MARLENE KUNTZ

biografia, discografia, new, foto, ecc...

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  1. tomiva57
     
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    Marlene Kuntz


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    Band di culto per diversi anni, i piemontesi Marlene Kuntz hanno poi imboccato una pericolosa deviazione "pop", conquistando le classifiche. Ma il loro rock livido e distorto non è scomparso. E ora vorrebbe tentare di varcare i nostri confini. Ne abbiamo parlato in esclusiva con Cristiano Godano.



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    Sono stati per anni una band di culto, con un ristretto ma affezionatissimo pubblico. Oggi i Marlene Kuntz sono una realtà del rock italiano, riconosciuta un po' da tutti, come confermano anche i successi di vendite dei loro ultimi lavori. Ma Cristiano Godano e soci non hanno rinunciato ai loro "comandamenti", cercando di coniugare il noise-rock degli esordi con una forma canzone più accessibile al grande pubblico.

    Più giovani di Csi e Afterhours, i Marlene si sono dimostrati capaci di incarnare le ansie e le sofferenze della nuova generazione alternativa, che li ha eletti a loro guru, un po' come era successo precedentemente con i Cccp. Un ruolo nel quale il gruppo non sembra però trovarsi a suo agio, "perché" - dice Cristiano Godano, chitarrista e cantante - qualsiasi creazione artistica deve essere slegata da messaggi e consigli su come comportarsi".
    Il nucleo base dei Marlene Kuntz nasce da un'idea di Riccardo Tesio e Luca Bergia, che in quel di Cuneo, ancora adolescenti, si aggirano tra le mura della stessa scuola. Inizia così la ricerca del cantante, che porta alla scelta di Cristiano Godano (che suonava nei Jack On Fire).

    Nel giugno del 1989, i primi concerti. Risale a quel periodo la nascita del nome Marlene Kuntz. Nell'inverno tra il 1989 e il 1990 la band realizza il suo primo demo. Poi ne seguono altri due, ma sempre senza esito. Nell'inverno tra il 1992 e il 1993, dal momento che non accade nulla, decidono di fare un ultimo tentativo dopodiché, in caso d'insuccesso, avrebbero rimesso tutto in discussione, con la concreta possibilità di sciogliersi. Sembra questo il loro destino finché, nel giugno del 1993, su "Rockerilla" esce una recensione molto positiva del loro terzo demo: "Grande rivelazione i Marlene Kuntz da Cuneo, un travolgente impatto elettrico, sciabolate di suono che fendono i migliori tratti del rock estremo italiano; finalmente i gruppi italiani cominciano a cantare nella madrelingua in modo convincente ed efficace. Se l' Ep di prossima uscita manterrà le promesse di questo nastro avremo tra le mani un disco dell'anno." La recensione e un insieme di circostanze favorevoli cambieranno tutto e dall'idea di un mini-cd i Marlene Kuntz passeranno alla realizzazione di un album.

    Arriva così nel 1994 Catartica, disco-rivelazione del nuovo rock italiano, capace di mescolare inni al rumore e lievi melodie, rabbia post-punk e lirismo boemienne. Basti ascoltare l'ouverture di "M.K.", con il suo suono corposo e abrasivo, l'irata "Festa mesta", la sardonica "Merry X-Mas", la desolata "Canzone di domani" o il riff al fulmicotone di "Sonica" (destinata a divenire uno dei loro cavalli di battaglia nei concert). Ma il climax emotivo del disco è la struggente ballata di "Nuotando nell'aria", con una melodia irresistibile e un crescendo finale da brividi. I Marlene Kuntz diventano i portabandiera di un nuovo rock italiano, livido e lancinante, fortemente influenzato dal "noise rock" dei luminari Sonic Youth.

    Il passo successivo li vede invece rimarcare la loro inquietudine esistenziale con Il vile, quasi il frutto di un'implosione del gruppo nel proprio dolore. L'arrivo del nuovo bassista, Dan Solo, di estrazione metal, incide sul sound dei Marlene, che si fa ancora più plumbeo e duro ("Cenere", "Overflash"). Non mancano comunque le ballate alla "Nuotando nell'aria", da "Come stavamo ieri" (altro futuro inno del gruppo) a "Ti giro intorno". Ma i vertici dell'album sono da rintracciare soprattutto nell'ode scomposta di "Ape regina" e nelle distorsioni al cardiopalmo di "L'agguato".

