VENEZIA

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. gheagabry
     
    .

    User deleted




    Sogno o son desta?!

    Mi trovo a Venezia quella romantica città
    dalle architetture acquose che si riflettono nei canali,
    mentre sopra una gondola di legno percorro vie misteriose, su i ponti,
    il gondoliere silenzioso dirige il viaggio con un naturale movimento.
    Quell’area paludosa e mistica mi ispira e tiro fuori parole e versi
    mentre l’ombra del mio Don Giovanni
    mi insegue tra i spiragli e le insenature della Venezia romantica e poetica.
    Mi sospira da lontano che Venezia è poesia, amore e mistero.
    La Torre M.Cristina



    VENEZIA




    Venezia per me, ancor prima di
    visitarla da ragazzina, è sempre stata una città magica, intrigante,
    misteriosa come le sue maschere e affascinante come i suoi palazzi e la sua
    storia. Sicuramente unica....



    Venezia, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, è storicamente la Serenissima o la Dominante, antica capitale della Repubblica di Venezia. La città, capoluogo del Veneto, sorge sulla laguna veneta, nell’omonimo golfo di Venezia, e Il territorio comunale comprende, oltre alla città stessa città e alle isole lagunari, un’ampia porzione di terraferma comprendente Mestre e Porto Marghera. E’ Divisa in sei quartieri: Dorsoduro, Santa Croce, San Polo, San Marco, Cannaregio e Castello. Regina dell’Adriatico e Repubblica marinara insieme a Genova, Pisa e Amalfi. Il suo cuore è Piazza San Marco, dominata dall’omonima Basilica, colorata d’oro e rivestita da mosaici che raccontano la storia di Venezia, assieme ai maestosi bassorilievi che raffigurano i mesi dell’anno. Il portale principale è sovrastato dai quattro cavalli di bronzo di Costantinopoli, in memoria della quarta Crociata del 1204.
    Il Palazzo Ducale sorge di fianco della Basilica, uniti da Porta della Carta, opera di Bartolomeo Bon che funge da uscita del museo di Palazzo Ducale, mentre l’ingresso principale è sul lato che guarda alla laguna. Dove prima aveva sede il governo della Serenissima ora c’è un museo, contenente le opere dei migliori artisti veneziani e la Biblioteca Sansovina. Da non perdere il famosissimo Ponte dei Sospiri, le carceri e i Piombi. Di fronte al Palazzo Ducale sorge il campanile della basilica di San Marco: fu costruito nel 1173 come faro per i naviganti, fu restaurato da Bartolomeo Bon nel XV secolo, crollò nel 1902 e venne interamente ricostruito. Altro simbolo della città di Venezia è il Ponte di Rialto: progettato da Andrea Da Ponte, fu costruito nel 1591 e costituiva l’unico modo per attraversare il Canal Grande a piedi: infatti rimase l’unico ponte fino al 1854, quando fu costruito il Ponte dell’Accademia. Tipici i negozi di lusso sui lati del corpo centrale, la pescheria e la chiesa di San Giacomo di Rialto alla fine del ponte, nel quartiere di San Polo. I canali principali della città sono il Canal Grande ed il Canale della Giudecca: il primo taglia in due la città tracciando una sorta di “S”, il secondo separa il centro storico propriamente detto dall’isola della Giudecca. Meritano una visita anche le bacari, le tipiche osterie veneziane, dove si può sorseggiare un’ombra (calice di vino) e mangiare la spieza (milza), le sarde in saor, colla poenta (col pesce, la polenta è assolutamente bianca!), fegato alla veneziana e i bigoi in salsa. Venezia è la città del rinomato Carnevale. Le sue origini che si legano probabilmente alle saturnalia romane. Ma è anche la città della gondola, vera opera d’ingegneria. Splendido è poi il Bucintoro, il più ornato dei vascelli usato per le cerimonie dei Dogi. Poche città al mondo possono vantare di aver dato i natali a così tanti importantissimi pittori, che hanno d’altronde influenzato tutta la pittura occidentale: Jacopo, Giovanni e Gentile Bellini, Tintoretto, Vivarini, Tiepolo, Canaletto, Francesco Guardi, Ippolito Caffi. Venezia è anche la città dove si espresse il genio di tutti i più importanti pittori veneti, come il Tiziano, i Bassano e il veronese Paolo Caliari. Non ultimo, la Serenissima è la città natia del grande compositore Antonio Vivaldi.



    Molte sono le leggende che ancora oggi si narrano su Venezia, la città che ha incantato scrittori e artisti di tutti i tempi e che più di ogni altra, avvolta in un manto di nebbia che copre tutta la laguna, si presta a occultarne i misteri. Ad esempio, c’è forse qualcuno che trema ancora la sera, a mezzanotte, quando il campanile di San Marco batte i suoi dodici rintocchi: la qual cosa, potrebbe anche rientrare nella normalità, se non dovesse capitare d’imbattersi in un individuo dal passo barcollante, che si aggira nei pressi di corte Bressana, a San Giovanni e Paolo, mendicando denaro. Questo essere, se tale si può definire un fantasma, sta solo cercando soldi per poter riacquistare se stesso: si racconta, difatti, che in vita fosse uno degli ultimi campanari di San Marco e che la sua statura spiccasse a tal punto da attirare l’attenzione del direttore di un istituto scientifico. Quest’u ltimo, difatti, infervorato dalle sue ricerche d’anatomia, propose all’uomo un’ingente somma di denaro in cambio del suo scheletro, che gli avrebbe restituito a morte avvenuta. Naturalmente il campanaro, di fronte a una tale somma di denaro, accettò, ma la notte stessa la morte lo colse, per un eccesso nel bere. Chi non credesse a tali strani racconti, potrebbe recarsi al Museo di storia naturale, dove troverebbe lo scheletro, ancora in bella mostra nella sua teca.
    Delle tante leggende che avvolgono la città, vi sono quelle che riguardano il pittore Tintoretto, la cui figlia sarebbe stata presa di mira da una strega, o l’architetto Baldassar Longhena, che verso la metà del XVII secolo avrebbe edificato il tempio alla Madonna della Salute, il cui progetto era ispirato alla cabala; altre ancora raccontano di amori felici, come quella di un giovane pescatore in procinto di sposarsi, che, accerchiato dalle splendide sirene che volevano rubargli l’anima, seppe resistere ad ogni tentazione, al punto da stupire le sirene stesse, che, meravigliate, gli resero, come dono per la futura sposa, trine di schiuma di mare, da cui la bella amata realizzò il merletto buranello, prezioso vanto dell’intera isola di Burano.





    SSShhhh! Custodiamo la chiave di Venezia segreta, una Venezia nascosta e misteriosa, la cui esistenza è conosciuta solo a pochi.
    Lasciatevi guidare nel labirinto di quest’antica e magica città creata secoli fa da grandi capomastri, vero e proprio gioiello al centro della laguna.
    Città di sussurri… città romantica… città di fantasie e di sogni...



    Tra i ponti di Venezia ce ne sono due in particolare con delle impronte di piedi in pietra d’Istria sulla pavimentazione della sommità: stiamo parlando del ben noto Ponte dei pugni a San Barnaba e del Ponte di Santa Fosca a Cannaregio. Questi due, come in realtà molti altri, erano la sede di lunghi scontri e battaglie a suon di pugni (e non solo), chiamate Guerre dei Pugni, tra due contrade rivali. Vinceva chi prendeva possesso del ponte gettando in acqua il maggior numero di sfidanti della parte avversa (i ponti di Venezia all’epoca erano per lo più privi di parapetti e quindi l’operazione non era molto difficile)...Ai tempi della Repubblica Serenissima Venezia era divisa in due fazioni: Castellani e Nicolotti. I primi, vestiti con sciarpa e berretto rossi, rappresentavano tutte le maestranze che lavoravano all’Arsenale, dove si costruivano tutte le imbarcazioni e i vascelli, i secondi, con sciarpa e cappello nero, erano per la maggior parte pescatori provenienti dalla contrada di San Nicolò dei Mendicoli...Le Guerre dei pugni si svolsero tutti gli anni, a partire dal 1300, nel periodo tra settembre e Natale finchè vennero proibite nel 1705. In quest’anno infatti uno degli scontri sfociò in una sanguinosa battaglia che solo dopo molte ore riuscì a essere sedata.



    Ca Dario svetta tra i Palazzi sul Canal Grande per i marmi policromi che ne decorano la facciata in stile rinascimentale. In seguito ad un assestamento statico la facciata del palazzo è visibilmente inclinata verso sinistra il che gli conferisce un aspetto un po’ inquietante. Per la sua bellezza venne scelto come soggetto da Claude Monet per una serie dipinti e colpì l’interesse di John Ruskin che ne descrisse le decorazioni nel suo famosissimo “Le pietre di Venezia”..L’edificio fu costruito nel 1479 da Pietro Lombardo per conto del proprietario Giovanni Dario, segretario del Senato della Repubblica di Venezia. Sua figlia, Marietta, sposò Vincenzo Barbaro e il palazzo rimase nelle mani della famiglia Barbaro fino al XIX sec. Le disgrazie cominciarono subito però: Giovanni Dario perse in brevissimo tempo la sua influenza politica e da lì a breve il generò subì un terribile tracollo finanziario. Marietta morì in seguito alla caduta in disgrazia della famiglia, c’è chi dice di crepacuore chi suicida, e il padre e il marito la seguirono a ruota...Ca’ Dario venne venduto dalla famiglia Barbaro agli inizi del XIX sec ad un ricco commerciante di diamanti armeno, Arbit Abdoll, che, per non venir meno alla maledizione, subito dopo l’incauto acquisto fece bancarotta e morì in disgrazia...Rawdon Brown, lo scienziato inglese che divenne proprietario del palazzo nel 1832 finì sul lastrico nel 1842 e da lì a poco si suicidò, come pure il suo amante...Tra la fine dell’800 e i primi del 900 ebbero la disgraziata idea di venire in possesso di questo palazzo maledetto Charles Briggs, che fu costretto a fuggire da Venezia perchè accusato di omosessualità (allora era un reato) e Henry De Reigner, che si ammalò gravemente 2 anni dopo l’acquisto e fu costretto a tornare in Francia......La maledizione non finisce qui naturalmente e prosegue fino ai giorni nostri.......




    Lì dove terminano le Fondamente Nove si apre un’ampia insenatura, dove un tempo i veneziani solevano fare il bagno d’estate, su cui svetta un elegante e malinconico edificio chiamato Casino degli Spiriti. In realtà si tratta della dependance di Palazzo Contarini dal Zaffo, che si affaccia sul lato opposto rispetto alla Laguna, in Fondamenta Contarini. Tutto il complesso apparteneva nel 500 a Giuseppe Contarini, cardinale e famoso mecenate. Oggi laproprietà è suddivisa tra due istituzioni religiose ed è possibile chiedere alla portineria di visitare il bellissimo giardino...Il Casino degli spiriti, chiamato così perché ritenuto un luogo di ritrovo di spiriti irrequieti, è sempre stato considerato un luogo maledetto. Nei secoli passati si vocifera che fosse la sede di misteriose cerimonie grazie alle quali gli adepti di una setta invocavano demoni e spiriti, che poi finivano per infestare il luogo...Il fantasma più famoso che si dice apparisse spesso tra le sue stanze era quello di Luzzo pittore del “500, che in quelle stanza si incontrava con Giorgione, Tiziano, Sansovino. Luzzo morì suicida a causa di un amore non corrisposto: si era follemente invaghito di una delle amanti del Giorgione, Cecilia.




