FIUMI nel mondo

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  1. gheagabry
     
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    Il Tevere scivola più lento del miele.
    Maggio va adagio. La luce d'oro
    trabocca dalle cime.
    Biondo e morbido l'olio della luce
    si riversa quaggiù.


    Il TEVERE



    "Non senza motivo gli dei e gli uomini scelsero questo luogo per fondare la Città: colli oltremodo salubri, un fiume comodo attraverso il quale trasportare i prodotti dell'interno e ricevere i rifornimenti marittimi; un luogo vicino al mare quanto basta per sfruttarne le opportunità ma non esposto ai pericoli delle flotte straniere per l'eccessiva vicinanza al centro dell'Italia, adattissimo per l'incremento della città; la stessa grandezza di quest'ultima ne è la prova". Così scriveva Livio ed il suo elogio della posizione geografica di Roma, che ricalca il pensiero formulato da Cicerone nel suo "De re publica", mostra che gli antichi fossero consapevoli del fatto che le ragioni della scelta del luogo su cui sarebbe sorta la città fossero state di natura prettamente economica. La presenza del fiume fu talmente importante per la nascita della città che Servio, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., arrivò a sostenere che il nome arcaico del Tevere, Rumon o Rumen (la cui radice deriva da ruo, scorro), diede il nome alla città, sicché Roma avrebbe significato Città del Fiume.


    Il Tevere è sempre stato considerato un fiume un po’ speciale dagli intellettuali che, nei secoli, si sono avvicendati nella città di Roma, una sorta di ponte tra passato e futuro, una costante che ha visto svolgersi sulle sue sponde alcuni tra gli eventi più importanti della storia dell’uomo.
    Chiamato anticamente “Albula” per le sue acqua chiare, il Tevere prenderebbe il suo nome dal re latino Tiberino, che si suicidò annegandosi nelle sue acque, anche se alcuni contestano questa origine. Il Tevere, fiume principale dell’Italia centrale e peninsulare e terzo fiume italiano per lunghezza e volume di acque, è stato sempre l’anima della città di Roma, come recita anche la lapide posta sulla sua sorgente alle pendici del Monte Fumaiolo (Emilia Romagna) “Qui nasce il fiume sacro ai destini di Roma”. Il Tevere è infatti al centro di numerosi miti e leggende, a partire dalla fondazione stessa della città di Roma. Secondo la tradizione, Romolo e Remo, neonati, furono messi in una cesta e lasciati alla corrente, finchè la culla improvvisata non si arenò sotto un albero di fico da cui i due piccoli poterono nutrirsi succhiandone il succo zuccherino.
    Nell’antica mitologia romana, il fiume era considerato una vera e propria divinità, chiamata Pater Tiberinus; il dio veniva omaggiato tutti gli anni il giorno 8 dicembre in feste chiamate Tiberinaria, che celebravano l’anniversario della fondazione del tempio dedicato al dio stesso e ubicato sull’isola Tiberina....Gli attributi del dio sono un remo e una cornucopia; nelle sue numerose raffigurazioni – che comprendono tra l’altro numerose monete – appare spesso con attributi navali o associato a scene che ricordano l’origine di Roma.



    ...il Tevere, un nastro di zafferano, si precipita giù per la gola selvaggia
    e in un tempo sorprendentemente breve si dilata in un ampio, verde gorgo e gira profondo nel vuoto lontano.
    (M. van Vorst)


    Il momento peggiore della sua storia, il Tevere l'ha vissuto poco dopo il 1870, quando Garibaldi propose di prosciugarlo per modernizzare la città. Ferdinand Gregorovius, uno storico tedesco che allo studio di Roma aveva dedicato i migliori anni della sua vita, lo annotò nei suoi ricordi con quello stesso tono dolente con cui molti, romani e no, avrebbero commentato le maldestre trasformazioni della città in capitale di un nuovo stato. Garibaldi, scriveva Gregorovius, «non ha certo pensato quale aspetto avrebbe avuto Roma e che cosa la Città Eterna sarebbe stata senza questo fiume. Togliere il Tevere a Roma sarebbe più che togliere gli occhi ad un volto umano... Il Tevere è la memoria viva di Roma... è il fiume sacro della civiltà, è il Nilo dell' Occidente».....il segreto dei segreti, la costante della sua storia, forse dall' antichità, certo dal momento in cui Roma è diventata una metropoli moderna è questo: il Tevere lotta non solo per sopravvivere, a dispetto del terribile impatto umano di una città che in poco di più di un secolo ha decuplicato i suoi abitanti, ma anche per conservare la sua fisionomia, il volto selvatico e primitivo della divinità fluviale che incarna, memoria intemporale di una città in cui la storia è sempre stata prepotente. Il tratto di fiume che esce dall' abitato per arrivare al mare pochi romani lo conoscono....sono trentasei chilometri, dalla meravigliosa rovina di Ponte Rotto, che dal basso sembra un monumento alle incognite del passaggio dei secoli, fino al mare aperto a lato delle piccole capanne dei pescatori che si sporgono sull' acqua come le incerte abitazioni di un villaggio primitivo.....muoversi sul fiume è difficile perché il letto è come un labirinto, e cambia conformazione molto spesso, per questo il pelo dell' acqua spesso s' increspa e vortica. Quando si supera il Ponte Palatino e poi, dopo il Porto di Ripa Grande, il Ponte Sublicio, all' altezza di Testaccio la fisionomia del fiume comincia a cambiare: i muraglioni, eretti dopo il 1870 per contenerne la natura irruenta o forse per emarginarlo dalla città con tutta la sua vischiosa storia di fertilità e rovina, cedono il posto a più naturali rive. Mentre la città si stempera nelle periferie di Portuense Ostiense e Magliana, la vegetazione ripariale riprende vigore: alberi, arbusti, erbe, canneti si affacciano sull' acqua dando alloggio a creature inaspettate. Ci sono boschetti di latifoglie, lecci, querce da sughero, roveri, olmi e prugnoli, frassini, ontani, pioppi, salici....Man mano che procediamo, ai gabbiani isolati che riposano sui massi sparsi si sostituiscono vaste tribù che galleggiano sull' intera superficie: la barca arriva e gli uccelli si alzano in volo coprendo il cielo a centinaia per poi posarsi di nuovo su tratti affioranti di antiche muraglie, forse resti di vecchie strade sommerse, o su tronchi d' albero che sporgono dal fondo. I longilinei aironi cinerini immobili sugli scogli sembrano statue primitive, in volo le ali arcuate battono il crawl nell' aria e il corpo si assottiglia ancora. I cormorani sono già volati via, in basso ci sono anatre, germani, gallinelle d' acqua circondate dai pulcini....Poi il fiume lentamente diventa mare dividendosi in due: il braccio che sfocia a Fiumicino, poi, più a sud, quello di Fiumara. Per un po' si sente l' odore salmastro dell' acqua marina. Subito, tornando indietro, risento quella strana essenza che resterà nelle mie narici fino a notte: terra e acqua mescolate insieme, gli umori della vegetazione e quelli del letto profondo, l' odore della pioggia che l' alveo emana mescolato all' aroma secco e amaro dei campi e delle pietre.
    (Elisabetta Rasy, la repubblica)


    Fino dalle sue origini Roma ha avuto il problema delle inondazioni del Tevere. Periodicamente, il fiume rompeva gli argini e allagava le zone basse della città, in particolare il Campo Marzio, la valle del Circo Massimo e quella del Foro Romano.
    Era una vera calamità: le acque in piena provocavano molti morti e il crollo di numerosi edifici. Inoltre quando si ritiravano lasciavano fango e melma stagnanti, causando gravi epidemie...Ancora oggi sui muri di edifici vicino al fiume si possono vedere delle targhe che indicano il livello raggiunto dall'acqua durante le inondazioni. Ad esempio, vicino la chiesa di S.Eustachio su una di queste targhe si legge:
    "NELL'ANNO 1495 IL TEVERE, A CIELO SERENO, CREBBE FINO A QUESTO SEGNO ALLE NONAE (5) DI DICEMBRE - ALESSANDRO VI PAPA - ANNO III".



    .....una favola....


    C’era una volta una bambina che amava un fiume. Il suo non era un amore qualunque, ma uno di quegli amori che ti scelgono all’improvviso e che fanno dell’altro un essere assolutamente speciale, unico al mondo.
    E quello che la bambina voleva era essere del fiume. E il modo in cui aveva pensato di realizzarlo era correre con lui, al suo fianco, fino al mare, dove lo avrebbe riconosciuto, proprio nell’attimo della sua sparizione, l’avrebbe visto e riconosciuto.
    Il fiume aveva cercato di dissuaderla, perché sapeva che il suo era un amore pericoloso. Conosceva l’amore degli uomini per il fiume e sapeva che non dura, ma sentiva che la bambina era diversa, che la sua ferocia non ammetteva ostacoli e che era così rapita dalle sue voci da non ascoltare alcun consiglio o ribattere più veloce del guizzo di una trota.
    La sua corsa era iniziata una notte, dopo un sogno affollato, la bambina aveva tracciato un arco nell’aria con le lenzuola e senza esitazione, si era infilata stivali e giacca a vento e era scesa al fiume e aveva cominciato a corrergli al fianco.
    “Cosa fai? – aveva chiesto il fiume – Perché non sei sotto le lenzuola di tela, questo lenzuolo di nebbia non ti conosce e potrebbe sparirti.” ...“Voglio sposarti. – gli bisbigliò di sbieco la bambina ancora nuova alla corsa – La nebbia sarà il mio velo. Voglio scoprire cos’è quel di più di io e tu.”....“Sono un fiume, – le spiegò lui – non mi fermo mai. Saprai abitare ognuno dei tuoi passi fino all’assoluta solitudine, saprai dimenticare gli altri?”
    “Io sono del fiume. – rispose malinconica la bambina – conosco il tuo nome segreto, Sempremai ti chiami, sei un essere destinato, segui il tuo corso, non posso amare gli uomini perché non hanno più destino, non seguono alcun disegno, sono travolti.”....“Saprai tacere le notti di disgelo mentre scopro i loro morti? Saprai continuare a corrermi al fianco mentre suscito i loro amori e scavo nei loro cuori, sola? Sarai la mia cantastorie?”
    La bambina tacque, sapendo che l’unico sì che un fiume può ascoltare è solo un profondo silenzio senza opposti.
    C’erano giorni e notti di ghiaccio in cui la bambina con le unghie incideva sul corpo del fiume il suo “sono qui”; c’erano primavere in cui i pesci le porgevano muti i loro eventi di fiume perché lei li cantasse; c’erano rovi che le aprivano la carne; c’erano uccelli che la commiseravano lanciandole penne azzurre e grida di conforto; c’erano lune immense che andavano a pezzi nell’acqua e sottili lune, come capelli d’argento che si scioglievano nel fiume. C’erano rumori di uomini, visioni di cattedrali e di villaggi, di città e di templi solitari, tutte le tradizioni di paura degli uomini scorrevano accanto al fiume e alla sua cantastorie. E il fiume continuava il suo corso, non obbediente, scelto, e la bambina gli correva al fianco.
    Arrivarono una sera alla foce, la bambina vide il punto esatto in cui il fiume senza esitazione alcuna si tuffava nel mare e mescolava le sue acque col sale e non era più il “suo” fiume, ma acqua nell’acqua. Corse, ferendo l’aria, nell’acqua e mise il suo piccolo corpo esausto a scudo del fiume, con tutta la sua ferocia, a braccia spalancate, accolse il suo sposo. Ogni cellula del suo corpo urlava:” Ti riconosco, io ti riconosco.”
    Con i campanelli delicati della sua ultima voce, il fiume scrisse sul palmo della mano destra della bambina “sempre” e su quello della mano sinistra “mai”. Allora la bambina congiunse le mani, e si tuffò.
    Sentì la giacca a vento coprirle le spalle e il capo, come una morbida onda, gonfiarsi oltre le braccia, sentì la testa e il corpo diventare immensi, risentì il suono dei campanelli del fiume che si getta nello sconosciuto, sentì di contenerlo e di contenere il mare e il cielo e tutto quello che nel cielo si muove e tace. Capì di essere fatta di ogni cosa, persona, attimo incontrati prima, durante e dopo la corsa. E seppe che solo grazie alla sua assoluta solitudine ora l’altro non era che lei in un’altra forma e che perdersi significa abbandonarsi a qualcosa che ci sorpassa.
    E il fiume continua a scorrere e la bambina a raccontare, sempre, mai.
    (Livia Candiani da Sogni del fiume)




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    SAVA


    La Sava è un fiume europeo che nasce in Slovenia, affluente di destra del Danubio a Belgrado. È lungo 945 chilometri e drena un'area di 95.719 km2. Scorre attraverso quattro Paesi: Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina (ne traccia il confine settentrionale) e Serbia.

