Brunori Sas, pseudonimo di Dario Brunori (Cosenza, 28 settembre 1977), è un cantautore italiano.
Biografia
Brunori si avvicina al mondo della musica, in particolare quello della chitarra, nell'età adolescenziale per sconfiggere la noia del piccolo paesino calabrese in cui nasce e che non ha molto da offrire ad un ragazzo pigro ed introverso.
Brunori Sas a Trento nel 2011
Studia e consegue la laurea in Economia e Commercio ed entra a far parte del cementificio di famiglia. Tuttavia non è la vita che il cantautore ha sognato e dopo aver esordito nel 2003 firmando tre brani per il collettivo Minuta, nel 2005 è tra i fondatori dei Blume, con cui pubblica l'album In tedesco vuol dire fiore.
Il suo esordio da solista avviene nel 2009 con il nome d'arte di Brunori Sas, il quale volutamente richiama il nome dell'azienda di famiglia in forma societaria accomandita semplice per ricordare i suoi studi e di come la nascita del cantautore sia avvenuta in un contesto tutt'altro che affine a quello musicale. La pubblicazione dell'album Vol. 1 riscuote un discreto successo e vince il Premio Ciampi come migliore album d'esordio, nel 2010 raccoglie anche il Premio Tenco come miglior autore emergente.
Nel giugno del 2011 pubblica il suo secondo album da solista, Vol. 2 - Poveri Cristi e inizia un tour estivo ricco di date in tutta Italia.
Discografia
Con i Blume
In tedesco vuol dire fiore (Pippola Music/Audioglobe, 1º maggio 2006)
Solista
Vol. 1 (Pippola Music, giugno 2009) Vol. 2 - Poveri Cristi (Picicca, 17 giugno 2011)
Premi e riconoscimenti
2009 Premio Ciampi - Miglior debutto discografico dell'anno con l'album Vol.1 2010 Premio Siae / Club Tenco all'autore emergente 2011 Premio Italiano Musica Indipendente - Miglior Live
“Imprenditore mancato e neo-urlatore italiano”. Si definisce così Dario Brunori, cosentino doc (Guardia Piemontese, ndr.) ed ennesimo talento tricolore gettato dalla vivacissima Pippola Music nel calderone indipendente italiano, dopo i vari Fitness Forever, Superpartner, Annie Hall e la neo-stella dell’indie-pop al vaudeville europeo, Beatrice Antolini. In “Vol. Uno”, esordio al fulmicotone del giovane cantautore calabrese, ciò che colpisce di scatto e fin dai primissimi “squarci” acustici, è la continua ricerca nostalgica, per certi versi “coraggiosa”, di un’italianità musicale genuina, spontanea, sincera, cutugna, autobiografica. Un’attitudine che nasce dalla volontà di guardarsi indietro nel tentativo disperato di evadere per un istante dai drammi e dalle paure di un presente irto di ansiolitiche divagazioni lavorative, sempre più affondato e deviato da una precarietà irreversibile. Difatti, la scrittura è spesso preda dei drammi economici e sociali dei trentenni di oggi: “E’ il mutuo il pensiero peggiore del mondo. Tasso fisso, con l’euribor c’è chi sta impazzendo da un anno. Cosa vuoi che scriva? Di cosa vuoi che canti?” (“Come Stai”).
In questo marasma di “pugni” e “calci”, prendono il sopravvento citazioni inerenti la quotidianità popolare dello Stivale a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, quasi a rimarcare la netta costrizione di dover rimpiangere inevitabilmente la beatitudine di un’adolescenza vissuta in stato di grazia. E così, tra palloni arancioni sgonfiati, Pertini, Bearzot, Edwige Fenech e Novella 2000, Brunori svuota dal sacco un caleidoscopio di “canzoni da spiaggia” raffinato, urlato e narrato con classe e impagabile ironia. In tal senso, “Guardia 82” è un’istantanea dove i ricordi estivi legati ai primi amori recano rabbia e rancore. Siamo dalle parti del primo, ingenuo Gaetano (il trotto stralunato di “Paolo”), del Graziani più intimo, o dell’ultimo Tricarico (“Nanà”). Allo stesso tempo, la divina nonchalance e lo scazzo speranzoso di “Di così” appagano e inducono a una rinnovata fiducia, mentre le lancette della memoria danzano leggiadre nel disincanto melodico e bongustiano di “Stella d’argento”.
