MOSTRE PITTURA e SCULTURA

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    MOSTRE

    MIRO'!. Poesia e luce



    Palazzo Ducale ospita dal 5 ottobre 2012 al 7 aprile 2013 una rassegna esaustiva dell'opera di Joan Miró (1893-1983), il grande artista catalano che lasciò un segno inconfondibile nell'ambito delle avanguardie europee.
    La mostra, dopo il successo della prima tappa espositiva a Roma, presso il Chiostro del Bramante, giunge a Genova nell'Appartamento del Doge e presenta oltre 80 lavori, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquerelli.
    Si potranno ammirare tra i capolavori, gli olii Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978); i bronzi come Donna (1967); gli schizzi tra cui quello per la decorazione murale per la Harkness Commons-Harvard University, tutti provenienti da Palma di Maiorca dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere dell'artista, concesse in via del tutto eccezionale per questa esposizione.
    Promossa dal Comune di Genova e dal Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, la mostra Miró! Poesia e luce è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Fundació Pilar i Joan Miró e Ajuntamento De Palma De Mallorca.
    La curatrice è María Luisa Lax Cacho, ritenuta a livello internazionale tra i maggiori esperti dell'opera di Miró, la quale ha voluto illustrare l'ultima fase della produzione della lunga vita dell'artista, quando finalmente concretizzò a Maiorca nel 1956 un suo grande sogno: un ampio spazio tutto suo, dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli. In occasione della mostra, lo studio che Miró aveva tanto desiderato è stato ricostruito scenograficamente all'interno degli spazi espositivi.(.palazzoducale.genova.it)



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    INFO

    5 ottobre 2012 – 7 aprile 2013
    Genova, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge

    A cura di María Luisa Lax Cacho

    Orario
    da martedì a domenica 9-19; lunedì 14-19.00

    Biglietti
    (audioguida e microfonaggio obbligatorio inclusi)
    € 13 intero
    € 10 ridotto
    € 10 ridotto Gruppi (pren. obbligatoria min 15 max 25 persone)
    € 5 scuole
    € 13 Biglietto Speciale Aperto
    € 16 cumulativo con la mostra Steve McCurry
    Dal 6 al 14 ottobre possessori del biglietto del Salone Nautico (6-14 ottobre 2012) entrano con biglietto ridotto.
    I gruppi che prenoteranno entro il 4 ottobre 2012 potranno accedere alla mostra dal 5 ottobre al 4 novembre 2012 con uno sconto speciale.
    Diritti di Prenotazione e Prevendita
    € 1,50 singoli
    € 1,50 gruppi per persona
    € 1,00 scuole per persona

    La prevendita è obbligatoria per gruppi e scuole

    Informazioni e prenotazioni: 0109868057
    Informazioni e prenotazioni scuole: 0105574 004
    [email protected]
     
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    AMORE E PSICHE





    Palazzo Marino apre nuovamente le porte al pubblico milanese per la ormai tradizionale mostra organizzata da Eni in partnership con il museo del Louvre e ospitata dal Comune di Milano. Per il quinto anno l’atteso appuntamento curato da Valeria Merlini e Daniela Storti da sempre incentrato sulla valorizzazione delle singole opere, offre una nuova occasione di incontro e di dialogo con la grande arte.

    Dal 1 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013, il pubblico milanese potrà ammirare a titolo gratuito due capolavori concepiti dal genio di due tra i massimi esponenti del neoclassicismo, ispirati ad un unico e affascinante soggetto mitologico. Dal museo del Louvre, per la prima volta a Milano, la scultura di Antonio Canova Amore e Psiche stanti e il dipinto di François Gérard Psyché et l’Amour, saranno esposti nella Sala Alessi di Palazzo Marino. La favola di Amore e Psiche, indubbiamente una dei più seducenti di tutti i tempi, è tratta dalle Metamorfosi di Apuleio del II sec d.C. e da allora ha fornito straordinari spunti di ispirazione nella letteratura e nell’arte. In particolare tra il Settecento e Ottocento, il mito vive una fase di intensa fortuna proprio perché molto vicino alla sensibilità neoclassica e poi romantica. La scultura di Antonio Canova Amore e Psiche stanti del 1797, prende vita in un momento significativo del percorso dell’artista veneto, nel quale vennero fissati i canoni estetici delle “sue divinità” ricche di dolcezza e di bellezza sensuale. La giovane Psiche, teneramente abbracciata ad Amore, gli dona la farfalla simbolo della sua anima.

    Di un anno successivo il dipinto Psychè et l’Amour di Francois Gérard, amato allievo Jacques-Louis David, da cui assimilò una tecnica perfetta nella costruzione di scene storiche, pur prediligendo atmosfere galanti e sensuali. Al Salon del 1798 espose il suo Psyché et l’Amour, fortemente ispirato all’opera di Canova ma denso di un erotismo che gli assicurò un grande successo di pubblico.



    L’allestimento della mostra, curato da Elisabetta Greci, raccoglie e sottolinea l’ispirazione che viene dalla lettura della favola di Apuleio reinterpretata nell’estetica neoclassica: di questa esalta in particolare la rappresentazione del giardino che diventa lo scenario ideale in cui collocare le opere.
    Le siepi di un labirinto neoclassico penetrano nel salone cinquecentesco di Sala Alessi creando ideali stanze a cielo aperto. Le ombre della vegetazione si arrampicano sulle pareti come sulle rovine disegnate da Piranesi. Gli archi, posti in ordine decrescente, creano fughe prospettiche che lasciano immaginare un parco infinito. Profumi sottili e i suoni ovattati del giardino immerso nella notte accompagnano il visitatore verso la scoperta delle due opere d’arte.
    L’impianto architettonico dell’allestimento consiste in tre pareti a foggia di siepi vegetali, così da definire un primo spazio dedicato alla comunicazione didattica, un secondo che accoglie il quadro ed un terzo per la scultura. Pareti e pavimento sono completamente rivestiti in erba sintetica. Le opere sono esposte in vetrine costruite dal Laboratorio Museotecnico Goppion. I profumi del giardino sono appositamente creati dalla Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, casa fondata nel 1612 a Firenze.
    La mostra, curata da Valeria Merlini e Daniela Storti, è integrata da apparati didattici, supporti video e un percorso digitale che comprende il website www.amoreepsicheamilano.it, un’app gratuita, video e approfondimenti su YouTube, Facebook, Twitter, Google+ e Foursquare. Per la didattica artistica sono a disposizione laboratori per le scuole elementari e medie, oltre a materiali specifici sul sito eni.com. Il catalogo è pubblicato da Rubbettino Editore e curato da Vincent Pomarède, Valeria Merlini e Daniela Storti.


    La favola di Amore e Psiche, dal libro “Le Metamorfosi” di Apuleio del II sec. d.C., narra la storia della giovane Psiche, la cui indescrivibile bellezza scatena la terribile gelosia di Venere e l’amore appassionato di Cupido. Scoperta su istigazione delle invidiose sorelle la sua identità prima di potersi ricongiungere al suo divino consorte, è costretta a effettuare una serie di prove, al termine delle quali otterrà l’immortalità. Come in una sorta di percorso iniziatico, superate le prove richieste dalla dea, Psiche giunge all’Olimpo dove sposerà il suo Amore. I molteplici e affascinanti piani di lettura che la favola di Apuleio offre hanno nel corso della storia fornito straordinari spunti di ispirazione ampiamente riprodotti nel Rinascimento e, soprattutto, nel Neoclassicismo, quando il tema visse un periodo di grande fortuna anche in ambito letterario. Il fenomeno culturale e artistico che caratterizzò la seconda metà del Settecento e almeno i primi vent’anni del secolo successivo, definito convenzionalmente Neoclassicismo, fece della grande civiltà greca e poi di quella romana un modello di vita vero e proprio, posto al centro della produzione delle arti, della musica, della letteratura e della moda, in forte contrapposizione alla teatralità del Barocco e alla frivolezza del Rococò.







