PIRATI

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  1. gheagabry
     
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    I Pirati erano veri briganti del mare, senza legge e con l'unico scopo di arricchire se stessi, accumulando tesori preziosi. La pirateria ha un' origine antica che ebbe grande sviluppo verso il 1500 con la scoperta del Nuovo Mondo e l'aumento dei traffici marittimi. Nel corso dei secoli il Mediterraneo fu infestato da Pirati barbareschi, cioè provenienti dalla Barberia, abitata dai Berberi. Veloci e coraggiosi, i pirati barbareschi calavano come il fulmine sulle navi delle Repubbliche Marinare italiane; operando per proprio conto sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra. Essi nelle loro navi pirata avevano un emblema: la bandiera nera che veniva rappresentata con un teschio e due tibie incrociate su fondo nero.
    Era ben difficile che una nave nemica, anche se passava lontana, non fosse avvistata dai pirati. Durante le traversate tutti gli occhi erano fissi all'orizzonte, perché il primo che vedeva la preda aveva diritto ad un premio. Quando una vela era in vista, l'equipaggio afferrava le armi e correva al proprio posto. A prua si portavano quelli armati di moschetto; altri si coricavano sul ponte per non farsi scorgere; tenevano il coltello fra i denti e la pistola nella mano destra, la sinistra era libera per l'arrembaggio. Intanto il timoniere portava a tutta velocità la nave sulla scia dell'altra; in questo modo le presentava sempre la prua e offriva uno stretto bersaglio in caso che sparasse.





    Il fenomeno della pirateria è antichissimo. Vi sono esempi di pirati nel mondo classico tra i Greci e i Romani, quando ad esempio gli Etruschi erano conosciuti con l'epiteto greco Thyrrenoi, (da cui poi deriva Mar Tirreno) e avevano la fama di pirati efferati; altri esempi furono nell'Alto Medioevo i vichinghi e i danesi, nel Basso Medioevo e nel Medioevo e Rinascimento i pirati Saraceni. Il Mar Mediterraneo vide sorgere e consolidarsi alcune fra le più antiche civiltà del mondo ma, nello stesso tempo, le sue acque erano percorse anche da predoni del mare. L'Egeo, un golfo orientale del Mediterraneo e culla della civiltà greca, era un luogo ideale per i pirati, che si nascondevano con facilità tra le migliaia di isole e insenature, dalle quali potevano avvistare e depredare le navi mercantili di passaggio. Le azioni di pirateria erano inoltre rese meno difficoltose dal fatto che le navi mercantili navigavano vicino alla costa e non si avventuravano mai in mare aperto. L'attesa dei pirati, su una rotta battuta da navi cariche di mercanzie, era sempre ricompensata da un bottino favoloso. I pirati attaccavano spesso anche i villaggi e ne catturavano gli abitanti per chiedere un riscatto o per rivenderli come schiavi. Man mano che le città-stato della Grecia crebbero in potenza, attrezzarono delle navi scorta per difendersi dalle azioni di pirateria.
     
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  2. gheagabry
     
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    Jacques Jean David Nau, detto l’Olonese, fu probabilmente il più famoso dei bucanieri francesi.
    Egli nacque a Sable d’Olonne (da qui derivò il suo soprannome) nel 1634 circa, e trovò la morte nel 1671 sulle coste della Colombia.
    L’Olonese è universalmente considerato uno dei più feroci e cruenti pirati che abbiano mai solcato i mari sotto una bandiera nera, nel periodo in cui la celeberrima isola di Tortuga rappresentava un approdo sicuro per tutti coloro che cercavano un posto dove potersi nascondere (soprattutto dagli spagnoli) e magari cambiare vita.

    Nel periodo dell’infanzia Nau lavorò come servo presso un ricco proprietario terriero sulle coste dell’isola di Martinica.
    Nel 1653, trasferitosi sull’isola di Hispaniola, dopo aver assolto i suoi obblighi da servitore si imbattè in un gruppo di bucanieri, e rimase affascinato dai loro racconti e dalla loro vita densa di avventure e libertà. Così, in quello stesso anno, Nau “L’Olonese” iniziò la sua incredibile “carriera”, guadagnandosi immediatamente l’ammirazione dei suoi compagni e del governatore francese dell’isola di Tortuga, Monsieur de La Place, che lo pose subito a capo di una piccola nave, esortandolo a combattere lo strapotere dell’Impero spagnolo.
    In un breve lasso di tempo egli divenne un grande e stimato condottiero, e riuscì ad accrescere la sua fama al punto da guadagnarsi l’appellativo di “flagello delle navi spagnole”.