    Venezia è come musica al cuore, come un pianto prosciugato dal sole.
    Venezia può apparire anche volgare, come un gondoliere stanco del troppo remare.
    Venezia è simile al mio vivere, ballerina impazzita e forse un poco triste. Venezia è una città meravigliosa, l'ho vista specchiarsi piena di vanità e senza alcun rancore.



    .
     
    Top
    .
  2. gheagabry
     
    .

    User deleted



    « [...] quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d'oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond'è cinta, dalla prudente sapienza dè figli suoi munita e fatta sicura »
    (Francesco Petrarca)


    La SERENISSIMA
    Repubblica di Venezia



    Dall'inizio del XV secolo la Serenissima si espande verso la terraferma veneta e friulana. E' il momento delle 'donazioni' a San Marco, più o meno volontarie, e tutti gli staterelli e signorie, il patriarcato di Aquileia e Patria del Friuli, chiedono di aderire alla Republica Veneta.
    Si forma così un vasto stato di straordinaria importanza nell'orizzonte europeo, coniugando la già floridissima potenza economica, cerniera e ponte tra oriente e occidente, con il peso politico e militare che un potente stato poteva offrire.
    Fu un successo straordinario che pose fine alle lotte feudatarie succedutesi per oltre un millennio, dovute a signorotti e scompensi delle 'migrazioni' straniere (le invasioni dei barbari).
    Per la terraferma veneta e friulana, soprattutto per le masse contadine, saranno i quasi quattrocento anni di pace e prosperità, interrotti solamente dalla stagione dell'invidia europea verso Venezia con le truppe associate nella Lega di Cambrai a portare devastazioni per qualche decennio nel primo cinquecento. Coalizione battuta dalla straordinaria diplomazia veneziana ed anche dalla popolazione veneta e friulana unita in San Marco.
    La Repubblica, seppur oligarchica comunque più tollerante e civile dell'epoca, prosperò grazie ad una lungimirante politica che aveva il cardine nelle amplissime autonomie locali (i 'rettorati', molto più di 'federalismo' come ora lo intendiamo, quasi una associazione di distretti indipendenti) lasciate alle 'Regole' locali delle varie Comunità e agli 'Statuti' delle varie Città con i loro Contadi. Molto esteso e protetto il terreno 'demaniale' (delle comunità locali) destinato ad uso civico, eredità di tradizione medioevale.
    Lo stato centrale si limitava a nominare nelle città e comunità locali un Podestà e un Capitano Militare. Persino più ampia ancora l'autonomia alla Patria del Friuli, dove veniva insediato un Luogotenente, quasi uno stato indipendente. Le varie città e comunità contribuivano (e non tutte) allo stato con tasse e/o con forniture (per esempio il legname dal Cadore e dagli Altipiani). Lo stato si occupava dell'amministrazione militare, della giustizia, della politica internazionale e, con alcune magistrature, ad opere pubbliche o militari sovralocali, come il potentissimo Magistrato alle Acque, soprattutto per quanto riguarda le regolazione (anche o forse soprattutto a scopi militari) delle acque lungo la gronda lagunare. Finirà tutto con l'invasione napoleonica che devastò gli equilibri politici e sociali europei.
    Ma il rispetto per le autonomie locali, con le loro tradizioni e le loro lingue, con norme a protezione delle classi popolari, ponendosi perfino con il giusto equilibrio sopra le prepotenze di signorotti e nobili locali, fece cementare quella dedizione a San Marco e alla Repubblica soprattutto da parte dei contadini e dei montanari.
    Un po' meno da parte della nobiltà locale, in contrapposizione con la nobiltà veneziana, che non esitò di volta in volta a schierarsi con i nuovi dominatori, dall'invasione della Lega di Cambrai, all'arrivo del Generalissimo, al Regno Lombardo-Veneto, al Regno d'Italia.
    La dedizione a San Marco e alla Repubblica, da parte delle masse popolari, è evidente nei moti popolari del 1848, rivolti contro la dominante austriaca ed anche contro i Savoia, in questo appoggiati solamente da truppe Borboniche e Papaline. Fu tenace lotta 'di liberazione' e non per la 'fusione' (come allora dicevano i Savoia) al regno piemontese e all'unità d'Italia.
    Il regno piemontese fu peggiore della dominante austriaca e portò fame, pellagra e milioni di emigranti, soprattutto nel Veneto-Friuli e in tutto il sud della penisola italica.



    Fui invitato a sedermi in mezzo a due ambasciatori, e furono questi che mi condussero per la grande strada, che essi chiamano il canale grande e che è davvero molto larga. Le galee ci passano attraverso, e ho visto anche navi di 400 tonnellate e più vicino alle case. È davvero la strada più bella che ci possa essere, io credo, nel mondo [...]. Le case sono molto alte e grandi, quelle vecchie sono costruite con buona pietra e sono tutte dipinte [...] le altre risalgono a cento anni fa [...] tutte hanno la facciata di marmo che viene dall'Istria, a 100 miglia di là, e grandi pezzi di porfido e di serpentino. (Philippe de Commynes)


    ....i Dogi.....


    Il Doge era la suprema magistratura della Repubblica di Venezia, istituita sin dal 697 e durata fino alla caduta della Repubblica, il 12 maggio 1797
    La tradizione vuole che il primo doge, Paulicio Anafesto, fosse eletto nel 697 dai Venetici, tuttavia la nascita del ducato è da inquadrarsi nella riforma delle province italiche di Bisanzio promossa dall'imperatore Maurizio di Bisanzio, con la nomina a capo di queste di duces, cioè comandanti militari (di nomina imperiale per tramite dell'esarca ravennate), nel tentativo di arginare l'invasione longobarda. La figura del dux bizantino, divenuto nei secoli doge, conquistò quindi una sempre maggiore autonomia, attuando una politica via via sempre più indipendente. La capitale del nuovo ducato venne originariamente posta nella città di Eracliana.
    Il metodo di elezione del doge era studiato per impedire brogli e corporativismi. Si facevano diverse estrazioni multiple di palline (chiamate balote) da un'urna. Le palline, metalliche e indistinguibili al tatto, venivano estratte con delle manine di legno, delle specie di pinze, e contenevano il nome del votato. Da queste balote deriva la moderna parola "ballottaggio".
    La carica di doge era ambita per il valore simbolico che donava alle famiglie aristocratiche; lo sfarzo e la pompa che circondavano le cerimonie dogali rendevano la funzione ambita da tutti coloro che aspiravano ad essere qualcosa di più che dei semplici nobili, ma i dogi stessi dovevano contribuire pesantemente al loro mantenimento, ed era quindi una carica molto costosa e di fatto appannaggio della aristocrazia ricca (vi erano infatti anche una aristocrazia povera e una poverissima). A seconda dei tempi e delle situazioni il doge agiva da condottiero o da supremo notaio. Per cui, tralasciando la grande varietà di situazioni, si può solo dire che sempre all'interno dell'ordinamento politico vi erano una serie di disposizioni che limitavano pesantemente le prerogative del doge e perfino la sua stessa vita quotidiana: la funzione del doge era principalmente quella di rappresentante ufficiale di Venezia nelle cerimonie pubbliche e nelle relazioni diplomatiche con gli altri stati e di mostrarne la regalità pur senza regnare. L'unico potere effettivo che non fu mai sottratto al doge fu quello di poter comandare la flotta e guidare l'armata in tempo di guerra. Per il resto egli si limitava a sedere a capo della Serenissima Signoria e presiedere con essa a tutti i consigli della Repubblica, nei quali però il suo voto non aveva più valore di quello di qualunque altro membro.



    Così disposte ai due lati del canale, le abitazioni facevano pensare a luoghi naturali, ma di una natura che avesse creato le proprie opere con un'immagine umana.
    (Marcel Proust)


    ....ii commercio....


    L’economia di Venezia durante tutto il Medioevo e in generale durante gran parte della sua storia, trova la piena espressione nel commercio. La sua posizione di legame con l’Oriente, forte dei saldi legami con l’impero Bizantino, aveva fatto sì che divenisse, per tutta l’Europa, uno sbocco sull’Oriente, sul quel mercato, e su quel sistema commerciale, ricco di merci preziose e richieste e soprattutto sulla cosiddetta via della seta. Tutto questo fu possibile grazie ai crescenti privilegi
    concessale dall’impero Bizantino che, non accorgendosi, fece diventare il ruolo di Venezia un ruolo monopolistico in molti mercati e principale direttore dei commerci di Levante. Da Venezia passava, diretta verso l’Europa, qualsiasi tipo di merce, proveniente da qualsiasi parte del Mediterraneo. Venezia in cambio acquistava sempre più ricchezza per continuare ad alimentare, quasi come in un ciclo vizioso, i suoi commerci con l’Oriente. Il transito delle merci favorì poi anche la produzione artigianale veneziana, come per esempio quella dei famosi Vetri di Murano, facendo diventare Venezia una sorta di mercato tra Europa ed Oriente....Il successo di Venezia spingeva però sempre di più i commercianti a trovare nuove vie, nuovi mercati capaci di soddisfare la sempre più crescente domanda di novità da parte dell’Europa. Su quest’idea la Repubblica riuscì a stabilire solidi legami con le popolazioni del Mar Nero, della Mesopotamia, dell’India fino ad arrivare addirittura in Cina. La figura che meglio rappresenta questo è Marco Polo: considerato uno dei più grandi esploratori di
    tutti i tempi, attraversò l’Asia e raggiunse la Cina. Di questo viaggio ci resta solo l’opera da lui composta: il Milione, libro molto discusso narrante l’itinerario percorso dai Polo, che durante l’illuminismo fu finalmente collocato tra “i grandi” della storia delle esplorazioni.
    Importante nell’economia veneziana fu anche l’aspetto monetario; per l’importanza che aveva la Serenissima, la sua moneta era diffusa in tutto il mediterraneo e in tutta l’Europa. Questo favoriva ulteriormente i commerci che erano quindi svincolati dagli obblighi di cambio ed era un segno evidente della supremazia veneziana sugli altri mercati.


    Per quasi mezzo millennio la Repubblica di Venezia fu considerata il simbolo del dominio sui mari e di una prosperità fondata sul commercio marittimo, un capolavoro di alta politica e nel contempo «la creazione più singolare della storia economica di ogni tempo» […] Questa favolosa regina del mare brillò con crescente splendore dal 1000 al 1500 […] Se però ci chiediamo se siamo qui di fronte a un caso di esistenza puramente marittima e di effettiva decisione per l'elemento del mare, ci accorgiamo subito di come appaia esigua una potenza marittima ristretta all'Adriatico e al bacino del Mediterraneo non appena si spalancano gli spazi sconfinati degli oceani del mondo.
    (Carl Schmitt)




    .
     
    Top
    .
  3. gheagabry
     
    .

