LA CUCINA SARDA

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    La cucina Sarda











    Introduzione
    “Per la festa di Sant’Anastasio le famiglie anche le meno abbienti del villaggio apparecchiavano la tavola, vi mettevan su mucchi di focacce, taglieri colmi di carne arrostita allo spiedo, formaggio, giuncata, vino e miele e aprivan la porta a chi voleva entrare a banchettare.” Così Grazia Deledda descrive nella novella Un po’ a tutti una cena sarda e introduce alle caratteristiche di una tradizione gastronomica saldamente ancorata a sapori semplici e intensi.
    Regione un po’ misteriosa, chiusa alle influenze esterne, la Sardegna per estensione è la seconda isola italiana; il suo territorio, prevalentemente collinare, alterna una limitata superficie montana ad alcune zone pianeggianti che occupano quasi un quinto della sua area. Di formazione geologica antichissima, la Sardegna, secondo il suggestivo mito della Tirrenide, venne addirittura raggiunta a piedi dai primi abitanti, in quanto orginariamente unita alla terraferma.
    A partire dal 1800 a.C. nella regione si diffuse la civiltà nuragica, un popolo di pastori guerrieri che rimase radicato sul territorio per circa 1300 anni, lasciando importanti tracce della propria cultura nei nuraghi, le caratteristiche abitazioni-fortezza, alcune delle quali ancora oggi visibili. Oltre che per l’abilità nella coltivazione della vite e nell’estrazione mineraria delle pietre metallifere, questa popolazione è ricordata per l’intensità dei rapporti commerciali intrattenuti con Fenici, Etruschi e Greci. Dai commerci alla contesa per il controllo delle terre, il passo fu breve: a partire dall’VIII secolo a.C., infatti, i Fenici, arrivati sull’isola, cominciarono a fondare città nelle zone costiere e costrinsero la popolazione locale a rifugiarsi nell’entroterra. Dopo un tentativo di insediamento da parte dei Greci, alla fine del secolo VI a.C. la regione venne invasa dai Cartaginesi e la situazione rimase immutata fino al 238 a.C., quando fu Roma ad assumere il controllo della Sardegna, eretta a provincia dell’Impero. La lunga dominazione romana conferì una certa prosperità al territorio, grazie allo sviluppo dell’agricoltura e dei commerci e alla realizzazione di infrastrutture operati dai conquistatori. Fu proprio in questo periodo che iniziarono a delinearsi le due componenti fondamentali dell’economia sarda, ossia quella pastorale e quella agricola, quest’ultima sviluppata soprattutto nel Campidano. Qui i Cartaginesi avevano già avviato una faticosa opera di disboscamento per la coltivazione dei cereali, cercando di preservare le colture dalle invasioni del bestiame allevato dai pastori. Queste due esigenze differenti, presenti in numerose altre regioni, erano qui particolarmente evidenti sotto ogni profilo, non ultimo quello gastronomico, in quanto i prodotti della terra affiancavano i derivati della pastorizia.
    Dopo il crollo dell’Impero Romano, quando i Vandali sbarcarono sull’isola distruggendo e depredando le città costiere, la regione visse un lungo momento di crisi destinato a terminare solo verso l’anno Mille. Nel corso di questo periodo, la Sardegna venne stremata da varie avversità, tra cui le epidemie di malaria e le temibili scorribande dei pirati, con il risultato che la popolazione, sin dalle origini poco legata alle zone costiere, si vide nuovamente costretta a spostarsi nei territori più interni. Nell’immaginare le caratteristiche della cucina sarda medievale, è lecito supporre che una popolazione povera e largamente dedita all’allevamento del bestiame ricorresse per la propria alimentazione ai formaggi; la cottura alla brace costituiva probabilmente il modo più semplice e veloce per cucinare le carni. I pasti erano poi completati da pane e pasta adatti a nutrire e sfamare con poca spesa. Nel Cagliaritano era potenzialmente più sviluppata l’agricoltura, ma anche le città fondate su coste difficili e poco propizie ai porti “voltavano le spalle al mare” per rivolgersi all’interno. Per l’avvento della gastronomia marinara, oggi radicata e tanto apprezzata in tutta la fascia costiera, bisognerà dunque aspettare.
    Durante il lungo periodo di isolamento seguito all’arrivo dei barbari, a cominciare dal IX secolo d.C. la Sardegna, per meglio difendersi dagli attacchi dei pirati, si suddivise in quatto unità statali autonome, i cosiddetti Giudicati: Calari, corrispondente in parte al Cagliaritano; Arborea, che orbitava attorno all’attuale Oristano; Torres, nel Sassarese; Gallura, il più piccolo e povero dei quattro. Il mare era la sola via di comunicazione in grado di unire l’isola con il resto del mondo; solo nei primi secoli successivi all’anno Mille le occasioni di contatto con le altre regioni aumentarono notevolmente, soprattutto quando le potenti Repubbliche marinare di Genova e di Pisa estesero il loro dominio su tre dei quattro Giudicati sardi. Ma fu la lunga mano della Chiesa a modificare definitivamente le sorti della regione quando, nel 1295, papa Bonifacio VIII, preoccupato per le continue dispute tra le due Repubbliche marinare, concesse a Giacomo II d’Aragona l’investitura del Regno di Sardegna. Dopo varie trattative diplomatiche, il re occupò militarmente il territorio, inaugurando un altro lungo periodo di ostilità, a causa di un grave processo di decadenza e depressione che investì la regione sotto ogni profilo, non ultimo quello culturale con la chiusura delle due università presenti sull’isola. Gli scontri, durati circa un secolo, contribuirono ad acuire sempre di più la contrapposizione fra le città mercantili della costa e quelle dell’interno.
    Le vicissitudini che hanno contraddistinto la storia della Sardegna trovano il loro corrispettivo in una cucina fortemente legata alla tradizione della terra, fatta di preparazioni che non sembrano aver subito grandi variazioni nel tempo. Oggi come in passato primeggiano le carni alla brace, soprattutto di agnello e porceddu, e i formaggi di pecora e capra, da gustare da gustare accompagnati dal Pane Carasau (che per la sua consistenza secca e sottile, è detto “carta da musica”), ma squisiti anche anche per condire le paste, come i Malloreddus (piccoli gnocchi di semola, acqua e zafferano), la Fregula (pasta fresca di semola di grano duro), i Maccherones (preparati su un ferro e molto simili a quelli siciliani e calabresi) e infine le lasagne o pillus. Persino la pasticceria sarda presenta forti legami con l’originaria cultura pastorale proponendo preparazioni come le Sebadas, ovvero tortelli dolci farciti di formaggio fresco inacidito, fritti nell’olio e serviti caldi ricoperti di miele amaro di corbezzolo.