    Il successivo mini-cd Come di sdegno prosegue sulla stessa falsariga, mescolando lampi di rabbia e sofferte introspezioni. Una dicotomia ben espressa dall'iniziale "Aurora", in cui la dolczza del suono si sposa a un testo particolarmente crudo. E se "Questo e Altro" sfoggia un inconsueto profluvio di campionatori, la traccia conclusiva, "La vampa delle impressioni" esaspera verve sperimentale e pretenziosità del gruppo, mescolando una improvvisazione in studio di mezz'ora con una tediosa declamazione di Godano, in un testo impregnato di ira e desolazione.

    Ho ucciso paranoia, dai testi ancora una volta forti, ricercati e appassionati di Cristiano Godano, è un compromesso fra l'anima più melodica del gruppo e quella più inquieta. Se così alcune canzoni appaiono assai più convenzionali e easy ("L'abitudine", "Una canzone arresa"), non mancano sprazzi di desolante alienazione, come nell'iniziale "L'odio migliore", e scampoli d'intenso lirismo (la struggente "Infinità").

    Indubbiamente, però, affiorano i primi germi di una contaminazione con un pop più di maniera e di facile consumo. Nessun calcolo commerciale, però, secondo la band. "Mi preoccupo solo che quello che facciamo sia in qualche modo completo, che abbia un fondamento e, come creazione, sia inattaccabile da più punti di vista", spiega Cristiano. A conferma di ciò, i Marlene Kuntz hanno lasciato all'ascoltatore la scelta di acquistare o meno in allegato all'album anche l'inedito e sperimentale "Spore", con un sovrapprezzo di poche migliaia di lire.

    Con Che cosa vedi, il loro viaggio continua. Un viaggio sempre in bilico tra rumorismo alla Sonic Youth e melodia, che li vede per certi versi vicini agli esperimenti degli italo-americani Blonde Redhead. Restano le stimmate del suono-Marlene. E i trenta secondi iniziali di "Cara è la fine" lo spiegano bene: ritmo incalzante, chitarre graffianti, voce sofferta. Rispetto al disco precedente, l'approccio compositivo è cambiato, non ha paura di aprirsi alla melodia, da sempre presente nelle canzoni del gruppo piemontese, ma spesso nascosta sotto l'aggressività delle chitarre. I Marlene non hanno perso la cura maniacale dei dettagli (basti ascoltare le tastiere presenti nel disco, suonate da Gianfranco Fornaciari), né il loro stile. Ma l'hanno trasferito su un terreno dove non era mai stato. Con esiti non sempre all'altezza delle aspettative.
    Nelle tredici canzoni del disco si spazia da atmosfere più sature ad altre più rarefatte. E se i sussurri di "La canzone che scrivo per te", in duetto con Skin degli Skunk Anansie, possono legittimamente alimentare un senso di mollezza (e di noia), a colpire sono soprattutto i testi, in "murder ballads" come "Cara è la fine" o in semplici canzoni d'amore come "Malinconica", in cui Cristiano Godano dà il meglio di sé, confermandosi anche una delle voci più espressive del panorama italiano. Nel complesso, però, la deriva pop è più che evidente e aliena ai Marlene le simpatie di molti fan della prim'ora.

    Senza Peso (2003) esprime sin dal titolo la contraddizione insita da sempre nella musica dei Marlene Kuntz: un senso di leggerezza ("Nuotando nell'aria"...) contrapposto a un'idea di cupa gravità. Le loro sonorità si sono fatte quantomai secche e immediate, ma anche torbide e decadenti. Grazie anche alla produzione di Rob Ellis e Head, la band piemontese rispolvera scorribande rock degne dei tempi d'oro, come "Sacrosanta verità", "L'uscita di scena", "Con lubricità" e il buon singolo "A fior di pelle", alternate a ballate più tenui, come "Ci siamo amati" o "Schiele, lei, me". Il violino di Warren Ellis (Dirty Three) aggiunge un tocco di magia. E, a parte qualche imperdonabile banalità ("Ci sono istanti/ che vivere è una merda..." in "A fior di pelle"), i testi di Cristiano Godano hanno raggiunto una notevole intensità poetica, tra immagini cupe e citazioni di rilievo (Schiele, Updike). Rispetto alla scivolata commerciale del disco precedente, insomma, un piccolo passo avanti, che se non riporta la band ai fasti degli esordi, se non altro allontana le nubi di una degenerazione "stile-Litfiba" del loro sound .

