FIRENZE

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  1. gheagabry
     
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    "Quando entrai a Firenze, Dante, Petrarca, Macchiavelli, i Pazzi, i Poliziano, i Michelangelo
    e mille altri mi pareva guardassero dalle finestre di quei palazzi bui che bordano le vie."
    (Alphonse de Lamartine)


    FIRENZE


    Firenze è stata per molti anni la culla della cultura e dell'arte; a Firenze sono nati o hanno lavorato molti tra i più grandi artisti del Rinascimento e di tutta la storia dell'umanità. Vista dall'alto Firenze appare superba, bella, quasi addormentata dal tempo. Incredibilmente ricca di storia e di cultura, la città cattura subito l'immaginazione con le strade su cui si affacciano palazzi imponenti, i vicoli, il lento scorrere del fiume Arno, le affollate piazze e i grandi musei.

    Grazie ai grandi letterati fiorentini di un tempo come Dante, Petrarca, Boccaccio, l'uso del volgare toscano diventò la base della lingua italiana moderna. L'arte trovò qui un humus talmente ricco che si assistette a una fioritura culturale, artistica e scientifica che il mondo non aveva mai conosciuto prima di allora e che mai più si sarebbe, purtroppo, riproposta. L'uomo posto al centro del mondo, l'uomo artefice del suo destino. Era incredibile l'atmosfera della Firenze rinascimentale, l'ottimismo, la speranza e la forza presente dietro ogni idea! L'Epoca delle scoperte, ugualmente, pare sia iniziata ancora una volta a Firenze. Le banche fiorentine ebbero modo di finanziare gli esploratori portoghesi in Africa e nell'estremo oriente. Un fiorentino, Amerigo Vespucci, diede il suo nome al continente americano. Personaggi di spicco come Michelangelo, Galileo, Brunelleschi, Machiavelli, contribuirono in modo inestimabile a dare al mondo un nuovo assetto artistico, architettonico, politico e geografico. Grande fu il contributo dato a Firenze dalla famiglia de' Medici, che attraverso le sue decisioni influenzò tutta la storia europea del periodo. Accanto al ruolo di mecenati delle arti e delle scienze, i Medici furono anche abili statisti e politici, capaci d'influenzare le sorti di altri regni in Europa.
    Caterina de Medici, Lorenzo detto il Magnifico e il grande decano della famiglia, Cosimo il Vecchio, sono solo alcuni dei nomi che hanno legato per sempre il nome della famiglia a Firenze.....Anna Maria Luisa Medici che con un suo gesto politico salvò per sempre la memoria di Firenze ai fiorentini. Anna Maria Luisa era infatti l'ultima erede della gloriosa casata e nel 1737 stipulò con i successori (gli Asburgo-Lorena), il cosiddetto "Patto di Famiglia" che stabiliva che essi non potessero trasportare "o levare fuori della Capitale e dello Stato del GranDucato ... Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose... affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri". Questo patto, fu rispettato dagli Asburgo-Lorena, e permise a Firenze di non perdere nessuna opera d'arte e conservare così intatto il proprio patrimonio (come era accaduto ad altre città italiane come Mantova o Urbino, che all'estinzione della casata dei Gonzaga o dei Della Rovere erano state depredate dei tesori artistici e culturali che erano finiti in altre città e corti europee). Mentre buona parte della città conserva ancora oggi un aspetto rinascimentale, la zona tra Palazzo Vecchio e il Duomo proietta in un'atmosfera tipicamente medievale. Per secoli, insieme a Piazza della Signoria, questi sono stati il vero cuore della vita politica e sociale della città.

    «.....Per la quale cosa molti di lontani paesi la vengono a vedere, ma non per necessità,
    ma per bontà de' mestieri e arti, e per bellezza e ornamento della città »
    (Dino Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi, 1312 circa)


    La Badia Fiorentina è una delle più importanti chiese di Firenze, fondata nel 978. Dante ne parlò nella sua Divina Commedia, citandone il campanile esagonale nel 'il Paradiso', mentre Boccaccio qualche tempo dopo vi tenne un ciclo di letture proprio sull'opera dantesca. Secondo lo stesso Dante, nell'opera la Vita Nuova, il poeta incontrò Beatrice Portinari durante la celebrazione di una messa (secondo altri storici tuttavia l'incontro è legato alla chiesa di Santa Margherita de' Cerchi, anche nota come chiesa di Dante, situata a pochi passi dalla piazzetta della Casa di Dante e nelle vicinanze della Badia). Badia in fiorentino significa abbazia e l'antica struttura conserva tutte le caratteristiche proprie di un monastero benedettino, nato accanto all'antica chiesa di Santo Stefano venduta a suo tempo a Willa di Toscana, madre di Ugo di Toscana, la cui tomba – riccamente decorata da Mino da Fiesole – è conservata all'interno della chiesa sin dall'anno 1001. Ogni 21 dicembre viene celebrata ancora oggi una messa solenne di suffragio in suo onore. Il Bargello. L'antica sede di governo di Firenze venne costruita nel XIII secolo, come sede del municipio della città e venne, nel corso della storia, adibita all'uso più svariato, anche prigione e luogo di esecuzioni fino al 1786 .... in questo luogo venne eseguita la condanna di Bernardo Baroncelli, per la cosiddetta 'Congiura dei pazzi' contro Lorenzo il Magnifico.
    Il Duomo, con la sua facciata di marmo rosa, bianco e verde e la gigantesca cupola del Brunelleschi, domina il profilo della città. L'edificio venne ultimato in quasi due secoli (e anche a lavori finiti la facciata non venne completata fino al XIX secolo), ed è per dimensioni la quarta cattedrale al mondo (153mx38m)..L'enorme cupola fu progettata dal celebre Brunelleschi con maestria ed ingegno. La tecnica costruttiva è rimasta a lungo sconosciuta e nel corso del tempo sono state fatte molte congetture, quasi sempre imprecise. La caratteristica curiosa della cupola è l'assenza di utilizzo delle centine (strutture per sostenere la volta durante la costruzione). Per l'innalzamento della struttura furono pertanto usati materiali leggeri e malta a presa rapida, e furono necessari calcoli precisi sul taglio e la collocazione di ogni singola pietra. Brunelleschi superò ogni difficoltà e nel 1436 la cupola fu conclusa.
    Il campanile della cattedrale, anch'esso in marmo bianco, rosa e verde, venne progettato da Giotto, mentre Pisano e della Robbia sono gli artefici dei bassorilievi. Il Battistero adiacente è uno degli edifici più antichi della città e fu originariamente un tempio pagano; deve la sua fama soprattutto alle porte di bronzo dorate: quella a sud è opera di Pisano, ma è la porta che guarda a est (e in direzione del Duomo) quella più celebre. Conosciuta come la Porta del Paradiso (un nome che si pensa le avesse dato Michelangelo), venne creata da Ghiberti tra il 1424 e il 1452 e la sua bellezza e raffinatezza la contraddistinguono e la fanno ammirare. I soffitti del Battistero presentano mosaici del XIII secolo con immagini del Giudizio Universale. Piazza della Signoria, cuore politico della città dal Medioevo ad oggi, è una singolare creazione urbanistica che comincia a prendere forma a partire dal 1268, quando il partito dei Guelfi riprende il controllo sulla città e decide di radere al suolo le case dei rivali Ghibellini. In primo luogo si abbattono le torri dei Foraboschi e degli Uberti, nonostante il capofamiglia (il celebre Farinata cantato da Dante nella sua "Commedia") avesse difeso Firenze dalla distruzione dopo la sconfitta nella battaglia di Montaperti (4 settembre 1260) contro la coalizione ghibellina capeggiata da Siena. Alla fine le case abbattute saranno ben 36 e da questa "cancellazione" dei nemici (su quegli spazi non si dovrà mai più costruire) la piazza deriva la sua particolare conformazione a forma di "L" e la posizione non allineata degli edifici che la delimitano. Palazzo Vecchio conosciuto un tempo come Palazzo della Signoria. La costruzione, progettata da Arnolfo di Cambio, ebbe inizio nel 1299. Inizialmente era la sede dei Piori delle Arti e della Signoria. L'interno conserva ricche decorazioni di Vasari. Un corridoio sopraelevato, chiamato Corridoio Vasariano, collega il palazzo a Palazzo Pitti, passando attraverso gli Uffizi e attraversando l'Arno mediante il Ponte Vecchio. Questo corridoio, adesso visitabile, doveva essere un'antica via di fuga per i signori di Firenze, i Medici, in caso di problemi, ma veniva usato dalla nobile famiglia anche più semplicemente per raggiungere le loro residenze senza doversi mescolare tra la gente. A sud di Palazzo Vecchio, progettata e costruita da Vasari nella seconda metà del XVI secolo su richiesta di Cosimo I de' Medici, si trova la celeberrima Galleria degli Uffizi.
    (informagiovani-italia.com)