    agnello sardo






    Pane Carasau





    Sebadas






    Questo vale per quanto riguarda il tessuto gastronomico originario che, nel corso dei secoli, è stato in parte completato con specialità derivate dall’influenza esercitata da altre culture. L’esempio più significativo viene dalle preparazioni di pesce, tra cui spicca la Bottarga di Muggine, a base di uova di pesce e già presente sull’isola ai tempi dei Fenici, che conobbe maggiore diffusione grazie all’influenza esercitata dagli Arabi nell’area mediterranea. Nell’isola infatti furono spesso proprio i popoli invasori a promuovere lo sfruttamento delle risorse marittime, con un conseguente arricchimento del numero delle ricette a base di prodotti ittici. Tra queste, la Burrida è di sicura influenza genovese, anche se l’omonimo piatto ligure è preparato con lo stoccafisso, mentre in Sardegna si usa il gattuccio accompagnato da una salsa a base di noci, anch’essa tipicamente ligure. Allo stesso modo il pesce in scabece, in sardo scabecciau, ossia fritto e marinato e di probabile origine spagnola, è presente nei ricettari di entrambe le regioni. La cassola, una zuppa di pesce che non ha nulla da invidiare al caciucco livornese e al brodetto marchigiano, presenta invece chiare assonanze con la zarzuela spagnola.







