LA CUCINA NEI LIBRI...

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  1. gheagabry1
     
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    "Voglio che tu beva il mio te'. Sentirai, il profumo ti arrivera' all' anima". Parlava di un te' prezioso, giuntole da Calcutta... Un profumo acuto si spandeva nell' aria... Ella verso' in una tazza la bevanda e l' offerse ad Andrea, con un sorriso misterioso. Egli rifiuto' dicendo "Non voglio berlo in tazza ma da te"... "Ora prendi un bel sorso"... Maria, teneva le labbra serrate, per contenerlo... E Andrea la bacio', suggendo da essa tutto il sorso...
    (Gabriele d'Annunzio, Il piacere)



    Viaggio alle Sorgenti del tè

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    Un viaggio in 7 tappe e altrettante tipologie di tè per conoscere tutto quanto si cela dietro la bevanda più consumata al mondo dopo l'acqua. Tra reportage, libro fotografico e monografia dotta, un volume pieno di informazioni, immagini, aneddoti e storie sul tè.

    Più di 500 pagine per raccontare il tè, dalle origini alla commercializzazione, dalla produzione alle leggende, delle piantagioni alle denominazioni, dalle tipologie ai modi di consumo, dalle fasi di lavorazione alle classificazioni, all'assaggio. Un'opera di gran pregio, nei contenuti come nella forma, con foto intense che testimoniano il lungo lavoro di ricerca che ha dato vita a Viaggio alle sorgenti del tè. Quasi 3 anni di lavoro, 4 mesi di viaggio, migliaia di chilometri percorsi, “dall'Oceano Indiano al Mar della Cina, dai piedi dell'Himalaya alle vette del Fujiyama” in 7 regioni produttori di tè. Tanto è servito per andare a fondo e scoprire l'essenza della seconda bevanda più consumata al mondo (dopo l'acqua).

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    A firmare questa bellissima monografia, Catherine Bourzat, esperta di Asia, che ha più volte attraversato alla ricerca di luoghi, storie e ricette da tradurre in racconti, guide e libri di viaggio. Insieme a lei, in questa lunga avventura, Laurence Mouton, appassionata di cucina e di viaggi, food stylist, illustratrice e fotografa.

    Prima fermata: Sri Lanka e il Ceylan. Il punto di partenza di questo incredibile diario di viaggio è lo Sri Lanka, “Lanka la risplendente” (e il suo Ceylan), punto di snodo per la via delle Indie e “teiera dell'impero delle Indie britanniche”. La prima piantagione visitata è Hantane, con il suo vicino museo del tè, e una tradizione che risale alla fine dell'Ottocento, ai tempi dell'impero coloniale britannico, quando la pianta arrivò dall'India e in pochi decenni conquistò il mercato europeo. Oggi gli usi sono ancora quelli di un tempo, con la manodopera (erede di quella arrivata al seguito della pianta) che abita in casupole malconce vicine ai campi in cui lavora a condizioni durissime. Qui si beve un infuso dal gusto forte, che si addolcisce leccando un po' di zucchero versato nell'incavo di una mano. Si fa tappa poi a Nuwara Eliya (dove il tè è parte del marketing turistico) e Ad Uva (dove si usa consumare il tè mescolato energicamente con zucchero e latte in polvere), si passa a Upcot per visitare una torrefazione modello dall'organizzazione rigorosissima e osservare le fasi di lavorazione. In un racconto denso di dettagli affascinanti e notazioni intime e preziose si continua il viaggio. Non sono che le prime suggestioni, quelle che aprono a un mondo fatto di appunti arguti, panorami illustrati, cartine geografiche, dettagli e aneddoti, battute da bar e affettuosi ritratti di vite lontane, quelle organizzate intorno alle piantagioni. Storie di povertà, di grandi aziende e piccoli operai, di minime attività familiari. Di progressi e cambiamenti, come la nascita della ferrovia in Sri Lanka, proprio per assicurare la commercializzazione del tè. Quella che può considerarsi l'antenata del Darjeeling Himalayan Railway.