    ... la storia del nome e dello stemma ...


    Il nome Firenze in italiano corrisponde a quello di Fiorenza del periodo di massima fioritura della città fiorentina intorno alla metà del secondo millennio d.C.. Fiorenza a sua volta derivò dal latino Florentia, la città fondata dai romani. La fondazione di Florentia risale alla primavera del 59 a.C. Dal primo nucleo abitato (spostato rispetto all'antica città etrusca), sorto a difesa di un ponte ad uso delle colonie romane e grazie alla legge agraria adottata durante il consolato di Cesare, si passò ad una celere costruzione della città secondo i criteri dell'ingegneria militare romana (agglomerato di forma rettangolare, attraversato dalle due strade principali perpendicolari: il cardo e il decumano). La cerimonia della fondazione di Florentia coincise con le celebrazioni romane per l'avvento della primavera, i festeggiamenti in onore alla dea Flora che si svolgevano dal 28 aprile al 3 maggio. Tali celebrazioni erano dette Ludi Florales e da questi giochi e competizioni pubbliche in onore di Floralia prese il nome la città di Florentia.

    Il Giglio di Firenze è il simbolo della città fin dal secolo XI. Al contrario della blasonatura attuale anticamente i colori erano invertiti. La sua origine è incerta, tra le varie leggende sorte in merito vi è quella che vede derivare l'abbinamento della città (Florentia) con il fiore perché la sua fondazione da parte dei romani avvenne durante le celebrazioni romane della primavera, i festeggiamenti in onore alla dea Flora (Ludi Florales o Floralia - giochi e competizioni pubbliche) che si svolgevano dal 28 aprile al 3 maggio. L'associazione tra i festeggiamenti e il nome venne spontanea come accadde successivamente tra il nome e i fiori numerosi che crescevano intorno; un'altra leggende vede derivare nome è simbolo dal mitico fondatore Fiorino, pretore romano, perito durante l'assedio di Fiesole.. Il giaggiolo (“Iris germanica var. florentina”, detto giglio di Firenze o giaggiolo bianco) ebbe sempre vari significati allegorici, tra cui quello di simbolo di purezza che lo rendeva il fiore della Madonna, non si può perciò escludere che l'adozione del giglio quale simbolo della città sia da ricondurre a una manifestazione di culto mariano risalente forse al IX secolo. Comunque sia esso veniva già usato come propria insegna dai fiorentini alla prima crociata. I colori attuali risalgono al 1251 quando i Ghibellini, in esilio da Firenze, continuavano a ostentare il simbolo di Firenze come proprio. Fu allora che i Guelfi, che controllavano Firenze, si distinsero dai propri avversari invertendo i colori che poi sono rimasti fino ai giorni nostri.
    Il tradizionale simbolo fiorentino subì nel 1809 un tentativo di sostituzione del governo napoleonico che, con un decreto del 13 giugno 1811, provò a imporre un nuovo simbolo per Firenze: una pianta di giglio fiorito su un prato verde e uno sfondo argentato sormontato da un capo di rosso a tre api d'oro (il capo indicava l'appartenenza di Firenze alle classe delle grandi città dell'impero napoleonico le cosiddette bonne ville). Il dissenso fiorentino non fece dare seguito al decreto.

    Un altro simbolo è il cosiddetto Marzocco, cioè un leone che regge con la zampa lo stemma di Firenze. Il nome Marzocco deriva da Marte, il primissimo simbolo di Florentia, sostituito poi con il felino....nel periodo di Firenze repubblicana alcuni esemplari di leoni vivi venivano custoditi in un serraglio posto dietro il Palazzo Comunale, nella via che ancora oggi porta il nome di via dei Leoni.

    ...leggende alle spalle del Duomo...


