Niky Lauda

ex pilota F1

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  1. arca1959
     
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    “Rush”, la storia vera
    Come andarono davvero la rivalità tra Niki Lauda e James Hunt, l'incidente, il leggendario mondiale di Formula 1 del 1976, ben raccontati dal film di Ron Howard

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    Niki Lauda insieme con James Hunt dopo un incidente al Gran Premio del Belgio ’78
    (Keystone/Getty Images)



    Rush, il nuovo film del regista statunitense Ron Howard, racconta una delle più famose e avvincenti rivalità nella storia della Formula 1: quella tra Niki Lauda e James Hunt, culminata nella stagione del 1976. Il film sta piacendo ed è stato definito molto aderente alla realtà da Niki Lauda e da altri protagonisti dell’epoca: mostra con accuratezza il rapporto tra i due piloti e le loro vicende fuori dai circuiti, e descrive anche efficacemente com’era la Formula 1 quarant’anni fa, quando ogni pilota metteva in conto di non arrivare vivo alla fine di una stagione. Howard si è preso qualche licenza, ma senza tradire più di tanto la storia per come andò veramente. Con la scusa di mettere insieme le cose che tornano nel film con quelle che no, raccontiamo la storia di Niki Lauda e di James Hunt, per chi ancora non la conosce o non la andrà a vedere al cinema (quindi c’è qualche spoiler, occhio).

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    Niki Lauda a Buenos Aires, Argentina, nel gennaio del 1975
    (AP Photo/E. Di Baia)


    Lauda
    In Rush Niki Lauda – austriaco, 27 anni nel 1976 – viene descritto come una persona fredda, antipatica e meticolosa, che sa valutare e prevedere i rischi. Trascorre molte ore a studiare i miglioramenti alla macchina, lavora molte ore al giorno, evita le feste e le altre attività mondane tipiche del mondo della Formula 1. Nella realtà Lauda era meno rigido di quanto appare nel film: partecipava alle feste dopo le gare ed era amichevole. Howard ha calcato sulla sua indole per contrapporlo meglio a Hunt, reso all’estremo opposto di Lauda.

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    James Hunt a Buenos Aires, Argentina, nel gennaio del 1975
    (AP Photo/E. Di Baia)



    Hunt
    James Hunt – inglese, 29 anni nel 1976 – nel film è un uomo fuori controllo, esuberante, incosciente e pieno di vizi. Al netto di qualche esagerazione funzionale al racconto della storia di Rush, Hunt era effettivamente così: amava bere e fare festa e andar dietro alle donne. A differenza di Lauda, alla guida cercava spesso di superare i propri limiti e quelli della sua auto, in un periodo in cui era rischiosissimo: le norme di sicurezza erano anni luce lontane da quelle di oggi e ogni pilota sapeva della concreta possibilità di morire praticamente in ogni Gran premio. Nei dieci anni precedenti al 1976 morirono dodici piloti durante il mondiale di Formula 1.

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    I piloti della Ferrari Clay Regazzoni e Niki Lauda a metà anni Settanta
    (LaPresse)



    Lauda e Hunt
    Nel film il rapporto di Hunt e Lauda è un conflitto che va oltre la semplice rivalità agonistica: i due litigano spesso e solo alla fine del film c’è un chiaro ed evidente riconoscimento di rispetto e amicizia. Nella realtà dei fatti, però, Hunt e Lauda furono quasi da subito molto amici, ancor prima di gareggiare in Formula 1. Durante i loro primi anni condivisero un piccolo appartamento a Londra e fecero amicizia. In pista c’era grande competizione, ma come spiega Lauda: “Potevi guidare a due centimetri dalle ruote della sua auto ed essere certo che non avrebbe mai fatto una cazzata. Era un grande pilota”. Rimasero in contatto e si frequentarono anche quando lasciarono entrambi la Formula 1, in anni diversi, e fino alla morte di Hunt nel 1993 per un infarto.


