LA STORIA DEL CAFFE'... A NAPOLI

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    La storia del caffè ....a Napoli





    I Napoletani, sicuramente hanno il primato per il largo consumo che fanno di caffè e per i diversi modi in cui lo preparano.
    La " tazzulella 'e cafè " fa parte delle irrinunciabili abitudini del napoletano: è la pausa di lavoro, il complemento del pranzo, il risveglio del mattino... la prima cosa che si offre ad un ospite e per quante sono le persone che lo amano, tanti sono i modi di prepararlo (oltre a quello tradizianale) e di gustarlo. E questo caffé rappresenta ormai in Italia ed all’estero il must della cultura e della tradizione partenopea.




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    ...La caffettiera napoletana ('a cuccumell')...



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    Moderna caffettiera napoletana



    La napoletana (cuccumella in napoletano) è un tipo di caffettiera che prende il nome dalla città di origine, ossia Napoli. Inventata dal francese Morize nel 1819 , si è poi diffusa in tutta Italia, utilizzata per la preparazione casalinga del caffè. A partire da circa la metà del XX secolo è stata via via sostituita dalla più moderna caffettiera moka, di più veloce e facile utilizzo.
    È comunque ancora prodotta nel suo aspetto tradizionale ed anche in più moderne tipologie di design. Il materiale con cui è prodotta nella versione tradizionale è l'alluminio.
    L'originario termine napoletano deriva dal latino come diminutivo di cūcuma e cūccuma che indicano appunto una macchina per preparare il caffè. Secondo altri, invece, deriva da cucumis (cocomero in latino) per la sua forma allargata.





    Il metodo tradizionale per fare un vero caffé napoletano richiede la macchinetta napoletana, appunto. La prima fu costruita nel lontano 1691 da Du Belloy. Alcune istruzioni basilari: una volta aperta e riempito il filtro, la povere di caffé va appiattita con un cucchiaino e vanno praticati alcuni piccoli solchi nella miscela. Anche l’acqua ha una grande importanza per la preparazione del caffé e quella di Napoli del Serino si diceva fosse la migliore per tale operazione. Una volta che la caffettiera va sul fuoco, si può passare alla preparazione del cosiddetto coppetiello, un foglietto di carta di giornale bagnato e plasmato a forma di cono, da inserire sul beccuccio. La sua funzione è quella di imprigionare l’aroma e il profumo del caffé all’interno della macchinetta.
    Per usare al meglio la caffettiera napoletana, comunque, si è soliti mettere, per ogni tazzina, almeno 5-6 grammi di caffé a macinatura media nel filtro al centro della macchinetta.



    'A cuccumella di una volta...



    Tale rito casalingo veniva esaltato dal grande Eduardo in una scena di "Questi fantasmi", quando spiega ad un dirimpettaio l’uso di questa tecnica e sottolineava: “A noialtri napoletani, toglierci questo poco di sfogo fuori al balcone… Io, per esempio,; a tutto rinuncerei tranne a questa tazzina di caffé, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno che uno si è fatta dopo mangiato. E me la devo fare io stesso, con mani. Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare pure sei, e se le tazze sono piccole pure otto per gli amici… il caffé costa così caro..”.



    ..Eduardo...



    ...Totò e Peppino e 'a tazzulella 'e cafè...



    A Napoli, fino a tutto il 700, il caffé non ebbe gran successo. Notizie su questa bevanda circolavano nella città partenopea dai primi del 600, grazie al viaggiatore romano Retro Della Valle che ne parlò nella sua corrispondenza da Costantinopoli, o negli scritti della Scuola Medica Salernitana risalenti al XIV secolo. La vera e propria diffusione del caffé a Napoli avvenne solo nei primi anni dell’800, quando comparve la figura del Caffettiere ambulante. Questo, con i suoi due tremmoni (contenitori) pieni di caffè e di latte, girava per le strade alle prime luci dell’alba, insieme a un cesto con tazze e zucchero.

    E’ sempre in quel periodo che in città iniziarono a comparire numerosi caffè. Tra i più celebri, il Diodati, il Fortuna, il S. Apostoli, il Caffè dei Tribunali (meta preferita degli avvocati), il Bar Starace (meta di Antonio Petito), il Caffè Vacca in Villa comunale, il Caffè d’Italia in via Toledo. Ma il caffè per antonomasia fu il Gambrinus ubicato all’angolo di via Chiaia. Affrescato per la maggior parte da Caprile, accolse famosi personaggi politici come Crispi, Nicotera, Bonchi, Labriola, Miraglia e l’élite napoletana dei Filangieri, Zerbo, Salazar, Schilizzi, Sirignano, Colonna, Caracciolo, Pignatelli e del Balzo, nonché artisti e poeti da Di Giacomo a Serao, Dalbono, Gemito, Murolo, Bovio, Michetti, Russo, Bracco, D’Annunzio. Nei locali del Gambrinus nacquero celebri canzoni tra le quali “A Vucchella” di Gabriele D’Annunzio e Paolo Tosti. Altri “Caffè” importanti furono il Torgiani, il Donzelli, l’Uccello in via Duomo; l’Aceniello a Porta San Gennaro; il Turco in Piazza del Plebiscito.