    Alle spalle del Duomo ne sono successe tante. Le curiosità e gli aneddoti si sprecano. Sempre sospesi tra storia e leggenda. Come quella dell’origine del termine ‘bischero’, che - in fiorentino - sarebbe come dire ‘poco furbo’. I Bischeri erano fiorentini di quelli che contavano. Anche politicamente. Nel Medioevo la famiglia era ricca e conosciuta e possedeva numerose proprietà immobiliari proprio tra l’attuale Piazza del Duomo e via dell’Oriuolo. Quando cominciarono i lavori della nuova cattedrale, la Repubblica Fiorentina offrì anche a loro un indennizzo per la cessione di alcune proprietà da abbattere. Ma questi rifiutarono più e più volte. Portando avanti una negoziazione serrata per alzare la posta in gioco. Ma si sa, chi troppo vuole nulla stringe. E fu così che una notte un violento incendio distrusse tutto. Mandando in fumo l’affare dei ‘Bischeri’ che emigrarono in Emilia Romagna. A ricordarli è rimasta la targa del Canto de’Bischeri proprio all’inizio di via dell’Oriuolo. Qui non c’era nulla. Un tempo infatti si chiamava via Buia. Il sole non aveva modo di passare. Tettoie sporgenti, fabbriche altissime, strutture di copertura che lasciavano appena una piccola striscia di aria. Una ridotta fessura che faceva a malapena intravedere il cielo. Questa era via Buia. In verità il nome di questo primo tratto della strada è cambiato spesso. Si è chiamata Via Bertinella o Albetinella, dal nome della famiglia che vi abitava, gli Albertinelli o Bertinelli....Il Sasso di Dante invece si trova tra piazza delle Pallottole e via dello Studio. Secondo la leggenda era il sasso su cui il Sommo Poeta soleva riposarsi guardando l’avanzamento dei lavori della Cattedrale. Un giorno mentre era seduto ed assorto nei propri pensieri, passò di lì qualcuno e gli chiese: «Oh Dante, icchè ti piace di più da mangiare?». «L’ovo», rispose il Poeta. L’anno dopo, la stessa persona ripassò di li e lo ritrovò ancora seduto sul suo sasso, sempre assorto e pensieroso e gli chiese: «Co’ icchè?» e Dante: «Co i’ sale!»....Sempre dietro il Duomo, c’è la lastra circolare in marmo bianco incastonata all’interno del lastricato. Senza alcuna iscrizione. Un pochino anonima in verità. Questa lastra indica, con leggendaria precisione, il punto nel quale la palla di rame dorato, costruita da Andrea del Verrocchio, cadde a causa di un fulmine, rotolando lungo le tegole della cupola per schiantarsi al suolo il 17 gennaio del 1600. La palla fu successivamente riposizionata al proprio posto e fu colpita ancora da fulmini. Ma per fortuna mai più caduta.
    (Valérie Pizzera, Quotidiano Il Firenze)


    Vertigini rinascimentali. Si dice che in ogni orizzonte ci sia un limite prefissato da raggiungere. Da quassù credo di essere andato oltre. Un attimo fa ero al piano terra dove una simpatica locandiera mi teneva aggiornato su terre colorate e lamponi bruciacchiati. Adesso è il mio turno di fare la parte della pergamena. Qui. A Firenze. Appena qualche centimetro sotto di me, c’è la cupolona rinascimentale brunelleschiana. Per il resto, ridotti vortici di stelle si contendono tutta la poesia impaziente di sgorgare. Fino a qualche giorno fa il Duomo di Firenze non era che uno stuolo di immagini sontuosamente riprodotte su uno dei tanti libri di storia dell’arte. Questa mattina invece sono riuscito a salire su uno dei primi treni per raggiungere il capoluogo toscano, per uscire dal sogno e iniziare a conquistare la realtà. Al mio arrivo la stazione di Santa Maria Novella è ancora un po’ sonnolenta. Il sole invece sembra avere intenzioni ben più serie di una semplice sgranchita di raggi. Davanti a me c’è un mondo che devo ancora scoprire. Sono dentro un dipinto. Un affresco che si rinnova ogni giorno. Mi sono immaginato, e poi raffigurato. Adesso sto vivendo. Voglio entrare a Santa Maria del Fiore. Alzare lentamente gli occhi gradino dopo gradino. E salire. Salire in cima. E da lassù sentirmi in competizione con le aquile mostrando loro il miglior ghigno spiritato delle mie orme. Era il lontano 8 settembre 1296 quando venne posta la prima pietra del Duomo. Il progetto fu realizzato da Arnolfo di Cambio che in contemporanea diresse anche i lavori per la costruzione dell’imponente chiesa di Santa Croce (poco distante dal Duomo) e del Palazzo della Signoria, altro indiscusso simbolo fiorentino. Prima d’iniziare la scalata, circumnavigo per bene dall’esterno la pianta a croce latina. La presenza dell’edificio è maestosa. È la quarta chiesa più grande d’Europa dopo la Basilica di San Pietro in Vaticano, Saint Paul a Londra e il Duomo di Milano. La sua estensione (153 m di lunghezza e 90 di larghezza alla crociera) non incute timore. Incuriosisce. Affascina. Avvolge. A fianco della chiesa svetta la torre campanaria, meglio conosciuta come “il campanile di Giotto”, un’opera di altissimo rilievo, impreziosita dai marmi bianchi delle cave di Campiglia e Pietrasanta, il verde serpentino di Prato e i rossi di Monsummano. Grazie al prezioso supporto dell’OPA Centro Arte e Cultura, ente privato che gestisce l’edificio religioso, mi ritrovo in un baleno nel ventre di Santa Maria del Fiore. Fatta la conoscenza dei lavori di Andrea del Castagno e di Luca Della Robbia, come da un vortice gentile, vengo arpionato dalla maestosità del Giudizio Universale. Un sontuoso affresco di 3600 metri quadrati, realizzato da Giorgio Vasari e Federico Zuccari nell’interno cupola. Poi finalmente è il momento di uscire. E salire. Qualche scalinata, e inizio il tour delle terrazze. Così, mentre la vita fiorentina scorre a parecchi metri di altitudine sotto di me, inizia il mio corteggiamento visivo della cupola. Inizialmente il progetto venne affidato a Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti. Il 7 agosto 1420 ebbe inizio la sua costruzione, ma dopo un diverbio fra i due architetti, nel 1425 Ghiberti venne estromesso dai lavori che passarono interamente in mano al Brunelleschi. Superata qualche linea di smarrimento da altitudine, poso rapace i miei occhi sul Battistero fronte Duomo. Un’opera questa dedicata a San Giovanni Battista, patrono della città di Firenze. Pianta ottagonale, con file di marmo bianco e verde. Le tre porte portano la firma di Andrea Pisano (sud) e Lorenzo Ghiberti (nord ed est, meglio conosciuta quest’ultima come porta del Paradiso). Rientrato sotto coperta, gli spazi si fanno sempre più stretti per salire in cima. Si cammina in fila indiana. Se uno sale, un altro non può scendere. È così fino a vetta conquistata. Poi una volta ritornati a respirare il cielo, inizio a cercare ogni strada fiorentina conosciuta. I monumenti. I colli, come Fiesole, la terrazza di Firenze. Il tempo passa. Non sono ancora pronto per scendere da quassù. Guardo Firenze. Sempre più stupito e per niente annoiato. Cerco d’intavolare conversazioni con gli artisti del passato. Non v’è traccia di dichiarazioni solitarie. L’ingegnoso cuore antico batte ancora qui. Tra giornate impetuose e agende allergiche alle delimitazioni. Continua così. Con la voce di Firenze che risponde. Continua così, con una strana sensazione di non essere mai stato lontano da qui.
    (Luca Ferrari, ilreporter)
     
