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Pasqua...i dolci tipici campani
In Campania troviamo la famosissima pastiera, capolavoro della pasticceria partenopea, è una torta di pasta frolla farcita con un impasto di ricotta, uova e grano bollito nel latte, che si prepara di solito il giovedì o il venerdì santo. La sfoglia è croccante mentre il ripieno è morbido, il colore è giallo oro molto intenso, il profumo e il sapore cambiano a seconda delle spezie e degli aromi utilizzati durante la preparazione. Nella ricetta classica gli aromi utilizzati sono la cannella e l'acqua di fiori d'arancio. Oggi ci sono numerose variazioni alla ricetta classica che vanno dall'aggiunta di crema pasticcera nell'impasto interno, al cioccolato bianco nella sfoglia. Un'antica leggenda racconta che sulla spiaggia le mogli dei pescatori lasciarono nella notte delle ceste con ricotta, frutta candita, grano e uova e fiori d'arancio come offerte per il "Mare", affinché questo lasciasse tornare i loro mariti sani e salvi a terra e con una rete colma di pesci. Al mattino ritornate in spiaggia per accogliere i loro consorti notarono che durante la notte i flutti avevano mischiato gli ingredienti ed insieme agli uomini di ritorno, nelle loro ceste c'era una torta: la Pastiera. Un'altra leggenda narra invece che la pastiera accompagnasse le antiche feste pagane per il ritorno della primavera; difatti gli ingredienti conservano una forte valenza simbolica. Ecco allora la ricotta, addolcita dallo zucchero: trasfigurazione delle offerte votive di latte e miele tipiche delle prime cerimonie cristiane. Il grano: augurio di ricchezza e fecondità. Le uova: simbolo di vita nascente. L'acqua di fiori d'arancio: presagio di primavera. La versione odierna, probabilmente fu messa a punto in un antico monastero napoletano rimasto ignoto: anche questa, tuttavia, è una supposizione. Comunque sia andata, ancor oggi sulla tavola pasquale dei napoletani questo dolce non può mancare. Abbiamo anche una una variante della pastiera, la pizza di crema ed amarene. Il Casatiello dell’entroterra campano, differisce da quello delle coste, per la ridotta percentuale di zucchero e di grassi, che ne determina la sua consistenza estremamente asciutta e leggera. L’aspetto di questo dolce pasquale, è simile ai suoi creatori, intensamente ambrato, gioioso, con un’anima forte che si sente sotto i denti, quando lo hai apprezzato ti rimane per sempre nell’anima. Il casatiello è il dolce della pazienza, la lievitazione può durare anche più giorni, il risultato è un dolce soffice e ricco di profumi, fiori d'arancio, limone e cannella. E' il dolce dei ricordi, il dolce della famiglia, croce e delizia di ogni casa, sia nell’esecuzione che nella degustazione, si perché a seconda dello stato d’animo in cui si è conosciuto questo dolce, lo si ama o si odia, il suo intenso profumo di limone e di anice con quel leggero retrogusto di acido, rimane indelebile nella memoria. Protagonista indiscusso ne è il “criscito”, la pasta madre che le massaie facevano in casa e oggi chiedono al panettiere: ingrediente “miracoloso”, non a caso associato alla Pasqua, un tempo usato persino per curare contusioni e distorsioni. La preparazione del casatiello è un vero rito ed occupa la casa per due giorni ed una notte. Una stanza, appositamente riscaldata, viene destinata ad ospitare una notevole distesa di “ruoti”, protetti da ampie coperte: saranno il regalo pasquale per parenti ed amici. Un tempo li si cuoceva nel forno a legna, uno grande per la famiglia, uno piccolo per ogni figlio, uno per le giovani fidanzate, che ne facevano omaggio alla futura suocera. Da consumare come dolce, impreziosito dalle uova sode, ma anche per accompagnare, con un bicchiere di giovane piedirosso, le fave e la pancetta ovvero i finocchi freschi, è da sempre il compagno ideale delle gite del lunedì in Albis. Il criscito ne garantisce una lunga conservazione e in molti lo apprezzano anche dopo settimane con il latte della prima colazione. La storia del "Criscito", l'ingrediente fondamentale per la preparazione del casatiello, è lunga come la sua preparazione. Nei quartieri c’èra un solo forno, e doveva essere usato a turno, capitava che il proprio capitasse anche dopo 15 giorni, e non c’era nè il frigorifero nè il lievito di birra. Quando si faceva il pane, dall’impasto si staccava una piccola parte, si ricopriva con un tovagliolo e si dava al vicino che dopo alcuni giorni tagliava la crosta che si era formata e con quella pasta fermentata acida (u’ criscito) faceva il suo pane, e così via, non si usava rinfrescare il lievito, si temeva che il pane non crescesse. Nell’Avellinese, a San Martino Valle Caudina, in occasione della Pasqua si prepara un delizioso tarallo che prende il nome dal paese o è detto “tarall’ cu ll’ove”. L’uovo è, infatti, uno