I MESTIERI PERDUTI NEL TEMPO

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. gheagabry
     
    .

    User deleted


    Il Saponaro



    Accattivante anche se faticosa e poco remunerabile era la lavorazione per la produzione del sapone ottenuto utilizzando la “muria” (morchia, residuo dell’olio d’oliva) che il saponaro comprava nel frantoio locale ed in quelli dei paesi limitrofi o reperiva attraverso i “murialori” (commercianti che l’acquistavano in giro per i paesi). La muria veniva raccolta e conservata negli “utra” (otri, recipiente in pelle di capra) e poi lavorata con l’aggiunta di cenere (ottima quella di scorza di mandorle) il cui alto contenuto di potassio dava origine al processo dell’idrolisi alcalina degli acidi grassi. Il tutto veniva versato in una “quarara” (recipiente tipico) e fatto bollire nell’apposita “fornacella” (struttura o fornello in conci di tufo od in pietra lavica). Dopo cinque ore di cottura il sapone che via via si formava, attraverso dei tubi collegati, si riversava nelle vasche di raffreddamento da dove veniva rimosso e conservato in recipienti di latta od in barili, pronto per essere collocato in commercio. Il sapone prodotto a Capaci veniva usato per lavare la biancheria ed era prevalentemente di tipo molle e perciò veniva chiamato “trema-trema”. Il colore verde era ottenuto con l’aggiunzione di “pale” (foglie di ficodindia) nella prima fase di cottura.(www.capaci.info/)

    A Napoli, il saponaro (sapunaro) fu presente a Napoli fino alla prima metà del XX secolo.
    I saponari passavano di casa in casa raccogliendo oggetti vecchi di cui la gente voleva disfarsi o vecchia mobilia, anche se in cattive condizioni. In cambio il saponaro non rendeva denaro, ma pezzi di sapone, da cui deriva il nome.
    In napoletano, una persona sciatta, disordinata, poco attenta e che fa qualcosa controvoglia viene detta, in maniera dispregiativa, saponaro.

     
    Top
    .
30 replies since 1/5/2012, 12:28   5147 views
  Share  
.