e soprattutto nel raccontare spezie esotiche e lontane, pressocché sconosciute, come l'Akudjura, nata nell'Australia aborigena, dove dai nativi era considerato un cibo essenziale, oggi abbinato alle carni magre come ai peperoni, all'avocado come alle mele, ed è "perfetto per essere aggiunta al chutney di pomodoro, per insaporire l'agnello prima di cuocerlo".
    (LARA DE LUNA, www.repubblica.it)


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    Una storia di seduzione, mitologia, amori, sangue e luoghi comuni. Infatti, da sempre le spezie sono associate a origini soprannaturali e considerate un assaggio di Paradiso.
    Le prime notizie che ne abbiamo risalgono al 3500 a.C.: gli Egizi le utilizzavano per insaporire i cibi e imbalsamare i defunti (anice e cumino servivano per sciacquare le viscere); il pepe in grani veniva esportato dall’India verso il Medio Oriente prima del 2000 a.C.; i chiodi di garofano furono esportati in Cina nel secondo secolo a.C., due secoli prima di arrivare ad Alessandria d’Egitto. Secondo la Bibbia, la regina di Saba arrivava dall’Etiopia «con cammelli carichi di spezie» per omaggiare il re Salomone a Gerusalemme. Gli arabi dominano gran parte della storia delle spezie. Ne hanno controllato il commercio per 5.000 anni, espandendosi alla fine anche nel Mediterraneo orientale e nel resto dell’Europa, con una famosa via delle spezie che attraversava il fi ume Indo, passava per Peshawar e in Afghanistan, superando il passo Khyber, e si dirigeva verso occidente attraverso l’Iran e poi a sud fi no a Babilonia. Gli antichi romani, gli arabi e i veneziani si contesero per secoli i vari territori di provenienza delle spezie, ma fu ovviamente Cristoforo Colombo, navigatore italiano che rappresentava la Spagna, a tentare di raggiungere l’India navigando verso ovest (invece che verso est) nel 1492, ad loca aromatum, «verso i luoghi delle spezie». Invece finì senza saperlo nelle Americhe e nei Caraibi, riportando in Europa peperoncini, cioccolato, lentisco, rabarbaro e pimento.

    Il titolo di questo libro è stato ispirato da un altro viaggio di esplorazione in terre lontane, un libro intitolato The grammar of ornament, “La grammatica dell’ornamento”, dell’architetto e designer Owen Jones, pubblicato nel 1856. Il collegamento tra le spezie e la teoria del design del XIX secolo non è così pretestuoso come potrebbe sembrare. «La forma senza il colore è come un corpo senz’anima», scrisse Jones. Lo stesso si potrebbe sostenere per il cibo senza le spezie e la loro complessa diversità di gusti e aromi. Ogni spezia in questo libro è accompagnata da una riproduzione di decorazioni di superfici tratta dal libro originale di Owen Jones. I motivi scelti fanno riferimento principalmente alle origini della spezia in questione: per una come il pepe, che ha le sue radici in India, vedremo sulla stessa pagina disegno, colore, motivo e forme provenienti da quel Paese.

    In poche parole, La grammatica delle spezie è un manuale ricco pieno di colori e di notizie curiose e interessanti; un viaggio coloratissimo all’insegna del gusto, nonché un percorso visivo e tematico che espone le spezie più comuni e quelle più esclusive, raccontandone la storia, le chicche, gli usi erboristici e in cucina.

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    Sfogliando il libro, vi accorgerete che le spezie sono parecchie e che la chiave della loro importanza è proprio la varietà e la molteplicità di gusti e sapori. C’è da dire che il testo oltre a offrire al lettore una panoramica in questo meraviglioso, affascinante e magico mondo esotico pieno di profumi, attua anche una netta distinzione tra erbe aromatiche e spezie. Infatti, con l’espressione “erbe aromatiche” si intende tutte quelle piante o verdure (foglie e steli) coltivate negli orti, ma reperibili anche allo stato selvatico (ad esempio: alloro, basilico, maggiorana, menta, prezzemolo, rosmarino, ecc.), mentre con il termine “spezie”, si indicano quei prodotti generalmente provenienti da luoghi lontani (Africa, Asia, America del sud, ecc.), che seccati a dovere, vengono impiegati per conservare e insaporire i cibi. Di fatto, le spezie differiscono per aroma (dolce, forte, pungente, piccante) che varia a secondo della cottura utilizzata. Inoltre, la loro azione nutraceutica può essere utile per il benessere psico-fisico, in quanto offrono longevità, tonicità ed elasticità dei tessuti.

    Altra chicca interessante è che il manuale propone abbinamenti, ricette e consigli in modo tale che il lettore possa sfruttare a pieno tutto il potere prodigioso delle spezie menzionate.



    (recensione di Silvia Casini, © Riproduzione Riservata, http://www.upsidedownmagazine.it/la-gramma...zie-recensione/
     
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