    User deleted



    ... PERLE DA DIFENDERE …
    ... Che notizia! Oggi riprendo un articolo trovato su Online-News; preoccupante la notizia e richiede una intervento davvero serio e pronto da parte delle istituzioni. Venezia, una delle perle più belle del mondo sta sprofondando ad una velocità ben superiore a quella prevista. L’acqua nella quale è immersa quella bellissima città sta avendo la meglio sulle strutture costruite dall’uomo per impedire che questo avvenga. L’Italia è un paese meta di un turismo molto forte proprio perché a differenza di tante nazioni ha in ogni parte perle di bellezza e di storia che rendono unico il nostro paese. Non dobbiamo sederci e cullarci sugli allori, dobbiamo agire e fare in modo che le nostre bellezze architettoniche siano tutelate, protette e valorizzate. Per quanto riguarda Venezia è urgentissimo un intervento strutturale che permetta alla marea di fermare il suo lento ma progressivo crescere; mentre parallelamente bisognerebbe trasmettere alle nuove generazioni quei valori e quelle nozioni che portino nei loro cuori e deteminazioni l’amore verso le bellezze storiche sparse ovunque in Italia e nel mondo. Vivo in una città che è stata culla della civiltà, che ha monumenti e reperti ovunque sia sopra che sotto terra; provo davvero fastidio quando vedo monumenti e reperti imbrattati da scritte con gli spray. Sono segnali anche quelli di una cultura che va verso il non rispetto della storia e, lo ripeto sempre in questo spazio, una civiltà ha futuro solo se ha rispetto del proprio passato. … .
    (Claudio)



    Venezia sprofonda più in fretta del previsto e si sposta verso Est

    Tra gli elementi che determinano il fascino di Venezia c’é sicuramente anche la paura che sparisca ‘affondando’ nell’Adriatico, che ne fa anche una delle città più studiate al mondo. Gli ultimi a cimentarsi con il problema dello sprofondamento della laguna sono stati i ricercatori californiani dello Scripps Institution of Oceanography dell’università della California, dell’università di Miami e dell’azienda italiana Telerilevamento Europa, che in un articolo che verrà pubblicato il 28 marzo su Geochemistry, Geophysics, Geosystems, rivista della società americana di Geofisica, hanno scoperto che il capoluogo veneto non solo ha ripreso ad abbassarsi, ma si sposta anche verso est.I ricercatori hanno combinato misure Gps con quelle da satelliti che utilizzano la tecnologia Insar per verificare eventuali movimenti: dall’analisi emerge che in media la città sprofonda tra 1 e 2 millimetri l’anno, mentre le isole della laguna calano di 2-3 millimetri nella parte nord e 3-4 in quella sud, mentre il movimento verso est è di 1-2 millimetri: “L’unione delle misure Gps e satellitari ha catturato i movimenti degli ultimi 10 anni con una precisione impossibile con uno solo dei due mezzi – spiega Shimon Wdowinski, dell’università di Miami – è uno spostamento minimo ma significativo”. Se i numeri trovati hanno fatto strabuzzare gli occhi agli esperti di oltreoceano non hanno però stupito i ricercatori di casa nostra: “Sono d’accordo con i numeri trovati dalla ricerca, ma non con l’interpretazione che si dà dei dati – spiega Luigi Tosi, geologo dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr – il fatto che la laguna si abbassi di pochi millimetri l’anno era stato già osservato da diverse ricerche precedenti, per cui la conclusione che ‘Venezia ha ricominciato ad affondare’ mi sembra forzata”.
    Se l’affondamento in sé non è un problema, la città lagunare ha comunque di fronte un futuro complesso, nonostante la ormai prossima entrata in funzione del Mose, la diga contro l’acqua alta di cui è iniziata la fase finale di costruzione: “L’abbassamento va sommato all’innalzamento delle acque, che potrebbe arrivare addirittura a 50 centimetri entro fine secolo – spiega Tosi – il Mose è progettato per entrare in azione solo per maree superiori a 110 centimetri, quindi 10-20 volte l’anno. In caso di un innalzamento così grande delle acque, però, la quota di 110 centimetri verrebbe superata molto più spesso, fino a 200 giorni l’anno”. Proprio Tosi, insieme ad alcuni matematici dell’università di Padova, sta lavorando a uno studio sulla possibilità di alzare Venezia pompando acqua nel sottosuolo: “Il modello teorico funziona molto bene, ma ancora servirà molta ricerca per metterlo in pratica – sottolinea l’esperto – si potrebbe ‘aiutare’ il Mose con un innalzamento di circa 10 centimetri”.

    (AdnKronos)
     
    Top
    .
  4. Gainer
     
    .

    User deleted


    Alla fine di Maggio si assisterà alla posa delle fondazioni delle barriere mobili del Mose. Dal Cantiere di Lido Nord Treporti,i cassoni verranno trascinati da un catamarano appositamente attrezzato e posizionati nella trincea ricavata sul fondale che fornirà loro definitivo alloggiamento. Lì i cassoni, ultimata la posa, riceveranno le paratoie che proteggeranno Venezia dall'acqua alta e segneranno l'entrata in funzione a pieno regime del sistema di dighe mobili MOSE.

    Video
     
    Top
    .
  5. gheagabry
     
    .

    User deleted


    grazie Gainer
     
    Top
    .
  6. gheagabry
     
    .

    User deleted




    Venezia soddisfa tutti i criteri per l’inclusione fra i siti Patrimonio dell’Umanità:

    - Criterio I. Venezia è un’opera d’arte senza eguali. La città è costruita su 118 piccole isole e sembra galleggiare sulle acque della laguna dando forma a un indimenticabile paesaggio la cui imponderabile bellezza ha ispirato Canaletto, Guardi, Turner e tanti altri pittori: la città rivela se stessa fin dal primo sguardo. Inoltre, la laguna di Venezia comprende una delle maggiori concentrazioni di capolavori al mondo: dalla cattedrale di Torcello alla basilica di Santa Maria della Salute, tutti i secoli di una straordinaria Età dell’Oro sono rappresentati da monumenti di eccezionale bellezza: San Marco, Palazzo Ducale, San Zanipolo e la Scuola di San Marco, i Frari e la Scuola di San Rocco, San Giorgio Maggiore e così via.

    - Criterio II. L’influenza di Venezia sullo sviluppo dell’architettura e delle arti monumentali è stato considerevole. In principio esercitò il suo influsso su tutti i mercati e gli scali commerciali della Serenissima Repubblica posti lungo le coste della Dalmazia, in Asia Minore e in Egitto, nelle isole del mar Ionio, in Eubea, nel Peloponneso, a Creta e a Cipro, dove i monumenti furono costruiti ispirandosi a modelli veneziani. Ma nella stessa epoca in cui il suo impero marittimo conobbe le prime sconfitte, Venezia fondò una scuola di tipo molto differente grazie ai suoi pittori. Bellini e Giorgione, e in seguito Tiziano, Tintoretto, Veronese e Tiepolo cambiarono tanto profondamente la percezione dello spazio, della luce e del colore da imprimere una svolta decisiva alla storia della pittura e delle arti decorative in Europa.

    - Criterio III. Con l’eccezionalità di un sito archeologico ancora animato di vita, Venezia testimonia essa stessa del suo passato. La città già signora dei mari è un ponte fra l’Oriente e l’Occidente, fra l’Islam e la Cristianità; essa continua a vivere nelle centinaia di monumenti e di vestigia di un’epoca passata.



    - Criterio IV. Venezia possiede un’incomparabile serie di complessi architettonici rappresentativi dell’epoca del suo splendore. Da solenni monumenti come quelli di Piazza San Marco e della Piazzetta (la Basilica, il Palazzo Ducale, la Libreria Marciana, il Museo Correr, le Procuratie Vecchie), alle più modeste dimore nelle calli e nei campi dei suoi sei quartieri (i sestieri), passando per gli ospedali e le istituzioni caritatevoli o di mutuo soccorso che già nel XIII secolo portavano il nome di Scuole, l’architettura medievale veneziana presenta un’intera tipologia di edifici il cui valore esemplare va di pari passo con il carattere eccezionale di un ambiente urbano che si è dovuto adattare alle esigenze del luogo.

    - Criterio V. Nel mare mediterraneo la laguna di Venezia costituisce un notevole esempio di insediamento semi-lacustre reso fragile in conseguenza di cambiamenti irreversibili. In questo ecosistema coerente in cui le barene – dossi di terreno argilloso che sono periodicamente sommersi dalle acque per poi riaffiorare – hanno la stessa importanza delle isole, le case fondate su pali, i villaggi di pescatori e le risaie richiedono di essere protetti allo stesso modo dei palazzi e delle chiese.

    - Criterio VI. Venezia simboleggia la lotta vittoriosa dell’umanità contro gli elementi e la supremazia imposta dagli uomini e dalle donne su una natura ostile. Ma la città è anche direttamente e concretamente associata alla storia universale. La “Regina dei Mari”, eroicamente abbarbicata alle sue piccole isole, non limitò il suo orizzonte né alla laguna, né al mar Adriatico o al Mediterraneo: fu infatti da Venezia che Marco Polo (1254-1324) partì per esplorare la Cina, l’Annam, il Tonchino, Sumatra, l’India e la Persia. La sua tomba in San Lorenzo ricorda il ruolo avuto dai mercanti veneziani nella scoperta del mondo, certo dopo gli arabi, ma ben prima dei portoghesi.

     
    Top
    .
  7. gheagabry
     
    .

    User deleted




    “..a Venezia s’impara a vedere e ascoltare l’invisibile e l’inaudibile, le pietre i mattoni,
    lo scuro, l’acqua, la luce, le cose ci parlano.”
    (Luigi Nono)


    La LAGUNA di VENEZIA


    A poca distanza dalla città storica si apre la laguna di Venezia, un’ampia e silenziosa distesa d’acqua costellata di terre semiemerse, dove i rumori della città lasciano il posto al silenzio. Sono centinaia le isole che affiorano della laguna: alcune sono grandi ed altre piccole, alcune abitate, altre poco popolate ed altre disabitate; alcune sembrano stabili, mentre altre sono in formazione e altre ancora sono in corso di erosione o stanno addirittura scomparendo. Qui trovano riparo numerosi uccelli come le garzette, i gabbiani, i martin pescatore, gli aironi, i falchi…. Qui regnano sovrane le barche ed i pescatori. È la parte di Venezia in cui domina la natura; ma è anche il luogo in cui i segni della storia mostrano quanto le origini della città siano lontane ed antiche.

    La laguna di Venezia è la più estesa zona umida d'Italia, con 55.000 ettari, che con le lagune di Grado e di Marano, rimane a testimonianza della grande fascia lagunare e deltizia che un tempo andava dalle foci del Timavo a Ravenna. Presenta caratteristiche del tutto originali sia per la flora che per la fauna, con ambienti forgiati dall'azione delle maree e delle correnti marine in contrasto a quella dei fiumi che vi sfociano ma anche modificati dalla continua opera dell'uomo che vi ha costruito e scavato canali, argini, abitazioni. Ne è derivato un ecosistema con specchi d'acqua a diverso grado di salinità, che condiziona la presenza delle diverse specie animali e vegetali, affioramenti temporanei di terreno, barene e velme, differenti microclimi.
    L'uomo ha rappresentato il fattore decisivo nel processo che ha invertito la naturale tendenza della laguna verso l'interramento o la scomparsa e l’ha mantenuta come barriera naturale per difendersi contro i nemici che provenivano dal mare e come fonte di ricchezza, con i suoi porti e le sue isole, abitate e coltivate. Le lagune costiere sono figlie dei lidi.
    Si formano infatti quando le sabbie portate a mare dai fiumi, per effetto delle correnti e della risacca, si accumulano in allineamenti paralleli alla costa, intrappolando tratti di mare che diventano, appunto, lagune. Come avviene per i fiumi in pianura, i canali naturali delle lagune hanno andamenti tortuosi, a meandri. I fiumi che sfociano dentro le lagune tendono rapidamente ad interrarle con i sedimenti che trasportano; al tempo stesso la loro corrente d'acqua dolce, immessa nella laguna, scava dei percorsi in direzione del mare, originando dei tipici canali lagunari. Il Canal Grande altro non è che un antico tratto lagunare del fiume Brenta.
    Ma i canali lagunari non hanno solo origini fluviali: l'acqua marina, infatti, entrando in laguna dalle bocche durante l'alta marea, forma una corrente che scava canali ampi e ramificati da mare verso terra. Questa corrente marina riesce a penetrare, percorrendo i canali, anche in zone lagunari molto interne, trasportando masse d'acqua che poi, con la bassa marea, seguono il percorso inverso. Gli spostamenti di acqua in ingresso e in uscita assicurano un elevato ricambio in ampie aree lagunari. Tanto le acque di origine fluviale quanto quelle provenienti dal mare trasportano sedimenti, che tendono a distribuirsi e depositarsi sui bassi fondali ai margini dei canali. In questo modo si formano delle secche, definite in laguna "velme". Le velme sono regolarmente emerse durante le basse maree. Quando altri sedimenti, depositandosi, ne elevano la quota fin oltre il livello del medio mare, le velme si ricoprono di una tipica vegetazione trasformandosi in "barene".
    I ricami tipici delle forme lagunari derivano, congiuntamente, dalle linee impresse dalle correnti e dai disegni tracciati dalle deposizioni dei sedimenti.
    (veneziasi)

    ....storia.....