    Dopo aver conseguito alcuni successi la sua nave venne distrutta da una tempesta nei pressi dello Yucatan, e insieme ad essa andò perso tutto il tesoro che l’Olonese aveva accumulato fino ad allora.
    Ritornato a Tortuga, il governatore dell’isola, che lo appoggiava in maniera incondizionata, gli regalò una nuova nave, con la quale scese le coste nei pressi di Campeche.
    Qui subì però una clamorosa sconfitta: quasi tutto l’equipaggio venne catturato o ucciso dagli spagnoli, ma l’Olonese, sporcandosi con il sangue dei caduti e fingendosi morto, si salvò insieme a pochi altri.
    Egli riuscì a fuggire da Campeche su una nave rubata ai nemici, anche grazie ad alcuni schiavi francesi ai quali promise la libertà in cambio d’aiuto.
    Durante il viaggio di ritorno, avvicinandosi alle coste di Cuba, con solo due canoe e 25 uomini a bordo riuscì a catturare un vascello nemico con l’intero equipaggio spagnolo, composto da 90 persone, che sterminò senza alcun indugio.
    Solo un marinaio ebbe salva la vita, e fu spedito dal governatore spagnolo dell’Havana con il messaggio che l’Olonese avrebbe continuato a spendere la propria vita per compiere imprese come quella, e che nessuno sarebbe mai riuscito a prenderlo vivo.
    Nel 1666 fece ritorno a Tortuga, dove insieme ad un altro famoso filibustiere, Michel Le Basque, formò un piccolo esercito composto da 400 uomini e 6 navi.
    Il sodalizio di questi due condottieri inferse danni terribili alle navi spagnole, ed il loro territorio di caccia preferito divenne il Golfo del Venezuela.
    In un breve ma intenso periodo di attività i due riuscirono a compiere imprese atroci ed orrende.
    La più famosa fu la cattura del porto di Maracaibo, dove, dopo aver commesso saccheggi, omicidi e stupri di ogni tipo, guadagnarono una fortuna con il riscatto pagato dal governatore locale.
    Da lì salparono verso Gonaives, a Santo Domingo, un porto tra i più sicuri per i filibustieri francesi, dove si divisero un favoloso bottino composto da oro, seta, gioielli e lastre di argento.
    Nel 1668, dopo due anni di scorribande con Le Basque, l’Olonese accumulò un tesoro immenso, che riuscì però a sperperare completamente poco tempo dopo essersi diviso dal suo socio. Egli quindi tentò subito di impossessarsi di nuove ricchezze, e decise di organizzare un piano per catturare l’opulenta Granada.



    Dopo essersi diretto a sud di Cuba, dove saccheggiò un piccolo gruppo di navi, l’Olonese tentò di catturare il porto di Cape Gracias-a-Dios, ma non riuscì nel suo intento, e allora decise di proseguire fino al Golfo dell’Honduras.
    Qui catturò un numero imprecisato di navi, derubò qualche villaggio sulle coste e torturò a sangue diversi indigeni alla scopo di farsi rivelare l’esatta ubicazione di tesori leggendari (che infatti non trovò mai).
    Le cronache del tempo narrano che un giorno, durante una scorreria, con il suo pugnale strappò il cuore di un prigioniero per farlo mangiare ad un compagno del povero sventurato.
    Questi comportamenti brutali e feroci (attuati anche nei confronti del suo equipaggio) alla lunga ebbero solo l’effetto di disaffezionare gli uomini che erano al suo seguito, che lo dipingevano ormai non più come un abile condottiero, ma come un avaro tiranno alla perenne ricerca di tesori immaginari.
    Nel 1670 l’Olonese tentò di conquistare la città di Guatemala, ma il progettò fallì miseramente perchè i suoi uomini, spaventati dalle strutture difensive della città e stanchi dell’atteggiamento del proprio comandante, cominciarono a tradirlo un po’ alla volta.
    Rimasto con un solo vascello, durante una navigazione venne sorpreso da una tempesta che lo travolse e lo scaraventò sugli scogli di Pearl-Key; con i resti della nave riuscì a costruire una zattera e risalire il fiume San Juan, ma un giorno venne attaccato da un gruppo di indiani e il suo equipaggio venne definitivamente sconfitto.
    La parabola ormai discendente di Jacques Jean David Nau, detto l’Olonese, conobbe la sua fine sulle coste del Golfo di Uraba, dove venne preso in consegna da un gruppo di cannibali che provvide a mangiare le sue carni e quelle dei pochi uomini che ancora gli erano rimasti fedeli.
    EV
     