    La Sava a Zagabria
    Il corso



    La Sava nasce dalla confluenza della Sava Dolinka (sinistra) e della Sava Bohinjka (destra) che si uniscono presso le città slovene di Lesce e Radovljica. Da qui fino alla confluenza con il Danubio a Belgrado è lunga 945 chilometri, ma considerando la misurazione dall'inizio del ramo sorgentifero più lungo (la Sava Dolinka), la lunghezza sale a 990 chilometri. Attraverso il Danubio, appartiene al bacino idrografico del Mar Nero ed è il più lungo affluente di destra del Danubio, secondo in assoluto dietro al Tibisco. Una volta era il più lungo fiume a scorrere interamente nel territorio della Iugoslavia, ma a seguito della divisione del paese nel 1991 scorre ora, come già detto, attraverso quattro Stati. Attraversa i sobborghi di Lubiana e la città di Zagabria.


    Questo corso d’acqua è navigabile per più di 600 km, ma spesso causa inondazioni che possono risultare anche molto violente; tra i tratti più mirabili ed affascinanti, ci sono sicuramente la città di Zagabria, in Croazia, la parte storica di Lubiana, capitale della Slovenia, e il punto di confluenza con il fiume Danubio, presso Belgrado.

    Oltre ad essere uno dei punti più incontaminati, le sorgenti del fiume Sava rappresentano anche il tratto più pescoso. Da maggio ad ottobre sono numerosi i pescatori che si ritrovano presso la Sava Bohinjka per pescare trote fario, salmerini e cavedani.

    La portata media del fiume Sava è estremamente variabile: oscilla tra i 255 m³ al secondo di Zagabria, ai 1.722 che tocca presso la capitale della Serbia, Belgrado. Copre un bacino idrografico di 95.719 km² ed arriva a scorrere ad un’altitudine di 1.222 metri sul livello del mare.

     
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  3. gheagabry
     
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    I fiumi sono apparsi nell'epoca in cui la terra dallo stato astronomico è passata allo stato geologico,. Silice, graniti, scisti, sabbie, argille – thalweg, fiume, cosa che scorre – sbocchi, sezioni, livelli superficiali, profili, piante – altifondi, banchi di sabbia – disposizione rigorosa, in cui sono solamente definitive le leggi della fisica, delle forze, della gravità del peso – solamente. La natura ignora il movimento rettilineo ed ogni fiume, sia dal lato della potenza di caduta delle acque in funzione del livello di base, sia dal lato della pendenza, vi debbono essere due correnti: una corrente impetuosa, dall'alto in basso, che penetra come un angolo convergente, e che, ruzzolando fino in fondo al canale, ne erode il fondo, gettando sui lati le sabbie erosive e si trasforma quindi in una seconda corrente, divergente, dal basso in alto, che va dal fondo del canale verso le rive, fangosa e torbida, privata della sua forza viva. Così è avvenuto nei secoli e sarà sempre così.
    (da "Il Volga si getta nel Caspio", Boris Andreevič Pil'njak)


    Il VOLGA



    È il più lungo fiume europeo, estendendosi per 3531 km. Detiene anche il primato del più vasto bacino idrografico ,con una superficie di 1.360.000 km2. Il fiume è navigabile per la maggior parte del suo corso da marzo a metà dicembre, e costituisce una via di comunicazione di primaria importanza per la Russia. Lungo 3690 km nasce sulle colline moreniche del rialto di Valday da un piccolo lago. Scorre inizialmente verso sud-est e quindi devia verso nord-est, passando poco a nord di Mosca , alla quale è collegato da un canale; a nord di Rybinsk forma il bacino artificiale omonimo. Passa dal Bacino di Rybinsk e poi verso nord-ovest, dal lago Bianco e l'Onega. Numerosi canali mettono in comunicazione il Volga con il mar Baltico (il canale Volga-Baltico ,il mare d'Azov ,il Mar Nero, il fiume Don il canale Volga-Don e la Moscova .Le acque dei numerosi bacini artificiali che si trovano lungo il suo corso vengono sfruttate per la produzione di energia elettrica...Sulle rive del Volga e su quelle dei suoi affluenti vive quasi la metà degli abitanti della Russia, è collocato il 50% della sua produzione agricola e oltre la metà del suo potenziale industriale. Per la costanza della sua portata (8000 m3/s alla foce), per la scarsissima pendenza del suo letto e inoltre per la presenza di vari laghi artificiali, il Volga è navigabile per la quasi totalità del suo corso; tramite numerosi canali e affluenti, esso comunica direttamente con i principali fiumi della Russia europea, e, per mezzo di essi, con il Mar Baltico, il Mar Bianco, il Lago Onega, il Lago Ladoga, il Mar d'Azov e il Mar Nero, consentendo la navigabilità attraverso gran parte del territorio russo da una costa all'altra in tutte le direzioni. Per tutti questi motivi il Volga riveste quindi una grandissima importanza per la vita economica russa, assorbendo circa il 60% dei traffici fluviali complessivi, pur essendo il fiume bloccato dai ghiacci da fine novembre a marzo nel suo basso corso e da metà novembre a fine aprile nel suo alto corso. La stessa lentezza del suo corso, per contro, fa sì che il Volga sia affetto da gravi problemi di inquinamento, ricevendo grandi quantità di scarichi industriali e agricoli che non riescono a venir smaltiti con sufficiente rapidità.



    Le vecchie guide turistiche dell' Ottocento sostenevano che per descrivere adeguatamente il fiume Volga è necessario essere al tempo stesso un geografo, uno storico, un economista, un ingegnere, un poeta, un viaggiatore, un marinaio, un contrabbandiere e un brigante ribelle dello stampo del leggendario Pugaciov. Immenso e maestoso, soprannominato con affetto dai russi "la piccola madre" (in verità non tanto piccola, è il più lungo fiume d' Europa), barriera naturale tra Oriente tartaro e Occidente, effettivamente il Volga sfugge a qualsiasi descrizione

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    ...nella storia.....


    Antichi viaggiatori chiamavano questo fiume Ra, gli Arabi nel XI invece Slavianskoi. Le popolazioni di lingua turca lo indicavano come Idel o Itel, Etel o Atal, che significa grande fiume. I Mordvini Rau, i Ciuvasci Adel, gli Ugro-Finni Volga come pure le popolazioni slave.
    "Dolce madre", "il fiume di tutti i fiumi", oppure, semplicemente, "Volga". Un nastro azzurro navigabile, e quindi con l’articolo al maschile. Ma anche il corso d’acqua più lungo d’Europa che per i russi incarna la storia, lo spirito, la tradizione della loro grande terra. Come una madre. Dunque, al femminile. Ma anche così non è abbastanza. Dato per scontato che sarebbe troppo facile liquidare il (la) Volga con questioni di grammatica, bisogna dire che per gli ex figli degli Zar e del Comunismo questo fiume è quasi una divinità, incarna l’idea di fertilità e fecondazione, di nascita e morte e rappresenta la sfida dell’uomo alle forze della natura. E poi quella del Volga è una storia speciale: le sue piene e le sue secche si immedesimano con gli entusiasmi e le tragedie del suo popolo, le sue acque hanno fatto da specchio a sogni di grandeur imperiale e a secoli di sofferenza e di traversie. Per alcuni il fiume ha rappresentato la vita, per altri, invece, si è rivelato una tomba.
    Il Volga ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione della nazione russa, lungo tutto l'arco della sua storia: più che separare i russi da altri popoli con un confine naturale, li ha messi in comunicazione tra loro e uniti attraverso i commerci; le sue acque scorrono attraverso terre abitate da molte popolazioni diverse, di ceppo turco-mongolo come Tatari e Ciuvasci, oppure ugro-finnico come Mordvini, Mari e Udmurti; ed è stato assunto a simbolo stesso della nazione col nome di “madre Volga” (nella lingua russa i fiumi hanno genere femminile).



    Da luoghi lontani scorre il fiume Volga.
    Il fiume Volga scorre, e non ha fine.
    Per campi dorati di grano, per bianche pianure
    scorre il mio Volga,
    E ho diciassette anni.
    Mia madre mi disse, tutto può succederti.
    Potrai stancarti di vagabondare,
    e quando tornerai, alla fine del tuo viaggio,
    immergi le tue mani nel fiume Volga.
    Da luoghi lontani scorre il fiume Volga.
    Il fiume Volga scorre e non ha fine.
    Per campi dorati di grano, per bianche pianure
    scorre il mio Volga, e ho già trent’anni.
    Quel primo sguardo, il primo sciabordio di un remo,
    tutto questo è accaduto,
    ma il fiume l’ha portato via.
    Non mi manca quella primavera lontana,
    Perché ho con me il tuo amore.
    Tra campi dorati, tra bianche pianure
    ti ho guardato, Volga, per settant’anni.
    Questo è il mio porto, qui stanno i miei amici,
    e tutto ciò che serve per restare vivi.
    Lontano da qui nel silenzio stellato
    un altro ragazzo canta insieme a me.
    Da luoghi lontani scorre il fiume Volga.
    Il fiume Volga scorre e non ha fine.
    Per campi dorati di grano, per bianche pianure
    scorre il mio Volga,
    e ho diciassette anni,
    ho diciassette anni,
    ho diciassette anni.
    (“Scorre il fiume Volga” (Mark Fradkin-Lev Ošanin), 1962.)





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  4. gheagabry
     
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    ......corsi d’acqua con papiri e fiori colorati, il cielo che si specchia su un fiume lento che permette a molti uccelli di camminare sulle foglie delle ninfee.....


    l' OKAVANGO



    Questo è in assoluto il delta interno più grande del mondo ed è sicuramente fra i luoghi più incontaminati della terra. Pochi luoghi al mondo possono essere così vicini alla descrizione del paradiso terrestre. Il fiume Okavango nasce in Angola (come il Chobe) sul Benguela Plateau con il nome di Cubango, attraversa roboante la Namibia nelle Popa Falls con il nome di Kavango e infine diventa Okavango quando arriva in Botswana all’altezza di Mohembo. Questo fiume è uno dei pochi che non sfocia nel mare o in un lago ma bensì crea un delta meraviglioso direttamente nelle sabbie del deserto del Kalahari. Si pensava che un tempo questo grande fiume scaricasse le sue ricche acque dentro a un enorme lago chiamato appunto Makgadikgadi Super Lake. A causa delle evoluzioni tettoniche e del cambiamento climatico questo super lago (profondo circa 30 metri) si prosciugò lasciando a suo ricordo solo l’immenso bacino sabbioso che oggi chiamiamo Makgadikgadi Pans. Ecco perché oggi il fiume Okavango rilascia le sue acque nel deserto creando, però, uno degli spettacoli naturali, avicoli e faunistici più belli del mondo. L’Okavango, con i suoi 1.400 km di lunghezza, è il terzo fiume d’Africa, ogni piena scarica nelle sabbie del deserto del Kalahari quasi 15 miliardi di metri cubi d’acqua. Qui il fiume si disperde e vaporizza letteralmente nel nulla, dando origine a una regione di oltre 15.000 km2, dove un’infinità di specie animali e di piante trovano la vita, fra un dedalo di canali, piccoli e grandi corsi d’acqua intervallati da piccole isole create dal lento ma inesorabile lavoro delle termiti. Le piogge che alimentano il fiume in Angola iniziano a ottobre e finiscono ad aprile inoltrato. La piena del fiume, però, arriva in Botswana solo a dicembre giungendo poi nel delta verso giungo e luglio; il processo di trasporto delle acque dura circa 9 mesi (dall’inizio delle piogge in Angola) ed è fortemente soggetto all’azione del sole e all’evaporazione. Come mai un fiume di questa portata impiega 6/9 mesi per percorre 1.400 km (percorso poco più lungo dell’Italia)? Anche in questo caso le risposte sono da ricercare nella geologia: a parte il primo tratto in Angola che scende da montagne e zone collinari, per oltre 450 km il corso del fiume ha una pendenza di appena 60 metri, insufficiente a rendere le acque veloci, per raggiungere in breve tempo il delta e superare la piccola depressione. Il fiume attraversa un tratto importante lungo circa 100 km definito Panhandle che, essendo più profondo ma più stretto, rende le acque più veloci ma, una volta arrivato al delta, la sua velocità si perde. Quando finalmente le acque arrivano alla meta si disperdono, riempiendo le migliaia di canali esterni e interni, il fiume si allarga in un delta molto vasto, ma poco profondo....Se nel periodo di massima piena il delta può superare i 16.000 km2, nel periodo di secca ricopre un’area di appena 12.000 km2 ed è per questo motivo che le acque del delta dell’Okavango sono sempre limpide e mai saline: perché l’acqua si muove sempre ma lentamente, quindi ha tempo di depositare, ma non di sollevare limo dal fiume.



