MOSTRE PITTURA e SCULTURA

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    Kunsthistorisches Museum Vienna

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    Caravaggio & Bernini – A Revolution in the Arts

    dal 15 ottobre 2019 al 19 gennaio 2020


    Il pittore Caravaggio e lo scultore Gianlorenzo Bernini appartengono a quegli antichi maestri che godono fino ad oggi di grande popolarità.
    I lavori pionieristici di entrambi gli artisti sono in primo piano e sono “commentati” da una scelta di opere d’arte dei loro contemporanei, tra cui Nicholas Poussin, Orazio Gentileschi, Alessandro Algardi o Simon Vouet. Tra le tensioni del primo barocco viaggiarono da tutta Europa verso Roma, prendendo ispirazione dalle radicali innovazioni artistiche di quel tempo. Con circa 60 opere principali – sia dipinti che sculture – viene presentata l’arte rivoluzionario-innovativa dell’inizio del XVII secolo: opere affascinanti, altamente drammatiche, cariche di intensa passione, forte movimento e teatralità dai colori intensi.

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    Per la prima volta i due protagonisti dell’arte europea del XVII secolo saranno fianco a fianco in una mostra in Austria. Succede quest’autunno al Kunsthistorisches Museum di Vienna, con i capolavori del pittore Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano, 1571–Porto Ercole, 1610) e dello scultore Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598–Roma, 1680) riuniti insieme nel segno del realismo della natura e del pathos dei sentimenti. Benché il Kunsthistorisches Museum possieda la raccolta più vasta e preziosa di opere di Caravaggio e dei suoi successori fuori dall’Italia, non c’è mai stata finora un’esposizione su questo pittore e su questo periodo in Austria. Ora questa lacuna viene colmata con l’allestimento, oltre dei dipinti della collezione museale, anche di altre opere chiave di Caravaggio, come il Narciso, il Ragazzo morso da un ramarro, il famoso San Giovanni Battista e il Ritratto di Antonio Martelli, cavaliere di Malta. Delle opere di Bernini saranno in mostra la Medusa, un modello dell’Elefante con Obelisco per Piazza della Minerva, un busto del cardinale Richelieu, una statua di San Sebastiano e un modello per la scultura dell’Estasi di Santa Teresa. Anche quattro piccole teste in bronzo, finora mai esposte, arriveranno a Vienna: tuttora di proprietà degli eredi di Bernini, ornavano un tempo la carrozza dell’architetto.

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    Informazioni

    Kunsthistorisches Museum Wien
    Maria-Theresien-Platz, 1010 Wien

    Orari di apertura

    Caravaggio
    & Bernini
    lunedi 9–18
    martedì 9–18
    mercoledì 9–18
    giovedi 9–21
    venerdì 9–18
    sabato 9–21
    domenica 9–21

    Per visitare la mostra straordinaria è necessario prenotare una fascia oraria fissa. Ciò permette di garantire ai visitatori la miglior esperienza possibile durante la visita della mostra. L’accesso alla mostra è possibile solo all’interno della fascia oraria prenotata; la permanenza all’interno della mostra, tuttavia, non è soggetta a limitazioni. Per concedere più tempo ai visitatori del Kunsthistorisches Museum Vienna che visitano la mostra, sono stati prolungati gli orari di apertura della mostra straordinaria.
     
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    Mostra-Botero-Palazzo-Pallavicini

    Botero


    BOLOGNA, dal 12 Ottobre 2019 al 12 Gennaio 2020


    La stagione autunnale a Palazzo Pallavicini: le suggestive sale della splendida struttura storica bolognese, in Via San Felice 24 a pochi passi dalle Due Torri e da Piazza Maggiore, ospiteranno dal 12 ottobre 2019 al 12 gennaio 2020 un’importante esposizione dedicata all’artista colombiano FERNANDO BOTERO.

    La mostra promossa dal Gruppo Pallavicini S.r.l, composto da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci e curata dalla Dott.ssa Francesca Bogliolo insieme all’Artista.

    Il corpus della mostra è costituito da 50 opere uniche mai viste prima nel capoluogo emiliano, comprendenti una serie di disegni realizzati a tecnica mista e un pregiato insieme di acquerelli a colori su tela. L’esposizione, articolata in sei sezioni, rispetta i temi cari all’artista e pone la sua attenzione all’occhio poetico che questi è capace di posare sul mondo, regalando una bellezza fatta di volumi abbondanti, colori avvolgenti e iconografie originali. Un visionario inno all’esistenza che approfondisce il disegno inteso come fondamento della forma, primario e imprescindibile strumento di bellezza.
    Tra i soggetti selezionati compaiono personaggi legati alla tauromachia e al circo, silenti ed equilibrate nature morte, delicati nudi, personalità religiose, individui colti nella propria quotidianità: una rassegna visiva che tiene conto dell’intensa ricerca visiva di Botero, tesa all’affermazione del suo caratteristico linguaggio.
    Tra le opere esposte si nascondono i segreti della vita, celati sotto presenze dai volumi corpulenti, persone o oggetti in attesa di un movimento casuale o volontario. In perfetto equilibrio tra ironia e nostalgia, atmosfere oniriche e realtà fiabesca, classicità italiana e cultura sudamericana, l’arte di Botero risulta creatrice e portatrice di uno stile figurativo e personale, capace senza indugio anche in questa occasione di coinvolgere e affascinare chi guarda.
    Libertà creativa e monumentalità rappresentano il fil rouge dell’esposizione, il cui allestimento è stato progettato con l’Accademia di Belle Arti di Bologna diretta dal Prof. Enrico Fornaroli e realizzato in collaborazione con il Biennio specialistico in Scenografia e allestimenti degli spazi espositivi e museali grazie al Prof. Enrico Aceti, alla Prof.ssa Rosanna Fioravanti, al Prof. Michele Chiari e al Dott. Erasmo Masetti insieme agli studenti Alessandro Barbera, Larissa Candido Bergamaschi, Cecilia Giovine, Ester Grigoli, Sarah Menichini, Bianca Piacentini, Rossella Pisani, Elena Romagnani e Tatiana Sànchez Sandoval.

