GIOCHI DA TAVOLO ed ENIGMISTICI nel mondo

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  1. gheagabry
     
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    GLI SCACCHI



    I giocatori di scacchi che accettano il veto che a lungo è stato posto a temi quali la religione o la politica, possono aggiungere la storia degli scacchi a questi argomenti. Ancora oggi infuria la polemica sulle origini di questa disciplina. Scrittori e teorici hanno variamente attribuito l'invenzione degli scacchi a quasi tutte le antiche civiltà africane, asiatiche ed europee, mentre alcuni arrivano a sostenere che le origini possano addirittura risalire alla nascita dell'umanità. Alcune teorie attribuiscono a personaggi singoli l'onore dell'invenzione; l'elenco dei presunti inventori è arrivata a includere (insieme a una delle loro effettive `invenzioni'): Adamo (il peccato), Ermes (la lira), Palamedes (l'abitudine di mangiare tre volte al giorno), la Regina Semiramis (la fondatrice di Babilonia), Re Salomone (la giustizia) e Aristotele (la metafisica).
    Non solo nessuno di questi individui ha inventato gli scacchi, ma nessuno di loro vi giocò mai.
    Giochi con somiglianze superficiali agli scacchi sono esistiti per migliaia di anni e sono stati dipinti, per esempio, sulle tombe degli antichi egizi. Ma queste similitudini sono con ogni probabilità dovute al caso. Non è ancora stato provato alcun legame diretto tra gli scacchi e questi giochi, né probabilmente lo verrà mai.


    Il nome originale del gioco fu chaturanga (letteralmente "diviso in quattro"), dalle parole in sanscrito chatur, che significa "quattro", e anga, che significa "parti". Il nome fa riferimento alla divisione delle quattro armate - fanteria, cavalleria, carri ed elefanti. Questa prima forma di scacchi veniva giocata sull'ashtapada (letteralmente "a otto piedi"): una scacchiera di 64 quadrati.
    L'aspetto "quadripartito" della parola sanscrita in riferimento al gioco è stato spesso travisato, ed è così che si credette che nella forma originale fosse un gioco per quattro persone. Ci sono prove di una versione a quattro partecipanti del gioco degli scacchi, ma questa sarebbe stata solamente una variante della versione originale e non fu mai particolarmente popolare.
    Gli scacchi a quattro, comunque, sembrano non essere mai usciti dai confini dell'India. È importante notare che chaturanga era una parola che faceva riferimento direttamente agli eserciti indiani; solo in seguito agli scacchi. Così anche la parola ashtapada esisteva già dal secondo secolo d.C.. Questo significa che, nella forma originale, gli scacchi erano esplicitamente considerati un gioco di guerra, avendo preso il nome direttamente dalle armate.
    Poiché una partita a scacchi veniva affrontata su una scacchiera già da lungo utilizzata per diversi giochi nel corso dei secoli, molti teorici hanno convenuto nel credere che gli scacchi stessi fossero molto più vecchi di quanto non siano in realtà.
    Quale ruolo specifico abbia avuto l'ashtapada nello sviluppo degli scacchi non è dato sapere. Una possibilità è che fosse utilizzata per giochi totalmente diversi dagli scacchi e che la sua introduzione in questa disciplina fu una vera innovazione. Un'altra teoria sostiene che l'ashtapada sia sempre stata associata a qualcosa di simile agli scacchi, ma del quale non sappiamo nulla. Altri sostengono che essa fu inizialmente utilizzata per propositi astrologici e solo gradualmente introdotta come scacchiera. II primo riferimento agli scacchi nella letteratura sanscrita giunta fino a noi appare nel 625. Il poeta Bana elogia il sovrano indiano Harsha, che regnò dal 606 al 647; Bana descrive questo Re di Kanauj quale principe di pace, notando che nel suo regno le uniche guerre combattute erano quelle tra le api in cerca di polline, gli unici piedi mozzati erano quelli in letteratura e le sole armate erano quelle mosse sui 64 quadrati.