    Prima versione del gruppo di "Amore e Psiche" (qui la seconda) realizzato da Antonio Canova, qui lo scultore si concentra sulla rappresentazione della purezza, simboleggiata dalla farfalla, e del concetto platonico per il quale l'Amore (che qui poggia la sua guancia sul corpo di Psiche) riscalda l'animo umano. Le due figure sono in piedi, Cupido nudo, Psiche vagamente coperta, e cinta dal braccio di lui sulle sue spalle: gli alza la mano sinistra per posarvi una farfalla sul palmo. Questa rappresenta appunto la sua anima offerta con innocenza a Cupido. E' nella contemplazione di questo elemento che Canova rappresenta efficacemente l'amore fra i due personaggi, già ricorrente nell'arte da secoli. Il gruppo si staglia su un piedistallo cilindrico decorato con ghirlande di fiori e una farfalla.



    Canova era solo trentenne quando la scultura gli fu commissionata da un colonnello scozzese, Sir John Campbell, che incontrò a Napoli nel 1787 e per il quale realizzò anche Cupido sveglia Psiche (o "Psiche svegliata dal bacio di Cupido"). Sebbene l'opera sia basata sulla rappresentazione di due soggetti distinti, anche fisicamente e tecnicamente questi si compongono come un unico corpo, stretti a sè ed uniti da una postura che comunica complicità e intimità profonda.





    L'opera, del pittore neoclassico francese François Gerard, venne esposta al Salòn di Parigi nel 1798 e tradisce perfettamente tutte le aspettative estetiche ed i modelli di un pittore cresciuto sotto l'egida di David.
    La conduzione della pittura e' nettamente scultorea e induce una riflessione dell'artista in un momento di rinnovato interesse per la cultura classica in netta contrapposizione alla figurazione rococo' che ebbe in Francia uno dei suoi vertici;campioni assoluti di questa nuova arte furono appunto il suo maestro David e Antonio Canova a cui evidentemente Gerard si rivolse sopratutto per la figura di Psiche.
    inoltre e' forte debitrice nell'impostazione generale di due opere che godevano di un culto particolare presso gli artisti neoclassici:la Venere Medici e ancor piu' la Fornarina di Raffaello.



    Il quadro raffigura la bella e pudica Psiche ritratta in un campo di fiori, seduta sopra una roccia; il corpo nudo è avvolto in trasparenti veli che mettono in evidenza la sua acerba sensualità. Accanto a lei è Amore, alato, che l'abbraccia teneramente. L'atmosfera idilliaca che avvolge la composizione enfatizza maggiormente la bellezza dei due giovani…, i loro corpi levigati emulano le antiche porcellane del tempo e la scultura neoclassica. Il classicismo di Gerard è accademico, filtrato attraverso l'influenza di David.
    Tradizionalmente questo dipinto è considerato dalla critica come il capolavoro di questo artista.


    Milano, Palazzo Marino
    Piazza della Scala, 2
    dal 1 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013
    Ingresso libero
     
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    ART BASEL


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    (Joe Raedle/Getty Images)

    Si è aperta l’edizione invernale della fiera d’arte moderna e contemporanea Art Basel, che si tiene ogni anno a Miami, in Florida. La fiera, che ha raggiunto la sua undicesima edizione, resterà aperta fino al 9 dicembre. Ospiterà le opere di oltre duemila artisti del XX e XXI secolo di 260 gallerie d’arte provenienti da Nord America, Europa, America Latina, Asia e Africa. Oltre ad artisti affermati del Novecento saranno proposti anche quelli contemporanei non ancora affermati, con opere d’arte visuale, performativa, e pubblica. La Art Basel è stata organizzata per la prima volta nel 1970 a Basilea, in Svizzera, ed è una delle principali fiere internazionali di arte moderna e contemporanea. Da maggio 2013 una versione della fiera verrà organizzata anche a Hong Kong.

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    ilpost.it
     
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    MOSTRE


    L’ultima volta di Dalì al Centre Pompidou fu nel 1979, l’artista era ancora vivo e per l’occasione chiese, senza difettare in megalomania, che si trattasse di qualcosa di “enorme, colossale, una sorta di apoteosi vivente che faccia capire a tutti che io sono inimitabile“

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    SALVATOR DALI'


    Torna a Parigi dopo trent’anni, in una mostra al Centre Pompidou, Salvador Dalì. Un retrospettiva a 360 gradi sull’artista catalano. Pittore, scultore, fotografo, regista, scrittore e anche showman. “Abbiamo installato molti schermi che mostrano le sue performance e i suoi happening – spiega il curatore della rassegna – In questa mostra si possono apprezzare non solo le tele, ma anche il personaggio Dalì”. Sono 200 le opere di Dalì in mostra, quasi tutte emblematiche del percorso artistico del maestro surrealista, ma sono tante le curiosità dell’esposizione al Beaubourg. Una sala labirintica che illustra il cervello dell’artista e la riproduzione della sala Mae West. Il ritratto dell’attrice americana pensato per essere utilizzato come un appartamento, con il sofà a forma di labbra, dove il visitatore si può sedere comodamente.

    Anche se Dalì viene spesso dipinto come un venale, ma geniale provocatore, nulla toglie che si tratti di uno dei personaggi più controversi e popolari del ventesimo secolo, precursore disincantato e “sostenitore ante litteram” della moderna cultura della performance.

    I curatori si sono quindi lanciati in una mostra che se ripropone alcuni tra i suoi capolavori più noti, come “La Persistenza della Memoria” meglio conosciuto sotto il nome di orologi molli, eccezionale prestito del MoMA, non esita a mettere in luce gli aspetti più oltraggiosi del lavoro di Dalì:
    Con più di cento tra pitture, sculture, disegni, ai quali si aggiungono film, estratti di programmi televisivi e fotografie, ad essere esposta oggi è anche l’opera di un pioniere dell’happening, autore di opere effimere. Michel Déon, che aveva tradotto gli scritti di Dalí, desiderava che si giudicasse l’artista sulla sua opera, ed è proprio questa l’ambizione della mostra. Déon avrebbe voluto che abbandonasse le sue “clowneries”, l’esposizione al contrario mostra che avevano fatto dell’artista un performer sperimentato, precursore e pieno di senso dell’humour. Dalì amava mescolare l’arte e la scienza, animato dal suo famoso metodo paranoico-critico fondato sul delirio dell’interpretazione pretendeva di affrontare tutti i domini della creazione come anche quelli della conoscenza, per “dalinizzare” il mondo.
    Tra citazioni, conversazioni gesuitiche improbabili e creatività debordante, Dalì si insinua coraggiosamente nelle smagliature della modernità, trasformandole in suggestioni estetiche, letterarie e sonore.
    "Nell’estasi la rosa e la bistecca si uniscono nella rappresentazione molle della carne umana che turba i sensi e fa sognare." - Salvador Dalì