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    Caffè Gambrinus



    Il caffè unito a panna e cioccolata, chiamato barbajata, fece la fortuna di Domenico Barbaja, impresario del Teatro San Carlo e scopritore di talenti come Rossini, Donizetti, Bellini e moltissimi cantanti lirici. Nato a Milano da poverissima famiglia, iniziò molto presto a lavorare come garzone di caffè, ma i lauti guadagni accumulati con la sua ghiotta invenzione e un eccezionale intuito artistico gli consentirono di diventare impresario del San Carlo. Egli ricoprì l'incarico per oltre trent'anni, dal 1809 al 1840, infallibile scopritore di talenti protesse e lanciò grandi musicisti come Rossini, Donizetti, Bellini e moltissimi cantanti lirici, divenendo un personaggio leggendario ma discusso della Napoli ottocentesca, per alcuni abile, geniale, munifico, dal patrimonio considerevole, per altri irascibile, vanitoso, di pochi scrupoli e di dubbia moralità.

    Il famoso medico napoletano Giovan Battista Amati, intanto, affermava di aver ottenuto utili risultati a curare le malattie degli occhi con i vapori del caffè, mentre per Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino, il caffé era elemento indispensabile per chiudere tutti i pranzi importanti. Infine, nel 1845, il medico Gaetano Picardi, anch’egli appassionato consumatore, decise di scriverne una approfondita storia: Del Caffè. Racconto storico-medico. Se per Charles Maurice de Talleyrand, nominato da Napoleone principe di Benevento un buon caffé doveva avere quattro qualità: (nero come il diavolo, caldo come l’inferno, puro come un angelo e dolce come l’amore), a Napoli oggi più che mai vale la regola delle tre C per un caffé perfetto: caldo, carico e comodo.



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    Una curiosità: è sempre più obsoleto il galateo del caffé. Tra le regole di bon ton, quella di non servire agli ospiti il caffé a tavola, ma su un tavolino in soggiorno accompagnato da un dolce o da piccola pasticceria. Richiesto, inoltre, un bel servizio di porcellana con annessi piattino e sottopiattino su un vassoio elegante. Per chi si trova a bere il caffé, invece, il gesto di mescolare lo zucchero muovendo leggermente il cucchiaino dall’alto in basso e viceversa, e di berlo portando la tazza alle labbra con la mano destra mentre, con la sinistra, si tiene il piattino.







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    Fonte.wikipedia,dal web,bella.napoli.it

    Edited by giuliascardone - 20/1/2012, 12:53
     
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    ...Il caffè a Napoli...



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    ...<<prendiamoci un caffè>>. E’ forse l’esortazione collettiva più frequente a Napoli, motivo d’aggregazione e distensione quotidiana, al lavoro come nel tempo libero. La bevanda nera è senza dubbio il pretesto per una chiacchierata in leggerezza, e viceversa le chiacchierata pretesto per un piacevole caffè.
    A Napoli il caffè è un rito che è pure business. Una tradizione talmente salda da aver consacrato in Italia e nel mondo “l’espresso napoletano”; una tradizione che affonda le sue radici nel 1700 quando nell’antica capitale duosiciliana se ne beveva almeno una tazzina al giorno.

    Il caffè arrivò in Europa dalla Turchia e penetrò a Napoli passando per Vienna, città d’origine di Maria Carolina D’Asburgo-Lorena. maria-carolina-regina-napol2Dopo aver sposato Re Ferdinando di Borbone, lo radicò nella cultura della città non volendo rinunciarvi nelle sua nuova vita partenopea. Da quest’incrocio, Napoli divenne terminale del percorso e capitale italiana del caffè con la sua reinterpretazione di tostatura più apprezzata. Maria Carolina fu sorella di Maria Antonietta di Francia, della quale si racconta che prima di avviarsi al patibolo volle bere una tazza di caffè. Furono le due sorelle sovrane austriache a sdoganare in Europa il caffè di turca provenienza abbinandolo al cornetto, creando il classico binomio mattiniero di bar e caffetterie.
    Tutto ebbe inizio con l’assedio ottomano di Vienna del 1683, quando i turchi in fuga per l’arrivo in difesa della città del Re polacco Sobieski, lasciarono negli accampamenti dei sacchi di caffè crudo. Un polacco residente nella città austriaca fu il primo ad utilizzarlo, aprendo con quel carico il primo caffè viennese.
    Durante quell’assedio, furono i fornai viennesi a sentire i rumori notturni dei turchi che cercavano di penetrare nella città dal sottosuolo. Per ringraziarli di aver dato l’allarme, il Re polacco Sobieski chiese di creare un dolce che testimoniasse per loro la vittoria della cristianità. La creazione fu una brioche a forma di quella mezzaluna tratta dalla bandiera turca a cui fu dato il nome “croissant“, ovvero crescente, dalla fase lunare che offre lo spicchio di luna visibile. Caffè e cornetto presero così la via di due grandi città del 700, Parigi e Napoli, di cui le sorelle austriache erano sovrane.

    Di qui un passo fondamentale nella storia del caffè a Napoli: l’invenzione nel 1800 della “caffettiera napoletana” che alternava il metodo di preparazione per decozione alla turca al metodo di infusione alla veneziana, con un sistema a doppio filtro. Si passò poi all’adozione in larga scala della “macchina per espresso” nel 1900 che era molto difficile da maneggiare, ma di cui i napoletani divennero subito abili maestri.

    Ma perché chiunque metta piede a Napoli resta attratto dalla “tazzulella”? Il segreto della miscela napoletana è racchiuso nella particolare tostatura, che le conferisce una più scura colorazione rispetto alle altre regioni italiane.