    Gli scacchi si spostarono nel mondo islamico dalla Persia probabilmente nel periodo tra il 650 e il 750. È proprio dal mondo islamico alla metà del 9° secolo che provengono le prime testimonianze documentate sull'esistenza della teoria scacchistica. Nell'anno 988, lo scrittore Ibn an-Nadim nomina numerosi giocatori che avevano scritto libri sul gioco degli scacchi. Durante questo periodo, molti autori non solo contribuirono all'apprendimento della teoria scacchistica, ma si diedero un gran da fare per trovare una giustificazione morale per questo gioco: dal momento che non era menzionato nel Corano, il suo stato religioso era incerto.
    I sostenitori degli scacchi lo elogiavano nella speranza che non fosse inserito nella categoria delle attività bandite, come il gioco d'azzardo. I pezzi in questo periodo erano generalmente non rappresentativi, in quanto la pratica musulmana non permetteva l'uso di immagini. I poeti islamici scrissero sugli scacchi e utilizzarono le idee scacchistiche come metafore. Al-Farazdaq compose un poema che conteneva riferimenti a1 basso livello sociale dei pedoni: "Li tengo lontano dalla tua eredità e dalla corona reale, cosicché, ostacolato dalla mia armata, tu rimanga un pedone tra i pedoni".
    Gli scacchi penetrarono nell'Europa occidentale attraverso il mondo arabo, prima della fine del primo millennio. Di conseguenza, l'Europa divenne la più fertile zona per lo sviluppo degli scacchi nel secondo millennio. Non si sa se gli scacchi siano giunti prima in Spagna o in Italia; é anche possibile che siano arrivati in entrambe le nazioni più o meno contemporaneamente. Il primo documento scritto europeo che fa riferimento al gioco degli sacchi risale a poco prima dell'anno 1000; ma non è chiaro se gli scacchi fossero un gioco nuovo o se facessero già parte della cultura dell'Europa occidentale del secolo precedente. Fin da quando gli scacchi appaiono regolarmente nella letteratura europea, spesso sono state fatte ipotesi sulle loro origini: una storia diffusa nella letteratura medievale narrava per esempio che gli scacchi fossero nati durante l'assedio di Troia per vincere la noia. Fu in Europa che le pedine subirono la trasformazione da disegni astratti a forme rappresentative. Tra i vari pezzi importanti, in quanto costituiscono prove dell'esistenza degli scacchi in epoca medievale e ci dicono che forma rappresentativa assunsero, i più celebri sono quelli detti Lewis Chessmen. Scoperti nel 1831 nell'isola scozzese di Lewis, questi 78 pezzi - parte di quattro serie incomplete - sono datati intorno al 12° secolo. Sono ricavati dall'avorio di tricheco e, probabilmente, originari della Scandinavia. Attualmente si trovano tutti al British Museum o al National Museum of Antiquities, in Scozia.
    Dopo aver raggiunto l'Europa, gli scacchi si diffusero rapidamente: già all'inizio del 13° secolo avevano conquistato il continente. Uno storico degli scacchi descrisse la loro diffusione con queste parole: "dall'Indo all'Atlantico e dal Sahara all'Islanda". In epoca medievale gli scacchi furono così popolari da soppiantare tutti gli altri giochi. L'irlandese "fidchell" e il gallese "gwyddbwyll" furono tra i giochi che non sopravvissero all'introduzione degli scacchi e ancora oggi sappiamo poco di loro. La vittoria degli scacchi fu così netta che i pochi riferimenti a questi giochi furono spesso tradotti nelle altre lingue con il medesimo termine di "scacchi". Tra i primi a giocare a scacchi in Europa furono gli ecclesiastici. Ci sono molti documenti che testimoniano il bando della chiesa nei confronti degli scacchi, ma chiaramente questo bando fu inefficace. Verso i1 14° secolo, uno scrittore cristiano condannò un giocatore solamente per aver peccato di orgoglio nel voler giocare bene a scacchi, senza tuttavia condannare il gioco in sé. Dalla Chiesa, gli scacchi si spostarono alla nobiltà. Già nel 12° secolo un elenco delle attività preferite dai cavalieri annoverava gli scacchi in un elenco comprendente l'equitazione, la caccia col falco e lo scrivere versi. Spesso gli scacchi venivano legati a scommesse di natura economica, come per molti passatempi dell'epoca. Una delle forme di vittoria più comuni in età medievale era chiamata "re nudo", quando cioè venivano catturati tutti i pezzi all'infuori del re. Questo è documentato da vecchissimi registri delle scommesse, dove appariva come questo tipo di scaccomatto, relativamente difficile, pagasse doppio.
    Gli scacchi, come molti altri giochi e passatempi, venivano regolarmente menzionati nella letteratura di questo periodo, con due amanti che si incontravano durante una partita a scacchi, per esempio, come elemento comune a molte storie. Ma la letteratura scacchistica medievale è degna di nota soprattutto per l'utilizzo delle allegorie. Una storia su una partita a scacchi poteva essere una vicenda d'amore, di guerra o di tradimento, e così via. Queste allegorie correlavano spesso le differenti caratteristiche dei pezzi alla gerarchia sociale del momento: una partita a scacchi poteva quindi essere utilizzata come strumento letterario per rappresentare due signori feudali e i loro vassalli in guerra o, più generalmente,i ruoli di persone di differenti classi sociali. Una delle più famose di queste allegorie morali fu scritta da Jacobus Cessolis; William Caxton la tradusse in inglese con il titolo di "The Game and Playe of the Chesse" e, nel 1475, questo testo divenne il secondo libro a essere stampato in lingua inglese. verso la fine del 15° secolo ci fu un'improvvisa riforma nelle regole che fu adottata velocemente in tutta Europa: si tratta del maggior cambiamento di questo gioco nel corso di tutta la sua storia documentata. Una delle nuove regole permetteva a un pedone di avanzare di due caselle alla sua prima mossa e questo ebbe l'effetto di velocizzare il gioco senza stravolgerne troppo le tattiche generali.
    [ M.L. Rantala (tratto da ChessMaster 9000)]