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    LUOGO: Palazzo Pallavicini
    INDIRIZZO: via San Felice 24
    ORARI: da giovedì a domenica dalle 11 alle 20. La biglietteria chiude 1h prima (ore 19 ultimo ingresso). Aperture straordinarie: 1 e 2 novembre 2019; 8,23,26,30 dicembre 2019; 31 dicembre 2019 (dalle 11.00 fino alle 17.00); 1,6,7,8 gennaio 2020
    CURATORI: Francesca Bogliolo
    ENTI PROMOTORI:
    • Gruppo Pallavicini S.r.l.
    COSTO DEL BIGLIETTO: intero: € 13, ridotto: € 11, scuole: € 5. Gratuito: bambini sotto i 6 anni, disabili con certificato. Biglietto Open: € 16 | Biglietto con prenotazione senza vincoli di orario e data valido fino a fine mostra
    TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 331.3471504
    E-MAIL INFO: [email protected]
    SITO UFFICIALE: www.palazzopallavicini.com

    ww.arte.it
     
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    Il Cenacolo, ispirazione senza tempo

    Milano, dal 08/10/2019 al 17/11/2019

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    COMUNICATO STAMPA:

    In occasione delle celebrazioni in corso per i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, dall'8 ottobre al 17 novembre 2019 ad ingresso gratuito, attraverso il claim “Il Cenacolo, ispirazione senza tempo”, Palazzo Reale intende raccontare con due importanti opere distanti 500 anni l’una dall’altra, un arazzo e un film, la fascinazione che il capolavoro di Leonardo ha avuto e continua ad avere sul lavoro e la creatività degli artisti.

    Allestita nella prestigiosa Sala delle Cariatidi, nell’ambito del palinsesto Milano Leonardo 500, un’opera straordinaria, poco conosciuta e di grande importanza per la diffusione dell’arte di Leonardo: l’arazzo dei Musei Vaticani riproducente l’Ultima Cena di Leonardo commissionato, come provano gli stemmi in esso contenuti, da Francesco I re di Francia e da sua madre, Luisa di Savoia. Custodito nei Musei Vaticani, fu tessuto probabilmente in Fiandra su cartone di un artista lombardo e con altre poche copie dei primi anni del ‘500, ha svolto un ruolo importante nella diffusione della conoscenza dell’arte di Leonardo in Francia.

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    Il percorso espositivo offre inoltre un confronto con un evocativo tableau vivant di nove minuti “L’Ultima Cena: Tableau Vivant”, proiettato in anteprima per l’Italia, creato e filmato con meticolosa ed eccellente qualità nei dettagli da Armondo Linus Acosta, con i Premi Oscar, Vittorio Storaro, Dante Ferretti e con Francesca Lo Schiavo. Nel 500esimo anniversario della morte di Leonardo Da Vinci è dunque significativo che questi leggendari artisti del cinema si siano uniti per ricreare, in un vero e proprio tour de force, la grandezza e lo spirito del dipinto originale. In onore del capolavoro di Leonardo hanno realizzato un’opera di squisita bellezza da esibire in musei, chiese, gallerie e piazze in tutto il mondo con un’installazione così bella da togliere il fiato.

    LUOGO: Milano - Piazza del Duomo 12 | Museo Palazzo Reale
    ENTI PROMOTORI:
    Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale
    TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 02 8844 5181
    SITO UFFICIALE: www.palazzorealemilano.it
    ARTISTI: Leonardo Da Vinci
    PROMOTORI: Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale


    www.arte.it

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    C'è un capolavoro di poco successivo al Cenacolo di Leonardo, fedele replica tessuta su arazzo (si discosta solo nello sfondo), che dal 1931 si può ammirare nei Musei Vaticani.
    Tra le opere più conosciute e celebrate di Leonardo, l’Ultima Cena, nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, è un vero e proprio unicum. Realizzata su commissione di Ludovico il Moro a tecnica mista ( è un dipinto parietale realizzato su intonaco secco, non un affresco) tra il 1494 e il 1498; ai primi del ‘500 è già una delle opere più famose d’Europa.

