I MESTIERI PERDUTI NEL TEMPO

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  1. gheagabry
     
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    "Si può resistere all’invasione degli eserciti,
    ma non a quella delle idee"


    I COLPORTORI



    Tra le sculture di ghiaccio esposte, ai piedi del ghiacciaio Jandri, sopra la stazione sciistica di Deux-Alpes, nella Francia sud-orientale, una rendeva omaggio a un mestiere un tempo diffuso tra gli abitanti delle montagne: quello del colportore. Per secoli, i colportori sono andati di mercato in mercato e di casa in casa offrendo le mercanzie che portavano sul collo da qui il termine francese colporteur, poi italianizzato, è fatto derivare dai termini per “collo” e per “portare”)
    I venditori ambulanti italiani, i colporteurs francesi, i buhoneros spagnoli, singoli o organizzati in compagnie, furono i vettori di una trasmissione della pagina stampata nelle realtà più marginali, dove l’analfabetismo diffuso o la stessa assenza di vie di comunicazione, come le librerie, ostacolavano l’accesso di larga parte della popolazione alla parola scritta. Con i loro libretti contribuirono a divertire il popolo, a modellarne i gusti, a creare un universo di evasione, ad istruire o avvicinare alla fede. Essi hanno comunque aperto una via alla lettura e al progresso culturale di ampi strati della società.

    Con la loro biblioteca ambulante raccolta in una borsa, in un carretto, o, nel migliore dei casi, in una vera e propria carrozza trainata da un cavallo -“la carrozza biblica”, i colportori furono attivi soprattutto nelle realtà rurali. Si fermavano nei paesi durante le fiere e i mercati settimanali, frequentavano le locande e bussavano ai casolari isolati, accompagnavano la vendita di libri. Una iniziativa geniale sotto diversi punti di vista: non solo il colportore costituiva una “libreria a domicilio”, che metteva nelle condizioni di poter comprare tutti i libri che volevi senza dover correre ogni volta fino alla Città Lontana ma si trasformava anche in un operatore della cultura itinerante, in un divulgatore porta-a-porta.
    Un coraggioso libraio-predicatore itinerante che, senza mai fermarsi, affrontava le impervie delle vallate alpine per raggiungere, con la sua libreria, anche quel paesello lontano, lassù in cima a quel monte, dove ci sono famiglie che forse desiderano acquistare un libro.

    Vendere libretti, fogli volanti, canzoni nelle strade, presupponeva talvolta la loro presentazione, una vera messa in scena, illustrata su pannelli che visualizzavano le storie da vendere, per richiamare la gente e per meglio convincere il pubblico all’acquisto. Il colportore, nel passato, veniva spesso assimilato ad una sorta di cantastorie che raccontava vicende di amori infelici, miracoli, fatti di cronaca nera e storie leggendarie. La lettura ad alta voce, la rappresentazione nelle piazze, la vendita per pochi soldi di libretti in brossura, stampati su carta di modesta qualità, permettevano così la circolazione di una variegata biblioteca di testi: i romanzi della letteratura colta del Cinquecento, come le storie cavalleresche dei paladini di Carlo Magno, I Reali di Francia, I quattro figli di Aimone, le imprese di Guerrin Meschino, le leggende della Pia de' Tolomei o della Ginevra degli Almieri, riadattate per un pubblico popolare, gli amori di Piramo e Tisbe, Florindo e Chiarastella, Paris e Vienna, gli almanacchi dal Casamia al Barbanera, i lunari, le profezie, i trattati di medicina popolare, i segretari d’amore, ma anche le leggende agiografiche, le storie morali impresse nelle vite dei Santi e nei miracoli.
    I colportori oltre che vendere libri e opuscoli dal prezzo contenuto, destinati ad alimentare la fantasia e l’immaginario collettivo, erano intenti a suggerire consigli pratici o modelli di vita edificanti. Spesso rappresentavano gli intermediari della diffusione di edizioni clandestine nel secolo dei Lumi, delle battaglie politiche in piena Rivoluzione, della propaganda dell’Italia Risorgimentale, della diffusione della fede cristiana. Nella Francia rivoluzionaria, il terreno fu preparato dalla diffusione di testi clandestini, miranti a desacralizzare la figura dei sovrani, e a delegittimare la cultura dominante. Si trattava dei mauvais livres, di opuscoli proibiti, stampati oltre i confini, e giunti in patria nascosti nelle borse dei colportori. E furono ancora dei colportori-cantastorie a sostenere gli eventi che caratterizzarono gli anni rivoluzionari. Più che i catechismi politici e i giornali, furono le canzoni, impresse sui fogli volanti, e accompagnate dalla musica del violino, a modellare, grazie alla loro forza comunicativa, la pubblica opinione.
    Anche in Italia durante le guerre d’indipendenza che condussero all’Unità, ai colportori fu affidato l’incarico di diffondere programmi ed iniziative promosse da associazioni patriottiche. Infine, questi librai ambulanti, contribuirono alla diffusione della cultura evangelica nell’Italia del secondo Ottocento. A piedi, con un sacco o una cassetta piena di bibbie, porzioni, commentari, romanzetti edificanti, “evangelini”, racconti di vita cristiana (venduti tre a un soldo), almanacchi; il colportore evangelico percorreva chilometri e chilometri, dal Nord al Sud della penisola, in un terreno spesso ostile alla loro opera. Venditori e predicatori, questi uomini, tra mille difficoltà, contribuirono alla diffusione di una diversa visione della fede, tra alcune comunità nell’Italia del tempo.