    Un cambio di notevole importanza ha caratterizzato il periodo di transizione dal precedente album a Bianco Sporco (2005), e cioè l'abbandono tutt'altro che pacifico da parte di Daniele Ambrosoli, sostituito al basso da Gianni Maroccolo pochi mesi prima della uscita del disco stesso. Il celebre bassista ex Litfiba e Csi ha così preso parte alle registrazioni dell'album affiancando Riccardo Tesio, Cristiano Godano e Luca Bergia, con il supporto di Rob Ellis per quanto concerne gli arrangiamenti di tastiere e archi. L'ascolto di questo nuovo album conferma anzitutto che i Marlene degli esordi sono definitivamente scomparsi. Godano e compagni appaiono vicini a quel cantautorato raffinato già lambito nel lavoro precedente, anche se il loro stile non rinuncia a impennate di rock più viscerale.
    Sembra che il gruppo di Cuneo ancora non voglia decidere la strada da intraprendere, se rinunciare definitivamente a quei "fragori e schianti" degli esordi per percorrere la strada di un raffinato pop-rock impreziosito dai delicati scambi e fraseggi di Godano e Tesio, oppure ricercare un fragile equilibrio tra le due istanze. Curiosamente, il titolo sembra ricalcare questo dualismo insito nell'attuale musica del gruppo: bianca, nitida, pura e cristallina, ma capace ancora di produrre un rock sporco, duro, distorto.
    L'album si apre con "Mondo cattivo", canzone abbastanza tirata che contiene quasi un avvertimento a chi si accinge ad ascoltare questo cd, un messaggio a "quegli stronzi che non apprezzeranno mai", che non hanno approvato la svolta sonora intrapresa con Che cosa vedi e proseguita tra le note del discusso Senza peso. La voce di Godano trascina il pezzo, uno dei più segnati dall'influenza dei Sonic Youth, verso un finale strumentale in cui emerge il basso di Maroccolo oltre ai consueti dialoghi chitarristici dello stesso Godano e di Tesio. "A chi succhia" parte come un tranquillo pezzo pop per approdare a un finale inaspettato. Stesso discorso valga per "Il solitario", che si evolve in un'atmosfera distorta e chiassosa. I Marlene non rinunciano a essere cattivi, ma ora lo fanno con estrema classe e purezza, mancando però dell'ispirazione, del "fuoco sacro" che animava i loro primi lavori. "Bellezza", il singolo che ha anticipato l'uscita dell'album, presenta un violino che rimanda alla musica dei Dirty Three e un ritornello che è quasi un manifesto delle scelte espressive di Godano e soci, caratterizzate da una perenne ricerca della raffinatezza estrema. "Poeti", forte di un testo notevole, è tra i pezzi migliori dell'album ed è seguita da una infernale "Amen", dotata di un pathos che rimanda con le dovute proporzioni alle atmosfere di "Ape Regina". "La lira di Narciso" sfugge alla consueta struttura di molte canzoni presenti in questo disco, anche grazie alla presenza di una parte narrata che riporta a brani come "La vampa delle impressioni", e "Vortice", ovvero alcune delle vette "sperimentali" della band. "L'inganno" richiama nelle parti strumentali trame slocore (Codeine) e post-rock (Mogwai). Degna di nota anche "La cognizione del dolore", liberamente ispirata all'opera di Gadda, in cui Godano urla con forza le strofe, fino a un finale che ricorda vagamente quello dell'epica "Nuotando nell'aria". Il disco si chiude con "Nel peggio", brano estremamente tirato, che trova una calma apparente nel finale.