    La pioggia cade sull'altopiano angolano formando un torrente che porta via le foglie secche degli alberi della gomma. Le acque attraversano la vegetazione del dito di Caprivi, in Namibia, per poi gettarsi nell'Okavango, uno dei maggiori fiumi dell’Africa meridionale. Il fiume si allarga come un ventaglio, estendendosi per un quarto della superficie del Botswana.
    Qui si radunano i lichi (antilopi rossi), le mitterie del Senegal e le mandrie di bufali. Bevono le acque dolci che alimentano le ninfee, i martin pescatori e la ricca vegetazione delle paludi. Dalla cabina dell'aereo osservo il delta dell'Okavango. Con le sue collinette sabbiose, i piccoli laghi, le piazzole verdi e le piante selvatiche, sembra un campo da golf. Ma è un campo brulicante di fauna. Gli elefanti si trascinano con passo pesante, le giraffe saltellano, gli ippopotami risplendono al sole.
    Le meraviglie del delta sono nei particolari silenziosi. Scivoliamo in canoa sui canali, tra ippopotami, papiri e giunchi. Passiamo accanto a isole coperte di palme, formate dai sali minerali e dai sedimenti sabbiosi del deserto del Kalahari.
    (missioni-africane.org)




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  5. gheagabry
     
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    .....Il Fiume Li (Lijiang)......


    Nella provincia meridionale del Guangxi, a metà strada tra Hong Kong e il Sichuan, vi è il panorama più famoso di tutta la Cina: quello del fiume Li. Il corso d’acqua scorre per 437 chilometri nella parte orientale della provincia ed attraversa uno scenario fantastico di picchi carsici e campi di riso. Ogni elemento di questo panorama sembra uscito da un dipinto di epoca classica e non è un caso se lo scenario del fiume Li ha ispirato folle di pittori, poeti e artisti, che venivano qui a ricercare l’armonia tra l’uomo e la natura...Il Lijiang si snoda fra gruppi di ripide colline che sembrano elevarsi inaspettatamente dal terreno; scorrendo dolcemente fra prati verdi e rupi scoscese.




    "Il fiume forma una cintura di mussolina verde, le montagne sono come forcelle per capelli di giada blu", scrisse il famoso poeta del IX secolo Han Yu. Percorrere in battello il fiume tra Guilin e Yangshuo è il modo migliore per assaporare lo scenario "montagne e acque" di Guilin. Il livello delle acque si alza e si abbassa secondo le stagioni ed è al suo massimo tra Maggio e Settembre, quando le crociere partono dal villaggio di Zhujiang, circa 22 km a valle di Guilin. Quando il livello è basso bisogna arrivare in pullman fino al villaggio di Yangdi, circa un’ora di strada.

    Lo spettacolo che si svolge sotto gli occhi è veramente magnifico, con il fiume che serpeggia tra cime verdeggianti che svettano su verdi risaie. Sulle rive si affacciano pittoreschi villaggi, crescono boschetti di bambù, sulle acque si incrociano piccole imbarcazioni di pescatori che praticano ancora la tradizionale pesca col cormorano: con il collo stretto da un anello l’uccello rigurgita a bordo il pesce pescato e ancora vivo che non riesce a inghiottire.













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  6. gheagabry
     
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    Il Danubio è un “imperatore” che non nasce, si manifesta. Non scorre, avanza. Non si unisce agli affluenti, ne raccoglie i tributi. Il Danubio non bagna le città, le irradia. E’ un filo tirato fra terre lontane che ancora si respingono e si attraggono...
    come un nobile signore ti porta per mano a scoprire un’Europa profonda e misteriosa che non si dimentica più.
    (Fernanda Sacchieri)


    Il DANUBIO



    Il Danubio è una delle più antiche e frequentate « strade » d'Europa. Nella direzione del suo corso esso si distingue dagli altri grandi fiumi europei; mentre infatti questi defluiscono da nord a sud o viceversa, il corso del Danubio ha quasi sempre direzione da ovest a est. Dalla Foresta Nera il Danubio, dopo un viaggio di 2960 chilometri, arriva al margine della steppa russa, attraversando o toccando i paesi dell'Europa centro-orientale : Germania, Austria, Rep. Ceca, Slovacchia, Ungheria, Croazia; Serbia, Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina. Pochi fiumi sono tanto ricchi di storia come il Danubio. Esso segnò i confini dell'Impero Romano ed ancora oggi sono visibili, presso la famosa strettoia delle « Porte di ferro », resti di costruzioni che servivano a trasportare i battelli romani a monte della stretta. Divenne poi la grande strada delle invasioni. Lungo le sue rive si susseguirono nei secoli Unni, Avari, Slavi, Bulgari, Magiari, Germani.
    Il maggior fiume europeo (dopo il Volga) comincia a chiamarsi Danubio solo dopo una cinquantina di chilometri dalle sue sorgenti. Il Danubio, infatti, nasce alla confluenza di due torrenti montani, la Brigach e la Brege. La vita di questo fiume, sin dalla nascita, si presenta singolare. Alcuni chilometri dopo la sorgente, presso la cittadina di Immendigen, il terreno calcareo, solcato da grandi crepacci, gli gioca un brutto tiro: inghiotte gran parte delle sue acque; esse ricompariranno, 11 km più sotto, dove formano la Aach che va a gettarsi nel Reno....Il paesaggio è qui cupo e severo. Vi sono rupi enormi, alte un centinaio di metri; in fondo scorre, stretto nella gola, l'ancor piccolo fiume. Presso Sigmanngen il Danubio si libera dalla stretta e scorre più largo. A Ulma, la prima delle grandi città bagnate dalle sue acque, il Danubio raggiunge i 75 metri di larghezza e la profondità media di un metro.
    Infine dal porto di Ratisbona, grande centro commerciale della fertilissima Baviera, il Danubio è navigabile. A Passavia, il Danubio riceve le acque dell'lnn, un grande affluente alpino, che raddoppia quasi la portata del grande fiume (1500 metri cubi al secondo). Sotto Passavia il fiume, largo 200 metri, entra in Austria, dove bagna le grandi città di Linz e di Vienna.
    In alcuni tratti il Danubio viene stretto fra ripide gole, poi si allarga scorrendo in ampie vallate dove il fiume si snoda maestoso, dividendosi talvolta in numerosi rami che bagnano isolotti coperti di prati e boschi di salici. Qualche braccio, invece di riunirsi al ramo principale, si perde lontano nella pianura; si formano così piccoli stagni.



    Il Danubio tocca poi Bratislava da cui comincia il corso medio del fiume; entra in Ungheria e per un tratto di 200 km segue il confine fra Slovacchia e Ungheria di cui bagna la capitale, Budapest. Subito dopo la confluenza col fiume Ipoly, il Danubio incontra l'ostacolo dei monti dell'Ungheria centrale, lo supera incidendo una specie di forra (gola); esce quindi a valle di Budapest sfociando nella piena libertà del bassopiano pannonico. Sembra ora che il fiume non abbia più rive, le acque si aprono la via capricciosamente, con andamento sinuoso, a meandri ampi, dove si trovano paludi e canneti; perde ormai il suo carattere di fiume alpino per assumere quello di fiume di pianura. Entrato in Serbia prima di bagnare Belgrado, il Danubio riceve il grande affluente Tibisco; la sua larghezza supera qui i 1 000 metri. Ora il Danubio, imponente, immenso, deve ancora una volta forzare la montagna e la lotta fra il fiume e il monte s'impegna nei pressi di Orsova, cittadina di confine fra la Serbia e la Romania. Siamo alle soglie delle « Porte di Ferro », la più pericolosa strozzatura danubiana. La massa enorme di acqua, distesa per quasi 2 km, deve passare attraverso una strettoia di 150 metri, fra due alte muraglie laterali. Sembra impossibile che tutta quell'acqua possa entrare in quella gola, ma il fiume lì sprofonda per 50 e più metri e l'acqua, mugghiando, viene succhiata dalla depressione. Quando essa ha superato la strettoia, semprevelocissima, spumeggia contro scogli che rendono difficoltosa la navigazione: è il tratto chiamato le « Porte di ferro ».
    Dopo le « Porte di ferro » il Danubio segue maestoso il suo corso verso est seguendo il confine fra Romania e Bulgaria. Spesso si schiude in rami che scorrono quasi paralleli, poi di nuovo si riuniscono. Forma laghi ed estese paludi. Presso la cittadina di Silistra, sul confine bulgaro, il fiume si trova soltanto a 5 metri sul livello del mare e a una distanza di 300 km dal Mar Nero. Con estrema lentezza, data la minima pendenza, si volge a poco a poco verso nord.
    Esso forma due vaste « balte », zone formate da innumerevoli isole, piene di canneti e boscaglie, comprese fra i vari rami in cui si divide il fiume. Durante le piene, le balte sono interamente sommerse e il fiume diventa largo km 16 per una lunghezza di 130.
    Presso Galati, ancora una volta il Danubio deve attraversare una stretta; volge quindi verso est. Comincia qui il delta del Danubio, una specie di mare interno che si stende per quasi 5 000 kmq. Il territorio è una superfìcie piatta, paludosa, ricoperta di canne, con numerosi stagni e laghi. Nel delta si distinguono tre rami principali: il ramo di San Giorgio, di Sulina e quello di Chilia, l'unico navigabile. In certi tratti il Danubio gela durante l'inverno e allora è uno spettacolo grandioso quello che esso offre, con i massi di ghiaccio galleggianti sulla corrente o ammassati e fermi.
    Qualche volta, durante gli inverni più freddi, è possibile, in Austria e in Ungheria, traversare il fiume a piedi da una parte all'altra.
    (cittacapitali.it)



    "Come un leggiadro fanciullo, eccomi giunto nel cuore della Germania, nella Foresta Nera. Come per magia, poco distante dalla fonte del secondo fiume più lungo d’Europa, il Danubio, dal nulla una fata mi appare e mi chiede se voglia provare l’emozione di sentirmi parte di questo maestoso corpo acqueo. Ancora mezzo incredulo e incerto se sia un sogno o meno, scelgo comunque di accettare. Ed eccomi trasformato in goccia d’acqua. Pronto per correre per poco più di duemilanovecento chilometri. Salto di continuo, saluto pescatori e turisti, battelli. Neanche fossi una valchiria wagneriana schizzo come una saetta carezzando le sponde tedesche, austriache, croate, serbe, moldave, rumene e ucraine.
    Senza sosta. Un unico grande viaggio. Com’è la vita, del resto. Verso la fine, l’andatura si fa più lieve. Il finale va celebrato nel migliore dei modi...Il mio viaggio rallenta in Dobrogea, Romania. Nuoto fino a ridosso delle imbarcazioni dei pescatori per ascoltare le loro storie. Sembrano tanti “vecchi del mare” che ne sanno una più del diavolo. Sorridono e sudano. Parlano delle loro famiglie. Nei loro marcati accenti dialettali, si percepisce tutta la storia di un Signore che s’é visto attraversare da epoche lontane.
    Faccio amicizia con una ninfea, che mi racconta di quando era una giovane ragazza di Bucarest, e che all’incontro con la mia stessa amica maga, si trasformò in pianta. Alla fine del viaggio, decise di restare vegetale, e contribuire con la sua bellezza, a rendere questo immenso fiume ancora più delicato. Dopo averla rinfrescata con la mia presenza, un simpatico pellicano mi fa fare un giro nel cielo e voliamo in alto. Sulla punta del suo becco, vedo il gigantesco delta danubiano diventare ancora più incantato. Fiume dei re, o re dei fiumi. Poca differenza fa. Il saggio volatile mi dà una vera lezione di storia.
    Vengo interrotto sul più bello, e cado dal becco. Mi schianterò penso. E in effetti, non appena riprendo i sensi, sento un formicolio sulla schiena. Mi sveglio e mi accorgo di aver dormito tutto storto. Che strano il sogno che ho fatto. La mia gita sul Mar Nero deve avermi in qualche modo influenzato. Frugo per cercare una gomma, quando mi trovo inspiegabilmente il corpo bagnato sotto i vestiti asciutti.
    (Luca Ferrari)




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  7. gheagabry
     
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    "Eccola, l'acqua di vita che si trova nel cielo. Eccola l'acqua di vita che è nella terra. Il cielo fiammeggia per te, la terra teme quando il dio nasce. Le due colline si fondono, il dio si manifesta, il dio si espande nel suo corpo".

    Il N I L O


    Principale corso d'acqua dell'Egitto e il più importante fiume dell'Africa, il Nilo è alimentato da tre affluenti principali: il Nilo Bianco, che nasce dal lago Vittoria, l’Atbara, il più piccolo, che si unisce al fiume in territorio sudanese, e il Nilo Azzurro, che ha origine dal lago Tana e che convoglia le piogge cadute nel lontano altopiano etiopico.