     
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    MOSTRE


    Canova. Il segno della gloria.
    Dipinti, disegni, sculture


    Antonio Canova, veneto di nascita, ma romano d’adozione, torma a Roma. Dal 4 dicembre, nella centralissima piazza Navona, palazzo Braschi accoglie la mostra che affronta per la prima volta lo studio del disegno canoviano da due punti di vista: considerare la genesi di un’opera dalla invenzione, la formazione della prima idea da un lato e dall’altro esaminare lo stile, affrontando le caratteristiche grafiche e il rapporto con gli artisti contemporanei.
    La mostra espone 71 di segni di Antonio Canova, selezionati dai 1.800 circa che costituiscono la più grande raccolta di disegni di un artista esistente al mondo, donata da Giovan Battista Sartori Canova, fratellastro dell’artista all’appena inaugurato Museo civico di Bassano, a metà Ottocento. I di segni sono accompagnati da 9 acquaforti riproducenti alcune fra le sculture più ammirate, da 1 modelletto in terracotta, 3 modelli originali in gesso, 3 calchi autografi in gesso, 4 dipinti a tempera, 1 dipinto ad olio, 2 marmi , che consentono di visualizzare il passaggio dalla fase ideativa alla realizzazione dell’opera.
    Il fondo bassanese è costituito da 10 grandi album e 8 taccuini, di differente composizione, comprendente fogli di varie dimensioni, da vignette di pochissimi centimetri a fogli d quasi mezzo metro, disegni finiti di accademia e schizzi di getto, progetti interi e parziali per bassorilievi in gesso e grandi sculture a tutto tondo.
    Il disegno come “pensiero” dell’opera realizzata ma anche come “ricordo” di esperienze di vita, di studio e di lavoro, si trasforma nella mostra in strumento per comprendere la complessità della personalità e dell’opera di questo grande scultore veneto, che si formò nelle terre della sua nascita per affermarsi poi nella culla della scultura classica e barocca, a Roma, in un periodo storico di grandi cambiamenti che introduce all’età moderna.
    La mostra, promossa da Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali e Comune di Bassano del Grappa, è curata da Giuliana Ericani, direttore del Museo civico bassanese e patrocinata dall’Istituto di Ricerca per gli Studi su Antonio Canova ed il Neoclassicismo e dal Comitato per l'Edizione Nazionale per le opere di Antonio Canova.(.museibassano.it)




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    Dal 04/12/2012 al 07/04/2013
    Roma, Museo di Roma - ingressi da Piazza Navona 2 e da Piazza San Pantaleo 10

    Orario
    da martedi a domenica 10:00 - 20:00
    Ingresso consentito fino alle 19:00

    Ingresso
    biglietto integrato Museo + mostra: € 11,00 intero € 9,00 ridotto
    Telefono 06.0608 (tutti i giorni dalle 9:00 alle 21:00)

    www.museodiroma.it/mostre_ed_eventi/mostre/ant
     
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    GIAMBATTISTA TIEPOLO
    15 dicembre 2012 - 7 aprile 2013


    Nella fastosa dimora dell’ultimo Doge di Venezia, la scenografica Villa Manin di Passariano, mirabile complesso architettonico sei settecentesco che per bellezza e vicende storiche riveste un ruolo di primaria importanza nel novero delle ville venete, dipinti sacri e profani provenienti da luoghi di culto così come da prestigiosi musei europei e americani, illustrano il percorso artistico di Giovanni Battista Tiepolo (1696-1770) dalle prime esperienze fino alla tarda maturità, e lo confermano pittore di prima grandezza. Tele, talvolta di eccezionale dimensione, affiancate dai bozzetti preparatori utili per la valutazione delle doti inventive e della capacità tecnica, dipinti deperiti nel tempo e restaurati per l’occasione, eleganti disegni, in una mostra di entusiasmante bellezza e alta scientificità, spettacolare ma nel contempo largamente didattica.

    Tiepolo è senza dubbio il pittore veneziano più celebre del Settecento, l’instancabile realizzatore di imprese monumentali su tela o a fresco, vero e proprio detentore del monopolio tanto nella decorazione dei palazzi lagunari quanto delle ville di terraferma. Principi e sovrani di tutta Europa si contendono i suoi servigi.
    La mostra ripercorre la sua lunga e fertile attività attraverso una sequenza di opere particolarmente significative, di soggetto sia sacro che profano, che testimoniano al meglio una casistica estremamente ampia di commissioni: soffitti allegorici, pale d’altare, decorazioni in villa. Vengono esposti anche dipinti di straordinaria dimensione, poiché per esplicita dichiarazione dell’artista “Li pittori devono procurare di riuscire nelle opere grandi [...] quindi la mente del Pittore deve sempre tendere al Sublime, all’Eroico, alla Perfezione”. In alcuni casi il complesso lavoro preparatorio, dai disegni al bozzetto all’opera finita, presentato nel dettaglio, introduce in modo coinvolgente il visitatore nel magico mondo tiepolesco. Particolarmente piacevoli sono i dipinti di contenuto storico o mitologico, nei quali il pittore sprigiona tutta la sua irruenta capacità espressiva: egli non si limita a visualizzare famose vicende del passato ma indaga l’intima natura dei protagonisti facendone emergere passioni e individualità. Egualmente importanti e di grande impatto emotivo i dipinti di destinazione chiesastica, che ricordano al visitatore come Tiepolo sia stato l’ultimo, ispirato, pittore di arte sacra della tradizione occidentale.

    Tiepolo, il teatro nell’arte
    Il più grande «scenografo» della pittura italiana
    Raccontò il sacro e il profano, il dramma e l’estasi


    Lo sguardo vivo, penetrante. Gli occhi rivolti alla bella Campaspe per trasferirne sulla tela le forme armoniose. Così, sotto le sembianze del mitico Apelle intento a ritrarre la cortigiana amante di Alessandro Magno, un giovane Tiepolo raffigura se stesso in una simbolica sfida con i grandi pittori del passato. Quei maestri dell'antichità classica e del Rinascimento, da Paolo Veronese a Tiziano, da Tintoretto a Bassano, che il grande pittore veneziano studierà negli anni di formazione presso il Lazzarini e in tutta la sua lunga, applaudita carriera. E sempre, pur assorbendo suggerimenti e stimoli dalle più diverse esperienze artistiche, Tiepolo sarà capace di piegarli alle proprie esigenze espressive, di rielaborarli in quel suo registro poetico colto, immaginifico e spumeggiante che lo renderà il pittore più celebrato dell'Europa settecentesca, conteso da patriarchi e sovrani, da esponenti del vecchio patriziato e nuovi nobili, autore di monumentali imprese a fresco come di un'impressionante sequenza di capolavori su cavalletto. A ripercorrere la parabola creativa di questo artista «fecondissimo d'ingegno», che ha saputo tradurre in immagini soggetti sacri e profani, gioiosi o drammatici, trasfigurandoli in un universo di straordinaria felicità inventiva, è oggi la grande mostra di Villa Manin, la prima di tale spessore dopo quella storica del 1971, che presenta una ricchissima collezione di opere, oltre sessanta dipinti e settanta disegni, alcuni mai esposti prima al pubblico. «Si tratta di un evento di grande importanza per l'eccezionalità dei prestiti e il fascino dello spazio espositivo - la fastosa residenza dell'ultimo doge di Venezia, Ludovico Manin - in grado di dare risalto alla magnificenza dell'opera del Tiepolo, alle sue grandiose orchestrazioni, ai suoi paesaggi sconfinati. Il salone della villa diventa così lo scenario ideale per presentare dipinti di vastissime dimensioni, come Zefiro e Flora realizzato per Ca' Pesaro, come la pala per il Duomo di Este o quella di Santa Lucia, stupenda per la nobiltà dei personaggi raffigurati, entrambe accostate ai bozzetti preparatori», sottolinea Giuseppe Bergamini, curatore della rassegna con Alberto Craievich e Filippo Pedrocco. «Proprio questi dipinti infatti, tra i quali sarà possibile ammirare anche il Mecenate di San Pietroburgo o L'Assunta di San Daniele del Friuli, consentono di evidenziare la prima idea, quella più fresca e spontanea, della creazione».
    Ad aprire il percorso sono le sale dedicate alle incisioni giovanili e ai disegni, studi anatomici, vedute, figure allegoriche e caricature. Seguono i bellissimi soprarchi con le figure degli Apostoli realizzati per la chiesa dell'Ospedaletto, che segnano l'esordio pubblico del pittore e l'inizio di incarichi sempre più prestigiosi da parte di nobili famiglie veneziane e milanesi, gli Zenobio, i Sandi e i Dolfin, gli Archinto e i Casati Dugnani, documentati in mostra da grandiosi teleri, dipinti di carattere storico e allegorico nei quali Giambattista dà voce alla sua stupefacente vena narrativa, pale d'altare dove anche il dramma sacro è risolto in sontuoso spettacolo teatrale, modellini, come quello per il soffitto di villa Pisani a Stra. Intanto anche il suo stile cambia. I colori si fanno più caldi e opulenti, di quella luminosità solare, abbagliante, che trova precedenti solo nell'arte del Veronese: e «seguace di Veronese» lo definirà il conte Tessin che per il re di Svezia acquista la piccola tela con Danae e Giove, autentico capolavoro di luce. Ormai consacrato come il più grande artefice di scenografiche composizioni, la sua fama non conosce flessioni né vien meno l'ambizione di sperimentare imprese sempre più ardite. Agli anni Quaranta risalgono le opere realizzate per la corte di Dresda, grazie all'amico Francesco Algarotti e di cui si potrà ammirare lo splendido Banchetto di Antonio e Cleopatra. Agli anni Cinquanta l'invito ad affrescare lo scalone d'onore della residenza del principe vescovo a Würzburg e le ultime, prestigiose commissioni in patria. Al decennio successivo la richiesta di Carlo III di recarsi a Madrid a celebrare i fasti della monarchia spagnola. Ma proprio in quel luogo l'artista morirà improvvisamente nel 1770, senza aver fatto ritorno in patria, ultimo grande interprete dell'orgogliosa serenità di un'epoca al tramonto.
    A completare la mostra di Villa Manin sarà poi la visita al Palazzo Patriarcale di Udine, oggi Museo Diocesano, collegato da un servizio navetta, dove si potrà ammirare lo spettacolare ciclo di affreschi eseguito dal pittore trentenne per il patriarca Dioniso Dolfin, con quella Caduta degli angeli ribelli o Rachele nasconde gli idoli capolavori assoluti di tutti i tempi.
    (Francesca Montorfano, corriere - lettura)