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    Un viaggio a tappe. Dopo lo Sri Lanka si approda nel Giappone del Shincha, dove la campagna è uniforme e accoglie una agricoltura meccanizzata e di grandissima precisione. Si sale e si scende di altitudine per testare le varietà del tè, frutto della terra, del clima e della mano dell'uomo. Questa è la regione del tè verde, dal sapore fragilissimo e le proprietà benefiche. Qui si scopre la ceramica giapponese e un metodo di preparazione in tre tempi e tre temperature dell'acqua, studiato da un'anziana di Tokoname che colleziona coppe e teiere. Si passa di città in città, ogni volta con un ritratto da conservare: i wagashi di Fujinomiya, dolcetti per accompagnare il tè, le aste, le moderne confezioni di bevanda già pronta, le colazioni a base di soba e udon, la suggestiva cerimonia del tè. Si approda poi all'India del Darjeeling: Calcutta, Tumsong, Ging e così via, a raccontare il tè e le persone del tè, proprietari di piantagioni e operai, raccoglitrici, giovani e anziani e via così, snocciolando questioni di pressante attualità, e visioni dal tetto del mondo. Si passa a Taiwan per l'Oolong, con Taipei e il suo tè a palline, e tante tappe e altrettante miniature di vita legate al protagonista del libro. Si vola verso la Cina e i suoi Pura Luce, e poi di nuovo in Giappone per il Maccha, per terminare questo lungo viaggio in Birmania alla volta dei Le-phet. In mezzo ci sono sempre panorami gustativi, geografici, umani e sociali, storia e storie da conoscere e raccontare.

    Così si passa di regione in regione, di immagine in immagine, cambiando altitudini e sapori. Si incontrano donne in sari immerse fino alla vita nelle piante del tè che, con gesti rapidi e precisi prendono solo la gemma e le prime due foglie in cui risiede la quintessenza del tè; si studia l'opera dei maestri del tè e l'abilità dei tea taster, le tecniche di degustazione e valutazione, si intercettano elementi di botanica, agronomia, chimica, si scoprono componenti e proprietà, i segreti commerciali, i sandwich e la piccola pasticceria, la storia e le opere di alcuni dei più importanti nomi della storia del tè, come Thomas Lipton (l'inventore del tè confezionato in pacchetti singoli) e Twinings (cui si deve la nascita dei blends).


    Un proverbio cinese dice: “Quand'anche passassi tutta la vita a studiare il tè, non ne conoscerai mai tutti i nomi”. E forse 500 pagine non sono sufficienti, ma sono abbastanza per far innamorare di questa incredibile bevanda.
    (Antonella De Santis, www.gamberorosso.it)



    ...L' ora del te' fumante e dei libri chiusi, la dolcezza di sentire la fine della sera,
    la stanchezza incantevole e l' adorata attesa dell' ombra nuziale e della dolce notte.
    (Paul Verlaine)


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    C'era una volta, in Cina, una coppia di giovani innamorati, "ma un tiranno locale ruppe il loro idillio, costrinse la ragazza a diventare la sua concubina e uccise il suo spasimante. La ragazza riuscì a scappare e raggiunse la montagna, dove scoprì il corpo dell'amato. Pianse così tanto che divenne pioggia che, cadendo sul ragazzo, lo trasformò in una pianta di tè". Questa è solo una delle innumerevoli leggende che raccontano le "mitiche" origini del tè, una bevanda che è ovunque ma che appartiene più di ogni altra cosa a quel multiforme universo che va dall'India al Giappone, passando per Sri Lanka, Birmania, Cina. Un pellegrinaggio, quello lungo le strade di questa bevanda, che Catherine Bourzat e Laurence Mouton, giornaliste autrici di Viaggio alle Sorgenti del tè (Guido Tommasi editore, 519 pp, 35 euro), hanno portato avanti per ben tre anni, provando a raccontare, in un libro-reportage, tutto ciò che c'è da sapere sulla "seconda bevanda più consumata dopo l'acqua", comune eppure "un prodotto mitico" che "resiste inesorabilmente al tentativo di definizione". E se non si può definire, si può però conoscere e capire e, in un continente in cui il tè è vita, ogni nazione ha la sua stanza e il suo piccolo tempio, più o meno contemporaneo per celebrarlo e onorarlo. Ogni villaggio, a volte ogni quartiere, ha le sue personali usanze, che si racchiudono in salotti fumosi tanto quanto in limpidi mini market o in grandi centri commerciali. Se non c'è, di fatto, modo "per chiarire le sorprese che la capricciosa pianta riserva ai coltivatori e l'alchimia che ne compone i sapori", la si può raccontare proprio partendo dalle sue stanze, dai luoghi in cui viene consumata, provando a ripercorrere, a grandi linee, il lungo viaggio delle autrici tra le foreste, i villaggi e le metropoli dell'estremo Oriente.