    Da Kartum, dove tutte le acque si incontrano, il fiume prende il nome di Nilo Sahariano o Nilo propriamente detto e si lancia nella sua grande impresa: attraversa la Nubia e, con una serie di sei cateratte, giunge ad Assuan da cui si immette nella sua lunga valle stretta tra i deserti, dove scorre fino al Mediterraneo per 1200 chilometri trasformati in una lunga oasi. Per tutto il corso non riceve altri affluenti; ha invece un defluente, il Bahr Jussuf (Fiume o Canale di Giuseppe, navigabile), che presso Assiut si distacca dalla grande corrente per proseguire parallelo ad essa, sulla sinistra, fino alla depressione del Faiyoum dove si dirama e si perde. A nord del Cairo ha inizio il Delta solcato da molte diramazioni o bocche. Il loro numero è stato diversamente precisato dai geografi antichi: sembra comunque che le principali fossero cinque, chiamate, dal nome delle città adiacenti: Canopo (o Naukratis), Rosetta (o Sais), Sebennito, Mendes e Pelusio.





    Nilo Azzurro (arabo al-Bahr al-Azraq), fiume dell'Africa nordorientale, lungo 1.370 km. Nasce, a un'altitudine di circa 1.830 m, nel lago Tana, situato nell'Etiopia nordoccidentale, e scorre per circa 200 km in direzione sud, piegando quindi verso ovest. Dopo un percorso sinuoso di oltre 300 km in territorio etiopico cambia direzione e si dirige verso nord-ovest, fino a raggiungere il confine con il Sudan; penetra quindi in questo stato formando il lago Rusayris e, dopo aver percorso circa 500 km in direzione nord-ovest, confluisce, presso Khartoum, con il Nilo Bianco formando il Nilo propriamente detto. Lungo il suo corso sudanese sono state costruite numerose dighe e la sua acqua viene utilizzata per l'irrigazione e per la produzione di energia idroelettrica.

    Nilo Bianco (arabo Bahr al-Abyad), tratto del Nilo che attraversa il Sudan, lungo 800 km. Inizia nei pressi di Malakal, dopo la confluenza con gli affluenti Bahr al-Ghazal (di sinistra) e Sobat (di destra). Il tratto precedente del Nilo è chiamato Bahr al-Jabal. Da Malakal, il Nilo Bianco scorre in direzione nord fino a Khartoum, dove riceve da destra le acque del Nilo Azzurro: da questo punto in poi il grande fiume diventa il Nilo propriamente detto. Il Nilo Bianco è navigabile in tutte le stagioni dell'anno. Nei pressi di Khartoum il suo corso è sbarrato dalla diga di Jabal Awliya: le sue acque vengono qui incanalate e sfruttate per l'irrigazione.









    "Come spirito guardiano del Nilo
    facciamo in modo che il fiume esca dagli argini
    e invada i campi dei contadini.
    Ogni anno il Nilo straripa in egitto e il popolo è felice.
    L’arrivo delle aqcue è salutato come la 'venuta di Hapi' ".


    ..storia, miti e leggende...


    Gli egiziani divinizzarono il Nilo con il nome di Dio Hapy . Gli egiziani furono molto inventivi , infatti essi misuravano con i cosidetti Nilometri il livello delle acque , quando c'erano abbondanti piogge , e raccoglievano nei vari punti dove avevano posizionato il Nilometro , facendo una stima dei raccolti , se era abbondate o scarso e poi stabilivano il prezzo delle imposte da far pagare . Più tardi anche i Greci , divinizzarono il Nilo con il nome figlio di Oceano , che rappresentavano come un vecchio con una lunga barba , sdraiato con un cornucopia , oppure circondato da 16 putti con spighe di grano , che rappresentava il simbolo della fertilità . Dobbiamo ringraziare i primi esploratori che furono i Greci : Simonide e Dalione nel II secolo a.C , che iniziarono il viaggio dalle sorgenti del Nilo . Altri esploratori intrapresero a navigare il Nilo nel 18° e 19° secolo . Il corso del Nilo Azzurro , fu esplorato da J.Bruce nel 1768-1770 , il quale lo considerava il ramo della sorgente , ma più tardi il navigatore Mahommad Alì , scoprì il ramo del Nilo Bianco , che era la vera sorgente . Un altro navigatore G.Miani nel 1859-1860 , riuscì a navigare il Nilo giungendo a 60 Km dalla sorgente . Dopo di loro , giunsero J.H.Speke , J.A.Grant e S.Baker , che scoprirono i grandi bacini lacustri equatoriali che oggi è il lago di Vittoria . Il grande navigatore O.Baumann , nel 1892 navigando il fiume Kagera , si rese conto che quella era la vera origine del Nilo

    Per gli antichi egizi Nun era l'Oceano primordiale che circondava la terra, e da Nun nasceva il Nilo.
    Il fiume sacro era venerato come dio Hapi, il dio inondazione, rappresentato da una figura umana opulenta con la testa sormontata da un ciuffo di papiro. Vari nomi furono attribuiti al Nilo.
    Juma (il mare) forse dovuto proprio alla credenza che il fiume nascesse dal mare: Ioter aa (il grande fiume);
    alle volte al Nilo veniva attribuito un nome diverso a secondo del nomos che incontrava lungo il suo corso.




    LODE AL NILO
    LODE A TE, O NILO CHE
    DAI DA BERE AL DESERTO.
    QUANDO TU INONDI
    LA TERRA, IL VOLTO
    DEGLI UOMINI SI ILLUMINA.
    TU SEI L’AMICO DEL PANE
    E DELLE BEVANDE.
    TU FORTIFICHI IL GRANO
    E LO FAI CRESCERE.
    TU DAI LA VITA ALL’EGITTO.




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    Rio delle Amazzoni


    Il Rio delle Amazzoni (in portoghese Rio Amazonas; in spagnolo Río Amazonas) è un fiume dell'America meridionale che scorre attraverso il Perú, la Colombia (per un breve tratto) e il Brasile e sfocia nell'oceano Atlantico. Il fiume nasce nel Nevado Mismi a 5600 metri sul livello del mare (Dipartimento di Arequipa, Perú). Inizialmente viene denominato Apurimac e più a avalle viene chiamato Ene. Quindi assume la denominazione di Rio Tambo. Quando il Tambo si unisce al Rio Urubamba, il fiume viene chiamato Ucayali. Alla confluenza di quest'ultimo con il Rio Marañon il fiume assume la denominazione di Rio delle Amazzoni. Dalla frontiera Colombia-Brasile il fiume viene chiamato dai Brasiliani "Solimões" (per il tratto fino alla confluenza con il Rio Negro). Oltre questo punto il fiume viene chiamato anche dai Brasiliani "Rio Amazonas". Considerando la sorgente più lontana dal mare, appunto il Rio Apurimac, il Rio delle Amazzoni è il corso d'acqua più lungo del mondo, 6937 chilometri. È il più grande fiume del mondo per volume d'acqua, numero di affluenti e bacino idrografico (6.915.000 km2); basti pensare che in esso sfociano circa 10.000 fiumi, di cui ben 18 hanno una lunghezza superiore a 1.000 km (quasi due volte la lunghezza del Po). Il Rio delle Amazzoni è lungo quasi 10 volte il Po e circa 5 volte l'Italia.

    Visione d'insieme del corso principale del Rio delle Amazzoni che attraversa quasi tutto il continente sudamericano


    Il corso del Rio delle Amazzoni in Brasile muta, a seconda delle stagioni, in base alla quantità variabile delle precipitazioni nel corso superiore del fiume. Nei periodi di maggiori quantità di acqua esso può tracimare nelle foreste confinanti fino a 100 km di distanza. L'allagamento delle foreste colpite crea la Vàrzea, un ecosistema unico al mondo. Nell'area della foce del Rio delle Amazzoni si trova l'isola fluviomarina di Marajò. Se si include quest'isola di grandi dimensioni (49.000 km2) insieme ai fiumi che sfociano a sud di questa (in particolare il Tocantins) l'estuario del Rio delle Amazzoni ha un'ampiezza di parecchie centinaia di chilometri. Attraversa da ovest a est un'area geografica definita Bacino dell'Amazzonia.

    Nel 1499, l'esploratore fiorentino Amerigo Vespucci è stato il primo europeo a navigare sul fiume. Successivamente, nel 1500, Vicente Yáñez Pinzón chiamò il fiume Río Santa María de la Mar Dulce, più tardi abbreviato in Mar Dulce (letteralmente "dolce mare", di fatto "mare di acqua dolce").

    Etimologia

    L'origine del nome non è chiara. In parte il nome si riconduce al fatto che gli scopritori, alla guida di Francisco de Orellana avrebbero visto donne guerriere indigene e che avrebbero perciò chiamato il fiume su ispirazione delle Amazzoni. Altri sostengono che uno dei popoli indigeni avesse un nome dal nome simile e che in caratteri latini sarebbe stato traslitterato con Amazonas. Di nuovo, altri vedono nel sostantivo Amassunú, con cui si pensa che i Tupi abbiano caratterizzato il fiume, l'origine del nome attuale. Altre possibilità sarebbero le parole indiane amazonassa, amacunu per "rumore dell'acqua", come lo chiamavano gli Indiani del corso superiore o Amassonas per "disturbatore delle navi", come gli Indiani lo chiamavano all'altezza del Rio Negro.

    Al contrario il fiume ha dato il nome al bacino amazzonico, ma anche a diverse province in Brasile, Venezuela e Colombia.


    Origine, corso e foce

    Il Rio delle Amazzoni nasce da una parete rocciosa sul Nevado Mismi ed è contrassegnata da una croce sul terreno.

    Il Rio delle Amazzoni nasce nelle Ande peruviane. I suoi rami si chiamano Marañón, Huallaga e Ucayali. Quello più settentrionale e più ricco di acque è il Marañón, lungo 1.600 km, che scaturisce da tre pantani a monte del Lago Lauricocha e che è da sempre considerato il ramo d'origine tradizionale del Rio delle Amazzoni. La fonte fu constatata nel 1909 da Wilhelm Sievers.

    L'Ucayali, con i suoi affluenti, è più lungo del Marañón, mentre il ramo più lungo del Rio delle Amazzoni è al momento il Río Apurímac o uno dei suoi affluenti. La fonte del Rio delle Amazzoni documentata nel 2001 si trova nella parete settentrionale del Nevado Mismi tra Cusco e Arequipa, circa 160 km ad ovest del Lago Titicaca. Il ramo prende per 19 km il nome di Lloquera e quindi per altri 46 km di Callamayo e Hornillos, prima di unirsi al Río Apurímac. Dopo una lunghezza totale di 730,7 km prosegue nel Río Ene (180,6 km), nel Tambo (158,5 km) e infine per altri 1.600,1 km nel basso corso del Río Ucayali, fino ad unirsi dopo una lunghezza totale di circa 2.670 km a sud-ovest di Iquitos in Perù con il Marañón.

    Nei suoi 3.106 km in territorio brasiliano nel Rio delle Amazzoni confluiscono ben 220 affluenti, dei quali circa 100 sono navigabili. Possiede alcuni affluenti maggiori come il Tigre, che sgorga presso Yerupajá.

    Oltre il confine tra Perù e Brasile il Rio delle Amazzoni prende il nome di Rio Solimões. Alla confluenza del Rio Solimões con il Rio Negro presso Manaus il fiume assume infine il nome di Rio delle Amazzoni. Qui si trova anche il suo punto massimo di profondità (100 m). L'area settentrionale della foce forma un estuario con un delta sottomarino in formazione. Il Rio delle Amazzoni nei pressi di Manaus è lontano ancora circa 280 km dall'equatore. Alla foce il Rio delle Amazzoni riversa nell'Atlantico una quantità d'acqua di circa 190.000 metri cubi d'acqua al secondo, quindi circa seimila miliardi di metri cubi d'acqua all'anno, che corrisponde ad una quantità ventitré volte superiore a quella del Volga, il fiume europeo più ricco d'acqua.

    Nel bassopiano amazzonico, a causa della pendenza limitata (3,8 cm ogni chilometro) i fiumi sono collegati tra loro da canali naturali. Le acque a sud di Marajò (Tocantins, Guamã e altri) formano il Rio Pará, che sgorga attraverso la Bahia de Guajará (ca. 20 km in larghezza) nell'Atlantico meridionale. Il tratto più breve della lingua di terra tra Marajó e il continente è in prossimità della città di Breves, anche se è navigabile con navi oceaniche.

    Traffico

    Il Rio delle Amazzoni è ancora oggi un'arteria di traffico principale nell'area amazzonica, in particolare per il trasporto delle merci. La maggior parte delle città sono collegati da voli di linea, che tuttavia non sono a buon mercato per molti abitanti della regione: ecco perché è diffuso il trasporto fluviale. La maggior parte dei passeggeri trascorre la notte su amache che si portano appresso. Nella parte inferiore della nave si trasportano merci. Le strade sono perlopiù inagibili nella stagione delle piogge.