A dirla tutta, in “Vol. Uno” non c’è posto per la complessità filosofica e/o narrativa, ancor meno per le logorree citazioniste e le melodie arzigolate. Nelle sua modellazione, è la semplicità ad agitare le corde e a infiammare l’ugola. Dirette ed essenziali, le canzoni di Brunori Sas sono tremendamente vicine ai nostri umori attuali, alle nostre malinconie, e potrebbero tranquillamente sostare sul comodino, come una foto d’estate o un ricordo mai sbiadito.
Fonte: Ondarock
La sas della musica si chiama Brunori e produce "volumi" Tra Rino Gaetano e Ivan Graziani, il cosentino Dario Brunori è uscito con un album nel quale è bello specchiarsi. Storie spontanee e quotidiane che gli hanno fatto vincere il Premio Ciampi
di Fabrizio Basso
Era dai tempi di Fausto Papetti e Gil Ventura che non si sentiva un cantautore (beh, i signori citati erano sassofonisti, non tessitori di parole) infilarsi nella strada dei volumi. Non quelli sonori ma quelli numerici. Dario Brunori, cosentino, musicante più per caso che per scelta ma prontamente convertito all'artigianato delle sette note, pare abbia inforcato la via dei volumi. E' uscito il primo e subito si è portato a casa il Premio Ciampi e ora "sto già pensando al volume 2. E' un momento per me propizio e intendo sfruttarlo ma restando con i piedi per terra poiché al momento vivo tutto questo come un gioco". La stranezza di quel sas che seguie il cognome è presto detto, è terminologia societaria e sta per società accomandita semplice e ricorda "che una società Brunori esiste davvero ed è l'azienda di famiglia". Come per dire che in famiglia c'è chi lavora sul serio. Ma Dario si prende sul serio senza prendercisi. Perché l'album è vero. Racconta storie belle da ascoltare e, talvolta, da specchiarcisi. E', il suo, un pop italiano che oscilla tra Rino Gaetano e Ivan Graziani. E in mezzo declinazioni vocali varie. Il Volume 1 "me lo sono registrato tutto da me. Ora, per il tour, avrò il supporto di una band popolata da musicisti cosentini. Il mio è un disco popolare nel senso che arriva alla gente. Il passaparola è stato determinante per farmi conoscere. E' un porgetto privo di passato. Ho un solo precedente musicale, con i Blume ma era un percorso caratterizzato dall'elettronica".
Gioca molto sulla rapidità di scrittura, anzi la ritiene fondamentale. Come i cantautori veri, quelli che oggi paiono una razza in estinzione: "Ma io non ci credo. E' mutata l'attenzione. Si tende a spingere artisti con canzoni dal feeling immediato, ma un recente passato insegna che si può essere vincenti anche senza essere fulminei. Cito per tutti Ettore Giuradei, Dente e Le Luci della Centrale Elettrica di Vasco Brondi. L'impegno sociale deve essere spontaneo e non frutto dell'essere cantautore. Non dimentichiamoci che oggi mancano casa e lavoro. E' il quotidiano che va riscoperto". Parole lievi ma ad alto volume. Per chi vuole intendere. E chi non vuole intendere? Beh c'è tanto rumore travestito da musica, può fare pesca grossa. Ma poi il piatto sarà insipido. Meglio tanta paccottiglia in meno e un Volume 1 in più. fonte: sky.it
Vol. 1 (Brunori Sas)
Da Wikipedia
Vol.1 è il primo album in studio del cantautore italiano Dario Brunori, meglio conosciuto come Brunori Sas come solista, uscito nel 2009.
Raccolta di canzoni che presentano l'artista nella sua peculiarità: racconti popolari, storie schiette e sincere, dolori vissuti con la vena realistica propria dell'autore, pochi virtuosismi, ma una musica vera che colpisce la platea.