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  2. gheagabry
     
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    PALAZZO VECCHIO a FIRENZE



    Palazzo Vecchio fu costruito tra il 1298 ed il 1314. il Vasari afferma che il progetto si opera di Arnolfo di Cambio ma non ne siamo certi, anche se all’interno dell’edificio possiamo individuare diversi elementi riconducibili ad Arnolfo.

    Firenze aveva bisogno di costruire un vero e proprio edificio che svolgesse la funzione di municipio dove poter far lavorare e alloggiare i priori delle Arti, carica nata nel 1282 per risolvere i gravi problemi tra magnati e popolani. Il problema era che la costruzione proprio per svolgere la funzione di municipio doveva essere inserita in un asse urbano che le garantisse sicurezza e centralità. La sconfitta subita dai ghibellini nel 1266 a Benevento costituì la premessa perfetta per la costruzione di quella struttura conosciuta in tutto il mondo con il nome di Palazzo Vecchio e della sua splendida piazza, Piazza della Signoria. Perché? Il perché è molto semplice; dove sorge adesso Palazzo Vecchio e Piazza della Signoria, prima vi erano le abitazioni di alcune famiglie ghibelline che dopo la sconfitta, come accadeva spesso nella Toscana del tempo, venivano esiliate dalla parte avversa vincitrice ed i palazzi erano depredati delle loro ricchezze e venduti o distrutti e rasi al suolo. Le misure e la forma del palazzo sono in parte dovute a ragioni esterne e alquanto curiose. Esso sorse infatti accanto ad un’area dove un tempo c’erano le case degli Uberti, capi dei Ghibellini cacciati in esilio, e perciò considerata area maledetta dove non si doveva costruire il palazzo pubblico. Né ci si poteva estendere verso destra perché lì c’era l’antica chiesa di San Pietro in Scheraggio, poi successivamente distrutta.

    Per queste ragioni la pianta del palazzo non è perfettamente rettangolare. Inoltre venne incorporata nel palazzo una torre preesistente, la Torre della Vacca, che fungendo da basamento per la nuova torre, ne determinò la posizione insusuale, spostata sia rispetto al centro che rispetto ad uno degli angoli. Nonostante questo il palazzo Vecchio è totalmente equilibrato, poiché è stato progettato seguendo leggi armoniche e geometriche meno apparenti. La torre divide la linea del ballatoio (segno distintivo di Arnolfo di Cambio) in due segmenti collocati in sezione aurea. La grande fabbrica è organizzata su tre piani, conclusa in alto dal ballatoio coronato da merli che ospita due percorsi, uno all'esterno (dietro i merli) e uno sottostante interno, subito sopra gli archetti aggettanti (detti beccatelli). All'interno di alcuni di questi rimangono ancora i piombatoi, da cui i difensori della struttura facevano cadere olio bollente ed altri materiali sugli aggressori.

    ...la storia...


    Alla fine del XII secolo la città di Firenze decise di costruire un palazzo in modo da assicurare ai magistrati un'efficace protezione in quei tempi turbolenti, ed al contempo celebrarne l'importanza. Il palazzo è attribuito a Arnolfo di Cambio, l'architetto del Duomo e della chiesa di Santa Croce, che iniziò a costruirlo nel 1299. Il palazzo al tempo chiamato Palazzo dei Priori fu costruito sulle rovine del Palazzo dei Fanti e del Palazzo dell'Esecutore di Giustizia, a quel tempo posseduto dalla famiglia degli Uberti. Incorporò l'antica torre della famiglia Vacca utilzzandola come parte bassa della torre nella facciata. Questa è la ragione per cui la torre rettangolare (94 m) non è nel centro dell'edificio.
    Questa torre contiene due piccole celle in cui furono imprigionati in tempi diversi Cosimo il Vecchio (1435) e Girolamo Savonarola (1498). La torre è anche conosciuta come la Torre d'Arnolfo. Il grande orologio con una sola sfera fu originariamente costruito dal fiorentino Nicolò Bernardo, ma fu rimpiazzato nel 1667 da uno costruito da Vincenzio Viviani. Questo palazzo è attualmente il risultato di tre costruzioni successive portate a termine fra il XIII ed il XVI secolo. Dopo la morte di Arnolfo, il palazzo fu completato da altri nel 1314.
    Da allora fu la sede della Signoria, ovvero del consiglio cittadino con a capo i Priori (fra cui Dante nel 1300), e del capo della giustizia, il Gonfaloniere della giustizia. Il palazzo a forma cubica da l'impressione di solidità anche per mezzo della finitura esterna in pietra grezza a vista, è ornato da due file di bifore in stile gotico, ognuna delle quali ha un arco trifogliato. Michelozzo Michelozzi aggiunse bassorilievi. Il palazzo è coronato da merli protettivi sorretti da piccoli archi aggettanti.
    Sotto gli archi c'è una serie ripetuta di scudi della repubblica fiorentina. Il palazzo venne utilizzato come sede del governo da molti leader, inclusi il Duca di Atene, Walter VI di Brienne. Egli iniziò le prime modifiche nel periodo (1342-1343), dandole l'aspetto di una fortezza. Ma le modifiche più importanti avvennero nel periodo 1440-60 sotto Cosimo de' Medici, con l'introduzione di decorazioni in stile rinascimentale nella Sala dei Dugento ed il primo cortile di Michelozzo.
    La Sala dei Cinquecento fu costruita durante la repubblica di Savonarola. Fra il 1540 e il 1550 fu la casa di Cosimo I de' Medici, il quale incaricò il Vasari di allargare il palazzo per assecondare i gusti esigenti della corte granducale. Il palazzo raddoppiò il proprio volume per effetto delle aggiunte sulla parte posteriore. Il nome venne cambiato ufficialmente quando Cosimo si spostò a Palazzo Pitti e chiamò la precedente residenza Palazzo Vecchio mentre la piazza Piazza della Signoria mantenne il proprio nome. Vasari inoltre costruì un percorso, il Corridoio Vasariano, che collega ancor'oggi Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti attraversando l'Arno sul Ponte Vecchio.
    Cosimo I inoltre spostò la sede del governo negli adiacenti Uffizi. Il palazzo guadagnò nuova importanza quando fu sede del governo provvisorio nel periodo 1865-71, quando Firenze divenne capitale del Regno d'Italia. Anche se oggi la gran parte di Palazzo Vecchio è adesso un Museo, è ancor'oggi simbolo del governo locale. È sede del municipio di Firenze e sede del consiglio comunale.