    Il Rio delle Amazzoni è navigabile con navi oceaniche dalla costa atlantica fino a Manaus. Persino gli affluenti Rio Tapajos e Rio Negro sono navigabili con navi da crociera. A Manaus e ora anche in altri luoghi queste grandi navi possono attraccare. Undici fiumi che confluiscono nel Rio delle Amazzoni sono nel novero dei venti fiumi più ricchi d'acqua del mondo.

    Flora e Fauna

    Si stima che nel Rio delle Amazzoni vivano 5.000 diverse specie ittiche. Sono in totale di più che in tutto l'oceano Atlantico. La ricchezza di specie ittiche si riflette anche nei menù dei ristoranti. Tra i piatti di pesce principali vi sono: Tambaquí (Colossoma macropomum), Jaraqui, Filhote, Tucunaré (Cichla spp.), Pirarucú (Arapaima gigas). Oltre a ciò vi è anche una quantità spropositata di pesci a livello ragionale quali i piranha, il Tamuatã, dall'aspetto primordiale, e altri.



    Tra le specie animali particolarmente minacciate che si trovano in Amazzonia vi sono il „Peixe-Boi“, una specie imparentata con la specie dei sirenidi e il delfino amazzonico di colore rosa (Inia geoffrensis; port. Boto cor-de-rosa).

    Nel Rio delle Amazzoni si trovano isole flottanti che si sono sviluppate da alberi che si sono uniti l'uno all'altro o per l'unione di piante acquatiche staccatesi per le inondazioni e unitesi per le radici ad isole erbose. Possono raggiungere una lunghezza di centinaia di metri e costituiscono un biotopo isolato.

    Pororoca

    Un fenomeno naturale singolare avviene alcune volte all'anno nei periodi di luna nuova e di luna piena tra febbraio e marzo. Un'onda alta fino a quattro metri si trascina con la corrente proveniente dall'Atlantico lungo alcuni affluenti del Rio delle Amazzoni per parecchi chilometri a monte. In base alla definizione poroc-poroc, che in Tupi significa qualcosa come "grande rumore distruttivo", viene chiamato Pororoca.

    A causare questo fenomeno è l'unione degli alti livelli dell'acqua del Rio delle Amazzoni in questa stagione e l'inondazione nei periodi di luna piena o luna nuova. Temuta dagli abitanti per la sua forza distruttiva, la Pororoca è nota in tutto il mondo. Il brasiliano Picuruta Salazar è riuscito a stare per circa 37 minuti in una lunghezza complessiva di dodici chilometri sull'onda.

    Il Rio delle Amazzoni minacciato

    Non è solo la foresta pluviale della regione amazzonica a subire un lento processo di distruzione, ma anche il fiume stesso, che viene già da tempo inquinato. Negli ultimi dieci anni i cercatori d'oro hanno versato nel Rio delle Amazzoni più di 200 tonnellate di mercurio. Il mercurio, grazie alla sua densità, può assimilarsi soltanto all'oro; lo sporco e il fango restano al di fuori delle sfere di mercurio.

    Questa proprietà è stata sfruttata dai cercatori d'oro che hanno inquinato il solo Rio Tapajòs con 800 tonnellate di mercurio all'anno. Tuttavia i cercatori d'oro non si preoccupano della formazione dei vapori di mercurio al momento della separazione dell'oro e del mercurio, estremamente pericolosa per l'uomo e per gli animali. Tipiche conseguenze di intossicazione da mercurio sono danni genetici gravi quali malformazioni, se non, come frequentemente accade, la morte.

    Il riscaldamento climatico lascia le sue tracce anche nel "polmone della Terra" e quest'anno il territorio dell'Amazzonia è stato colpito da una siccità come non s'era mai vista prima, tanto che ci vorranno dieci anni prima di tornare ai livelli precedenti. Tuttavia il bilancio biologico di questo ecosistema è riscontrabile ovunque e anche se riuscirà a tenere testa al riscaldamento globale, potrà essere minacciato a lungo termine da oscillazioni atmosferiche estreme.

    Il continuo diboscamento delle foreste madri diminuisce la quantità di acqua evaporata con cui il fiume si nutre e che costituiscono il fondamento essenziale per la simbiosi del regno vegetale e del regno animale.

    Affluenti del Rio delle Amazzoni Affluenti di sinistra Affluenti di destra
    Rio Napo Juruà
    Rio Negro Madeira
    Rio Branco Rio Purus
    Rio Paru Rio Tapajós
    Manaus Xingu
    . Tocantins


    Il Rio delle Amazzoni ha una colorazione marroncina causata dai sedimenti trasportati in modo particolare dalle Ande verso i rami adiacenti. Il 90 % dei sedimenti trasportati dal Rio delle Amazzoni vengono trasportati attraverso il Madeira, l'Ucayali e il Marañon. Tuttavia alcuni affluenti provengono da territori cristallini con bassa quantità di sedimenti (p.e. il Rio Tapajós, il Rio Negro e il Rio Xingu).

    Alle confluenze di fiumi dalle colorazioni differenti i diversi colori delle masse d'acqua si distinguono in parte a chilometri di distanza. Ogni anno nella città di Óbidos, a circa 800 km dalla foce vengono trasportati dal fiume circa 1,2 miliardi di tonnellate di sedimenti. Tra queste circa il 75 per cento raggiungono l'Atlantico, le rimanenti 25 vengono sedimentate negli 800 chilometri del basso corso del fiume.

    La città più grande sul Rio delle Amazzoni è Iquitos, vicino alla confluenza dei due rami sorgivi. Le città di Manaus (sul Rio Negro) e di Belém (nella Bahia de Guajará) non si trovano secondo un'opinione diffusa sul Rio delle Amazzoni. Altre città sono Macapá e Santarém. Pucallpa si trova lungo il ramo sorgivo dell'Ucayali.

    Abitanti

    Nella regione amazzonica vivono circa un milione di abitanti di etnia indigena. I loro territori vengono demarcati in Brasile dall'autorità indiana del Brasile FUNAI. In Brasile sono state già espropriate circa quattro milioni di km² e classificate come territori indiani, il che corrisponde al 20% della superficie nazionale. In questi territori vivono 150 popoli indigeni. Nonostante ciò nei territori indiani si arriva a volte a forti diatribe tra cercatori d'oro invasivi (garimpeiros) e silvicoltori. Gli abitanti che vivono direttamente lungo il fiume - spesso in semplici palafitte in legno - si chiamano Caboclos e vivono spesso di pesca, di produzione di caucciù, in parte di attività zootecniche e con il commercio di noce del Brasile e altri frutti sul mercato nazionale.

    Storia

    La foce del Rio delle Amazzoni venne scoperta dagli Europei tra il 1499 e il 1500. L'esploratore fiorentino Amerigo Vespucci e il marinaio Vicente Yáñez Pinzón vi giunsero quasi contemporaneamente con le loro navi. Di solito è Vespucci ad esserne considerato lo scopritore.

    Francisco de Orellana fu il primo europeo a navigare il fiume tra il 1541 e il 1542 dalla fonte del Napo in Ecuador fino alla foce nell'Atlantico. Partecipò alla spedizione di Gonzalo Pizarro. Per lungo tempo il Rio delle Amazzoni fu chiamato Rio Orellana. Era in realtà alla ricerca della leggendaria El Dorado.

    Il 12 febbraio 1542 Francisco de Orellana e Gonzalo Pizarro scoprirono la sorgente del Marañón, il ramo sorgivo più breve. Dall'Ottobre del 1637 fino all'agosto del 1638 Pedro de Teixeira ripercorse il Rio delle Amazzoni verso monte fino alla fonte del Napo. Solo nel 1971 la fonte dell'Ucayali venne scoperta dall'Americano Loven McIntrye e nel 2001 venne stabilita la fonte dell'Apurímac come fonte del Rio delle Amazzoni dalla National Geographic Society, al punto che i dati della lunghezza allora in vigore per il Rio delle Amazzoni dovettero essere riveduti.

    Padre Samuel Fritz, un missionario gesuita tedesco, fu il primo a cartografare il fiume nel 1707.

    Il Rio delle Amazzoni primordiale

    Secondo una teoria scientifica tuttavia non ancora sicura, circa 130 milioni di anni fa la fonte del Rio delle Amazzoni si trovava nel massiccio dell'Ennedi nel nord-est del Ciad, come dimostra la presenza di numerose falde acquifere ad alcune centinaia di metri di profondità, che allora apparteneva al supercontinente della Gondwana, nel quale erano riunite l'attuale India, l'Africa, l'America meridionale, l'Australia e l'Antartide. Il Rio delle Amazzoni primordiale scorreva in direzione inversa da est a ovest e sfociava nel Pacifico, formando diversi laghi interni, dei quali l'unico rimasto ai giorni nostri sarebbe il Lago Ciad. Con una lunghezza totale di circa 14.000 km il Rio delle Amazzoni primordiale sarebbe stato il più lungo fiume che mai vi sia stato sulla terra.

    In seguito alla frattura della Gondwana, la piattaforma continentale sudamericana si spostò verso ovest. Poiché il bacino amazzonico venne separato dalla fonte della sorgente del Rio delle Amazzoni primordiale, i terreni orientali della valle del fiume si inaridirono. Gli alvei occidentali, invece, continuarono tuttavia ad essere alimentati dagli antichi affluenti.

    In seguito allo scontro dell'America meridionale con la piattaforma pacifica, lungo la costa occidentale del continente, si formarono le Ande che bloccarono il corso dell'acqua. Si formò così un gigantesco bacino d'acqua dolce nel cuore del continente. Da 50 milioni di anni a questa parte, in seguito al veloce innalzamento delle Ande ad Ovest, l'acqua nella regione si convogliò sempre più verso est, scegliendo come alveo naturale quello del Rio delle Amazzoni primordiale. Questo spiega anche l'anomalia dell'alveo del Rio delle Amazzoni, che si restringe man mano che ci si avvicina alla foce, quando per tutti gli altri fiumi avviene il contrario. Allo stesso tempo si spiega anche perché nell'alto corso del Rio delle Amazzoni, a migliaia di chilometri di distanza dal mare, si trovino animali quali razze d'acqua dolce, gamberi, sogliole, sirenidi e delfini, altrimenti assenti nel suo basso corso. Questi animali finirono nel Rio delle Amazzoni quando questo ancora sfociava nel Pacifico, furono tagliati fuori dall'Oceano e si adattarono all'ambiente d'acqua dolce.

     
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  9. gheagabry
     
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    Il RIO delle AMAZZONI



    Il Rio delle Amazzoni, lungo 6.180 km, dalle sorgenti dell'Ucayali fino alla foce, è un fiume dell'America meridionale che sfocia nell'Oceano Atlantico. Con i suoi mille e cento affluenti e quindicimila sottoaffluenti, costituisce il più grande bacino idrografico del mondo. Il fiume ha una portata di 160.000 m³/sec; il suo bacino imbrifero, compreso quello del Tocantins, è di 7 milioni di km² e comprende il bassopiano amazzonico, a nord una parte del Massiccio della Guayana, altipiano dell'America Meridionale originario anche dei fiumi Orinoco e Rio Negro, e del sistema andino e degli altipiani del Brasile a sud; la maggior parte di questo immenso spazio è ricoperta da una fitta foresta pluviale, particolarmente ricca di specie vegetali ed animali.
    Politicamente il bacino appartiene a Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname, Guayana Francese.
    Il fiume prende il nome di Rio delle Amazzoni da Iquitos, alla confluenza dei due bracci sorgentizi, ma nel corso medio viene chiamato anche Rio Solimões. È formato dall'unione del Rio Marañón, che nasce nelle Ande peruviane a 3.653 m s/m, e scorre attraverso una estesa e profonda valle che costituisce una delle importanti caratteristiche morfologiche di questa zona, attraversa gran parte del territorio peruviano, da nord a sud, raggiungendo la massima ampiezza nella zona di Bagua e restringendosi in seguito nel punto di attraversamento della Cordigliera Orientale nel suo propagarsi verso la bassa Amazzonia; con il del Rio Ucayali, che invece nasce nella Cordigliera Occidentale a 5.600 m s/m, e che per 1.600 Km attraversa da sud a nord il Perù, attraversando la Cordillera Blanca, lambisce il monte Machupichu per poi entrare nella pianura alluvionale dell'Amazzonia. E' interessante notare che ambedue gli affluenti attraversano la Cordigliera da un versante all'altro, ciò sta a significare che le montagne si sono innalzate dopo che i fiumi avevano stabilito il loro corso.