dei suoi principali ingredienti: se ne impastano una decina circa insieme alla farina di grano tenero, alla sugna e allo zucchero e si aromatizza l’impasto con bucce di agrumi, vaniglia e citrato di sodio sciolto nel latte. Dopo aver poggiato tutto sull’apposito tavolo di legno per la pasta, si lavorano delle ciambelle di circa 18 cm. di diametro successivamente bollite in acqua per un paio di minuti e, infine, infornate per circa 40 minuti. La preparazione del tarallo a San Martino era un vero e proprio rito sociale poiché più famiglie si riunivano e utilizzavano lo stesso forno a legna per cuocere i loro taralli, da portare nella “mappata” il canestro contenente i viveri della scampagnata del lunedì di Pasquetta. Oltre a essere consumati caldi e croccanti, infatti questi taralli sono ottimi dopo qualche giorno bagnati nel vino bianco. La ricetta del tarallo è stata tramandata oralmente, pressoché invariata e oggi è preservata dalla pubblicazione in numerosi libri di cucina tradizionale oltre che dai ricettari delle antiche famiglie della zona. Nelle aree interne delle province di Benevento e Caserta la tradizione culinaria ci ha tramandato l’antica ricetta di un dolce molto soffice, detto “pigna”, o “pignatella”, perchè, essendo più alto che largo, ricorda la forma di una pigna. Si prepara in casa, nel periodo pasquale con farina di grano tenero, lievito di birra fresco, uova, patate schiacciate e aromi, il tutto impastato con aggiunta di acqua. L’impasto lavorato a lungo viene lasciato lievitare per ben tre giorni prima di essere infornato e, dopo la cottura, ricoperto di glassa di zucchero. La pigna, che ricorda vagamente un panettone, oltre ad essere preparata in casa, si può acquistare nei laboratori artigianali della zona durante il periodo pasquale. Le palme di confetti sono delle composizioni che rappresentano ramoscelli di fiori oppure alberelli fabbricati con confetti di vari colori e dimensioni, che vengono disposti a caldo su un sottile filo di ferro zincato, riscaldato alla fiamma di una candela, a mo’ di petali e foglie di un gambo o rametto costituito dal filo di ferro ricoperto con carta velina o crespa, e arrichito da fiori, merletti, spighe di grano o altro materiale di fantasia. Sono tradizionalmente utilizzate nella zona della penisola sorrentina per la benedizione della Domenica delle Palme, accompagnate da ramoscelli di ulivo; questa tradizione risale al XVI secolo quando, secondo la leggenda, i saraceni erano sul punto di compiere un’incursione navale approdando sulla penisola sorrentina proprio il giorno della domenica delle palme. Mentre tutto il popolo era radunato in chiesa e partecipava alla benedizione dei rami di ulivo prima di armarsi per combattere l’imminente incursione, giunse la notizia che la flotta saracena era miracolosamente naufragata. La notizia fu portata in chiesa da un pescatore, che portò anche una schiava saracena, unico superstite del naufragio, che l’uomo aveva incontrato sulla spiaggia, dove era stata trasportata dalle onde. Costei, in segno di ringraziamento per essere stata salvata dalla morte e dalla schiavitù, chiese di diventare cristiana ed offrì al popolo ed al prete i confetti che portava dal suo paese in un sacchetto legato al collo. Da allora le palme di confetti servono, insieme al rametto di ulivo, per la benedizione che il prete fa al popolo il giorno della domenica delle palme. Il puccellato, una specialità pasquale le cui origini sono talmente antiche da perdersi nella memoria della gente del comune dove è stato inventato, Fragneto l’Abate, in provincia di Benevento. Si tratta di un prodotto da forno la cui ricetta originale è stata tramandata di generazione in generazione ed è sicuramente di epoca pre-medievale, dato che viene menzionato in alcuni documenti del XII come pagamento per i fitti che gli inquilini dovevano ai padroni. Ne esistono 2 versioni, una dolce ed una rustica, che si differenziano per l’utilizzo di alcuni ingredienti, ma che sono identiche nella lavorazione. Sia nella versione dolce che in quella salata il puccellato è immancabile nel periodo pasquale sulle tavole delle case di Fragneto l’Abate e nei comuni limitrofi. I quaresimali napoletani non sono altro che biscotti tradizionali preparati prevalentemente durante il periodo pasquale, contenenti una serie di spezie come la vaniglia, la cannella, i chiodi di garofano e la noce moscata oltre che il cedro candito. La loro preparazione consiste nel mescolare i vari ingredienti e quindi la farina, lo zucchero, le uova, le spezie, l'ammoniaca per dolci ed il cedro candito e nel creare un composto sodo ed omogeneo. Con l'impasto ottenuto si formano tanti filoncini che si vanno a posizionare su una teglia leggermente unta ed infarinata. Questi filoncini vanno spennellati con un nuovo ed appiattiti con le dita.