    Le canzoni tendono ad appiattirsi quasi tutte sulla stessa struttura, rinunciando in buona parte a quelle ambizioni sperimentali che non mancavano neanche in Senza peso, basti pensare a una traccia come "Spora 101".
    Forse tutto ciò è un chiaro indizio di quello che sarà il suono dei prossimi Marlene, o forse no.

    Con il successivo Uno (2007) la band di Cuneo che approda a un rock dal taglio nettamente autoriale, eppure oscuro o comunque elaborato, sonoramente ricco di sfaccettature. Un disco di disequilibri, in cui si osa su tutto, a partire dalla voce, dal mezzo falsetto evocativo di "Canto", un uso deliberatamente improprio del mezzo, dalla resa comunque accettabile. Proprio la traccia d'apertura è uno degli esperimenti più arditi, batteria vagamente jazz, colpi di cristalli, chitarrismo teso e involuto, lavorìo infinito di Marroccolo al basso, controcori e un inciso affatato e quasi lirico. Risultato gradevole, portato a compimento nella successiva "Musa", brano più pop che rock, luminosa ode che s'avvale del pianoforte di Paolo Conte.
    Da "111" iniziano a emergere dubbi sulla fattibilità e riuscita del progetto. Canzone a due facce, prima parte con chitarrismo lento e avvolgente, seconda con esplosione di suono violento, poco convincente in ambedue i versanti. "La ballata dell'ignavo", gonfiata eccessivamente dall'orchestrazione, e la mielosa "Canzone sensuale" sono i vertici di pathos romantico, ma anche i brani resi peggio.
    Meglio, molto meglio, quando i Marlene si caricano di stranezze, come nell'atmosfera far-west su cupi cerchi di chitarra di "Fantasmi", con gli sgraziatissimi ululati di controcoro e la carica elettrica del finale. Il corpo centrale paga però l'ulteriore dazio dei troppi brani minori, magari non riempitivi in senso stretto, ma sicuramente non brillanti (l'onirica "Abbracciami"; i giochi di ralenti e ripartenze di "Sapore di miele"; la tenerezza sfuocata di "Canzone ecologica"). Per ritrovare uno spunto significativo bisogna finire in orbita Csi, con la title track, tradizionale rock-song epica con inciso e muro chitarristico efficaci.
    Disco atipico e coraggioso, con una solida idea di fondo, tanto lavoro e tanta buona volontà, Uno non riesce a tradurre le voglie in adeguate canzoni compiute, riuscendo piuttosto solo a far intuire, a tratti e a livello di atmosfera, il valore che aspirava a raggiungere.

    Non mancarono aspre critiche da parte dei fan della prima ora, i quali non gradirono la svolta artistoide intrapresa già da qualche anno ed ora confermata dalla band.
    Il lungo tour che seguì la pubblicazione di "Uno" registrò l'ingresso in formazione del bassista Luca Legash Saporiti, che prese così il posto di Gianni Maroccolo, e del polistrumentista Davide Arneodo.
    Godano trovò anche il tempo per dare alle stampe il proprio esordio come scrittore con la raccolta di racconti "I vivi".

    Dal 2008, in contemporanea con un tour teatrale, iniziò un periodo di sguardi all'indietro.
    I Marlene parteciparono a un disco tributo ai Diaframma, registrando la cover di "Siberia", poi si dedicarono alla preparazione di una raccolta di successi, pubblicata a inizio 2009, al cui interno furono inserite tre cover di PFM ("Impressioni di settembre", che divenne un classico delle esibizioni live del periodo), Giorgio Gaber ("La libertà") e Mina ("Non gioco più").
    Poi scrissero "Canzone in prigione" per il film "Tutta colpa di Giuda", diretto da Davide Ferrario, con Cristiano protagonista anche sulla pellicola.
    A fine 2009 fu la volta del live Cercavamo il silenzio.