    Da 50 milioni di anni a questa parte, in seguito al veloce innalzamento delle Ande ad Ovest, l'acqua nella regione si convogliò sempre più verso est, scegliendo come alveo naturale quello del Rio delle Amazzoni primordiale. Questo spiega anche l'anomalia dell'alveo del Rio delle Amazzoni, che si restringe man mano che ci si avvicina alla foce, quando per tutti gli altri fiumi avviene il contrario.



    ...Storia, miti e leggende.....


    La storia dell'Amazzonia è stata in gran parte segnata dall'avidità dei conquistadores prima e dallo sfruttamento atroce e indiscriminato dei grandi latifondisti poi. Tutto ha inizio nel 1540 quando lo spagnolo Gonzalo Pizarro, fratello del Conquistatore, decide di organizzare una spedizione al "Paìs de la Canela" che suppone essere ad oriente di Quito. La spedizione parte da Cuzco con 180 soldati, 3.000 indios della regione, alcuni schiavi negri, 100 cavalli e 600 cani da guerra. Nel percorso passa per Huànuco ed entra a San Francisco de Quito.
    A Quito Gonzalo Pizarro arruola nelle sue file il capitano Francisco de Orellana per svolgere le funzioni di luogotenente e decide di proseguire verso la provincia di Quitzos, ultimo lembo del territorio incaico. Ma le ricerche del "Paìs de la Canela" non danno buoni frutti e Pizarro decide allora di dividere la spedizione in due tronconi. Il primo, al suo comando, si addentra nella selva mentre il secondo, con a capo Orellana, risale il fiume Santa Ana con il brigantino San Pedro.
    In vista delle difficoltà trovate durante tutto il tragitto, Pizarro e parte della truppa si accampano sulle rive del rìo Coca, e Orellana viene incaricato di proseguire nella navigazione per recuperare viveri per tutto il resto della truppa ormai sfinita. Con il brigantino San Pedro continua quindi la navigazione sul rio Napo fino ad arrivare, il 12 febbraio del 1542, ad una gigantesca foce che risulta essere niente di meno che la confluenza del Rio delle Amazzoni con le due foci del Napo. Fu così che partendo dalla capitale dell'antico Perù, Cuzco, viene scoperto il Rio delle Amazzoni, il fiume di maggior portata del mondo, dalla spedizione di Orellana che porta a termine questa memorabile gesta.
    La prima navigazione da parte di un occidentale del Rio delle Amazzoni avviene quindi quasi per errore. Come Cristoforo Colombo era partito alla ricerca di una nuova rotta per le Indie, così Orellana era partito per una spedizione abbastanza semplice: doveva solo trovare dei viveri per rifocillare i combattenti spagnoli di Pizarro.
    Le straordinarie avventure della spedizione di Orellana vengono conosciute e divulgate grazie al racconto del frate erudito francese Gaspar de Carvajal che lo accompagnava in tutte le missioni con il compito di redigere il diario di bordo. "Orellana", scrive Carvajal, "prese con sè 57 uomini con i quali salpò a bordo di tre barche per seguire il flusso della corrente. E subito rischiammo di perderci, perchè confluiva nel nostro fiume un altro con acque turbolente e piene di tronchi d'albero". Ecco come continua a descrivere le difficolt? incontrate prima dell'incredibile scoperta: "La corrente è sì forte che fin dalla partenza facciamo venticinque leghe al dì, e ci costerebbe gran fatica risalire in senso inverso. Dei ricchi villaggi promessi non si vede l'ombra. L'unica soluzione è proseguire. Non avevamo più alcunchè da mangiare, salvo cinture di cuoio e suole di scarpe fatte bollire con talune erbe".



    Il tema delle donne combattenti ha radici profonde che nascono dal mito delle Amazzoni, il leggendario popolo guerriero della Cappadocia governato dalle donne (gli uomini erano resi schiavi ed utilizzati per i lavori domestici e per la riproduzione) le cui guerriere, abilissime nell'uso dell'arco e nel combattimento a cavallo, avevano l'abitudine di mutilarsi amputando il seno destro per poter meglio tirare le frecce (a-mazos in greco significa "senza mammella"). Con un notevole salto temporale, dalle Amazzoni della Cappadocia spostiamoci al 24 giugno del 1542 giorno in cui ha luogo quella che Gaspar de Carvajal chiama la battaglia delle Amazzoni, nella zona che oggi ? popolata dai Waimiri, un popolo indigeno mai conquistato da nessuno e conosciuto nella selva amazzonica per la sua belligeranza e forza. La flotta spagnola di Arellano viene attaccata da un gruppo di indio simili ai Waimiri, che sono guidati da una dozzina di Amazzoni.
    "Gli indiani ostili urlavano, suonavano molti tamburi e trombe fatte di legno, facendoci segno che ci avrebbero mangiati", scrive frate Carvajal nel suo diario, dopo la battaglia nel corso della quale perder? un occhio, colpito da una freccia. "Queste donne, le Amazzoni, hanno la pelle molto bianca, e davvero una di loro lancie tante di quelle frecce su una delle nostre imbarcazioni da farla sembrare un porcospino".
    Che fossero davvero donne, quelle che guidavano gli indios, non è comunque sicuro. Una guida locale è convinta che gli spagnoli si siano sbagliati. "Li hanno presi per donne e si sono illusi di lottare con le antiche guerriere Amazzoni", dice, "ma non si trattava d'altro che degli yanguas, che si vestono con dei mantelli e si lasciano crescere i capelli, lunghi fino alla cintura". Donne o uomini che fossero, fatto sta che quasi sterminarono la spedizione di Orellana, che comunque alla fine ebbe la meglio. "I nostri compagni sono riusciti a uccidere sette o otto Amazzoni, al che gli altri indios hanno perso coraggio e si sono ritirati".
    Resta quindi sepolto nel profondo della foresta il segreto delle Amazzoni.



    ..il fiume sotterraneo..


    Non gli bastava coprire 7 milioni di chilometri quadrati del Sudamerica ed essere il fiume più lungo del mondo con i suoi quasi 7 mila chilometri. Il Rio delle Amazzoni ha fatto di più. In silenzio, di nascosto, senza palesarlo con troppo rumore ha permesso a un «fratello» sotterraneo di scorrere sotto di lui. O, almeno, così potrebbe essere secondo gli scienziati. Stando infatti a quanto afferma un gruppo di studiosi brasiliani, a 4 mila metri in profondità sotto il Rio delle Amazzoni, per 6 mila chilometri scorre l’Hamza. I due vanno quasi in parallelo, come due rette che non si incontrano mai. E se la scoperta è per il momento un’ipotesi che «potrebbe essere confermata nei prossimi anni», certo è che le prove dell’esistenza del fiume segreto non mancano.
    «Il fiume segreto nasce nella regione di Acre sotto le Ande e scorre attraverso il Solimões, l’Amazzonia e l’isola di Marajó prima di gettarsi nell’oceano Atlantico», hanno spiegato. Ma non solo. «Come il Rio delle Amazzoni anche l’Hamza viaggia da ovest verso est. Inoltre la sua esistenza spiegherebbe la bassa salinità delle acque del fiume intorno alla foce». Tra i dettagli emersi, anche i dati sulla portata, con 3.900 metri cubi di acqua al secondo (il Rio delle Amazzoni ne sposta 133 mila), e la bassa velocità di scorrimento da 10 a 100 metri all'anno, mentre il Rio delle Amazzoni arriva fino a 2 metri al secondo. Per scovarlo i geologi hanno usato un sistema matematico basato sul cambiamento delle temperature e sui dati raccolti dalla compagnia petrolifera Petrobras durante una serie di 241 perforazioni condotte tra gli anni Settanta e Ottanta. Risultato? «Il flusso delle acque dell’Hamza è verticale fino ai 2 mila metri, poi cambia e diventa orizzontale».




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  10. gheagabry
     
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    Questo fiume non lo troverete in nessuna carta geografica.Questo fiume è nostro,nasce da lontano,e scorre infinito..su un letto di parole,che rendono più viva la notte,su cui possiamo navigare senza paura di affondare mai.E sfocia là,in un immenso oceano chiamato amicizia.Nemmeno questo mare lo troverete nelle carte geografiche..perchè è il nostro oceano.Non è egoismo,è il blu.E il fiume racconta,e noi raccontiamo a lui,a volte risate,a volte canzoni,spesso la vita complicata. (poetdreamer)


    Il Mississippi



    Il Mississippi è un fiume dell'America settentrionale che attraversa la parte centrale degli Stati Uniti. Nasce nel nord del Minnesota e sfocia nel Golfo del Messico scorrendo verso sud. Il Mississippi ha una lunghezza complessiva di circa 3.780 km: solo uno dei suoi affluenti, il Missouri, è più lungo nel Nord America. La lunghezza totale di questi due fiumi supera i 6.800 km, e il bacino idrografico del Mississippi-Missouri ne fanno uno dei più consistenti sistemi fluviali nel mondo. Durante l’epoca pre-colombiana il Mississippi era già una via navigabile e i nativi americani lo chiamavano "Meschacebé" che significa "padre delle acque".
    Si ritiene che il primo europeo a esplorare parte del grande fiume sia stato Hernando de Soto nel 1541, a cui fecero seguito i due francesi Jacques Marquette e Louis Joliet, che nel 1673, partiti dal Wisconsin, discesero il Mississippi portandosi sino alla confluenza dell'Arkansas. Nel 1682 un altro francese, René de La Salle, esplorando gran parte del bacino, ne volle rivendicare il diritto alla Francia, chiamando Louisiana quella regione, in onore del re Luigi XIV. Infine è da ricordare, tra gli esploratori spintisi più a nord, sull'alto corso, l'italiano Giacomo Costantino Beltrami, che nel 1825 scoprì le sorgenti in corrispondenza del lago Itasca.


    .........un libro "Mississippi. Il grande fiume:

    un viaggio alle fonti dell'America....di Mario Maffi.....


    La ricerca delle sorgenti è da sempre tra le più affascinanti imprese esplorative, anche se la definizione del luogo esatto della "fonte prima" è spesso arbitraria, viziata com'è da convenzioni geografiche che possono trasformare uno sconosciuto affluente in corso principale. Neppure individuare la sorgente del Mississippi è stato facile, nella sua fase iniziale infatti il fiume assume un andamento bizzarro, sfuggendo prima verso nordest quasi a volersi gettare nella Baia di Hudson, ritornare a sud e di nuovo puntare a est prima di farsi attrarre definitivamente dal meridione. Insomma, un rompicapo topografico per l'agrimensore inglese David Thompson, per l'americano Zebulon Montgomery Pike (1805) o per l'esploratore italiano Giacomo Costantino Beltrami - autore nel 1823 di una a dir poco complicata spedizione tra valli, laghi e acquitrini del Minnesota - per citare solo alcuni di coloro che provarono a risolverlo. A sancire la fine della vicenda fu l'autorevole certificazione nel 1887 della Minnesota Historical Society, con il risconoscimento della scoperta di Joseph Nicollet: il fiume Mississippi nasceva dal Lago Itasca. Tuttavia Mario Maffi, con divertita malizia, invita a considerare le 1600 miglia tra la confluenza del Mississippi con il fiume Missouri (dove sorge St. Louis) e le sorgenti di quest'ultimo nel Montana, una distanza notevolmente maggiore di quella che separa St. Louis dal Lago Itasca: "non è che il Mississippi sia in realtà il fiume Missouri, e che le sue sorgenti siano quelle del Missouri nel Montana?"