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    Si dice del caffè nostrano che é cotto “al punto giusto”. Ciò significa che è prestata una grande attenzione durante il processo di torrefazione che, se fosse solo di poco più lunga, causerebbe la bruciatura della miscela stessa. Tale tostatura particolare, dopo qualche giorno di riposo, esalta gli oli essenziali e contribuisce ad una migliore estrazione degli aromi; tutto questo finisce col conferire il caratteristico gusto al caffè napoletano.


    In un suo racconto il grande Peppino De Filippo descrive l'utilizzo dell'"abbrustulaturo" e l'atmosfera che intorno a questo si crea. De Filippo narra che le famiglie meno abbienti abbrustolivano per conto loro il caffè, poiché comprarlo crudo costava meno. In tante strade e nei vicoli di Napoli, durante il processo di tostatura, si sprigionava dai balconi un aroma delizioso, penetrante, irresistibile di caffè. L'"abbrustulaturo" era un cilindro lungo dai 30 ai 60 centimetri, appoggiato, per mezzo di un perno posto ad una delle due estremità, ad una scatola in metallo, alla base della quale vi era una griglia per accendere la brace. All'interno del cilindro andavano inseriti i chicchi crudi di caffè e, continuando a girare la manovella posta all'altra estremità del cilindro, li si facevano rovesciare sempre su se stessi finché non diventavano color "manto di monaco".



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    L'abbrustulaturo ... ...e il macinino per il caffè



    Come non ricordare, infine, l’ispirazione che la “tazzulella” ha offerto ai cantori di Napoli nelle tante canzoni partenopee che hanno per protagonista il caffè. Così come la celebre scena del caffè rappresentata da Eduardo in “Questi fantasmi“, a testimonianza di un legame indissolubile tra la città e il suo “oro nero”.








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    Fonte:da Angelo Forgione e angeloxg1.wordpress.com/2011/02/28,caffe-napoli-caffettiera-napoletana.grancaffelacaffettiera.com e dal web
     
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    ...Il caffè a Napoli e...dintorni...


    ...Curiosità...










    Vino d'Arabia



    Chi fece conoscere il caffè in Occidente furono i Turchi Ottomani, che lo bevevano di continuo per tutto il giorno al punto da sostituirlo al vino, perché considerato una bevanda conviviale. Il caffè fu definito, infatti, anche "Vino d'Arabia" o "Vino dell'Islam".


    Caffè viennese



    Nel 1683 fu aperto il primo caffè viennese. La leggenda dice che in quell'anno quando i turchi furono costretti ad abbandonare l'assedio di Vienna, nella fuga lasciarono indietro parecchi sacchi di caffè. Da questi nacque l'amore degli austriaci per questo prodotto. Non a caso la preparazione viennese del caffè è molto simile a quella turca, si differenzia solo perché viene filtrato.


    Illuminismo


    Nel movimento illuminista, il caffè trovò ampia considerazione. Tutti i grandi illuministi furono grandi bevitori di caffè, per essere svegli e preparati al dibattito. Voltaire fu il più accanito: pare che ne bevesse una trentina di tazze al giorno.


    Il primo periodico italiano


    Al caffè fu intitolato il primo periodico italiano, fondato da un illustre gruppo di illuministi lombardi, tra cui i fratelli Pietro e Alessandro Verri, Cesare Beccaria ed altri membri della "Accademia dei Pugni". Sulle pagine de "Il Caffè" si trattarono argomenti di vario genere: dalle scienze alle arti, alla vita sociale.


    Scuole del sapere



    Anche presso i turchi il caffè era legato all'attività intellettiva, tanto che le prime caffetterie erano chiamate "scuole delle persone colte" o "scuole del sapere".


    Rivoluzione francese


    Al tempo della Rivoluzione francese, i Caffè erano luoghi di ritrovo dove si parlava soprattutto di politica e dove i rivoluzionari sviluppavano progetti e proposte. I Caffè francesi furono definiti "la stampa parlata della Rivoluzione", e ogni locale distinse una tendenza politica. Le idee di un uomo venivano, infatti, giudicate in funzione del Caffè che frequentava.


    Caffè sospeso


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    A Napoli c'è un'usanza curiosa: quella del "caffè sospeso". Chi è meno abbiente può trovare al bar un caffè in omaggio pagato da un'altra persona, che lo lascia appunto in sospeso per chi vuole andarselo a bere.


    Condanna a morte


    Re Gustavo III di Svezia condannò a morte due lestofanti e la sentenza doveva essere impartita mediante "somministrazione di caffè". Non essendo morti, essa fu ripetuta una seconda, una terza ed una quarta volta. I due raccontavano le cronache dell'epoca e vissero fino a 83 anni.


    Bevanda cristiana


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    Al suo primo apparire in Italia il caffè trovò non pochi osteggiatori. La Chiesa combatté soprattutto l'uso di andare al bar visto come "luogo di perdizione" e tentò di proibirlo. Tuttavia, il Pontefice dell'epoca, Clemente VII, volle provare la "bevanda del diavolo", prima di condannarla. Ne rimase tanto sedotto da impartire immediatamente una benedizione, battezzandola "bevanda cristiana".