    .....curiosità.....


    Palazzo Vecchio, da sempre centro di potere e dell’amministrazione della città, presenta, già dalla sua facciata, numerose testimonianze di importanti eventi legati alla storia politica di Firenze e della Toscana.
    La più recente in ordine cronologico è la targa di bronzo posta alla sinistra, in alto, dell’ingresso principale del palazzo. Questa riporta i risultati definitivi del plebiscito che il 15 marzo 1860 chiamò gli elettori toscani a scegliere l’annessione della Toscana all’appena costituitosi regno d’Italia oppure di rimanere un granducato indipendente. I toscani votanti furono oltre 380.000, solo 14.000 di questi votarono contro l’annessione; la Corte di cassazione, riunitasi nel Palazzo decretò l’annessione della Toscana alla nuova monarchia costituzionale.

    Spostando lo sguardo più alto, sotto gli archi del ballatoio merlato, possiamo osservare invece nove stemmi diversi, ripetuti più volte. Questi furono dipinti dopo la cacciata del Duca d'Atene (1343), per esaltare la Repubblica Fiorentina ed ognuno ha un preciso significato. Il primo da sinistra, la croce rossa su campo bianco, è l’insegna del Popolo Fiorentino, il successivo, il giglio rosso in campo bianco, rappresenta invece il simbolo guelfo ed attuale stemma di Firenze, questo sostituì il giglio ghibellino, giglio bianco su campo bianco, (il settimo da sinistra) quando i guelfi si affermarono a Firenze nella seconda metà del Duecento. La scelta del giglio quale simbolo cittadino deriva dall'iris, di colore bianco molto diffuso, fino a pochi decenni fa lungo le rive dell’Arno e le colline intorno alla città.
    La convivenza tra simboli guelfi e ghibellini si presenta anche in alcuni particolari architettonici dell’edificio. Infatti Palazzo Vecchio è l’unico edificio in città che presenta una merlatura guelfa, di forma quadrata sopra il ballatoio, e ghibellina, a coda di rondine sulla torre.
    Il terzo stemma, partito bianco-rosso, rappresenta invece il rapporto storico tra Fiesole (bianco) e Firenze (il rosso). La Fiesole etrusca, ricca e potente, fu infatti il primo insediamento della zona, a cui subentrò nella forza commerciale, grazie anche al porto fluviale la Firenze romana.
    Il quarto stemma, le chiavi d’oro in campo rosso, indica l’insegne papali a testimoniare il riconoscimento e la fedeltà della Repubblica verso il Papa. La scritta Libertas d’oro in campo azzurro invece è il simbolo dei Priori, coloro che erano posti alla guida delle Arti e delle Corporazioni, e la scritta simboleggia la loro l’indipendenza dal potere politico.
    L’ aquila rossa con tra gli artigli un drago verde in campo bianco è lo stemma del partito di parte guelfa (il bianco e il rosso infatti sono i colori dei guelfi, mentre il partito dei ghibellini si rappresentava con il bianco e il nero).
    Gli ultimi due stemmi, gigli d’oro in campo azzurro e partito a fasce nero-oro e gigli d’oro in campo azzurro, ricordano il legame della città con la casa regnante francese ed in particolare con San Luigi, il primo, e con Roberto d’Angiò, il secondo.


    .....il ritratto nascosto.....


    La leggenda racconta che il “ritratto nascosto” fu scolpito da Michelangelo Buonarroti, il quale, tutte le volte che si trovava a passare da Via della Ninna, via che passa tra Palazzo Vecchio e gli Uffizi, veniva regolarmente fermato dallo stessa persona che lo annoiava tutte le volte raccontando sempre la solita storia sui i suoi fallimenti finanziari e del credito dovuto allo stesso Buonarroti e mai pagato. E fu proprio in una di quelle occasioni che Michelangelo, afflitto dalla noia e con gli arnesi del mestiere in mano, mentre lo scocciatore parlava, girato di spalle scolpì il suo profilo, immortalandolo per sempre nelle pietre di Palazzo Vecchio.

    « Lo stanzino ha da servire per una guardaroba di cose rare et pretiose, et per valuta et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate, cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose, non di troppa grandezza, riposte nei propri armadi, ciascuna nel suo genere. »


    ....gli studioli......


    Lo Studiolo di Francesco I è uno degli ambienti più famosi di Palazzo Vecchio a Firenze. Lo Studiolo è una delle creazioni più alte ed originali del manierismo fiorentino, frutto della collaborazione tra l'intellettuale Vincenzo Borghini e un team di artisti capeggiati da Giorgio Vasari. Si tratta di un piccolo ambiente, oggi comunicante con il Salone dei Cinquecento, dove il granduca Francesco I de' Medici amava ritirarsi in solitudine coltivando i propri interessi scientifici e magico-alchemici. Lo studiolo in particolare doveva essere una sorta di wunderkammer, luogo dove catalogare i più vari materiali collezionati da Francesco, mentre gli esperimenti veri e propri si svolgevano nel laboratorio del Casino di San Marco (lo studiolo infatti non ha nemmeno una finestra).