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  3. gheagabry
     
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    "La Fratellanza ha gli occhi puntati qui, su di noi sull'Ammiraglia, la Perla Nera. E cosa vedranno? Topi impauriti a bordo di una nave alla deriva? No! No, vedranno uomini liberi e libertà! E quel che vedrà il nemico sarà il lampo dei nostri cannoni e udirà il fragore delle nostre spade e si renderà conto di quel che valiamo noi. Grazie al sudore della fronte e alla forza delle nostre schiene e al coraggio dei nostri cuori. Signori, su le bandiere..."
    (dal film Pirati ai Caraibi)


    I PIRATI



    La pirateria è l'attività illegale di alcuni marinai che, abban-
    donando per scelta o per costri-
    zione la precedente vita sui mercan-
    tili. Lo si diventava per tante ragioni: dalla miseria dei ceti meno abbienti all'esigenza di ribellarsi a frusta gerarchia e sfruttamento che si subivano nella marina mercantile di un dato paese (Francia, Inghilterra, Olanda, ma anche da Portogallo, Belgio, Danimarca, Svezia e dalle colonie). Il corsaro invece era spesso un ex-pirata che voleva legalizzare la propria posizione. Il sostantivo deriva dal latino ‘pirata, piratae’, che a sua volta deriva dal greco "πειρατής" (peiratès), dal verbo "πειράομαι" (peiráomai) che significa “fare un tentativo, provare un assalto”. Diversi sono i termini coi quali sono indicati i pirati nel corso del tempo. Tra questi, "bucanieri", derivato da Boucan, e "filibustieri", derivato dal francese filibustirs (in inglese freebooter) o dall'olandese vrijbuiter (vrij = libero, buiter = bottino).

    La storia dei pirati e dei corsari è legata alla storia della navigazione, dell'esplorazione e della colonizzazione da parte delle civiltà antagonistiche in grado di avere un accesso sul mare. L'unica differenza esistente tra "pirati" e "corsari", secondo il "Buccaneers of America", stampato in Olanda nel 1678, era che quest'ultimi agivano al servizio di una potenza marittima che, in cambio della protezione, pretendeva da loro una parte del bottino. Le iniziative dei corsari erano sempre mascherate da pretesti politici o religiosi. I corsari, se venivano catturati, erano considerati come prigionieri di guerra, e giudicati secondo le norme previste dal diritto bellico marittimo, mentre i pirati catturati venivano sommariamente giustiziati. "Corseria" deriva da "licenze di corsa" (o "di marca"), le lettere che, date da un governo in carica, autorizzavano qualcuno a "correre sul nemico"o "guerra della corsa". Etimologicamente il termine deriva dal tardo greco “kurseuo” con il quale la marina militare bizantina designava la caccia nel Mediterraneo alle unità navali arabe. Le aree considerate ad alto rischio perché interessata dalla presenza di pirati sono cambiate nel corso della storia. Tra queste, il Mar dei Caraibi, la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso, il Golfo Persico, la costa indiana di Malabar e tutta l'area tra le Filippine e l'Indonesia, dove spadroneggiavano i pirati filippini. Il Mar Cinese Meridionale ospitava all'inizio del XIX secolo la più numerosa comunità di pirati, si stima circa 40.000, nonché la più temuta per le atrocità di cui si rendevano responsabili.

    ….storia….