    Bottarga di muggine





    Burrida






    Di sicura contaminazione sono anche alcune pietanze a base di carne, a cominciare dalla leputrida, che discende dalla spagnola olla podrida, un piatto a base di piedini di maiale uniti ad altre carni e verdure, e l’empanada, una pasta tipo pane farcita con verdure e carne trita.
    Completano il quadro alcune preparazioni vegetariane tra cui la capponata, che altro non è se non la versione sarda di un antipasto di verdure ligure, e il più povero mazzamorru, una zuppa di pane raffermo che un tempo costituiva il cibo delle ciurme della marina spagnola. Per quanto riguarda il couscous, la sua introduzione non si deve agli Arabi, come verrebbe da pensare, bensì ai Genovesi: quando nel Settecento lasciarono la costa africana – su cui si erano spinti nel XVI secolo, acquisendone nel tempo usi e costumi alimentari – e raggiunsero l’isola sarda di Carloforte, vi portarono anche il casca’, ossia il couscous.
    Nel corso dei secoli, dunque, il ricettario regionale si è arricchito notevolmente e ora, accanto ai piatti tipici della tradizione originaria, vanta preparazioni che, seppur mutuate da altre civiltà, non mancano di note originali; ne è esempio il pesto prodotto sull’isola che, a causa della mancanza del basilico di Genova ritenuto insostituibile, viene preparato con il prezzemolo.







    Mazzamorru






    Prodotti ed economia regionale







    Come narra la storia gastronomica sarda, la diffusione della pesca e il conseguente sfruttamento delle risorse ittiche sono in larga parte da attribuire a influenze esterne, poiché per secoli l’economia dell’isola si era sviluppata in modo simile a quella di una regione dell’entroterra che vedeva nel mare una semplice via di comunicazione con il resto del mondo. Questo spiega una tradizione culinaria fortemente di terra che assegna un ruolo di primo piano a carni e derivati del latte.
    Le caratteristiche del clima e del terreno favoriscono la coltivazione di verdure di prim’ordine, come i carciofi, soprattutto nella pregiata varietà con le spine (l’apprezzato “spinoso sardo”). Quasi completamente sprovvisto di barba, questo ortaggio, per via della consistenza carnosa e tenera delle brattee, della compattezza del calice e della scarsissima presenza tannica che lo rende particolarmente piacevole al gusto, è ottimo sia cucinato sia crudo in pinzimonio.








    Spinoso sardo





    Carciofi alla sarda






    Altro prodotto dell’orto originario dell’isola è il Pomodoro Camone di Sardegna, molto ricercato nei mercati del continente. Chiamato genericamente “sardo”, presenta forma sferica e viene molto apprezzato per la sua dolcezza e per il gusto fresco e gradevole: si esprime al meglio crudo, soprattutto se privato dei semi e condito in modo da valorizzarne il sapore. Parlando di derivati della terra, merita un cenno il Corbezzolo, i cui arbusti crescono lungo sentieri e bordi delle radure boschive dell’isola. La pianta – contraddistinta da un insolito ciclo vegetativo in base al quale, quando in autunno sbocciano i piccoli fiori bianco-verdognoli sui rami sono ancora presenti i frutti dell’anno precedente – offre frutti simili a sfere, di consistenza polposa e gusto moderatamente dolce; dal nettare del corbezzolo, inoltre, le api producono un miele dall’equilibrato sapore dolce-amarognolo, assai adatto ad accompagnare i formaggi. In linea con le nuove tendenze gastronomiche, quello derivato dal corbezzolo è un prodotto ricercato che viene confezionato in quantità inferiore rispetto ad altre varietà per via della diffusione relativamente scarsa dell’arbusto e per la sua fioritura tardiva.








    Pomodoro Camone di Sardegna





    il Corbezzolo da cui si ricava il miele







    Un’altra pianta che nell’isola trova un ambiente propizio per crescere spontanea è il Mirto, le cui foglie, ricche di olio aromatico, sono impiegate per profumare svariate preparazioni, soprattutto di selvaggina. Fra queste va ricordata la tacculas, vera delizia per buongustai, che consiste nel mettere dei tordi lessati e ancora fumanti in sacchetti pieni di foglie di mirto. Il Mirto viene utilizzato anche per la produzione dell’omonimo liquore, molto apprezzato come digestivo.Adatto ad arricchire e aromatizzare primi piatti, dolciumi e persino liquori, lo Zafferano è uno degli ingredienti fondamentali della cucina sarda. Nell’isola, dove se ne produce in quantità maggiore rispetto al resto d’Italia, dalla preziosa spezia si ricavano gli stimmi che possono essere conservati interi oppure frantumati dopo la tostatura e vengono trattati con Olio Extravergine di Oliva Sardegna per valorizzarne il caratteristico sapore-aroma.