    Lauda e il padre
    In una delle scene iniziali del film Lauda ha un duro confronto con il padre, il ricco uomo di affari Hans Lauda, contrario all’idea del figlio di non proseguire le attività di famiglia per diventare pilota professionista. I due litigano e Lauda ottiene un finanziamento in banca per seguire le sue aspirazioni. Le cose andarono più o meno così anche nella realtà: nel 1968 Niki Lauda lasciò l’università, prese a prestito del denaro da alcune banche austriache e iniziò la carriera automobilistica, correndo in Formula Vee e successivamente in Formula 3.

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    Niki Lauda sul tracciato di Fiorano prova la sua Ferrari a circa un mese dall’incidente in Germania, settembre 1976
    (AP Photo/Fornezza)



    Lauda e il contrato a pagamento
    Per arrivare in Formula 2 Lauda fu costretto a farsi prestare altri soldi e a dare come garanzia una polizza di assicurazione sulla propria vita. Entrò a far parte del team March (non esiste più) e nel 1971 debuttò per lo stesso team in Formula 1, dove disputò alcune gare. L’anno seguente partecipò all’intero campionato ma la macchina era poco competitiva e non ottenne nemmeno un punto. Nel film la parte sulla March viene sostanzialmente saltata: Lauda ottiene – pagandoselo con un complicato contratto – un posto alla BRM, un’altra scuderia, in cui rafforza il suo rapporto con il pilota svizzero Clay Regazzoni. Lauda si fece conoscere come buon pilota ma soprattutto come esperto collaudatore, dotato di una particolare sensibilità nel riconoscere i difetti delle auto, cosa su cui Howard ritorna spesso nel corso del film.

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    Niki Lauda a Monza nel 1976
    (Allsport UK /Allsport)



    Lauda e la Ferrari
    Rush racconta efficacemente e senza troppe licenze anche la storia di Lauda in Ferrari, dove arrivò con la complicità di Clay Regazzoni, che nel 1974 tornò come prima guida. Nei lunghi mesi della preparazione tecnica, Lauda si diede molto da fare per lavorare sulla Ferrari di quell’anno, inizialmente poco affidabile e difficile da guidare. Si racconta che, esasperato dai malfunzionamenti, Lauda si confrontò direttamente con Enzo Ferrari dicendogli senza mezze misure: “Questa macchina è una merda”. Nel film c’è una scena simile, ma l’interlocutore di Lauda è uno dei tecnici della scuderia, non il suo padrone.

    Hunt, matrimoni e divorzi
    Il momento della ricerca disperata di una scuderia con cui correre è ben reso nel film di Howard, anche se viene probabilmente esagerato. Hunt passa diversi giorni a bere e ubriacarsi mentre aspetta notizie su un possibile posto in un’altra squadra, cosa che lo porta ad avere un duro confronto con la moglie, Suzy Miller. Hunt aveva conosciuto Miller in Spagna nel 1974: nel film le propone di sposarsi al primo incontro, nella realtà Hunt aspettò qualche settimana per farlo. Si sposarono nell’ottobre dello stesso anno. Nel film i tempi non tornano molto: Hunt apprende dopo essere uscito dalla chiesa che Lauda è passato alla Ferrari, ma in realtà Lauda aveva già corso con la stessa scuderia il campionato del 1974. Hunt e Miller si separarono alla fine del 1975: lei si mise insieme con l’attore Richard Burton, che pagò l’accordo per il divorzio con 1 milione di dollari nel 1976. Il campionato del 1975 fu vinto da Niki Lauda con 64,5 punti.