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    La più grande stanza del te, è anche la più democratica. Ben lontano dalle sfavillanti sale di Bukingham Palace e dal rito delle 5 della regina Elisabetta, tra India e Cina il te si consuma durante buona parte della giornata e soprattutto, come raccontano la Bourzat e la Mouton in diversi passaggi del libro, si beve per strada. In locali arrangiati, su marciapiedi affollati, in "sale" delimitate da vasi di coccio come accade molto spesso in India, dove "il chai, al contrario dell'elitario Darjeeling, è la bevanda" quotidiana, una "miscela corroborante di latte, zuccherato e bollito, aromatizzato al tè".
    Un rito nel rito, che ha il suo apice nella caotica Calcutta, dove il "chai si compra per strada, nei chioschi" da officianti "i chaiwallah" che sono quasi tutti uomini"; uomini che operano nel pezzo di marciapiede che hanno adibito a negozio, con pochi utensili: "un braciere, una casseruola, una caffettiera e alcune coppe". E nient'altro. Se non l'estro che distingue un uomo, e il suo negozio, dall'altro: "dal signor Balwant Singh - raccontano le autrici -, il latte viene bollito a parte e mescolato con il tè in uno shaker, la mistura è poi strizzata in un panno per essere servita", pochi passaggi, che non si ripetono a pochi passi di distanza, nel distretto di Bhawanipore, dove il tè è cotto alla maniera più ortodossa, ovvero "bollito a lungo nel latte" e poi versato "con un lungo getto dalla casseruola alla caffettiera, sia per raffreddarlo che per dargli", grazie all'ossidazione nata dal contatto con l'aria "il classico colore marroncino".

    Il te, in qualsiasi parte del mondo si vada, "ha i suoi tempi" fatti di riti e significati reconditi, quello della riflessione e quello della frenesia e a Taiwan ci sono entrambi, ma soprattutto c'è più di un rito che elogia la lentezza e la tradizione. Il primo continua a guardare al marciapiede come palcoscenico, letteralmente in quanto il te Kungfu è decisamente spettacolare. "E' un esercizio che richiede pratica" si legge tra le pagine "ed è riservato ai tè neri, per fattura e natura più robusti. Si esercita su una vera pista che può avere le dimensioni" anche "di un tavolo intero". Per mettere in piedi la cerimonia bastano "una teiera da bambola in argilla incrostata, un boliltore appoggito su un fornello per mantenere l'acqua a 100°C, una ciotola in terracotta per mantenere calda la teiera e ben due serie di tazze per la consumazione. Una in porcellana sottile per bere e poi gli xiangbei", per poterne annusare ogni più piccolo sentore. I movimenti della preparazione di questa cerimonia sono sempre velocissimi e il maestro li compie "senza prestargli uno sguardo", riuscendo grazie alla rapidità di lasciare che il tè non cali di temperatura. Ma non esistono solo i marciapiedi di Taipei, in questa isola stato il tè, nella sua accezione più alta, è "una cosa da vecchi", e si chiama laoren cha, il tè delle nonnine. E si consuma in case "nei vicoli che fiancheggiano la Montagna del Drago", quasi dei veri luoghi di culto segnalati da lanterne rosse, dove la teiera "al centro della tavola" è anche il centro dell'attenzione, usata per "aggiungere acqua calda a volontà nel corso delle ore", ore in cui si attende che l'infusione prenda gusto, senza fretta, "sgranocchiando semi di melone".
    Le case del tè. Ancora stanze, in Cina come a Taiwan, con la particolarità di seguire, in questa immensa nazione, l'andamento della vita politica e civile del paese. Nella Cina popolare, quella parte di Stato che le autrici hanno avuto modo di trovare a Menghai, visitare i luoghi del tè diventa quasi impossibile, e quando l'ostruzione fa diventare faticoso anche il racconto, di casa del tè ne rimane solo una, di "proprietà della fabbrica" della città, e quindi monopolizzata dallo Stato, che serve "una bevanda insipida". Cultura e tradizioni, in Paesi millenari come la Cina, risultano spesso sinonimi ed è normale, che in zone fortemente controllate e politicizzate, sia totalmente nulla la presenza di un luogo di riflessione e meditazione come la Casa del tè, quasi totalmente scomparsa dalla circolazione durante la Cina di Mao. Eppure esistono ancora Case, nei luoghi più disparati, come "in un cortile del tempio di Wang Yangming, dove sedute a tavola, alcune ragazzine ripetono i gesti agili della preparazione del tè", seguite da un apposito Maestro. La carta del te è importante qui, per i consumatori, e viene affrontata seguiti da una hostess che sarà poi responsabile, in questa Casa o in un'altra, anche della preparazione della bevanda, caratterizzata da una concentrazione massima e gesti fluidi e veloci, molto diversi da quelli del Tè Kungfu; l'acqua viene mantenuta "a non più di 80°C", vengono fatte scivolare le foglie sulla superficie e poi chiuso tutto con un coperchio, "per racchiudere i profumi nel vapore". E lentamente la magia accade, il vapore diventa profumato e l'acqua si colora, ma la particolarità qui è il susseguirsi di tre infusioni, perché "il tempo del tè in Cina è una parabola, le cui infusioni successive tracciano la rivoluzione".