    Mirto





    Gallina cotta con le foglie di mirto






    Zafferano








    La ricchezza e la qualità dei pascoli della Sardegna si traducono in una produzione casearia straordinariamente ricca e pregiata: ne è esempio la Caciotta Sarda, uno dei formaggi più diffusi e facilmente reperibili di tutta l’isola. Prodotta con latte pecorino, ha un sapore piacevole, immediato e “facile” in quanto privo di note troppo intense. Il Dolce Sardo, invece, è un formaggio fresco che assume nomi diversi a seconda della zona di produzione. Si consuma giovane ed è uno dei caci sardi meno caratterizzati perché è l’unico prodotto con latte vaccino. L’impiego del caglio di vitello ne mantiene morbido il sapore, a meno che il cacio non venga sottoposto a prolungata stagionatura, e la denominazione “dolce” gli deriva proprio dall’assenza delle note piccanti tipiche di altri formaggi regionali.







    Caciotte sarde





    Dolce Sardo






    Di tutt’altra natura è invece il Fiore Sardo, un formaggio a pasta cruda che rispecchia nel migliore dei modi lo stile della produzione casearia regionale. Ancora oggi è confezionato in modo prevalentemente artigianale, con latte di pecora e caglio di agnello, due ingredienti che conferiscono al formaggio maturo carattere forte e intensità, e gli consentono nello stesso tempo di mantenere, anche dopo una lunga stagionatura, la caratteristica di sciogliersi in bocca. Le forme destinate all’invecchiamento, quando raggiungono l’anno di età, hanno pasta dura che si divide a scaglie e si presta a essere grattugiata. La tendenza ad ammorbidire il sapore dei cibi e a renderli più leggeri ha fatto sì che nel tempo, in molte ricette non solo sarde, il pecorino fosse sostituito con il grana, formaggio sapido che tuttavia non raggiunge note altrettanto piccanti.
    Altra produzione casearia di spicco apprezzata anche al di fuori dei confini regionali è il Pecorino Sardo che, fatto coagulare con caglio di vitello, possiede un sapore più gentile rispetto al Fiore e, anche dopo mesi di invecchiamento, mantiene sentore di latte. è prodotto nelle varianti Dolce e Maturo: il primo presenta consistenza compatta, elastica e una pasta di colore bianco, mentre il secondo è dolce, ma in seguito a una stagionatura prolungata può diventare granuloso e assumere note piccanti.







    Fiore Sardo





    Pecorino Sardo






    A dimostrazione della naturale vocazione della Sardegna per la caseificazione, è doveroso un cenno al Pecorino Romano, la cui zona di produzione comprende anche parte del territorio sardo. è sarda anche la particolare Ricotta Salata dalla consistenza dura; impropriamente considerata un formaggio – in quanto non è prodotta con la caseina ma con la lattoalbumina presente nel siero rimasto dopo la caseificazione – la ricotta, una volta affiorata dal siero, anziché essere sgrondata viene lasciata ulteriormente rassodare per poi essere messa in stampi, pressata e successivamente salata a secco. Confezionata in forma sferica, rappresenta un’ottima alternativa ai formaggi da grattugia e si distingue per il sapore marcato e quasi piccante. In cucina è molto versatile e, frantumata a scaglie, si presta ottimamente per condire paste asciutte con pomodoro crudo o altre verdure. Un formaggio per certi versi emergente è il Casizolu. Quasi sconosciuto fino a non molto tempo fa, deve la recente notorietà alla campagna promossa in Italia con la finalità di salvaguardare alcuni prodotti nazionali da sicura estinzione. è un formaggio a pasta filata raro e dal grande valore organolettico, in grado di accontentare tutti i gusti in quanto, dolce e burroso quando è fresco, con la stagionatura assume note sapide più marcate e di ben definita intensità.