    Nell'agosto del 1570 Vincenzo Borghini, intellettuale della corte medicea, dettava al Vasari il programma di decorazione di una stanza di Palazzo Vecchio, adiacente anche alla camera da letto di Francesco I e comunicante con lo Studiolo di Cosimo I, padre di Francesco, anche questo un piccolo ambiente segreto...Fu però smantellato nel 1590, non molto tempo la scomparsa del granduca (1587), che presto l'aveva abbandonato in favore di Pratolino: le pitture che lo decoravano vennero disperse tra le varie raccolte di opere d'arte della città: gli Uffizi, Palazzo Pitti, ecc. Nel 1920 si decise di ripristinare questo ambiente, ricreando il pavimento e i pannelli lignei sui quali sono poggiate le pitture (in realtà ciascun pannello copre un armadio o una porta). Le pitture sono state ricollocate basandosi sui temi degli affreschi sulla volta, dove sono rappresentati i quattro elementi. All'epoca del riallestimento mancarono due pannelli, non si sa se dispersi o mai realizzati. L'unica parte originale è quindi la zona del soffitto, ma l'insieme comunque ancora oggi di grande suggestione.

    Lo Studiolo di Cosimo I, o Tesoretto o Scrittoio del Duca, è un piccolo ambiente "segreto".
    Costruito verso il 1545 nel piano ammezzato del palazzo, a poca distanza dalla camera da letto di Cosimo (che si era trasferito a Palazzo Vecchio nel 1540), era costituito da una stanzetta quadrangolare coperta sulle pareti da armadi con coperchi lignei e con la volta dipinta ad affresco. L'ambiente, che ha una finestrella su via della Ninna, veniva usato come scrigno privato (dove quindi non entrava nemmeno la servitù) del Duca: doveva conservare non solo oggetti preziosi (per i quali esisteva anche una seconda stanzetta detta del tesoretto), ma documenti personali, oggetti rari e curiosità, piante medicinali e altri oggetti di interesse scientifico. Ci è stato tramandato infatti come il futuro Granduca amasse talvolta creare in prima persona rimedi medicinali con complessi procedimenti; queste creazioni venivano talvolta inviate anche come dono ad altri sovrani europei. Questo fu il primo studiolo a venire costruito a Palazzo Vecchio, prima del più grande e celebre Studiolo di Francesco I, figlio di Cosimo.
    Dello studiolo di Cosimo, raggiungibile da due scalette che partono dallo studiolo di Francesco, se ne persero le tracce durante il XVIII secolo, quando i Lorena dismisero l'uso del Palazzo. Fu riscoperto solo nel 1908, durante i lavori di restauro e ripristino generale
     
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  3. gheagabry
     
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    ..ERA IL 4 NOVEMBRE 1966..

    ....la piena dell'Arno...




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  4. tomiva57
     
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    grazie gabry è giusto ricordare.....io l'ho vista l'anno dopo e i segni erano ancora visibili..
     
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  5. gheagabry
     
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    ......I ponti di FIRENZE......





    Già intorno alla metà del I secolo a.C., pochi anni dopo la fondazione della città, fu costruito il primo ponte della storia di Firenze, ma solo nel XII secolo la prima cerchia urbana comunale (1125-1175) comprendeva per la prima volta anche una parte dell'Oltrarno. Da questo momento l'Arno diventa un'infrastruttura interna alla città e elemento fondamentale della fortuna di Firenze fra il XIII e il XV secolo....La città è divisa in due dal fiume, ma i suoi affascinanti ponti riescono a conferirle un armonico senso di continuità. L’Arno arriva da sud attraversando la città e passando sotto Ponte San Niccolò....e, infine, saluta Firenze con il Ponte all'Indiano.


    Del 1317 è l’idea del Ponte a San Niccolò che avrebbe dovuto chiamarsi Ponte Reale in onore del re Roberto d’Angiò, capo del partito guelfo...Si pose la prima pietra ma lì ci si fermò. Il ponte sorse solo nel 1835 per volontà di Leopoldo II...In origine era un ponte sospeso, tenuto su da corde metalliche tese tra sponda e sponda dell’Arno...Travolto dall’alluvione del 1844, venne ricostruito nel 1853 e ancora modificato nel 1890 mantenendo sempre una struttura metallica....Caduto il Granducato lorense, decadde il nome a favore dell’attuale in onore del quartiere adiacente e anche il balzello economico per il transito. Ricostruito nel 1890 per permettere il passaggio del tram, fu poi chiuso nel 1939. Un ponte provvisorio, costruito nel 1944 dagli Alleati, fu infine smontato per la costruzione del ponte attuale, edificato nel 1949 su progetto di R.Moranti....Come tutti gli altri ponti fiorentini, ad eccezione del Ponte Vecchio, fu minato e distrutto nel corso della seconda guerra mondiale e ricostruito negli anni seguenti con l’attuale struttura in cemento armato, ad una sola arcata, a differenza di tutte le precedenti strutture che erano state sviluppate a tre arcate, con eccezione della prima che era sospesa.


    Ponte delle Grazie...Terzo ponte per data di costruzione, nacque nel 1237 quando il podestà dell’epoca, Rubaconte da Mandello, pose la prima pietra insieme a Lapo, padre di Arnolfo di Cambio. Per questo a lungo il suo nome di ponte Rubaconte..Costruito subito interamente in pietra, con nove arcate, nel punto più ampio del fiume, era il ponte più lungo di Firenze. Anche sul Ponte alle Grazie (o Rubaconte) erano state erette un certo numero di costruzioni, casette in legno, perlopiù tabernacoli, poi trasformati in cappelle (1471), romitori e botteghe, simili a quelle esistenti sul Ponte Vecchio, ma più graziose. Fra questi c’erano le celle delle <<murate>>, dove viveva sin dal 1320 una piccola comunità di monache di clausura trasferite poi nel Quattrocento nel monastero omonimo in via Ghibellina...Fra queste cappelle vi era una con una Madonna di patronato degli Alberti presente sul primo pilone dell’antica struttura, detta Santa Maria alle Grazie (attribuita al Maestro della Santa Cecilia, fine XIII - inizi XIV secolo), per via delle sue proprietà miracolose che tradizionalmente riuscivano a fare la grazia, cioè ad esaudire i desideri di chi vi si rivolgeva. Da questo tabernacolo il ponte prese il nome attuale...Sulla testa di questo ponte nel 1273 le fazioni fiorentine dei Guelfi e dei Ghibellini siglarono una pace solenne alla presenza del pontefice Gregorio X.
    Solo dopo quattro giorni la pace saltava e le ostilità riprendevano più accanite di prima.
    Il ponte resistette a tutte le alluvioni, anche a quella disastrosa del 1333.