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    In Giappone, forse più che in qualsiasi altra delle nazioni del tè, si nota la profonda frattura tra il tè tradizionale e i nuovi metodi ultra moderni, e poco rituali, di consumarlo. Nella stessa nazione dove esistono le sale più tradizionali, gli chashitsu, progettati per esaltare la stessa cerimonia da tè, sono stati inventate centinaia di modalità diverse per consumare il tè nel modo più frenetico, compulsivo e contemporaneo che esista. Nonostante questa frattura, resistono anche le sale da tè più "normali", ed è sempre più frequente trovarle in luoghi assolutamente poco folkloristici, ma che parlano del nuovo Giappone.
    Come la sala da degustazione posta al primo piano di un palazzo dove, a livello strada, c'è un negozio per Tè PET, dove a pochi metri dal regno del take-away, l'infusione delle pregiate foglie fa parte addirittura di un menu degustazione. Altro luogo di neonata resistenza sono gli hotel di lusso, dove è facile trovare moderne sale per la degustazione del tè, e addirittura le gallerie commerciali, come capitato alle autrici a Shizuoka, per assaggiare un buon Maccha; posizione, nel centro commerciale, che non pregiudica affatto la cerimonia in sè stessa. Nell'episodio raccontato nel libro, "si degusta in due o tre modi diversi", "sorseggiandolo in una coppa", oppure "in shizu", sorso dopo sorso. O addirittura, le foglie possono mangiarsi, in una serie di ricette semplici, come prevede e insegna la cucina di questi luoghi.

    Il viaggio tra i luoghi del consumo del te, fra le sue stanze, si chiude ugualmente in un negozio. Non in uno sfavillante grande magazzino giapponese, però, bensì in un piccolo "market" dello Sri Lanka. Qui, nei thay kaday, che sono dei "compromessi tra la drogheria e il bistro del villaggio" opera un maestro del tè diverso da quelli delle solenni cerimonie giapponesi o dalle hostess che troviamo in Cina, "il suo mestiere consiste nel dosare in uno shaker il tè con zucchero e latte in polvere, e versarci un po' di acqua bollente surpozzata da un samovar e rimestare il tutto energicamente finché l'intruglio non diventa spumoso". La maestria del mudalali è riconosciuta nei villaggi, come in quello di Ettampitiya che hanno visitato le autrici, e molto spesso le persone arrivano a "portare via la bevanda in una bottiglia o, in mancanza, in un sacchetto di plastica", un'abitudine che battezza questa bevanda, chiamata siri siri thay proprio per il rumore "che produce la sottile pellicola quando viene strofinata per aprire il sacchetto". In un nome, insomma, tutta l'importanza di un prodotto talmente quotidiano e millenario al tempo stesso, da essere poesia.
    (LARA DE LUNA, www.repubblica.it)


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    Dietro ogni tazza c'è una storia millenaria che va oltre il rito quotidiano di molti di noi. Guido Tommasi Editore ha recentemente pubblicato Viaggio alle sorgenti del tè, il libro di Catherine Bourzat e Laurence Mouton che racconta le origini dell'amatissima bevanda.
    Tra scatti mozzafiato e frammenti di storia, il volume è una straordinaria testimonianza - costata alle autrici due anni di lavoro - sul tè e sui suoi tanti mondi.
    Il diario di viaggio di Bourzan e Mouton in Asia, centro nevralgico della produzione e distribuzione del tè da 6000 anni, raccoglie aneddoti, ricostruisce storie, riporta storielle, contiene ricette, approfondimenti sul tè, spiegandone anche proprietà e benefici. Tra piccole produzioni famigliari e industrie tecnologiche, le due appassionate viaggiatrici hanno seguito il filo rosso dettato dal calendario delle raccolte, realizzando, in questa grande avventura di fotografie e parole, sette diari dedicati ad altrettante tipologie di tè e paesi: il Ceylan in Sri Lanka, il Shincha in Giappone, il Darjeeling in India, l’Oolong a Taiwan, il Matcha in Giappone, il Pu'er in Cina e il Le-phet in Birmania.
    (www.finedininglovers.it)

    Viaggio alle sorgenti del tè - Catherine Bourzat e Laurence Mouton - Guido Tommasi Editore - 520 pagine

     
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