    Le reti di circolazione dei colportori potevano essere limitate a piccole porzioni di territorio, oppure estendersi su vasta scala nazionale se non addirittura su scala europea, come i librai-ambulanti provenienti dalle valli alpine francesi del Delfinato o i tesini di Bassano. Nel Settecento gli abitanti di Briançon conquistarono una parte importante del commercio di materiali a stampa nell’Europa del Sud, in particolare in Spagna e Portogallo. Nelle loro mani si concentrò il commercio librario, ma anche quello delle carte geografiche, delle stampe, dell’orologeria, delle tele, delle calze, dei berretti, Di fatto gli abitanti di Briançon aprirono un centinaio di botteghe distribuite tra Portogallo, Spagna, Sud della Francia e Italia. Diventarono corrispondenti dei grandi librai svizzeri – i Cramer, Gosse, la Société Typographique di Neuchâtel, ma, spesso si fecero loro stessi stampatori e lavorarono sempre gli uni con gli altri. In tal modo finirono per controllare buona parte del mercato almeno per quanto riguarda l’Italia e il Portogallo. Le reti erano fondate sulla mobilità degli uomini e sulla flessibilità dei circuiti.

    Da secolo a secolo ci fu un netto incremento, venne infatti duplicato se non quasi triplicato il numero della forza lavoro, permettendo così di coprire aree sempre maggiori. Nel 1881 il numero di Colportori con permesso era circa di 552. Alcuni di loro si misero in proprio ed aprirono delle librerie pur mantenendo stretti legami con la casa editrice. Furono attivi anche in altre parti di Europa raggiungendo persino l’America Latina.

    ....storia....



    L’attività dei colportori iniziò nel tardo Medioevo. I primi furono montanari che vivevano sull’arco alpino, sui Pirenei o sulle Highlands scozzesi. Molti erano agricoltori che, terminata la raccolta, si dedicavano al commercio itinerante.
    Uno di questi mercanti ambulanti fu un francese di nome Jehan Gravier. Nel XVI secolo, viveva con la famiglia nella regione montuosa nota come La Grave. Spinto dalla scarsa fertilità del suolo, Gravier cominciò a soddisfare la richiesta di prodotti che venivano dalla montagna — come legno, cuoio, lana e sale — da parte delle città nelle valli.
    Gravier, tuttavia, non si limitava a vendere oggetti. Dai documenti risulta che era indebitato con un tipografo, un certo Benoît Rigaud, il che dimostra, al pari di molti altri colportori, commerciava in libri. Ai suoi tempi l’Europa stava vivendo il periodo del Rinascimento, e il commercio di libri stava fiorendo. Tra il 1500 e il 1600 in Europa furono stampati dai 140 ai 200 milioni di libri. Un quarto d’essi fu stampato in Francia, a Lione. Ma mentre uomini come Gravier vendevano libri per guadagno, nacque un’altra categoria di colportori che distribuivano libri per motivi strettamente religiosi.