    .......ponte vecchio.......



    Primo e unico ponte costruito durante l’età romana intorno alla metà del I secolo a.C., il Ponte Vecchio è uno dei simboli di Firenze, l’unico risparmiato dai tedeschi durante la ritirata fatta di bombardamenti per tutti i ponti nel 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale, e attrazione per turisti provenienti da tutto il mondo.
    Con grande storia alle spalle, il primo ponte venne costruito sul luogo dove si trovava l’antico traghetto usato per attraversare l’Arno....In legno e su pile di pietra, si trovava un po’ più a monte di dove si colloca ora,
    in asse con l’allineamento via Roma- via Calimala.
    Nel II secolo con l’apertura della via Cassia il ponte fu ricostruito un po’ più a valle, dove è ora, sulla linea via Romana- via Por S. Maria: fino al 1218 tale ponte era l’unico collegamento tra le due rive dell’Arno.
    Più volte rovinato dalle alluvioni tra le quali quella del 1117, dopo la quale venne ricostruito, nel 1170, in pietra e a cinque arcate, lungo e largo e dove vi furono installate botteghe di legno ai due lati a sbalzo sul fiume.
    Costruito così, il ponte aveva il difetto di essere un grosso ingombro alle correnti in piena, e non riuscì a resistere
    a una delle più terribili e tragiche piene come quella del 4 Novembre del 1333, che si portò totalmente via il ponte.
    Dopo la costruzione dei lungarni, il ponte venne ricostruito nel 1345 ad opera di Taddeo Gaddi e Neri Fioravanti, con struttura di tre arcate ribassate, e di larghezza da permettere di costruire al disopra di esso due portici ad arcate.
    La ricostruzione, avvenuta tra il 1333 ed il 1345, fu possibile grazie al guadagno reso dall’affitto dei negozi, in origine quarantatrè costruiti in legno, e questa volta rifatti in muratura e disposti simmetricamente ai lati del ponte e interrotti al centro da una piazzetta. Le botteghe furono destinate ad arti come quello della Lana, a macellai e verdurai. O più precisamente, da un censimento che Cosimo I fece eseguire verso la metà del Cinquecento, risultava che in quel tempo sul Ponte Vecchio avevano la propria bottega 3 beccai, 3 pizzicagnogli, 5 calzolai, 2 legnaioli,
    2 biadaioli, 1 bicchieraio, 1 merciaio, 1 rivendugliolo e una decina di venditori di generi diversi.
    Questo fino a quando il granduca Ferdinando I ordinava che le botteghe del Ponte Vecchio venissero sgomberate dagli attuali occupanti e divenissero sede obbligatoria di orafi, argentieri, bancherotti, (ossia i gioiellieri), della città, poiché il ponte era diventato “luogo assai frequentato da gentiluomini e forestieri”.
    Da una relazione risulta che gli orefici erano 41 e i bancherotti 8.
    Il ponte, molto diverso da come oggi appare, manteneva le forme e le caratteristiche della città medievale; perfettamente armonioso, era costruito in conci di pietra forte. Le botteghe, tutte delle stesse dimensioni, non dovevano avere alcuna finestra dalla parte esterna, quelle che guarda il fiume, e si interrompevano a metà con una piazzetta con libera visuale sull’Arno.
    Iniziò ad avere l’aspetto prossimo a quello attuale verso il 1700,
    quando i negozi cominciarono ad abbellirsi con aggiunte di vetrine, specchi, decorazioni.



    L’aspetto del ponte cambiò notevolmente con la costruzione del CORRIDOIO VASARIANO, ordinata nel 1565.
    Costruito da Giorgio Vasari per ordine di Cosimo I, tale corridoio aveva lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti, e per dare opportunità ai granduchi di muoversi liberamente e senza pericoli, visto l’appoggio ancora non certo della popolazione
    verso il nuovo Duca e il nuovo sistema di governo che aveva abolito l’antica Repubblica fiorentina.
    Per questo anche il cambiamento voluto da Ferdinando I delle botteghe: per evitare
    che odori di cibarie varie come pesce o carni potessero raggiungere il corridoio.
    Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il Lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli e prosegue sulla riva sinistra (“Oltrarno”) fino a Palazzo Pitti...Al centro del Ponte Vecchio si aprono una serie di grandi finestre panoramiche sull’Arno in direzione del Ponte Santa Trinita. Queste finestre, molto diverse dai piccoli oblò rinascimentali, furono realizzate nel 1939 su desiderio di Benito Mussolini...In quell’anno Hadolf Hitler venne in visita ufficiale per stringere l’Asse fra Italia e Germania, passando anche da Firenze.
    Si dice che la visita fu molto gradita al Fuhrer ed ai gerarchi nazzisti che poterono goderne,
    e forse fu la possibile ragione che salvò il ponte dalla distruzione.
    Il Corridoio Vasariano rimase l’unico modo di spostarsi fra nord e sud della città, per molti partigiani prima e per tutti in seguito, durante i giorni della liberazione, com’è testimoniato anche dall’episodio dedicato a Firenze del film Paisà di Roberto Rossellini, dove la protagonista passa in incognito da una spoglia Galleria degli Uffizi piena di statue antiche impacchettate.
    Attualmente il Corridoio Vasariano fa parte della Galleria degli Uffizi e
    mantiene esposta la vasta collezione di autoritratti e una parte di ritratti del seicento e del settecento.





    Il ponte S.S.Trinità sorge tra Ponte Vecchio e Ponte alla Carraia; prende il nome dalla vicina chiesa della Santa Trinità ed è uno dei ponti più belli di tutta Italia e fra i più eleganti d’Europa...Costruito nel 1252, con il patrocinio della famiglia Frescobaldi, unisce Piazza Santa Trinita a Piazza de’ Frescobaldi, con due importanti palazzi a testa del ponte: il Palazzo Spini Feroni a nord e il Palazzo della Missione a sud.
    Il palazzo dei Frescobaldi conserva ancora la struttura medievale, e la vicina piazza intitolata sempre a questa famiglia perché furono loro che nel 1252 fecero edificare il primo attraversamento dell’Arno che poi divenne, in seguito alle ricostruzioni, Ponte Santa Trinita. Era un ponte di legno che univa Via Tornabuoni con l’altra riva dell’Arno.
    Crolla nel 1259 sotto il peso della folla che assisteva ad uno spettacolo sull’Arno, e a rimetterlo in piedi saranno i monaci architetti Giovanni e Ristoro...Venne riedificato in pietra, ma cedette sotto la spinta della grande piena del 1333..Una nuova alluvione, nel 1557, spazzò via il ponte, che però permise la costruzione della struttura odierna. Cosimo I de’ Medici incaricò Bartolomeo Ammannati di realizzare un nuovo ponte, più resistente e più bello.