    La pirateria è più antica della corseria, in quanto già documen-
    tata nell'Egitto dei faraoni. Era un modo di essere in guerra senza una dichia-
    razione specifica. Achei, Cretesi e Fenici aggre-
    divano città indifese e catturavano schiavi da vendere al primo mercato. Vi sono esempi di pirati anche nel mondo classico tra i Greci e i Romani, come gli Etruschi che erano conosciuti con l'epiteto greco Thyrrenoi, (da cui poi deriva Mar Tirreno) e avevano la fama di pirati efferati. Plutarco (lo storico) nell’anno 100 a.C. descrisse i pirati come coloro che attaccavano senza autorità legale, non soltanto le navi mercantili, ma anche le città marittime, dando così la prima definizione precisa.
    All’inizio del primo secolo a.C. il giovane Giulio Cesare fu preso prigioniero da pirati che veleggiavano nelle acque intorno all’isola di Rodi. Secondo un famoso aneddoto riferito da autori come Svetonio (nel De Vita Caesarum, libro I) e Plutarco (nelle Vite Parallele): dopo trentotto giorni di prigionia nell’isola di Pharmacusa e il pagamento di un riscatto ingente, una volta liberato, Cesare attaccò il rifugio dei pirati con quattro galere da guerra e cinquecento soldati: non solo rientrò in possesso dei cinquanta talenti del riscatto e fece anche centinaia di prigionieri. Pompeo condusse una vera e propria guerra contro i pirati, con il sostegno del Senato Romano. I pirati erano, quasi sempre, giustiziati pubblicamente.
    Il Mar Mediterraneo vide sorgere e consolidarsi alcune fra le più antiche civiltà del mondo ma, nello stesso tempo, le sue acque erano percorse anche da predoni del mare. L'Egeo, un golfo orientale del Mediterraneo e culla della civiltà greca, era un luogo ideale per i pirati, che si nascondevano con facilità tra le migliaia di isole e insenature, dalle quali potevano avvistare e depredare le navi mercantili di passaggio. Le azioni di pirateria erano inoltre rese meno difficoltose dal fatto che le navi mercantili navigavano vicino alla costa e non si avventuravano mai in mare aperto. L'attesa dei pirati, su una rotta battuta da navi cariche di mercanzie, era sempre ricompensata da un bottino grandioso. I pirati attaccavano spesso anche i villaggi e ne catturavano gli abitanti per chiedere un riscatto o per rivenderli come schiavi. Man mano che le città-stato della Grecia crebbero in potenza, attrezzarono delle navi scorta per difendersi dalle azioni di pirateria. I pirati stavano diventando una vera e propria minaccia soprattutto per le navi fenice che trasportavano materie pregiate come ambra, argento e rame. Lo storico Cassio Dione Cocceiano al tempo della guerra piratica di Pompeo del 67 a.C.:

    « I pirati non navigavano più a piccoli gruppi, ma in grosse schiere, e avevano i loro comandanti, che accrebbero la loro fama [per le imprese]. Depredavano e saccheggiavano prima di tutto coloro che navigavano, non lasciandoli in pace neppure d'inverno [...]; poi anche coloro che stavano nei porti. E se uno osava sfidarli in mare aperto, di solito era vinto e distrutto. Se poi riusciva a batterli, non era in grado di catturarli, a causa della velocità delle loro navi. Così i pirati tornavano subito indietro a saccheggiare e bruciare non solo villaggi e fattorie, ma intere città, mentre altre le rendevano alleate, tanto da svernarvi e creare basi per nuove operazioni, come si trattasse di un paese amico. »


    Con la caduta dell'impero romano i commerci marittimi diradarono sempre più e, per alcuni secoli, la pirateria scomparve dal Mediterraneo, anche perché nessuna potenza mediterranea era più forte di quella bizantina. Gli unici che, a partire dall'VIII secolo, ebbero il coraggio di compiere incursioni piratesche sui territori bizantini, furono i saraceni, che conquistarono la Sicilia e che erano considerati fuorilegge dallo stesso Regno Arabo di Spagna. In quel periodo ripresero i commerci mediterranei fra occidente e oriente, in particolare per opera delle città marinare italiane: Amalfi, Pisa, Genova, Gaeta, Venezia; piccole navi mercantili facevano la spola tra i porti bizantini e quelli delle coste mediterranee meridionali e occidentali dalla Siria alla Catalogna.
    Nell'alto Medioevo, i pirati furono vichinghi e danesi contro i cristiani, ma nel basso Medioevo lo furono anche i cattolici latini contro arabi e bizantini e, finito il Medioevo, lo furono i turchi contro i cristiani in generale.
    I Normanni effettuarono incursioni in Inghilterra, Irlanda, Spagna, Francia e Italia meridionale, spingendosi fino alla lontana Islanda e sulle coste dell'America, cinquecento anni prima di Colombo. Con le loro leggere navi dal fondo piatto, che potevano essere anche messe su ruote, i Normanni risalivano i fiumi e depredavano i villaggi. In Francia si stabilirono permanentemente e dalla Normandia occuparono l'Inghilterra e il Mezzogiorno italiano, cercando di espandersi in Africa e nell'impero bizantino. Le città erano terrorizzate dai Normanni e, per difendersi dai loro attacchi, iniziarono a proteggere quei pirati che potevano aiutarli a difendersi.
    Enrico III D'Inghilterra (1216-1272) emesse le prime lettere di marca conosciute. Ve ne erano di 2 differenti tipi: in tempo di guerra il re emetteva lettere di corsa che autorizzavano i corsari ad attaccare le navi nemiche, ed in periodo di pace i mercanti che avevano perso le navi od il carico per colpa di pirati potevano richiedere una lettera di marca speciale che permetteva loro di attaccare navi appartenenti allo Stato d'origine del pirata, per recuperare le perdite.