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    SEDE ESPOSITIVA
    Villa Manin di Passariano

    ORARI
    lunedì a venerdì ore 9 - 18
    sabato e domenica ore 9 - 19
    Chiuso 25 dicembre 2012 e 31 marzo 2013;
    31 dicembre 2012 - ore 9 - 12
    1 gennaio 2013 - ore 11 - 19

    UFFICIO STAMPA
    Studio Esseci di Sergio Campagnolo
    [email protected]
    www.studioesseci.net
     
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    BRUEGHEL. MERAVIGLIE DELL’ARTE FIAMMINGA


    dal 18/12/2012 al 2/06/2013


    Il Chiostro del Bramante ospita dal 18 dicembre 2012 al 2 giugno 2013 una grande mostra sui capolavori della dinastia Brueghel che ripercorre la storia e l’eccezionale talento della più importante stirpe di artisti fiamminghi attivi tra il XVI e il XVII secolo, attraverso oltre 100 opere tra dipinti, disegni e grafiche. Le opere, provenienti da importanti collezioni private e musei italiani e stranieri - tra cui il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il Tel Aviv Museum of Art, il la Pinacoteca Ambrosiana di Milano e il Museo di Capodimonte di Napoli - presentano al pubblico le relazioni e il percorso artistico di quattro generazioni di pittori della nobile stirpe.

    La dinastia dei Brueghel ha segnato con il suo talento e la sua visione dell’umanità - a volte grottesca - la storia dell’arte europea dei secoli a venire. La vita a tratti misteriosa e la scarsità di notizie certe sulla biografia del capostipite Pieter Brueghel il Vecchio, sono i presupposti narrativi dell’esposizione che inizia con la relazione tra Brueghel il Vecchio e Hieronymus Bosch.
    Un altro presupposto storico della mostra è presentare le visioni allegoriche, moralistiche e fantastiche prima d’ora inimmaginabili ma paradossalmente diventate concrete grazie alle conquiste della pittura del cinquecento. Brueghel influenzato da Bosch, ne incarna la capacità di osservazione e di rappresentazione, non limitandosi all’insegnamento morale, ma riuscendo a tratteggiare un vasto universo di tipologie umane. I registri del comico e del grottesco assumono una valenza educativa che il padre trasmette ai figli: Pieter il Giovane e Jan il Vecchio.
    La dinastia, quindi, comincia ad articolarsi e la mostra trasmette fedelmente la corrispondenza tra le vicende familiari e l’evoluzione pittorica dei protagonisti. La genealogia prosegue e si ramifica con i figli dei figli del capostipite, in una complicata rete di relazioni presentata con precisione e rigore, fino agli undici figli di Jan, cinque dei quali anch’essi pittori. Il percorso si focalizza attorno alle vicende di ciascun artista e si sviluppa secondo una logica a rete, abbracciando i riferimenti internazionali e i fatti storici del periodo di riferimento, come l’esperienza di Jan van Kessel I, figlio di Paschasia, sorella di Jan Brueghel e di Ambrosius Brueghel, artista di grandissima qualità ma poco conosciuto e studiato. Il percorso espositivo si chiude idealmente con David Teniers il Giovane, legato alla dinastia dei Brueghel per aver sposato Anna, figlia di Ambrosius. Attraverso le opere di Pieter Brueghel il Vecchio e della sua genealogia la mostra proporrà un viaggio appassionante nell’epoca d’oro della pittura fiamminga del Seicento.

    Curata da Sergio Gaddi e Doron J. Lurie, Conservatore dei Dipinti Antichi al Tel Aviv Museum of Art, la mostra è promossa e organizzata da Arthemisia Group, 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE e DART Chiostro del Bramante.


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    Orario apertura
    - Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00*
    - Sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00*
    *(la biglietteria chiude unʼora prima)

    Biglietti
    - Intero | € 12,00
    - Ridotto | € 10,00 | 65 anni compiuti (con documento); ragazzi fino a 18 anni non compiuti; studenti fino a 26 anni non compiuti (con documento); militari di leva e appartenenti alle forze dellʼordine; portatori di handicap; ex ridotti legge; guide con tesserino se non accompagnano un gruppo
    - Ridotto Gruppi | € 10,00 | Prenotazione obbligatoria, min 15 max 25 pax
    - Gruppi Scuole | € 5,00 | Scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, prenotazione obbligatoria min 15 max 25 pax
    - Scuola dellʼinfanzia | € 3,00 | Prenotazione obbligatoria min 15 max 25 pax
    - Famiglia | € 30,00 | Solo genitori e figli - minimo 3 persone
    - Omaggio | Bambini fino a 4 anni non compiuti; giornalisti con tessera di iscrizione allʼAlbo; accompagnatori di gruppi (1 ogni gruppo); insegnanti in visita con
    alunni/studenti (2 ogni gruppo); soci ICOM (con tessera); un accompagnatore per disabile; possessori di coupon di invito; possessori di Vip Card Arthemisia Group

    Informazioni | Prenotazioni | Laboratori Didattici | Visite Guidate | Audioguide
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    L’arte piegata: capolavori in lino
    Opere di Joan Sallas



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    Dal 3 febbraio al 28 aprile l’Holburne Museum di Bath, in Inghilterra, ospiterà la mostra Folded Beauty: Masterpieces in Linen (L’arte piegata: capolavori in lino), che espone le elaborate opere realizzate dall’artista spagnolo Joan Sallas piegando meticolosamente dei tovaglioli in lino. L’arte di piegare tovaglioli per abbellire le tavole delle corti e delle più ricche case europee si diffuse nel Medioevo, divenne sempre più raffinata durante il Rinascimento italiano e toccò il suo apice nel XVII secolo in Germania. Sallas – un artista catalano che vive in Germania – ha iniziato a lavorare con gli origami finché non ha scoperto l’esistenza dell’arte di piegare i tovaglioli: fece numerose ricerche, studiò i manuali dell’epoca e diventò il principale esperto in materia, imparando a riprodurre perfettamente gli originali. A gennaio Sallas ha lavorato insieme al suo assistente per realizzare all’interno del museo di Bath una fontana da tavolo alta 1,5 metri e fiancheggiata da animali, tra cui un serpente di tre metri, piante ed elementi architettonici, tutti ispirati a modelli originali.