    La laguna di Venezia ha quasi 6000 anni. Al suo posto c'era una pianura costituita da sedimenti trasportati dai fiumi, come la Brenta e il Piave, in seguito al fondersi dei ghiacci dopo la fine dell'ultima glaciazione. Nei secoli che seguirono ci furono, e continuano ad esserci, fenomeni come l'abbassamento del suolo per il progressivo consolidamento dei depositi alluvionali fini e l'innalzamento del livello del mare. Il risultato di tutto ciò è stato l'allagamento di gran parte della pianura esistente con l'esclusione di alcune zone di terreno più elevato che sono diventate le isole della laguna di Venezia appena nata. Poi, i cordoni di dune costiere, formatisi grazie alle sabbie trasportate dai corsi d'acqua, sono divenuti il naturale confine tra l'Adriatico e la laguna. Dell'intera superficie lagunare solo il 5% è costituito da terre costantemente emerse, le isole, mentre il 20% è rappresentato da barene, zone di terreno a pelo d'acqua ricoperte da vegetazione particolarmente resistente al sale. Tutta la laguna è percorsa da canali più o meno profondi segnati, almeno quelli navigabili, da bricole e paline, dei pali conficcati nel terreno che servono per non arenarsi con la propria barca. La laguna è separata dal mare aperto dai lidi, lunghi cordoni sabbiosi talvolta arginati dall'uomo con opere di varia natura. La comunicazione con l'esterno avviene attraverso le bocche di porto del Lido, di Malamocco e di Chioggia. L'acqua entra dal mare ogni sei ore e se ne esce dopo altre sei.
    Il destino della laguna, in mancanza dell'intervento dell'uomo, sarebbe stato il suo graduale interramento, causato dall'apporto dei sedimenti trasportati dagli stessi fiumi responsabili indiretti della sua creazione. I veneziani si erano resi conto di questo che, con opere di ingegneria idraulica, deviò il corso dei fiumi immissari della laguna, portandone le foci all'esterno. Attualmente, come facevano i nostri avi, si stanno scavando i rii interni Venezia per levare il fango in eccesso accumulato durante gli anni.



    Il Lido di Venezia è oggi quartiere residenziale suburbano e stazione balneare fra le più famose ed eleganti in Italia. Si estende su un’isoletta di forma allungata, distante da Venezia circa 1,5 km.
    A 500 metri dal lido è l'isola di San Lazzaro degli Armeni, occupata da una comunità di religiosi armeni che vanta una tipografia poliglotta, una ricca biblioteca, un museo storico ed una pinacoteca. Murano è da tempi lontanissimi l’isola del vetro, industriosa e produttiva. Un vitale centro lagunare, esteso su cinque isolette a 1,2 km di distanza da Venezia. Il Canale dei Vetrai brulica sia di barche da trasporto cariche di materie prime e di casse di preziosi oggetti in vetro, sia di barche cariche di turisti. Il Palazzo Giustinian, sito sulle fondamenta omonime, ospita il Museo dell'Arte Vetraria: conserva una preziosa collezione di vetri archeologici (egizi, alessandrini, romani), veneziani (XV - XVIII secolo) e moderni. Risale al XII secolo la chiesa esarcale dei Santi Maria e Donato, preziosa per la bella abside e per i mosaici bizantini. Da ricordare il Palazzo da Mula e la chiesa di San Pietro Martire, che conserva dipinti di Giovanni Bellini, Tintoretto e Veronese. Lungo il tragitto Venezia-Murano, si tocca l’isola di San Michele che ospita il suggestivo cimitero di Venezia. Elegantissima è la chiesa di San Michele, opera dell’architetto Mauro Codussi (1478). Inconfondibile per il suo campanile sbilenco, Burano emerge al centro della laguna nord, a 9 km da Venezia. È oggi un caratteristico centro peschereccio, costruito su quattro isolette della laguna, noto per l'arte del merletto sin dal XVI secolo. Il tessuto urbano, fatto di strettissime calli, converge sulla Piazza Galuppi, dove si affacciano la chiesa, il municipio, la scuola del merletto. Torcello, un tempo il centro principale dell’estuario, galleggia nella laguna con il suo carico di storia e di miti, nascondendo nelle sue maestose architetture le tracce di antichissime origini. Oggi è un solitario villaggio posto sopra ad un’isoletta all'estremo nord della laguna, a 10 km da Venezia. La Cattedrale di Santa Maria Assunta testimonia l’antico splendore: fu ricostruita, insieme al maestoso campanile, nell’XI secolo su un precedente edificio del VII secolo. L’interno è a tre navate; si possono ammirare colonne con capitelli classici e bizantini, bei pavimenti marmorei e preziosi mosaici, dipinti quattrocenteschi e bellissime transenne. Di fronte alla cattedrale si trovano il Palazzo dell’Archivio e il Palazzo del Consiglio, dove ha sede il Museo dell’Estuario.Particolare è Santa Fosca, una piccola chiesa romanica a pianta centrale, cinta all’esterno da un portico.
    San Servolo è un'isola, situata in bacino San Marco, dalla storia millenaria (il primo insediamento risale alla fine del 600) ma soprattutto è una delle poche a poter vantare una storia attuale. Recuperata grazie alla Provincia di Venezia, San Servolo oggi ospita un’università internazionale, un centro congressi, un museo. Certosa, dista meno di 250 metri da S. Pietro di Castello, poco più di 500 metri dal Lido ed è vicina all'isola delle Vignole ed al Forte di Sant'Andrea. Deve il nome ai Padri Certosini di Firenze insediatisi ne1 1424. Abbandonata per anni, ora l’isola della Certosa è un esempio di recupero integrato. Santa Cristina si trova nella laguna settentrionale a nord di Treporti. Per estensione è la più grande delle 33 isole minori della laguna veneta. L'isola di Santa Cristina era anticamente conosciuta con il nome di San Marco. S. Erasmo si trova nel bacino centro-settentrionale. Fino all'800 si trattava di un lido vero e proprio, posto di fronte al mar Adriatico. Poi, con la realizzazione delle dighe alle bocche di porto, l'azione di deposito delle correnti creò la duna di Punta Sabbioni. Marziale descrive l'isola, anticamente denominata Alba o Mercede, come una ridente zona di villeggiatura con terreno fertile e grandi pinete. Ha svolto per secoli e ancora in parte svolge la funzione di ‘orto’ di Venezia. Lazzaretto Nuovo si trova nella laguna centrale. La sua posizione era strategica poiché vicina a S. Erasmo, all'epoca principale bocca di porto lagunare. Come Poveglia e S. Clemente fu stazione, già in epoca romana, della Fossa Popilia, che congiungeva Chioggia ad Altino. Ma lunga e intensa fu la vita di quest’isola che dal 1468 prende il nome odierno con l’istituzione del lazzaretto per la quarantena di uomini e merci sospettati di contagio della peste. San Francesco del Deserto si trova di fronte a Sant'Erasmo. Oasi di pace e di misticismo, si presenta con il suo inconfondibile profilo di cipressi. La fondazione dell'eremo viene tradizionalmente fatta coincidere con il soggiorno in laguna nel 1220 di S. Francesco d'Assisi di ritorno dall'Egitto, ma rimangono ancora molti dubbi sia sulla veridicità del fatto sia su un eventuale ruolo attivo di S. Francesco nella creazione dell'insediamento. La denominazione di San Francesco del Deserto deriva dal fatto che, un paio di secoli dopo l'insediamento dei frati francescani, il deperimento dell'isola li indusse ad abbandonarla per poi ritornarvi nel 1453. L'isola de Le Vignole, nella laguna centrale, si presenta come un lungo dosso sabbioso cuneiforme posto tra il porto di S. Erasmo e quello del Lido. Anticamente denominata Biniola, o anche “delle sette vigne”, era uno dei luoghi privilegiati di villeggiatura degli abitanti di Altino prima e di quelli di Venezia poi. Secondo il poeta Marziale, la magnificenza delle residenze era superiore a quella di Pozzuoli.
    (dal web)

     
    Top
    .
  8. gheagabry
     
    .

    User deleted




    venezia-piazza-san-marco-b


    I colombi

    Sai da dove vengono i colombi di Venezia? Pare che ogni anno una certa parrocchia portasse in dono al doge una coppia di colombi, e una volta i due uccelli riuscirono a scappare e a rifugiarsi dentro la basilica di San Marco. Allora venne stabilito che restassero liberi e fossero nutriti a spese della Repubblica. E naturalmente si moltiplicarono, fino a diventare tanti quanti sono oggi.

     
    Top
    .
  9. tomiva57
     
    .

    User deleted


    guida_turistica_festa_del_redentore_a_venezia




    Festa del Redentore


    La Festa del Redentore di Venezia

    Il Redentore è tra le festività più sinceramente sentite dai veneziani, in cui convive anche l'aspetto turistico, grazie al fantasmagorico spettacolo pirotecnico notturno che attrae migliaia di visitatori. Cade la terza domenica del mese di luglio, giornata in cui si svolgono le sante messe, la funzione solenne presieduta dal Patriarca e la processione religiosa.

    Ma il momento topico è sicuramente la notte del sabato: sull'inimitabile palcoscenico del Bacino San Marco giochi di luce e di riflessi tracciano un caleidoscopio di colori che si staglia dietro le guglie, le cupole e i campanili della città. Il week-end si conclude con la Regata su gondole.


    venezia-redentore


    La Peste a Venezia nel XVI secolo

    Nel XVI secolo, se dal punto di vista politico la città di Venezia stava perdendo il suo ruolo centrale, dal punto di vista demografico era in continua espansione: coi suoi 175.000 abitanti, era una delle città più popolose del mondo. Dal punto di vista culturale era una delle capitali europee, dove pittori, scultori, architetti e letterati rispondevano al nome di Tiziano, Tintoretto, Veronese, i Bassano, Palladio, Sansovino, Pietro Aretino, Galileo Galilei. La vivacità culturale era resa possibile da una notevole libertà di pensiero, che faceva sì che molti intellettuali stranieri perseguitati trovassero nella Serenissima una seconda patria. Questo prima dell'infuriare del terribile morbo della peste.

    Nel triennio 1575-1577 la Serenissima fu scossa dal flagello della peste: favorito dall'altissima concentrazione di abitanti, il morbo serpeggiò a lungo e inflisse delle perdite gravissime, con una recrudescenza drammatica nei mesi estivi del secondo anno. Le vittime furono quasi 50.000, più di un terzo dei suoi abitanti. Il morbo si diffuse principalmente tra le classi povere, a causa di una più diffusa promiscuità e di un tenore di vita precario. All'inizio la gravità del fenomeno fu minimizzata, ma con l'imperversare della pestilenza il governo dovette adottare misure igienico-sanitarie molto restrittive: creò lazzaretti, fece seppellire i morti con la calce, sequestrò case o addirittura interi quartieri, disciplinò i contatti con l'esterno, riuscendo a mantenere in vita le istituzioni.