    Tra le cause dello sviluppo della moderna pirateria vi fu l'azione della Francia e dell'Inghilterra che, per contrastare la Spagna nel Mare dei Caraibi, finanziarono vascelli corsari che saccheggiassero i mercantili spagnoli. Successivamente, sia per il venir meno dell'appoggio anglo-francese, sia per una acquisita abitudine allo stile di vita libero ed indipendente, molti corsari divennero pirati. Nel 1717 e 1718 Re Giorgio I di Gran Bretagna offrì il perdono ai pirati nella speranza di indurli ad abbandonare la pirateria, ma il provvedimento si dimostrò di nessuna efficacia. Per rendere i mari più sicuri si organizzò allora una sistematica "caccia ai pirati" da parte di navi corsare, specificamente autorizzate dai governi per combattere i pirati. Attorno al 1720, i pirati dell'Atlantico non superavano le 4000 unità ma, nonostante ciò erano una pesante minaccia sullo sviluppo capitalistico dei commerci tra Inghilterra e colonie. Con la pace di Utrecht, la fine della guerra di successione spagnola ed il nuovo equilibrio tra potenze a partire dal 1714, le marinerie militari di Francia, Spagna e Inghilterra furono molto ridotte e vi fu anche una certa diminuzione dei commerci internazionali. La disoccupazione che colpì i marinai, la drastica diminuzione dei salari che ad essa si accompagnò, ed il contemporaneo peggioramento delle condizioni di vita a bordo dei vascelli, spinse un gran numero di marinai verso la pirateria che prometteva loro guadagni più facili e condizioni di vita più umane.

    Attraverso la pirateria si sono potuti costituire molti patrimoni signorili. Nel passato non si rubavano solo ricchezze, ma anche uomini, da utilizzare o rivendere come schiavi, e se erano di alto rango potevano essere riscattati. Anche i cristiani praticavano la pirateria, soprattutto i veneziani (che sulla costa dalmata dovevano combattere contro i corsari uscocchi protetti dagli austriaci): veneziani, normanni e angioini furono sempre interessati a eliminare i bizantini, gli arabi e i turchi dal Mediterraneo. L'intero periodo delle crociate medievali fu caratterizzato da un'intensa attività corsara da parte dei cristiani contro bizantini e arabi. Vi erano persino ordini religiosi preposti a ciò, come p.es. i Templari e i Cavalieri di San Giovanni e, nei secoli successivi, i Cavalieri di Malta e i Cavalieri di Santo Stefano (Pisa).
    Con le crociate la guerra di corsa s'interseca con la pirateria, ch'era praticata e ammessa fin dagli ultimi secoli del Medioevo: tutti gli Stati vantavano diritti su dati tratti di mare e le loro navi non si facevano scrupolo di assalire e depredare le navi straniere che incontravano in quelle zone e di catturarne l'equipaggio e i passeggeri, esigendo poi riscatti più o meno alti. Tutte le imbarcazioni venivano attrezzate per il combattimento e non esisteva praticamente differenza tra una nave mercantile e una da guerra.