    Caffè e carattere


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    È stato detto che il modo di consumare il caffè può costituire un indicatore del comportamento di una persona: il consumo moderato, spesso ad orari ben precisi, caratterizza in genere un individuo che cerca di suddividere in modo razionale le attività e gli impegni della giornata; mentre il consumo eccessivo, affrettato, spesso sostitutivo dei pasti, si associa a comportamenti di vita più frenetici e meno cadenzati. Si può dire che se da un lato il caffè riveste un valore alimentare praticamente insignificante per quanto riguarda l'apporto energetico e nutrizionale, dall'altro favorisce alcune importanti attività metaboliche e digestive, contribuendo nello stesso tempo a limitare un'introduzione incontrollata di alimenti e di calorie.


    Caffè e parto


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    In passato, in Turchia, paese notoriamente poco femminista, se l'uomo proibiva alla moglie di bere caffè, questa poteva chiedere la separazione per giusta causa. Tuttavia, il problema non si poneva in quanto erano proprio gli uomini a incentivare il consumo di caffè da parte delle donne, nella convinzione che questo le favoriva durante il parto.


    Test di bontà


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    I chicchi di caffè sono molto elastici, quindi per riconoscere la loro bontà se ne deve buttare uno per terra: se rimbalza, significa che il caffè è buono. Per riconoscere, invece, la buona qualità del caffè in polvere, bisogna metterne un cucchiaino in un bicchiere di acqua: se il caffè è buono la polvere dovrebbe rimanere a galla.


    Imprecando


    Si dice che il caffè vada bevuto "imprecando", cioè bollente.


    Prima della battaglia


    All'inizio e per molti secoli era diffusa la convinzione che il caffè fosse solo un alimento eccitante e corroborante. I beduini pensavano addirittura che combattesse la sete: schiacciando e impastando le bacche di caffè con del grasso, ottenevano dei pani da consumare durante i viaggi nel deserto e prima della battaglie.





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    Fonte:caffe-napoli-caffettiera-napoletana.grancaffelacaffettiera.com,dal web

    Edited by gheagabry - 16/6/2013, 23:40
     
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  4. ZIALAILA
     
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    interessantissimo !!!!


    ...chissa' se c'e' ancora l'usanza del CAFFE' SOSPESO !?!?!


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    ...Chicchi di caffè...




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    Caffè sospeso



    Ai primi del 900, a Napoli c’era un’abitudine consolidata soprattutto tra la gente del popolo. Chi andava al bar per un caffè ne pagava due e alla cassa diceva: «Uno sospeso!». Il “sospeso” era per chi non aveva soldi. Così, prima di sera, qualcuno, meno fortunato nella vita, passava e chiedeva: «C’è un sospeso per me?» avvicinandosi al bancone. E se arrivava tardi e il sospeso aveva già trovato un altro «cliente» ci pensava il proprietario del bar… ma non glielo faceva capire. Un’usanza tutta partenopea che sarebbe profondamente sbagliato confondere con un’elemosina. Era, al contrario, un atto di condivisione di problemi, comunicazione e comprensione. Chi ha di più non dimentica chi ha di meno. Superfluo sapere a chi si offre. Sì, perchè c’era anche un altro tipo di «caffè sospeso» quello di cortesia. «Un sospeso per l’avvocato!» oppure «Questo sospeso è per il maresciallo…». Fino agli anni 70 era uno dei tanti simboli di Napoli che non trovava riscontri in nessun’altra parte del mondo. Non esiste un popolo più generoso del nostro!!!(da fb)





    Caffè e ...consigli


    Ecco alcuni consigli per preparare un buon caffè:
    1. l'arabica è la qualità migliore mentre la robusta è quella più economica
    2. la tostatura esalta l'aroma del caffè e quanto più a lungo vengono tostati, tanto più i chicchi diventano scuri e l'aroma del caffè ricco
    3. se si compra sfuso, acquistare solo la quantità che si consuma in 1 o 2 settimane; conservare i chicchi in un contenitore sottovuoto di vetro o di ceramica piuttosto che nella busta della torrefazione o in un vaso di metallo che ne altera il gusto
    4. comperare chicchi interi e macinare solo quello che si consuma subito poiché il caffè assorbe gli odori dell'ambiente circostante
    5. per evitare che il caffè abbia un odore stantio, meglio conservare i chicchi in frigo ma non in freezer
    6. se si usa la moka, macinare i chicchi finemente ma non polverizzarli, mentre per l'espresso la macina deve essere la più fine possibile.







    Caffè e ...salute


    Da più parti si è spesso sentito dire che il caffè fa male e lo si colpevolizza soprattutto perché provoca palpitazioni, innalza la pressione arteriosa e qualche anno fa uno studio fatto dagli scandinavi affermava che il caffè faceva salire il colesterolo.
    E' vero in una cerchia ristretta di persone provoca palpitazioni e per questo lo si sconsiglia a chi soffre di malattie cardiache ma bisogna anche sapere che nessuna malattia cardiaca è risultata connessa al consumo di caffè.
    Per quanto riguarda la pressione, l'aumento temporaneo che si verifica dopo 1 o 2 tazze, è inferiore allo sbalzo di pressione che si verifica quando ci alziamo in piedi o ci sediamo, mentre lo stress fa salire la pressione molto più in fretta del caffè.
    In riferimento al colesterolo, lo studio fatto dagli scandinavi aveva una validità, infatti nel caffè ci sono realmente sostanza che possono incrementare il valore del colesterolo, ma tali sostanze spariscono se il caffè viene filtrato come si usa in Italia, mentre il discorso può essere valido per gli scandinavi, i greci, i turchi e i francesi che preparano il caffè facendolo bollire senza mai filtrarlo.