    Durante la pestilenza si aggiravano per le calli di Venezia due figure particolari, che avevano a che fare con la malattia: il medico e il pizzicamorti. Il medico era esposto fortemente al rischio del contagio e doveva prendere molte precauzioni: era coperto di una veste nera, probabilmente di tela cerata, ben profumata di bacche di ginepro. Il pizzicamorti era invece il becchino, anche lui protetto da una casacca di tela incatramata e spessi guanti, cui spettava l'ingrato compito di trasportare i cadaveri degli appestati e bruciarli. Portava guanti e una maschera che copriva il viso e i capelli con un caratteristico naso adunco che conteneva aromatici antidoti, avvertiva della sua presenza facendo tinnire i campanelli di bronzo che portava alle caviglie.


    01venezia

    Il voto dei veneziani

    Il Senato, il 4 settembre 1576, deliberò che il Doge dovesse pronunciare il voto di erigere una chiesa dedicata al Redentore, affinché lo stesso intercedesse per far finire la pestilenza. Ogni anno la città si sarebbe impegnata a rendere onore alla basilica, il giorno in cui fosse pubblicamente dichiarata libera dal contagio, a perpetuo ricordo del beneficio ottenuto. Il 3 maggio 1577, a peste non ancora ufficialmente debellata, fu posta la prima pietra e il tempio votivo, opera di Palladio, fu consacrato nel 1592 (12 anni dopo la morte del celebre architetto). La facciata è caratterizzata da quattro gigantesche colonne che reggono un grande timpano triangolare e sembra essere su tre piani sovrapposti. L'interno è nello stesso tempo solenne e semplice, con pianta a croce latina.

    La fine della pestilenza a Venezia
    Il 13 luglio 1577 la pestilenza fu dichiarata definitivamente debellata, e si decise, dunque, di festeggiare la liberazione dalla peste la terza domenica del mese di luglio. All'aspetto religioso della celebrazione si affiancò subito l'aspetto di festa popolare, momento liberatorio dopo tanta tristezza. Per attraversare il Canale della Giudecca e per consentire il transito della processione, già nel primo anno fu allestito un imponente ponte di barche, elemento caratterizzante della festività. Attorno al ponte e al tempio votivo il vociare di gente festante e gioiosa, a piedi o in barche riccamente addobbate, conferiva alla festa anche un aspetto profano, dove alla devozione popolare si accompagnavano piacere e divertimento. Era una notte di veglia, la "notte famosissima", che si concludeva solo con l'arrivo dell'alba.

    redentore

    bacino_redentore_2006


    La Festa del Redentore di Venezia oggi

    La tradizione vuole che al tramonto le imbarcazioni, perfettamente addobbate con frasche e palloncini colorati e ben illuminate, comincino ad affluire nel bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca. In barca, su tavoli appositamente allestiti o su supporti di fortuna, si consuma un'abbondante cena a base di piatti della tradizione veneziana. Tra canti, balli e lazzi si resta in attesa dello spettacolo pirotecnico, che inzia alle ore 23.30 e dura fino a mezzanotte inoltrata. Quindi le barche tornano lentamente verso casa oppure puntano, come vuole la tradizione, verso il Lido, in attesa dell'alba.

    Per consentire l'afflusso diretto alla basilica del Redentore viene allestito un ponte provvisorio su barche (lungo 330 metri) che attraversa il canale della Giudecca. Tra sabato e domenica migliaia di persone lo percorrono per recarsi in visita alla basilica e, la notte del sabato, per assistere allo spettacolo dei fuochi d'artificio dalle rive della Giudecca, festosamente illuminate. Qui tradizionalmente gli abitanti consumano, in riva al canale, abbondanti cene su lunghissime tavole imbandite.


    venezia104

    Se dalle rive della Giudecca e lungo il bacino di San Marco migliaia di turisti si assiepano per assistere allo spettacolo pirotecnico, i veneziani tradizionalmente se lo godono dalle proprie imbarcazioni accuratamente addobbate ed illuminate con sgargianti palloncini di carta colorata. La superficie dell'acqua è letteralmente brulicante di migliaia di luci e di barche.


    4803001293_d434001750

    I festeggiamenti religiosi ufficiali sono concentrati al sabato e alla domenica. Alle 10 di sabato si inaugura il ciclo di funzioni sacre - con la "Santa Messa del Capitolo della Cattedrale e delle nove Congregazioni del clero" - che continua nel pomeriggio e ha due momenti topici nella funzione delle 19.30 (dopo l'apertura ufficiale del ponte) e in quella delle 0.30 (dopo lo spettacolo pirotecnico). La domenica si svolgono altre 8 messe e la solenne Messa votiva presieduta dal Patriarca alla presenza delle autorità cittadine, funzione che si conclude con la processione col SS. Sacramento e con la benedizione della città di Venezia.


    redentore1


    jpg




    da:algiardinovenezia.it
    foto web
     
    Top
    .
  10. gheagabry
     
    .

    User deleted



    L'ACQUA ALTA A VENEZIA





    L’acqua alta a Venezia si verifica principalmente in autunno e in primavera, ed è un classico delle fotografie che mostrano la città. Il modo di dire indica i picchi di marea che si verificano nell’Adriatico settentrionale, la cui forma a “catino” fa sì che si verifichino maree molto più pronunciate che nel resto del Mediterraneo. Lungo il litorale veneto il fenomeno è accentuato anche da altri fattori, a cominciare dai forti venti che rallentano lo scarico delle acque dai fiumi e dalle aree lagunari. Diversi interventi dell’uomo, dalla costruzione del ponte ferroviario alla realizzazione dell’area industriale di Porto Marghera hanno aggravato il problema, rendendo ancora più difficile il normale deflusso delle acque.

    jpg
    (OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)



    La città di Venezia, naturalmente, non si allaga allo stesso modo in tutte le sue zone. Molto dipende dalle differenze di altezza sul livello del mare dei territori della laguna, dalla distanza tra i vari canali e dall’altezza delle rive. La presenza dei tombini, collegati direttamente ai canali, può inoltre far sì che l’acqua durante le alte maree viaggi al contrario, sgorgando su marciapiedi e piazze.
    Da decenni si ipotizzano sistemi e soluzioni per arginare il problema dell’acqua alta a Venezia. Il progetto più promettente, ma al tempo stesso controverso e spesso criticato, riguarda la costruzione (ancora in corso) del MOSE. L’idea è quella di collocare lungo i fondali delle bocche di porto della laguna una serie di barriere mobili, che sarebbero poi innalzate durante i picchi di marea per evitare che l’acqua alta raggiunga la città. Il sistema non è completamente risolutivo, ma eviterebbe lunghi periodi di acqua alta come quello di questi giorni e permetterebbe al tempo stesso di non influire negativamente sull’attività portuale.
    Il record per quanto riguarda l’acqua alta dal 1923 a oggi fu registrato il 4 novembre del 1966, quando il picco di marea registrato fu di 194 centimetri. Cinque delle diciassette acque alte eccezionali rilevate da allora si sono verificate negli ultimi tre anni.
    (ilpost.it)



    jpg
    (OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)



    Nella storia delle osservazioni delle maree della città di Venezia possiamo ben dire esista un discrimine tra il lungo periodo nel quale queste erano raccontate da osservatori e cronisti più o meno interessati ai fenomeni della natura, ed in particolare a quelli di una certa intensità, e quello delle osservazioni eseguite con rigoroso metodo scientifico. E questo lo possiamo indicare con certezza nell'anno 1872. A onor del vero alcuni studiosi indicano nel 1867 la data da cui iniziano le osservazioni. Scrive infatti Livio Dorigo, nel capitolo dedicato alle maree eccezionali registrate a Venezia Punta Salute nel Vol. I dei Rapporti Preliminari della Commissione di studio dei provvedimenti per la conservazione e difesa della laguna e della città di Venezia edito nel 1961 dall'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, "... si sono riportati nel presente fascicolo al prospetto I, i dati relativi a tutte le alte maree superiori a m 1.10 sul l.m.m.; verificatesi dal 1867 al 1960", e ancora A. Giordani Soika nel suo Venezia e il problema delle acque alte, edito a Venezia nel 1976, "1867, l'acqua arriva a 153 cm. Con questa alta marea eccezionale si entra nell'epoca delle osservazioni regolari in quanto da questa data tutte le acque alte sono regolarmente registrate dal Magistrato alle Acque". In realtà dal 1867 al 1872 possiamo verificare un solo dato (i 153 cm citati da Giordani Soika) che comunque è impreciso laddove indica nel Magistrato alle Acque l'istituto preposto alla raccolta dei dati poiché questo era stato abolito nel 1866, anno dell'unità d'Italia. Abbiamo visto quanto il problema "acqua alta" esistesse anche nella Venezia antica. Il secolo XIX, per la città, è un secolo di transizione durante il quale si alternano le dominazioni francese e austriaca. Il Magistrato alle Acque, organo istituito nel 1501 dal Consiglio dei Dieci " tres honorabiles nobiles nostri cum titulo Sapientum super acquis " per mantenere i delicati equilibri della laguna e dei fiumi, fu soppresso nel 1808 dal governo francese per essere ripristinato più tardi dagli Austriaci e quindi soppresso dal governo italiano nel 1866.




    Nel 1797, presentato con progetto di legge da Napoleone Bonaparte al Direttorio esecutivo della Cisalpina, prendeva forma l'idea di un istituto dedicato alle scienze e alle lettere. Divenuto in seguito il "Reale Istituto di Scienze, Lettere e Arti", dal 1838, imperatore Ferdinando I d'Austria, trovò sedi stabili a Milano e Venezia. Nel 1871, proprio grazie all'iniziativa dell'Ing. Tomaso Mati, venne realizzato il primo mareografo per il controllo delle maree a Venezia, presso il Palazzo Loredan in Campo Santo Stefano, ove aveva trovato sede il prestigioso Istituto. Il mareografo dell'Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti funzionò regolarmente fino al 1908. In quell'anno l'Istituto fece donazione all'Ufficio Idrografico di Venezia, ricostituito assieme al Regio Magistrato alle Acque nell'anno precedente, di tutta la propria strumentazione di indagine. In questo periodo due altre stazioni di indagine erano state costruite a Venezia: nel 1888 all'Arsenale, ad opera dell'Istituto Geografico Militare su richiesta dell'Amministrazione Comunale veneziana e nel 1906, ad opera dello stesso Istituto, in Bacino San Marco, Punta della Salute lato Canal Grande, in seguito, dal 1923, spostata sul lato del Canale della Giudecca. Dal 1908 l'Ufficio Idrografico di Venezia, che tra i vari compiti ebbe quello dello studio degli estuari, delle lagune e dei litorali adiacenti, organizzò una rete di stazioni per la raccolta dei dati necessari allo studio dei fenomeni di marea dell'Adriatico. Da questo momento e fino al 1966 furono raccolti e organizzati inizialmente solo i dati relativi alle escursioni di marea, dal 1914 anche quelli relativi alla pressione barometrica e alla direzione e velocità del vento, necessari per iniziare a formulare le previsioni.