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    (Matt Cardy/Getty Images)
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    La peste a Lucca.
    Un capolavoro di Lorenzo Viani



    Sono passati 25 anni da quando La peste a Lucca, il capolavoro di Lorenzo Viani del 1913 - 15, è stato esposto per l’ultima volta al pubblico. Si era a cavallo tra il 1986 ed il 1987 e il Comune di Viareggio, nel cinquantesimo anno dalla morte dell’artista, organizzò una mostra itinerante, curata da Mario de Micheli, che, oltre alla città natale di Viani, toccò Roma, Milano, Parigi e Firenze.
    Oggi, nell’ambito delle iniziative per valorizzare l’artista viareggino, al quale l’Amministrazione Comunale ha dedicato la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea che adesso lo ospita, l’opera torna in mostra: venerdì 30 novembre alle ore 18.30 verrà infatti inaugurata, presso la GAMC in palazzo delle Muse, l’esposizione temporanea La peste a Lucca. Un capolavoro di Lorenzo Viani, che resterà aperta al pubblico dal 1 dicembre 2012 al 30 novembre 2013.

    La peste a Lucca, proveniente da una collezione privata, sarà esposta a fianco di due opere coeve e di identico formato, Il Volto Santo (1913-1915) e la Benedizione dei morti del mare (1914), entrambe di proprietà comunale ed esposte alla GAMC, le quali, coralmente, costituiscono il compendio della rappresentazione dedicata al dolente ed epico racconto popolare. Tre tele in cui il popolo è assoluto protagonista, e se La peste a Lucca rievoca il dolore della malattia e della morte, il Volto Santo e la Benedizione dei morti del mare celebrano “le grandi liturgie marinare”, intrise di una forte carica mistico-religiosa dove l’artista vuole sacralizzare, attraverso il rito e i suoi simboli cristologici, non solo il popolo viareggino, ma tutta la massa universale dei diseredati. Ida Cardellini Signorini, che ha curato il catalogo generale dell’artista nel 1978, ha definito La peste a Lucca, l’opera “più programmatica delle grandi composizioni” di Viani: presenta, nella sua struttura, l’essenzialità e la riduzione pittorica dei legni xilografici, nella ricerca di un sintetismo formale tenebroso e arcaico, raffigura una leggenda medievale connessa al destino dell’emarginazione dei lebbrosi, abbandonati alla morte fuori le mura della città di Lucca, definita dall’artista “la città monastica”.
    L’opera, concepita e realizzata secondo un disegno scrupolosamente equilibrato, consiste in una architettura rigorosa caratterizzata da tre gruppi di figure verticali che disegnano le estremità di un triangolo immaginario, nel cui spazio giacciono uomini, donne, bambini, in attesa dell’inesorabile destino; sullo sfondo uno squarcio della città di Lucca, protetta e isolata dalle sue mura. Nel rigore e nella sintesi della costruzione del disegno e del colore Viani riesce a trasmettere la tragicità e il dolore della narrazione, restituendo quindi il forte impatto emozionale del trionfo della morte.
    Le analogie di Viani con i Primitivi lo conducono ad un’interpretazione espressiva simile a quella degli artisti del XIII e XIV secolo, diretta alla semplificazione e istintività della forma, alla sintesi della composizione, al solo fine di condurre al massimo la tensione emotiva. Come scrive lui stesso, a proposito dei Primitivi, “Essi, i grandi, si sono compenetrati nei legamenti essenziali della visione, hanno scortecciato dalla luce le cose per vedere di sotto la concatenazione fondamentale degli elementi costruttivi del tutto, ci hanno rilevato delle costruzioni musicali, ci hanno insegnato che sotto il cobalto, il verde, il rosa, il celeste, c’è ferma e potente una cosa architettata e complicata. Solo ai grandi è concesso vedere il lavoro armonico e solido della natura … non pittura ma costruzione. Certi quadri italiani antichi potrebbero servire come modelli per costruire una città”. Con tali criteri l’artista viareggino elabora un pregevole numero di studi preparatori realizzati nel tempo per arrivare alle soluzioni delle grandi composizioni: La peste a Lucca, verosimilmente la prima in ordine cronologico, il Volto Santo, la Benedizione dei morti del mare.
    “Non penso che la mia sia arte sociale nel senso gretto della parola - scrive Viani nel 1911, al suo quarto viaggio parigino -, può essere, mi lusingo che sia nel senso vasto della parola solamente. Evito sempre la composizione e la cronaca, da elementi frammentari voglio che l’osservatore ricostruisca in cuor suo il significato animatore dell’opera. Come da macchie di colore discordanti voglio creare un’armonia, considero le cose e i colori
    schematicamente come pure i sentimenti, seguo diremo così una prospettiva psicologica …”. Dall’esperienza parigina (1908/1911), l’artista trova ulteriori stimoli e confronti venendo a contatto con il mondo dei diseredati della Ruche, visitando musei, mostre, esponendo al Salon, incontrando letterati, filosofi, artisti, potendo conoscere e ammirare le opere di numerosi grandi dell’epoca: Toulouse Lautrec, i Nabis, Van Gogh, Paul Gauguin. Esperienze visive che lo condurranno all’adesione di un espressionismo tutto personale dove la denuncia sociale viene esplicitamente connessa a una condizione reale, aderente alla storia dell’oppressione e dello sfruttamento.
    Alle soglie della prima guerra mondiale, Viani si impegna fortemente verso una nuova linea di ricerca, condivisa con l’amico pittore Alberto Magri, orientata al recupero dell’essenzialità dell’arte dei pregiotteschi e dei Primitivi. Il disegno si fa essenziale, crudo, scevro da inutili orpelli, con colori severi adeguati alla drammaticità delle scene riprodotte, come lo stesso artista suggerisce “Dipingi con pochi colori; tieni in grande onore il nero d’avorio, la terra rossa e gialla e verde; avrai così intonazioni sostenute e concrete. … I celesti, bleu, gli smeraldi, gli arancioni, i colori vistosi, sono ingannevoli, parlano della nostra sensualità; il nero colore austero è materia prediletta del costruttore, è forza sostanza delle cose”.
    (beniculturali.it)

    .........................