    La fama del Cenacolo vinciano è testimoniata da numerose fonti scritte e da copie e riproduzioni che iniziarono a circolare numerose in tutti i paesi d’Europa. L’originale, vero e proprio punto di riferimento per tutti gli artisti, suscitò la bramosia di Luigi XII di Francia, che dopo l’occupazione di Milano (1499), avrebbe voluto staccare la pittura per trasferirla oltralpe. Ma la precarietà del lavoro e ragioni di opportunità ne sconsigliarono la rimozione.

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    Forse è per questo che nella corte francese nasce l’idea di riprodurla a grandezza naturale su arazzo. D'altro canto esistevano già da tempo copie dell'Ultima cena nell'entourage francese, da quella richiesta dal tesoriere Gabriel Gouffier al Bramantino nel 1503 - e andata perduta - a quella realizzata da Marco Oggiorno per Gabriel Gouffier nel 1506, ora conservata presso il Musée national de la Renaissance nel castello di Écouen.

    L'arazzo in questione, oltre 9 metri x 5 di trama in seta, argento e oro, recentemente riallestito dopo un lungo restauro che ne ha restituito colori e lucentezza, nel Salone di Raffaello della Pinacoteca dei Musei Vaticani.

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    La committenza dell'arazzo e la provenienza - quasi certa la manifattura fiamminga e c'è una testimonianza in tal senso dello storico Paolo Giovio (1483-1552) - sono state oggetto di ipotesi, congetture e misteri, che riguardano in particolare la datazione e l'autore/gli autori del cartone.
    Indubbio il legame con Francesco I (1494-1547), re di Francia dal 1515 e ultimo mecenate di Leonardo, e con sua madre, Luisa di Savoia (1476-1531), per i molteplici riferimenti araldici e simbolici ai due sovrani come ricorda lo storico dell'arte Pietro Marani, uno dei maggiori conoscitori di Leonardo e dell'Ultima cena.
    Secondo Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, "gli studi che si sono susseguiti fino ad oggi sull'opera hanno tenuto vivo l'interesse sulla sua realizzazione e sul rapporto, artistico, cronologico e stilistico con il celeberrimo Cenacolo, di cui l'arazzo presenta identiche misure e solo qualche differenza iconografica.



    La lettura iconografica dell’opera aveva in un primo tempo deposto per una datazione anteriore all’ascesa al trono di Francesco I (1515) basata sulla constatazione che le salamandre non fossero coronate coronate, ma altri particolari depongono per una datazione compresa tra il 1516 e il 1524.

    Come spiega Alessandra Rodolfo, curatrice del Reparto Arazzi e Tessuti dei Muse Vaticani, l’arazzo compare per la prima volta in un inventario ufficiale francese del 1533 per le nozze di Enrico d’Orleans, secondogenito di Francesco I e futuro re, dopo la morte prematura del fratello Francesco. In tale occasione papa Clemente VII (Giulio de’ Medici) sbarcò a Marsiglia per sugellare le nozze tra il principe e la nipote, Caterina de’ Medici. Il pontefice recò in dono una scatola di cristallo di rocca, Francesco I ricambiò con l’arazzo dell’Ultima cena.

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    Così la descrive Honorat de Valbelle nelle cronache del matrimonio “Je crois que cette tapisserie est la plus riche et la mieux faite qu’on ait jamais vue. Elle était tissée d’or, d’argent et de fine soie aux couleurs délicates avec des personnages si bien tissés qu’ils paraissaient vivants ; tout le monde les regardait comme des merveilles, tant ils étaient beaux et somptueux, et l’on ne pouvait se rassasier de les voir ".

    "Penso che questo arazzo sia il più ricco e il migliore mai visto. Era tessuto con oro, argento e delicata seta fine con personaggi così ben intrecciati da sembrare vivi; tutti li consideravano meraviglie, erano così belli e sontuosi, e non si poteva essere soddisfatti di vederli. "

    La cerimonia dello scambio dei doni tra i due regnanti è immortalata anche in un disegno cinquecentesco di Antoine Caron contenuto nella Histoire française: «Dal santo padre al Re un liocorno fu donato. Ed ecco come il Re un arazzo a lui ha dato». Il matrimonio, preparato da lunghe trattative strettamente collegate alla rivalità tra Asburgo e Valois per il predominio in Italia, nasceva da salde motivazioni politiche.

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    "Sostanzialmente le figure hanno le stesse dimensioni e l’intero arazzo ha le stesse proporzioni e dimensioni del Cenacolo milanese, quindi è probabile che sia stato ricavato dallo stesso cartone o almeno dai disegni preparatori del dipinto", afferma il direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta. E' possibile che sia arrivato ad Amboise quando Leonardo era ancora vivo, e che il Maestro lo abbia visto dunque.

    Sotto la bordura superiore, al centro, campeggia lo stemma dei Re di Francia circondato dal collare dell’Ordine di San Michele, ordine cavalleresco istituito nel castello di Amboise il primo agosto 1469 dal re Luigi XI.

    L’ipotesi dell’aggiunta dello stemma in un secondo momento, come attestato da alcune fonti, poteva però, trovare conferma solo visionando il retro del panno, operazione resa possibile grazie al recente restauro. La verifica del retro ha mostrato, invece, come lo stemma sia, in realtà, pertinente all’opera che presenta una tessitura unitaria priva di aggiunte.