Pizza di crema e amarene
Ingredienti
...per la pasta:
1 uovo + 1 tuorlo 500 gr. di farina 00 un pizzico di sale alla vaniglia 1 cucchiaino di miele 100 gr. di zucchero 200 gr. di strutto
...per la crema pasticcera:
8 tuorli 400 ml. latte 100 ml. panna fresca un cucchiaino di estratto di vaniglia 1 tuorlo per pennellare amarene sciroppate 120 gr. zucchero 35 gr. maizena
Preparazione
La sera prima preparare la pasta, impastando per bene tutti gli ingredienti. Lascaire a riposare in frigorifero. Preparare anche la crema: scaldare la panna e il latte, intanto sbattere i tuorli con lo zucchero, l’estratto di vaniglia e la maizena. Versare a filo il latte caldo sulle uova, rimettere sul fuoco e fare addensare. Far raffreddare e conservare in frigorifero. Il giorno dopo stendere la pasta in due sfoglie, foderare con una delle due una tortiera da crostata, bucherellarla, coprire con la crema e tuffarci le amarene. Coprire con la seconda sfoglia. Fare su quest’ultima delle piccole incisioni leggere decorative, pennellare con il tuorlo d’uovo e infornare a 180°C per circa 30 minuti. Lasciare raffreddare e gustare!
Casatiello dolce
Ingredienti
1100 gr. di farina 100 gr. di criscito 400 gr. zucchero semolato la scorza grattugiata di due limoni 2 bicchierini di anice 150 gr. di strutto 12 uova
Preparazione
La sera precedente alla cottura dei casatielli, pesare 100 gr. di criscito, 2 uova e 100 gr. di farina, impastare fino alla formazione di micro bollicine, coprirlo con la pellicola e copertina di lana e farlo lievitare tutta la notte. La mattina alle 9, riprendere l’impasto della sera prima, e aggiungervi 1000 gr. di farina, 10 uova a pasta gialla sbattute a parte molto bene, 150 gr. di strutto, 400 gr. di zucchero, i limoni grattati e i due bicchierini di anice, lavorate a lungo per circa mezzora. Dividete l’impasto ottenuto in un tegame svasato apposito di 13 cm. di altezza per 18 di larghezza alla base e 23 l’apertura; e in un altro sempre svasato di altezza 11 cm. per 16 alla base e 21 alla sommità, i tegami devono essere unti di strutto e non infarinati, la pasta deve raggiungere quasi la metà del tegame, mettere la pellicola e il panno di lana lasciare lievitare fino al raddoppio, se vedete che la crescita tende a fermarsi, vibrate leggermente il tegame, stimolerà la crescita, possono trascorrere anche 10 ore o più, la temperatura non deve mai superare i 20° onde avere un odore troppo intenso di acido. Non preriscaldate il forno, altrimenti, il casatiello avrà un bel buco in mezzo, quindi ponete i casatielli nel forno, e accendetelo (il forno deve cuoce bene sia sopra che sotto) a 150° e terminate la cottura dopo 1 ora e mezza, controllando sempre la cottura. Fate raffreddare il casatiello, cospargerlo di glassa bianca e confettini colorati.
Pastiera di grano
Ingredienti
per 4 kg. di pastiera
...per la pasta frolla:
1 kg. di farina 500 gr. di burro 500 gr. di zucchero 8 tuorli d’uovo e 2 uova intere buccia di limone grattugiata un pizzico di vaniglia
...per il ripieno:
1 kg. di grano bagnato 800 gr. – 1 kg. di zucchero 8 uova intere e quattro rossi 1 pugno di arancia candita 1 kg. di ricotta di pecora aroma di fiori d’arancio aroma di vaniglia
Preparazione
Far cuocere per un’oretta il grano coprendolo con del latte in un pentolino alto a fuoco basso girandolo di continuo perché non attacchi sotto. Quando ha assunto un aspetto cremoso, spegnere e far raffreddare. Quando è tiepido unire la ricotta e lo zucchero precedente lavorati insieme. Poi aggiungere, poco alla volta, i tuorli e le uova intere, la buccia di limone e gli aromi (regolarsi, assaggiando, per la quantità desiderata). Foderare uno stampo con la pasta frolla e riempirlo con la crema per l’imbottitura. Decorarne la parte superiore con le strisce di pasta frolla incrociate a nido d’ape. Infornare per un’ora a 180 gradi.
Altri dolci di Pasqua
Tarallo cu ll'ove
Quaresimali napoletani
Pigna beneventana
Casatiello tradizionale
Palme di confetti
Casatiello "rivisitato"
FONTE:www.alcibocommestibile.com,www.donnamoderna.com,www. cucinainsimpatia.net,www.agroalimentare.regione.campania.it,www. gingerandtomato.com,www.dolciagogo.it,blog.giallozafferano. it(© casatiello dolce by vichyart),lucianopignataro.it,www.myhouseonweb.eu,web
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