Tracce
Il pugile - 3:05 Italian dandy - 4:56 Nanà - 3:16 Paolo - 2:18 Come stai - 3:59 Guardia '82 - 4:28 L'imprenditore - 3:02 Di così - 4:32 Stella d'argento - 1:19
Play 1. Il giovane Mario 2. Lei, lui, Firenze 3. Rosa 4. Una domenica notte 5. Il suo sorriso (con Dente) 6. La mosca 7. Bruno mio dove sei 8. Animal colletti (con Dimartino) 9. Tre capelli sul comò 10. Fra milioni di stelle
Dopo aver conquistato un po' tutti con il primo disco, sarebbe stato facile tornare a distanza di due anni con qualcosa di molto simile, per allargare ancora il pubblico senza eccessiva fatica. In fondo, se hai scritto un pezzo riuscito come "Guardia '82", se ti metti un po' d'impegno riuscirai a scrivere il suo fratello gemello. Di certo, se ti sei fatto conoscere come cantore di una malinconia leggera, stemperata da più di un sorriso, l'ultima cosa che ti deve venire in mente è di iniziare il secondo album con un pezzo di solo piano che parla di un padre di famiglia che si gioca tutto lo stipendio e decide di uccidersi. Perché se per caso inizi il secondo disco in quel modo, le opzioni sono due: o sei masochista, oppure hai un'urgenza di raccontare determinate storie, in un determinato tempo, in un determinato modo. In sostanza, vuol dire che sei un autore con la a maiuscola, capace di rinunciare a un'autostrada per costruire testardamente il tuo percorso personale. Ecco, Dario Brunori è un autore con la a maiuscola e "Poveri Cristi" è il modo meno scontato e più forte con cui avrebbe potuto dare un seguito al disco d'esordio.
Lo dice il titolo: il "Vol. 2" di Brunori SAS racconta le vite di un pugno di disperati, personaggi che si vedono costretti a rinunciare sempre a qualcosa. Che sia il lavoro, la donna, gli amici, l'amore della vita o la speranza di un miglioramento, "Poveri Cristi" è una rassegna di figure che devono fare i conti con qualcosa che non c'è o non c'è più. Figure, quindi, del tutto reali. C'è l'inizio programmatico de "Il giovane Mario", talmente in balia della propria vita da non avere neanche la forza e la capacità di porvi fine. C'è il delirio d'amore e di lavoro del personaggio di "Rosa", raccontato su una musica che dal vivo infiammerà e che rimanda diritti al Rino Gaetano di "Capofortuna". C'è l'incredulità del protagonista de "Il suo sorriso", che scopre il tradimento della fidanzata con il migliore amico (interpretato da un beffardo Dente), in un tripudio battistiano che potrebbe essere il secondo tempo di "Non è Francesca". E ancora: il fascino della canzone perfetta di "Lei, lui e Firenze", il groppo in gola istantaneo di "Bruno mio dove sei", fino allo sfogo di "Animal Colletti" – in cui urla anche Dimartino – e alla disillusione di "Tre capelli sul comò".
Non c'è un momento di pace, né l'idea di una via di fuga. Traccia dopo traccia, si assiste a esistenze che procedono per inerzia, perché è così che si deve fare. Un piccolo passo alla volta, unico obiettivo la sopravvivenza (fisica e soprattutto mentale) quotidiana. Non ci sono verità svelate al mondo, né chiamate a raccolta o alla rivolta. Piuttosto, c'è una descrizione del tempo presente attraverso squarci di vite, raccontate con bravura letteraria e immaginario cinematografico. Non è certo il disco di Brunori che ci saremmo aspettati e per questo è forse ancora più bello.
Dario Brunori, un musicista dal gusto retrò
Il nostro viaggio alla scoperta della buona musica italiana continua. Questa volta abbiamo incontrato Dario Brunori, alias Brunori S.a.s., che a due anni di distanza da Vol. 1 (Premio Ciampi 2009 come miglior esordio, Targa Tenco 2010 come miglior esordiente), torna con Vol. 2: “Poveri cristi”. In dieci splendidi brani, il giovane artista calabrese racconta non più il proprio universo personale, ma la vita dei Poveri Cristi, persone normali che fanno cose “normali”.
Vol. 2 Poveri cristi è il tuo ultimo lavoro ed uscirà il 17 giugno. Dopo il successo di critica e pubblico di Vol. 1, quali sono le tue aspettative?