    Se la bevanda ha un inconveniente è quello di contenere la caffeina che può dare dipendenza fisica ai grandi consumatori che spesso accusano cefalea, dolori muscolari, affaticamento dopo circa 18 ore che non devono una goccia di caffè.
    La caffeina però può avere anche dei pregi, alcuni studi dimostrano che è in grado di migliorare la memoria a lungo termine probabilmente perché mantiene il cervello pronto e reattivo anche se i reali meccanismi sono ancora sconosciuti, altri affermano che il caffè è ottimo per stimolare l'intestino e preparatori atletici affermano che la caffeina aumenta la resistenza, ritardando il senso di affaticamento. Questo lo si può raggiungere bevendo 3-4 tazzine un'ora prima di una prova che richieda uno sforzo prolungato nel tempo, permettendo ad un atleta di correre o pedalare fino a 20 minuti più a lungo.
    Naturalmente chi ne fa già largamente uso, per ottenere tali effetti dovrebbe astenersene dall'uso per 4-5 giorni precedenti alla prestazione sportiva in questo modo permetterà all'organismo di desensibilizzarsi alla caffeina e ricavarne poi un reale beneficio.





    Caffè e ...cucina


    Caffè al cioccolato
    Grattugiate una tavoletta di cioccolato fondente di circa 100 gr. e fatelo fondere leggermente su fiamma bassa. Preparate mezzo litro di caffè forte e non zuccherato e, quando è ancora bollente, aggiungete la cioccolata e mescolate per farla sciogliere completamente.

    Caffè del cardinale
    Versate il caffé bollente nelle tazzine, copritelo con panna montata e una spolverata di cacao in polvere, accompagnato da qualche biscottino.

    Caffè in crema
    Mescolate un bicchiere di caffé forte con un bicchiere di latte e una bustina di vanillina. Lavorate tre tuorli con tre cucchiai di zucchero e fate cuocere a bagnomaria versandovi piano piano il latte e caffé. Fate cuocere fino a che la crema non sara abbastanza densa. Quindi servitela immediatamente, calda accompagnata da biscottini secchi. Questa è una simpatica alternativa per I'ora del thé dedicata agli amanti del caffé.

    Caffè all'anice
    Versare il caffè bollente nei "bicchierini" ed aggiungere un buon cucchiaio di Anice e zuccherare a piacere.



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    Pappardelle con ragù al caffè




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    Ingredienti



    ...per 4 persone

    300 gr. di carne di maiale tritata
    120 gr. di salsiccia fresca
    1 cipolla
    1 costa bianca di sedano
    1 carota
    30 gr. di burro
    1 cucchiaio d’olio evo
    1 bicchiere di vino rosso secco
    1 tazzina di caffè espresso
    sale e pepe



    Preparazione



    Mescolate la carne con la salsiccia spellata e sminuzzata.
    Fate rosolare in un tegame la cipolla,il sedano e la carota tritate con il burro e l’olio a fuoco dolce.
    Aggiungete la carne, mescolate, e fate assorbire il fondo di cottura.
    Unite il vino, poco alla volta.
    Unite il caffè, poco alla volta.
    Regolate di sale e pepe e cuocete per 10 minuti.
    Usatelo per condire delle tagliatelle, pappardelle o dei maltagliati all’uovo e… buon appetito!!





    Caffè e ...arte



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    Piatto di cedri



    Forse la piu' antica raffigurazione di una tazzina ricolma della calda bevanda e' la straordinaria natura morta di Francisco de Zurbaran, Piatto di cedri, cesto di arance e tazza con rosa (1633, Los Angeles, Norton Simon Foundation), l'unica firmata dall'artista, che nell'esecuzione vi traspone il medesimo misticismo dei suoi piu' noti dipinti a soggetto religioso.



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    Colazione nello studio



    A partire dall'Ottocento il caffe', da gustoso privilegio destinato a pochi fortunati estimatori, diviene invece sempre piu' una bevanda di uso comune ed inizia quindi a comparire con maggiore frequenza anche nei dipinti.


    Nella celebre Colazione nello studio dipinta nel 1868 da Eduard Manet (Monaco, Neue Staatsgalerie) la figura del protagonista, il giovane Leon Leenhof, ed il brano di natura morta alle sue spalle, sono trattati dall'artista con lo stesso impegno: ed e' proprio su questo angolo di tavola ancora apparecchiata che, fra bucce di limone, gusci di ostriche e bicchieri di vino, spunta una elegante tazzina da caffe' in porcellana bianca, profilata d'oro, mentre sullo sfondo una domestica si avvicina recando fra le mani una caffettiera bollente.



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    Il pergolato



    E' un sereno dopopranzo anche quello raccontato, sempre nel 1868, dal macchiaiolo Silvestro Lega nella piacevole tela intitolata, appunto, Un dopo pranzo (Il pergolato) (Milano, Pinacoteca di Brera). Nessuna tavola imbandita a testimoniare 'avvenuto pranzo, ma solamente la luminosa e calda luce del primo pomeriggio che filtra fra le foglie di un pergolato, sotto al quale attendono tre giovani donne ed una bambina. Su una panchina sono poggiate tazzine e zuccheriera, mentre la giovane cameriera si avvicina con calma portando un vassoio con la piccola caffettiera di peltro.