    Data Inizio:01 dicembre 2012
    Data Fine: 30 novembre 2013
    Costo del biglietto: 3€; Riduzioni: 1,50€
    Luogo: Viareggio, Palazzo delle Muse
    Telefono: 0584 581118
    E-mail: [email protected]

    Dove:

    Viareggio, Palazzo delle Muse
    Città: Viareggio
    Indirizzo: Piazza Mazzini
    Provincia: (LU)
    Regione: Toscana
    Telefono: 0584 581118
    E-mail: [email protected]
     
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    Van Gogh a Tel Aviv

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    Il 3 febbraio ha aperto all’Israel Trade Fairs Center di Tel Aviv, in Israele, la mostra Van Gogh Alive, che proietta duemila opere del pittore olandese su maxi-schermi HD oltre che sulle pareti, sul soffitto e sul pavimento. La mostra è itinerante: è stata presentata per la prima volta in Australia, da allora è stata riproposta in altri paesi – tra cui la Turchia, gli Stati Uniti e Singapore – ed è stata vista da circa 300 mila persone in tutto il mondo. L’esperimento unisce l’arte tradizionale con la tecnologia multimediale e la regia cinematografica. Resterà aperta fino al 3 marzo.

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    Uriel Sinai/Getty Images - ilpost.it
     
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    Apre al pubblico sabato 23 febbraio la mostra “IL SUCCESSO ITALIANO A PARIGI negli anni dell’Impressionismo: la Maison Goupil”. Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito web www.mostragoupil.it.

     
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    RICCARDO LICATA E I MAESTRI DEL MOSAICO


    Il Museo Nazionale di Ravenna ospita dal 10 febbraio al 26 maggio 2013 la mostra dal titolo “Riccardo Licata e i maestri del mosaico”. La Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini, Antonella Ranaldi, invita all’inaugurazione dell’evento il 9 febbraio alle ore 17.30.
    L’evento è organizzato da Il Cigno GG Edizioni in collaborazione con lo Studio d’Arte Gierre di Sacile e sponsorizzato dal Gruppo Euromobil.
    Ravenna – crocevia di cultura e tradizioni tra Occidente e Oriente, Roma e Bisanzio – è celebre in tutto il mondo per i suoi mosaici per la maggior parte eredità della gloria dell’impero bizantino, del quale fu città protagonista. L’arte del mosaico ravennate che rifulge nei suoi monumenti, dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell'Umanità”, continua ancora oggi attraverso le opere contemporanee presenti in città e il contributo delle numerose botteghe artigianali del territorio.
    L’intenzione dei curatori, Giovanni Granzotto e Antonella Ranaldi, è di far dialogare tradizione - nelle testimonianze conservate presso il Museo Nazionale di Ravenna – e arte contemporanea in un’esposizione che presenti al pubblico la voce degli artisti del XX e del XXI secolo che hanno fatto della tecnica del mosaico una delle massime espressioni della propria arte. In mostra, i mosaici di Riccardo Licata e le opere di Afro, Mirko Basaldella, Giuseppe Capogrossi, Giorgio Celiberti, Carlo Ciussi, Mario Deluigi, Piero Dorazio, Mimmo Paladino, Armando Pizzinato, Giuseppe Santomaso, Gino Severini, Emilio Vedova, Giuseppe Zigaina. In una sezione della mostra anche i mosaici di artisti dei nostri giorni, ravennati e non: Henry-Noël Aubry, Giuliano Babini, Vittorio Basaglia, Franco Batacchi, Marco Bravura, CaCo3, Marco De Luca, Ennio Finzi, Giovanna Galli, Verdiano Marzi, Paolo Racagni.
    La rassegna ricostruisce l’esperienza artistica di Licata e il suo desiderio di trovare, con l’entusiasmo del novizio, un nuovo linguaggio, in grado di oltrepassare gli inquietanti estremismi dell’Informale. Rinunciando alla materia pittorica, l’artista cerca un suo varco nell’indeterminazione e decide di costituirlo sulla superficie, rifuggendo quasi totalmente anche dalla dimensione prospettica. Il suo linguaggio è quello inconfondibile della grafia automatica, della meta-scrittura che diventa segno, in una ricerca che, nel corso dei decenni, ha portato Licata ad elaborare un proprio alfabeto. Questi stessi segni rappresentano la materia dei suoi mosaici, nei quali il colore riesce attraverso il linguaggio a dare vita ad un logos artistico che attrae e induce alla riflessione.
    In una recente intervista di Giovanni Granzotto a Licata, l’artista precisa di non fare distinzioni tra “arte maggiore o minore”: «dipinti e mosaici hanno la medesima importanza, così come gli acquarelli o le incisioni […]. I mosaici per me sono eccezionalmente interessanti». La tendenza degli ultimi anni nella produzione musiva licatiana segue una variazione cromatica indirizzata verso tinte accese e sgargianti, portando l’attenzione su una produzione di nicchia, e poco conosciuta dal grande pubblico, del maestro.
    Per evidenziare il valore contemporaneo dell’arte musiva, l’opera di Licata dialoga con quella di altri grandi artisti contemporanei – i già citati Afro, Dorazio, Pizzinato, Santomaso, Severini e Vedova – affascinati dall’arte musiva, senza necessariamente averla praticata. In mostra anche alcuni cartoni preparatori presi a modello dai membri delle scuole di Ravenna e Spilimbergo per la creazione di diversi mosaici. Accanto alle opere dei maestri, quelle di mosaicisti più giovani, alcuni dei quali allievi diretti dello stesso Licata, o indiretti, formatisi attraverso la conoscenza delle sue opere.

    Il percorso della mostra dialoga e prosegue nell’importante collezione permanente di mosaici contemporanei del Mar – Museo d’Arte della città di Ravenna.
    (beniculturli.it)
     
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    MOSTRE


    "RAFFAELLO"


    “Raffaello”. Semplicemente il nome, per indicare la mostra che, dal prossimo 2 marzo, per tre mesi, sarà ospitata nelle sale del National Museum di Western Art di Tokyo. Si tratta della prima esposizione monografica sull’artista urbinate - curata dalla soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini, e dalla direttrice del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, Maria Sframeli – che si terrà in Giappone. L’iniziativa è stata richiesta sin dal 2008 proprio dal museo nipponico e dal quotidiano "Yomiuri Shimbun", i partner che si sono assunti gli oneri dell’esposizione che proporrà 59 opere in mostra, 24 delle quali dello stesso Raffaello, provenienti da importanti istituzioni culturali italiane e internazionali come la Galleria degli Uffizi (e relativo Gabinetto Disegni e Stampe), la Galleria Palatina, la Fondazione Horne e la Biblioteca Marucelliana di Firenze, il Museo Nazionale di Capodimonte, la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, la Pinacoteca dell’Accademia Carrara di Bergamo, la Galleria Nazionale di Urbino, la Pinacoteca e i Musei Vaticani, la Galleria Nazionale di Perugia, il Museo di Belle Arti di Budapest, la Dulwich Picture Gallery di Londra, il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid.
    “La mostra dedicata a Raffaello e ai centri del Rinascimento dove visse e operò ha richiesto un enorme lavoro di preparazione, vista l'importanza dei quadri, dei disegni e dei loro autori – ha dichiarato la soprintendente Acidini -. Grazie alla curatrice Maria Sframeli, ai suoi collaboratori e ai prestatori italiani e stranieri, davvero generosi, il Museo d'Arte Occidentale di Tokyo potrà esporre una rassegna unica nella storia, pur intensa, delle esposizioni italiane in Giappone. Sono onorata che lo sponsor, Yomiuri Shimbun, abbia chiesto al Polo Museale Fiorentino di formulare il piano scientifico e di coordinare la mostra e il catalogo: questa fiducia nasce da una lunga collaborazione e dalla stima reciproca. Senza dimenticare che Firenze è la città che conserva più dipinti mobili di Raffaello in tutto il mondo”. “Capolavori dell’artista e celebri opere dei maestri che ne influenzarono la pittura o che da lui trassero ispirazione – ha detto Maria Sframeli - si propongono di illustrare la vicenda artistica di Raffaello dai primi anni ad Urbino sino alla maturità romana. A questo scopo il percorso espositivo si svilupperà in quattro sezioni che consentiranno di ripercorrere le diverse fasi della produzione artistica di un pittore che, come scrisse il Vasari, vide risplendere nella sua person'“tutte le virtù dell’animo, accompagnate da tanta grazia, studio, bellezza, modestia e costumi buoni', parole che sembrano incarnarsi nell’Autoritratto della Galleria degli Uffizi ad apertura della mostra”.
    La mostra si apre infatti con il celebre dipinto ed entra subito nel vivo con la sezione denominata La prima formazione, ovvero l’influenza dell’ambiente artistico della corte di Urbino e il confronto con l’arte del padre, Giovanni Santi, che lo avviò alla pittura e del quale ereditò la bottega affiancando Evangelista da Pian di Mileto.Prosegue poi con le sezioni: La prima formazione; Raffaello a Firenze: l’incontro con l’opera di Leonardo e Michelangelo; Raffaello alla corte dei Papi.