Non ho aspettative nette. Nel senso che non ho lo sguardo rivolto a traguardi precisi. Il desiderio è di continuare questo percorso e di avere sempre più tempo e mezzi a disposizione per il lavoro creativo. Tutto qui.
Una veste minimalista, proposizioni semplici, immediate, un linguaggio diretto e sincopato. Nella canzone “Il suo sorriso” dici “Io non so, io non so più a chi credere” , insomma quest’album sembrerebbe una festa delle emozioni più vere, primitive, quotidiane. Firenze in una sera d’estate, un comodino ed abitazioni umili ad abbracciare la vita dei tuoi protagonisti. L’innocenza è una prerogativa dei “Poveri Cristi”?
Si, direi l’ingenuità più che l’innocenza. Unita all’illusione di cambiare, di trovare una propria collocazione nel mondo.
Avrei potuto anche intitolarlo “poveri illusi” in questo senso, ma “Poveri cristi” contiene una chiave di lettura legata alla religiosità, che completa così il disegno. Almeno nella mia testa.
La tua predisposizione al gusto retrò è il frutto delle tue preferenze in fatto di musica? O rappresenta piuttosto la necessità di rievocare, celebrare il passato? Dario Brunori è un nostalgico ?
Più che nostalgico sono malinconico. Il gusto retrò è più legato a fattori estetici e di contenuto. Mi piacciono gli oggetti vecchi. Non sono un integralista, amo la tecnologia soprattutto se mi da una mano come nel caso del navigatore satellitare, ma mi attrae il design e il modo in cui le cose erano concepite in epoche passate. Musicalmente parlando, in questo disco ho cercato un sound e una scrittura che rimandasse a quelle cose, senza però essere filologico. Non m’interessa riprodurre quel sound o quel sapore, ma richiamarlo calandolo nell’oggi.
Sei molto attento alle relazioni interpersonali, alle “stanze di vita quotidiana”. Nelle tue canzoni si susseguono come pennellate le occhiate fugaci ai sorrisi, alle luci, ai bicchieri e alle pareti domestiche e non. Che importanza ha per te il momento della scrittura? Qual è l’ultimo libro che hai letto?
In realtà io scrivo poco e penso molto. Cioè quando scrivo materialmente è solo per mettere nero su bianco l’idea definitiva. Non appunto nulla e non faccio prove o bozze, men che meno mi esercito in modo particolare. Alla lettura invece mi dedico un po’ di più: è un momento sacro e molto intimo. Da quando si suona tanto è difficile creare le condizioni giuste per leggere, ma mi adatto e sono diventato un ottimo lettore da furgone. Ultimo libro letto: “Estensione del dominio della lotta” di Michel Houellebecq.
Hai scelto di raccontare la gente, le persone normali, coloro che definisci i “Poveri cristi”; qual è il tuo rapporto con la realtà in cui viviamo? Pensi che i trentenni di oggi saranno in grado di auto-affermarsi?
È una domanda alla quale non credo di poter rispondere in maniera approfondita e corretta, rischierei di dire banalità. Alla fine scrivo canzoni e mi esprimo mediante quello strumento, non sono un sociologo o un analista e non miro a diventarlo.
“Quando il mare s’incazza e riporta ricordi che avevi coperto di sabbia”. Parlaci del tuo attaccamento alla Calabria, la tua terra d’origine, alla dimensione della tua infanzia, di quando citavi Verlaine sui muri della scuola.
Non sono un fanatico della mia terra, anzi non sono un fanatico in genere. Amo allo stesso modo la costa tirrenica calabra, la campagna senese e, che ne so, le Dolomiti. Così come per l’aspetto gastronomico, prendo il buono dei luoghi che mi capita d’incontrare. E’ ovvio che dovendo cantare la mia infanzia e la mia adolescenza siano entrati in gioco i luoghi in cui ho vissuto quella parte della mia vita, ma non volevo farne un inno alla calabresità. Con questo, per carità, non intendo distaccarmi dalla mia terra, d’altronde vivo e sono felice di vivere a San Fili (in provincia di Cosenza), ma non mi piacciono le derive campanilistiche e l’orgoglio teso ad escludere.