    Ponte alla Carraia....Fu il secondo ponte costruito nel 1218 dall’architetto Lapo; per distinguere i due ponti venne messo il nome di “Vecchio” a quello precedente e “Nuovo” a questo...Inizialmente in legno per facilitare il trasporto delle merci dirette al porto di Pisa, il ponte fu distrutto da una piena nel 1274 e venne riedificato con piloni in pietra e carreggiata in legno dagli architetti religiosi fra’ Sisto e fra’ Ristoro...Il nome Carraia gli derivava dal continuo transito di carri carichi di merci.





    ....oltre ai ponti... misteri e leggende....



    Firenze è una città che, oltre ad esserre ricca di arte e cultura, accoglie una imponente quantità di misteri, curiosità e luoghi dove l'alchimia e l'ermetismo si palesano ad ogni angolo di strada. Un classico esempio è lo studiolo alchemico di Francesco I de’ Medici (1541-1587), sito al primo piano presso il lato sud di Palazzo Vecchio, e tutt'oggi visitabile. Firenze, inoltre, è il capoluogo degli artisti. Di qui passarono Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello e tanti altri. Il palazzo si trova in Piazza della Signoria, un luogo ricco di cultura e di statue così belle da lasciarci senza fiato. Lo studiolo alchemico del granduca è decorato da pitture e statue allegoriche, rappresentanti alcuni concetti filosofali tipicamente alchemici. Infatti, Francesco I era un appassionato di esoterismo. Fu lui a inaugurare a Firenze la lavorazione della porcellana a imitazione di quella cinese. Scoprì inoltre come fondere il cristallo di rocca, con lo scopo di ricavarne degli stupendi vasi. Tuttavia, lo studiolo di Palazzo Vecchio era un ambiente di riflessione. Il vero e proprio laboratorio si trovava altrove, presso la Chiesa di San Marco...Un altro luogo dove l’ermetismo è di casa è il Giardino di Boboli, ricco di statue, grotte, messaggi arcani e scenografie uniche al mondo. Di notevole importanza simbolica è l’obelisco egizio del XVI secolo a.C., l’unico obelisco presente in Toscana: un simbolo solare e fallico, legato al simbolismo maschile e massonico.
    Per la duchessa Giovanna d’Austria, prima moglie di Francesco I de’ Medici, venne realizzato anche il Giardino di Madama, nelle quali ritroviamo un forte simbolismo ermetico, specialmente nella grotta delle capre. Ma di particolare interesse è la Grotta del Buontalenti, realizzata tra il 1583 e il 1593 per volere del granduca Francesco I. Nella Grotta del Buontalenti, dopo aver superato una facciata, che richiama la composizione di una caverna naturale, si entra in un ambiente molto particolare (un ambiente simile lo ritroviamo anche a Palazzo Te, a Mantova). Delle statue (in origine, opere di Michelangelo) sembra quasi che stiano cercando di uscire dalle pareti che le tengono prigioniere, tra stalattiti, spugne e conchiglie, e al centro della sala, su un piedistallo simile a un calice, troviamo una pietra.... Pietra filosofale?....In Via Santa Margherita troviamo la casa di Dante Alighieri, poeta e padre della letteratura italiana.Potrebbe trovarsi qui, nascosto da qualche parte, il manoscritto perduto del suo più grande capolavoro, la Divina Commedia. Infatti, non possediamo alcun manoscritto firmato dalla mano dell’autore, probabilmente sono andati tutti perduti.....Santa Croce: sono qui conservate le tombe di molti personaggi illustri, tra cui quella di Girolamo Segato, Ugo Foscolo, Leon Battista Alberti, Vittorio Alfieri, Galileo Galilei, Michelangelo Buonarroti, Niccolò Machiavelli e altre ancora. Da notare la tomba del massone Giovanni Battista Niccolini, coronata dalla Statua della Liberta della Poesia, che venne presa come modello per la successiva Statua della Libertà statunitense..... Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria: nel Salone dei Cinquecento troviamo vari dipinti di Giorgio Vasari. Sotto a uno di questi, probabilmente sopra alla porta sita a sud-est,
    potrebbe trovarsi un’opera perduta di Leonardo da Vinci, la sua Battaglia di Anghiari.


    Il «mistero dei tetti» di Firenze è tutto qui:
    essi sono, con la Cupola, quasi un «sacramento» che si fa specchio e
    diffusore della bellezza, della purità e della pace celeste!
    (Giorgio La Pira)





    ..... una canzone .....



    Firenze lo sai, non e' servita a cambiarla .. la cosa che ho amato di piu' e' stata l'aria.
    Lei ha disegnato ha riempito cartelle di sogni, ma gli occhi di marmo
    del colosso toscano .. guardano troppo lontano.
    Caro il mio Barbarossa, studente in filosofia, col tuo italiano insicuro certe cose
    le sapevi dire ..oh lo so, lo so, lo so .. lo so bene lo so
    una donna da amare in due .. in comune tra te e me
    ma di tempo ce n'e' in questa citta'
    fottuti di malinconia e di lei.
    Per questo canto una canzone .. triste triste triste .. triste triste triste .. triste come me
    e non c'e' piu' nessuno che mi parli ancora un po' di lei .. ancora un po' di lei ..
    Ricordi i suoi occhi, strano tipo di donna che era
    quando getto' i suoi disegni con rabbia giu' da Ponte Vecchio
    "Io sono nata da una conchiglia"..diceva.."la mia casa e' il mare e
    con un fiume no .. non lo posso cambiare."
    Caro il mio Barbarossa, compagno di un'avventura
    certo che se lei se n'e' andata no .. non e' colpa mia
    lo so, lo so, lo so .. la tua vita non cambiera' ritornerai in Irlanda
    con la tua laurea in filosofia
    ma io che faro' in questa citta'?
    fottuto di malinconia e di lei.
    Per questo canto una canzone .. triste triste triste ..triste triste triste ..triste come me
    e non c'e' piu' nessuno che mi parli ancora un po' di lei
    - Ivan Graziani -



     
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    Foto: Cge, Claudio Giovannini, Gianni e Marco Pasquini
     
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