    Cronaca delle acque alte a Venezia dal VI al XIX secolo



    (Elenco tratto dal volume "Venezia e il problema delle acque alte" di A. Giordani Soika pubblicato nel 1976)

    589 (?) - "Un antichissima cronaca rappresenta che nel sesto secolo crebbero a dismisura le acque e così durevole fu l'inondazione che què popoli dicevano non in terra neque in aqua sumus viventes"

    782 - "c'era tanta abbondanza d'acqua che tutte le isole furono somerse"

    840 -"Apud Venetiis adeo excrevit mare ut omnes insulas ultra modum cooperiret"

    885 - "Diluvium aquarum maximum ecclesias et domos penetravit"

    1102 - (9 marzo) "Grande inondazione con bufera e turbine"

    1240 - (23 settembre) "l'acqua invase le strade più che ad altezza d'uomo"

    1268 - "A causa dell'aumento delle acque molti furono sommersi"

    1280 - "Crebbe furioso il mare e allagò parte della città" - "Un inturgidimento del mare coperse tutta la nostra città"

    1282 - "Grandissimo aumento delle acque"

    1283 - (20 dicembre) "Orribile inondazione; la città è salva per miracolo"

    1286 - (18 gennaio) "Crebbe l'acqua fino al dì seguente all'ora terza"

    1297 - "Piena d'acqua nella città con grandissimi danni"

    1314 - (fine novembre) "l'acqua inonda la città"

    1341 - (25 febbraio) "l'acqua crebbe più che si ricordasse, guastando pozzi infiniti e arrivando fino alla Loggia di Mestre"

    1386 - (18 gennaio) "l'incremento dell'acqua fu 8 piedi più del solito"

    1410 - (31 maggio) "Crebbe sommamente l'acqua"

    1410 - (10 agosto) "aqua grande crescente per tutta la terra, che non fu mai veduto plui a questo tempo inondazion de aque. Perirono molte barche, e di quelli che venivano dalla fiera di Mestre e altri luoghi s'annegarono quasi mille persone. Caddero molti camini, il campanile di S. Fosca con rovina di molte case e quello del Cospus Domini con grande parte della chiesa"

    1419 - (ottobre) "si allagarono fin le più alte strade sul Rivoalto"

    1423 - "Acqua altissima"

    1428 - (11 maggio) "l'acqua crebbe cinque piedi sopra Comune con scirocco"

    1429 - (2 marzo) "l'acqua per lo scirocco salì di cinque piedi"

    1430 - (10 ottobre) "L'acqua sormonta e rovina moltissimi ponti e fondamente"

    1442 - (10 novembre) "V'ebbe una non mai sofferta inondazione d'acqua di mare. L'acqua crebbe quattro passi sopra l'ordinarietà. Soffersero terribilmente i magazzini di mercantatura. Il danno delle merci ascese a oltre un million d'oro. Furono subito creati Sei Savi sopra le Lagune."

    1444 - "l'acqua causò gravissimi danni ai mercanti"

    1445 - "l'acqua salì causando grande danno agli abitanti"

    1511 - (29 maggio) "Die vero sabbati 29 dicta mensis creverunt aque maritime supra ascendentes Rivoaltum, putheos devastantes"

    1517 - "Acqua notabile in tutta la città"

    1521 - (16 ottobre) "Vi fu alta marea, per cui si difficoltava l'uscir di casa"

    1535 - (3 ottobre) "crebbe l'acqua che de' pozzi si guastarono". Il Bressano, Proto ai Lidi, ci dà questa dettagliata descrizione "La causa che le acque ha cresciuto tanto si sta che quando fece quel sirocho le acque si imbattè a essere in felle in l'oto della luna che son il mazor felle, la qual cosa accade rarissime volte et il vento da sirocho principiò da prima sera e durò tutta la note fino al zorno seguente a ore XVII e cazzò tanto le acque che fece do acque una sora l'altra, sì che no è da meravigliarse, né ancora da voler dir che per il serrar delle acque da terraferma sia stata fatta questa gran acqua perché altre volte che le bocche dei fiumi giera verti et maximele Brente, et no gera inarzerado da Lizza-Fusina fin Dese, come son al presente, niente de manco ha fatto acque sì grande e mazor, come se polo veder al segnio che ho fatto alla porta della Tana"

    1535 - (20 dicembre) "crebbe l'acqua, entrò nelle case, e guastò i pozzi"

    1543 "Rottura del Lido di Caroman"

    1550 - (21 novembre) "Mare ad immensam excrevit altitudine Venetiis"

    1559 - (12 ottobre) "Lunedì notte venendo il martedì crebbe l'acqua con grande impeto di vento piucchè nel 1550". Altro cronista "l'acqua che crebbe con grande ipeto e remito di vento, dluviandole cateratte del cielo, per cui martedì andavano le barche per tutta la Merceria, la calle degli Spaderi, Quella dei Fabbri. Ruppero a dritta e a sinistra nella terraferma ed innondarono tutte le campagne turgidi e rovinosi fiumi. Annerava e fremeva alta la marea e non frangevasi al Lido ma lo rompeva ed atterrava. Il Lido di Chiozza si rupe in cinque luoghi."

    1599 - "L'acque alte portarono danni notevolissimi"

    1600 - (8 dicembre) "Inundatio Venetiis sex pedum, tempore scirocco"

    1600 - (18-19 dicembre) "crebbe il mare con tanto impeto che, rotto in diversi luoghi ilLido, corsero così alte l'acque nella città che le barche andavano per la piazza S. Marco, e per altre strade con danno notevolizzimo di molte merci, guastando quasi tutti i pozzi, e non c'era memoria che l'acque sieno state per l'addietro a tal segno"

    1727 - (21 dicembre) "L'acque arrivarono agli scalini dell'Altar Maggiore di Sant'Antonino"

    1738 - (31 dicembre) "Fu l'acqua del mare altissima; essendo molti anni che non fu simile escrescenza, havendosi rovinato quasi tutti i pozzi e moltissime mercanzie"

    1729 - (7 ottobre) "Acqua alta"

    1742 - (5 novembre) "Acqua alta"

    1742 - (28 novembre) "Acqua altissima"

    1746 - (31 ottobre) "Acque altissime"

    1748 - (4 novembre) "Acqua altissima"

    1749 - (31 ottobre) "Andavasi in barca per la piazza"

    1750 - "(9 novembre) "L'acque arrivarono agli scalini dell'altar maggiore di Sant'Antonino"

    1792 - (24 dicembre) "Notabile incremento dell'acqua"

    1794 - (25 dicembre) "L'acqua cominciò a crescere dopo le ore 12, e crebbe fin oltre le 19, essendo il quinto giorno di luna. Il riflusso fu assai poco e però furonvi alcuni luoghi nei quali l'acqua si conservò molto tardi sopra le basse strade"

    1839 - (5 dicembre) "Acqua alta fino ai primi gradini della porta del Seminario alle Zattere"

    1848 - "L'acqua raggiunge i 140 cm."

    1867 - "L'acqua arriva a 153 cm."

    Questo è l'ultimo evento raccontato in questo lungo elenco. Da questo momento iniziano le regolari osservazioni, per qualche tempo riferite a mareografi posizionati in diverse località di Venezia, che costituiranno la base dell'importante lavoro di previsione svolto ai nostri giorni.

    (.comune.venezia.it)

     
    Top
    .
  11. tomiva57
     
    .

    User deleted


    camerlenghi



    Palazzo dei Carmenlenghi

    Eretto tra il 1525 e il 1528, fu principlamente la sede dei tre Camerlenghi (magistrati incaricati di provvedere alle finanze dello Stato) e di altre magistrature minori nonché, a piano terra, fu sede delle Prigioni di Stato.

    Era sede di magistrature finanziarie, tra le quali i Camerlenghi, i Consoli dei Mercanti ed i Sopraconsoli dei Mercanti, dopo la caduta della Repubblica di Venezia è passato nelle mani della Corte d'Appello e oggi è sede della Corte dei Conti.

    dei-camerlenghi_m


    dal web



    Chiesa%20di%20San%20Stae

    Chiesa di San Stae

    La chiesa di San Stae (o chiesa di Sant'Eustachio e Compagni martiri) è un edificio religioso della città di Venezia, situato nel sestiere di Santa Croce, nel campo omonimo.

    Storia

    È ancora da chiarire l'origine della chiesa. Secondo Giuseppe Cappelletti sarebbe stata edificata da Obelario, primo vescovo di Olivolo, verso al fine dell'VIII secolo. Le cronache, invece, affermano che fu fondata nel 966 dalle famiglie Tron, Zusto e Adoaldo. Tuttavia, il cronista Andrea Dandolo, che descrisse il grave incendio del 1105, non la menziona e la prima testimonianza certa è un documento del 1127, dove è ricordata come parrocchia filiale di San Pietro. Nel 1331 è invece ricordata come collegiata.
    Secondo quanto riportano i resoconti delle visite pastorali del Settecento, San Stae era una parrocchia popolosa, ricca e vitale e i suoi parroci erano anche canonici della basilica di San Marco.
    Con gli editti di Napoleone, divenne rettoria di San Cassiano, ma tornò parrocchiale nel 1953. Tuttavia, venne nuovamente soppressa nel 1965. Dall'anno successivo è una rettoriale indipendente.

    Al suo interno sono conservate alcune opere dei più celebri artisti veneziani barocchi di inizio settecento. Vi troviamo dipinti di Sebastiano Ricci, Giambattista Tiepolo, Giovanni Battista Pittoni e Giovanni Battista Piazzetta. La chiesa è stata progettata da Domenico Rossi.
    La costruzione della facciata gli fu affidata nel 1709; essa ha la forma di un tempio, con un imponente frontone triangolare, sostenuto da colonne che poggiano su alti piedistalli. Tipicamente barocca è la ghimberga a timpano spezzato sul portale d'ingresso.
    Furono qui tumulati due dogi: Alvise II Mocenigo nel 1709, sotto la grande lapide al centro della chiesa; e Marco Foscarini nel 1763, nella cappella di famiglia.

    da: Wikipedia



    Palazzo%20Coccina%20Giunti%20Foscarini%20Giovanelli

    Palazzo Coccina Giunti Foscarini Giovanelli


    Nessuna traccia rimane oggi degli affreschi di Paolo Veronese che un tempo decoravano la facciata principale sul Canal Grande di questo palazzo, mentre la facciata sul cortile interno sembra essere stata affrescata da Gian Battista Zelotti. La proprietà dell'edificio gotico, ricostruito nella seconda metà del Settecento, passò dalla famiglia Coccina a quella dei Giunti, celebri stampatori ed editori fiorentini, e successivamente ai Foscarini. Ancora oggi si ricorda la terribile vicenda di Antonio Foscarini, già ambasciatore alla corte dei re di Francia e d'Inghilterra, che nel 1622 fu trovato morto, appeso per un piede a una forca in mezzo alle due colonne del molo. Girava la voce che la tragica morte del cavaliere fosse legata alla sua relazione amorosa con la contessa Alathea di Arundel and Surrey, consorte del conte maresciallo d'Inghilterra. Sembra infatti che Antonio Foscarini si recasse di notte, di nascosto, solo e armato a palazzo Mocenigo a San Samuele, residenza della contessa. Il caso voleva però che a palazzo Mocenigo alloggiassero anche il plenipotenziario dei Medici, il segretario dell'ambasciatore imperiale e il segretario dell'ambasciata di Spagna. Di conseguenza l'accusa non si soffermò sulle ragioni amorose delle visite del cavaliere, ma lo fece arrestare come sospetto di segreti incontri con i rappresentanti di potenze ostili. E pur di non disonorare la sua amata Alathea, egli non ammise la ragione delle sue intrusioni notturne; finì strozzato in carcere e appeso pubblicamente. La vicenda destò molto scalpore nella Venezia del Seicento, tanto che re Giacomo d'Inghilterra ringraziò ufficialmente il doge per la soddisfazione data dalla Serenissima al Regno Unito con la dichiarazione dell'estraneità di Lady Arundel all'accaduto. E a distanza di due secoli il drammaturgo Gian Battista Niccolini dedicò addirittura una tragedia all'ingiusta condanna di Antonio Foscarini.


    da: sivainitalia.it

     
    Top
    .
  12. tomiva57
     
    .