    Seguiranno altre mostre dedicate a Rubens con uno spaccato sugli otto anni trascorsi in Italia e Michelangelo, nonché all’arte italiana dell’800 e del ’900 da Palazzo Pitti a Firenze. Un programma ricco ed importante in vista del 2016, anno dei 150 anni dei rapporti bilaterali tra Italia e Giappone. La stagione musicale si aprirà ad Osaka il 10 aprile con la tournée del Gran Teatro la Fenice di Venezia, seguita in settembre dal Teatro alla Scala di Milano e dal suo Corpo di Ballo ed a novembre del Regio di Torino. Per la prima volta, tre prestigiosi teatri d’opera italiani saranno protagonisti della stagione operistica giapponese in occasione delle celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi. Arricchiranno il programma le tournées dei Musici di S. Cecilia e dei Solisti Veneti e le note jazz di Stefano Bollani, le rassegne fotografiche di Giacomelli e Farsari, i seminari e le rassegne letterarie su D’Annunzio, Tabucchi e altri. Le più recenti produzioni cinematografiche italiane saranno presentate a Tokyo e ad Osaka al XIII Festival del Cinema Italiano. Ampio spazio alla presentazione del volto contemporaneo dell’Italia e all’approfondimento della collaborazione con il Giappone in ambito scientifico e tecnologico. Ad aprile esordirà a Tokyo la mostra Italia del Futuro, che presenterà alcune significative innovazioni di cui la ricerca italiana è oggi protagonista in diversi settori: medicina, nuovi materiali, beni culturali e restauro, mare e trasporti, fisica delle particelle e robotica, con la presentazione del robot umanoide iCub. Interverranno i centri di ricerca italiani che hanno realizzato la mostra.
    Il rafforzamento delle sinergie tra poli di ricerca italiani e giapponesi è rivolto a favorire la cooperazione nei settori industriali avanzati e lo sviluppo degli investimenti bilaterali con la XXV Assemblea annuale dell’Italy-Japan Business Group a Tokyo nel mese di ottobre. Durante l’anno una serie di eventi sarà dedicata alla promozione del made in Italy, dell’enogastronomia, della moda, dall’artigianato e del design. Italia in Giappone 2013 viene inoltre a coincidere con il 400° anniversario della partenza della missione di Hasekura Tsunenaga per l’Europa, giunta a Roma nel 1615. Una delle prime scintille d’amicizia tra due popoli, che sarà valorizzato anche nella prospettiva del 150° anniversario delle relazioni bilaterali italo-giapponesi per il quale sono già avviati i preparativi per assicurare alla celebrazione dello storico appuntamento una prestigiosa cornice di eventi in ambito economico, scientifico e culturale.


    ..............

    Dates:
    Saturday 2 March – Sunday 2 June , 2013
    Hours:
    9:30 am - 5:30 pm
    Friday 9:30 am - 8:00 pm
    (Admission ends 30 mins. before closing time)
    Closed:
    Mondays except 29 April, 6 May. Closed on 7 May.
    Organized by:
    The National Museum of Western Art,
    Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Firenze,
    The Yomiuri Shimbun,
    Nippon Television Network Corporation
    Patronized by:
    The Ministry of Foreign Affairs, Embassy of Italy
     
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  14. gheagabry
     
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    MOSTRE



    "Qui (a Roma, n.d.r.) sono uno straniero, sono un soggiornante, per cui ho sempre la coscienza di dove sono" ..."Ho scoperto a posteriori che a Torino non usavo mai i colori. Forse percepisco il troppo rigore della città…mentre a Roma ho capito la bellezza di fare molto,di fare di più rapidamente e allegramente"


    "ALIGHIERO BOETTI A ROMA"


    “Alighiero Boetti a Roma” è la mostra tributo dedicata dal MAXXI dal 23 gennaio al 6 ottobre 2013 a uno dei nostri artisti più rappresentativi del panorama artistico italiano del secondo novecento. Si rende, così, omaggio a questo indiscusso protagonista dell’arte italiana sia con la mostra sia con l’intitolazione a lui della piazza antistante il MAXXI. L'esposizione, curata da Luigia Lonardelli, ha per protagoniste trenta opere, molte inedite o raramente esposte, che raccontano una stagione creativa straordinaria, alla ricerca di una identità e alla scoperta di mondi lontani e affascinanti. Si prende in esame sia il particolare il rapporto che ha legato Boetti a Roma, sia come la comunità degli artisti della capitale sia stata influenzata dalla sua personalità e infine come i suoi rapporti con l’Oriente siano stati fondamentali per il riemergere di una nuova sensibilità coloristica nel corso degli anni Ottanta. “Una città che diventa per lui il trampolino per l'ignoto e ispirazione per nuovi percorsi creativi”. Boetti aveva “l'illusione che Roma fosse già Palermo e Palermo già Il Cairo”, secondo la sua compagna Annemarie Sauzeau.
    Considerava, infatti, Roma come un avamposto verso l'Oriente, opposta all'aristocratica Torino, fredda e concettuale, Roma gli offre una libertà creativa insperata, rende possibili percorsi nuovi, individuali e tutti da sperimentare. A Roma rivide cieli tersi e luce piena, quasi coma la luce d'oriente che vivifica ogni colore. Si distaccò dall’Arte Povera e iniziò ad esplorare quei concetti di dualità e molteplicità che diedero vita al famoso “gemellaggio” con se stesso, erano già nati i Viaggi Postali, quelle buste inviate ad amici, parenti e colleghi artisti utilizzando indirizzi immaginari il cui inoltro dava vita a viaggi immaginari.


    Nel 1972 Alighiero Boetti (Torino, 1940; Roma,1994) arriva a Roma, abbandona la natia Torino negli anni della contestazione, quando la città, polo industriale per eccellenza, era aperta a un’arte urbana, alle azioni performative e alle sperimentazioni di artisti che utilizzavano soprattutto i cosiddetti materiali poveri. Ma il movimento dell’Arte Povera, teorizzato nel 1967 da Germano Celant e fortemente permeato da un rigorismo ideologico, non si addice al nomadismo intellettuale di Boetti, piuttosto incline a nuove esperienze, insofferente a definizioni e ripetizioni stilistiche e all’insegna dell’estetica del disordine. Alighiero Boetti nella Roma imperiale, intrisa di mitologia e leggenda, in bilico tra Storia e Cinecittà, trova un luogo di transito, un porto di partenza per un viaggio successivo, un “tappeto volante” per un altrove, dopo il suo quarto viaggio in Afghanistan, paese che aveva iniziato a frequentare dal 1971, dove a Kabul aprì il suo One Hotel.
     
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    I Macchiaioli 1850-1874. Impressionisti italiani?