    Questo rimestare il passato probabilmente diede una forte scossa al trio piemontese, il quale decise fosse giunto il momento per ritornare a sperimentare in maniera sonica sugli aspetti musicali.
    Nel 2010 Cristiano, Riccardo e Luca si rinchiudono in studio per due settimane con Gianni Maroccolo e Howie B., produttore e dj scozzese, noto per i trascorsi nel mondo del clubbing e per aver contribuito in cabina di regia al controverso "Pop" degli U2.
    Furono due settimane di jam session portate avanti nella massima libertà espressiva, che generarono lunghe suite per gran parte strumentali.
    I momenti migliori furono raccolti in Beautiful (nome dato anche all'estemporaneo progetto), disco nel quale i Marlene Kuntz di riappropriarono delle ambizioni avant-noise del passato, lasciando per il momento da parte la forma canzone troppo lineare.
    Si scelse di fondere la potenza fondamentalmente chitarristica della formazione piemontese con le derive elettroniche di Howie B., il quale ha gestito il tutto in veste di produttore con l'idea di conferire al lavoro un taglio internazionale, invitando Godano a scrivere delle liriche in lingua inglese.
    Beautiful è un album indubbiamente altalenante, anche se va apprezzato il coraggio di rimettersi in discussione e ridiscutere il proprio posizionamento.
    In alcuni momenti del disco ("Single Too") la mano di Howie B. è così calcata che pare di essere stati (piacevolmente) catapultati in un universo da club culture, in altri è invece l'approccio tipico dei Marlene ad essere preponderante ("Tarantino", che ci riporta alle Spore di "Ho ucciso paranoia", "Gorilla" che riscopre sopiti aromi noise-rock).
    Altrove non tutto pare perfettamente riuscito, fra derive sperimentali poco a fuoco ("Giorgis"), raga psichedelici imperniati sulla ripetizione ossessiva ("Suzuki"), improvvisazioni ai limiti con l'ambient ("Fatiche"), eccessi di sconclusionato disordine (l'iniziale "Pow Pow Pow"), prescindibili cover ("White Rabbit" dei Jefferson Airplane di Grace Slick).
    La forma canzone così come canonicamente intesa emerge in corrispondenza di "In Your Eyes", non per niente scelta come singolo promozionale, e "What's My Name?".

    Il 23 novembre 2010 viene pubblicato Ricoveri virtuali e sexy solitudini, album che conferma l'intenzione di tornare verso atmosfere più elettriche e nervose.
    Prodotto da Howie B., e con le preziose presenze di Saporiti al basso e Arneodo alle tastiere, il disco è stato anticipato di qualche giorno dal singolo "Paolo anima salva", efficace disamina sulla perdita delle certezze e l'eccesso di realtà virtuali che popola le nostre giornate.
    Per il fan medio dei Marlene Kuntz Ricoveri virtuali e sexy solitudini sarà un piacevolissimo parziale ritorno all'antico.
    Saranno in molti a gridare al miracolo quando ascolteranno la sferragliante "Orizzonti", che riporta la band di Cuneo in prossimità di certe asperità sonicyouthiane, le stesse rintracciabili nel finale di "Io e me", esemplare mix di groove e noise dove Godano declama rabbiosamente di inevitabili solitudini. "Ricoveri virtuali", il brano che apre la tracklist, è una decisa invettiva contro la tecnologia digitale e l'abuso sconsiderato del downloading, accusato di non rispettare la sensibilità e il lavoro dei musicisti di oggi.

    Con l'aggressivo falsetto di "Pornorima", Godano si toglie anche la soddisfazione di inveire contro tutti gli indie-snob che lo avrebbero ingiustamente attaccato.
    Si potranno condividere o meno queste decise posizioni, sta di fatto che Ricoveri virtuali e sexy solitudini è un album come forse dai Marlene non lo si aspettava più. Fra momenti di impareggiabile poesia ("Scatti") e brani apparentemente più tranquilli ("Vivo", "Oasi", "L'artista") che mantengono sempre il giusto livello di elettricità, risulta evidente il tentativo di volersi riappropriare della centralità della scena alt-rock nazionale.