    Ricotta salata





    Casizolu






    Eccellente ma meno nota, la salumeria sarda si distingue per la varietà della sua produzione che comprende salsicce, di cui la più nota è quella stagionata, salami (come il Tergu prodotto nel Sassarese), prosciutti di maiale e cinghiale, supressada, filetto di maiale aromatizzato con i profumi della macchia mediterranea (ossia la mustela), pancetta, guanciale e, per finire, uno squisito Prosciutto crudo di Capra o di Pecora, dal gusto caratteristico per l’equilibrata fusione tra le note dolci della carne cruda stagionata con quelle sapide conferite dal sale.







    Mustela





    Prosciutto crudo di capra







    Secondo i dettami di un ricettario semplice e rustico, la cucina sarda comprende anche molti primi piatti. La Fregula o Fregola, per esempio, è costituita da chicchi di semola di grano duro: specialità unicamente sarda, si presta a essere cucinata sia in brodo (la tradizione la vuole condita con le arselle), sia asciutta con pomodoro e salsiccia fresca. L’aspetto, a forma di sferette lisce della dimensione di grani di pepe, potrebbe ricordare quello del couscous, e lo ricorda anche per una similare tecnica di confezionamento. La differenza, oltre che in una maggiore consistenza, risiede nella natura dell’impasto, che talvolta prevede anche l’aggiunta di uova e Zafferano. Quet’ultimo può essere impiegato anche per profumare gli gnocchetti sardi, ossia i Malloreddus, preparati con semola di grano duro. Di norma le paste sarde sono “autoctone” e non trovano una corrispondenza con specialità di altre parti del territorio nazionale, anche se non va dimenticato che c’è chi sostiene che sia proprio Cagliari la città natale della pasta in Italia.







    Fregula o Fregola





    Fregula cotta





    Malloreddus al sugo





    Gnocchetti sardi alla Carlofortina







    Merita un cenno, infine, la Bottarga che in Sardegna è tendenzialmente associata al muggine, un cefalo pescato negli stagni costieri, anche se non manca quella fatta con il tonno. La preparazione prevede che i pesci sventrati vengano privati delle sacche ovariche, che a loro volta devono poi essere salate ed essiccate quanto basta perché non diventino troppo dure. La Bottarga di Muggine è di piccole dimensioni e pertanto si acquista intera; si presta a condire numerosi piatti di uova e ortaggi, ma è soprattutto con le paste asciutte che esprime al meglio il proprio sapore. è spesso accompagnata dall’Olio Extravergine di Oliva Sardegna, dotato di tonalità verdi, dal gusto fruttato e intenso ma al contempo garbato.
    Una cucina con queste caratteristiche tiene in grande considerazione la bontà e la varietà del pane: ogni zona sa preparare il suo, ma uno dei più conosciuti è il Pane Carasau, il più sottile d’Italia, apprezzato per il sapore, la consistenza e per la qualità di conservarsi a lungo.







    Fettuccine alla bottarga






    Pane Carasau o carta musica





    Pane d'orzo o s'oriattu







    Alcuni dolci sardi






    Tiliccas





    Suspirus





    Sebadas





    Torrone di Tonara





    Orilleta ricoperta di miele e scorze d'arancio candite





    Pardulas dolce a base di formaggio fresco o ricotta





    pan'e Saba







    Altri piatti tipici sardi








    Impanadas





    Sarde impanate e fritte






    Agnello con finocchi selvatici






    Spezzatino di agnello





    Astice con cime di rapa






    Fave in umido






    Insalata di taccole al miele con noci e pecorino






    Vini sardi






    Nell'Isola i vigneti sono presenti in ogni angolo del territorio, dalle pianure campidanesi e costiere, alle colline, agli altopiani interni. La particolare composizione del suolo e il clima soleggiato consentono produzioni di alta qualità. La lunga tradizione vitivinicola ha origini nel passato nuragico e da allora in poi non subì interruzioni in quanto i divieti islamici di consumo di vino nel mondo mediterraneo non interessarono mai la Sardegna, dove invece le produzioni subirono un'accelerazione specialmente nel periodo bizantino e giudicale. Oggi sono presenti nell'Isola 15 Igt, 19 Doc e 1 Docg.
    I Vini della Sardegna sono i vini prodotti nella omonima isola. La Sardegna vanta una tradizione vitivinicola millenaria e tutt'oggi la viticoltura rappresenta la principale coltura arborea isolana.