    ..una leggenda..



    Il gioco degli scacchi è uno dei più antichi del mondo, per quanto non si sappia con precisione chi l’abbia inventato: si presume i cinesi, alcune migliaia di anni fa, o forse gli indiani. Lentamente, con il progredire delle relazioni commerciali, si diffuse in altre regioni e specialmente in Persia, dove divenne ben presto popolare e dove i pezzi acquistarono forme ben definite. Essi erano indicati come Re, Consigliere, Elefante, Cavaliere, Carro di guerra, Soldati. Il gioco arrivò in seguito in Egitto, portato da un ambasciatore persiano che volle insegnarlo anche al Faraone. Questi, entusiasta del gioco, al termine della partita, per testimoniare la propria gratitudine, invitò l’ambasciatore ad esprimere un desiderio qualsiasi che sarebbe stato senz’altro esaudito. L’interpellato rispose che voleva del grano: un chicco sulla prima casella della scacchiera, due chicchi sulla seconda, quattro sulla terza e così continuando e raddoppiando, fino alla sessantaquattresima casella.
    “Una cosa da nulla” proclamò il Faraone, stupito che la richiesta fosse così misera, e diede ordine al Gran Tesoriere di provvedere. Dopo oltre una settimana il funzionario, che ne frattempo aveva tentato di fare i conti, si presentò dicendo: “Maestà, per pagare l’ambasciatore non solo non è sufficiente il raccolto annuale dell’Egitto, non lo è neppure quello del mondo intero, e neppure i raccolti di dieci anni di tutto il mondo sono sufficienti”.
    La storia non dice come rimase il Faraone a tale notizia, ma si suppone piuttosto male; se anche qualche lettore fosse incredulo, lo invitiamo a fare le operazioni. Con le moderne macchine calcolatrici potrà constatare, in breve tempo, che il funzionario aveva detto la pura verità.
    (Tratto da Natale Ramini, Come giocare e vincere a scacchi, De Vecchi Editore, Milano 1973.)




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