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    Niki Lauda, seduto a sinistra, chiacchiera con James Hunt disteso su una sedia a sdraio ai bordi della piscina dell’Hotel Sheraton di Buenos Aires, Argentina, nel gennaio del 1977
    (Keystone/Hulton Archive/Getty Images)



    Il matrimonio di Lauda
    Nel film Lauda conosce la sua futura moglie Marlene mentre sta andando via da una festa, dove era stato invitato da Regazzoni. Come ha raccontato di recente Lauda, la ricostruzione è abbastanza accurata: Marlene non riconobbe subito Lauda, pensò di avere a che fare con un tennista e, come nel film, gli diede un passaggio. In Rush c’è una scena divertente in cui due italiani, molto stereotipati, ottengono un passaggio sull’auto di Marlene e Lauda che si sono da poco conosciuti. Lauda ricorda l’episodio e ha confermato di avere guidato a grande velocità sui colli, come viene mostrato nel film. Lauda è rimasto sposato con Marlene fino al 1991, anno in cui ha divorziato.

    Gran Premio di Germania ’76
    Rush racconta con efficacia come andarono le cose il primo agosto del 1976 sul lunghissimo tracciato del Nürburgring, in Germania. All’epoca si correva su una pista di 22,8 chilometri piena di curve e molto difficile, in cui erano morti 131 piloti di diverse categorie in meno di 50 anni. Come si vede nel film, Lauda propose durante la riunione pre-gara dei piloti di non correre il GP, spiegando che le condizioni della pista non erano ottimali e che i rischi erano molto alti. A maggioranza i piloti decisero ugualmente di gareggiare, bocciando la proposta di Lauda.

    L’incidente
    Poco prima della gara la pioggia aveva bagnato buona parte del circuito, cosa che aveva indotto la maggioranza dei piloti a usare gomme da pioggia. Dopo il primo lungo giro (erano necessari quasi 7 minuti per farne uno) la pista si era relativamente asciugata e ci fu grande concitazione ai box per cambiare le ruote alle auto e mettere quelle da asciutto. Poco dopo Lauda iniziò il suo secondo giro. Percorse diversi chilometri fino a raggiungere la zona più lontana dai box e sbandò in una curva a sinistra a causa di un cedimento strutturale e delle condizioni della pista. L’auto colpì in pieno una roccia a lato del circuito e si fermò in fiamme in mezzo alla pista. Lauda, privo del casco saltato via durante l’impatto, fu tamponato dalle auto dei piloti Harald Ertl e di Brett Lunger. In quel punto del tracciato non c’erano commissari di gara, quindi furono gli stessi Ertl e Lunger a soccorrere Lauda, insieme con i piloti Guy Edwards e Arturo Merzario arrivati in zona. Howard ha ricostruito l’intera scena dell’incidente al Nürburgring ed è sostanzialmente identica alle immagini, di scarsa qualità, girate all’epoca.

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    Un carro attrezzi porta via la Ferrari semidistrutta di Niki Lauda al Nürburgring il primo agosto 1976
    (AP Photo/Hill)




    Lauda in ospedale
    Lauda fu trasportato in elicottero al vicino ospedale militare di Coblenza e successivamente in altre due strutture. Il film comprensibilmente lascia da parte questi dettagli, concentrandosi sulle condizioni di Lauda e sulla sua ripresa. A causa dell’incendio Lauda riportò numerose ustioni soprattutto al viso, che non era protetto né dalla tuta né dal casco. Il danno più serio, ma meno visibile, lo ebbe ai polmoni: aveva inalato aria molto calda e satura di elementi chimici prodotti dalla benzina, che lo avrebbero potuto uccidere. Nei primi giorni, quando i medici erano molto scettici sulle sue condizioni, un prete gli diede l’estrema unzione. La scena c’è anche nel film, dove si racconta anche che Lauda appena tornò a parlare disse di mandare a quel paese il prete, ma non è chiaro se reagì realmente così.

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    Niki Lauda viene trasportato in una clinica specializzata in grandi ustioni a Ludwigshafen, in Germania, nell’agosto del 1976
    (AP/Photo/Weiss) 1.8.1976



    Le ferite di Lauda
    Howard indugia molto sulle ferite al viso di Lauda e sui dolorosi momenti delle medicazioni: per ricostruirgli parte del volto i chirurghi eseguirono un autotrapianto di pelle da una sua gamba. Quando nel film Marlene vede Lauda sbendato per la prima volta è visibilmente scossa e turbata, ma rimane accanto al marito. Nella realtà l’episodio fu molto più traumatico per entrambi: Lauda racconta che, dopo averlo visto, Marlene svenne spingendolo a domandarsi: “ma sono così terribile?”.