    Cenni storici





    Fino a pochi anni fa sull'origine della cultura della vite nell'Isola si avevano notizie molto frammentate: alcune fonti ritenevano che si fosse sviluppata autonomamente, altre invece, che fosse stata introdotta dai Fenici o dai Cartaginesi, altre ancora sostenevano che pure durante il periodo romano tale coltura era ben conosciuta.

    Periodo nuragico

    Le più recenti scoperte evidenziano che già in epoca nuragica i Sardi coltivavano la vite e producevano vino , ed il Cannonau, secondo gli studiosi, sarebbe uno dei vino più antichi del Mar Mediterraneo.

    Periodo romano

    Il nome di un altro celebre vino sardo, la Vernaccia, sembra che derivi dal latino vite vernacula, quindi originaria del luogo, come scriveva lo storiografo romano Lucio Giunio Moderato Columella, ed esisterebbero riscontri storici sull'esistenza del celebre vino già nella città Tharros, l'antico centro punico-romano di cui oggi restano le vestigia.

    Periodo bizantino

    Dopo il periodo romano e le invasioni vandaliche, seguì una ripresa dell'attività vitivinicola ad opera dei bizantini ed in particolare i monaci Basiliani di rito greco che introdussero nell'Isola nuovi vitigni e rilanciarono la coltura della vite impiantando nuove vigne vicino ai monasteri.

    Periodo Giudicale

    Dopo il periodo del Medioevo la coltura della vite in Sardegna conobbe un forte sviluppo, principalmente nella zona di Oristano e soprattutto grazie all’opera di Eleonora d'Arborea, la famosa giudicessa autrice di una raccolta di leggi conosciute come la Carta de Logu che prevedeva tra l'altro il divieto di tenere vigneti mal coltivati.

    Periodo contemporaneo

    Negli anni del dopoguerra la viticoltura sarda continuò a prosperare, rimanendo comunque sempre confinata ad un consumo locale. Un grosso incremento, con conseguente diffusione al di fuori dell'Isola, si ebbe grazie all'impegno di un'importante azienda privata, la Sella e Mosca, i cui fondatori erano di origine piemontese





    Elenco dei vini in Sardegna





    Attualmente la Sardegna produce numerosi vini di qualità apprezzati per le loro tipiche caratteristiche organolettiche (sono vini di buon corpo, freschi ed aromatici); ad oggi si contano un vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita e 19 vini a Denominazione di Origine Controllata.

    Vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita

    Vermentino di Gallura (bianco) prodotto nelle province di Sassari e Nuoro;
    Vermentino di Gallura superiore (bianco) prodotto nelle province di Sassari e Nuoro;


    Vini a Denominazione di Origine Controllata

    Alghero prodotto nella provincia di Sassari;
    Arborea prodotto nella provincia di Oristano;
    Campidano di Terralba o Terralba prodotto nelle province di Cagliari ed Oristano;
    Cannonau di Sardegna prodotto in tutta la regione;
    Carignano del Sulcis prodotto nella provincia di Cagliari;
    Girò di Cagliari prodotto nelle province di Cagliari ed Oristano;
    Malvasia di Bosa prodotto nella provincia di Oristano;
    Malvasia di Cagliari prodotto nelle province di Cagliari ed Oristano;
    Mandrolisai prodotto nelle province di Nuoro ed Oristano;
    Monica di Cagliari prodotto nelle province di Cagliari ed Oristano;
    Monica di Sardegna prodotto in tutta la regione;
    Moscato di Cagliari prodotto nelle province di Cagliari ed Oristano;
    Moscato di Sardegna prodotto in tutta la regione;
    Moscato di Sorso Sennori o Moscato di Sorso o Moscato di Sennori prodotto nella provincia di Sassari;
    Nasco di Cagliari prodotto nelle province di Cagliari ed Oristano;
    Nuragus di Cagliari prodotto nelle province di Cagliari, Nuoro ed Oristano;
    Sardegna Semidano prodotto in tutta la regione;
    Vermentino di Sardegna prodotto in tutta la regione;
    Vernaccia di Oristano prodotto nella provincia di Oristano.