    Lo stemma de Re di Francia, oltre ad essere pertinente alla tessitura originaria, e non aggiunto successivamente come ipotizzato fino ad ora, riporta il cordone dell’Ordine di San Michele secondo la tipologia utilizzata solo dopo il settembre del 1516 - spiega Jatta - che Leonardo in Francia dal 1516 fino alla sua morte nel maggio del 1519, possa essere stato presente alla progettazione dell’opera. "Sappiamo che Leonardo giunge ad Amboise nell’ autunno del 1516 e che a fine novembre era a Clos-Lucè. Sarebbe suggestivo pensare che possa essere stato lo stesso Maestro, “Peintre du Roy” prima di morire, ad impostare idealmente o forse a supervisionare il modello dell’opera trasportando il suo capolavoro, “mutatis mutandi”, in un ambiente rinascimentale, nordico e cortigiano.

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    L’opera, dunque sembrerebbe non essere stata realizzata prima del settembre 1516 e comunque entro il 1524, termine ultimo che coincide con la morte di Claudia di Francia, moglie di Francesco I, la cui iniziale appare associata a quella del re nella targa di una delle bordure laterali e forse anche nel monogramma della bordura superiore (due "F" associate alla lettera "C").

    "Ma la scena è immersa in uno spazio e un tempo completamente mutati: non più Milano ma la Francia, non più la fine del Quattrocento ma anni dopo, intorno agli anni venti del Cinquecento. Del severo ambiente leonardesco l’arazzo mantiene così solo il ricordo dei pannelli decorati posti sui muri del Cenacolo rievocati dai due rigogliosi millefleur laterali. Dietro alla scena si aprono tre sontuose grandi arcate, solo lontanamente memori delle tre aperture squadrate di Leonardo."

    L'intera raffigurazione è circondata da una raffinata bordura dove compaiono, tra grottesche su fondo azzurro, il monogramma di Luisa di Savoia, l'emblema delle ali ancora riferibile alla madre di Francesco I e le salamandre che rappresentano lo stesso re.

    L’inventario della Floreria Apostolica attesta la presenza dell’arazzo in Vaticano nel 1536 quale «panno bellissimo con Istoria della Cena domini foderato di tella rossa circondato de uno fregio di velluto cremisi con [...] di tella doro con lettere C.F».

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    Da allora venne utilizzato durante celebrazioni liturgiche del Triduo pasquale e del Corpus Domini e spesso esposto all'aperto nel corso di varie cerimonie ufficiali, tanto che nel 600, già logoro, subisce un primo intervento di restauro, seguito da altri interventi nel corso del '700, come spiega Chiara Pavan, responsabile del Laboratorio di restauro Arazzi e Tessuti delle raccolte vaticane. Nel 1780, su impulso di Papa Pio VI, si decise di farne realizzare una copia, compito affidato tra il 1780-1795 all’arazziere dei papi Felice Cettomai. Dalla fine '700, con l'arrivo della copia, il delicato panno venne conservato tra i tesori artistici del Vaticano.

    Il più recente restauro dell'opera, realizzato tra il dicembre 2017 e l'aprile 2019, che ha visto l'impiego di tanti professionisti e complesse lavorazioni, è stato reso possibile grazie al sostegno della direzione del Castello di Clos Lucé e del Polo Mostre di Palazzo Reale a Milano.

     
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    Valadier.
    Trionfo dello stile nella Roma del Settecento


    Roma, dal 30 ottobre al 2 febbraio 2020

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    Luigi Valadier, il più celebre orafo, argentiere e bronzista italiano del suo tempo, papà di Giuseppe Valadier l'architetto, è protagonista di una grande monografica alla Galleria Borghese Motivo ispiratore della mostra è il profondo legame tra i Borghese e l’orafo romano con 90 opere. Tutto quello che veniva preziosamente "sfornato" dalla sua officina in via del Babuino era l'oggetto del desiderio in una Roma di metà Settecento dove il gusto, la ricchezza e l'opulenza erano segno distintivo delle dimore di chi contava: aristocratici, nobildonne, sovrani di paesi lontani e naturalmente i Papi.


    «Il percorso - spiega Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese e curatrice della mostra - che permette di seguire la costruzione e l’evoluzione di uno stile che dominerà l’Europa e farà di Roma il centro del mondo, si snoda dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande».
    Un cucchiaio e una caffettiera, con le iniziali coronate del principe Camillo Borghese, una terrina con stemma Chigi della Rovere, un cofano per bottiglie con lo stemma del cardinale Enrico Benedetto Stuart duca di York e ancora il busto reliquiario di San Bernardino da Siena, il servizio pontificale solenne del Cardinal Orsini con baule originale in pelle e legno di abete, ma anche una specchiera con la stella a otto punte agli angoli che potrebbe indicare la committenza di papa Pio VI Braschi. Le monumentali lampade in argento e bronzo dorato realizzate da Valadier per il santuario di Santiago de Compostela, partire da Roma nel 1764 e mai più rientrate prima di questa occasione. Un rientro, provvisorio, preceduto da un accurato restauro reso possibile grazie alla generosità di Fendi e che, come ha spiegato Coliva, vuole essere un omaggio alla città di Roma.
    Tra gli oggetti esposti anche l’imponente bronzo del San Giovanni Battista, in prestito dal Battistero San Giovanni in Fonte al Laterano, restaurato in occasione della mostra ed esposto per la prima volta al di fuori della sua nicchia.