Sei considerato come un cantastorie della tua generazione, ti identifichi in questo ruolo?
Non credo di esserlo, e comunque è per me difficile dare una risposta. Non scrivo con quella intenzione e sicuramente, nel caso di Vol.1, non avrei mai immaginato di condividere con così tante persone un certo tipo di esperienza. Non mi piace l’idea di raccontare una generazione in particolare, punto più sull’aspetto emotivo, psicologico e sentimentale, usando il contesto e l’ambientazione in modo strumentale.
Quali saranno le mete dei tuoi prossimi concerti? Ci piacerebbe sapere i sono i posti, i luoghi fisici, i contesti in cui preferisci suonare? Di cosa hai bisogno per creare una corrispondenza d’amorosi sensi con il tuo pubblico?
A breve pubblicherò l’elenco completo dei concerti, toccheremo un po’ tutta l’Italia e penso saremo in giro almeno per un annetto. Amo le situazione al chiuso perché avverto i corpi e la vicinanza degli altri musicisti sul palco e quelli del pubblico. Le poche esperienze su grandi palchi, tipo Italia Wave l’anno scorso, sono state abbastanza stranianti da questo punto di vista. Per creare una corrispondenza d’amorosi sensi con il pubblico ho bisogno solo di una buona dose di Biancosarti e di una camicia a fiori.
Vol. 3 - Il cammino di Santiago in taxi è il terzo album discografico in studio del cantautore italiano Brunori Sas, uscito nel febbraio 2014
Le registrazioni del disco sono cominciate nell'ottobre 2013. Il 16 dicembre 2013 vengono comunicati la data di pubblicazione ed il titolo del disco.
L'album è stato registrato in un convento di Belmonte Calabro con il produttore giapponese Taketo Gohara.
Il 7 gennaio 2014 è stato pubblicato il video del primo singolo Kurt Cobain, dedicato appunto a Kurt Cobain, cantante dei Nirvana.. La regia del videoclip è di Giacomo Triglia.
Nell'ottobre 2014 l'album viene inserito nella rosa dei finalisti per la Targa Tenco come "album dell'anno"
Kurt Cobain è dedicata alla vita di Kurt Cobain, frontman dei Nirvana. Il titolo di Le quattro volte è lo stesso di un film (Le quattro volte) diretto da Michelangelo Frammartino, regista di origini calabresi come Brunori. Il santo morto è ispirata a Teleradio Padre Pio e alle TV commerciali. Il manto corto è una traccia strumentale. Nessuno è un monito personale dell'artista e della sua attività di cantautore. Sol come sono sol è la storia di un uomo abbandonato sull'altare.
Tracce
Arrivederci tristezza Mambo reazionario Kurt Cobain Le quattro volte Il santo morto Il manto corto Maddalena e Madonna Nessuno Pornoromanzo La vigilia di Natale Sol come sono sol
Vivere come volare ci si può riuscire soltanto poggiando su cose leggere. Del resto non si può ignorare la voce che dice che oltre le stelle c'è un posto migliore. E un giorno qualunque ti viene la voglia di andare a vedere di andare a scoprire se è vero che non sei soltanto una scatola vuota o l'ultima ruota del carro più grande che c'è. Ma chiedilo a Kurt Cobain come ci si sente a stare sopra un piedistallo e a non cadere. Chiedilo a Marilyn quanto l'apparenza inganna e quanto ci si può sentire soli e non provare più niente non provare più niente e non avere più niente da dire. Vivere come nuotare ci si può riuscire soltanto restando sul pelo del mare. D'altronde non si può tacere la voce che dice che in fondo a quel mare c'è un mondo migliore E proprio quel giorno ti viene la voglia di andare a vedere di andare a scoprire se è vero che il senso profondo di tutte le cose lo puoi ritrovare soltanto guardandoti in fondo. Ma chiedilo a Kurt Cobain come ci si sente a stare sopra un piedistallo e a non cadere. Chiedilo a Marilyn quanto l'apparenza inganna e quanto ci si può sentire soli e non provare più niente non provare più niente e non avere più niente da dire. Vivere come sognare ci si può riuscire spegnendo la luce e tornando a dormire.