    Con l’avvento della macchina da stampa la richiesta di libri, opuscoli e volantini di carattere religioso salì alle stelle. La Bibbia venne stampata dapprima in latino e poi nelle lingue volgari. In Germania ne vennero stampate milioni di copie, e i colportori la distribuirono velocemente a chi viveva in campagna. Ma non tutti vedevano di buon’occhio questa distribuzione. Nel 1525 il Parlamento francese proibì la traduzione della Bibbia in francese, e l’anno dopo proibì anche il possesso di Bibbie in volgare. Nonostante ciò, dalle macchine da stampa uscivano migliaia di Bibbie, e molte venivano diffuse di nascosto in tutta la Francia, grazie agli sforzi di intrepidi colportori. Uno di questi era un giovane di nome Pierre Chapot, che nel 1546 fu arrestato e messo a morte.
    Infine, nel 1551, la Francia cattolica adottò misure più energiche e proibì del tutto ai colportori di vendere libri, visto che portavano “in segreto” libri “provenienti da Ginevra”, cioè di origine protestante. Questo divieto, però, non sortì l’effetto sperato. In Francia continuarono ad arrivare Bibbie in tutti i modi possibili. Essendo spesso di formato ridotto, venivano nascoste nei doppi fondi di botti di vino, in barili di castagne oppure nelle stive delle navi.
    Durante tutto il XVI secolo questi ‘contrabbandieri della fede’, come sono stati chiamati, vissero in costante pericolo. Molti colportori furono arrestati, mandati in prigione o sulle galere, esiliati o martirizzati. Anche se la storia ha tramandato solo una manciata di nomi, è stato grazie a una nutrita schiera di questi individui coraggiosi che la maggior parte delle famiglie protestanti poterono procurarsi una Bibbia.

    Nel XVII secolo la Chiesa Cattolica continuò a proibire alla gente comune la lettura della Bibbia. Al suo posto, ai fedeli venivano dati libri d’ore e vite di santi. In contrasto i giansenisti, cattolici con vedute “eretiche”, sostenevano che si dovessero leggere le Sacre Scritture. Contemporaneamente, nella bisaccia del colportore cominciò a comparire un nuovo tipo di libri a buon mercato. Fu grazie a questi libri, che rimasero in circolazione fino all’Ottocento, che molti in Francia impararono a leggere, ricavandone istruzione e diletto. I francesi li chiamavano bibliothèque bleue, “biblioteca blu”, a motivo del colore della copertina. In Inghilterra si chiamavano chapbooks, in Spagna pliegos de cordel. Contenevano racconti di cavalieri medievali, folclore, vite di santi e così via. Come si può immaginare, i colportori erano attesi con ansia, che arrivassero d’estate (come quelli provenienti dai Pirenei) o d’inverno (come quelli provenienti dalle Alpi del Delfinato).
    I colportori soddisfacevano il bisogno sia delle persone istruite che di quelle non istruite. Uno scrittore del XVIII secolo osservò a proposito dei contadini della Guienna, nella Francia sud-occidentale: “Durante le lunghe sere d’inverno i contadini leggono per una mezz’ora, a tutta la famiglia radunata, le vite dei santi o un capitolo della Bibbia. . . . In mancanza d’altro, leggono . . . la biblioteca blu e altre futilità che ogni anno i colportori portano nelle campagne”.
    I colportori furono “gente attiva, laboriosa ed estremamente sobria”, ma il loro successo era dovuto anche all’attaccamento che provavano per la famiglia, il villaggio e la religione. Molti di loro erano protestanti che rimanevano in contatto con chi era andato in esilio durante le persecuzioni.
     
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