    I marinai delle regioni a maggioranza berbera che si affacciano sul Mar Mediterraneo e che operarono tra il XIV e il XIX secolo dalle coste marocchine, algerine, tunisine o libiche, non venivano considerati pirati dagli ottomani, in quanto non aggredivano navigli musulmani ma solo imbarcazioni cristiane. Dal XIV sec. al XVIII Venezia era in grado di controllare l'intero Adriatico non solo grazie ai suoi commerci (che fino alla quarta crociata doveva dividere con Bisanzio), ma anche grazie alla sua pirateria (famoso era il corsaro Andrea Doria). Lo strumento principale che usava era la galea (sino al XVII sec.) con i rematori e, se c'era vento favorevole, con le vele. La tattica più usata era lo speronamento e, dopo l'introduzione della polvere da sparo, il bombardamento (ma non mancavano mai gli arcieri). Se le navi venivano a contatto, si passava all'arrembaggio, per un combattimento corpo a corpo. Anche i Savoia si macchiarono di schiavismo e guerra corsara, dando licenza e autorizzazione a Gugliemo Prebost di operare nei mari di Barberia. La pirateria mediterranea ricevette nuovo impulso dopo la definitiva cacciata dei Mori dalla Spagna nel 1492. Nell'Africa settentrionale si riversò un gran numero di musulmani, profughi della penisola Iberica; erano gente progredita, avvezza alle ricchezze, fiera e bellicosa. Tutta la costa barbaresca, dall'Egitto a Gibilterra, divenne un'unica, attivissima base di operazioni piratesche dirette contro le coste di Spagna e d'Italia e, soprattutto, contro i convogli carichi di merci che solcavano il Mediterraneo. Nel 1541 la flotta spagnola, capitanata dallo stesso imperatore Carlo V, fu completamente distrutta da Khaye-ed-din, il Barbarossa, il quale, divenuto corsaro, copriva il grado di Grande Ammiraglio della flotta turca.
    Il tramonto della pirateria barbaresca iniziò dopo la sconfitta subita a Lepanto (1571), ma in realtà, tra alti e bassi, proseguì sino a quando l'impero turco non fu più in grado di conservare i propri confini, cioè in sostanza con l'indipendenza della Grecia e soprattutto con la conquista francese di Algeri, capitale internazionale della guerra piratesco-corsara (1830) che inaugurò la completa colonizzazione della costa nordafricana, compiuta dalle potenze europee.A partire dal 1722 la guerra diventò atroce. Alle esecuzioni e spedizioni militari contro i filibustieri fecero da contraltare le violenze sempre più efferate dei pirati. Diminuirono così i marinai disposti a navigare sotto la bandiera nera e aumentarono gli ammutinamenti sulle navi pirata. Con le impiccagioni degli ultimi filibustieri, Gow, Fly, Lyne e Low, in quattro anni la pirateria fu spazzata via. La pirateria fu semplicemente sostituita dal colonialismo delle potenze europee, le quali erano in grado di controllare i mari e gli oceani di tutto il pianeta. Essa però continuò in Malesia, nei mari della Cina e in Sudamerica (un illustre corsaro, al servizio della Repubblica di Rio Grande do Sud, fu Giuseppe Garibaldi).

    In realtà la pirateria moderna era iniziata nel XVI secolo, nel Mar delle Antille, quando inglesi, francesi e olandesi volevano ridurre il predominio assoluto degli spagnoli nelle Americhe e sull'Atlantico, per cui finanziavano vascelli corsari che saccheggiassero i loro mercantili. Famosi corsari furono Thomas Cavendish (1555-92), Francis Drake che combatté contro gli spagnoli per conto della regina Elisabetta I e riuscì ad arricchire le casse dello stato con un bottino di oltre 200.000 sterline, e John Hawking (1532-95). Ma non mancarono donne pirata, come Mary Read e Anne Bonny, la scandinava Alwilda, l’irlandese Grace o’Malley e la capo pirata cinese Mrs Cheng. I corsari francesi furono i primi ad attaccare e depredare i galeoni spagnoli quando, nel 1522, il navigatore Giovanni Da Verrazzano, due anni prima della scoperta della baia di New York, riuscì a catturare tre navi spagnole cariche di tesori. I pirati e corsari continuarono ad agire sull'Atlantico almeno sino al 1860, quando i velieri furono sostituiti dalle navi a vapore, molto più veloci. Sino a metà dell'Ottocento le aree considerate ad alto rischio erano il Mar dei Caraibi, la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso, il Golfo Persico, la costa indiana di Malabar e tutta l'area tra le Filippine e l'Indonesia, dove spadroneggiavano i pirati filippini. Il Mar Cinese Meridionale ospitava la più numerosa comunità di pirati, circa 40.000 all'inizio dell'Ottocento, e la più temuta per le atrocità di cui si rendevano responsabili. La Dichiarazione di Parigi del 1856 proibì la guerra di corsa e mise fuorilegge la figura del corsaro, inteso come armatore/conduttore di navi private armate per funzioni belliche, affermando che solo le Navi da Guerra sono gli unici soggetti che hanno diritto di partecipare alle ostilità. Ciononostante la pirateria non ha mai cessato di esistere.