    User deleted


    450px-Wenecja_Santa_Maria_della_Salute

    Basilica di Santa Maria della Salute



    Santa Maria della Salute (o chiesa della Salute o semplicemente La Salute) è una basilica di Venezia eretta nell'area della Punta della Dogana, da dove risalta nel panorama del Bacino di San Marco e del Canal Grande. Progettata da Baldassare Longhena con attenzione ai modelli del Palladio, è una delle migliori espressioni dell’architettura barocca veneziana. La sua costruzione rappresenta un ex voto alla Madonna da parte dei veneziani per la liberazione dalla peste che tra il 1630 e il 1631 decimò la popolazione, come era avvenuto in precedenza per le chiese del Redentore e di San Rocco. Questo è così radicato a Venezia che è stato necessario inserire la Vergine Maria nell'elenco dei Santi Patroni della Città di Venezia.


    800px-Giudecca_salute

    La peste fu portata da un ambasciatore del duca di Mantova Carlo I Gonzaga Nevers, che venne internato nel Lazzaretto Vecchio, ma gli bastò entrare in contatto con un falegname per infettare la città, a partire da Campo San Lio.
    Il 22 ottobre 1630 il voto del patriarca Giovanni Tiepolo: «voto solenne di erigere in questa Città e dedicar una Chiesa alla Vergine Santissima, intitolandola SANTA MARIA DELLA SALUTE, et ch'ogni anno nel giorno che questa Città sarà pubblicata libera dal presente male, Sua Serenità et li Successori Suoi anderanno solennemente col Senato a visitar la medesima Chiesa a perpetua memoria della Pubblica gratitudine di tanto beneficio»[senza fonte]. Il 26 ottobre in Piazza San Marco il Doge Nicolò Contarini, il clero e il popolo si riunirono a pregare. Quando la peste finì morirono 80.000 veneziani, e 600.000 nel territorio della Serenissima, da Brescia a Trieste, dal Polesine a Belluno[senza fonte]. Fra i morti, il doge e il patriarca.

    800px-Venezia-punta_della_dogana
    Fotografia dal Campanile di San Marco: in primo piano la Punta della Dogana e la Salute; sullo sfondo l'isola della Giudecca con la Chiesa del Redentore di Andrea Palladio.


    Per fare spazio alla nuova chiesa si scelse di demolire un soppresso complesso religioso (la Chiesa della Santissima Trinità con convento e scuola) adiacente alla Punta da Màr, la dogana di Venezia. Per poter erigere in quel posto la Basilica vi vollero ben 1.156.650 pali conficcati nel terreno ed una vasta bonifica del suolo. La quantità dei pali indicata è assolutamente esagerata e viene espressa da Giustiniano Martinioni nel 1663 nelle sue aggiunte alle pubblicazioni del Sansovino senza indicarne la fonte. Infatti nal 1631 il Longhena per il consolidamento del terreno previde la superficie di 522 passi quadri cioè di mq.1576 con indicata la lunghezza il diametro e l'essenza dei tolpi (pali). Dunque ipotizzando un diametro dei pali di 25 cm, non è possibile infiggere più di 16 pali per mq., cioè una quantità ben diversa da quella indicata dal Martinioni. Anche estendendo la superficie a tutto la scoperta si ritiene adeguata la stima di circa 100.000 pali utilizzati. Già il 28 novembre 1631 si svolse il primo pellegrinaggio di ringraziamento.
    La costruzione fu affidata dopo un concorso a Baldassare Longhena, che aveva progettato una chiesa «in forma di corona per esser dedicata a essa Vergine», e venne finita quando il patriarca Alvise Sagredo il 9 novembre 1687 la benedisse.
    Ogni 21 novembre dell'anno si festeggia la Festa della Madonna della Salute in cui i veneziani attraversano un ponte, per secoli fatto di barche, ora galleggiante fissato su pali, che va da San Marco alla basilica e vi si recano a pregare. Insieme alla Festa del Redentore, è ancora oggi una delle feste popolari più amate e partecipate dai veneziani. In tale occasione, tradizionalmente, i veneziani consumano la "castradina", un piatto a base di montone.


    Chiesa_della_Salute_Venezia_Canal_Grande

    800px-Chiesa_Salute_Venezia_marzo_2002


    Interno

    450px-Venezia_2008-02-10_PalaTizianoSalute
    Pala di Tiziano Vecellio con La discesa dello Spirito Santo (1555), le sculture degli angeli sono di Michele Fabris detto l'Ongaro.



    Salute_interno

    Lo spazioso interno, centralizzato, è ampiamente illuminato dalle finestre termali delle sei cappelle laterali e dai finestroni del tamburo della cupola. La luce dà risalto alla pavimentazione in tessere di marmi policromi.
    Il presbiterio e l'altare maggiore disegnato dal Longhena stesso dominano su tutto. Il gruppo scultoreo sull'altare rappresenta una Madonna con bimbo, a rappresentare la Salute che difende Venezia dalla peste. È opera di uno scultore fiammingo molto attivo a Venezia, il cui nome viene solitamente reso in Giusto Le Court o Jouste de Corte nato a Ypres nel 1627 e morto a Venezia nel 1679. L'altare custodisce un’icona bizantina, la Madonna della Salute o Mesopanditissa, che proviene dall'Isola di Creta e fu portata a Venezia da Francesco Morosini nel 1670 quando dovettero cedere l'isola ai Turchi.
    Nelle cappelle laterali si trovano la tela Discesa dello Spirito Santo di Tiziano (1555) e l'altare dell'Assunta con la pala di Luca Giordano, la statua di San Girolamo Miani di Giovanni Maria Morlaiter e altre opere scultoree di Tommaso Rues.
    La cupola è arredata con statue lignee rappresentanti i profeti, recentemente attribuite allo scultore Tomaso Rues.

    800px-Santa_Maria_della_Salute_Interno_2009


    398px-Santa_Maria_della_Salute%2C_altare_dell%27Assunta
    Altare dell'Assunta

    800px-Ponte_della_Salute_2008
    Ponte della salute
    Organo Dacci


    Nella chiesa vi è un organo costruito da Francesco Dacci junior nel 1782-83 e modificato da Giacomo Bazzani nel 1819, 1825 e 1845. Collocato sulla cantoria in fondo all’abside entro un vano costruito a ridosso del muro perimetrale, con utilizzazione di tre fornici in origine costituenti altrettanti finestroni, presenta una facciata di 51 canne, suddivise in tre campate (17/17/17), quella centrale a cuspide con ali, dal Sol–1, con labbro superiore a scudo; le campate laterali a cuspide, sono composte di canne reali ma non suonanti.
    Le due tastiere sono originali. La tastiera superiore è di 59 tasti (Do-1- Re5 con prima ottava corta, estensione reale di 55 note da Sol-1); la tastiera inferiore è di 30 tasti (La2-Re5), con i “diatonici” ricoperti di legno di bosso ornato con punti neri e frontalini incavati. La divisione tra ||Bassi e ||Soprani avviene ai tasti Sol#2-La2. La pedaliera, a leggio, è di 20 tasti (Do1-Si2 con prima ottava corta), costantemente unita alla tastiera superiore con un pedale aggiuntivo che aziona il tamburo. I registri sono azionati da tiranti a pomello disposti su due colonne a destra (per il Primo Organo) e su una a sinistra delle tastiere (per il Secondo Organo).


    794px-Santa_Maria_della_Salute_Venezia_-_Evangelisti_di_Tommaso_Rues
    Facciata


    Sacrestia


    577px-Titian_-_Cain_and_Abel
    Caino e Abele (circa 1570-1576) di Tiziano


    Numerose altre opere di Tiziano arricchiscono la sacrestia: qui è possibile trovare un’opera giovanile come San Marco in trono, con i santi Cosma, Damiano, Sebastiano e Rocco (1511-12) insieme ad opere più tarde sul soffitto: Caino ed Abele, Il sacrificio di Abramo ed Isacco, Davide e Golia (quest'ultima opera è stata danneggiata da un incendio scoppiato il 30 agosto 2010 nell'attiguo seminario).
    Sempre nella sacrestia vi sono Le nozze di Cana, grande tela di Tintoretto (1561), e opere di altri importanti artisti: Alessandro Varotari detto "il Padovanino", Pietro Liberi, Giuseppe Porta detto "il Salviati", Giovanni Battista Salvi detto "il Sassoferrato", Palma il Giovane, Marco d'Oggiono.



    da e foto Wikipedia
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    "Se una cosa è così complicata da non poter essere spiegata in 10 secondi, allora non vale la pena di saperla."

    Group
    Member
    Posts
    8,925
    Location
    Black Room

    Status
    Anonymous
    Scusate, ma Palazzo Seta si può visitare? è aperto al pubblico o è proprietà privata?
     
    Top
    .
  14. tomiva57
     
    .

    User deleted


    ciao calvin...un po in ritardo!!...è proprietà privata...in fase di ristrutturazione...


    loc1_b


    PALAZZO ZAGURI, VENEZIA


    Tipica residenza trecentesca è uno dei più celebri esempi di gotico veneziano. Si affaccia su Campo S. Maurizio.

    Ceduto ad investitori istituzionali nel dicembre 2011.

    Le facciate sono interamente in muratura a vista, straordinaria è l’unicità dei grandi spazi comuni: il progetto di recupero prevede di riportare palazzo Zaguri alla sua originaria destinazione.

    Verranno realizzate, nel quadro di un restauro di grande qualità, 10/20 appartamenti di pregio nel totale rispetto della storia, della natura e della tipologia del Palazzo.
     
    Top
    .
  15. gheagabry
     
    .

    User deleted


    « (...) con un ricco e solenne Bucintoro,
    sopra il quale venne fino a S. Clemente,
    dove già era giunto il principale
    e più solenne Bucintoro con i consiglieri. »


    IL BUCINTORO



    Il Bucintoro è un naviglio di parata, ornato con lusso d'intagli e di sculture dorate, destinato a pubbliche solenni cerimonie o a navigazione di diporto. Questo tipo di nave era posseduto fin dal sec. XV dai pontefici, dai Visconti di Milano, dagli Estensi di Ferrara e più tardi nel '600 e nel '700 Luigi XV re di Francia, i viceré di Sicilia e i duchi di Savoia. Ma il Bucintoro per antonomasia, il più celebre di tutti per la magnificenza degli addobbi, per l'antichità e per l'importanza delle cerimonie in cui era usato, fu quello della repubblica di Venezia. era riservato, quale propria nave di stato, nei cortei acquei, ad accogliere il doge e la signoria con il loro corteggio in pubbliche feste e in ricevimenti allestiti per la venuta a Venezia di sovrani e di augusti personaggi, ma soprattutto nell'antichissima "Festa della Sensa", il tradizionale "Sposalizio" del mare celebrato ogni anno alla presenza della signoria e del doge, che con grande pompa si recava al porto di S. Nicolò di Lido, dove gettava nelle onde il simbolico anello nuziale.