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    Discografia:

    Catartica (CPI, 1994)

    Il vile (CPI, 1996)

    Come di sdegno (Ep, CPI, 1998)

    Ho ucciso paranoia (CPI, 1999)

    Che cosa vedi (Sonica Factory, 2000)

    Senza peso (Virgin, 2003)

    Bianco sporco (Virgin, 2005)

    Uno (Virgin, 2007)
    Ricoveri virtuali e sexy solitudini (Sony, 2010)




    di Claudio Fabretti
    da.ondarock.it




    Biografia


    Il nucleo originario dei Marlene Kuntz nacque nel 1987, formato dal batterista Luca Bergia e dal chitarrista Riccardo Tesio, che si trovavano regolarmente con vari amici musicisti, a provare nella casa di Luca.
    Nel 1988 si aggiunge a loro il bassista Franco Ballatore e, nell'inverno dello stesso anno, trovano una sala prove a Confreria, una frazione vicinale della città di Cuneo.
    All'inizio del 89 si trova anche un chitarrista in pianta stabile: Cristiano Godano. Cristiano era reduce da un'esperienza con i Jack on Fire!, gruppo rock locale che partecipò a Arezzo Wave 88. In quel periodo Cristiano iniziò a lavorare sui riff e a scrivere i testi delle canzoni, creando alcuni dei pezzi allo stato embrionale che sarebbero finiti su Catartica (1° 2° 3°, per esempio); oltre a questo, presenta al gruppo Alex Astegiano, ex-batterista dei Jack on fire! che sarà la futura voce dei Marlene Kuntz.

    da wikipedia


    Catartica

    catartica



    Catartica è il primo album dei Marlene Kuntz, pubblicato il 27 marzo 1994 distribuito originariamente dalla Phonogram è successivamente ristampato dalla EMI. Esiste anche la versione in LP.


    Storia

    La nascita di quest'album è da far risalire ad un concorso musicale del 1992 (detto Rock targato Italia), che offriva spazio a una compilation prodotta da Gianni Maroccolo, bassista dei CSI, a cui i Marlene Kuntz parteciparono assieme a molte altre band provenienti da tutta Italia (in totale erano 16 gruppi). Il gruppo arrivò però al nono posto ma, grazie al forfait dei Rifiuti solidi urbani (RSU), riuscì a entrare a far parte dei finalisti del concorso. I Marlene Kuntz si fecero così notare da Gianni Maroccolo, che propose loro di registrare tutto il repertorio a Torino per poi sottoporglielo e cercare in questo particolar modo di poter incidere con una qualsiasi casa discografica. La consacrazione dei Marlene Kuntz, avvenne grazie al leader dei CSI Giovanni Lindo Ferretti il quale, durante una convalescenza in ospedale, ascoltò il singolo Lieve che gli piacque a tal punto da fargli decidere di "indirizzare" la band, offrendo loro qualche utile correzione, e ne propose una cover nell'album "In quiete". Nonostante vari contatti con case discografiche indipendenti e non, i Marlene scelsero di autoprodursi, indi arrivò una proposta dalla MCA Records che aveva letto su Rockerilla una recensione positiva del terzo demo (datato 1992) registrato dalla band. Dopo avere reclutato Marco Lega (già presente nella produzione della compilation di Rock Targato Italia) ed essersi spostati a Calenzano, eseguirono le prime registrazioni del disco.

    Descrizioni delle tracce

    Sicuramente questo disco subisce delle pesanti influenze dal suono noise dei newyorkesi Sonic Youth: alcune canzoni, soprattutto la strumentale Non ti scorgo più, che ricorda le battaglie noise fra Kim Gordon e Thurston Moore oppure Sonica, divenuto quasi un manifesto del noise rock italiano. Tra le canzoni più propriamente rock e aggressive vi è MK, quasi un brano di "autopromozione", o Festa Mesta, ricordata soprattutto per le sue versioni live. Non mancano le ballate malinconiche e dolci, come Nuotando nell'aria, una delle poche canzoni che tiene in secondo piano le sonorità strumentali per focalizzarsi sulla voce di Cristiano; oppure Lieve (che è stata riproposta più volte dal vivo dai CSI) o Gioia (che mi do).