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    Il percorso espositivo racchiude tutte le tipologie e le tecniche artistiche con le quali Valadier si è misurato. Opere sacre come le straordinarie statue di santi - San Luigi di Francia, San Castrense, San Paolo, San Benedetto, Santa Rosalia - in prestito dall’altare della cattedrale di Monreale, lasciano il posto alle grandi riproduzioni in bronzo di statue antiche, realizzate dall’orafo per sovrani e principi europei, a orologi, comodini, fino al mirabile sostegno in marmi, bronzo e cristallo di rocca del cammeo di Augusto, eseguito per il Museo Sacro e Profano in Vaticano e oggi al Louvre.

    Non mancano i deser, trionfali centrotavola, i servizi di posate in argento e i centrotavola. Tra i più imponenti, quello ordinato dal Balì di Breteuil e poi venduto a Caterina II di Russia. In un disegno in inchiostro nero, acquerello grigio, bruno e rosa si può ammirare il vassoio che fu realizzato in argento cesellato proprio per i Borghese intorno al 1783. In marmo bianco e bronzo dorato, una coppia di tazzine. E poi i candelabri e le quattro saliere in argento dorato con stemma Chigi Della Rovere. Ha il blasone del cardinale Enrico Benedetto Stuart duca di York, invece la cantinetta per le bottiglie.
    Particolarmente accurato l’allestimento della sezione dedicata ai disegni, uno strumento importante per seguire l’evoluzione del processo creativo di Valadier, dall’ideazione alla realizzazione dell’opera, ma anche per avere un’idea delle creazioni che non sono giunte fino a noi. Di particolare pregio l’album della Pinacoteca Comunale di Faenza, interamente catalogato e pubblicato in occasione della mostra, del quale si può ammirare una selezione di disegni attraverso riproduzioni digitali.
    L’esposizione è sostenuta da Fendi, partner istituzionale della Galleria Borghese, da Intesa Sanpaolo, title sponsor, e ha ricevuto il contributo della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti.

    COMUNICATO STAMPA:
    La grande mostra monografica dell’autunno sarà dedicata a Luigi Valadier, protagonista del rinnovamento del gusto a Roma alla metà del ‘700.

    La sua inarrivabile tecnica nel lavorare l’argento e il bronzo lo portò a sviluppare un gusto e uno stile assolutamente all’avanguardia, che ne ampliò la dimensione artistica da quella di grande artefice di arredi a realizzatore di imprese più ambiziose e monumentali, quali i bronzi di grandi dimensioni, frutto della sua devozione verso la Roma antica, e i monumenti classici e le sculture religiose, che di Roma rappresentano il volto cristiano.

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    Nessun luogo meglio della Galleria Borghese può assolvere l’impegnativo compito di celebrare Luigi Valadier attraverso la sua multiforme produzione, poiché egli fu una figura emblematica per l’aspetto che la Villa andava assumendo nel XVIII secolo grazie al rinnovamento voluto dapprima col principe Camillo e poi con il principe Marcantonio Borghese, l’uomo più fastoso del secolo e il più munifico tra i committenti romani, per il quale Luigi disegnò arredi, camini, realizzò monumentali servizi da tavola, compose intere sale, connotando fortemente con il suo stile tutto il principato.

    La mostra dunque metterà a fuoco la vasta committenza borghesiana e le sue implicazioni, riunendo gli oggetti e gli arredi che sino a oggi è stato possibile reperire. Saranno esposti anche i disegni delle opere, sopravvissuti numerosi, che risarciscono temporaneamente la collezione Borghese, per quanto possibile, della loro dispersione.

    Il catalogo, pubblicato da Officina Libraria, è a cura di Anna Coliva e Geraldine Leardi.



    ROMA
    LUOGO: Galleria Borghese
    INDIRIZZO: piazzale Scipione Borghese
    CURATORI: Anna Coliva
    TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 06 8413979
    E-MAIL INFO: [email protected]
     
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    Branding Dalí. La costruzione di un mito

    NAPOLI, dal 25 Ottobre 2019 al 02 Febbraio 2020

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    COMUNICATO STAMPA:
    Salvador Dalí (Figueres 1904–1989) va in scena a Napoli con una mostra inconsueta, ricca di sorprese.

    Organizzata da LelesArt, in collaborazione con con-fine edizioni e Me-diterranea Art, con il patrocinio del Comune di Napoli, Branding Dalí. La costruzione di un mito è a cura di Alice Devecchi e mette in luce l'operazione di branding di se stesso, attuata dal genio catalano durante tutta una vita, in anticipo sulla definizione medesima di brand.

    Allestita nella suggestiva cornice di Palazzo Fondi in centro storico, dal 25 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020, la mostra prende in considerazione una produzione sicuramente meno nota al grande pubblico, che tuttavia aiuta a capire come il processo di "dalinizzazione" perseguito insistentemente dal grande surrealista, si servisse di canali che esulano dall'ambito auratico dell'arte pittorica tradizionalmente intesa.