    Il nome bucintoro, come testimonia anche il Sanudo, deriva dal veneziano buzino d'oro (burcio d'oro), latinizzato nel Medioevo come bucentaurus, nome di un'ipotetica creatura mitologica simile al centauro ma con corpo bovino. Questo ha portato qualcuno a sostenere che il nome derivasse da una testa bovina utilizzata come polena della galea, ma l'ipotesi è erronea: il nome bucentaurus non esiste nella mitologia greca, e la polena dei Bucintori (come appare nei dipinti che li raffigurano) è Venezia sotto forma di Giustizia. In un antico cerimoniale della basilica di S. Marco, datato fra il 1250 e il 1289, a indicare il Bucintoro viene invece adoperato un termine dialettale Buzo, che potrebbe confermare l'ipotesi che la parola Bucintoro sia la tarda trasformazione di Buceus aureus o Buzo d'oro (Buceus, Buzo "Burchio"). Contrasta con tale etimologia, un documento veneziano del 27 settembre 1355, in cui il termine di buzentauro (Venezia, Archivio di Stato - Senato Misti) è usato a indicare una comune nave di trasporto. Sembra comunque che qualsiasi grande e sontuosa galea veneziana fosse chiamata con il nome Bucintoro.

    Il Bucintoro nella sua ultima forma settecentesca era lungo circa m. 35, largo circa m. 7,50; nella sua struttura generale riproduceva il tipo ormai tradizionale: si presentava cioè diviso in due piani, l'uno in basso per i 42 remi (21 per lato), mossi da 168 rematori (4 per remo), scelti fra gli operai dell'Arsenale, e l'altro superiore, ricoperto in tutta la sua lunghezza da un baldacchino o tiemo, rivestito all'esterno di velluto rosso e sostenuto ai lati da cariatidi scolpite e dorate. Il piano superiore si componeva di due parti: quella maggiore, suddivisa longitudinalmente in due lunghi corridoi, con quattro fila di seggi, costituiva la sala della Signoria; l'altra, di più ristrette proporzioni, con copertura più alta, formava il gabinetto del doge, il cui ricco trono era collocato nel fondo a poppa; intorno erano disposti i seggi per gli ambasciatori e i più cospicui personaggi invitati alla cerimonia. In corrispondenza alla divisione fra la sala e il gabinetto ducale era piantato l'unico albero su cui s'issava il gonfalone a code della repubblica, e a cui veniva appeso lo stemma del doge regnante. Nella parte anteriore della nave, trovavano posto oltre agli scudieri del doge e ai componenti la corte ducale, i comandadori, con gli otto vessilli dello Stato e i sonatori con le trombe d'argento, mentre i cantori della cappella di San Marco erano raccolti nell'ultimo tratto del tiemo verso il gabinetto ducale. Il vastissimo complesso delle sculture esterne ed interne spettava quasi integralmente ad Antonio Corradini, il cui nome era inciso a prua; solo alcune sculture, fra cui una colossale statua di Marte e due grandi leoni andanti, collocati a poppa contro il timone, erano state ricavate dal precedente Bucintoro, ove erano ricordate come opera di Alessandro Vittoria.
    Di questi intagli oggi non rimangono che pochi frammenti: due figure allegoriche a rilievo (Maggio e l'Ora quinta del giorno) e un trofeo di emblemi marini si conservano presso A. Banchieri di Feltre.

    ...storia...


    Venne utilizzato nelle cerimonie pubbliche già dal doge Pietro Tradonico nel lontano 836, epoca alla quale si possono, quindi, far risalire le più antiche attestazioni in assoluto.
    La più antica testimonianza, nei documenti veneziani questa nave di stato con l'appellativo di Bucintoro, risale solo al 1252, alla "promissione" del doge Renier Zeno, nella quale è fatto obbligo all'Arte dei Marangoni di provvedere alla costruzione del Bucentaurum: prescrizione che viene ripetuta in altre promissioni ducali e nel "Capitolare dei Marangoni" del 1271. Il 17 agosto 1311 fu aggiunta alla Promissione Ducale, del doge Marino Zorzi, una nuova legge “quod Bucentaurus Domini ducis fiat per Dominium et teneatur in Arsenatu”, con tale legge per la prima volta si prescriveva l’addebito delle spese per la costruzione al bilancio pubblico e la custodia dell’imbarcazione in Arsenale. L'imbarcazione si presentava già con le sue tipiche caratteristiche: due ponti, uno per i rematori e uno di rappresentanza, sovrastato dal tiemo, una copertura a volta con ampie aperture laterali, tale da ricreare sulla nave una vasta sala destinata alle autorità, sopraelevata verso poppa, nella zona destinata al trono ducale. La prua recava una grande statua raffigurante Venezia nelle vesti della Giustizia.
    Un nuovo e ancor più grande Bucintoro venne varato nel 1526, in sostituzione del precedente, oramai vetusto. Questo Bucintoro si presentava più grande e riccamente decorato del precedente. La grande statua della giustizia è attualmente conservata nel Museo Storico Navale di Venezia. Anche in questo Bucintoro la copertura, il tiemo, era mobile.
    Nel 1601 venne avviata la costruzione di una ulteriore versione della nave, varata nel 1606, per la prima Sensa del doge Leonardo Donà. Ancor più grande del precedente, questo Bucintoro presentava, nella zona di poppa, luogo dove sedeva il doge, un tiemo sopraelevato. La zona di prua veniva lasciata priva di copertura per consentire una più agile esposizione delle insegne dogali (vessilli e trombe d'argento) e culminava con la polena in forma di Giustizia. Gli autori degli intagli furono gli scultori bassanesi Agostino e Marcantonio Vanini.
    L'ultimo e più magnifico dei Bucintori, venne commissionato dal Senato nel 1719, e consegnato nel 1729. Fu soggetto di numerosissimi dipinti dei vedutisti veneziani del Settecento. Sopravvisse sino alla caduta della Repubblica e all'arrivo degli occupanti francesi nel 1797. Venne distrutto il 9 gennaio nel 1798 da questi ultimi in spregio verso l'abolita Repubblica e dei sopraggiungenti austriaci, ma soprattutto per ricavarne l'oro delle decorazioni, arse sull'isola di San Giorgio Maggiore.

    "Il 9 gennaio 1798 gli intagli e le statue dorate della nave dogale furono distrutti a colpi di ascia dai francesi: accatastati nell’orto di S. Giorgio Maggiore furono dati alle fiamme. Il rogo durò tre giorni. Le ceneri furono portate a Milano per trarne l’oro delle dorature. I pochissimi frammenti decorativi che si salvarono dalle fiamme sono conservati al Museo Correr di Venezia. Fu risparmiato solo lo scafo, seppur privo del secondo ponte: prendendo il nome di Prama Hydra fu messo a guardia dell’imboccatura del porto del Lido come batteria costiera, armata da cannoni. Poi lo scafo tornò in Arsenale, dove era nato secoli prima. Lì rimase fino al 1824, anno della demolizione definitiva. Fortunatamente, prima della demolizione il marchese Amilcare Paulucci delle Roncole, vice Ammiraglio dell’Imperial Regia Marina Austriaca, fece eseguire all’ingegner Giovanni Casoni il modello in scala 1:10 che attualmente è conservato presso il Museo Storico Navale di Venezia. Tale modello riproduce con la maggior fedeltà possibile l’ultimo Bucintoro." (www.fondazionebucintoro.it)


    Il Bucintoro aveva sede nell'Arsenale di Venezia, dapprima in un bacino, come attestato dalla pianta di Jacopo de Barbari del 1500, in seguito in un apposito scalo coperto, detto Casa del Bucintoro, dove la nave era conservata all'asciutto e priva degli addobbi. Prima di essere utilizzato il Bucintoro veniva accuratamente calafato, per ripristinare l'impermeabilità dello scafo, e riaddobbato. Ai remi erano per esclusivo privilegio gli operai dell'Arsenale, detti Arsenalotti, mentre il comando spettava all'Ammiraglio dell'Arsenale, coadiuvato da prua dall'Ammiraglio del Lido, che verificava la rotta, e da poppa dall'Ammiraglio di Malamocco, che sovrintendeva al timone.


    "5 ottobre 1786.
    Per esprimere in due parole che cosa è il Bucintoro, lo chiamerò una galea da parata. Il Bucintoro antico, del quale rimangono le riproduzioni, giustifica questa espressione più ancora del moderno, il quale con tutta la sua magnificenza ci fa dimenticare la sua origine. Insisto sempre nella mia antica idea: date ad un artista un soggetto veramente buono, ed egli produrrà qualche cosa di buono. Nel caso nostro all’artista era stato dato il compito di costruire una galea, che fosse degna di portare i capi della repubblica, nel giorno solenne che consacra il tradizionale dominio del mare; un tal compito è stato eseguito alla perfezione. La nave è già per sé tutta una decorazione; non si può dire quindi che sia sovraccarica di ornamenti; è tutto un cesello d’oro, e del resto non serve ad altro; è un vero e proprio ostensorio, che serve a mostrare al popolo i suoi principi, in tutta la loro magnificenza. Si sa che il popolo, come ha una predilezione per adornare i suoi capelli, così ama vedere anche i suoi superiori in abito elegante e sfarzoso. Questa nave di gala non è che un autentico mobile d’inventario, che ci ricorda in modo tangibile quello che i Veneziani furono, o si lusingarono di essere."
    (Goethe, in Viaggio in Italia)


    ..la Festa della Sensa..



    Le origini della Festa della Sensa hanno le radici nella storia di Venezia, e più precisamente nell'episodio che vede il doge Ziani fungere da mediatore tra il Papa Alessandro III e l'imperatore Federico Barbarossa.
    La leggenda vuole che il Papa, a suggello e ricompensa dell'azione diplomatica svolta dalla Serenissima, e culminata nella pace di Venezia del 1177, grazie all'incontro tra papa e imperatore avvenuto a Venezia proprio il giorno dell'Ascensione, abbia conferito alla città numerosi privilegi: l'uso della spada, del cero, della bolla, degli stendardi, della sedia curile, delle trombe d'argento, la concessione di un'indulgenza a San Marco per la festa dell'Ascensione. Tra questi, anche la facoltà di "sposare il mare", come segno di dominio e investitura ufficiale del predominio che di fatto la Repubblica già esercitava sui mari.
    Il rito dello Sposalizio con il Mare. Con questo articolato rito il Serenissimo Doge voleva dimostrare il fondamento giuridico del dominio del golfo. Probabilmente la cerimonia, al di là della leggenda e della tradizione, aveva precedenti origini bizantine, oppure si innestava su antichi riti pagani propiziatori. Il doge, con il seguito, si imbarcava sul Bucintoro e, raggiunta la bocca di porto di San Nicolò, gettava in mare un anello d'oro. Il Bucintoro era seguito da un folto e colorato corteo di barche ornate a festa, con i rappresentanti dei mestieri e delle principali corporazioni cittadine.
    Il giorno dell'Ascensione il Bucintoro veniva portato davanti alla piazzetta: lì aspettava l'imbarco del doge e del Consiglio, insieme agli ospiti illustri e agli ambasciatori stranieri. Il corteo era composto dai comandadori, dagli scudieri, dai canonici, dai chierici, dai cancellieri. Durante il viaggio i musici della cappella marciana intonavano madrigali. Superata l'isola di S. Elena, il Bucintoro veniva raggiunto da un'imbarcazione col Patriarca che, salito a bordo, benediceva il mare. Immediatamente dopo il doge gettava l'anello in acqua, a suggello del matrimonio. (www.algiardinovenezia.it/)
     
    Top
    .
17 replies since 1/9/2011, 21:38   3252 views
  Share  
.