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    Niki Lauda festeggia il suo terzo posto al Gran Premio d’Italia del 1975, con lui c’è il vincitore della gara e suo compagno di squadra, Clay Regazzoni
    (AP-PHOTO)



    La rimonta di Hunt
    Nelle settimane di assenza di Lauda, Hunt riuscì a recuperare molti punti diventando il suo principale avversario nel mondiale. Nel film Lauda vede i successi del suo avversario in televisione mentre viene sottoposto a dolorose sedute di drenaggio e medicazione dei polmoni, ma difficilmente le due cose avvenivano in contemporanea nella realtà.

    Il pestaggio del giornalista
    Lauda tornò a gareggiare al Gran Premio d’Italia ad appena 42 giorni dal suo incidente in Germania, nonostante non fosse ancora completamente guarito e avesse un problema alle palpebre che non gli consentivano di avere una visione perfetta. Il suo ritorno fece molto scalpore e nel film viene raccontato efficacemente, mostrando anche una conferenza stampa che Lauda tenne per il suo ritorno. Nella scena un giornalista chiede a Lauda se non abbia pensato di farsi una plastica per migliorare il suo aspetto e, dopo avere ricevuto una risposta evasiva, insiste insinuando che probabilmente la moglie si aspetti un nuovo intervento per migliorare la sua faccia. Lauda chiude bruscamente la conferenza stampa e se ne va. Hunt, che ha assistito alla scena, prende da parte il giornalista, lo porta in uno stanzino e lo prende a pugni.

    È improbabile che nella realtà Hunt abbia sul serio malmenato un giornalista a Monza, tuttavia Jerry Garrett, all’epoca responsabile motori di Associated Press, racconta sul suo blog che sia un amico che il figlio del pilota non hanno del tutto escluso la possibilità che sia potuto succedere. Lauda ha detto di non averne avuto testimonianza diretta. Un giornalista britannico scrisse comunque in un suo articolo “mi chiedo se la signora Lauda abbia avuto voce in capitolo nella decisione” di non ricorrere alla chirurgia plastica. Garrett racconta che dopo qualche tempo quel giornalista smise di occuparsi della Formula 1, ma non si può affermare con certezza che avesse avuto un confronto diretto con Hunt.

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    Niki Lauda nel febbraio del 1977
    (AP Photo/stf)



    Gran Premio di Monza
    Ottenuto il permesso dalla commissione medica, Lauda partecipò regolarmente al Gran Premio d’Italia del 1976, arrivando quarto e arginando quindi l’avanzata di Hunt in classifica. Fu una gara durissima per lui: corse con una vistosa fasciatura in testa e un casco appositamente modificato, le ferite non si erano ancora rimarginate e macchiavano di sangue i bendaggi, come mostra correttamente il film. Prima della gara, c’è una scena di Rush in cui Lauda e Hunt hanno un confronto molto diretto, con il primo che dice di sentirsi responsabile per quanto accaduto in Germania perché insistette per respingere la proposta di Lauda di non correre. Lauda invece di rassicurarlo dice a Hunt che ha ragione, e aggiunge che è anche responsabile per il suo ritorno anticipato in gara. Non è dato sapere se nella realtà un simile confronto ci sia mai stato, ma è probabile che i due da amici ne avessero parlato più volte, di quanto accaduto in Germania e successivamente a Monza.