    Da ammirare preziosi esempi delle sue poliedriche creazioni in ambito di arti applicate, in un percorso che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta: pregiate serie grafiche, manifesti, libri, oltre ad oggetti in porcellana, vetro, argento, terracotta, per un insieme di più di 150 opere, provenienti dalla collezione privata di uno dei segretari personali di Dalí, oggi nella raccolta della società francese Mix's Art, e orchestrate in un suggestivo allestimento ideato da ART.URO Arte e Restauro.

    "Avida Dollars", il celebre anagramma del nome di Salvador Dalí coniato da André Breton, non solo rivela l'intuito affilato del teorico francese, padre del Surrealismo, ma prefigura anche la ricerca ossessiva di successo e denaro dell'artista, e insieme la sua incredibile abilità di trasformare in oro (leggi dollari) tutto ciò che toccava. Novello Re Mida, Salvador Dalí con metodo e convinzione granitica "dalinizza" l'intera realtà a lui circostante.

    Sceglie tecniche di moltiplicazione meccanica dell'immagine che garantiscono una tiratura, seppur limitata. È il caso della Tauromachia surrealista (1970), eliotipie a punta secca, de I dodici apostoli (1977), litografie con oro, e delle incisioni a punta secca Il Bestiario di La Fontaine dalinizzato (1974), tutte documentate in mostra insieme alle illustrazioni xilografiche della Divina Commedia (1960-1963), esposta integralmente, in cui ogni canto dispiega tutto il suo immaginario onirico intrecciato ad un registro quasi pop.

    Così come concettualmente pop è l'apposizione del "marchio Dalí" su oggetti d'uso come serie di piatti e bottiglie o addirittura triviali come le carte da gioco. Sala per sala si svela un mondo da cui emergono storie collezionistiche intriganti e poco conosciute, come per La suite Catalane (1954), serie di rare mattonelle in terracotta destinate in origine ad una piscina, oppure le bottiglie in edizioni limitate per Rosso Antico-Vermouth (1970) e quella commissionata per il brandy Conde de Osborne (1964) di cui realizza il design in porcellana bianca e l’etichetta.

    Anche la collaborazione nel 1969 con la SNCF, la compagnia ferroviaria francese, per firmare manifesti pubblicitari che rappresentano le principali regioni della Francia, racconta di una capillare e pervasiva presenza di Salvador Dalí sui media. Altra opera singolare è il piccolo dipinto a tempera e collage Banderoles en forme de papillon (1954) dedicato a sua moglie Gala, con doppia firma e data.

    Il fatto che ancora nel 2017 La casa de Papel, acclamato successo della produzione televisiva prima spagnola e poi americana, costruisca la sua trama su un protagonista di nome Salvador e sull'esplicito riferimento a Dalí come volto eroico di una nuova Resistenza, conferma che il brand, l'icona coi baffi all'insù plasmata su se stesso dal grande surrealista, ha superato la prova del tempo e sia ancora un marchio vincente.

    L'esposizione accompagna dunque il visitatore a scoprire un altro Salvador Dalí. Parallelamente alla produzione artistica più tradizionale e conosciuta che ha dimostrato di saper padroneggiare disinvoltamente, ha tessuto il suo longevo successo su scelte di materiali e tecniche che gli assicurassero di raggiungere più pubblico possibile. Scopo ultimo: trasferire l'aura di unicità dall'opera d'arte all’unicità dell'artista, dai suoi capolavori a se stesso.

    A documentazione della mostra sarà pubblicato un catalogo edito da con-fine edizioni con testi critici di Alice Devecchi.

    LelesArt Sa è una piattaforma di consulenza nel settore dell’arte moderna e contemporanea con sede a Lugano. Si occupa della gestione di collezioni private internazionali e di organizzazione di mostre. La rete di collezionisti permette infatti di avere un accesso privilegiato a importanti opere per la realizzazione di esposizioni tematiche e antologiche di spessore museale, in Italia e all’estero. Tra le più recenti Salvador Dalí in Belgio nel 2016, Marc Chagall in Korea e Lucio Fontana in Italia nel 2018.
    Le opere presentate a Napoli sono prestate da Mix's Art, società francese specializzata in collezioni del maestro surrealista. Il suo presidente, Mickael Mamou, insieme a Xavier Plovie, ha collaborato a diverse mostre dedicate al’artista catalano, in particolare in California, e al Royal Artistic Circle di Barcellona, in stretta collaborazione con uno dei segretari personali di Salvador Dalí, da cui proviene la raccolta esposta a Palazzo Fondi.

    Me-diterranea Art si occupa di scouting per location e allestimenti al fine di realizzare eventi espositivi nella zona di Napoli e provincia. A Palazzo Fondi ha già realizzato “Brikmania” nel 2018.

    Palazzo Fondi è un progetto speciale di valorizzazione immobiliare temporanea dell’agenzia del Demanio, coordinato e sviluppato dall’agenzia di Marketing Ninetynine divisione Urban Value.