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    Automat



    E' invece la vita americana, efficacemente rappresentata attraverso paesaggi, luoghi e situazioni tipici di questo paese, quella raffigurata in una sorta di nuovo realismo da Edward Hopper nei suoi famosissimi dipinti. Nelle sue desolate visioni notturne, dall'atmosfera "sospesa" quasi fossero dei fotogrammi di film, il caffe' e' spesso presente: in Automat (1927, Des Moines (Iowa), Des Moines Art Center) la fanciulla ha lo sguardo perso fra i suoi pensieri ed una tazza di caffe' fumante,



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    I nottambulli



    mentre nel piu' tardo dipinto I nottambuli 1942, Chicago, The Art Museum), ambientato in un semideserto diner notturno, personaggi malinconici affogano la propria solitudine davanti all'immancabile tazza di caffe' lungo americano.



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    Cocottina - Antonio Donghi



    La tazzina, quasi fosse un personaggio, spicca candida al centro dell’immagine e attira inesorabile il nostro sguardo.

    La signorina alla moda, il suo sguardo fermo e vellutato, un mare di colori caldi e di forme aggraziate non riescono a distogliere la nostra mente dalla collocazione un poco surreale di questo immaginario caffè all’aperto...





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    Fonte:dal web,caffè.it,Ilpiaceredelcaffè.it

    Edited by giuliascardone - 18/3/2013, 12:33
     
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  7. ZIALAILA
     
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    Bellissimi anche i servizi da caffe' Giulia !!!!

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  8. ZIALAILA
     
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    ............... e' un articolo carinissimo

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    Il barista napoletano



    fonte : Caffenapoletano.it


    A Napoli i bar sono tanti. C'è chi sostiene che il loro numero sia infinito. Una cosa è comunque certa: tutti, dal primo all'ultimo, fanno un buon caffè. Provare per credere.
    Il merito non è dei baristi. E' dei loro clienti. Cioè dei napoletani tutti.
    Se il caffè che gli viene servito non è più che passabile, passano immediatamente ad un altro bar. E non fanno passare sotto silenzio l'affronto ricevuto: di quell'esercizio non mancheranno di parlar male a tutti quelli che gli capiteranno a tiro. Perché, avvertiti, non capitino lì dentro. La loro è una missione sociale

    Pizza, caffè, babà e sfogliatelle: su questi temi fondamentali a Napoli il passaparola è vivace, e rapidissimo. Perché il napoletano tollera tutto (è storicamente provato): il malgoverno, la maleducazione, la malasanità, il traffico. Ma non perdonerà mai chi fa una pizza biscottata, o un caffè che sa di bruciato, cose che offendono, invece di carezzarle, le papille gustative.
    Il napoletano, grande consumatore di caffè, ha in testa una personalissima mappa dei bar della città: qui lo fanno così, qui colì. I baristi lo sanno, e si regolano.
    Ma la cura maniacale con la quale il barista napoletano prepara il "suo" caffè non dipende solo dalla concorrenza, vasta e agguerrita. C'è qualcosa che ha a che fare con la selezione darwiniana: è naturale che vadano avanti solo i migliori.
    Prima ancora di loro, a stare in campan(i)a sono i torrefattori: quelli che procedono alla "tostatura" del caffè crudo. Nei dintorni di Napoli ci sono mille piccole industrie di torrefazione, e l'odore penetrante del caffè si spande per le strade ad intervalli regolari.
    Nel napoletano viene praticata una tostatura estrema, più spinta che altrove. Il gusto che se ne ricava è più forte, più deciso.
    E' solo a questo punto che entra in scena il barista. E' lui che, novello alchimista alla ricerca della pietra filosofale, miscela le miscele, per tirar fuori un caffè "unico", che caratterizzi il suo locale e fidelizzi la clientela. La ricerca è continua: alle miscele di qualità "Arabica" e "Robusta" il barista/alchimista ne aggiunge delle altre, in piccola quantità. In quest'aggiunta, frutto di lunghe sperimentazioni personali, è il segreto (e l'orgoglio) del caffettiere.
    Individuata, dopo incessanti prove ed errori, la madre di tutte le miscele, il nostro la conserva gelosamente in contenitori ermeticamente chiusi, e in frigorifero: sa bene che il caffè assorbe tutti gli aromi circostanti. Ovviamente la conservazione avverrà a chicchi interi; il caffè va macinato poco prima di essere preparato, e questo è un altro dei piccoli trucchi napoletani nella storia dell'arte del caffè.
    Il barista napoletano - che si sente comunque sempre maestro Caffettiere - è molto attento, ed umile, mentre adempie alle operazioni necessarie a fare il suo caffè. Ma tutta la sua umiltà svanisce a prodotto ultimato. Quando la tazzina fumante è ormai davanti al cliente.
    Lui, il barista, ha finito. Ce l'ha messa tutta, e ce le ha messe tutte, le cose che servono: l'attenzione, l'abilità, e l'esperienza. Adesso perciò si sente pronto ad affrontare il Giudizio Universale. Che gli viene però centellinato: un giudizio per volta, da ciascuno dei mille clienti che entrano ogni giorno nel bar.
    Il barista napoletano non ammicca al cliente: non ne cerca la complicità, non gli strizza l'occhio attraverso le tante opzioni possibili (caffè macchiato, al cioccolato, nocciolato, o vattelapesca); il suo caffè è Uno. In tazza bollente, per motivi igienici (di sterilizzazione), e perché non si raffreddi subito: spesso è già zuccherato, ed è preceduto da un bicchier d'acqua, perché il cliente si sciacqui la bocca prima di gustarlo.
    Il messaggio è chiaro, e diretto: "Il caffè lo faccio io. Tu devi solo berlo."
    Poi, certo, il pallino passa nelle tue mani. Se non ti è piaciuto, lo so bene, qui dentro non ci metti più piede. E ti capisco.
    Il barista partenopeo non teme il giudizio del cliente. Al contrario, lo sollecita: ci tiene a conoscerlo. Mentre il cliente beve il suo caffè, il barista ne spia le espressioni, le reazioni. E alla fine gli chiede "com'era?". Per godere del successo, ma anche per farsene (Dio non voglia!) svelare i difetti; ed eliminarli.
    Sui caffè di Napoli si sono spesi fiumi di parole. E si è fatta tanta letteratura. A parte quella che veniva prodotta proprio lì, nei Caffè famosi (e fumosi) come il Gambrinus, dai grandi poeti napoletani come Salvatore Di Giacomo. a
    Il caffè non è una bevanda, perché si consuma in tre-quattro sorsi al massimo: è un estratto, un concentrato. Ma più ancora, è una punteggiatura. Un leit-motiv, un profumo che aleggia intorno quando si ha a che fare con Napoli. Perché nei confronti di questa città, tertium non datur: Napoli o la si ama, o la si odora.