    Tracce

    M.K. (Godano/MK) - 3:23
    Festa mesta (Godano/MK) - 4:14
    Sonica (Godano/MK) - 6:38
    Nuotando nell'aria (Godano/MK) - 5:20
    Giù giù giù (Godano/MK) - 3:19
    Lieve (Godano/MK) - 3:42
    Trasudamerica (Godano/MK) - 4:59
    Fuoco su di te (Godano/MK) - 3:22
    Merry X-mas (Godano/MK) - 3:18
    Gioia (che mi do) (Godano/MK) - 5:03
    Canzone di domani (Godano/MK) - 3:52
    Mala mela (Godano/MK) - 5:19
    1° 2° 3° (Godano/MK) - 4:31
    Non ti scorgo più (MK) - 2:32



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    recensione:

    impattosonoro.it


    Marlene Kuntz, Catartica… Due nomi che sono entrati nella storia della musica italiana. Tutto merito di 14 tracce a dir poco memorabili per uno dei migliori album italiani di tutti i tempi. E pensare che il gruppo era stato molte volte sul punto di sciogliersi dopo aver passato 4 anni tra Ep e concerti infruttuosi fino alla pubblicazione di questo loro primo album che consacrò (almeno per la critica) Godano e soci. La principale fonte di ispirazione del gruppo è la decade degli 80s da cui pescano a piene mani con una predilezione particolare per il noise dei maestri Sonic Youth. Un altro importante fattore da ricordare è la produzione artistica del duo Lega-Maroccolo (CCCP, CSI) che garantisce una guida esperta ai quattro ragazzi di Cuneo.

    Il disco si apre con M.K. e già si capisce quale sarà la linea del gruppo: violente schitarrate che colpiscono per l’ intensità e la passione, una componente quest’ ultima che è trasmessa anche dalla grande voce di Godano. La splendida Festa Mesta riesce se possibile ad alzare ulteriormente un livello già elevatissimo grazie ad una cavalcata imperiosa del chitarrista Tesio che si esalta con grandi assoli. Il tempo di riprendersi e in un attimo si è incalzati dalla poderosa batteria di Sonica (uno dei capolavori dell’ album) che sfrutta un lento incedere che culmina nell’emozionante ritornello, per poi rifiatare e terminare in maniera cupa e oscura. Da brividi. Nuotando nell’ aria è l’ ennesimo grande pezzo: comincia tra i bisbigli del cantante facendo quasi pensare a una dolce e tenera ballata ma ben presto sfocia in tutta la sua potenza. Se l’ album finisse qui sarebbe uno dei migliori di tutti i tempi (non solo italiano), purtroppo però cala quasi inevitabilmente: Giù giù giù è un pezzo di transizione così come Lieve (pezzo rifatto anche dai Csi di Maroccolo in tempi non sospetti) che preparano all’ ottima Trasudamericana che ritorna ai vertiginosi ritmi qualitativi iniziali. Oh però intendiamoci: i pezzi di transizione di questo album sono tali solo perchè paragonati alle gemme iniziali, infatti potenzialmente potrebbero essere tutti singoli di successo. Fuoco su di te è uno dei punti più bassi dell’ album perdendosi in un inutile ritornello, invece Merry X-Mas torna sul genere di Festa Mesta e ridà vivacità all’ascolto. Gioia (che mi do) è l’ultimo grande capolavoro del disco, adattando perfettamente la musica ad un intensissimo testo che rende il pezzo uno dei momenti più delicati e dolci dei 60 minuti di ascolto. Canzone di domani segue la malinconia della traccia precedente mentre interessante è Mala Mela che ancora una volta sfrutta i continui cambi di ritmo e di tensione. 1°2°3° è uno dei pezzi più interessanti e innovativi dell’ album con un’ ammaliante riff iniziale.

    Nel complesso l’album gode di una sfilza incredibile di grandissime canzoni (Festa Mesta, Sonica, Nuotando nell’aria, Trasudamericana, Mala mela) accompagnate da altre meno grandi ma di sicura ottima qualità/quantità, rendendo un lavoro di grande compattezza che può essere considerato quasi perfetto.

    Come spesso succede ai grandi capolavori della musica all’ uscita l’ album non fu considerato minimamente dal pubblico, così come il successivo capolavoro Il vile. Oggi però sono ampiamente riconosciuti i meriti di una band che con la sua freschezza e la voglia di far rock ha rinnovato in maniera determinante la scena rock italiana.