    NAPOLI
    LUOGO: Palazzo Fondi
    INDIRIZZO: via Medina 24
    ORARI: da martedì a domenica e festivi h 10-20 (la biglietteria chiude alle 19) 25 dicembre chiuso, 1 gennaio h 15-20
    CURATORI: Alice Devecchi
    ENTI PROMOTORI:
    • Con il patrocinio di Comune di Napoli
    COSTO DEL BIGLIETTO: Intero € 11 / Open e Fast Lane € 13, Ridotto € 9 over 65, ragazzi 11-15 anni / € 8 gruppi (min 15 max 25 pax) / € 6 universitari il mercoledì, scuole (min 15 max 25 pax) / € 5 bambini 6-10 anni (libero 0-5 anni), giornalisti con tesserino
    TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 081 1809 8931
    E-MAIL INFO: [email protected]
    SITO UFFICIALE: www.brandingdali.com
     
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    Looking for Monna Lisa.
    Misteri e ironie attorno alla più celebre icona Pop


    PAVIA, dal 24 Novembre 2019 al 29 Marzo 2020


    COMUNICATO STAMPA:
    Una mostra diffusa e immersiva “Looking for Monna Lisa. Misteri e ironie attorno alla più celebre icona Pop”, a cura di Valerio Dehò, esposta dal 24 novembre al 29 marzo 2020 nelle più importanti sedi dedicate all’arte di Pavia, celebra il quinto centenario della morte di Leonardo da Vinci, approfondisce il legame del genio fiorentino con la città e indaga sui misteri e sulle leggende che riguardano la celebre figura della Monna Lisa.
    L’esposizione, promossa e organizzata dal Comune di Pavia con il sostegno della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, coinvolge la chiesa di Santa Maria Gualtieri, lo Spazio Arti Contemporanee del Broletto, il Castello Visconteo, la Piazza del Municipio e offre opere di arte spiccatamente contemporanea, dalla pittura alla scultura, dall’installazione a lavori multimediali, alcune delle quali create per l’occasione e tutte accomunate dal rapporto imprescindibile con il passato, con la storia e con il grande Maestro.

    La chiesa sconsacrata di Santa Maria Gualtieri è la quinta ideale per l’esperienza multimediale “Monna Lisa who?”, realizzata dallo studio di multimedia design Karmachina e volta alla ricerca dell’identità del più famoso ritratto vinciano, abbracciando l’ipotesi che l’opera ritragga Isabella D’Aragona che, relegata a Pavia, incontrò Leonardo durante il suo soggiorno nella città. Le proiezioni, i suoni e la narrazione, uniti all’allestimento progettato da Studio Dune, sono in perfetta sintonia con la struttura verticale, la simmetria e la morbidezza delle linee del luogo e accompagnano il visitatore in un viaggio totalizzante. Il percorso espositivo prosegue presso lo Spazio Arti Contemporanee del Broletto e il Castello Visconteo con una selezione di oltre quaranta opere di trentanove artisti che hanno reinterpretato in chiave contemporanea il capolavoro della Monna Lisa, chi con l’intento di creare continuità, chi rottura. Si passa infatti dall’Arte concettuale a Fluxus, dalla Poesia Visiva alla Neopittura, dalla Pop art fino a più recenti espressioni che sottolineano la continua ricerca della novità e il coraggio per la sperimentazione, di cui Leonardo è stato maestro. “Il fenomeno della riproducibilità - come afferma Valerio Dehò - ha reso il quadro leonardesco la più grande icona pop della storia che non ha mai cessato di interessare gli artisti oltre che i commercianti di gadget o di souvenir. La ricerca della Monna Lisa si allarga a territori imprevedibili”. Gli artisti coinvolti sono: Marcello Aitiani, Paolo Albani, Anna Banana, Vittore Baroni, Stefano Benedetti, Julien Blaine, Stefano Bressani, Carlo Cantini, Myriam Cappelletti, Ugo Carrega, Cinzio Cavallarin, Gianni Cella, Riccardo Cocchi, Fabio De Poli, Giovanni Fontana, Franco Fossi, Claudio Francia, Raimondo Galeano, Marco Gerbi, Jiri Kolar, Sean Mackaoui, Roberto Malquori, Lucia Marcucci, Jean Margat, Miradario (Massimo Biagi), Gian Marco Montesano, Luciano Ori, Orlan, Vania Paolieri, Luigi Petracchi, Vettor Pisani, Lorenzo Puglisi, Giovanni Raffaelli, Sarenco, Karel Trinkewitz, Ben Vautier, Giuseppe Veneziano, Virgilio Rospigliosi, Elisa Zadi.
    Sono inoltre esposti un video e il numero speciale della rivista “Bizzarre” del 1958, provenienti dal Museo ideale Leonardo da Vinci, insieme all’opera “Bijoconde” di Jean Margat, artista, scienziato e inventore della Giocondologia, fenomeno che riunisce tutte le sperimentazioni e le variazioni applicate al ritratto vinciano ad opera di vari artisti. In Italia ne è principale espressione la Collezione Carlo Palli, a cui appartengono molti lavori in mostra, che rappresenta la raccolta più significativa costituitasi attorno alla reinterpretazione del capolavoro leonardesco.

