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gheagabry.
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Dina Brodsky painting
Quando di notte i libri sono chiusi, mi immagino le lettere dormire abbracciate strette.
La I con la U, la T con la S, la virgola con i due punti.
E chissà se ci sarà qualche lettera che vorrà starsene da sola:
forse la A o il punto di domanda o piuttosto il trattino, stanco di unire sempre qualcosa.
(Fabrizio Caramagna). -
gheagabry.
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E ricordate anche quella parola poco usata
che è ormai quasi sparita dall’uso,
sia in pubblico che in privato: tenerezza.
Non potrà farvi male.
(R. Carver). -
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LE TRE PAROLE PIU' STRANE
Quando pronuncio la parola Futuro,
la prima sillaba già va nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nulla.
(Wisława Szymborska). -
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«La punteggiatura (segni di interpunzione) contribuisce a rendere sensuale e musicale la lingua:
per scrivere in maniera seducente, bisogna saperla usare.
Nella punteggiatura c'è un aspetto discrezionale che ci mette a disagio.
Punti, virgole, due punti, punti interrogativi, virgolette: molti li considerano trappole,
piccole botole in cui è facile cadere. È sbagliato.
I segni di interpunzione rappresentano invece gli svincoli del testo.
Se non ci fossero, le parole formerebbero un unico, gigantesco ingorgo».
Beppe Severgnini, da "L’Italiano". -
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Sono le parole le vere colpevoli. Sono fra le cose più indisciplinate, più libere, più irresponsabili e più riluttanti a lasciarsi insegnare. Certo, possiamo sempre prenderle, suddividerle e metterle in ordine alfabetico nei dizionari. Ma le parole non vivono nei dizionari, vivono nella mente. Se ne volete una prova, pensate a quante volte, nei momenti di maggiore emozione, vi capita di non trovarne nessuna quando più ne avreste bisogno. Eppure il dizionario esiste; e lì, a vostra disposizione, ci sono mezzo milione di parole tutte in ordine alfabetico. Ma potete davvero usarle? No, perché le parole non vivono nei dizionari, vivono nella mente. (...) La questione è solo quella di trovare le parole giuste e di metterle nell'ordine giusto. Ma non possiamo farlo perché esse non vi sono nei dizionari, vivono nella mente. E come vivono nella mente? Nei modi più strani, non molto diversamente dagli esseri umani; vagando qua e là, innamorandosi e accoppiandosi… sembrano preferire la gente che sente e che pensa prima di usarle, ma non deve essere gente che sente e pensa a loro, ma a qualcosa di diverso. Perché sono molto sensibili, e si sentono facilmente a disagio. Non amano che si discuta della loro purezza o della loro impurità. (...) E non amano essere sollevate in punta di penna ed esaminate una per una. Restano sempre unite in frasi, in paragrafi, e a volte per intere pagine di fila. Odiano essere utili; odiano dover far soldi; odiano andare in giro a tenere conferenze. In breve, odiano qualsiasi cosa imponga loro un unico significato, o che le immobilizzi in un'unica posa, perché cambiare fa parte della loro natura.
E forse è proprio questa la loro caratteristica più sorprendente: il bisogno di cambiare. Perché la verità che cercano di affermare ha tante facce. (...) E quando le parole vengono inchiodate a un unico significato, ripiegano le loro ali e muoiono. Senza dubbio a loro fa piacere che noi sentiamo e pensiamo prima di usarle; ma vogliono anche che noi ci concediamo una pausa, vogliono che diventiamo incoscienti, Il nostro inconscio è la loro privacy; la nostra ombra è la loro luce.
(Virginia Woolf, Il mestiere delle parole).