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    grazie Antonella.. :114.gif: ..godibilissimo!!
     
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  10. ZIALAILA
     
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    caffe_sospeso



    La “Rete del Caffè Sospeso – festival, rassegne e associazioni culturali in mutuo soccorso” è nata a Napoli il 14 novembre 2010 da 7 festival italiani che hanno deciso di unire le forze e fare rete scambiandosi idee, progetti e prodotti culturali per sopravvivere o addirittura crescere in questi difficili tempi di crisi economica e tagli alla cultura.

    In poco più di un anno di vita la Rete ha creato significativi scambi e condivisioni fra i 7 festival, ha ottenuto diverse nuove adesioni ed ha ora deciso di istituire, in concomitanza con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani, il 10 dicembre – Giornata del Caffè Sospeso, iniziativa che si pone l’obiettivo di proporre la ripresa dell’antica usanza partenopea in bar e locali d’Italia e di conseguire nuove adesioni alla Rete attraverso la diffusione, nel settore della promozione culturale e nella vita quotidiana in genere, della filosofia solidale su cui si fonda.

    In www.caffesospeso.wordpress.com è possibile trovare maggiori informazioni, curiosità e consultare la lista di associazioni, festival e locali che hanno fino ad ora aderito alla Rete.
     
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  11. gheagabry
     
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    !Ho un tesoro!
    che non è oro
    così piccolo e discreto
    delicato come vetro
    Non è ricco nè prezioso
    !figuriamoci sfarzoso!
    Lascia solo che lo coltivi
    e che per un po' respiri
    la magia che mi sa dare
    -SOGNO SOLO DI VOLARE-
    (puntoCoccinella)



    LE PRINCIPALI SPECIE PRODUTTIVE



    - COFFEA ARABICA LINNE’ - E’ la più antica specie di caffè nota. L’arabica si coltiva in altopiani montani o sui fianchi del vulcani, tra gli 800-1550 m. s.l.m., ed a volte anche fino a quasi 2000 m. La pianta contiene 44 cromosomi - autogama - che si riproduce con unione di ‘due‘gameti’ provenienti dallo stesso individuo ermafrodito: autogamia, si riferisce la pianta il cui fiore viene impollinato col polline del fiore stesso. Raggiunge mediamente i 4-5 m. di altezza avente seme di forma allungata misurante 8-12 mm. Fiorisce dopo ogni stagione delle piogge. I frutti maturano dopo circa nove mesi ed in un anno la pianta produce meno di 5 kg. che daranno appena 1 kg. di chicchi! Tale specie è presente nell’America centrale e meridionale ed in alcuni paesi africani quali, l’Etiopia, Kenia, Zimbabwe e in Oceania è localizzata esclusivamente su alture. L’aroma profumato, il gusto delicato e a volte fruttato e/o acidulo, fanno la gioia degli estimatori. L’arabica rappresenta circa il 70% della produzione mondiale: sensibilissimo alle malattie, a parassiti ed alle gelate, per cui essendo difficile coltivarla, è più costosa. Il contenuto ci caffeina è molto esiguo, 0,7-1,5%. Tra le numerose varietà di caffè arabica, il TYPICA ed il BOURBON sono i più famosi ed hanno dato vita ad altri ceppi quali, TICO, KENT, MOKA, MUNDO NUEVO, MARELLA, ed BLUE MONTAIN che si coltiva fino a 2500 m. s.l.m.