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    In questo variegato panorama iconografico dalla Monna Lisa Pop di Fabio de Poli, che presenta una figura oscurata, luttuosa, con richiami espliciti all’opera di Leonardo, un enigma allo stato puro, si passa a quella di Jiri Kolar, esponente della poesia visuale mitteleuropea, che all’interno del suo collage inserisce l’icona leonardesca su una fattura contabile, rivelandone il lato mercantile e lo sfruttamento dell’immagine. Con la stessa tecnica Lucia Marcucci, fondatrice del Gruppo 70, affianca ritagli di testi a immagini di donne musulmane e a simboli di fecondità, quasi a volerne riscattare un ruolo. La performer e artista Orlan nei lavori esposti si immedesima con Monna Lisa, le si sovrappone, creando una doppia identità di opera e di donna, affermando tuttavia di non volere assomigliare al capolavoro del maestro toscano.
    Per Vettor Pisani la Monna Lisa diviene, invece, una sorta di paradigma del ‘capolavoro’ che salva dalla mortalità nel caso dell’installazione “Concerto invisibile di Gino De Dominicis”, oppure un’icona pubblicitaria ne “Il ventre della Gioconda”, in cui è rappresentata come mamma con bambino. Due opere di forte impatto, dove nel primo caso i due pianoforti sovrapposti diventano tributo a Gino De Dominicis e parametro dell’arte che supera il tempo, mentre nel secondo caso, attraverso il nome di Freud, emerge l’enigma di un rapporto psicanalitico legato all’attrazione di milioni di persone verso la Gioconda.
    Nella corposa rassegna sono inoltre presenti riferimenti a maestri del passato, fra cui Duchamp e la sua Gioconda con i baffi del 1919, come nell’opera di Karel Trinckevicz che, citando il celebre artista dei ready made, con una ruota di bicicletta lo eleva a padre dell’arte nella sua tavola in cui traccia una sorta di genealogia.
    Nel nucleo di opere realizzate per l’occasione si ricordano le letture in chiave pop di Gianni Cella, quale la Batwoman in terracotta policroma, e di Stefano Bressani, come la scultura abbigliata con tessuti molto colorati, da cui deriva l’appellativo “scultura vestita”; il lavoro di Gian Marco Montesano dedicato allo storico furto della Gioconda del 1911 e l’acrilico su tavola di Virgilio Rospigliosi, artista concettuale che crea un corto circuito tra lo spazio interno ed esterno del quadro.

    Presso la sede del Castello Visconteo la mostra prosegue con "La visione di Leonardo a Pavia", progetto sviluppato da Way Experience, startup milanese specializzata nella creazione di prodotti innovativi che utilizzano le tecnologie della realtà aumentata e virtuale. Il percorso immerge nella Pavia rinascimentale sulle orme del soggiorno pavese di Leonardo da Vinci tra il 1490 e il 1513, fonte di riflessioni per i suoi studi di anatomia umana, matematica e architettura, ma soprattutto per l'ideazione della sua opera più importante, la Monna Lisa. Questo viaggio nella storia, molto coinvolgente ed emozionante, - realizzato con la sponsorizzazione di Sea Vision - è suddiviso in tre tappe e, grazie ai visori Oculus e alla narrazione del giornalista e scrittore Massimo Polidoro, il visitatore è proiettato nelle strade, nei paesaggi e nei luoghi che Leonardo aveva visto e vissuto.
    Conclude il percorso la “Giant sculpture”, un’imponente scultura di cinque metri di altezza e quattro di diametro collocata nella Piazza del Municipio; realizzata in gesso e resina dagli artisti Eleonora Francioni e Antonio Mastromarino e raffigurante il ritratto senile di Leonardo da Vinci, è un omaggio al genio fiorentino e alla sua eterna grandezza.
    L’esposizione è accompagnata da un catalogo a cura di Valerio Dehò, edito da Silvana editoriale con testi in italiano e in inglese. Per tutta la durata della mostra sarà possibile prenotare (all’indirizzo mail [email protected]) il servizio di una guida turistica per illustrarne il percorso oppure per visite con annesso itinerario in città, nei luoghi di Leonardo: Duomo, Regisole, Piazza Grande, S. Maria di Canepanova, Università degli Studi, Castello.

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    LUOGO: Sedi varie
    INDIRIZZO: sedi varie
    ORARI: tutti i giorni dalle 10 alle 18. Chiuso il martedì, 25 e 26 dicembre 2019 e 1 gennaio 2020
    CURATORI: Valerio Dehò
    ENTI PROMOTORI:
    • Comune di Pavia
    COSTO DEL BIGLIETTO: Intero € 15, Ridotto (under 26, over 65 e gruppi di minimo 15 massimo 30 persone) € 10, Ridotto scuole e under 18 € 5. Gratuito under 6, possessori Abbonamento Musei Lombardia Milano, soci ICOM, guide turistiche e giornalisti dotati di tesserino professionale, disabili con un accompagnatore. Biglietteria unica presso lo Spazio SaperePavia del Broletto in Piazza della Vittoria. Aperta tutti i giorni fino alle 16.45
    TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 331 6422303
    E-MAIL INFO: [email protected]
    SITO UFFICIALE: www.vivipavia.it
     
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