    ...Le regole per la ciurma...



    Ognuno aveva il diritto di voto, a provviste fresche e alla razione di liquore. Nessuno deve giocare a carte o a dadi per denaro. I lumi delle candele devono essere spenti alle otto. Tenere sempre le proprie armi pronte e pulite. Donne e fanciulli non possono salire a bordo (anche se alcuni pirati accettarono le donne). Chi diserta in battaglia viene punito con la morte o con l’abbandono in mare aperto.
    Il capitano veniva eletto dall'equipaggio e non godeva del potere assoluto, anzi gli veniva affiancato un quartermaster che ne conteneva l'autorità, svolgendo le mansioni di tribuno, mediatore, tesoriere e custode dell'armonia a bordo. La massima autorità era nelle mani del consiglio generale che riuniva tutto l'equipaggio, fino all'ultimo mozzo, e aveva l'ultima parola su qualunque questione. E, prima di ogni spedizione, venivano stabiliti accordi scritti che regolavano la distribuzione dell'autorità, del bottino, del cibo e delle altre risorse, e le norme di disciplina. Alcuni pirati liberarono gli schiavi neri ad Hairi, a partire dal 1600, per averli come marinai.
    La tattica del combattimento in mare aperto era basata sull'avvistamento (il primo che vedeva la nave aveva diritto a un premio); l'equipaggio afferrava le armi e correva al proprio posto; a prua andavano i pirati armati di moschetto; altri si coricavano sul ponte per non farsi scorgere; tenevano il coltello fra i denti e la pistola nella mano destra, la sinistra era libera per l'arrembaggio. Intanto il timoniere portava a tutta velocità la nave sulla scia dell'altra; in questo modo le presentava sempre la prua e offriva uno stretto bersaglio in caso che sparasse. Accostatisi alla preda, i pirati agganciavano, servendosi di grappini d'arrembaggio, il proprio vascello alla nave nemica; al comando del capitano la ciurma si arrampicava e balzava sul ponte nemico; solitamente l'equipaggio si arrendeva e i pirati facevano razzia di tutto ciò che trovavano di prezioso.

    Anticamente i pirati di tutto il mondo usavano un codice proprio, una specie di "seconda lingua" fatta di gesti e parole. Un vero pirata doveva conoscere anche il passato di quelli venuti prima di lui!
    Le più famose e classiche furono:
    -Ahrrrrr! (Usato al posto di "sì comandante!")
    -Corpo di mille balene!
    -Beh, per la barba di Achab!
    -Per tutti i bucanieri!
    -Per mille spingarde!
    -Per la benda di barbanera!
    -Yo ho ho!

    Per poi passare a espressioni più elaborate e note a pochi:
    -Ahoy! (Espressione di sorpresa)
    -Avast! ("Sicuramente!")
    -Ahoy ahrrr matey! (Forma composta, come molte altre in questo dialetto)
    -Yahrrrrrr! (variante del classico "Ahrrr!")

    E infine, i modi di dire composti in lingua straniera (essendo stata la maggior parte dei pirati di lingua inglese):
    -Shiver me Timbers! ("Accidenti!")
    -Belay! ("Fermo!")
    -He's gone to Davy Jones' Locker! ("E' morto!")
    -Fore! ("Avanti tutta!")
    -Fire in the hole! (Avvertimento che sta come "Spara quel cannone!")
    -No prey, no pay! ("Niente arrembaggio, niente pagamento!" Sta a significare uno dei maggiori stili di vita pirateschi, secondo il quale la ciurma non veniva pagata ma il bottino era condiviso fra tutto l'equipaggio)
    -Dead men tell no tales. ("Gli uomini morti non raccontano storie", tipica scusa per non lasciare... sopravvissuti)
    -Sea Legs! (L'abilità di qualcuno al timone, anche nei mari più tempestosi)
    -Shark bait ("Amo per squali", gettare un membro fuori bordo per insubordinazione)
    -Wench ("Ragazza")
    -Ye! ("Tu!")


    (tratto da www.homolaicus.com/storia/trasversale/pirati-corsari.htm, web)
     
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2 replies since 19/6/2013, 13:13   779 views
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