    - COFFEA CANEPHORA PIERRE o ROBUSTA - Specie molto diversa dalla precedente: di aspetto più robusto e resistente sia alla alte temperature che alle tipiche malattie. Attualmente è coltivata in tutta l’area tropicale dell’Asia sud-orientale e dal Brasile, dove la pianta cresce fino a 700 m. d’altezza, ma la produzione maggiore si ha nell’Africa occidentale e centrale. Tutte le varietà di canephora hanno ventidue cromosomi e sono - alogame -, cioè si riproducono con l’unione di - due gameti - provenienti da individui diversi: alogamia si definisce la pianta il cui fiore ‘femmina’ viene impollinato con polline proveniente da un fiore avente sesso diverso. La pianta può raggiungere 10-12 m. d’altezza ed ha i semi di forma tondeggianti misuranti 5-8 mm.
    Il contenuto di caffeina è notevolmente maggiore rispetto all’arabica, dal 2,5 al 4% ed anche oltre: dalla robusta si ottiene un caffè più corposo, potente, tonificante ma meno profumato per cui, essendo meno apprezzata, rappresenta circa il 30% della produzione mondiale anche se il prezzo è decisamente inferiore.
    Commercialmente, la robusta è utilizzata quasi esclusivamente nelle preparazioni delle miscele, in cui il carattere forte è molto apprezzato. Le varietà di caffè robusta più pregiate ed utilizzate, sono GIAVAIEAC, NANA ed il KOUILLON del Madagascar, CONILLON dal Brasile.

    - COFFEA LIBERICA - Originaria delle foreste della Liberia e Costa d’Avorio, è coltivata solo nelle pianure tropicali e sub-tropicali dell’Africa e sud America, Malesia e Filippine; pianta longeva e con crescita rapida, straordinaria resistenza e notevoli dimensioni. I chicchi sono appiattiti, molto irregolari dalla colorazione che vira dal giallo al bruno, inoltre, sono poco trattati sul mercato. La pianta è utilizzata soprattutto per innesti onde ottenere nuove varietà.


    Il Brasile occupa una indiscussa posizione di leader da oltre un secolo, avente quasi 2000000 di ha. coltivati a caffè, prevalentemente ubicati nelle regioni di Minas Gerais e di San Paulo. Già dai primi anni del XX° sec., l’insorgere di varie crisi economiche dovute alla sovrapproduzione ha portato, necessariamente, alla distruzione delle eccedenze, ma ancora attualmente il Brasile è il principale produttore di caffè con circa 1600000 t. Si tratta dell’indicatore di tendenza dei prezzi al mercato mondiale: è sufficiente una catastrofe climatica come una gelata, che avviene ogni 15-20 anni, perché i costi mondiali del caffè salgano bruscamente. Odiernamente, dalle piantagioni brasiliane si hanno l’85% della produzione di arabica che rappresenta circa un terzo del mondiale. I due terzi dei varie tipologie di caffè sono destinati all’esportazione. Gli altri paesi dell’America centrale e del sud in cui si produce l’arabica, sono la Colombia, secondo produttore mondiale con 800000 t., Costarica ed Honduras i quali forniscono al mercato mondiale i caffè più famosi e pregiati.

    La coltivazione del caffè è presente in Giamaica e sulle pendici del vulcano Saint John’s Peak cresce il mitico BLUE MOUNTAIN. L’Africa con Etiopia, Kenia e Zimbabwe occupano posizioni di rilievo tra i produttori di arabica; inoltre, anche la Costa d’Avorio, Uganda e Cameroun producono buon caffè a poco prezzo, e che di sovente è fondamentale per l’equilibrio economico di tali stati: ad esempio, il caffè rappresenta più del 90% della bilancia commerciale dell’Uganda. L’Asia si è dedicata quasi interamente alla coltivazione della tipologia robusta, ad eccezione dell’India, nella zona del Karnataka, sita nell’area sud-occidente del paese, in cui si producono sia l’arabica che il robusta. Troviamo caffè notevoli anche nelle isole del Pacifico, Hawaii e Papua nella Nuova Guinea, mentre l’Indonesia rappresenta il primo produttore con circa il 20% della domanda mondiale. Il Vietnam, dedicatosi solo recentemente alla coltivazione del caffè, nel 2000 ha prodotto quasi 900000 t. di un ottimo e regolare prodotto, sia per qualità e per tipologie, rispetto a quello prodotto dai suoi stati confinanti.

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    grazie

     
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  13. ringo47
     
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    Grazie Giulia,
    quando ho visto per la prima volta questa scena in tv, mi è venuta una voglia matta di prendermi il caffè alla napoletana.
    Infatti anni dopo l'ho sorbito a Napoli ospite di amici e debbo dire che effettivamente aveva un buonissimo sapore.
    Ho comparto una caffettiera per farlo alla napoletana.... bhe i risultati sono stati disastrosi tanto che giace inutilizzata in cucina

     
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    Rino bisognava averci la mano ...
    il caffè appena macinato e la napoletana con il cuppitiello.. come a casa di mia nonna ... che aveva anche l'aggeggio per tostare in caffè..
    tutto questo un secolo fa ;)
     
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  15. ringo47
     
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    [QUOTE=giuliascardone,28/5/2013, 19:56 ?t=49460014&st=0#entry380771388]
    Rino bisognava averci la mano ...
    il caffè appena macinato e la napoletana con il cuppitiello.. come a casa di mia nonna ... che aveva anche l'aggeggio per tostare in caffè..
    tutto questo un secolo fa ;)
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    Riconosco che sono stato presuntuoso :yarrabiato.gif: ma il pezzo di Eduardo era talmente convincente che mi sembrava di sentire il profumo e il gusto del caffè :17.gif:
     
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