    Dopo il periodo esplorativo, quando il grande fiume con le sue 2552 miglia di lunghezza era visto come la via più facile per raggiungere il celebre Passaggio a nord-ovest, lo sviluppo dell'oriente americano lo identificò come spartiacque tra civiltà e natura selvaggia. La corsa all'Ovest e la nascita di grandi città lungo il suo corso (Minneapolis, St. Louis, Memphis, New Orleans), ne fece la cerniera commerciale, sociale e culturale d'America, e sostanza del volume di Mario Maffi, la cui competenza per la cultura americana e due viaggi compiuti lungo il Mississippi hanno permesso di scrutare angoli nascosti del suo corso, raccogliendo una messe di storie, suggestioni, testimonianze le più svariate (e spesso curiose), dando corpo ad un'amplissima divagazione lungo le sponde di un fiume che è la storia d'America. Protagoniste sono grandi città insieme a minuscole cittadine, figure celebri come Mark Twain - Maffi ci racconta squisitamente lo show-bussiness della museificazione di Hannibal, la città dell'infanzia e della giovinezza del padre di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, dove ogni cosa gravita intorno alla figura dello scrittore, dal trenino per i turisti, ai negozietti, motel, ristoranti tutti con la sua effige variamente declinata sulle insegne - musiche e voci, quelle nere del Sud della folgorante New Orleans e del Preservation Hall, il tempio del jazz delle origini dove ci si può abbandonare ad "una galoppata entusiasmante che si vorrebbe non finisse mai attraverso quel passato di New Orleans, in cui si mescolano Congo Square e le quadriglie francesi e i balli creoli e le oompah bands tedesche, e i funerali neri con l'andata lenta e malinconica e il ritorno fremente e gioioso, e il piano ritmico e saltellante dei bordelli di Basin Street e Storyville, e le bands di Buddy Bolden e di Kid Ory e di Jelly Roll Morton e di King Oliver".
    Nel suo viaggio incontra comunità in continua lotta con le acque del fiume, raccontando della storica alluvione del 1927 (il libro riporta una cartina rivelatrice della grandiosità degli eventi sulla quale sono indicati i territori sommersi), e delle seguenti del '52, '65, '73 fino all'ultima in ordine di tempo del 1993, tutte ugualmente disastrose. Straordinaria la storia di New Madrid, una cittadina fondata nel 1783 su un'ansa del fiume da due fratelli franco-canadesi mercanti di pelli. Ai loro occhi un luogo dalla terra fertile, ricca di frutti e orsi con tutte le premesse per avviare lo sviluppo di una grande città, ma sfortuna volle che proprio lì passasse una linea di faglia capace di scatenare nella notte del 16 dicembre 1811 quello che le news contemporanee definirebbero uno tsunami-fluviale: una fortissima scossa di terremoto sollevò le acque del Mississippi devastando le rive facendole crollare, invertendo in diversi punti il senso della corrente, la terra si fessurrò sollevando sbuffi di sabbia, l'intera collina su cui sorgeva la città collassò. Mentre le scosse proseguirono per settimane, la distruzione si propagò anche a valle distruggendo villaggi e foreste cosicché dell'originaria New Madrid non rimase più nulla.
    Solo una delle tante storie colte dal flusso continuo di immagini, colori, musiche in cui i nomi dei jazzisti sembrano accavallarsi a quelli dei Native Americans, i leggendari canti di lavoro del Sud mischiarsi alle ballate, i gloriosi steamboats incrociare la rotta delle canoe, i miti del progresso scontrarsi con la realtà di piccoli centri abbandonati, sempre in cammino lungo le rive della storia, ascoltando la voce dell'America.
    (Davide Squarcina)

    Le città gemelle lungo il Mississippi in un caso, certamente, non sono twin cities: St Louis e East St Louis sono due mondi distanti e si guardano in cagnesco. Da più di un secolo. Sulla costa orientale del fiume passi tra fabbriche, cementifici, ex prati ricoperti di detriti e immondizia, palazzi semidistrutti e disabitati; dove vivono gli umani sono neri, malvestiti, sguardo diffidente e lontano. Vivono negli slum di questa città che non è una città, ma solo “l’altra parte del fiume”. Non è una novità: quando Josephine Baker, nata a East St Louis nel 1906, una sera si spaventò sentendo botti, rumori e grida, chiese alla madre cosa stava succedendo, se era un tornado che stava arrivando. No, non è un tornado: sono i bianchi, fu la risposta. Le lotte razziali, e soprattutto le notevoli differenze di censo, sono state storia passata e sono storia presente. Arrivando a St Louis da est lo vedi: nelle cose e negli umani.



    "...<ogni volta che attraverso un confine mi sento più vicino alla meta, non solo nel senso di distanza fisica. Il confine di oggi, tra Missouri e Illinois lo scavalco su un ponte, infinito e buio, sul fiume Mississippi. >(Alex Bellini)......Noi in Illinois ci entriamo di notte, e il cartello verde alla nostra destra con scritto fiume Mississippi non è abbastanza grande per contenere il fascino inatteso che emana questo gigante d’acqua verde scuro. E’ immenso, lento. Profondo come l’anima di Mark Twain. E’ il fiume Americano, sul cui scorrere sono state scritte così tante pagine e canzoni da fermarlo per sempre...Vediamo allontanarsi sulla sua sponda destra la città di Hannibal, con quelle luci gialle tremolanti che sembra un villaggio Vietnamita, in questa nebbia piovosa e calda. Lasciamo il Missouri, vediamo se anche questa volta ci sarà un cambio netto nella morfologia della terra...Ieri questa città di confine ci ha accolto con le tende mezze chiuse, trasparenti sulle case in legno più belle degli ultimi 3000 chilometri, squamate come pesci di fiume. Vicine una all’altra, come se i primi a fondarle avessero voluto accorparsi stretti dopo la navigazione, dopo la paura dei coccodrilli, della fame e del viaggio…"
    (Mauro Talamonti, 48° Tappa.. Attraverso il Mississippi fino all’Illinois)




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  12. gheagabry
     
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    Chi ti costringe, o Po fiume regale
    A divertir il tuo veloce corso Torcendo giochi contro il tuo canale.
    (Gianbernardo Miolo)


    Il PO



    Le nostre origini, la storia della pianura padana sono legate ad un grande fiume che l’attraversa, il fiume PO,in latino (PADUS). In antichità forniva il necessario sostentamento infatti dal suo corso si ricavava cibo, legname, sabbia, si sa l’acqua e’ sempre stata fonte di vita per qualsiasi civiltà,lungo il corso del fiume sono nate molte espressioni culturali e artistiche lasciando segni indelebili visibili ancora ai giorni nostri. Il Po si snoda per 652 km lungo la pianura padana, la sua nascita e’ufficialmente in località Crissolo (piano del re)nel gruppo del Monviso nelle alpi Cozie a 2020 mt di altezza,la vi è una targa tra due rocce che indica la sorgente,ma in verità sorgenti molto vicine tra loro contribuiscono alla formazione di quello che a valle diventerà il nostro grande fiume, una di queste arriva dalle acque del lago di Fiorenza posto molto più in alto a quota 2113 mt.


    ...la storia....



    Dieci milioni di anni orsono il Po era un modesto torrente che non si distingueva affatto da migliaia di altri torrenti e come tutti costoro si gettava nel grande golfo marino che occupava allora quella che adesso è la Pianura Padana. Il fondo di questo grande golfo era molto corrugato essendo soggetto alle stesse forze che avevano fatto innalzare le Alpi e gli Appennini. Verso la zona dove ora c'è il bolognese vi era una profonda fossa ma poi il fondale marino si innalzava in quella che dai geologi è detta la Dorsale ferrarese fino ad emergere in alcune isole.
    Le altre isole di questo vasto golfo erano quelli che ora sono i monti Berici, i Lessini ed i Colli Euganei. Successivamente la zona della Dorsale ferrarese sprofondò e tutto il territorio del ferrarese tornò sott'acqua. Il Po e migliaia di altri torrenti come lui trasportavano con sé tonnellate di materiali erosi dalle montagne e li portavano fino al grande golfo dove si gettavano. Qui i materiali più pesanti si fermavano mentre quelli più leggeri si disperdevano nel mare posandosi poi sul fondo. Questo processo durò milioni di anni e pian piano portò a riempire di sedimenti il grande golfo.Un milione di anni fa iniziò una fase di importanti glaciazioni ed il livello del mare si abbassò molto cosicché il fondo del grande golfo marino uscì dalle acque.
    Un torrente che scendeva dal Monviso fu reso sempre più ricco d'acque da numerosi affluenti ed ebbe la ventura di diventare il corso d'acqua principale di questa nuova pianura.
    Un corso d'acqua, quando non è regimentato ed incanalato dall'uomo, passa sempre per la via più ripida. I nuovi fiumi però portavano enormi quantità di detriti e sedimenti che si depositavano quando la corrente rallentava. Per questo motivo le depressioni si riempivano e l'azione del Po e dei suoi affluenti era quella di rendere sempre più livellata la pianura. Un fiume che scorra libero in una pianura tende a spargersi su di un'area enorme ma così facendo la sua corrente varia molto: è forte al centro del fiume e debole ai lati. Pertanto i sedimenti più fini si depositano solo lateralmente e formano degli argini naturali.

    Con l'arrivo dei Romani vengono costruite strade (la via Popilia, che andava da Rimini ad Adria, è del 132 a.C.) e fatti grandi lavori idraulici. Vengono costruiti argini, scavati canali di drenaggio per bonificare le zone paludose e specialmente vengono scavate numerose fosse per favorire la navigazione interna. Nel I secolo d.C. esistono le fosse Augusta, Clodia, Filistina, Flavia, Messanicia e Neronia che permettono di navigare da Ravenna ad Aquileia rimanendo sempre all'interno di lagune e percorrendo canali artificiali e tratti di fiumi.
    Gli scrittori Romani che ci parlano del Po sono numerosi. Polibio afferma che il Po si risaliva per 2000 stadi (cioè per 355 chilometri, circa fino al Tanaro) a partire dall'antica foce del Volano. Per Plinio invece il Po era navigabile fino a Torino e navigabili erano i suoi affluenti maggiori mentre Strabone ci informa che per andare da Piacenza a Ravenna seguendo il corso del Padus occorrevano due giorni e due notti . In epoca romana i porti più importanti sul Po sono: Cremona, Pavia (che si trova sul tratto terminale del Ticino), Piacenza, Brescello, Ostiglia, Vicus Varianus (l'attuale Vigarano) e Vicus Hobentia (l'attuale Voghenza). Secondo Polibio, il Po scendeva con un unico corso fino ad un luogo chiamato Trigaboli dove si divideva nei due rami dell'Olana e del Padoa. A monte di questo luogo vi sarebbe stato un porto, che dava un ancoraggio sicuro come nessun altro in Adriatico, che si chiamava Bodencus. Per vari storici, Trigaboli deriverebbe dalle parole celtiche tres gabuli cioè tre capi e corrisponderebbe all'attuale Codrea (anche il suffisso Co, diffuso nei nomi geografici del ferrarese, è di origine celtica). Bodencus o bodincus invece è un termine celtico ma di origine ligure che significava profondo e che fu usato anche per indicare il fiume Po. Secondo Metrodoro di Scepsi, il nome deriverebbe dal termine celtico che indicava i pini che crescevano fitti alle sue sorgenti . I Celti infatti chiamavano i pini col termine padi che deriva da pades che significa resina... ciò sia dovuto al fatto che lungo il corso del fiume veniva portata la preziosa ambra piuttosto che al nome dei pini che crescevano alle lontanissime sorgenti. E' vero anche che non sappiamo se allora si sapesse che l'ambra derivasse dalla resina dei pini, ma non si tratta di cosa difficile da capire, come faceva già notare Plinio il Vecchio quasi duemila anni fa, dato che l'ambra, quando brucia, emette odore di resina e la fiamma è simile a quella che si sviluppa dalla resina di pino.

    ......nella mitologia....



    La favola narra dunque di Fetonte, figlio del Sole e di Climene, offeso da Epafo, altro giovane dio dell'Olimpo. Questi insinuava che Fetonte non era in realtà figlio del Sole. Fetonte in lacrime si recò dalla madre per supplicarla di dargli una prova che il Sole era veramente suo padre. Allora Climene, per calmare il figliolo, chiese al Sole che permettesse al figlio Fetonte di guidare almeno una volta il fiammeggiante carro solare, che dal principio dei secoli egli conduceva ogni giorno lungo l'arco del cielo. Il Sole sulle prime si oppose, conoscendo l'immane fatica e difficoltà che tale guida comportava. Ma poi dovette cedere alle preghiere della moglie e alla tormentata insistenza del figlio. Unse di sacri unguenti il volto del figlio perché potesse sopportare le fiamme e diede ordine di aggiogare i quattro splendidi cavalli bianchi. Fetonte, bramoso di dimostrare il proprio valore, balzò sul carro. Ma ahimè, ben altro polso occorreva per trattenere sul giusto cammino la quadriga di fuoco! I cavalli presero la mano all'inesperto auriga, si avvicinarono troppo alla Terra. Arsero foreste e montagne; i fiumi e i laghi essiccarono. Fu così che le popolazioni dell'Etiopia divennero da allora scure di pelle; il Nilo, terrorizzato, per non restare interamente all'asciutto nascose le proprie sorgenti nel cavo dei monti. Così proseguendo nella sua corsa pazza il carro del Sole avrebbe distrutta tutta la Terra. Fu allora che Zeus, impietosito verso gli uomini, vibrò un fulmine sul carro e Fetonte in fiamme precipitò nel fiume Eridano (antico nome del Po). Accorsero le Eliadi, sorelle dell'infelice giovane, le quali tanto piansero l'amato fratello fino a che Zeus pietoso le trasformò in pioppi e le loro lacrime in ambra.