    Il ritiro di Lauda
    Rush dedica poco spazio alle due vittorie di James Hunt al Gran Premio del Canada e al successivo Gran Premio degli Stati Uniti, dedicandosi maggiormente a quanto avvenne al Gran Premio del Giappone, la sfida che decise il campionato del 1976. Lauda era in vantaggio di soli 3 punti su Hunt e quindi a un passo da diventare per la seconda volta campione del mondo. La gara fu disputata sotto una pioggia copiosa, con scarsa visibilità. Al secondo giro Lauda rientrò ai box e comunicò ai tecnici Ferrari che si sarebbe ritirato perché era troppo pericoloso correre. Nel film la scena è ricostruita molto accuratamente: compreso il momento in cui il tecnico Ferrari, Mauro Forghieri, propone a Lauda di inventarsi l’esistenza di un problema tecnico come versione ufficiale per la stampa. Come avvenne nella realtà, Lauda dice al suo tecnico che non è necessario e che vuole assumersi la responsabilità della scelta.

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    Niki Lauda durante la conferenza stampa in cui annuncia di voler correre il Gran Premio d’Italia ’76 a Monza, a poco più di un mese dal suo incidente in Germania
    (AP Photo)



    In conferenza stampa Lauda spiegò la sua scelta:

    Quanto è accaduto in Germania non c’entra per nulla nella scelta che ho preso in Giappone. Non ci sono remore psicologiche o condizionamenti, no. Semplicemente ho giudicato che fosse assurdo continuare a correre su quella pista, titolo in palio o meno. È una decisione che avrei preso un anno fa e che ripeterei anche domani. Subito dopo il via, mi sono trovato fra muri di acqua. Sulla pista c’era un velo di liquido tale che la mia vettura pareva galleggiare. È l’effetto “aquaplaning”. Un giro, e non riuscivo più neanche a capire dov’ero. Ho pensato: è una pazzia, è un correre oltre ogni ragionevole rischio. E mi sono fermato. La Ferrari mi paga per guidare una sua macchina, è vero, ed io l’ho dichiarato più volte, ma non mi paga perché mi ammazzi. Non sarebbe neanche nel suo interesse.


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    Niki Lauda nel marzo del 2013
    (LaPresse)



    Dopo una gara molto complicata e corsa al limite, Hunt arrivò terzo con la sua McLaren ottenendo i punti necessari per diventare il nuovo campione del mondo, con appena un punto in più rispetto a Lauda. Il campionato costruttori fu invece vinto dalla Ferrari con nove punti di distacco dalla McLaren.


    La fine della rivalità
    La scena finale di Rush mostra l’incontro tra Lauda e Hunt a qualche mese di distanza dalla fine del campionato del 1976. I due chiacchierano da buoni amici e Lauda ricorda a Hunt di non lasciarlo solo, che ha bisogno della competizione con lui per rendere meglio. Anche in questo caso viene ribadita, un po’ forzatamente, la differenza tra Hunt sbruffone e sempre attorniato da belle donne e Lauda, solo e alle prese con la sua nuova passione per gli aeroplani. Howard chiude con la richiesta di Lauda a Hunt perché è funzionale per raccontare la fine della loro rivalità: dalla stagione successiva, infatti, Hunt divenne sempre meno competitivo e dopo tre anni si ritirò dalle corse, quando aveva appena 31 anni. Lauda sarebbe diventato ancora due volte campione del mondo, nel 1977 con la Ferrari e nel 1984 con la McLaren, dopo avere lasciato le corse per qualche tempo. Poi ha fondato due compagnie aeree, la Lauda Air e la Niki.

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    Niki Lauda nella sua Ferrari in pista davanti a James Hunt sulla sua McLaren durante il Gran Premio di Germania ’77 a Hockenheim
    (AP Photo/File)




    Parabola del pilota

    Secondo Enzo Ferrari la vicenda di Hunt in Formula 1 era perfetta per descrivere quella che lui definiva la “parabola del pilota”. All’inizio della carriera un pilota fa di tutto per farsi notare alla guida, cerca di superare i suoi limiti “in una specie di trance agonistica” che lo porta a vincere il mondiale. Poi sopraggiungono la fama e le distrazioni e, se non ha autodisciplina, finisce per perdere di vista gli obiettivi agonistici e lo stesso interesse per la competizione, lasciando infine un mondo cui non sente più di appartenere.


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