    Nella seconda metà del XIX secolo, tra i tavoli del caffè Michelangiolo a Firenze, i Macchiaioli, un gruppo di pittori tra le cui fila non militano soltanto esponenti toscani ma anche artisti provenienti da svariate città italiane da Venezia a Napoli, danno vita a un movimento che si oppone alle convenzioni accademiche.
    Chi sono veramente i Macchiaioli il cui nome è intraducibile in lingua francese? Il nome "macchiaioli", usato per la prima volta in senso dispregiativo in un articolo sulla Gazzetta del Popolo del 1862 in cui i pittori toscani sono accusati di ridurre il quadro a un semplice abbozzo, fu successivamente adottato dal gruppo stesso. Questi artisti, rompendo con il classicismo e il romanticismo imperanti e rinnovando così la cultura pittorica italiana, donano alla stessa un nuovo respiro. Questi artisti sono pertanto considerati come i promotori della pittura moderna italiana.
    Il museo d'Orsay, che si prefigge di mostrare la magnificenza della pittura della seconda metà del XIX secolo, aveva il dovere di far conoscere al suo pubblico uno dei movimenti più poetici di questo periodo e che presenta molte affinità con le ricerche plastiche condotte dagli artisti impressionisti.
    Questo tipo di pittura esercitò un influsso fondamentale sui registi italiani del calibro di Luchino Visconti e Mauro Bolognini che trovarono in questo genere un'ispirazione iconografica e un linguaggio particolare dell'immagine.
    (beniculturali.it)


    “I musei d’Orsay e dell’Orangerie, uno dei cui scopi è quello di contribuire alla diffusione della pittura della seconda metà del XIX secolo, hanno l’obbligo di far conoscere al pubblico uno dei movimenti più poetici di questo periodo, che presenta molte affinità con le ricerche plastiche degli artisti impressionisti”, così la nota ufficiale dell’istituzione museale, a commento di quella grande mostra che porta nella capitale francese un’ampia panoramica sull’arte dei Macchiaioli. E li chiamano “impressionisti italiani”, a elevarne il grado ad artisti straordinari, anche se maltrattati dalla stessa critica italiana. Le differenze tra i due movimenti esistono, eccome, ma pure le similitudini, e se non è secondario il fatto che i Macchiaioli precedono l’Impressionismo di oltre un decennio, è vero che a lanciare nel mito questi ultimi fu soprattutto la città di Parigi, l’aria di modernità che vi si respirava, il suo essere internazionale e cuore culturale del mondo…
    A disposizione i Macchiaioli hanno invece la tranquillità provinciale della piccola Firenze, che è sì capitale culturale, ma di un Paese ancora tutto da costruire. Nei suoi caffè e nei suoi salotti vengono elaborati cambiamenti politici di rilievo e nel 1865, Vittorio-Emanuele v’insedia la capitale del nuovo regno. I Macchiaioli sono già nati da qualche anno, intorno al 1855, quando un gruppo di artisti ribelli, toscani e non, mettono a punto la loro “rivoluzione”. Sono giovani e noti per il loro impegno politico, in diversi hanno partecipato attivamente alle guerre d’Indipendenza dal 1848 al 1859 e ne hanno dipinto le battaglie (Solferino, Magenta).


    A partire dal 1855, il Caffè Michelangiolo in via Larga, animato dal critico e mecenate Diego Martelli, diventa il loro luogo di ritrovo e sede di vivaci discussioni che ne accrescono la fama. Vi passa Edgar Degas nel suo primo viaggio in Italia (1856-1860), come del resto molti altri artisti francesi tra cui James Tissot, Gustave Moreau, Marcelin Desboutin. Nel 1861, Martelli eredita il Castello Pasquini a Castiglioncello, in provincia di Livorno, un terreno agricolo affacciato sul mare. Questo luogo dalla natura selvaggia e incantata diventa così il rifugio estivo di alcuni Macchiaioli (Fattori, Signorini...); Silvestro Lega, invece, preferisce la tranquillità della campagna di Piagentina, a sud di Firenze. E sarà la smania della campagna il loro limite. Come dopo di loro gli impressionisti, i Macchiaioli sono osservatori scrupolosi del mondo contemporaneo, della nascente borghesia così come delle scene campestri, sono, in breve, cacciatori di realtà. E la rappresentano evidenziando il contrasto tra le macchie di colore e il chiaroscuro, come nei loro paesaggi, dipinti sovente su tavole di legno e giocando con le venature del supporto. Preferiscono formati che si sviluppano in lunghezza dalle dimensioni spesso modeste, a testimonianza del loro lavoro all’aperto. Amano definirsi “puristi” per lo stile incisivo e dai toni contrastati. Il termine Macchiaioli, utilizzato per la prima volta dalla stampa nel 1862 in occasione di una mostra e con connotazioni alquanto dispregiative, venne in un secondo momento adottato dai diretti interessati. Sono i pittori del Risorgimento italiano, specchio di un rinnovamento che dilaga a tutta la cultura nazionale. E rompendo con il neoclassicismo e il romanticismo, allora dominanti, si propongono di fatto come iniziatori della moderna pittura italiana.
    (daringtodo.com)


    Il movimento dei Macchiaioli nasce di fatto nel 1856, affermando che la forma non esiste, ma è creata dalla luce, come macchie di colore distinte o sovrapposte ad altre macchie di colore, perché la luce, colpendo gli oggetti, viene rinviata al nostro occhio come colore. Il termine macchiaioli venne usato per la prima volta sulla Gazzetta del Popolo nel 1862. I giovani pittori proveniente dalle esperienze della guerra che gli italiani avevano combattuto per l'Unità d'Italia, avvertivano, impellente, la necessità di confrontare il loro lavoro artistico con i cambiamenti artistici in ambito europeo, soprattutto con quanto stavano facendo i pittori in Francia. Molti furono i pittori italiani che lavorarono in questo senso, ma questo è l'unico movimento che merita il nome di scuola, sia per la comunità di intenti che legava i componenti del gruppo provenienti da diverse regioni e tradizioni artistiche, sia per l'alta qualità complessiva dei risultati pittorici raggiunti. Infatti dalle teorie elaborate dai Macchiaioli, prende le mosse il movimento degli Impressionisti Francesi, nato ben più tardi ed informato delle nuove tendenze dalle frequentazioni dei nostri artisti a Parigi. Teorici e critici dei Macchiaioli furono Diego Martelli ed Adriano Cecioni che dettarono le regole basilari dello "stile". Secondo i teorici, l'arte di questi pittori, consisteva: "nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri". In effetti il colore è, per l'individuo, l'unico modo di entrare in contatto con la realtà, che dovrà, per i macchiaioli, essere restituita nel quadro come una composizione a macchie. Questo interesse per l'effetto della luce-colore e per la macchia costruttiva, scuro su chiaro, già si avvertono sia in opere di tradizione romantica, sia in opere di intonazione verista e naturalista (paesaggi, bozzetti di genere) dal pittore verista Domenico Morelli, da Saverio Altamura, dall'intimista Serafino De Tivoli e Silvestro Lega (1826-1895), in ambienti che, seguendo altri percorsi artistici, ne avevano iniziata la sperimentazione.
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    Comitato scientifico
    Marie-Paule Vial, direttrice del museo dell'Orangerie
    Beatrice Avanzi, conservatrice del museo d'Orsay
    Isabelle Julia, conservatrice generale
    Maria Lopez, conservatrice capo della fondazione MAPFRE..La mostra sarà altresì presentata a Madrid, presso la Fondazione MAPFRE, dal 20 settembre 2013 al 5 gennaio 2014.
    Informazioni Evento:


    Data Inizio:10 aprile 2013
    Data Fine: 22 luglio 2013
    Luogo: Parigi (Francia), museo dell'Orangerie
    E-mail:
    Sito web: www.musee-orangerie.fr/
     
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