    A due passi da me

    Nottetempo ha lasciato il mio giardino,
    dove si era trattenuto giusto il tempo di un saluto,
    a piccoli passi è tornato nel suo letto
    lasciando indimenticabile il suo ricordo,
    ha ripreso la sua inarrestabile corsa
    verso il mare,
    ed io so già,
    spaurita ma affascinata
    che il suo non sarà mai un addio.
    (Daniela, scorrelabiro.blogspot.com)



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  13. gheagabry
     
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    Il GANGE



    Il fiume Gange rappresenta uno dei siboli più importanti della tradizione religiosa indù.Nasce col nome di Bhagirathi, dal ghiacciaio Gangotri, nella regione himalayana dello stato dell' Uttaranchal; dopo circa 700 Km. si unisce presso Deoprayag col fiume Alaknanda e da questa confluenza nasce il Gange vero e proprio, che scorre attraverso le pianure settentrionali indiane fino a sfociare nel Golfo del Bengala, dividendosi in varie ramificazioni, tra le quali lo Hoogli a Calcutta e il Padma sono le principali. La zona del delta è conosciuta come Sunderbans, una regione paludosa ricca di foreste di mangrovie e regno della Tigre del Bengala. Nel Gange vivono il delfino di fiume, Platanista Gangetica, il piccolo delfino Irrawaddy, Orcaella Brevirostrus, e una rara specie di squalo d'acqua dolce, Glyphis Gangeticus, oltre a coccodrilli di notevoli dimensioni. Se volete sapere tutto sulla fauna e la vita del delta, non perdetevi l'ottimo romanzo di Amitav Ghosh, Il paese delle maree .. Il fiume scorre per circa 2.700 Km, attraversando una delle zone più popolose della terra ed alcune delle più sacre città indù.

    Le acque del Gange, secondo la religione induista, sgorgarono dal cielo, provenendo direttamente dai piedi del dio Vishnu. E siccome l’impatto di una tale massa d’acqua sarebbe stato devastante, Shiva si frappose tra cielo e terra e con la propria folta capigliatura fece da barriera. L’acqua scese dunque dal cielo sotto forma di rivolo divino, e ciò che oggi vediamo scorrere non è altro che una parte infinitesimale del Gange stesso. La maggior parte è da qualche parte sperduto nell’universo sacro e forse in altri paralleli. Questa un poco astratta cosmogonia è suffragata, secondo i credenti, dal fatto che mai nessuno si è ammalato seriamente perché ha ingerito le putride acque. In effetti dalle parti di Varanasi, il Gange è probabilmente il fiume più inquinato della Terra.
    Le acque del fiume sacro, in quelle zone dell’India, non contengono nemmeno più un briciolo di ossigeno disciolto e, benché le quotidiane abluzioni siano piuttosto meticolose (io stesso ho visto bere quella melma pastosa), non si hanno notizie di pandemie coleriche. Anzi, secondo alcuni sarebbero addirittura un potentissimo antibatterico.
    Fin qui mito, leggenda e religione. La realtà assodata vuole invece che il Gange nasca dalle fresche cime himalayane, laddove le sue acque sono ancora pure e incontaminate. Poco oltre sorge la cittadina di Rishikesh, famosa perché nel fatidico ’68 John Lennon e compagni vi presero residenza per qualche tempo e proprio lì trovarono ispirazione per molti dei loro capolavori. Oggi è meta di molti amanti dello yoga. Rishikesh è anche la prima città sacra che il Gange bagna e anche l’unica zona in cui si può fare il bagno in acque cristalline. Se veramente credete che bere quest’acqua sia un gesto che porterà la vostra anima in paradiso, vi consiglio di farlo qui, a Rishikesh.
    Poi, il suo corso, che in totale si dipana per oltre 2.500 chilometri, attraversa tutta la parte settentrionale dell’India, andando a gettarsi nel golfo del Bengala dalle parti del Bangladesh. E da lì in poi, da Rishikesh, comincia la sofferenza del fiume e delle genti che abitano le sue rive. Il Gange risente della deforestazione che in alcune zone è stata devastante, con frequenti inondazioni e sedimentazioni incontrollate. Riceve centinaia di cloache che quotidianamente riversano senza il minimo ritegno. Cinquanta milioni le persone che vivono nelle tre principali città attraversate dal Gange: Delhi, Varanasi e Calcutta. Già di per sé sarebbe il fiume forse più ribelle del mondo, con fasi alterne e imprevedibili di secche e piene torrentizie devastanti. Il Gange può essere estremamente benevolo e altrettanto malevolo nello stesso momento, proprio come un dio può essere paradossale: giusto e buono al tempo stesso.
    (Gabriel Tibaldi)


    "Il Gange è molto più di un fiume. Rappresenta l'essenza stessa dell'India, ne racconta la vita spirituale, culturale, ecologica ed economica. Senza il Gange l'India non potrebbe materialmente sopravvivere, non sarebbe neanche nata, perché la nostra millenaria storia si è sviluppata attorno, dentro e grazie al Gange. Esistiamo grazie alla generosità del fiume. Io stessa, come miliardi di persone, sono nata su questo fiume. Ho imparato a parlare, a leggere, a sopravvivere su questo fiume. Anche i nostri morti, se ne vanno via con lui. Restando parte di una storia che il Gange scrive ogni giorno, con ciascuno di noi singolarmente e tutti assieme. E poi, ingannandoci, lo abbiamo tradito. Abbiamo cominciato a farlo quando ci siamo convinti che per essere più ricchi ci servivano più cose. Abbiamo avvelenato il Gange con gli scarichi industriali, che generano cose che non vivranno mai abbastanza per ripagarci della perdita del fiume. Lo abbiamo soffocato con megalopoli senza anima. Lo abbiamo strozzato con dighe e interventi che gli hanno imprigionato l'anima, per ottenere più elettricità. Per accendere una luce oggi, spegniamo il futuro. Il movimento per salvare il Gange e il flusso delle sue acque non è solo un movimento per salvare un fiume. Si tratta di un movimento per salvare l'anima travagliata dell'India, che è inquinata e soffocata da un consumismo crasso e dall'avidità, scollegato dalla sua esistenza in armonia con la natura e dalle sue fondamenta culturali. Per questo ci battiamo, per questo organizziamo i campi di lavoro con i giovani, sul fiume, per la democrazia dell'acqua. Per ricordare loro da dove veniamo e che non saremmo qui, oggi, senza il fiume Gange. E non ci saremo domani, senza il Gange."
    (VANDANA SHIVA)
     
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    Il GANGE


    Il Gange è uno dei fiumi tra i più grandi del subcontinente indiano ed è conosciuto in tutto il mondo per il suo importante significato religioso: il Gange è infatti considerato sacro dagli indù, che lo ritengono un luogo di purificazione spirituale.
    Il fiume, la cui lunghezza totale supera i 2500 chilometri, nasce dal ghiacciaio himalayano di Gangotri, posto a più di 6700 metri di altitudine e scorre quasi interamente entro la regione nord dell'India, parallelamente alla catena montuosa dell'Himalaya, raggiungendo la pianura dell'Hindustan. Il corso del fiume prosegue attraversando la regione del Bengala, dove si divide in varie diramazioni, tra cui lo Hoogly, che passa per Calcutta. L'altra parte del fiume, che è la principale, confluisce nel fiume Padma, terminando nel Sundarbans, per poi riversarsi nel Golfo del Bengala. Il Gange è alimentato da numerosi affluenti, tra i quali lo Yamuna, il Son e il Ghagara; il suo enorme bacino idrografico si estende su una superficie di circa un milione di chilometri quadrati, supportando una delle regioni tra le più densamente popolate della Terra. l bacino del Gange con il suo terreno fertile è di fondamentale aiuto per il settore agricolo e l'economia di India e Bangladesh. Il fiume e i suoi affluenti forniscono una perenne fonte di acqua per l'irrigazione di una vastissima regione. Le principali colture includono riso, canna da zucchero, lenticchie, semi oleosi, patate, e grano. Lungo le sponde del fiume, la presenza di piccole paludi e laghetti consente una ricca gamma di coltivazioni come ad esempio legumi, peperoncino, senape, sesamo e iuta. È altresì importante per la pesca, anche se il fiume rimane altamente inquinato.

    ....storia, miti e leggende.....


    Durante il primo periodo vedico, l'Indo e il fiume Sarasvati erano considerati i grandi fiumi. Ma più tardi il Gange assumerà il posto principale come mostrato dai suoi numerosi riferimenti.
    Forse il primo occidentale a citare il Gange è stato Megastene. Lo ha fatto più volte nel suo lavoro “Indika”: l'India, ancora una volta, possiede molti e grandi fiumi navigabili che, dalle loro fonti in montagna si estendono lungo la frontiera settentrionale, attraversando il paese, e non pochi di questi, dopo essersi uniti gli uni con gli altri, rientrano nel fiume chiamato il Gange. Ora questo fiume, la cui sorgente è di 30 grandi stadi, scorre da nord a sud, e getta le sue acque nel mare che costituisce il confine orientale del Gangaridai, una nazione che possiede una grande forza dagli elefanti di grandi dimensioni. (Diodoro II.37.)
    A Roma in Piazza Navona, la famosa scultura, la Fontana dei Quattro Fiumi disegnata da Gian Lorenzo Bernini e costruita nel 1651, simboleggia i quattro grandi fiumi di tutto il mondo (il Gange, il Nilo, il Danubio e il Río de la Plata), in rappresentanza dei quattro continenti allora noti.

    Nella mitologia indiana il Gange è chiamato la Santa Madre, essendo la forma personificata della dea Ganga: ogni fedele induista aspira ad andarvi nella sua vita almeno un giorno in pellegrinaggio per immergere il proprio corpo nel fiume sacro, nella speranza di morire sulle sue rive, di esservi cremato e di mescolare le proprie ceneri alle sue acque. Il Gange sgorga da una caverna chiamata Gomukha (“bocca di mucca”): le sue acque sono ricche di una dorata argilla naturale che possiede grandi proprietà di purificazione e di guarigione, la tilaka che viene usata da tutti i religiosi per decorare il corpo con segni di buon augurio, diversi a seconda del gruppo di appartenenza.
    La madre indù dei fiumi viveva un tempo in cielo con sua sorella Uma. Quando i demoni del male imperversavano sulla terra, la saggia Agastya ingoiò l’oceano dei demoni, ma la terra rimase arida e asciutta: infatti il calore nello stomaco della saggia era talmente alto che le acque evaporarono immediatamente. Mossa dalle preghiere del suo popolo, Ganga la celeste dea dell’acqua si precipitò sulla terra. Il potere di Ganga avrebbe potuto spazzare via il mondo, se non avesse incontrato ostacoli, ma il dio Shiva ricevette quel torrente sulla testa e salvò la Terra.
    Da allora la Dea incarnata nel sacro fiume Gange, scorre attraverso l’India. Secondo alcuni Ganga rimase anche nel cielo sotto forma di quel fiume celeste che chiamiamo la via lattea, mentre un’altra parte del Gange scorrerebbe sotto terra. Benares, dove si incontrano i tre Gange, era considerato uno dei tanti luoghi sacri a Ganga, a tal punto che la gente si immergeva ogni giorno in quelle acque purificatrici. I pellegrini vi si recavano come fanno ancora oggi una volta all’anno per approfittare della promessa di Ganga di lavare dieci peccati per ognuna delle ultime dieci vite del devoto che si immerge nelle sue acque. Molti devoti indù cercano addirittura di morire quando sono immersi nel Gange, perché la Dea che non assume forma umana, vive nel suo fiume; infatti Ganga assicura la liberazione istantanea tanto da ogni punizione quanto dalla reincarnazione a chi muoia nelle sue acque. Ganga, che è una delle maggiori dee dell’induismo, compare spesso insieme ad altre potenti divinità, per esempio in coppia con Uma, o formando una triade con le altre dee del fiume, Saraswati, e Yauni; oppure compare in un gruppo di cinque divinità, insieme a Saraswati, Lakshmi, Durga, Savitri, tutti aspetti di Devi (la dea) e di Prakriti (la terra). Il ruolo di Ganga in tutte queste combinazioni è di garantire la salute, la felicità, la fertilità e la ricchezza materiale. (ilcerchio della luna)
    Gli Induisti si immergono nelle acque del Gange per purificarsi, infatti si pensa che il fiume abbia il potere di purificare,e tutto ciò che bagna toglie i peccati ed il male e libera gli uomini dal ciclo della morte. La tradizione Indù, è quella di spargere le ceneri del defunto nelle acque del Gange, in questo modo gli uomini si immergono nel fiume per vedere le ceneri dei loro familiari. E’ usanza fra gli Induisti bere l’acqua del Gange, perchè si ritiene che questo gesto, farà salire l’anima del defunto al cielo; per questa ragione infatti, ogni Indù tiene in casa un piccolo recipiente contenente l’acqua del Gange. Il mistero di questo fiume, o la sua sacralità, lascia pensare che nessuna persona che ha ingeritole putride acque si sia mai ammalata in modo serio, infatti si ritiene che le acque del Gange siano curative.
     
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