    Vini ad Indicazione Geografica Tipica

    Arvesiniadu, (colore del topazio, del rubino, del brillante) prodotto a Bono e nel Goceano.
    Barbagia (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Nuoro.
    Colli del Limbara (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nelle province di Sassari e Nuoro.
    Isola dei Nuraghi (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nell'intero territorio della regione Sardegna
    Marmilla (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nelle province di Cagliari e Oristano.
    Nurra (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Sassari.
    Ogliastra (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nelle province di Cagliari e Nuoro.
    Parteolla (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Cagliari.
    Planargia (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nelle province di Nuoro e Oristano.
    Provincia di Nuoro (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Nuoro.
    Romangia (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Sassari.
    Sibiola (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Cagliari.
    Tharros (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Oristano.
    Trexenta (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Cagliari.
    Valle del Tirso (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Oristano.
    Valli di Porto Pino (Bianco nelle tipologie normale e Frizzante; Rosato nelle tipologie normale e Frizzante; Rosso nelle tipologie normale, Frizzante e Novello) prodotto nella provincia di Cagliari.











    Specialita' liquori sardi







    Liquore di mirto




    Liquore di Mirto

    Come per tutte le tradizioni popolari, le origini di questo prodotto sono incerte. Il liquore ottenuto dalle sole bacche, o dalle bacche e le foglie, fa parte della tradizione popolare sia della Sardegna sia della Corsica. Data la vicinanza delle due isole è probabile che le origini siano comuni.

    Diverse fonti fanno risalire le origini di questo liquore alla tradizione popolare dell'Ottocento. Nelle famiglie si produceva il vino di mirto dalla macerazione idroalcolica delle bacche mature. Per la macerazione si utilizzava una miscela di alcool e acqua o, più probabilmente, acquavite e acqua oppure lo stesso vino. Al termine del periodo di macerazione all'estratto si aggiungeva zucchero o miele per dolcificarlo. Il prodotto era destinato all'autoconsumo. Di questa semplice ricetta sono citate delle varianti.

    Il liquore di mirto, detto semplicemente mirto o mirto rosso, è un liquore popolare, in Sardegna e in Corsica, ottenuto per macerazione alcolica delle bacche di mirto o di un misto di bacche e foglie. Nell'accezione comune del termine, il liquore di mirto è ottenuto dalla macerazione di bacche pigmentate mature.

    A questa tipologia fa riferimento specifico il termine di mirto rosso, per la colorazione conferita dagli antociani delle bacche. Una tipologia differente è il mirto bianco termine generico con cui si indica sia il liquore ottenuto dalla macerazione di bacche depigmentate sia quello ottenuto dalla macerazione delle foglie di giovani germogli. Quest'ultimo liquore ha caratteristiche organolettiche nettamente differenti dal liquore di mirto propriamente detto.

    La denominazione ufficiale, adottata dalla Regione Sardegna e dall'associazione dei produttori, è quella di Mirto di Sardegna.






    Mirto rosso









    Filu' e ferru









    Il filu 'e ferru o fil'e ferru è un'acquavite di origine sarda il cui nome, tradotto letteralmente, significa "filo di ferro".

    Per la produzione vengono distillate vinacce sarde sceltissime (di alta qualità sono le acquaviti ottenute dalla distillazione delle vinacce di Vernaccia) che danno un prodotto con gradazione alcolica che spesso supera i 40 gradi.

    In alcune zone, in particolare nel logudorese e in Barbagia, viene detta anche abbardente (o abba ardente) che significa "acqua che arde, che prende fuoco, molto forte".

    Il nome risale a qualche secolo fa e deriva dal metodo utilizzato per nascondere gli alambicchi quando l'acquavite veniva prodotta clandestinamente. I contenitori con il distillato e gli alambicchi venivano nascosti sottoterra e, per poterne individuar la posizione esatta in momenti successivi, si conficcava sul terreno un fil di ferro (in alcune zone più d'uno). Per la produzione vengono distillate vinacce sarde sceltissime (di alta qualità sono le acquaviti ottenute dalla distillazione delle vinacce di Vernaccia) che danno un prodotto con gradazione alcolica che spesso supera i 40 gradi.











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    grazie Silvana
     
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